TUTTO DA DONATELLA, grazie e mille ! ::: MICHELE NERI : L’uomo non è il re della foresta –INTERVISTA A BAPTISTE MORIZOT : SULLA PISTA ANIMALE, NOTTETEMPO EDITORE –REPUBBLICA DEL 7 FEBBRAIO 2020

 

 

 

 

Sulla pista animale

Baptiste Morizot

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Traduttore: Alessandro Palmieri, Alessandro Lucera
Editore: Nottetempo
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 30 gennaio 2020
Pagine: 259 p., Brossura
19 EURO, PREZZO PIENO

Descrizione

Uno dei temi che si va affermando oggi è quello riguardante il nostro ruolo di esseri umani nel mondo, nell’ambito di una riflessione intorno ai nostri rapporti con gli altri esseri viventi. In una vera avventura filosofica, Baptiste Morizot, richiamandosi alla sua passione per la pratica del tracciamento, ci trasporta, con una scrittura chiara e coinvolgente, attraverso boschi e foreste, come un detective che, una volta assunto il principio che qualunque vivente lascia traccia di sé, va alla scoperta di queste domande essenziali: chi vive qui? come? come possiamo creare un mondo diverso assieme agli altri viventi? “Bisogna sperare che un diplomatico andato a inforestarsi presso gli altri esseri viventi ritorni trasformato, tranquillamente inselvatichito, lontano dalla ferocia fantasmatica attribuita agli Altri. Che colui che si lascia inforestare dagli altri esseri viventi ritorni leggermente modificato dal suo viaggio da licantropo: un mezzosangue, a cavallo tra due mondi. Né svilito né purificato, semplicemente altro e un minimo capace di viaggiare tra i mondi, e di farli comunicare, per lavorare alla realizzazione di un mondo comune”.

 

Risultato immagini per BAPTISTE MORIZOT

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BAPTISTE MORIZOT,  nato nel 1983 a Draguignan in Francia, è insegnante-ricercatore di filosofia francese, docente all’Università di Aix-Marsiglia. La sua ricerca si concentra principalmente sulle relazioni tra gli umani e il resto della vita. Questo rapporto è chiamato una nuova forma di ” diplomazia “.

La diplomatie avec le vivant constitue à la fois une forme d’attention et un mode de résolution des conflits entre humains et vivants, fondé sur la possibilité de communiquer, allant ainsi contre l’idée que le seul rapport possible avec le monde vivant est le rapport de force.

( “Les diplomates. Cohabiter avec les loups sur une autre carte du vivant”, il suo primo libro )

 

REPUBBLICA DEL 7 FEBBRAIO 2020

https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/02/07/news/verdedi_imparare_a_inforestarsi-247839920/

 

 

Tullio Pericoli, Robinson nel bosco, 1984

 

 

 

Intervista

Cultura

L’uomo non è il re della foresta

07 FEBBRAIO 2020

“Anzi, deve ritrovare il dialogo con gli altri esseri viventi”, dice il filosofo francese Baptiste Morizot. Mettendo in soffitta Sartre

DI MICHELE NERI

Apprendere a inforestarsi significa intrattenere rapporti sociali con la foresta e i suoi esseri viventi, dalla microfauna che nutre il suolo ai grandi predatori. Vuol dire imparare a decifrare tracce e impronte per ricostruire le prospettive animali sul mondoe tornare a non considerarci più soli nell’universo. È non intendere più la “natura” come qualcosa su cui la nostra civiltà ritenga di poter prevaricare, o un’entità innocente da attraversare con gli occhi meravigliati da escursionisti della domenica. Per intrattenere un rapporto con la natura uguale a quello descritto con passione dal filosofo francese Baptiste Morizot nel suo Sulla pista animale (Nottetempo), occorre scoprire l’arte sottile del tracciamento. E avvicinarsi così agli altri esseri viventi facendo attenzione ai loro segni, indizi o usi e costumi per sopravvivere – dalle unghiate di lince su un tronco agli escrementi bianchi dell’aquila, alle tattiche di guerriglia del lupi – lasciandosene investire e trasformare, fino a diventare indistinti da loro.

«Seguire per diverse centinaia di metri, l’andatura lenta dell’orso; vedere, nelle sue caratteristiche tracce a forma di c, i luoghi dove si è fermato, i tronchi che ha scavalcato, i cespugli di cui condividiamo l’odore; tutto ciò lo trasforma in guida e ci mette al suo posto, a camminare sui suoi passi, a vedere attraverso i suoi occhi, con la sua testa». È la nascita di una diplomazianuova, necessaria.

Sulla pista animale (premio Jacques Lacroix dell”Académie française) è un libro spartiacque quanto Walden di Thoreau: trasmette l’entusiasmo gioioso dei Ricordi di un entomologo di Jean-Henri Fabre.

