LIMESONLINE – 8 NOVEMBRE 2023
https://www.limesonline.com/rivista/abbiamo-dimostrato-al-mondo-che-israele-non-e-invincibile–14647533/
‘Abbiamo dimostrato al mondo che Israele non è invincibile’
Ismail Abdel Salam Ahmed Haniyeh / Ismā‘īl Haniyya
Conversazione con Ismā‘īl Haniyya, primo ministro e capo dell’Ufficio politico di Ḥamās, ospite del Qatar.
a cura di Umberto De Giovannangeli, inviato dell’Unità
segue da oltre 30 anni gli avvenimenti del M.Oriente
Pubblicato in: Guerra Grande in Terrasanta – n°10 – 2023
Carta di Laura Canali – 2023
LIMES Israele ha reagito pesantemente all’aggressione di Ḥamās del 7 ottobre. Diversi comandanti e dirigenti del movimento sono stati uccisi. Vi ritenete sconfitti?
HANIYYA Mai. Il sacrificio dei nostri šuhada’ ( = è una parola in arabo che significa “testimone della fede”. È spesso tradotto in italiano con il termine «martire») e la determinazione della gente di Gaza a non subire una seconda Nakba (la Catastrofe del 1948, nascita di Israele con milioni di palestinesi costretti ad abbandonare le loro terre, n.d.r.) sono la riprova della risoluta resistenza al nemico sionista. Un nemico vulnerabile, come hanno confermato le operazioni del 7 ottobre. Abbiamo mostrato ai popoli arabi e musulmani, al mondo, che Israele non è invincibile e che non avrà mai sicurezza finché perdurerà l’occupazione della Palestina.
LIMES Dietro Ḥamās c’è l’Iran. Tesi che non è solo di Israele.
HANIYYA La propaganda sionista agisce h24 ed è rilanciata in Occidente. L’Iran sostiene la causa palestinese. Come fanno il Qatar e tutti i paesi arabi, i popoli anzitutto. E lo dimostrano le manifestazioni di sostegno alla resistenza palestinese che si susseguono in tutto il mondo arabo e musulmano. E anche in Europa. Il messaggio che i nostri eroici combattenti hanno inviato è chiaro: Israele non è in grado di proteggere sé stesso dai nostri combattenti né di fornire sicurezza o protezione. L’intero processo di normalizzazione e riconoscimento, tutti gli accordi che sono stati firmati con Israele non potranno porre fine a questo conflitto.
LIMES A Gaza è morte e distruzione. La gente di Gaza è ostaggio di Ḥamās?
HANIYYA Gaza subisce un embargo da quasi vent’anni durante i quali ci sono state quattro o cinque guerre che hanno causato decine di migliaia di martiri e feriti, case distrutte. Sta vivendo una tragedia umanitaria. È una gigantesca prigione che rinchiude oltre 2 milioni di palestinesi. È la punta di diamante della resistenza che ha lanciato l’attacco. Ma trattandosi di una guerra che riguarda la terra di Palestina, Gerusalemme e al-Aqṣā, la battaglia coinvolge l’intera umma (comunità dei credenti musulmani, n.d.r.).
Ecco perché invito tutti i figli di questa umma, ovunque si trovino nel mondo, a unirsi, ognuno a modo suo, a questa guerra, senza indugi e senza voltarsi indietro. Per noi la resistenza armata non è il fine ma lo strumento per opporci all’annientamento, per difendere il diritto a una Palestina libera.
LIMES Nonostante il 7 ottobre, Israele ha una potenza militare nettamente superiore a quella di Ḥamās. E l’intenzione proclamata è di distruggere una volta per tutte le capacità belliche di Ḥamās e di eliminarne i capi.
HANIYYA Non è la prima volta che il nemico lancia questi proclami. Hanno assassinato il nostro fondatore ( AHMED YASSIM — nota 1 – al fondo ), altri capi e comandanti sono morti da šuhada’ ( ” martire “).
