SILVIA ROMANI, Saffo, la ragazza di Lesbo, Einaudi, 2022 + Natalia Aspesi, Robinbson, 3 luglio 2022 + liriche di Saffo

 

 

 

Saffo, la ragazza di Lesbo
EINAUDI,
2022
Frontiere
pp. 208
€ 18,50

Migliaia d’anni di naufragi e salvataggi, di letture e di riscritture, e ora Saffo è lí, a un tocco di mano, dove sbattono le vele delle navi, si gonfiano i tessuti leggeri che indossano le sue compagne, e profumano i giardini. Silvia Romani ha scritto un «viaggio sottopelle» verso la prima e la piú grande poetessa della letteratura occidentale e ciò che di lei non muore. Un ritratto che forse alla ragazza di Lesbo sarebbe piaciuto: credeva che non ci fosse niente di piú bello di «ciò che si ama», nemmeno le parate di navi, eserciti e cavalieri. Lei che amava la luna piú del sole, le rose piú di qualsiasi altro fiore e Afrodite sopra ogni cosa.

 

Il libro

Saffo è stata una ragazza di Lesbo, una figlia e una madre. Ha diretto cori di giovani coetanee, ha insegnato loro a cantare e a danzare. Forse ha persino sussurrato al riparo delle stanze chiuse i segreti del piacere femminile. Ha educato alla bellezza le signorine bene nella Lesbo della fine del VII secolo a.C. È stata omosessuale, bisessuale, persino un’icona LGBT.

Poi ha dichiarato di non voler piú vivere, e si è tuffata dalla rupe bianca di Leucade, innamorata perdutamente di un uomo, il barcaiolo Faone.

Ha insegnato a generazioni di giovani scrittrici il coraggio di far sentire la propria voce. La sua leggenda, nata quando era ancora in vita, si è nutrita delle ombre e dei vuoti che circondano i frammenti arrivati sino a noi e alimentato una inesauribile fioritura di interpretazioni letterarie e artistiche.

In questo volume Silvia Romani accompagna il lettore nelle vie di Lesbo, nei giorni in cui una ragazza di buona famiglia scopre una vocazione e uno straordinario destino. Saffo, la ragazza di Lesbo è un suggestivo, coinvolgente omaggio all’incanto dei suoi versi, fatti di lune metafisiche, notti profumate di rose, nostalgia per la giovinezza che fugge; e alla fascinazione che non smette di esercitare sugli autori e gli artisti d’ogni tempo e paese.

 

 

Silvia Romani (Università Statale di Milano) : "Laughs best who laughs last  (...)" - YouTube

Silvia Romani

Silvia Romani insegna Mitologia, Religioni del mondo classico e Antropologia del mondo classico all’Università Statale di Milano. Ha pubblicato per Raffaello Cortina In viaggio con gli dei e Il mare degli dei (entrambi con Giulio Guidorizzi) e, per Einaudi, Il mito di Arianna (2015, con Maurizio Bettini), Una passeggiata nell’Aldilà (2017, con Tommaso Braccini) e Saffo, la ragazza di Lesbo (2022). È autrice di libri per ragazzi (IliadeOdisseaI miti greci).

 

NEL LINK, puoi leggere le prime tre pagine della storia, pp. 5-6-7

https://www.einaudi.it/content/uploads/2022/06/Pagine-da-INT_romani_silvia_saffo_la_ragazza_di_lesbo.pdf

 

 

John William Godward, In the Days of Sappho, 1904, olio su tela, 58.5 x 73.5 cm, J. Paul Getty Museum, L.A
https://www.altremuse.com/post/immagini-saffiche-john-william-godward

 

 

REPUBBLICA.IT / ROBINSON –  SABATO 3 LUGLIO 2022 

https://www.repubblica.it/robinson/2022/07/31/news/saffo_poetessa_lesbo_grecia_biografia_silvia_romani_einaudi-359780637/

 

Chi era Saffo, la poetessa di Lesbo

 

Chi era Saffo, la poetessa di Lesbo

Attraverso le scarse fonti, in “Saffo la ragazza di Lesbo” Silvia Romani ricostruisce l’esistenza di una delle voci più amate della lirica greca classica

Meglio cominciare dalla fine, dalle ultime 13 pagine di note che l’autrice intitola “breve portolano”, preparandoci più che a una placida lettura, a un viaggio avventuroso a vele spiegate, nella bonaccia e nel fortunale, di porto in porto, di secolo in secolo, di poesia in affresco in canzone, per raccontare ancora di un personaggio, nebbioso e reale, evanescente e vivo, mitico e storico, ricordato, reinventato, amato, esaltato, sin dall’antichità, mai dimenticato lungo i secoli: e di nuovo qui, oggi, in queste 195 pagine, Saffo, la ragazza di Lesbo.