Attraverso una serie di pedinamenti e successivi incontri ravvicinati con l’orso, il lupo, la pantera del Kirghizistan, ma anche osservando la cosmologia del lombrico nella compostiera di casa, Morizot, “neo-naturalista” dell’Università di Aix-Marseille, insegna l’attenzione nei confronti delle strategie esistenziali degli altri viventi.

In cosa consiste la sottile arte del tracciamento?

«Il tracciamento filosofico è diventare sensibili alle modalità con cui gli altri esseri viventi abitano questo mondo. È una nuova forma d’attenzione per il vivente: senza negare possibili conflitti e rapporti di forza ma con l’obiettivo di stabilire un modus vivendi il più pacifico possibile.

È una via che supera l’opposizione tra pensiero e sensibilità, tra pratica e teoria. Nel tracciamento, per interpretare gli indizi lasciati da un cervo o una pantera delle nevi, occorre legare tra loro in modo stretto sensi, corpo, intuizione, immaginazione e ragionamento per raggiungere un’attenzione acuta e vibrante per ciò che succede attorno. Siamo lontani dai dualismi ereditati dalla Modernità».

Quali sono stati i benefici delle sue esperienze di tracciamento?

«È stata una metamorfosi intellettuale ed esistenziale. E un modo per rianimare il paesaggio, restituendogli una complessa varietà animale, di funghi, insetti e vegetali che non si limitano ad abitare il paesaggio ma lo costituiscono, lo sono. È difficile da accettare, perché ereditiamo un pregiudizio sugli ecosistemi, l’idea che lo spazio preesista e che su questo ci siano poi animali che ci vivano sopra. Riusciamo a immaginare soltanto che un mondo vegetale immobile sia la casa per animali capaci di movimento. In realtà tutti gli esseri abitano insieme, dalla salvia dei prati ai collemboli, dalla martora dei pini ai pini stessi in cui vive.

In cosa consiste allora l’habitat, se tutti sono abitanti? Nel vivente, l’habitat di uno è sempre la tela degli altri e non un paesaggio inanimato. Noi viviamo nella respirazione dei vegetali, nell’impollinazione delle api così come le rane asiatiche vivono nell’impronta-mondo delle zampe di elefanti».

Come s’impara a inforestarsi?

«Basta un po’ d’allenamento e lo spazio del visibile e del sensibile si apre poco a poco e così quei paesaggi in cui “non si vede nulla”, si popolano d’indizi, presenze e relazioni. Ho appena scoperto che un uccello europeo, il codirosso, quando migra nel sud del Sahara è capace d’imparare la lingua dei passeri autoctoni per negoziare i territori con questi. È un diplomatico. Inforestarsi non esige una foresta. Nei nostri giardini ci sono orchidee che scambiano molecole di zucchero con gli aceri, attraverso un’associazione simbiotica sotterranea, secondo il momento in cui uno ne ha più bisogno».

Nel libro descrive minuziose battute di tracciamento di orsi, pantere, lupi. Cos’ha imparato dagli incontri da «da uomo a uomo» con loro?

«L’effetto filosofico più potente è il confronto con la prova irrefutabile di un’intelligenza raffinata ma diversa. È come il primo incontro con un popolo extraterrestre, anche se è sempre stato con noi. La vita intelligente nell’universo è qui, sotto forme prodigiose, ma discreta e occultata dalla filosofia moderna. Questa ha confiscato le attitudini immateriali dei viventi – d’interazione, comunicazione e politiche – nell’intento, tra gli altri, di giustificare il nostro trattarli come una materia prima. È l’ora di smettere di puntare a Sirio, e di trasferire l’incanto nello spazio perché abbiamo disincantato la Terra. Il futuro della nostra esplorazione diplomatica è qui».

Seguire le piste animali ci fa sentire meno soli nell’universo?

«Una delle grandi sfide del secolo sarà riuscire a descrivere l’intelligenza dei non umani senza proiettare su di loro noi stessi. Ciò modifica la fisionomia del pianeta. Perché è ripopolare l’ambiente in cui viviamo con forme di vita enigmatiche, intriganti, anche moleste. Esistono coabitazioni difficili come con il lupo, ma il fatto che il mondo torni ricco di significati e comunicazioni, fa sì che la vita si ripresenti più interessante del cosmo assurdo ereditato dagli esistenzialisti.

Mi sono formato sulla filosofia di Sartre e Camus, grandi pensatori dell’emancipazione. Con la loro dottrina dell’umano come unica libertà in un mondo assurdo e privo di senso, sono stati alleati dell’estrattivismo. E hanno contribuito a immaginare un mondo-materia prima, nel quale ci si reputa i soli soggetti».

Alla fine del libro ipotizza che alla base di una prima ragione collettiva ci fossero le esperienze di tracciamento. In che senso?

