PER CHI VOLESSE, TESTO INTERO DELLA TRAGEDIA DI SOFOCLE
http://www.filosofico.net/antigonesofocle42.htm
LA FRUSTA.NET
http://www.lafrusta.net/rec_sofocle.html
Antigone (in greco antico: Ἀντιγόνη, Antigónē) è una tragedia di Sofocle, rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 442 a.C.
L’opera appartiene al ciclo di drammi tebani ispirati alla drammatica sorte di Edipo, re di Tebe, e dei suoi discendenti. Altre due tragedie di Sofocle, l’Edipo re e l’Edipo a Colono, descrivono gli eventi precedenti, benché siano state scritte anni dopo. –WIKIPEDIA
Sofocle – Antigone– Sinossi e commento ( la frusta — LINK ALL’INIZIO )
Edipo si è accecato ed è stato esiliato dalla città di Tebe allorché ha appreso di aver commesso incesto e parricidio. Suo figlio più giovane, Eteocle, briga per avere il potere ed esilia il fratello maggiore Polinice. Questi attacca Tebe con un potente esercito, ma né l’uno né l’altro l’hanno vinta perché entrambi cadono in battaglia. Il nuovo re di Tebe, Creonte, dichiara che Eteocle sarà sepolto e onorato come eroe, mentre il corpo di Polinice resterà insepolto a decomporsi e preda dei cani, nel disonore. La pena per chiunque proverà a seppellirne il corpo è la morte. Apprendendo questa notizia, un’ infuriata Antigone – sorella di Polinice -, nonostante il consiglio prudente dell’altra sorella, più giovane, Ismene, si ostina a pretendere che il corpo del fratello venga sepolto al fine che il suo spirito possa riposare in pace.
Antigone contravvenendo al divieto va dunque al campo di battaglia davanti a Tebe, copre di sabbia il corpo di Polinice ed effettua i riti di sepoltura. Si lascia quindi docilmente arrestare da una guardia uscita da Tebe ed insospettita dal sollevarsi della polvere. Una fiera Antigone è portata davanti a Creonte. Al cospetto del rappresentate dello Stato Antigone attesta la propria condotta. Non alle leggi scritte lei ha inteso obbedire, ma alle leggi degli dèi, alle norme non scritte e indistruttibili dettate dalla natura e dalla propria coscienza. Incredulo che una donna abbia osato disobbedire ai suoi ordini, Creonte decide l’imprigionamento sia di Antigone che di Ismene come complice, e decreta l’esecuzione d’entrambe. Subito Emone, il figlio di Creonte, supplica il padre in favore di Antigone della quale è promesso sposo. Ma Creonte, arrogante, lo deride e ignora le sue suppliche. Furente Emone si ritira stravolto, non dandosi pace che il padre abbia trattato così i suoi sentimenti.
Allora Creonte cambia idea bruscamente, decidendo l’esecuzione della sola Antigone poiché riconosce l’innocenza di Ismene. E pertanto la sorella maggiore è condotta fuori da Tebe in una caverna ad attendervi la morte. Mentre Antigone sta soffrendo questo destino atroce, l’indovino cieco Tiresia avverte Creonte che gli dèi sono molto adirati per aver egli rifiutato la sepoltura a Polinice, poiché gli stessi uccelli che mangiano la sua carne saranno successivamente usati per i sacrifici. Di conseguenza – vaticina Tiresia – il figlio di Creonte morirà per castigo. Ma, Tiresia deridendo, Creonte non ascolta questa profezia, credendo che l’indovino desideri solo spaventarlo. Tuttavia, acconsente infine a seppellire Polinice e solo dopo che il coro dei cittadini di Tebe gli ricorda che Tiresia non ha mai errato nelle profezie.
Adesso preoccupato per il figlio, Creonte lava il corpo di Polinice, effettua i riti di sepoltura e crema i resti del corpo. Va dunque a liberare Antigone dalla caverna in cui è imprigionata, ma è troppo tardi per evitare la tragedia: Antigone si è appesa ad una corda ed Emone sta ai suoi piedi in lacrime. Dopo avere provato ad assalire Creonte, Emone si trafigge e muore abbracciando il corpo di Antigone. Uomo distrutto, Creonte, ritorna al palazzo per apprendere che anche la moglie Euridice s’è tolta la vita dopo esser stata colpita dalla notizia della morte del figlio. Creonte è condotto via dai suoi cittadini, che in coro, deplorano le sue azioni, auspicando che solo la morte possa liberarlo da tanta sofferenza.
