+++ LORENZO TROMBETTA – — LIMESONLINE — 9 / 13 Gennaio 2025 –  Gli Usa dominano sul nuovo Medio Oriente – Con la caduta di Assad e i vuoti di potere lasciati da Iran e Russia, l’alleanza israelo-americana consolida la sua supremazia nella regione.

 

 

 

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Gli Usa dominano sul nuovo Medio Oriente

 

Con la caduta di Assad e i vuoti di potere lasciati da Iran e Russia, l’alleanza israelo-americana consolida la sua supremazia nella regione. La rete di basi statunitensi e gli avamposti israeliani in Libano. Gli Stati Uniti e lo Stato ebraico tratteranno la normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita da una posizione di forza.

 

 

di Lorenzo Trombetta

 

 

 

Dettaglio di una carta di Laura Canali. La versione integrale si trova nel corpo dell’articolo.

 

 

Dal Corno d’Africa al Kurdistan iracheno, dall’Oman al Libano e dal triangolo frontaliero siro-giordano-iracheno a quello turco-siro-iracheno, il sistema militare e politico americano in Medio Oriente appare quanto mai rafforzato sia dalla guerra israeliana alle forze arabe filo-iraniane, Hamas e Hezbollah in primis, sia dalla dissoluzione in Siria del regime degli Assad, al potere a Damasco da oltre mezzo secolo.

 

Nel rapido susseguirsi degli eventi siriani, con l’accelerazione della guerra turca alle forze curdo-siriane nel Nord della Siria, gli Stati Uniti hanno esteso la loro presenza militare nel distretto di ‘Ayn ‘Arab (Kobane), in quella che ormai assomiglia a un’enclave curdo-americana che interrompe la “fascia di sicurezza” creata dal 2018 a oggi da Ankara in pieno territorio siriano lungo la frontiera tra i due paesi. Sul versante opposto della regione, sulle acque del Mediterraneo, l’aeroporto internazionale di Beirut è sempre più nelle mani di Israele e America dopo essere stato a lungo un avamposto della proiezione iraniana nell’intera area.

 

Da quando il presidente siriano Bashar al-Asad è fuggito a Mosca l’8 dicembre scorso e da quando le forze siriane cooptate da Ankara hanno esteso il loro controllo a est di Aleppo, sfruttando lo smantellamento delle forze militari russe e minacciando così gli avamposti curdi a ovest di Raqqa, attorno alla diga Tishrin, il Comando centrale statunitense ha disposto un massiccio rinforzo delle sue posizioni in Siria, ampliando il proprio controllo sulle aree precedentemente presidiate da Mosca.

 

Hanno fatto il giro del mondo le immagini dei lavori per la costruzione della base militare Usa a Kobane. Ma tale sviluppo è solo la punta dell’iceberg di una dinamica più corposa. Soltanto nella prima settimana del nuovo anno, gli Stati Uniti hanno fatto atterrare nelle strutture militari del Nord-Est siriano dieci aerei cargo contenenti mezzi di trasporto, munizioni e attrezzature. E dal vicino Kurdistan iracheno sono entrati in Siria più di 150 camion con altrettanti materiali militari e logistici.

 

 

 

Carta di Laura Canali – 2024 

 

 

Dati che valgono assai più delle contraddittorie dichiarazioni del presidente eletto Donald Trump. Dopo aver dichiarato il 7 dicembre che gli Stati Uniti non vorranno avere a che fare con la guerra in Siria e che sarebbe meglio non essere coinvolti nel ginepraio (“mess”) siriano, nei giorni scorsi Trump appare essere tornato sui suoi passi l’8 gennaio, affermando di non voler rivelare i dettagli della strategia americana in Siria.

 

 

A intervenire sull’argomento ci ha pensato l’attuale segretario alla Difesa, il generale Lloyd Austin, che ha confermato l’aumento del numero di militari presenti nel martoriato paese arabo – da 900 a 2 mila unità – ribadendo la motivazione ufficiale dello stazionamento delle truppe americane in Siria: combattere “il terrorismo” dello Stato islamico (Is).

 

La missione militare Usa in Siria ha avuto inizio nel 2014, avviata dall’allora presidente Barack Obama, lo stesso che aveva ritirato nel 2011 le truppe dall’Iraq dopo otto anni di occupazione seguiti all’invasione del 2003. Da più di un decennio Washington ha dunque consolidato la propria presenza nel quadrante siro-iracheno.

 

Dal punto di vista statunitense tra l’Ovest iracheno e l’Est siriano si gioca la stessa partita. Che poi è quella che i britannici hanno provato a lungo a giocare a scapito dei francesi nei convulsi anni a ridosso e dopo la Grande guerra, quando parte dell’attuale Badiya siriana e la valle dell’Eufrate sarebbero potute rientrare in quello che sarebbe diventato l’Iraq britannico invece di essere assegnate alla futura Siria francese.

 

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Il rafforzamento militare Usa in Siria fa il paio con quello israelo-americano in Libano. Nel paese travolto dall’escalation israeliana di quest’autunno Hezbollah è stato fortemente indebolito, aprendo nuovi spazi fisici e politici nei quali Washington e Gerusalemme potranno far valere più di prima gli interessi della propria alleanza.