«L’essere umano ha praticato il tracciamento ben prima della comparsa dell’Homo Sapiens. E nel tracciamento il dialogo è necessario. Da soli la gamma delle sensazioni captate è poca cosa. Ogni volta che si aggiunge un corpo sensibile, le cose viste aumentano, e così le possibilità d’interpretazione delle tracce. I bushmen del Kalahari praticano da 40 mila anni la caccia di resistenza,che implica un lungo tracciamento collettivo, in cui dialogano per determinare la direzione dell’animale, la bontà o meno della pista davanti a loro. È probabile che per centinaia di migliaia di anni gli esseri umani abbiano trascorso molto tempo ad argomentare per determinare quale pista stessero seguendo e come proseguire. Non mi sembra lontano dalla definizione classica della cosa pubblica».

Il libro:: Sulla pista animale di Baptiste Morizot è edito da Nottetempo (pagg. 259, euro 9,49–  PREZZO DELL’EPUB )

 

 

LE MONDE DEL 14 DICEMBRE 2018

https://www.lemonde.fr/idees/article/2018/12/14/baptiste-morizot-l-humain-peut-jouer-un-role-de-diplomate-aupres-des-autres-etres-vivants_5397482_3232.html

 

 

  • IDÉES

Baptiste Morizot, un philosophe « sur la piste animale »

Le philosophe qui mène des enquêtes de terrain sur les loups et les grizzlis plaide pour de nouvelles « alliances » entre les hommes et les animaux.

Propos recueillis par Catherine Mary Publié le 14 décembre 2018 à 12h00 – Mis à jour le 16 décembre 2018 à 14h21

Temps deLecture 11 min.

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Un loup du zoo d’Eekholt (Schleswig-Holstein), en Allemagne.Un loup du zoo d’Eekholt (Schleswig-Holstein), en Allemagne. CARSTEN REHDER / dpa Picture-Alliance/AFP

 

 

Baptiste Morizot, philosophe et maître de conférences à l’université d’Aix-Marseille, s’intéresse à la relation des êtres humains avec les autres êtres vivants, en particulier les animaux. Il appuie sa réflexion sur des enquêtes de terrain nourries par du ­« pistage », qu’il s’agisse des loups en France, du grizzly dans le parc national de Yellowstone (Wyoming, Montana, Idaho) ou des vers du lombricomposteur.

Dans Les Diplomates. ­Cohabiter avec les loups sur une autre carte du vivant (Wildproject, 2016), il propose des ­pistes pour pacifier la relation entre l’humain et le loup.

Dans Sur la piste animale (Actes Sud, 208 p., 20 euros), il mêle au récit de ses expériences de pistage une réflexion philosophique sur la modernité.

 

Pourquoi la question de notre rapport à l’animal intéresse-t-elle le philosophe que vous êtes ?

J’ai été formé par les arts et la littérature et je me suis ensuite orienté vers la philosophie de la biologie. J’ai très vite eu le sentiment que la « Nature », telle qu’elle était définie dans les sciences modernes, n’avait pas la richesse de ­signification que l’on peut trouver sous la plume d’écrivains néanmoins très férus de ­savoirs scientifiques, tels Aldo Leopold [au ­début du XXe siècle] ou Richard Powers aujourd’hui.

Les sciences modernes ont véhiculé l’idée d’une nature homogène, régie par des lois mathématiques froides et abstraites, ce qui ne rend pas compte de la richesse du monde vivant, de l’intelligence qui l’habite, et de ses myriades de communications.

 

Dans quelle mesure questionnez-vous l’objectivité scientifique ?

Les sciences naturelles sont tenues de se plier à un langage qui objective leur sujet, ce qui produit un effet de violence : l’objectivation tend à tout transformer en matière inerte ­régie par des causes mécaniques. La conception opposée, c’est celle du poète qui interprète les signes de manière sensible, selon sa subjectivité. J’essaie, dans mon travail, de ­métisser les deux approches en distinguant, dans la démarche scientifique, ce qui est toxique de ce qui est émancipateur. Il ne s’agit pas d’être en rupture avec les sciences mais de les subvertir de l’intérieur. Je m’appuie sur des enquêtes rigoureuses, tout en faisant confiance à ce qu’il y a de prodigieux dans le vivant.

 

Votre réflexion philosophique s’appuie sur le pistage. De quoi s’agit-il ?

Nous avons l’habitude de ne voir la nature que de notre point de vue alors qu’elle est habitée par d’autres vivants. Leur présence et leur ­manière d’occuper les lieux peuvent être décelées par leurs traces. On peut, en se plaçant du point de vue de l’animal, décrypter sa manière de vivre et de communiquer. C’est ce que permet le pistage, qui consiste à être attentif aux signes, au réseau d’influences qui structurent le monde vivant. En étudiant les empreintes et les marquages, on peut tenter de décrypter la logique propre de l’animal et sa manière ­d’habiter le territoire, tissé à tous les autres. Les rochers où nous plaçons les balises de nos sentiers sont ainsi volontiers utilisés par certains animaux pour y placer des excréments qui servent, eux aussi, de marquages afin de communiquer avec les autres vivants.

 

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  1. Donatella scrive:

    Cosa ne pensa Didì?

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