Ma Ḥamās è in vita. Lo è e lo sarà perché rappresenta, assieme alle altre forze della resistenza, lo spirito indomabile del popolo palestinese. Nessuno fuggirà da Gaza. Il 7 ottobre sarà nulla rispetto a ciò che gli israeliani subiranno invadendo Gaza. Combatteremo strada per strada, casa per casa. Ci siamo preparati per anni. Siamo pronti. Sappiamo bene che questa volontà di resistenza comporta il sacrificio più grande, la vita. Ognuno di noi ha visto morire i propri cari e mette in conto di morire come uno šahīd ( è la stessa cosa di “šuhada” = martire, testimone della fede ). Ma non c’è cosa peggiore di abbassare la testa, di arrendersi all’umiliazione dell’occupazione. Ciò non avverrà mai. La verità del 7 ottobre è che gli israeliani hanno sottovaluto i palestinesi.
Carta di Laura Canali – 2023
LIMES Ḥamās ha agito su impulso di Teheran per minare il riavvicinamento tra Israele e Arabia Saudita?
HANIYYA Anche l’Arabia Saudita ha condannato l’assedio criminale di Gaza da parte israeliana e non ha messo in discussione il diritto dei palestinesi a combattere fino alla liberazione della Palestina. Una cosa è certa: chiunque, a partire da Israele e dall’America, ha pensato, lavorato, per eliminare la causa palestinese favorendo accordi separati tra Israele e paesi arabi ha commesso un errore esiziale. La causa palestinese vivrà perché vive e lotta il popolo palestinese. Questa è la nostra forza. Il diritto di resistenza all’occupazione è contemplato dalle stesse convenzioni di guerra. Quelle convenzioni che gli israeliani hanno sempre violato, ritenendole carta straccia. Le punizioni collettive sono un crimine di guerra – bombardare case, scuole, ospedali. Crimini di cui Israele non ha mai dovuto rispondere. Nei mesi scorsi si sono susseguite le provocazioni dei ministri fascisti d’Israele che hanno profanato la Spianata delle moschee, la Moschea di al-Aqṣā. Una provocazione all’intero mondo musulmano. Hanno armato i coloni, permettendo loro di attaccare impunemente villaggi in Cisgiordania, uccidendo e ferendo civili inermi. Nessuna condanna, nessuna sanzione. Il progetto di annientamento della Palestina è in atto. E nessuno tra coloro che oggi accusano Ḥamās dei peggiori crimini, di essere una banda di terroristi sanguinari, ha mosso un dito, ha alzato la voce per protestare contro i crimini dei sionisti. La nostra è stata una reazione. Dura, combattiva, vincente. Israele sa di non essere invulnerabile e che mai avrà sicurezza con la Palestina occupata.
LIMES Non sono crimini di guerra anche quelli commessi dai miliziani di Ḥamās il 7 ottobre? Civili uccisi, anche donne e bambini, altri presi in ostaggio.
HANIYYA I nostri combattenti avevano come obiettivo prioritario le strutture militari, a cominciare dal quartier generale della brigata di Gaza, e i soldati israeliani. Mentre quella scatenata da Israele, e non certo dal 7 ottobre, è una guerra totale contro il popolo palestinese, senza alcuna distinzione tra combattenti e civili. Sono decine di migliaia i civili massacrati dagli israeliani e tenuti prigionieri nelle loro carceri. Sono migliaia i bambini palestinesi morti nei bombardamenti e altri ancora sono morti, nel disinteresse generale, a seguito dell’assedio che dura da oltre sedici anni. Israele è responsabile della distruzione dell’ospedale di Gaza, dove sono morti cinquecento palestinesi, molti dei quali donne e bambini. Così come fu responsabile del massacro di Ṣabrā e Šatīlā. E saremmo noi i criminali? Il massacro dell’ospedale conferma la brutalità del nemico e la portata del suo sentimento di sconfitta. Quell’attacco è un nuovo punto di svolta. Rendo omaggio al popolo di Gaza che sta affrontando la barbara macchina sionista. I combattenti palestinesi sono impegnati nelle loro terre. Oggi Gaza cancella dalla comunità arabo-musulmana la vergogna delle sconfitte, la vergogna dell’accettazione e dell’inazione.
