CHIARA CRUCIATI, Cento queer israelian*: sì al boicottaggio. Israele Lettera di solidarietà all’Ilga dopo la decisione di sospendere l’associazione Lgbtq+ israeliana che supporta l’iniziativa a Gaza- IL MANIFESTO  5 NOVEMBRE 2024 + altro + altro

 

 

IL MANIFESTO  5 NOVEMBRE 2024
https://ilmanifesto.it/cento-queer-israelian-si-al-boicottaggio

 

Cento queer israelian*: sì al boicottaggio.

 

Un manifestazione LGBTQ+ pro Palestianese

Una manifestazione dell’Ilga

Chiara Cruciati

 

Segue le pagine internazionali, dalla scrivania di via Bargoni e dalle città del Medio Oriente. Vicedirettrice del manifesto

 

 

L’Ilga deve «immediatamente espellere le organizzazioni complici dell’apartheid e del genocidio». Il messaggio di solidarietà all’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association (Ilga) arriva da oltre cento attivist* queer israelian*, dopo la decisione dell’organizzazione internazionale di sospendere The Aguda, gruppo Lgbtqia+ israeliano.

Il motivo: il sostegno all’offensiva israeliana in corso da 13 mesi contro Gaza.

 

L’INIZIATIVA dell’Ilga nasceva dalla richiesta di The Aguda di ospitare la prossima conferenza dell’organizzazione a Tel Aviv e dalla pressione dei gruppi palestinesi Lgbtqia+ che ne chiedono da tempo la sospensione.

A giugno, mese del Pride, Aguda ha organizzato un’iniziativa in sostegno dell’esercito in cui 13 soldati gay e lesbiche sono stati premiati per la loro partecipazione all’attacco contro Gaza.

 

Nella lettera, intitolata «Queers Against Genocide», le oltre cento firme sono oscurate: temono, dicono, per la propria incolumità. «Come bi, trans, lesbiche e gay – dicono – è nostro obbligo stare accanto ai nostri e nostre compagne palestinesi, combattere con loro per la decolonizzazione e contro ogni forma di oppressione». Ricordano di essere da anni impegnati nelle proteste sotto lo slogan «No pride in Occupation» e chiedono il boicottaggio delle realtà israeliane «responsabili di pinkwashing e crimini di guerra».

 

 

 

COSA RAPPRESENTA L’ILGA

https://www.behance.net/gallery/58483911/Logo-System-for-ILGA

 

ILGA è L’Associazione Internazionale Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans e Intersessuali in difesa dei diritti LGBTQ+ —  fondata nel  1978. Riguarda: Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans e Intersessual.
L’ILGA ottenne lo status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) nel 2011.
L’ILGA è stata coinvolta nel far sì che l’ Organizzazione Mondiale della Sanità eliminasse l’omosessualità dal suo elenco di malattie.


nel link sotto, si commenta la richiesta dell’organizzazione israeliana Aguda di essere parte di Ilga
https://en.wikipedia.org/wiki/International_Lesbian,_Gay,_Bisexual,_Trans_and_Intersex_Association#Conferences

 

 

*****  PINKWASHING

 

Il pinkwashing (  da ” pink “= rosa e washing =sbiancare ) — si potrebbe dire ” sepolcri imbiancati “, è, per esempio,   ” pinkwashing ”  il fatto che “lo stato israeliano e i suoi sostenitori usino il linguaggio dei diritti gay e trans per distogliere l’attenzione internazionale dall’oppressione dei palestinesi “. ( un documento di Al-Qaws dal titolo : “Beyond Propaganda: Pinkwashing as Colonial Violence”, del 2020 )

– Al -Qaws è ” un’organizzazione palestinese in prima linea nel cambiamento culturale e sociale palestinese soprattutto  per la diversità sessuale e di genere “. (da  alqaws.org ) – link dell’organizzazione

 

 

altro lo trovate in questo link:

https://en.wikipedia.org/wiki/Pinkwashing_(LGBTQ)

 

 

COSA SIGNIFICA E COME E’ NATO IL TERMINE QUEER

DA 

Treccani   

//ma con significative ” masticazioni ” di chiara nel tentare di capirci ; mi sarà stata certamente di ostacolo un antica eduzione e cultura cattolinica.. forse ho il timore di incontrarmi, proprio lì sulla strada, che mi viene incontro,  il diavolo.

Il termine significa «strano», «bizzarro». Il termine fa la sua comparsa nelle scienze sociali – come altre istanze culturali di quello stesso periodo, cui si lega fortemente, come la critica postcoloniale – per mettere in questione l’universalità delle categorie identitarie, anche delle più convenienti.
Secondo molti autori, gli studi queer sarebbero in questo senso un’evoluzione della critica femminista all’essenzialismo, all’idea che maschile e femminile siano solo fatti naturali, espressione di una innata e immutabile differenza tra i generi e non, piuttosto, il risultato storico e culturale di un determinato ordine sociale e simbolico.
In entrambe le istanze, la proposta risiede nella valorizzazione delle differenze.

Questo approccio teorico che enfatizza la mutabilità, l’instabilità, la provvisorietà delle identità si è materializzato in esperienze politiche e culturali 

che hanno provocato profonde discontinuità con i movimenti del passato. In primo luogo gli spazi dell’attivismo e della socialità queer sono fortemente promiscui: a differenza di gran parte del femminismo e di altre esperienze politiche del secolo scorso non si basano, infatti, sul separatismo, né sul principio di identificazione comune.