È stata l’Einaudi a proporre a Silvia Romani una ennesima Saffo, perché di quella incantatrice immortale pare di sentire il bisogno soprattutto nel tempo vuoto del disamore, del disincanto e della paura, come è questo. Di lei in realtà non si sa quasi nulla, se non, come scrive Romani “quanto ci lasciano intuire i frammenti sopravvissuti al naufragio della letteratura greca e le testimonianze, scarne, degli antichi. Troppo poco e insieme moltissimo”.

E infatti da millenni Saffo ci è compagna e maestra, una ragazza fragile e bruna che con i suoi versi ha parlato d’amore delle sue meraviglie e delle sue ferite, dell’amore sognato e di quello che la vita poi ti riserva. Dopo secoli nulla è cambiato, il sogno è sempre quello, la realtà pure: l’amore c’è prima di esserci, con tutte le varianti di sempre, ma poi come allora, come sempre, si smaschera e rivela il suo inganno.

Anche allora, ai tempi di Saffo e degli dei, che dell’amore erano i guardiani, i nemici, i provocatori, i protagonisti.

“C’è chi dice sia un esercito di cavalieri, c’è chi dice sia un esercito di fanti, c’è chi dice sia una flotta di navi sulla nera terra, la cosa più bella, io invece dico che è ciò che si ama”. Silvia Romani approva, “io per scrivere un libro devo essere innamorata”. Quanti ne ha scritti? “Sette”. Sette amori? Sorride la bella signora dai lunghi capelli castani, che con lo zainetto sulla schiena pare una sua allieva della Statale di Milano, dove insegna Mitologia, Religioni e Antropologia del mondo classico. Cioè, qualcosa come Il trono di spade? E Saffo e Afrodite e gli Achei diretti a Troia come influencer per giovani eruditi?

Che sciocchezza: no, è una cosa seria, molto seria, se ti avvicini, quel mondo diventa una passione, è difficile uscirne, e non importa se sai che non ci caverai un futuro di denaro o di visibilità. L’incontro fatale di Romani con Saffo in questo suo libro avviene trovando chissà dove una gazzetta del marzo 1825 pubblicata in Tasmania con due notizie appaiate: un’asta che tra gli oggetti di poco valore mette in vendita un piccolo ritratto di Saffo, e l’inaugurazione di una scuola per fanciulle con corsi di scrittura, lettura, aritmetica, ricamo: come quella dove nel VII secolo a.C. Saffo preparava le sue allieve adolescenti alla danza, a intrecciare fiori, a cantare e forse anche alla seduzione, al piacere, a rinunciare alla libertà e alla gioia per diventare sposa e madre, imprigionata nell’inevitabile, invisibile ruolo domestico.

Mappa Lesbo - Cartina di Lesbo

LESBO – https://www.grecia.cc/mappa_lesbo_cartina.html

 

File:Aegean with legends it.svg - Wikipedia

LESBO / TURCHIA

 

Solo sei miglia marine separano Lesbo, l’isola greca di Saffo dalla Turchia, e in quel breve, ventoso tratto di mare, come ricorda Omero, attorno al 1230 a.C. passarono a vele spiegate 1186 navi che portavano Agamennone e il suo esercito sulle spiagge di fronte ad Ilio per raggiungere Troia e distruggerla.

Nella famosa guerra lunga dieci anni di cui non c’è certezza, e che, come altri, Omero, ispirato dalle Muse, raccontò un infinito tempo dopo e un secolo prima che Saffo descrivesse la sosta di Agamennone e Menelao a Lesbo e il loro sacrificio a Era sposa di Zeus. È da subito che in questo incrociarsi di secoli e di eventi dalle tracce incerte, ci si ritrova indifesi e affascinati, in un tempo senza tempo, smarriti in migliaia di anni di sontuosa civiltà che non ci appartiene e abbiamo perduto: appunto un altro mondo, un’altra galassia, in cui gli umani convivevano con gli dei benigni e crudeli, con le ninfe, gli eroi e i semidei, ogni accoppiamento possibile, e le feste, e i sacrifici, e i riti, e i doni, che i mortali offrivano agli immortali e le suppliche, le rimostranze degli uni e i favori, le ripicche, le punizioni degli altri.