LIMES Libererete gli ostaggi?
HANIYYA È impensabile liberare i prigionieri mentre Gaza è sotto attacco. Impensabile e impraticabile. Israele sospenda gli attacchi, permetta l’ingresso degli aiuti umanitari e uno scambio può essere negoziato. Il mondo parla e s’indigna per gli ostaggi in mano a Ḥamās e ad altre fazioni della resistenza. Ma dimentica che migliaia di palestinesi, molti dei quali minorenni, sono da anni ostaggio degli israeliani. Ma li chiamano prigionieri. Oggi sono oltre seimila. E le loro condizioni di prigionia sono sempre più dure. A deciderlo è soprattutto il ministro fascista Ben-Gvir. Se potesse li eliminerebbe tutti. Ho perso il conto di quante volte abbiamo chiesto la liberazione dei prigionieri. Israele non ha mai inteso farlo, se non quando ha dovuto trattare la liberazione del soldato Shalit. Siamo pronti a uno scambio di prigionieri, ma questo potrà avvenire solo se cesseranno gli attacchi a Gaza.
Carta di Laura Canali – 2023
LIMES In questi giorni di guerra si è tornati a parlare di una pace fondata sulla soluzione dei due Stati. Ma questo comporterebbe il riconoscimento di Israele da parte di Ḥamās. È una prospettiva ipotizzabile?
HANIYYA Nessuno può chiedere alla vittima di riconoscere il suo carnefice. Nessuno. Hanno rubato le nostre terre. Hanno occupato la Cisgiordania e al-Quds (Gerusalemme, n.d.r.). Guardate che fine hanno fatto gli accordi di Washington. Arafat aveva riconosciuto Israele, ma trent’anni dopo i palestinesi sono ancora sotto occupazione. Quegli accordi non dovevano essere firmati, perché frutto di una strategia rivelatasi fallimentare. Israele li ha usati per coprire la colonizzazione, per mantenere e rafforzare l’occupazione, per avere copertura internazionale. Quegli accordi non sono serviti neanche a ottenere la liberazione di prigionieri palestinesi. Quando ciò è avvenuto, è stato grazie alle azioni della resistenza palestinese. Vogliono trattare? Si ritirino dai territori che hanno occupato. Ma Israele non vuole una pace giusta. Vuole annientare il popolo palestinese, occuparne le terre. Due milioni di coloni sono pronti a insediarsi in Cisgiordania. A coloro che oggi ritirano fuori la soluzione dei due Stati, chiedo: dove dovrebbe sorgere lo Stato di Palestina? Su quale francobollo di terra? La nostra non è una guerra di religione. È una guerra di liberazione. Agli israeliani diciamo: quante volte vi abbiamo ammonito per ciò che avete perpetrato nei Territori occupati nel 1948, per i vostri tentativi di separare il nostro popolo?
LIMES Uno degli obiettivi di Ḥamās con gli attacchi del 7 ottobre era sancire la fine politica dell’Autorità nazionale palestinese e del presidente Abu Mazen?
HANIYYA È falso. Nel corso di questi decenni di occupazione abbiamo visto più volte il nemico provare, spesso riuscendoci, a dividere il campo palestinese con la complicità dell’America e dell’Europa. Noi abbiamo sempre detto che l’unità è un bene da preservare. Ma l’unità si costruisce resistendo all’occupazione israeliana, combattendo chi vuole annientarci. La resistenza contro chi da sedici anni assedia Gaza, porta avanti la pulizia etnica a Gerusalemme Est, spaccia per diritto alla difesa le punizioni collettive, occupa terre palestinesi, detiene per mesi e anni prigionieri senza processarli. Questa è l’unità che interessa a Ḥamās. Non c’è preclusione in questo. Quanto poi alla legittimazione, vorrei ricordare che Ḥamās ha vinto le elezioni del 2006. Elezioni libere, democratiche. La reazione israeliana e dell’Occidente è stata quella dell’assedio, dello strangolamento. Hanno votato Ḥamās, meritano di essere puniti. Bella idea di democrazia.
