IL MANIFESTO 26 GIUGNO 2024
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Il fronte del Libano: una guerra senza ”ombrello” americano?
COMMENTI. Gli attacchi israeliani in Libano si sono fatti sempre più pesanti, con l’uccisione di 450 persone tra cui dozzine di civili. A sua volta Hezbollah ha compiuto azioni militari con droni sempre più potenti
Cerimonia funebre all’aeroporto di Teheran,per il presidente Raisi e i suoi compagni, morti in un incidente in elicottero lo scorso 21 maggio – Lapresse
Alberto Negri
nota al fondo
Quando l’esercito israeliano ha annunciato qualche giorno fa di avere un piano per un’offensiva in Libano contro Hezbollah in poche ore il prezzo dei generatori di corrente è aumentato di quattro volte nella regione di Haifa, a 30 chilometri dal confine libanese.
Era successo qualche cosa di simile nei giorni dello scontro tra Israele e Iran a seguito del bombardamento dell’ambasciata di Teheran a Damasco. Ma stavolta gli israeliani ritengono che Hezbollah potrebbe fare più male di quanto abbiano fatto militarmente gli ayatollah di Teheran, impegnati nella corsa alle presidenziali anticipate per la morte in un misterioso incidente di elicottero del presidente Ebrahim Raissi. Hezbollah, secondo gli stessi israeliani, ha un arsenale di 150mila razzi, e sarebbe in grado di colpire lo stato ebraico con 5mila ordigni al giorno.
E non è questa l’unica cosa che preoccupa Tel Aviv: la tecnologia del movimento islamico può incidere su rapporti di forza strategici che hanno visto finora Israele come un superpotenza imbattibile e intoccabile.
La guerra, come nel 2006, è pronta a esplodere nonostante i tentativi di mediazione americana affidati a un controverso ex ufficiale israeliano Amos Hochstein ( sotto, nota 1 ) che ha fatto carriera nei corridoi del potere americano e ieri a Washington, insieme al segretario di stato Blinken, ha incontrato il ministro della difesa israeliano Gallant in visita negli Usa.
Hochstein entra di diritto in quella galleria di personaggi e organizzazioni descritta nell’ultimo importante libro dello storico Ilan Pappe – «Lobbyng for Zionism on both sides fo Atlantic» – che non crediamo avrà molte recensioni dalle nostre parti. Hochstein è colui che ha elaborato e dato corpo alle strategie Usa in Europa e Medio Oriente. È stato lui che fece saltare il South Stream, il gasdotto tra Russia-Turchia-Italia che doveva aggirare l’Ucraina, a lui è ricorso Biden per chiudere il North Stream 2, la pipeline tra la Russia e la Germania.
Una delle cause del conflitto con Mosca. Washington si gioca ora in Medio Oriente la carta Hochstein – che nel 2022 ha mediato l’accordo tra Libano e Israele sui confini marittimi – per evitare un’altra guerra tra gli Hezbollah e gli israeliani in un mix esplosivo con il massacro in corso a Gaza dove il premier Netanyahu non cerca la pace ma un’impossibile vittoria “totale”. Hochstein è un strana figura di mediatore che rivela le contraddizioni laceranti della politica estera americana, in bilico tra una diplomazia dai contorni ambigui e mosse destabilizzanti di portata devastante, oscillante tra la fedeltà agli interessi primari di Washington, quelli dello stato ebraico e delle lobby affaristiche e militari.
Questi sono i personaggi in campo che preoccupano almeno quanto la situazione che dovrebbero gestire.
Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre Hezbollah aveva innescato degli scontri lungo la frontiera meridionale del Libano in solidarietà con i palestinesi e per alleggerire la pressione sul movimento islamista. In realtà dopo la guerra dei 40 giorni del 2006 questo fronte, dove è presente la forza militare Onu della missione Unifil (un migliaio i soldati italiani), la tensione era rimasta alta ma senza potenziali escalation.
Negli ultimi mesi tutto è cambiato. Gli attacchi israeliani in Libano si sono fatti sempre più pesanti, con l’uccisione di 450 persone tra cui dozzine di civili. A sua volta Hezbollah ha compiuto azioni militari con droni sempre più potenti mentre Israele ha colpito in profondità e con omicidi mirati come quello che l’11 giugno ha fatto fuori il comandante di Hezbollah Taleb Sami Abdallah.
Il dato militarmente più interessante è che Hezbollah si è dimostrato in grado di abbattere i droni israeliani, ha lanciato missili contro i jet di Tel Aviv e ha persino compiuto un attacco simbolico contro un’unità dello scudo di difesa aerea israeliano, il famoso Iron Dome.
Ma quale è l’obiettivo di Hezbollah? Secondo gli esperti libanesi il movimento intende mettere in mostra una capacità militare avanzata e di deterrenza senza però avviare un conflitto su larga scala, osteggiato dalla società libanese ma forse anche dall’alleato iraniano.
