Un eroe dei nostri tempi è un film del 1955 diretto da Mario Monicelli.
Regia Mario Monicelli
Soggetto Rodolfo Sonego
Sceneggiatura Rodolfo Sonego, Mario Monicelli
Produttore Franco Cristaldi
Fotografia Tino Santoni
Montaggio Adriana Novelli
Musiche Nino Rota
Scenografia Carlo Egidi
Costumi Giulia Mafai
Interpreti e personaggi
- Alberto Sordi: Alberto Menichetti
- Franca Valeri: Vedova De Ritis, la capoufficio
- Giovanna Ralli: Marcella
- Tina Pica: Clotilde
- Mario Carotenuto: Gustavo
- Leopoldo Trieste: Aurelio
- Alberto Lattuada: Il direttore
- Carlo Pedersoli: Fernando
- Pina Bottin: Segretaria
- Lina Bonivento: Zia Giovanna
- Mino Doro: Professor Bracci, chirurgo
- Giulio Calì: Il giovanottaccio
- Paolo Ferrara: Commissario
- Jone Frigerio: La zia
- Ciccio Barbi: Un impiegato
- Mario Meniconi: L’uomo del fiume
- Nino Vingelli: Brigadiere
- Lea Migliorini: Suora
- Carlo Mazzarella: Giornalista
- Paola Quagliero: Dattilografa
- Giorgio Berti: Magazziniere
- Vera Valentini: Dattilografa
- Pietro Carloni:
- Anita Durante:
Colucci, il capo magazziniere è doppiato da Nino Manfredi
Nel film è presente un giovanissimo Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, nel ruolo di Fernando.
https://www.youtube.com/watch?v=rhJ52gAkjSE
Trama
Alberto Menichetti è un individuo molto particolare. Per un verso, sbruffone, ambizioso e pronto ad ogni bassezza per farsi apprezzare dal direttore dell’ufficio in cui lavora. Per un altro verso, pavido e ricco di complessi. Vive con la vecchia zia ed una altrettanto anziana domestica che lo hanno convinto che il suo obiettivo nella vita deve essere uno soltanto: tenersi distante il più possibile da problemi e pericoli. Questi però sono molto spesso il frutto paradossale delle sue paure: Alberto si caccia nei guai, proprio mentre cerca in modo maldestro di evitarli. Ogni circostanza diventa così un potenziale tranello («Allora me volete incastrà!», ripete continuamente).
Nel cappellificio in cui lavora, c’è una dirigente vedova che i colleghi accusano di aver sparato al marito. Ancora: accanto alla sua casa lavora la parrucchiera Marcella, giovane e carina, con la quale però Alberto evita ogni rapporto compromettente perché minorenne. Quando poi lei compie diciotto anni, non fa in tempo ad approcciarla che scopre di essere arrivato troppo tardi: lei aspetta un figlio da tal Fernando. Altra circostanza: nella sua cantina la domestica rinviene della polvere esplosiva per razzi appartenente a suo zio anarchico; Alberto intende disfarsene perché pericolosa, ma viene sorpreso dalla polizia che, da quel momento, lo controlla.
Una notte, al termine di un comizio elettorale, un attentato provoca il ferimento di alcune persone e l’ignaro Alberto, che dichiara di non essere né di destra né di sinistra ma di non essere neppure di centro, rimasto invischiato nella vicenda a causa delle sue stesse fissazioni, diventa il principale indiziato. Prima di essere scagionato pienamente, rivela tutta la sua meschinità accusando di ogni bassezza la dirigente vedova, che aveva testimoniato il falso pur di aiutarlo ancora. Alla fine, l’unica soluzione, come gli suggerisce paternamente il commissario, è cambiare approccio e vivere anche incautamente come fa chi è giovane come lui. Alberto è d’accordo ma vuole anche essere protetto da ogni rischio: arruolarsi nella Celere potrebbe essere la soluzione. Sarà davvero così? «Ci sarà pericolo?».
Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare
QUALCOSA SU MARIO MONICELLI
Monicelli con Totò durante una pausa sul set de I soliti ignoti (1958)
Monicelli nel 1991, alla Mostra del cinema di Venezia
Gorupdebesanez
Mario Monicelli e Roberto Rossellini ricevono il Leone d’oro ex aequo al Festival del cinema di Venezia nel 1959
MARIO MONICELLI NEL 2009
DA WIKIPEDIA :
Mario Monicelli nacque a Roma il 16 maggio del 1915 da una famiglia originaria di Ostiglia (in provincia di Mantova). Per lungo tempo, si è ritenuto che la sua città natale fosse Viareggio, finché il critico cinematografico Stefano Della Casa, compiendo delle ricerche per la stesura del volume L’armata Brancaleone – Quando la commedia riscrive la storia e per il Dizionario Biografico Treccani, riportò alla luce il fatto di come Monicelli fosse, in realtà, nato a Roma, più precisamente nel quartiere di Prati. Sempre secondo Della Casa, pare che Monicelli stesso alimentasse l’equivoco per una sorta di forte affezione verso la città toscana. Il luogo di nascita di Monicelli è stato confermato da Luca Lunardini, sindaco di Viareggio, che ha dichiarato in proposito: “È vero: Mario Monicelli non è nato fisicamente a Viareggio, non risulta iscritto alla nostra anagrafe“, aggiungendo come “Da un punto di vista fisico, materiale, Monicelli non nacque a Viareggio ma a Roma; ma amava talmente tanto Viareggio che considerava questa città il luogo in cui era nata la sua anima, quindi lui stesso. E perciò elesse Viareggio a sua città natale, come riportano tutte le enciclopedie e le biografie sulla base della testimonianza diretta raccontata dall’interessato“.
