FRANCO CASSANO, IL PENSIERO MERIDIANO – LATERZA 2021 – + recensione 1 –recensione 2

 

 

 

 

Il pensiero meridiano - Franco Cassano - copertina

Il pensiero meridiano

 

 

 

 

recensione 1 –
pagina 21- 8 marzo 2021

Onofrio Romano

Franco Cassano e Il pensiero meridiano

 

foto di Claudio Bazzocchi — FRANCO CASSANO

 

Ma di che parla il libro di Franco Cassano?

Non tragga in inganno la solennità del titolo: di una nuova metafisica d’occasione ad uso degli orfani del dover esser, non v’è traccia. Attraverso i sei saggi componenti l’operal’autore, scegliendo angoli visuali differenti e molteplici, va piuttosto a tratteggiare uno stile, un modo di stare al mondo. Uno stile meridiano, appunto. Intento vieppiù flagrante negli ultimi due, laddove Cassano abborda la questione isolando in rilievo lo stile di due figure intellettuali capitali del nostro dopoguerra: Camus e Pasolini.

Il focus non è il Mediterraneo, né il Sud o i Sud. Il focus è l’Occidente. In questo senso, il libro s’innesta dentro una lunga e nobile tradizione di critica auto-riflessiva sulla civiltà occidentale, il cui esempio paradigmatico resta quello della Scuola di Francoforte. Stare dentro la traiettoria emancipatoria della modernità e al contempo evidenziarne tutte le poste negative, i mondi che ci perdiamo in nome del progresso dell’umanità.  Una «critica della ragione per mezzo della ragione», qual era il programma di Adorno e Horkheimer in Dialettica dell’Illuminismo. È qui che si colloca, e a pieno titolo, il pensiero meridiano. Oltre la modernità. Dopo averla attraversata tutta e vissuta fino dentro il midollo. Abbiamo citato esemplarmente i francofortesi, ma potremmo citare decine di altri autori che gravitano sullo stesso terreno.

Qual è la differenza cassaniana, il suo apporto innovativo rispetto al filone in parola?

Cassano esercita questo doppio sguardo posizionandosi al margine invece che al centro del sistema. Questo gli consente due cose: 1) di vederci meglio, ossia di comprendere più pienamente la cifra del modello occidentale; 2) di elaborare una possibile via d’uscita.

Sui lembi estremi di un impero, se ne scorge meglio la cifra. In questo senso, il Sud non è l’Altro della modernità o, peggio, il suo «non ancora», bensì la cartina di tornasole che ci consente di decodificare la logica profonda del regime d’Occidente. Il Sud è pienamente moderno e si è adattato come ha potuto alla furia del mutamento che ne ha invaso gli anfratti, «l’integralismo della corsa». Dalla periferia vediamo l’intero e non soltanto il centro della scena. Le zone illuminate e quelle in ombra, i punti alti e i recessi inconfessabili. I successi del sistema e i suoi fallimenti. È questo che normalmente manca a chi fa critica stando al centro. Una civiltà la vedi dai bordidalle prigioni, dai rifiuti abbandonati, dai perdenti che semina ai lati delle sue Main street.

È qui che, invece, interviene il MediterraneoDella civiltà europea ha visto la nascita ma oggi si vede relegato allo stato di periferia di un Occidente sempre più affaccendato a rincorrere se stesso. La configurazione fisico-geografica del Mediterraneo (ed in particolare dell’Egeo, che, fin dall’etimo, ne riproduce in scala ridotta le caratteristiche) allude già in sé alla possibilità meridiana. Questo luogo ospita una peculiare complicità tra terra e mare. Per i popoli che vi si affacciano il mare è una presenza costante, così come costante è la consapevolezza che appena al di là di esso non c’è altro mare, altro vuoto, ma nuova terra, quindi altri popoli, culture, modi di essere differenti.

E le ritroviamo ancora oggi contrapposte drammaticamente, laddove si assuma tutta la consapevolezza, come Cassano ci aiuta a fare in uno dei saggi più incisivi, che l’avvento deleterio degli integralismi religiosinazionalistici e via cosi, non è affatto estraneo, anzi, è molto probabilmente una risposta, all’integralismo occidentale della corsa al più alto PIL, alla rottura d’ogni vincolo e legame comunitario, il quale lascia lungo il suo percorso una folla sempre più vasta di perdenti e che, soprattutto, annulla ogni punto di vista alternativo.