 

Analogamente a quanto accade con la base statunitense a Kobane, il controllo di fatto da parte di Israele e Stati Uniti sullo scalo aereo di Beirut non è altro che il simbolo più evidente di un mutamento più profondo. L’articolazione israelo-americana è ora dominante in tutta la regione.

L’elezione a Beirut del nuovo capo di Stato – dopo 28 mesi di vacuum istituzionale – il generale Joseph Aoun, gradito allo Stato ebraico, agli Stati Uniti e ai paesi arabi alleati di Washington, è un segnale forte in tal senso.

 

Su scala regionale, il Medio Oriente allargato è avvolto da una ragnatela di installazioni militari americane: in Arabia Saudita, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrain e Kuwait nel Golfo; in Iraq e Siria nel cuore della Mesopotamia, con la base di Tanf al confine tra Giordania, Siria e Iraq, a lungo avamposto occidentale (Usa, Regno Unito e Israele) contro l’influenza russa e iraniana. Proseguendo verso ovest si arriva alla base Usa nel Sinai, sul Mar Rosso, mentre a sud si arriva a quella di Gibuti, nel Corno d’Africa.

A tale rete si aggiunge la presenza navale americana nel Mediterraneo orientale, chiamata più volte a sostegno di Israele a partire dal 7 ottobre 2023.

 

 

 

Corno d'Africa, tra parcellizzazione politica e confronto ...

CORNO D’AFRICA

DA :  Africa Rivista

 

Il rafforzamento militare Usa in Siria fa il paio con quello israelo-americano in Libano. Nel paese travolto dall’escalation israeliana di quest’autunno Hezbollah è stato fortemente indebolito, aprendo nuovi spazi fisici e politici nei quali Washington e Gerusalemme potranno far valere più di prima gli interessi della propria alleanza.

 

Analogamente a quanto accade con la base statunitense a Kobane, il controllo di fatto da parte di Israele e Stati Uniti sullo scalo aereo di Beirut non è altro che il simbolo più evidente di un mutamento più profondo. L’articolazione israelo-americana è ora dominante in tutta la regione.

 

L’elezione a Beirut del nuovo capo di Stato – dopo 28 mesi di vacuum istituzionale – il generale Joseph Aoun, gradito allo Stato ebraico, agli Stati Uniti e ai paesi arabi alleati di Washington, è un segnale forte in tal senso.

 

Su scala regionale, il Medio Oriente allargato è avvolto da una ragnatela di installazioni militari americane: in Arabia Saudita, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrain e Kuwait nel Golfo; in Iraq e Siria nel cuore della Mesopotamia, con la base di Tanf al confine tra Giordania, Siria e Iraq, a lungo avamposto occidentale (Usa, Regno Unito e Israele) contro l’influenza russa e iraniana. Proseguendo verso ovest si arriva alla base Usa nel Sinai, sul Mar Rosso, mentre a sud si arriva a quella di Gibuti, nel Corno d’Africa.

 

A tale rete si aggiunge la presenza navale americana nel Mediterraneo orientale, chiamata più volte a sostegno di Israele a partire dal 7 ottobre 2023.

 

 

 

Carta di Laura Canali – 2020 

 

Oltre alle necessità energetiche – in Siria diverse basi Usa sono state erette in prossimità di installazioni petrolifere e di gas naturale, nonché dei principali corsi d’acqua della regione – la presenza militare americana serve obiettivi strategici: mettere pressione costante a rivali e alleati per assicurarsi il controllo sulla placca terrestre che collega gli oceani Atlantico e Indiano passando per il Medioceano mediterraneo.

 

Significa che le trattative bilaterali con l’Arabia Saudita proseguiranno, con la possibilità che Washington farà valere le proprie carte negoziali con Riyad, finora riluttante a formalizzare il processo di normalizzazione con Israele.

 

Nel nuovo Medio Oriente post sconfitta iraniana non è però escluso che la dirigenza saudita si convinca a trovare una formula apparentemente onorevole di fronte all’opinione pubblica araba e islamica per legittimare un accordo di pace storico con lo Stato ebraico.

 

In questo scenario sarà però difficile che la Siria dopo-Assad ritrovi presto la sua ambita unità e sovranità territoriali: oltre agli Stati Uniti, rimarranno come forze occupanti anche gli eserciti di Israele e di Turchia. Quanto avverrà col placet di Washington, che attraverso il suo inviato speciale Amos Hochstein sembra voler legittimare il mantenimento da parte dell’esercito israeliano di avamposti in pieno territorio libanese anche dopo il 27 gennaio, quando si concluderanno i due mesi di cessate-il-fuoco, cominciato il 27 novembre scorso.

 

 

nota :

Amos J. Hochstein

Amos J. Hochstein ( Gerusalemme, Israele, 1973 ),
uomo d’affari, diplomatico ed ex lobbista americano

https://en.wikipedia.org/wiki/Amos_Hochstein

 

 

video, 40 min. ca

27 novembre 2024

 

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