CHIARA RAPACCINI ( FIRENZE, 1954 ), è un’artista, illustratrice, designer e scrittrice italiana.
Un’ulteriore conferma è arrivata da Chiara Rapaccini, ultima compagna del regista, che ha confermato in un’intervista come il tutto non fosse “una beffa intenzionale di Mario, più semplicemente qualcuno, all’inizio, aveva scritto che era di Viareggio e lui si è divertito a lasciar correre, anche perché il suo rapporto con Viareggio era fortissimo“, aggiungendo che Roma, come corretto luogo di nascita del regista, fosse riportato anche sul suo passaporto.
TOMASO MONICELLI ( Ostiglia, 10 febbraio 1883 – Roma, 25 maggio 1946) è stato un giornalista e drammaturgo italiano, padre del regista Mario e degli scrittori Franco, Furio e Giorgio.
Di modeste origini familiari, lasciò gli studi preferendo aderire al movimento operaio, dapprima da socialista rivoluzionario, poi come sindacalista rivoluzionario. Parallelamente avviò un’intensa attività pubblicistica e giornalistica. Dal 1903 al 1907 collaborò all’Avanti! con articoli di critica letteraria e teatrale, rimanendovi anche dopo la rottura dei sindacalisti con la direzione del giornale nel 1905.
ALTRO NEL LINK:
https://it.wikipedia.org/wiki/Tomaso_Monicelli
Suo padre, Tomaso Monicelli, era un giornalista, direttore del Resto del Carlino e dell’Avanti!, nonché critico teatrale e drammaturgo, mentre sua madre era Maria Carreri, una donna molto intelligente sebbene di pochi studi. Il fratellastro Giorgio fu un traduttore ed editore, mentre il fratello Furio (1922-2011) fu uno scrittore, il quale raggiunse un buon successo all’epoca con il romanzo Il gesuita perfetto. Monicelli era inoltre imparentato con la famiglia Mondadori: la sorella del padre, difatti, era la moglie di Arnoldo Mondadori e lo stesso Monicelli racconta di essere stato per molti anni buon amico di Alberto e Giorgio Mondadori.
Monicelli trascorse la sua infanzia nella capitale, dove frequentò le scuole elementari. Successivamente, si trasferì con la famiglia a Viareggio, dove frequentò le medie; frequentò invece il ginnasio e due anni di liceo a Prato, al Convitto Nazionale Cicognini; si stabilì poi a Milano, dove finì la terza liceo e iniziò gli studi universitari.
Nel capoluogo lombardo, Monicelli frequentò Riccardo Freda, Remo Cantoni, Alberto Lattuada, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni; insieme fondarono, con l’appoggio dell’editore Mondadori, il giornale Camminare, in cui Monicelli si occupava di critica cinematografica. Monicelli raccontò di come, nelle sue critiche, si accanisse molto sui film italiani, mentre, di contro, esaltasse i film americani e francesi, che amava molto, affermando che forse lo faceva per una sua velata forma di antifascismo. Camminare non durò molto poiché il ministero della Cultura Popolare lo soppresse perché considerato di sinistra.
In seguito, Monicelli fece ritorno in Toscana, dove completò gli studi universitari – presso la facoltà di Lettere e filosofia – a Pisa. Interessato al mondo della celluloide, rimandò continuamente il momento di laurearsi fino alla chiamata alle armi, appena dopo la quale fu laureato poiché, come lo stesso Monicelli affermò, “bastava presentarsi alla laurea vestiti da militari e non occorreva né tesi né altro […] Così è stata la mia laurea, non so nemmeno se è valida“.
Nel 1934 girò il suo “primo esperimento cinematografico”, ovvero il cortometraggio Cuore rivelatore, ispirato all’omonima opera di Edgar Allan Poe, insieme ad Alberto Mondadori e Alberto Lattuada, con quest’ultimo in ruolo di scenografo poiché allora studente di architettura. I tre lo inviarono ai Littoriali sperando invano che venisse poi proiettato nei Cineguf; il film venne bollato come esempio di “cinema paranoico”.
L’anno seguente Monicelli fu collaboratore artistico di Alberto Mondadori nel suo primo lungometraggio, I ragazzi della via Paal (1935), tratto dall’omonimo romanzo dell’ungherese Ferenc Molnár, realizzato anch’esso nell’ambito del Cineguf milanese. Il film fu inviato a Venezia alla Mostra per le pellicole a passo ridotto, parallela alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica; I ragazzi della via Paal fece guadagnare ai suoi realizzatori il primo premio e l’opportunità di lavorare nella produzione di un film professionale. Monicelli quindi poté saltare le varie fasi di formazione professionale e fu inviato, assieme a Mondadori, a lavorare come “ciacchista” nella produzione del film di Gustav Machatý Ballerine, che si svolse a Tirrenia.
SEGUE NEL LINK :
https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Monicelli
Paolo Monicelli ci ha dato dei film bellissimi, ci ha insegnato a prenderci in giro sempre, ma con umanità. Purtroppo abolendo la speranza.