LIMES «L’Europa sarà la prossima a essere colpita da Ḥamās. Avrà i terroristi alla porta». Lo ha detto il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, intervenendo all’Onu.
HANIYYA Ḥamās non ha mai agito fuori dai confini della Palestina. La nostra è una lotta di liberazione contro l’occupazione israeliana. L’Europa non deve temere Ḥamās.
(ha collaborato Osama Hamdan)
NOTE:
nota 1 : al- Aqsa- (arabo. «il [tempio] più lontano») Moschea di Gerusalemme, formante, con la Cupola della roccia, il complesso di al-Haram al-Sharif («il nobile santuario»), il terzo luogo più santo dell’islam.
La moschea di Al- Aqsa è situata all’estremità meridionale dell’Haram al-Sharif- Il Monte del Tempio nella città vecchia di gGerusalemme- a in primo piano è la Moschea Al-Aqsa;
Dietro si trovano la Cupola della Roccia e, a destra, la Cupola della Catena
Andrew Shiva / Wikipedia
La cappella Al-Qibli , parte della moschea Al-Aqsa– Andrew Shiva / Wikipedia
La facciata della moschea. Fu costruita dai Fatimidi , poi ampliata dai Crociati , dagli Ayyubidi e dai Mamelucchi
Andrew Shiva / Wikipedia
nota 2-.- AHMED YASSIM
AHMED YASSIN ( 1936 – 2004 ), era tetraplegico quasi cieco ,costretto su una sedia a rotelle a causa di un incidente sportivo all’età di 12 anni. Un elicottero da combattimento israeliano gli ha sparato un missile mentre veniva portato via dalla preghiera del Fajr a Gaza Cit, uccidendo le sue due guardia del corpo e nove passanti- uccisione codannata a livello internazionale. Nacque ad al-Jura , un piccolo villaggio vicino alla città di Ashkelon , nella Palestina mandataria- Lui e tutta la sua famiglia fuggirono a Gaza, stabilendosi nel campo di al-Shati dopo che il suo villaggio fu ripulito etnicamente dalle Forze di difesa israeliane durante la guerra arabo-israeliana del 1948.
Yassin fu attivamente coinvolto nella creazione di una branca palestinese della Fratellanza Musulmana. Nel 1987, durante la prima Intifada, Yassin fondò Hamas con Abdel Aziz al-Rantisi , originariamente definendolo “l’ala paramilitare” della Fratellanza Musulmana palestinese, e diventandone il leader spirituale. Nel 1989, Yassin fu arrestato da Israele e rilasciato nel 1997, così che non poteva neanche bere se non aiutato ( NYT ). Ariel Sharon ha definito Yassin la “mente del terrore palestinese”
Yassin presso il tribunale militare israeliano nel 1990 durante il processo affiancato da due guardie- — יונתן טורגובניק (Yonathan Torgovnik) / Unità del portavoce dell‘IDF
Il leader di Hamas Ahmed Yassin incontra la Guida Suprema Ayatollah Khamenei in Iran
Khamenei.ir
In un’intervista, probabilmente registrata negli anni ’90, Ahmed Yassin dichiarò la sua opinione sugli ebrei:
“Non odiamo gli ebrei e non combattiamo gli ebrei perché sono ebrei. Sono un popolo di fede e noi siamo un popolo di fede, e amiamo tutte le persone di fede. Se mio fratello, di mia madre e mio padre e della mia stessa fede, prende la mia casa e mi espelle da essa, lo combatterò. Combatterò mio cugino se prende la mia casa e mi espelle da essa. Quindi quando un ebreo prende la mia casa e mi espelle da essa, lo combatterò. Non combatto altri paesi perché voglio essere in pace con loro, amo tutte le persone e desidero la pace per loro, anche per gli ebrei. Gli ebrei hanno vissuto con noi per tutta la vita e non li abbiamo mai aggrediti, e hanno ricoperto posizioni elevate nel governo e nei ministeri. Ma se prendono la mia casa e mi rendono un rifugiato come 4 milioni di palestinesi in esilio? Chi ha più diritto a questa terra? L’immigrato russo che ha lasciato questa terra 2000 anni fa o quello che se n’è andato 40 anni fa? Non odiamo gli ebrei, chiediamo solo che ci diano i nostri diritti.” (Al Jazeera (in arabo). 18 dicembre 2017.
