FRANCO CITTI CLAUDIO VALENTINI, VITA DI UN RAGAZZO DI VITA, SUGARCO EDIZIONI,1992 + inizio del film ” Accattone ” di Pier Paolo Pasolini, 1961

 

Immagine 1 - Citti Valentini : vita di un ragazzo di vita ( Pasolini ) ed. Sugarco A82

 

Pier Paolo, Ninetto ed io: autobiografia di un «accattone» Franco Cittì, protagonista di tanti film di Pasolini, racconta di sé e di quegli anni

Dall’infanzia in riformatorio al casuale incontro col regista

 

 

Accattone, inizio — 3.40

 

 

 

 

“Ero un ragazzo di vita”.Franco Citti ricorda, con rabbia

di Paolo Conti

 

 

 

ARCHIVIO STORICO DEL “CORRIERE DELLA SERA”, 27 luglio 1992

 

 

Pasolini lo scelse per “Accattone”. Ora l’allievo racconta in un libro la sua carriera, dalle borgate alla regia.

“Vita di un ragazzo di vita” di Franco Citti, edizioni Sugarco

 

Com’è il volto di un ragazzo di vita quando invecchia? No, non è il “grugno”, per dirla in romanesco, di un uomo qualsiasi. E una faccia giovane sfigurata da un vetriolo gettato con calcolo: rughe, solchi, borse sotto gli occhi sono una tela raggrinzita sulla strafottenza di un ventenne. I capelli non sono cambiati, solo che paiono pieni di farina. Franco Citti è insomma rimasto il ragazzo conosciuto da Pier Paolo Pasolini chissà quanti anni fa. Si squadrarono subito. Pasolini disse “piacere, Pasolini” con una misura che faceva il paio con quelle sue giacche sobrie a tre bottoni da professore di liceo. Citti rispose “io so’ Franco”, e dietro la ruvidezza c’erano le borgate. Per anni il loro rapporto fu improntato a quel “piacere, Pasolini” e a quel “io so’ Franco”. Uno a parlare, a spiegare, a insegnare. L’ altro a capire e, a sua volta, a mostrare le budella africane delle periferie romane.

 

 

 

 

 

E adesso l’ex ragazzo di vita racconta il suo Pasolini in “Vita di un ragazzo di vita”, strano libro scritto per la Sugarco a quattro mani col giornalista Claudio Valentini che ha avuto il compito di radunare e scegliere il materiale, traducendo i ricordi di Citti in italiano da un dialetto denso e oscuro che non conosce contaminazioni. Libro strano perché sembra la cronaca di una nottata calda e insonne passata davanti a un registratore con un “baby” in mano. Racconti, lacrime, risate e giù un sorso. “Baby”: cosi’ chiama Citti il suo whisky, come si faceva negli anni Sessanta. Non trovi una data, nelle pagine del libro, non un personaggio scolpito più degli altri. Solo l’attore inventato dal regista e il regista che segue la sua creatura. Traditori

Chi era Pasolini per Citti?  “Un caso di purezza. Impossibile tradirlo. E invece molti hanno tradito Pasolini sfruttandolo dopo la morte”. Ma chi? “Leggetevi bene il libro. Non solo, ma quando lo ammazzarono qualcuno ha anche pensato: “Meno male, ci siamo tolti di mezzo una persona scomoda”. Adesso, eh… adesso! Adesso i giovani in Europa, ma non in Italia dove sono imbecilli, stanno riscoprendo Pasolini. Col ricordo riescono fuori pure gli sciacalli. Certo, lui s’è pure autotradito. Ha dato troppa amicizia, si concedeva con facilità, potevi prenderlo in qualsiasi momento, parlava. Quanto gli piaceva parlare”.

Citti parla proprio come appare sul libro, dove una pagina viene dedicata all’odio per la propria madre (“è stata il pilastro della mia rovina”) e quella successiva al racconto di un pomeriggio passato con Ninetto Davoli e la Callas alla borgata Alessandrina dove alcuni ragazzotti, alla domanda su chi fosse la grande cantante Maria Callas, si avvicinarono a un juke-box e risposero: “Qui ‘a Callase nun c’è, c’è ‘a Caselli.”

Buffo, questo ex ragazzo di vita che confessa nel libro di conoscere da attore solo il Pasolini cineasta e di non aver mai letto i suoi libri. Buffo anche perché sostiene che “Lui”, come spesso lo chiama, non era omosessuale. Anzi, “uomosessuale”. “Uomosessualità”.

“La sua uomosessualità? A me mi risultava che si doveva sposare con Maria Callas, e che aveva avuto una storia con Laura Betti. Io poi non sapevo niente di lui. La sera ci salutavamo, ciao, ciao, ognuno per la propria strada. Ma mettiamo anche che lo fosse stato. Adesso il vostro mondo mi sembra pieno di uominisessuali. Li fate pure sposare”. Dice “vostro” perché proclama di essere ormai vecchio, a cinquantotto anni, e di non avere più alcun ruolo attivo in questo mondo.

