introduzione dalla WEST BANK O CISGIORDANIA + MICHELE GIORGIO, Cisgiordania, l’annessione parte dai siti archeologici. Una legge in via di approvazione alla Knesset e una conferenza internazionale a Gerusalemme. IL MANIFESTO  13 FEBBRAIO 2025 +++ NOTA SU ELON ARAD +++ ; più dall’Unesco, la città di Sebastia ( Samaria )

 

 

Introduzione del blog

 

LA WEST BANK O CISGIORDANIA ( = al di qua del Giordano )  E’ IL TERRITORIO DOVE ABITANO I PALESTINESI SOTTO IL GOVERNO DELL’AUTORITA’  NAZIONALE PALESTINESE.

Il nome usato in inglese, “West Bank” (sponda occidentale) venne  utilizzato per la prima volta dai giordani dal 1950, all’epoca della loro annessione della regione,[ nota ) ed è un’abbreviazione di “sponda occidentale del fiume Giordano“; mentre il Regno di Giordania si estende sulla sponda orientale.

  1. nota _ Prima della Grande Guerra, la zona ora conosciuta come Cisgiordania era sotto il dominio ottomano, come parte della provincia di Siria. Nel 1920, alla conferenza di Sanremo, la vittoria delle forze alleate la assegnò alla sovranità del Mandato britannico della Palestina. La guerra arabo-israeliana del 1948 vide la creazione di Israele in alcune parti dell’ex mandato, mentre la Cisgiordania fu conquistata dall’emirato di Transgiordania e annesso l’anno successivo in un nuovo regno denominato Giordania. Gli accordi di armistizio del 1949 hanno definito i suoi confini ad interim ( provvisoriamente ).

Dal 1948 al 1967, la zona fu quindi sotto il controllo giordano, passando poi a Israele in seguito della guerra dei sei giorni. Tuttavia, la Giordania non rinunciò ufficialmente alle sue pretese sull’area sino al 1988 quando le cedette all’OLP.

La definizione dei confini venne stabilita in seguito alla stipulazione dell’armistizio di Rodi, quando venne definita dalle linee di “cessate il fuoco” tra gli eserciti israeliano e giordano. A partire dal 1993, con gli accordi di Oslo la regione è sottoposta a controllo misto da parte dello Stato di Palestina e di Israele.

Secondo il censimento Onu del marzo 2023, sono circa 279 le colonie israeliane in Cisgiordania, fortemente volute dai governi Netanyahu.

Il nome Giudea e Samaria è invece di origine biblica e risale al tempo in cui la regione era abitata dal popolo ebraico. Giudea e Samaria (ebraico: “Yehuda” “יהודה”, “Shomron “” שומרון “), sono i due regni biblici (a sud il Regno di Giuda e a nord il Regno di Israele – la cui capitale era una volta la città di Samaria)
Il mondo arabo e, in particolare, i palestinesi osteggiano fortemente la dizione “Giudea e Samaria”, nel cui uso ritengono si riflettano mire espansionistiche di Israele. Invece, si riferiscono alla zona come alla “Cisgiordania”

( fine nota )

 

 

 

IL MANIFESTO  13 FEBBRAIO 2025

https://ilmanifesto.it/cisgiordania-lannessione-parte-dai-siti-archeologici

 

 

Carta di Laura Canali - 2023

 

Carta di Laura Canali – 2023

da Limesonline 9 settembre 2024

 

 

 

 

 

Cisgiordania, l’annessione parte dai siti archeologici

 

 

Cisgiordania, l’annessione parte dai siti archeologici

Una giovane palestinese scatta una foto alla stella di Davide disegnata da coloni israeliani su un resto archeologico a Sebastia – Nasser Ishtayeh/SOPA Images via ZUMA Press Wire

 

Michele Giorgio

 

GERUSALEMME

 

L’annessione della Cisgiordania a Israele è cominciata. E il punto di partenza sono i siti archeologici palestinesi. È stato evidente ieri al Dan Hotel di Gerusalemme dove, nell’ambito della conferenza «Archeology and Site Conservation of Judea e Samaria», archeologi, docenti universitari, studiosi israeliani e stranieri e funzionari dell’Autorità israeliana per le antichità, si sono affannati, e lo stesso faranno oggi, a spiegare e raccontare millenni di patrimonio storico e archeologico di questa terra. Con un tratto comune: gli interventi e le immagini mostrate sullo schermo nella sala della conferenza hanno dato per scontata la piena «sovranità» dello Stato ebraico su tutti i siti della Cisgiordania che i partecipanti hanno chiamato «Giudea e Samaria», i nomi biblici abitualmente usati dalla destra israeliana per indicare questa porzione di Territori palestinesi occupati.