-°-
Il nucleo del dramma sofocleo risiede nello scontro fra due volontà e due concezioni del mondo: quella di Antigone, fanciulla fragile fisicamente ma fortissima moralmente, di rispettare le leggi non scritte della natura (phùsis) e quella di Creonte tesa a imporre la forza dello Stato e della legge (nomos) .
QUALCHE FRASE DEL DIALOGO TRA ANTIGONE E CREONTE —
(++ sotto il testo più esteso)
«Neppure pensavo – dice Antigone a Creonte – i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse».
Per parte sua Cleonte adduce la ragione del diritto positivo, della disposizione di legge, e verso il figlio venuto a perorare la causa di Antigone ha queste parole: « Ubbidire, ubbidire, e nel molto e nel poco, nel giusto e nell’ingiusto, sempre e comunque, all’uomo che sia posto al timone dello Stato. È l’anarchia il pessimo dei mali: distrugge le città e sconvolge le case, mette in fuga e fa a pezzi gli eserciti in battaglia. Ma è l’ubbidienza, l’ubbidienza ai capi la fonte di salvezza e di vittoria. Noi dobbiamo ubbidire alle leggi, alle leggi scritte». Così posta, non è men vera la preoccupazione di Creonte.
Creonte ed Antigone cercano di portare, nel loro braccio di ferro, le divinità dalla loro parte. Ciascuno dà ai suoi principî (diritto del ghenos per Antigone che esige di compiere il rituale funebre per garantire la coesione della famiglia nelle sue relazioni con gli dei, contro il diritto della polis attestato da Creonte che esige che le decisioni dell’autorità politica siano rispettate per garantire la coesione civica) un valore assoluto ben oltre il dato contingente della vicenda che li vede contrapposti . Come sempre – o meglio da quando abbiamo appreso ciò dagli antichi tragici greci – le tragedie deflagrano non quando la ragione sta da una parte o dall’altra – chiara, ben definita, che possa metterci al riparo di una difficile scelta – ma quando tutti hanno ragione, la propria ragione, soggettivamente ed oggettivamente, e, come in questo caso, il diritto non riesce a cogliere due ordini morali entrambi legittimi.
Dal punto di vista strutturale Antigone è un tragedia compatta, stringata, condotta in spazi drammaturgici coesi e ristrettissimi. Il dramma si svolge in brevi e concisi dialoghi di alto contenuto drammatico (agon) Ismene-Antigone, Antigone-Creonte, Creonte-Emone, Tiresia-Creonte inframezzati da interventi del coro (stasimon). Nessuna parola è superflua nel dramma di questo principe dei drammaturghi che è Sofocle. Scienza del comportamento sociale sia pubblico che privato; virtuosità retorica; sensibilità estetica e pensosa sapienza (racchiusa in frasi dotate di una disperata poesia piena di senso ancora sotto il nostro cielo dopo il fluire di tanti evi) fanno tutt’uno. Non c’è una sola parola uscita dalla bocca degli eroi di Sofocle che non faccia vibrare qualche corda segreta della nostra anima.
COMMENTO DI HEGEL :
“Ancora più interessante, sebbene del tutto calata nel sentire ed agire umano, si presenta la medesima opposizione nell’Antigone, una delle opere d’arte più eccelse e per ogni riguardo più perfette di tutti i tempi. Tutto in questa tragedia è conseguente; la legge pubblica dello Stato è in aperto conflitto con l’intimo amore familiare ed il dovere verso il fratello; l’interesse familiare ha come pathos la donna, Antigone, la salute della comunità Creonte, l’uomo. Polinice, combattendo contro la propria città natale, era caduto di fronte alle porte di Tebe; Creonte, il sovrano, minaccia di morte, con una legge pubblicamente bandita,. chiunque dia l’onore della sepoltura a quel nemico della città.
Ma di quest’ordine che riguarda solo il bene pubblico dello Stato, Antigone non si cura, e come sorella adempie al sacro dovere della sepoltura, per la pietà del suo amore per il fratello. Ella invoca in tal caso la legge degli dèi; ma gli dèi che onora sono gli dèi inferi dell’Ade, quelli interni del sentimento, dell’amore del sangue, non gli dèi della luce, della libera ed autocosciente vita statale e popolare.”
