Vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia
Non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconiaSei contenta se un ladro muore o se si arresta una puttana
Se la parrocchia del Sacro Cuore acquista una nuova campana Sei soddisfatta dei danni altrui, ti tieni stretta i denari tuoi Assillata dal gran tormento che un giorno se li riprenda il ventoE la domenica vestita a festa con i capi famiglia in testa
Ti raduni nelle tue Chiese in ogni città, in ogni paese Presti ascolto all’omelia, rinunciando all’osteria Così grigia e così per bene, ti porti a spasso le tue cateneVecchia piccola borghesia per piccina che tu sia
Io non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconiaGodi quando gli anormali son trattati da criminali
E chiuderesti in un manicomio tutti gli zingari e gli intellettuali Ami ordine e disciplina, adori la tua Polizia Tranne quando deve indagare su di un bilancio fallimentareSai rubare con discrezione, meschinità e moderazione
Alterando bilanci e conti, fatture e bolle di commissione Sai mentire con cortesia, con cinismo e vigliaccheria Hai fatto dell’ipocrisia la tua formula di poesiaVecchia piccola borghesia per piccina che tu sia
Io non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconiaNon sopporti chi fa l’amore più di una volta alla settimana
O chi lo fa per più di due ore o chi lo fa in maniera strana Di disgrazie puoi averne tante, per esempio una figlia artista Oppure un figlio non commerciante, o peggio ancora uno comunista, exSempre pronta a spettegolare in nome del civile rispetto
Sempre fissa lì a scrutare un orizzonte che si ferma al tetto Sempre pronta a pestar le mani a chi arranca dentro a una fossa E sempre pronta a leccar le ossa al più ricco ed ai suoi caniVecchia piccola borghesia, vecchia gente di casa mia
Per piccina che tu sia il vento un giorno, forse, ti spazzerà via
[1966]
Testo e musica di Claudio Lolli
In album per la prima volta: “Aspettando Godot” [1972]
A un certo punto, oggi, un’amministratrice mi bercia: “Borghesia subito nelle CCG!”. Io le rispondo, assai convinto: “Ma c’è già!”; e vado a controllare per darle il link. No. Invece non c’era. Talmente convinto che una canzone come questa, questa vecchissima e nuovissima canzone di Claudio Lolli, ci dovesse per forza essere. Inconcepibile che non ci fosse. Nemmeno una delle classiche “dimenticanze” di questo sito: semplicemente l’ineluttabilità che già ci fosse. Perché è la descrizione esatta di questo mondo, e di questo paese. Diritta diritta dal 1966, da quarantuno anni fa, quando Lolli l’ha scritta all’età di 16 anni. Praticamente senza cambiare una virgola; o meglio, cambiando (o meglio ancora: adattando) solo alcune parolette, si ha una canzone di quest’anno di (dis)grazia 2007, con tutti i suoi “trends”. E nonostante quel che dica lo stesso Lolli, con tutti i suoi necessari adattamenti che ha fatto recentemente al testo; noi, in questa pagina, ci siamo permessi addirittura di andare un po’ oltre. [RV]
La “versione attualizzata” (o meglio: una delle possibili versioni attualizzate) che Claudio Lolli esegue durante i concerti. Può essere ovviamente inserita sul normale testo della canzone. Spesso Lolli, ogni volta che viene ripetuto il verso “pur piccina che tu sia, un giorno il vento ti spazzerà via” inserisce l’avverbio “(forse)” tra “il vento” e “ti spazzerà”.
Vecchia piccola borghesia, vecchia gente di casa mia,
per piccina che tu sia, il vento, un giorno…
forse, eventualmente, compatibilmente con l’evoluzione di movimenti interessanti come Forza Italia, la Lega, l’UDC, l’UDEUR eccetera eccetera, potrebbe anche succedere che, non so, nel 2015 –ma io non c’entro più niente, non voglio sapere, però… ti spazzerà via.
da :
Nel link, avendone voglia e tempo, trovate altre cose curiose …
CANZONI CONTRO LA GUERRA
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=6693&lang=it
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concerto intero di Claudio Lolli
A un anno dalla scomparsa di uno dei più importanti e, a mio parere, sottovalutati, artisti che hanno fatto la storia della canzone d’autore italiana, pubblico il video integrale di uno dei rari concerti trasmessi dalla tv italiana. Lo accompagna alla chitarra, un eccezionale Paolo Capodacqua. ( scritto nel 2019 )
foto:
SteveR2 |
Claudio Lolli (Bologna, 28 marzo 1950 – Bologna, 17 agosto 2018) è stato un cantautore e scrittore italiano.