Il Mediterraneo, in questo quadro, emerge come luogo della misura: da un lato, il radicamento identitario è mitigato dalla presenza del mare, quindi dall’offerta costante di una chance di emancipazione, dalla presenza di altri mondi oltre quella barriera fluida e penetrabile; dall’altro, l’avventura emancipatoria non è votata a far tabula rasa di ogni referente, poiché si andrà incontro ad altre terre, ad altri significati mai completamente traducibili in codici uniformizzanti.

L’incontro, nel Mediterraneo, 
è tale perché il tu non aspira ad essere ridotto e sanato, ma rimane ” altro ” anche dopo l’incontro. E soprattutto vi è sempre la possibilità di riprendere la strada del ritorno a casa, alla propria radice, che, a questo punto, da necessità può diventare possibilità eletta.

È proprio il valore del ritorno che Cassano enfatizza nell’epopea di Ulissedella quale il Mediterraneo è teatro: la grandezza dell’eroe omerico sta nella scelta del Nostos (gr. ritorno ), nella decisione di ritrovare Itaca dopo le sue esaltanti peregrinazioni a caccia di virtute e canoscenza. Solo la consapevolezza di un’origine, di una radice, può dar senso al desiderio di libertà.

 

SEGUE NEL LINK:

Franco Cassano e Il pensiero meridiano

Di Onofrio Romano

 

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recensione 2–

Francesco Giacomantonio

da:  JURA GENTIUM / LINK DOPO LO SCRITTO

 

F. Cassano, Il pensiero meridiano, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 145.

 

L’associazione tra determinate aree territoriali e particolari forme di pensiero è un’ipotesi che può vantare rilevanti paternità nel panorama intellettuale europeo, si pensi a testi come Geofilosofia dell’Europa (Adelphi, Milano, 1994) di Cacciari o Il nomos della terra (Adelphi, Milano, 1991) di Schmitt. Questo libro di Franco Cassano, tuttavia, molto più che una forma di geofilosofia applicata alle dimensioni del Mediterraneo, delle zone peninsulari e del Sud, si può considerare come il risultato di un percorso interpretativo variegato che ha condotto l’autore dagli sguardi epistemologici, sociologico cognitivi e fenomenologici, frequentati negli studi precedenti, a una particolare visione politica.

Il discorso di Cassano si apre con una premessa fondamentale, quella della lentezza, dell’analisi misurata e tranquilla di ciò che ci circonda, in contrasto con la velocità estrema che caratterizza il vivere quotidiano di molti uomini della società contemporanea. Partendo da questa idea, l’autore si impegna a spiegare il valore e il significato che il Mediterraneo ha nella cultura e nella società occidentale.

Questo mare ha, infatti, avuto un ruolo cruciale nel determinare la forma di civiltà della Grecia antica da cui discende tutta la vicenda dell’Occidente.

Il Mediterraneo si limita a separare le terre e non fissa distanze smisurate come gli oceani, permettendo quindi rapporti tra i popoli.

La Grecia è il luogo fisico in cui questa tendenza del Mediterraneo si manifesta maggiormente: nella polis gli stranieri sono subito cittadini e l’unità è più difficile e richiede tempi più lunghi, il sapere non si ferma mai in pensiero definitivo e il potere non si fissa nell’immobilità. È proprio nel complesso rapporto tra Grecia, Mediterraneo e Europa che affonda le sue origini la crisi e la crescita del pensiero. Cassano, a tal proposito, delinea un parallelismo tra personaggi come Heidegger, Nietzsche e Ulisse da una parte e elementi come terra, mare e Mediterraneo dall’altra.

Il pensiero di Heidegger si oppone al mare, esalta il valore del popolo tedesco circondato dalla terra, ricerca una dimensione profonda e essenziale che lo porta a una polemica con la società mercantile. Il pensiero di Nietzsche, al contrario, esalta il mare, quel mare che coincide con l’infinita apertura, la partenza senza ritorno e senza rimpianto. Tuttavia, pur nella loro grandezza filosofica, sia Nietzsche che Heidegger appaiono poveri rispetto al sistema di sapere nato nella Grecia e nel Mediterraneo, perché essi conoscono un solo movimento: Heidegger solo quello del riaccentramento, Nietzsche solo quello dell’esodo.