In un discorso del 1997, Yassin ha detto:
Voglio proclamare a gran voce al mondo che non stiamo combattendo gli ebrei perché sono ebrei! Li stiamo combattendo perché ci hanno aggredito, ci hanno ucciso, ci hanno preso la terra, le case, i figli, le donne, ci hanno dispersi, siamo diventati dispersi ovunque, un popolo senza patria. Vogliamo i nostri diritti. Non ne vogliamo di più. Amiamo la pace, ma loro odiano la pace, perché le persone che tolgono i diritti agli altri non credono nella pace. Perché non dovremmo combattere? Abbiamo il diritto di difenderci. (Schmemann, Serge (23 ottobre 1997). “Sheik Vows to Continue the Hamas Holy War Against Israel” . New York Times .
Da + altro :
https://en.wikipedia.org/wiki/Ahmed_Yassin#Arab_world
nota 3
OSAMA HAMDAN – nato nel 1965 nel campo profughi di Bureji, striscia di Gaza. Muore l’8 febbraio 2024 dopo una lunga malattia
OSAMA HAMDAN
foto The Times of Israel
IL MANIFESTO — 9 febbraio 2024
https://ilmanifesto.it/il-custode-della-storia-palestinese
Il custode della storia palestinese
Storie. Addio a Osama Hamdan, architetto, esperto di mosaici, archeologo, restauratore e fondatore della scuola Mosaic Center di Gerico. Diceva: «Contribuisco al futuro del mio popolo»
![Osama Hamdan](https://ilmanifesto.it/cdn-cgi/image/width=1400,format=auto,quality=85/https://static.ilmanifesto.it/2024/02/osamakokon3.jpg)
Michele Giorgio, GERUSALEMME
Ci sono persone che in vita ricevono stima e apprezzamenti per il loro lavoro ed impegno. Così è stato per Osama Hamdan. Sarà ancora più apprezzato in futuro l’architetto, archeologo ed esperto di mosaici morto ieri a Gerusalemme all’età di 64 anni. Emergeranno ancora più evidenti la professionalità e la preparazione, abbinate a una passione profonda, che hanno segnato ogni giorno dei 40 anni di lavoro di Osama Hamdan per il recupero e la conservazione del patrimonio storico e culturale palestinese. A Gerusalemme e in Cisgiordania la notizia della sua scomparsa è stata ricevuta con sbigottimento e dolore. La sua perdita è immensa ed è avvenuta peraltro in questi giorni e mesi in cui i siti archeologici e storici di Gaza sono minacciati dall’offensiva militare israeliana.
HAMDAN mancherà a tanti anche in Italia, il suo secondo paese in cui aveva vissuto per anni, durante gli studi universitari, e con cui manteneva contatti continui. «Dove mai avrei potuto studiare architettura se non in Italia, lì prepari gli esami passeggiando per strade che trasudano storia, ammirando e toccando pietre, case e palazzi che ti insegnano culture talvolta millenarie», ci disse una volta ricordando i suoi studi al Politecnico di Torino in cui nel 1987 aveva conseguito la laurea in architettura e qualche anno dopo la specializzazione in «Analisi e Valorizzazione del patrimonio architettonico e ambientale». A Gerusalemme, dopo gli studi, Hamdan ritornò con una moglie, Clara, compagna di vita e di progetti fino all’ultimo giorno, e con il proposito di mettere le sue conoscenze a disposizione della rivalutazione e protezione dell’enorme patrimonio storico palestinese. «Faccio un lavoro bellissimo – diceva – scopro ogni giorno cose meravigliose frutto dell’intreccio di culture e allo stesso tempo, occupandomi di cultura e storia in questa terra, contribuisco al futuro del mio popolo». Un patrimonio importante che Israele, potenza occupante in Cisgiordania, afferma di proteggere ma che spesso finisce nei suoi musei, se non addirittura sotto il controllo dei suoi coloni. «All’interno di alcuni insediamenti coloniali si trovano siti archeologici che appartengono ai palestinesi e che i palestinesi però non possono visitare» ci spiegava tempo fa. Aggiungeva che la suddivisione in tre diverse aree della Cisgiordania, avvenuta dopo la firma degli Accordi di Oslo, aveva reso più difficile per i palestinesi avere accesso a diverse aree archeologiche e storiche.