Saffo e saffica, Lesbo e lesbica, da sempre nei versi della poetessa si è cercato il canto dell’amore tra donne: ma la meraviglia di questo libro è di scegliere la verità dell’incertezza, che ha consentito ogni interpretazione e ogni sogno, uno sguardo scabroso, un pensiero pio, una fantasia sui costumi di una società arcaica e perduta. Però “le ragazze di Saffo conoscevano di sicuro i piaceri dell’amore. Un piccolo pastiche di frammenti riportati in un papiro del III secolo d.C. potrebbe addirittura evocare l’olisbo, un antico dildo o vibratore… C’è persino chi in questa e in altre allusioni ha voluto evocare l’immagine della poetessa come di una maestra del piacere”.

L’omosessualità femminile era allora conosciuta, ne parla persino Platone ci informa Romani, ma disprezzata, mentre l’amore maschile era per gli eletti, il cardine dell’educazione aristocratica, il passaggio della sapienza e del potere tra generazioni. Saffo ha molto amato nei sui versi e nella vita, tanto da suicidarsi per amore di un giovane uomo, Faone concupito anche da Afrodite, gettandosi in mare dall’alto di una rupe.

 

saffo

Nell’abside è raffigurata la poetessa Saffo che si lancia dalla Rupe di Leucade, al cospetto di Apollo e Feonte.
Leucotea apre il suo velo e Saffo è accolta da un tritone.

DA : https://artslife.com/2017/11/24/bellezza-e-mistero-nella-basilica-neopitagorica-di-roma/

 

Figurina dipinta nell’abside della basilica sotterranea di Porta Maggiore a Roma, forse del I secolo d.C., sul punto di spiccare il volo nel vuoto, la vede nel 1949 la filosofa Maria Zambrano, e subito ne rimane sedotta, paragonando il suo coraggio a quello di Simone Weil.

E se invece non avesse retto alla fine delle festa perenne della giovinezza e quindi della bellezza? “I doni belli delle Muse dai seni di viola, ragazze/amica del canto la lira sonora… Il corpo…un tempo e la vecchiaia ormai/sono diventati bianchi da neri che erano i capelli,/e l’animo si è fatto pesante, non reggono più le ginocchia…”.

Che viaggio stordente ci propone Romani, nel mondo senza limiti di Saffo, dove Anna Maria Ortese la scopre nella traduzione di Quasimodo del 1944 e se ne innamora consegnandola alla Sicilia che ha davvero ospitato la poetessa, a Siracusa; e Auguste Rodin la scolpisce nel 1900 e il coreografo Didelot le dedica una balletto nel 1797 a Londra, e Lawrence Durrell nel 1950 mette in scena il suo Sappho. A play in verse; Marguerite Yourcenar nel 1936 racconta la sua Saffo da circo in Fuochi, che diventa per il teatro Saffo o il volo dell’acrobata con Manuela Kusterman.

Forse sono i miei anni a farmi vagare in questi luoghi della cultura a me sconosciuti o quasi (chiedo perdono per gli errori), con una curiosità che mi ha reso felice. “A me ha fatto felice scriverlo”, dice Romani. Ma gli dei che fine hanno fatto, vorrei sapere, non potrebbero da dove se la spassano o dalle pagine di questo libro, darci qualche suggerimento per non buttarci nel vuoto, come Saffo, per di più con un amorino villano che anziché trattenerci ci spinge giù come (1843) nella litografia di Honoré Daumier?

 

Il libro. Silvia Romani, Saffo, la ragazza di Lesbo (Einaudi, pagg. 208, euro 18,50)

 

 

SEGUONO ALCUNE LIRICHE DI SAFFO DA ::

Saffo: la prima poetessa dell’eros al femminile

 

 

Scivola tra le pieghe delle lenzuola lambendo la mia pelle
stuzzicando il mio torpore.
Si insinua tra le fessure del del sogno
penetrando negli anfratti umidi
del mio indomito languore.
Affonda nel mio petto mozzandone il respiro,
poi leggero si allontana
sfumando nella nebbia
dolcemente.
E mi lascia sospesa
a stringere nel pugno un sapore sfuggente

 