In secondo luogo, differenziandosi anche dai movimenti per i diritti di gay e lesbiche di fine Novecento cui verrebbe spontaneo associarla, la politica queer ha abbandonato il terreno delle rivendicazioni identitarie, così come quello della ricerca della visibilità e rispettabilità gay e lesbica, a favore di pratiche performative e, spesso, del ‘politicamente scorretto’.

Tra le novità certamente più suggestive di questa esperienza vi sono infatti proprio l’analisi e la pratica della performatività del genere, in gran parte mutuata dall’opera di Judith Butler (1990). Con questa espressione la filosofa intendeva porre l’accento sul fatto che il genere, il modo in cui il nostro sesso si rappresenta nella società, è di fatto una ripetizione e interpretazione di norme, un rituale che siamo chiamati costantemente a compiere, credendo invece che sia un fatto ‘naturale’.

( non si nasce con un genere che è tale anche nel periodo preverbale, ma questo genere è frutto di una serie di atti di interazione e di atti imitativi e di
interpretazioni di norme, una specie di rituale cui siamo costantemente chiamati a compiere,  credendo invece che sia un fatto ‘naturale’. Secondo Butler tutte le identità di genere sono quindi delle performance.)

Secondo Butler tutte le identità di genere sono quindi delle performance. Tra queste, tuttavia, ce ne sono alcune, consapevoli, da lei chiamate «atti corporei sovversivi» che hanno il potere proprio di svelare la natura inautentica del genere, il suo carattere imitativo. La diffusione che la pratica del drag ha guadagnato negli ambienti queer, ampiamente testimoniata nelle parate annuali (i prides) che si svolgono a fine giugno in ogni Paese, nelle feste, nei locali e nei club, si spiega non solo, tuttavia, con il valore politico e culturale che gli è riconosciuto, ma anche perché, nella forma di workshops collettivi di travestimento, è praticato come mezzo di sperimentazione e «di esplorazione di altri lati di sé», compresa la dimensione erotica (Il re nudo, 2014, p. 10).

Il drag, termine con cui la pratica del travestimento parodistico è generalmente descritto in questi ambienti, svolge tale funzione: ciò che il travestito o la travestita mostrano è che il genere ‘si fa’, nel senso che dipende da una messa in scena che è a un tempo sociale e individuale. La diffusione che la pratica del drag ha guadagnato negli ambienti queer, ampiamente testimoniata nelle parate annuali (i prides) che si svolgono a fine giugno in ogni Paese, nelle feste, nei locali e nei club, si spiega non solo, tuttavia, con il valore politico e culturale che gli è riconosciuto, ma anche perché, nella forma di workshops collettivi di travestimento, è praticato come mezzo di sperimentazione e «di esplorazione di altri lati di sé», compresa la dimensione erotica (Il re nudo, 2014, p. 10).

In Italia il termine anglofono queer, con tutto il suo corredo politico e culturale, ha avuto sviluppi per certi aspetti diversi da quelli registrati negli Stati Uniti o in altri Paesi dell’Europa del Nord. Si può dire che  il suo significato non è largamente conosciuto. 

 A differenza dei Paesi anglofoni, dove la valenza politica del termine è più chiara anche in virtù della sua storia, in Italia sarebbe percepito invece in maggior misura come troppo ricercato e autoreferenziale. Infine, non è da sottovalutare il fatto che le ragioni della minore fortuna del termine e della cultura queer in Italia, a oggi recepiti e fatti propri soprattutto negli ambienti della cultura indipendente urbana, risiedano proprio nella prevalenza nel nostro Paese di culture politiche di matrice identitaria e rivendicativa.

La diffusione che la pratica del drag ha guadagnato negli ambienti queer, ampiamente testimoniata nelle parate annuali (i prides) che si svolgono a fine giugno in ogni Paese, nelle feste, nei locali e nei club, si spiega non solo, tuttavia, con il valore politico e culturale che gli è riconosciuto, ma anche perché, nella forma di workshops collettivi di travestimento, è praticato come mezzo di sperimentazione e «di esplorazione di altri lati di sé», compresa la dimensione erotica (Il re nudo, 2014, p. 10) ùù

Concludo dicenbdio che il link ( Treccani- link in alto ) da cui ho tratto questi pensieri, a me non molto chiari, ma penso che  la confusione che regna serena nella mia testa sia soprattutto data ,  anche, dal semplice fatto che è la seconda volta che mi avvenure in queste lande piene di storia e di  tante lotte, tanti scontri e non solo  nelle discussioni  — ci saranno state  esplusioni / condanne anche fino a ad arrivare ad  andarse per sempre da un posto dove avevamo trovato compagni con cui lavare bene.

 

 

TRECCANI.IT / ECICLOPEDIA / QUEER 

https://www.treccani.it/enciclopedia/queer_res-c2518ccb-dd82-11e6-add6-00271042e8d9_(Enciclopedia-Italiana)/

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1 risposta a CHIARA CRUCIATI, Cento queer israelian*: sì al boicottaggio. Israele Lettera di solidarietà all’Ilga dopo la decisione di sospendere l’associazione Lgbtq+ israeliana che supporta l’iniziativa a Gaza- IL MANIFESTO  5 NOVEMBRE 2024 + altro + altro

  1. DONATELLA scrive:

    In effetti trovo strano che un’organizzazione che si batte per i diritti lgbt non si batta anche contro il “genocidio” dei palestinesi.

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