![Lavoratori palestinesi al palazzo Hisham, a Gerico foto di Nasser Nasser/Ap](https://ilmanifesto.it/cdn-cgi/image/width=1400,format=auto,quality=85/https://static.ilmanifesto.it/2024/02/palazzo-di-hisham-a-gerico-ap.jpg)
DECISIVO per la sua crescita fu la collaborazione con l’archeologo francescano Michele Piccirillo, uno dei più grandi studiosi di mosaici in Medio oriente, scomparso prematuramente. Un connubio che convinse Hamdan a dare vita a Gerico al Mosaic Center, una scuola per giovani palestinesi interessati al restauro e al recupero di antichi mosaici e anche un riferimento per la comunità locale. Il rendere fruibile i siti storici alla popolazione, ha animato molti altri progetti realizzati dall’archeologo palestinese, in particolare a Sebastia e Betania. Al suo fianco ha spesso avuto la storica dell’arte Carla Benelli. «Osama era una risorsa speciale per la Palestina» ci dice «l’ho conosciuto nel 1997 quando si ragionava su come dare valore un patrimonio abbandonato al suo destino dall’occupazione. Ricordo che restaurammo insieme a padre Piccirillo i mosaici stupendi del Palazzo di Hisham a Gerico. Grazie a una idea di Osama coinvolgemmo un primo gruppo di giovani che desideravano diventare mosaicisti. Oggi 25 ragazzi e ragazze studiano al Mosaic Center. Per i palestinesi è fondamentale diventare protagonisti della conservazione della loro storia e cultura, i cardini dell’identità nazionale. E tanti giovani sono pronti a continuare il cammino di Osama Hamdan».
PROFONDAMENTE laico, politicamente di sinistra, Hamdan è stato curiosamente conosciuto negli ambienti cattolici di Gerusalemme come «il restauratore musulmano delle chiese cristiane». Lui sorrideva e spiegava che la cultura e la storia nel territorio della Palestina storica «sono di tutti, devono essere di tutti e non la proprietà esclusiva di una sola parte». Autore di libri e pubblicazioni accademiche, Osama Hamdan ha collaborato con università di tutto il mondo, soprattutto quelle italiane. Oltre al lavoro ha amato tanto anche la vita, la sua famiglia, lo stare insieme, il cibo, il buon vino, raccontava con passione i suoi progetti vecchi e futuri. Il suo buon umore rimarrà per sempre nei ricordi di chi l’ha conosciuto. «Osama Hamdan era uno di quegli esseri umani che quando li incontri non te li scordi più», ci diceva ieri la project manager culturale Francesca Merz «è stato lui ad accompagnarmi, insieme a Carla Benelli, a visitare i luoghi più belli e sconosciuti della Palestina. Quando parlava della storia di quei luoghi, gli brillavano gli occhi. Voglio pensare che quel suo amore per la sua terra, quel senso di giustizia, quella preparazione metodica su ogni pietra rinvenuta, l’abbia passata ad ognuno delle persone con cui è entrato in contatto nella sua piena vita». La preparazione e le attività di Osama Hamdan hanno ispirato non pochi articoli del manifesto e la nostra redazione lo ricorda con stima ed affetto.