(Tratto da G.W.F. Hegel, Estetica, Einaudi, Torino, 1977, p.522, trad. di N. Merker)
DAQUESTO LINK, PRIMA QUALCHE NOTIZIA, POI
E IL DIALOGO TRA ANTIGONE E CREONTE — TESTO
https://mydbook.giuntitvp.it/app/books/GIPR_P1870126M/html/468
Un conflitto tragico: Antigone e Creonte
L’autore
Sofocle nasce intorno al 497 a.C. a Colono, un borgo della periferia di Atene. Le buone condizioni economiche della famiglia – il padre è un facoltoso armaiolo – gli garantiscono un’ottima formazione sportiva, musicale e letteraria. Secondo la leggenda, a quindici anni guida il coro nelle celebrazioni ufficiali per la vittoria nella battaglia di Salamina, con cui i Greci posero fine alla seconda guerra persiana. Nel 486 partecipa alla sua prima gara di poesia drammatica, in cui batte il più anziano tragediografo Eschilo (ca 525-456 a.C.). Mentre si dedica alla scrittura letteraria, intraprende anche la carriera politica, ricoprendo importanti cariche pubbliche ad Atene. Nella produzione teatrale di Sofocle, l’azione tende a costruirsi intorno a un unico, grande personaggio, un eroe che affronta la sorte avversa con inflessibile e sovrumana coerenza. Tutti gli elementi dell’opera – tra cui spiccano i dialoghi – concorrono in modo funzionale e armonico alla costruzione dell’ordito drammatico. Fra le tragedie pervenuteci (7 su circa 130, secondo la tradizione) ricordiamo Aiace(450-440 a.C.), Antigone (442 a.C.) – con cui vinse una delle Grandi Dionisie, le più importanti competizioni cittadine – ed Edipo re (429 a.C.), dedicata al leggendario sovrano di Tebe e considerata il suo capolavoro. Dopo la morte, avvenuta nel 406 a.C., Sofocle divenne oggetto di culto, al modo dei grandi eroi greci.
Antigone appartiene a un ciclo di opere tragiche legate al mito del re Edipo. Sullo sciagurato Edipo – figlio di Laio e Giocasta, re e regina di Tebe – grava una terribile profezia: un oracolo prevede che ucciderà il padre e sposerà la madre. Per questo, appena nato, viene abbandonato da un servo su una montagna. Ritrovato da alcuni pastori, il neonato finisce per essere adottato da Polibo, re di Corinto. Diventato adulto e venuto a conoscenza dell’oracolo, poiché considera Polibo e la moglie i propri genitori, Edipo scappa da Corinto, per evitare che il suo tremendo destino si realizzi. Mentre viaggia, incontra per caso il vero padre, Laio, e lo uccide per un litigio da nulla. Giunto a Tebe, sposa la vedova Giocasta, divenendo il nuovo sovrano della città. La profezia è compiuta: benché ne sia completamente ignaro, Edipo ha ucciso il padre e sposato la madre, mettendo in atto l’incesto (un rapporto amoroso tra parenti stretti). Edipo e Giocasta hanno quattro figli: Eteocle, Polinice, Antigone e Ismene.
Ma la sconvolgente verità viene a galla: Giocasta si uccide e Edipo si acceca, maledice i suoi figli e inizia a vagare come un mendicante. Dopo la sua morte, i due figli maschi si contendono il trono, giungendo a uccidersi a vicenda: nuovo re di Tebe diventa Creonte, cognato di Edipo. Il sovrano proibisce ufficialmente di seppellire il cadavere di Polinice, considerato traditore della patria perché si era alleato con il re di Argo per conquistare Tebe. È a questo punto che si apre l’Antigone di Sofocle: la figlia di Edipo si rifiuta di rispettare il divieto imposto da Creonte, e celebra personalmente i riti funebri in onore del fratello. Scoperta, viene trascinata di fronte al re, intenzionato a condannarla a morte: ha così inizio un battagliero dialogo, basato sullo scontro di due punti di vista inconciliabili.
DIALOGO ANTIGONE E CREONTE
CREONTE (ad Antigone) A te dico, a te che inclini il volto a terra: ammetti o neghi di
averlo fatto?
ANTIGONE Confermo di averlo fatto e non lo nego.
CREONTE (alla guardia) Tu vattene pure dove ti piace, fuori da ogni grave accusa, libero.
5 (la guardia esce; ad Antigone) E tu rispondi, senza molte parole, ma in breve:
sapevi che era stato proclamato di non fare questo?
ANTIGONE Sapevo: e come non avrei potuto? Era chiaro.
CREONTE E dunque hai osato trasgredire questa legge?