La figura di Ulisse perciò rappresenta una soluzione più complessa, perché racchiude un moto doppio, andare e tornare, terra e mare: nella sua tensione si trova un equilibrio.

Queste suggestioni non sono fini a se stesse, perché permettono all’autore (e al lettore) di considerare con maggiore lucidità dimensioni come la frontiera, i confini, gli integralismi. È, infatti, molto importante impostare il rapporto tra culture evitando il condizionamento negativo della più forte sulla più debole, evitando cioè il fenomeno della “deculturazione” di cui parla Serge Latouche.

La forma oggi dominante di deculturazione è quella che coincide con l’imposizione del valore “sviluppo economico”. Questa deculturazione può affermarsi attraverso due modalità.

La prima si manifesta quando una società tenta continuamente di conformarsi alla forza esterna di un’altra, con il risultato della prostituzione della cultura che è subalterna; la seconda tendenza coincide, invece, con l’integralismo che è una reazione tesa a salvaguardare l’identità della cultura subalterna.

Per tali ragioni bisogna, secondo Cassano, tentare di smitizzare il modello occidentale del possesso, del mercato, del consumo, così che le culture altre non debbano, nell’ambito della globalizzazione, essere obbligate a scegliere, in modo egualmente improduttivo, tra rinuncia alla propria identità e la demonizzazione dell’Altro.

Nella terza e conclusiva parte del testo, l’autore considera due possibili figure che sono emblematiche del nuovo modo di porsi che il pensiero meridiano sostiene: Camus e Pasolini. In Camus vi è l’idea della natura umana intesa come capace di frenare la corsa sempre più irresistibile della storia. Vi è poi il riconoscimento della finitezza umana e della fraternità nella colpa che gli uomini hanno. La natura umana è, dunque, parte di una natura più grande, è parte del mondo. Camus parla esplicitamente di “pensiero meridiano” perché ne riconosce il valore e il suo senso di onore.

Anche Pasolini può essere considerato un pensatore meridiano, per l’ossimoro esistenziale che la sua vicenda contiene. Questa dimensione di ossimoro si evidenzia a diversi livelli. Per Pasolini stare nell’ossimoro vuol dire molto più che vivere inchiodato alla propria diversità condannandosi alla sua infinita ripetizione; significa esaltare le diverse forme dell’antitesi e della contraddizione. Nella diversità di Pasolini c’è anche il rifiuto del padre, inteso anche come scontro frontale con le convenzioni, le tradizioni e l’autorità. Ma questa rivolta contro il padre è, al contempo, condannata, quando diventa non più un azione di pochi, rischiosa e autenticamente liberatoria, ma un esercizio di massa con cui occultare le responsabilità dei figli. Infine, un altro ossimoro di Pasolini sta nell’affermazione del sacro che diventa motivo ispiratore di una critica, di un uso della tradizione contro il potere. La tutela del senso del sacro non è un ingenuo ritorno a una candida e impossibile sottomissione; è solo il desiderio di indicare ciò che, sottraendosi all’ideologia dello sviluppo, possa costituire materia per fargli da argine.

Il pensiero meridiano desta certamente un dibattito intorno a categorie e concetti, come Sud e meridione, forse per troppo tempo cristallizzati ideologicamente. È un pensiero che può alimentare critiche e che alcuni possono considerare antimodernista. In realtà, è un pensiero che contiene una valutazione più articolata del moderno che pone in discussione gli integralismi e l’Homo currens e che, per questo, con misura ed equilibrio, si presenta al tavolo intellettuale dell’Occidente.

 

 

 

da : 

Jura Gentium
Rivista di filosofia del diritto internazionale
e della politica globale

https://www.juragentium.org/books/it/meridian.htm

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1 risposta a FRANCO CASSANO, IL PENSIERO MERIDIANO – LATERZA 2021 – + recensione 1 –recensione 2

  1. DONATELLA scrive:

    Molto interessante questo pensiero, direi anche rasserenante, perché generalmente si considera il modo attuale di vivere come l’unico possibile e ci si sente stretti.

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