Mahmoud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo e testimone della tragedia del suo popolo : al-Birwa, suo villaggio natale, è stato distrutto dalle truppe israeliane durante la Nakba e ora non esiste più, né fisicamente né sulle cartine geografiche.
Fuggito in Libano con la famiglia, per scampare alle persecuzioni sioniste, tornò in patria (divenuta terra dello Stato d’Israele) da clandestino, non potendo fare altrimenti.
La sua condizione di “alieno” e di “ospite illegale” nel suo stesso paese rappresenterà uno dei capisaldi della sua produzione artistica.
Arrestato svariate volte per la sua condizione di illegalità e per aver recitato poesie in pubblico, Mahmoud – che esercitò anche la professione di giornalista – vagò a lungo, non avendo il permesso di vivere nella propria patria: Unione Sovietica, Egitto, Libano, Giordania, Cipro, Francia furono le principali nazioni dove il poeta, esule dalla sua terra, visse e lavorò.
Eletto membro del parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese, poté visitare i suoi parenti solo nel 1996, anno in cui – dopo 26 anni di esilio – ottenne un permesso da Israele.
Il poeta si spense a Houston (Texas) il 9 agosto 2008 in seguito a complicazioni post-operatorie. Mahmoud aveva infatti subito diversi interventi al cuore, l’ultimo dei quali gli fu fatale.
POESIE
A MIA MADRE
Mi manca il pane di mia madre
Il suo caffè
La sua carezza
Che cresce con la mia infanzia
Giorno dopo giorno
Amo la vita
Perché se morissi
Non sopporterei il pianto di mia madre!
Accoglimi se un giorno diventero’
Mascara per le tue ciglia
E coprimi le ossa di erbe
Portate dal tuo candido seno¨
E stringimi forte
Con una ciocca dei tuoi capelli
Sperando di diventare un dio
Diventero’ un dio …
Quando tocchero’ il fondo del tuo cuore
E quando tornero’, usami come combustibile
Per rinvigorire il fuoco
Come filo da bucato sul terrazzo di casa
Perché non posso resistere senza le tue preghiere
Sono invecchiato
Ridammi le stelle dell’infanzia
Perché possa condividere coi giovani uccelli
La strada del ritorno
Verso il nido della tua attesa!
TI HO SCONFITTO, MORTE
O morte, siediti e aspetta.
Prendi un bicchiere di vino e non trattare.
Una come te non tratta con nessuno,
uno come me non si oppone alla serva dell’invisibile.
Prendi fiato… forse sei spossata da questo giorno
di guerra astrale. Chi sono io perché tu mi faccia visita?
Hai tempo di esplorare il mio poema? No. Non è affar tuo
Tu sei responsabile della parte d’argilla
dell’uomo, non delle sue opere o delle sue parole.
O morte, ti hanno sconfitta tutte le arti.
Ti hanno sconfitta i canti della Mesopotamia,
l’obelisco dell’Egizio, le tombe dei Faraoni,
le incisioni sulla pietra di un tempio ti hanno sconfitta,
hanno vinto, ed + sfuggita ai tuoi tranelli
l’eternità…
e allora fa’ di noi, fa’ di te ciò che vuoi.
PENSA AGLI ALTRI
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.
CARTA D’IDENTITA’
Ricorda !
la mia identità è araba
E la mia carta d’identità è la numero cinquantamila
Ho otto bambini
E il nono arriverà dopo l’estate.
ti irriti?
Ricorda!
la mia identità è araba,
e con i compagni della miseria lavoro in una cava
Ho otto bambini
Dalle rocce
Ricavo il pane,
I vestiti e I libri.
Non chiedo la carità alle vostre porte
Né mi umilio sui gradini della vostra camera
Perciò, sarai irritato?
Ricorda!
la mia identità è araba,
Ho un nome senza soprannomi
vivo con pazienza in paesi
La cui gente è arrabbiata.