Considerato fra i cantautori più impegnati[1][2], oltre a temi politici, ha saputo trattare, incidendo una ventina di album nell’arco di una trentina d’anni, i più profondi temi dell’essere umano, quali la desolazione e la crisi (Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita), e problematiche sociali e culturali (Ho visto anche degli zingari felici). Oltre che cantautore, Lolli è stato anche scrittore e poeta, e, dagli anni ottanta, professore liceale. La poetica di Lolli, come quella di altri cantautori degli anni intorno al Sessantotto[4], è stata accostata alla corrente dell’esistenzialismo. Tra i vari riconoscimenti nazionali ricevuti, vi sono il Premio Ciampi, la Targa Tenco e il Premio Lunezia alla Carriera nel 2017, ricevuto poco prima della morte.
SEGUE DA
AVVENIRE:: 19 AGOSTO 2018
Venerdì 17 agosto è morto il cantautore bolognese Claudio Lolli. Qui il ricordo di un suo studente.
Era il 2000, e il passaggio di millennio si fece sentire anche sui banchi: dalla scuola media delle suore mi ritrovai al liceo, di colpo, ad avere in classe il sessantottino Claudio Lolli. Non lo conoscevamo come cantante, e lui si guardò bene dal dircelo, così al Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno (Bologna) imparammo ad apprezzarlo anzitutto come professore. Fu Sergio, un giorno, ad attaccare lo stereo facendoci ascoltare una sua vecchia cassetta: il segreto era stato svelato, avevamo un prof famoso. «Ascoltate buona musica’, rispose Lolli con un po’ di imbarazzo. Era stato scoperto. La sua morte, venerdì scorso, non è stata invece una sorpresa: da tempo si diceva che stesse male e non era purtroppo una voce infondata. I titoli dei suoi temi ci costringevano a fare esercizio di fantasia e riflessione. Spesso le tracce erano su argomenti impegnati – dalla politica alla psicologia – sui quali, quasi sempre, si discuteva un bel po’ in classe. «Ci lasciava anche tre o quattro ore di tempo, perché non si accontentava del classico “temino” – ricorda Piero Pisano, anch’egli studente del professor Lolli –. Voleva vederci riflettere».
Senza tirarsi indietro, dicendo la sua facendo emergere il suo vissuto di militante di sinistra. Partecipava al dibattito (innescato da un film, una lettura o un titolo di giornale) «con la capacità – riprende Piero – di essere al nostro livello, faccia a faccia, ma senza fare l’adolescente, senza confondere il suo piano di professore con quello di noi studenti». Qualche volta ci proponeva invece l’inizio di un giallo, per vedere come saremmo stati capaci di svilupparlo. Sarebbe stato bello confrontarlo con quello che avrebbe scritto lui. Al centro però c’eravamo noi, con le nostre storie e le nostre vite che a lui interessavano. All’epoca, ammetto, non lo seppi apprezzare quanto meritava. Quando parlava della Chiesa – e ogni tanto non resisteva – io, cristiano senza troppo spirito critico (l’età adolescenziale era un’attenuante), mi irritavo. La descrizione dei cattolici fatta nella sua Borghesia, menefreghisti verso il mondo ma contenti “se la parrocchia del Sacro Cuore / acquista una nuova campana”, mi sembrò troppo ingenerosa. Oggi invece quello stesso verso può diventare un sano pungolo, e far pensare a cosa davvero si dà valore nella propria vita. Era un professore molto sui generis, Claudio Lolli. «Non insegnava come tradizionalmente si penserebbe – ricorda Fabrizio Nardini, anch’egli studente al Leonardo Da Vinci in quegli anni – ma ha sempre trovato il modo di farci esprimere. Con lui non esisteva il “si fa così, io ti racconto e tu prendi appunti”, ma indicava una strada spiegandoci che potevano essercene anche altre». E il suo aspetto esteriore che poteva sembrare un poco triste, riprende Piero, era invece accompagnato da «una capacità di scherzare, fare battute, magari sfruttando qualche nostro strafalcione grammaticale».
Al mal di pancia verso le rigidità dei programmi – in latino accumulava più ritardi di un treno regionale – si univa un senso di fiducia sul fatto che i suoi ragazzi avrebbero (avremmo) potuto costruire un mondo migliore. Forse non è andata così. E oggi anche i suoi “zingari felici” del liceo sono più tristi.
Grazie per farmi conoscere questo autore che ho sempre sentito nominare ma di cui non sapevo niente.