O mia Gongila, ti prego
metti la tunica bianchissima
e vieni a me davanti: intorno a te
vola desiderio d’amore.
Così adorna, fai tremare chi guarda;
e io ne godo, perché la tua bellezza rimprovera Afrodite

 

Vorrei veramente essere morta.
Essa lasciandomi piangendo forte,
mi disse: “Quanto ci è dato soffrire,
o Saffo: contro ogni mia voglia
io devo abbandonarti”.
“Allontanati felice” risposi
“Ma ricorda che fui di te
sempre amorosa.
Ma se tu dimenticherai
(e tu dimentichi) io voglio ricordare
i nostri celesti patimenti:
le molte ghirlande di viole e rose
che a me vicina, sul grembo
intrecciasti col timo;
i vezzi di leggiadre corolle
che mi chiudesti intorno
al delicato collo;
l’olio da re, forte di fiori,
che la tua mano lisciava
sulla lucida pelle;
e i molli letti
dove alle tenere fanciulle ioniche
nasceva l’amore della tua bellezza.
Non un canto di coro,
né sacro, né inno nuziale
si levava senza le nostre voci;
e non il bosco dove a primavera
il suono.

 

 

SEGUONO ALTRE LIRICHE NELLA TRADUZIONE DI QUASIMODO DAL LINK DEL NS BLOG:

SAFFO DI SALVATORE QUASIMODO…

8 ottobre 2012

 

Tramontata è la luna

e le Pleiadi a mezzo della notte;

anche la giovinezza già dilegua,

e ora nel mio letto resto sola.

Scuote l’anima mia Eros,

come vento sul monte

che irrompe entro le querce;

e scioglie le membra e le agita,

dolce amara indomabile belva.

Ma a me non ape, non miele;

e soffro e desidero.

 

Quale dolce mela che su alto

ramo rosseggia, alta sul più

alto; la dimenticarono i coglitori;

no, non fu dimenticata: invano

tentarono raggiungerla…….

 

 

 

Subito a me il cuore si agita

nel petto solo che appena
ti veda, e la voce non esce, e la lingua si spezza.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,

e gli occhi più non vedono

e rombano le orecchie.

 

 

A me pare uguale agli dei

chi a te vicino così dolce

suono ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me

il cuore si agita nel petto

solo che appena ti veda, e la voce

si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,

e ho buio negli occhi e il rombo

del sangue alle orecchie.

E tutta in sudore e tremante

come erba patita scoloro:

e morte non pare lontana

a me rapita di mente.

 

 

 

Gli astri attorno alla luna piena

celano il chiaro viso

quand’essa, colma di luce,

irradia tutta la terra.

 

 

 

Beato come un dio è l’uomo
che ti siede innanzi
e ode da vicino la tua
dolce voce

e l’amoroso riso. Nel petto
il mio cuore batte forte.
Ti scorgo appena, la voce
si rompe.

Ferma la lingua, il fuoco
mi scorre nelle membra,
sottile. Gli occhi non vedono,
le orecchie rombano.

Sudo freddo e un brivido
mi prende. Più verde dell’erba,
non mi sembra d’essere
lontana dalla morte.

 

 

 

Chi è bello
l’è da vedere e basta.
Chi è buono
bello l’è da subito.

 

 

Mi scrolla amore,
come il vento dalle cime
che piomba sui roveri.

 

 

Ho una bella bimba,
il suo volto è come
i fiori d’oro.
Si chiama Cleide.
Se mi date l’intera Lidia
io non la do.
Se mi date l’amore
io non la do.

 

 

Una terra cinta di fiori,
di fiori di mille colori.
Ceci d’oro su rive salmastre
spuntavano…

 

 

Sento arrivare la morte.

Lei, copiosa di lacrime,
lasciandomi:
“Destino crudele,
Saffo, mai vorrei
lasciarti!”.

E io risposi: “Addio,
va serena e ricordati
di me. Tu sai che
t’ho amato”.

Quante corone di viole,
di rose e salvia poste
sul tuo corpo, là, vicino a me.

Ghirlande intrecciate attorno
al delicato collo, fatte
dei fiori di primavera.

 

 

Per te morte, inerzia del sonno,
silenzio della memoria, eterna.
Non attingi a petali di poesia.
Oscura vagherai per l’Ade,
svolazzando tra larve cupe.

 

 

Una volta ero presa di te, Attide.
Mi sentivo come una bambina,
piccola e acerba.

 

 

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