IL FATTO QUOTIDIANO IN DIRETTA — 7 GENNAIO 2024
IL MANIFESTO 7 GENNAIO 2024
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I segreti di governo e intelligence nelle mani dell’«amico americano»
Satellite Wikileaks ha rivelato casi di spionaggio Usa nei confronti degli alleati Nato. Ma l’Italia tratta per affidare le comunicazioni sensibili a Elon Musk
Terminale Starlink in una base militare – Ansa
Marco Schiaffino
Il progetto da 1,5 miliardi che vedrebbe coinvolta la società di telecomunicazioni satellitari Starlink di Elon Musk e il governo italiano, secondo quanto riporta Bloomberg, sarebbe ormai alla stretta finale. Una mossa già anticipata qualche mese fa, di cui l’agenzia di stampa newyorkese ha messo a fuoco i tratti salienti.
L’accordo riguarderebbe, in particolare, la gestione delle comunicazioni a livello di istituzioni governative, servizi di intelligence e diplomatici. All’azienda del multimiliardario sudafricano il compito di garantire un sistema di comunicazione sicuro basato sulla costellazione di satelliti Starlink e una protezione a livello crittografico che ne assicuri l’inviolabilità.
Il progetto ha una sua logica e risponde essenzialmente a due esigenze. La prima è quella di creare un sistema di comunicazione resiliente a eventuali attacchi esterni.
Nei moderni scenari di conflitto, le infrastrutture Ict (Information and Communications Technology) sono un obiettivo primario. Non è un caso che la Russia di Putin, nelle prime fasi dell’invasione ucraina, si sia preoccupata prima di tutto di mettere fuori combattimento i sistemi di telecomunicazioni, che il governo ucraino è riuscito a sostituire in corsa rivolgendosi (guarda un po’) proprio alla piattaforma Starlink di Elon Musk.
L’adozione di un sistema di comunicazione autonomo basato sui satelliti è da tempo nell’agenda dell’Ue, che non più di due settimane fa ha confermato un investimento di oltre 10 miliardi per il progetto Iris2, terribilmente simile allo Starlink targato Elon Musk.
I sistemi di comunicazione satellitari, a differenza delle infrastrutture terrestri, sono più difficili da danneggiare e permettono di garantire una connessione stabile anche in scenari «critici», come quelli che possono verificarsi in zone di guerra o sotto il controllo di attori ostili. Un bel vantaggio, ad esempio, per le ambasciate e i consolati che si trovano a operare in situazioni di crisi.
La seconda esigenza riguarda la sicurezza informatica e, in particolare, il contrasto a eventuali attacchi che sfruttano l’accesso diretto ai sistemi di telecomunicazione statali da parte dei governi locali. Un’eventualità tutt’altro che remota, come dimostra il caso denunciato lo scorso anno da Eset – società di sicurezza informatica slovacca – che ha smascherato un’operazione di spionaggio del gruppo MoustachedBouncer (collegato al governo bielorusso) che sfruttava proprio l’accesso alle infrastrutture degli Internet provider locali per intercettare le comunicazioni delle ambasciate occidentali e portare attacchi informatici ai computer dei diplomatici stranieri.
Se il desiderio di implementare una piattaforma satellitare sicura e protetta ha quindi solide fondamenta, l’opportunità di affidarne la gestione – anche a livello di crittografia – a un’azienda statunitense, per lo più legata a doppio filo all’amministrazione del neo presidente eletto Donald Trump, è tutta da verificare. Al di là della retorica sparsa a piene mani sui rapporti di amicizia tra Italia e Stati Uniti, è bene ricordare che i rapporti di collaborazione e cooperazione tra agenzie di intelligence all’interno dell’Alleanza atlantica sono storicamente caratterizzati da una forte asimmetria.
In altre parole: gli Usa hanno dimostrato in più occasioni di considerare gli alleati come semplici peones da sfruttare senza troppi riguardi. Spesso, utilizzando proprio la fornitura di strumenti e piattaforme condivise come cavallo di troia per garantirsi un vantaggio strategico e accedere direttamente alle informazioni raccolte dai «paesi amici».
Uno dei casi più eclatanti è stato denunciato da Wikileaks ( JULIAN ASSANGE ) nel 2017. Tra i documenti pubblicati nel dossier Vault 7 dedicato agli strumenti di spionaggio della Cia, infatti, spiccava il caso Express Lane. L’operazione sfruttava una piattaforma hardware e software per la memorizzazione e il riconoscimento dei dati biometrici di sospetti terroristi sviluppata da Cross Match, una società con sede in Florida, fornita a tutte le agenzie di intelligence statunitensi e dei paesi alleati. Al suo interno, come è emerso dai documenti riservati della Central Intelligence Agency pubblicati da Wikileaks, era presente un modulo software nascosto che mandava in crash il sistema dopo un determinato periodo di tempo e visualizzava un messaggio con la richiesta di un intervento di assistenza tecnica.
Assistenza che, in realtà, era svolta da agenti segreti statunitensi che potevano così prelevare una copia dei dati memorizzati dal dispositivo all’insaputa degli alleati. Il tutto utilizzando una semplice chiavetta Usb. Visti i precedenti, affidare l’intera infrastruttura di comunicazione di governo e intelligence all’amico americano Musk, oltre che una mossa inopportuna, rischia di essere l’ennesima dimostrazione di una sconfortante ingenuità.
Marco Schiaffino presenta “Welcome to the cyber jungle”
A cura di: Redazione
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IL LIBRO
Welcome to the cyber jungle. La sicurezza informatica raccontata attraverso la cronaca nera del web
Difficilissimo capire, per me, qualcosa in questo intrico di tecnologia e di spionaggio. Quello che mi appare evidente è l’inopportunità di legarsi al sistema di Musk quando l’Europa ha già presentato un sistema di maggiore sicurezza informatica, stanziandone anche il costo. Sempre di più l’Europa ha stravolto l’idea per cui è nata: svolgere una politica indipendente dai grandi blocchi.