ANTIGONE Ma per me non fu Zeus1 a proclamare quel divieto, né Dike,2 che dimora
10 con gli dèi inferi,3 tali leggi fissò per gli uomini. E non pensavo che i tuoi editti4
avessero tanta forza, che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte e incrollabili5
degli dèi. Infatti queste non sono di oggi o di ieri, ma sempre vivono
e nessuno sa da quando apparvero. E di esse io non volevo scontare la pena al
cospetto degli dèi, per paura della volontà di alcun uomo: sapevo di dover morire,
15 e come no?, anche se tu non l’avessi proclamato. E se morrò prima del tempo,
questo io lo chiamo un guadagno: chiunque, come me, vive fra tante sventure,
come non riporta guadagno, se muore? Così, per me, avere questa sorte non è
dolore, per nulla; ma se il figlio di mia madre, dopo la sua morte, avessi lasciato
insepolto cadavere, di tale fatto avrei sofferto: di questo invece non soffro. E se a
20 te sembra che io ora agisca da folle, questa follia la devo, forse, ad un folle.
CORIFEO La fiera indole6 della fanciulla mostra che è nata da fiero padre: e non ha
appreso a cedere alle sventure.
CREONTE Ma sappi che una volontà troppo dura cade più facilmente; e anche il ferro
più indurito, cotto dal fuoco e temperato, spesso lo puoi vedere spezzato e
25 infranto. Destrieri imbizzarriti, io lo so, vengono regolati da un piccolo morso:7
e non può fare il superbo chi è soggetto ad altri. Costei sapeva bene, allora, di
commettere una colpa, violando le leggi stabilite; e, dopo averlo fatto, la seconda
colpa è di vantarsi e deridere tali leggi. Davvero io non sono un uomo, ma
l’uomo è costei, se quest’audacia le rimarrà impunita. Ma sia pur figlia di mia
30 sorella, o a me ancora più consanguinea fra quanti della famiglia hanno Zeus
protettore, essa e sua sorella8 non sfuggiranno a miserrima morte: poiché anche
quella accuso del pari9 di avere deciso tale sepoltura. (ai servi) Chiamate anche
lei: poco fa l’ho vista in casa, furente e fuori di senno. Di solito, l’animo furtivo10
di chi trama male azioni11 nell’ombra si fa sorprendere prima. Ma detesto pure
35 quando uno, sorpreso a commettere il male, poi vuole gloriarsene.
ANTIGONE Mi hai preso: che vuoi di più che uccidermi?
CREONTE Io null’altro: ora che ho questo, ho tutto.
ANTIGONE Che aspetti, allora? Delle tue parole nulla mi piace, e possa non piacermi
mai; e così anche a te tutto di me riesce sgradito. Ma come avrei conseguito
40 gloria più gloriosa, che componendo nel sepolcro12 il fratello mio? Tutti costoro
direbbero di approvare il mio atto, se la paura non chiudesse loro la lingua. Ma
la tirannide, fra molti altri vantaggi, ha anche questo, che le è lecito fare e dire
quel che vuole.
CREONTE Tu sola la vedi così, fra i Cadmei13 qui presenti.
45ANTIGONE Anche costoro la vedono: ma per te tengono chiusa la bocca.
CREONTE E tu non ti vergogni di pensare diversamente da loro?
ANTIGONE Non è per niente vergognoso onorare chi è nato dalle stesse viscere.
CREONTE Ma non era fratello anche quello che è morto contro di lui?
ANTIGONE Fratello, da una sola madre e dallo stesso padre.
50 CREONTE Perché, allora, tu rendi un onore, che per lui è empio?14
ANTIGONE Il morto non sarà di quest’opinione.
CREONTE Sì, poiché tu lo onori allo stesso modo che l’empio!
ANTIGONE Non uno schiavo è morto, ma un fratello.
CREONTE Ma devastando questa terra; e l’altro si batteva in sua difesa.
55 ANTIGONE Tuttavia l’Ade15 questi riti brama.
CREONTE Ma il buono non è pari al cattivo nell’ottenerli.
ANTIGONE Chi sa se sotterra16 è questa la pietà?
CREONTE Ma il nemico non è mai caro, neppure quando sia morto.
ANTIGONE Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore.
60CREONTE E allora, se devi amare, va’ sotterra e ama quelli di là; a me, finché vivo non comanderà una donna.