Le mie radici
esistono da prima delle ere,
da prima dei cipressi e degli olivi
da prima che crescesse l’erba.
Mio padre… viene dalla stirpe dell’aratro,
Non da un ceto privilegiato
e mio nonno, era un contadino
né ben cresciuto, né ben nato!
mi insegnò la dignità
Prima di insegnarmi a leggere,
la mia casa (da guardiano) è semplice
fatta di canne e rami
sei soddisfatto del mio stato?
Ho un nome senza titolo!
Ricorda!
la mia identità è araba,.
le mie caratteristiche sono
capelli color carbone
occhi color marrone
la testa avvolta in una kefyah
ruvido come la pietra il palmo della mia mano
graffia chi lo tocca.
e il mio indirizzo
è quello di un villaggio abbandonato
le sue strade non hanno nomi
e tutti i suoi uomini sono a lavorare la pietra
Questo ti fa irritare?
Ricorda,
la mia identità è araba
E tu hai rubato gli orti dei miei antenati
E la terra che coltivavo
Insieme ai miei figli,
Senza lasciarci nulla
se non queste rocce,
E il vostro governo prenderà anche queste,
Come si era sentito dire.
Perciò!
Scrivilo in cima alla tua prima pagina:
Io non odio la gente
e non ho mai abusato di alcuno
ma se avrò fame
mangerò pure la carne del mio boia
Attenzione…Guardati!
dalla mia collera
E dalla mia fame!
(Traduzione Khalil Tayeh 4-6-2015)
PROFUGO
Hanno incatenato la sua bocca
e legato le sue mani alla pietra dei morti.
Hanno detto: “Assassino!”,
gli hanno tolto il cibo, le vesti, le bandiere
e lo hanno gettato nella cella dei morti.
Hanno detto: “Ladro!”,
lo hanno rifiutato in tutti i porti,
hanno portato via il suo piccolo amore,
poi hanno detto: “Profugo!”.
Tu che hai piedi e mani insanguinati,
la notte è effimera,
né gli anelli delle catene sono indistruttibili,
perché i chicchi della mia spiga che va seccando
riempiranno la valle di grano.
UNA LEZIONE DI KAMASUTRA
Con la coppa incastonata d’azzurro
aspettala
vicino alla fontana della sera e ai fiori di caprifoglio,
aspettala
con la pazienza del cavallo sellato,
aspettala
con il buon gusto del principe raffinato e bello
aspettala
con sette cuscini pieni di nuvole leggere,
aspettala
con il foco dell’incenso femminile dappertutto
aspettala
con il profumo maschile di sandalo sui dorsi dei cavalli,
aspettala.
E non spazientirti. Se arriva in ritardo
aspettala,
se arriva in anticipo
aspettala
e non spaventare gli uccelli sulle sue trecce,
e aspettala
ché si sieda rilassata come un giardino in fiore,
e aspettala
ché respiri un’aria estranea al suo cuore,
e aspettala
fino a che non sollevi il suo vestito scoprendo le gambe
nuvola dopo nuvola,
e aspettala
e portala su un balcone per vedere una luna annegata nel latte,
e aspettala
e offrile l’acqua prima del vino e non
guardare il paio di pernici che le dormono sul petto,
e aspettala
e accarezza lentamente la sua mano
quando poggia la coppa sul marmo
come se sollevassi la rugiada per lei,
e aspettala
e parlale come il flauto
alla coda spaventata del violino,
come due testimoni di ciò che il domani vi prepara,
e aspettala
e leviga la sua notte anello dopo anello,
e aspettala
fino a che la notte non ti dica:
Al mondo siete rimasti soltanto voi due.
Allora portala dolcemente alla tua morte desiderata
e aspettala….!
Sono molto belle queste poesie, che riescono a parlarci con immagini e parole dolcissime di una storia terribile di esilio, di violenza, di morte.