*** Aspettando la mostra di CIMABUE – Parigi :
sarà al Louvre dal 22 gennaio al 12 maggio 2025
IL GIORNALE DELL’ARTE – 27 OTTOBRE 2019
https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/24-milioni-per-il-cristo-deriso-di-cimabue
LUANA DE MICCO
Parigi. Un’opera attribuita a Cimabue, scoperta in una casa di Compiègne, a nord di Parigi, il «Cristo deriso», dipinto con tempera a uovo su fondo oro su un pannello di legno di pioppo di piccole dimensioni (25,8×20,3 cm), è stato venduto all’asta il 27 ottobre dalla maison Actéon di Senlis per 24 milioni (la stima di partenza era di 4-6 milioni di euro).
La scoperta di Eric Turquin, cui si deve anche la scoperta del controverso «Giuditta e Oloferne» di Tolosa, la cui attribuzione a Caravaggio non è condivisa da tutti gli esperti (il dipinto, che doveva essere venduto all’asta, era stato poi ceduto con trattativa privata forse a J. Tomilson Hill, vicino al Metropolitan di New York), era stata annunciata a Parigi il 23 settembre scorso dalla casa d’aste.
I ritrovamenti di opere di Cimabue sono molto rari e questa sarebbe la prima da diverse decine di anni. Secondo l’esperto d’arte antica Turquin, che ha realizzato la perizia per Actéon, «esistono prove oggettive» che si tratti di un Cimabue.
Il dipinto, a lungo considerato «una semplice icona» dai suoi proprietari, che lo conservavano in cucina, sarebbe un elemento di un dittico del 1280 in otto pannelli con scene della vita di Cristo. Il dittico era stato smontato e i pannelli separati. Solo due sono noti, «La Flagellazione» e «La Maestà con due angeli», conservati rispettivamente alla Frick Collection di New York e alla National Gallery di Londra.
Il dipinto non è stato ancora analizzato da altri esperti e secondo Turquin «la sua attribuzione non farà dibattito» e il quadro può essere aggiunto «al catalogo di opere autentiche di Cimabue». Il dipinto, sostiene l’esperto, è stato realizzato «nella stessa tavola di pioppo» degli altri due pannelli noti e anche «le scanalature scavate dai tarli nel corso dei secoli» coincidono.
La tavola presenta dei fori al punteruolo, segni dell’antica intelaiatura, simili a quelli degli altri pannelli e il fondo dorato e lo stile «sono della stessa mano». «Lo strato pittorico, anche se ricoperto di sporcizia accumulatasi nei secoli, è in uno stato di conservazione eccellente», ha sottolineato Turquin.
Il «Cristo deriso» di Cimabue
ALTRO COMMENTO– LINK IN FONDO::
La modernità di Cimabue (1240-1302), che ha saputo evocare con il suo pennello la marea montante e vociante di uomini che si stringono intorno al condannato. Sono figure sciolte, profili di grande impatto emotivo. Così Cimabue, prima di Giotto, inizia a rinnovare la storia della pittura occidentale, volgendone il linguaggio da bizantino a latino, da ieratico a naturalistico, da ideale a reale. La cifra della realtà e del sentimento animano la piccola folla che deride Gesù. L’atmosfera, più che drammatica, è triste, di una tristezza che stringe il cuore.
Tre spade dominano la composizione. Una spada dal fodero rosso, calata dall’alto, preme dolorosamente sul capo del condannato la corona di spine. È difficile distinguere se, tra la folla, qualcuno vuole difenderlo. Sembrerebbe che l’uomo che gli sta accanto, vestito di bianco, allarghi un braccio per fermare la spada, ma poi in realtà ci si rende conto che sta per allungare a Gesù uno schiaffo. Fa parte del gioco. Insulti. Sputi. Indovina chi ti ha percosso? Dalla parte opposta un’altra mano insiste a calcare la corona di spine sulla povera testa martoriata. E ancora una mano afferra Gesù per un braccio, altre mani lo ghermiscono come uccelli rapaci. A sinistra, riconoscibile per la barba e i capelli candidi, Pietro si nasconde tra la folla per assistere alla derisione del suo Maestro. Ma dove guarda Gesù? È uno sguardo pietoso, potrebbe guardare dappertutto e fissare chiunque. “Avrebbe amato chiunque” (Davide Rondoni).