Gli israeliani sul fronte opposto non solo hanno dovuto procedere alla evacuazione di migliaia di persone dalla Galilea del nord ma si sono resi conto che Hezbollah è in grado di utilizzare tecnologie militari avanzate: una cosa cui Israele non era abituato a subire dai suoi nemici nella regione.
Proprio per questo Gallant è andato a Washington: per sondare la disponibilità degli Usa e dei loro alleati fornire quell’ombrello di sicurezza che avevano dato a Israele quando in aprile l’Iran ha attaccato – forse volutamente senza grandi risultati – lo Stato ebraico.
E qui è venuta la posizione del capo di stato maggiore dei comandi riuniti americani, Charles Brown, secondo il quale gli Usa non interverranno a fianco di Israele nel caso di apertura di un fronte di guerra contro Hezbollah, aggiungendo che «si vuole evitare una escalation anche con l’Iran». Se dobbiamo credergli per un volta le pressioni americane potrebbero avere un effetto e questa volta i confini li ha tracciati un generale non un politico, e forse non per caso.
nota 1-
Amos Hochstein
Amos Hochstein, diplomatico americano e inviato speciale per gli affari energetici internazionali-
Hochstein è nato in Israele , figlio di immigrati ebrei americani . Ha prestato servizio nelle forze di difesa israeliane come membro dell’equipaggio di un carro armato prima di trasferirsi a Washington, ma non ha (o non ha più) la doppia cittadinanza.
foto del Dipartimento di Stato Americano
segue da wikipedia
Il 10 agosto 2021, il Segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken ha annunciato che nominerà Hochstein consigliere senior per la sicurezza energetica, ed è stato successivamente nominato coordinatore presidenziale speciale per le infrastrutture globali e la sicurezza energetica. [9] [10] [11] Attualmente guida anche la partnership di Biden per le infrastrutture e gli investimenti globali
NOTA 2–
Alberto Negri (Milano, 1956) è un giornalista e reporter di guerra. Per «Il Sole 24 Ore» ha seguito dal 1987 al 2017 i principali eventi politici e bellici come inviato in Medio Oriente, Balcani, Asia Centrale e Africa. Ha vinto numerosi premi internazionali per la sua attività giornalistica, tra cui il premio “Antonio Russo” nel 2007, “Maria Grazia Cutuli” nel 2009, “Colombe per la Pace” nel 2015 e “Capalbio” nel 2017. Editorialista de «Il Manifesto», è già autore dei saggi Il turbante e la corona (Tropea, 2009) e Il musulmano errante (Rosenberg & Sellier, 2017).
Ha insegnato negli ultimi anni relazioni internazionali, storia del Medio Oriente contemporaneo e giornalismo ai master del Sole 24 Ore, alla Luiss, alla scuola di giornalismo Lelio Basso, tenuto numerose conferenze alle Università di Roma (Sapienza e Roma Tre), Milano (Statale) e Parma. E’ consigliere dell’Ispi, Istituto di Studi di Politica Internazionale di Milano.
Ha cominciato a 24 anni, viaggiando in Iran nel 1980, un anno dopo la rivoluzione, ha poi seguito la guerra civile in Libano, la guerra Iran-Iraq negli anni Ottanta, l’Afghanistan, la prima guerra del Golfo nel 1990-91, la guerre civili in Somalia, Mozambico, Angola, Algeria (1992 -2000) Kurdistan (1991-2017), oltre a Eritrea, Etiopia, Senegal e Mali, la liberazione di Mandela in Sudafrica e la fine dell’apartheid.
Nella ex Jugoslavia è stato all’assedio di Sarajevo…
segue nel link:
https://www.ripartelitalia.it/i-protagonisti-del-dibattito/alberto-negri/
GOG EDIZIONI 2021
PRESENTAZIONE EDITORE
Algeri con i suoi sogni rivoluzionari, Salonicco e i fantasmi del passato, Alessandria d’Egitto e il peso insostenibile della memoria, Tangeri la bizzarra, Beirut con il suo fascino fragile, Tripoli e Bengasi in stato di rivolta permanente, Istanbul e la nostalgia dell’Impero… Quello di Alberto Negri non è un itinerario solo geografico e storico, ma è un ritratto sentimentale delle principali città del Mediterraneo del sud, città che improvvisamente diventano persone, amanti di una notte o di una vita, dai quartieri come corpi e i palazzi come volti, con le loro grinze e le loro ferite impossibili da rimarginare. Lo sguardo del reporter si confonde con l’afflato dello scrittore, la storia collettiva, con i suoi protagonisti – letterari, politici, militari – si intreccia agli aneddoti degli uomini e delle donne di passaggio, i pensieri più intimi si alternano alle visioni geopolitiche consegnando alla nostra letteratura di viaggio una pagina appassionata e commovente, scritta sulla Sponda sud di un Mediterraneo che ci siamo rassegnati a guardare come al mare degli “altri”.
Ci sono delle logiche nella pazzia della guerra.