NOTE ::
Sofocle, Le tragedie, trad. di R. Cantarella, Mondadori, Milano 2007
Come continua e finisce:::
Creonte rimane irremovibile nel suo proposito di punire la giovane con la morte. A nulla vale l’intervento del figlio Emone – promesso sposo di Antigone – che prova a convincere il padre a rivedere le sue posizioni e a liberare la donna. Creonte sente le parole di Emone come un affronto personale, e rifiuta di farsi consigliare da un «ragazzino». Decide dunque di giustiziare Antigone e la rinchiude – ancora viva – in una caverna sotterranea. Poco dopo, Creonte riceve la visita dell’indovino cieco Tiresia, venuto per esortarlo a tornare sui suoi passi. Il re lo caccia malamente e l’indovino in risposta gli predice un’imminente sciagura: Creonte avrebbe presto pagato i suoi delitti con il sangue di un suo familiare. Scosso dalla funesta profezia, Creonte cambia idea, e si precipita a seppellire il cadavere di Polinice. Tuttavia, quando giunge alla grotta in cui è reclusa Antigone, è ormai troppo tardi: la giovane si è impiccata, ed Emone, disperato, tenta invano di colpire il padre e poi si trafigge con la spada. A breve distanza, anche la moglie di Creonte si suicida, incapace di sopportare la morte del figlio. Lo sventurato re si ritrova così completamente solo, distrutto dal dolore e dal senso di colpa.
WIKIPEDIA : CURIOSITA’ CULTURALI
Antigone contro i totalitarismi
Presentando lo scontro tra privato cittadino e Stato dispotico, l’Antigone è stata spesso vista, in tempi moderni, come una metafora dei diritti del singolo contro gli Stati totalitari (nonostante Sofocle nella sua opera non si schieri apertamente a favore di nessuna delle due parti). Già in passato il dramma di Sofocle aveva ispirato analoghe tragedie, in cui l’argomento politico è messo in evidenza (come nell’Antigone di Alfieri).
Il primo a proporre la rilettura dell’Antigone di Sofocle come un simbolo dell’anti-totalitarismo fu il poeta e antifascista italiano Lauro De Bosis, il quale ne pubblicò una nuova traduzione italiana, pochi anni prima di morire in un’azione di volantinaggio aereo antifascista.[16] Ci furono in seguito numerose riletture di questo tipo, comprendenti sia versioni moderne del personaggio e rifacimenti sia messe in scena dell’originale dramma sofocleo, in chiave libertaria contro i regimi: emblematiche, a questo proposito, la versione di Walter Hasenclever (1917) e le rappresentazioni di Bertolt Brecht a Zurigo (1948) e Salvador Espriu (1955), contro i rispettivi regimi oppressivi (la Germania nazista e la Spagna franchista) in un periodo in cui tali Stati erano caratterizzati dal totalitarismo o ne erano appena usciti.
Anche il Teatro Harbin, proveniente dalla Cina, presentò a Delfi nel 1980 una versione dell’opera che metteva in guardia contro i soprusi di un’autorità ingiusta, rappresentando Antigone in maniera assolutamente positiva e Creonte come rappresentante del male.
Sempre nell’ottica di critica ai totalitarismi la regista Liliana Cavani nel 1969 opera una trasposizione in chiave moderna dell’Antigone nel film I cannibali.
Molti dialoghi del film La Rosa Bianca di Marc Rothemund, incentrato sulla resistente antinazista Sophie Scholl, sono ispirati all’Antigone.
Antigone nella società
Nel 1967 a Krefeld, in Germania, l’opera venne messa in scena dal Living Theatre: da una parte un Creonte dispotico e vanaglorioso, che castra i suoi consiglieri, li riduce a cani e parla a un popolo in ginocchio; dall’altra un’Antigone, che rappresenta l’anarchia, dal viso triste e perennemente meravigliato, priva di qualsiasi forza o rigidezza morale. La messa in scena peraltro si apre con la guerra tra Tebe e Argo, tra sirene belliche e una convulsa atmosfera di bombardamento, che culmina nella reciproca uccisione di Eteocle e Polinice. Evidente era il riferimento (e la critica) alla guerra del Vietnam.[19]
Importante anche la rappresentazione diretta da Andrzej Wajda con lo Stary Teatr di Cracovia, Polonia, messa in scena anch’essa a Delfi nel 1989. In questo spettacolo, Antigone non è sola ad avanzare le proprie istanze, ma appoggiata da vari settori della società moderna: soldati polacchi vittoriosi contro i tedeschi, studenti in manifestazione, operai dei cantieri di Danzica in rivolta. A sostenere le ragioni di Creonte ci sono invece funzionari di partito. Come nel testo sofocleo, anche qui appare impossibile giungere a qualsiasi mediazione.