Potremmo tentare di leggere l’intera azione anche partendo dal basso, dal gioco delle gambe e dalla posizione dei piedi. Scopriremmo che Gesù ha i piedi aperti, a compasso, come nei crocifissi altomedioevali. Scopriremmo che sotto il suo manto blu esce l’orlo della veste rossa, che indica come la divinità (il rosso) sia nascosta sotto il blu della sua umanità. Questa era la lettura simbolica dei colori, nel Medioevo. E ancora, risalendo queste fluide figure, scopriremmo che, in fondo, questa derisione del Cristo assomiglia tanto a una glorificazione. Sconfitto vince. Lo sfondo d’oro del cielo dice che il Re è stato colpito, arrestato, crocifisso ma che la sua luce, la “vera Luce che illumina ogni uomo” (Giovanni, 1,9), domina nell’oro del fondo che unisce Antico e Nuovo testamento, mondo bizantino e umanesimo, realtà lontane e contrapposte, rappresentate dai due edifici che fiancheggiano il cielo. La luce della pittura di Cimabue ha illuminato l’occidente, la sua arte, la sua fede. Da un piccolo quadro ritrovato in una casa privata di un’anziana donna francese – sembra impossibile – abbiamo scoperto la bellezza di un grande Maestro.
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LA FLAGELLAZIONE DI CIMABUE
CIMABUE MAESTA’ CON DUE ANGELI
CIMABUE, MAESTA’ CON DUE ANGELI –
La Maestà con due angeli è un dipinto a tempera e oro su tavola (25,6×20,8 cm) attribuito a Cimabue, databile al 1280 circa e conservato nella National Gallery di Londra.
La Maestà fu ritrovata a sorpresa nel 2000 tra gli oggetti posseduti dal baronetto inglese Sir John Gooch, allorché questi morì e la famiglia ereditiera, dovendo pagare una tassa di successione milionaria, fece valutare il patrimonio del defunto alla famosa casa di aste londinese Sotheby’s. L’opera venne attribuita a Cimabue e valutata, dopo lunghi negoziati tra la famiglia e Sotheby’s, 7.2 milioni di sterline. Il ministero delle arti inglese pagò alla famiglia 6.5 milioni (deducendone una buona quota per la tassa di successione) e altre 700.000 sterline furono offerte dal filantropo ed amante delle arti Jean Paul Getty. Il ministero delle arti la collocò quindi nel più importante museo statale di pittura, la National Gallery di Londra, dove rappresenta da allora un’importante testimonianza dei “primitivi” italiani.
Maria sta assisa in un trono in tralice, in una composizione tra due angeli a figura piena che accarezzano il trono. La composizione ricorda in piccolo quella della Maestà del Louvre.
Nonostante le piccole dimensioni appaiono curati i dettagli come la decorazione del trono, la pieghettatura della veste di Maria o di quelle degli angeli, che indossano anche dei larghi orli-gioiello, con perline e castoni preziosi ottenuti con gocce di colore puro in punta di pennello. Una cornice punzonata ravviva il fondo oro uniforme.
I chiaroscuri degli incarnati sono modulati. Il panneggio delle vesti è basato su linee morbide e soprattutto su una maggiore attenzione chiaroscurale con molteplici tonalità di colore e maggiori sfumature (si veda ad esempio il manto blu sopra la gamba destra di Maria o la veste rosa nell’angelo a sinistra all’altezza delle gambe).
L’ANALISI DELL’OPERA SEGUE NEL LINK:
https://it.wikipedia.org/wiki/Maest%C3%A0_con_due_angeli
In effetti queste opere attribuite al grande pittore danno l’idea di un grande cambiamento in atto nella pittura dell’epoca.