A proposito di questo mondo. Chissà cosa avrebbe detto Pasolini, mettiamo, delle tragedie di Falcone e Borsellino? “Lui l’aveva anticipato vent’anni fa, che arrivavamo allo sfracello. Comunque, non sarebbe arrivato vivo, lo avrebbero ammazzato. Infatti lo hanno ammazzato. Ma non Pelosi da solo. Erano in quattro, sulle motociclette, abbiamo fatto le indagini io e mio fratello Sergio, il regista, nelle borgate. Siamo sicuri. Nessuno parlò perché venivano minacciati di morte. Comunque, alla fine, meglio così. Pensa tu Paolo vecchio e rincoglionito, come tanti registi costretti per mangiare a girare le Piovre, che spiegano ai ragazzi come si spara. Perché così succede, o no?”

 

 

 

 

 

Pasolini e i ragazzi vita, ancora un flash: “Lui scoprì grazie a noi la libertà del pallone per strada. Veniva dal mondo degli intellettuali, quelli con la cravatta. Difficile giocare a pallone con la cravatta. Lui se l’è tolta e ha giocato con noi. Siamo stati il suo rifugio. Adesso, ancora con questo adesso. Be’, adesso i borgatari si sono tutti rifarditi”. Rifarditi? “Ma sì, cambiati di brutto, non sono più gli stessi”.

Il prossimo film. Citti butta giù l’ ultimo sorso del suo “baby” e scruta quel Tevere nero come la serata afosa. La presentazione del libro l’hanno organizzata sull'”Isola del sole”, un barcone di antichi “fiumaroli”, tra fiaccole e filetti di baccalà fritti. Ride, l’ ex ragazzo di vita, e sogna il suo prossimo film che vorrebbe cantare le gesta del popolo dei borgatari, la loro redenzione e quindi la caduta nell’ inferno di cemento delle nuove periferie. L’ultimo ricordo coincide con un’affermazione: il testamento spirituale di Pasolini a Citti è stato rispettato. “Gli dissi: A Pa’ , mi hanno chiamato in America per un film. E lui: vacci pure ma ricordati di una cosa, non imparare la lingua. Non ti modificare. Perché se ti modifichi diventerai stronzo. E io, eccomi qui, sono rimasto me stesso”.

da :

http://pasolinipuntonet.blogspot.com/2013/02/ero-un-ragazzo-di-vita-franco-citti.html

 

 

«È morto e io mi sono accorto che la parte migliore della mia vita se n’era andata e che comiciavo a morire con lui. Sono convinto che mi sta aspettando, che gli devo andare appresso. Per questo ormai dico a tutti che sono in viaggio verso il cielo, anzi verso il Paradiso, se esiste, perché uno come Pier Paolo, uno che è stato odiato come lui, solo per aver dato alla gente tanto amore, non può essere andato che lì. Voglio morire per essere il primo ragazzo di vita che va in Paradiso.»

Questo libro vuole essere un omaggio a Pasolini, un ricordo dell’uomo dì cultura, dell’uomo di lettere, dell’uomo dì cinema, o, più semplicemente, dell’uomo, l’uomo che «aveva modi sinceri, onesti, un mondo tutto suo da far accettare. E un linguaggio che da noi nessuno aveva mai sentito», come dice Franco Citti. «L’incontro con noi, me, mio fratelo, ì nostri amici, per lui interessato al nostro modo di vivere, è stato un incontro fortunato. Per lui e per noi… Non sapevo che quell’uomo timido ed educato mi avrebbe e ci avrebbe — a me e a mio fratello — cambiato l’esistenza»

E in questo libro Franco Citti, stimolato e interpretato da Claudio Valentini, la ripercorre, la propria esistenza, offrendo al lettore spezzoni curiosi di vita, di una Roma scomparsa, di mille personaggi (sconosciuti e non) del mondo del cinema, dell’ex borgataro diventato attore. Il risultato è una specie di lungo monologo, o forse un sogno, o un semplice viavai della memoria.

Citti parla in prima persona, è l’«io» narrante della sua «tragedia» personale e di quella della sua generazione. Un po’ bullo, un po’ smargiasso, un po’ eroe e un po’ vigliacco. A legare le scene di questa inconsueta carrellata è un filo di nostalgia, nostalgia per lo scrittore delle borgate. dei suoi primi libri «romani. pieni d’atmosfera, di personaggi intrisi di amore, di vita, di morte, di ironia. di povertà, ma soprattutto nostalgia per l’uomo «che mi aveva scelto. Mi aveva inventato, decidendo al tempo stesso che dovevo rimanere così com’ero, materia bruta che non andava toccata, plasmata… Ci ho pensato un mucchio di volte e mi sono anche fatto un’altra convinzione: secondo me, nel mio grugno antipatico o dolce o indisponente, lui vedeva sé stesso». Ne è nato così un libro fresco, leggero, accessibile a tutti: una specie di viaggio nella «poesia» che c’è ancora nell’uomo, quella poesia che troppo spesso rimane nascosta in ognuno di noi.

 

da :

https://www.goodreads.com/book/show/49091711-vita-di-un-ragazzo-di-vita

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1 risposta a FRANCO CITTI CLAUDIO VALENTINI, VITA DI UN RAGAZZO DI VITA, SUGARCO EDIZIONI,1992 + inizio del film ” Accattone ” di Pier Paolo Pasolini, 1961

  1. i. scrive:

    Mi sembra molto poetico il ricordo di Pasolini e del mondo che amava fatto da chi l’ha conosciuto bene.

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