La memoria dell’Olocausto, per non diventare nel tempo un rito che si scolorisce man mano di significato per le generazioni future, deve diventare linfa fresca per guardare criticamente tutta la storia umana e direi, soprattutto il presente e il futuro. Il ripetersi delle atrocità che l’uomo può compiere, l’uomo normale come noi ci riteniamo di essere, può avvenire in ogni momento, date certe condizioni politiche, sociali, economiche. Quindi la memoria di cosa è accaduto in passato, di tutta la ” banalità del male” è fondamentale ma è la base, la parte viva di questa memoria che dovremmo avere incisa nella nostra pelle e nella nostra volontà. Di fronte agli orrori della guerra e del nazifascismo si diceva “mai più”, ma questo “mai più” deve essere non solo una speranza ma una concreta volontà e attività degli uomini per impedire che il Male, il famoso serpente mai definitivamente schiacciato, risorga sempre, multiforme e mortifero. In questi giorni è avvenuto un fatto che dimostra, secondo me, come la malvagità, in forme piccole o grandiose, si annidi dentro di noi: un condannato a morte per omicidio negli Stati Uniti, dopo decenni in prigione, è stato ucciso secondo il metodo più doloroso e brutale perché potesse soffrire fino all’ultimo istante. Il gusto perverso di far soffrire l’uomo prima di ucciderlo è presente ed è tra di noi: ditemi se non rende attuale lo spirito del nazismo che è vivo e vegeto e se questa non è la vera battaglia da combattere incessantemente. ( Donatella )