 

 

 

 

La conferenza Archeology and Site Conservation of Judea e Samaria a Gerusalemme (foto di Michele Giorgio)

 

In linea con questo indirizzo, le colonie israeliane costruite dopo il 1967 in violazione delle risoluzioni internazionali, sono state presentate come comunità legittime di una storia antica. Un particolare accento ieri è stato messo sulla necessità di esplorare le colline a sud di Hebron, nella Cisgiordania meridionale. Sulle mappe non c’erano i nomi dei villaggi palestinesi a rischio di demolizione nella zona di Mesafer Yatta, dichiarata unilateralmente area di addestramento dall’esercito israeliano e dove l’11 febbraio sono state ridotte in pietre 11 abitazioni dichiarate «illegali». La distruzione completa rischia anche Susia. Sulle mappe mostrate dalla conferenza invece erano visibili i nomi degli insediamenti coloniali.

Nelle pause, tra un caffè e un biscotto, i partecipanti alla «Archeology and Site Conservation of Judea e Samaria» hanno continuato a discutere su come «preservare» il patrimonio archeologico di Israele includendo in esso i siti che, come stabiliscono gli Accordi di Oslo del 1993, si trovano nella Area B della Cisgiordania sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).

La questione dei siti archeologici parte da lontano. Prima della nascita di Israele, era usata per accreditare le rivendicazioni del movimento sionista sulla Palestina. Importanti leader sionisti, come il celebre Moshe Dayan, si autoproclamarono “archeologi”.

Poi sono venuti i coloni, che dopo il 1967 hanno utilizzato l’archeologia per attirare turisti, espropriare e controllare terre palestinesi in Cisgiordania, a Gaza (fino al 2005) e a Gerusalemme Est dove è sorta la Città di David nel quartiere palestinese di Silwan.

Poi sono partiti i progetti di Shiloh, Susiya e Sebastia e molto di più. Sono circa 6mila i luoghi di interesse storico e archeologico in Cisgiordania, quasi tutti nelle Aree B e C (quest’ultima, il 60% del territorio, è stata assegnata dalle intese di Oslo, fino a un accordo definitivo da negoziare, al controllo militare israeliano).

 

L’Herodion tra Betlemme e Hebron foto di EPA/ABIR SULTAN

 

Lo scorso luglio è giunto alla Knesset un disegno di legge con presunte finalità storiche e culturali presentato dal deputato del Likud, Amit Halevi, in via di approvazione, volto ad estendere la legge israeliana alla intera Cisgiordania in modo che oltre al Kamat, l’ufficiale di stato maggiore per l’archeologia, anche l’Autorità israeliana per le antichità diventi responsabile per i siti archeologici, anche nella Area B palestinese.

«Queste parti sono piene di storia ebraica e non vi è alcun collegamento storico o di altro tipo con l’Autorità nazionale palestinese. Pertanto, la discussione sullo status delle aree di Giudea e Samaria non ha alcuna attinenza con la responsabilità di Israele per i reperti archeologici che appartengono al suo popolo», si afferma nei documenti allegati al disegno di legge di Halevi.

 

«Si tratta di una aperta violazione della IV Convenzione di Ginevra e dei diritti del popolo palestinese sul suo patrimonio storico e archeologico»

 

dice al manifesto il professore Alon Arad  ( nota 2) , direttore di Emek Shaveh, una associazione che chiede la tutela della storia, della cultura e del patrimonio di palestinesi ed ebrei. «Il testo della legge che gioca con le parole» spiega Arad «allo scopo di evitare condanne internazionali, Halevi indica la Cisgiordania come l’‘Area’ e punta all’allargamento territoriale delle competenze dell’Amministrazione civile israeliana (che cura per conto dell’esercito gli affari civili, ndr) nell’Area B e non più, come avviene oggi, solo nell’Area C».

Cosa accadrà sul terreno quando la legge sarà applicata sul terreno al momento è prevedibile solo in parte. Arad sostiene che aprirà la strada «a espulsioni e demolizioni in centri abitati palestinesi». Le autorità israeliane, aggiunge, «con il pretesto di proteggere aree di interesse storico-archeologico potrebbero ordinare la distruzione delle case vicine ad esse e costringere gli abitanti ad andare via. Emek Shaveh per questo chiede il rispetto da parte di Israele della legge internazionale e delle decisioni della Corte internazionale di Giustizia».

 

A rischio sarà senza dubbio il villaggio di Sebastia ( 1 nota ) e il suo parco archeologico, già oggetto di frequenti scorribande dei coloni degli insediamenti vicini che reclamano il controllo delle antichità ora sotto la supervisione dell’Anp. Di recente si sono registrati scontri e almeno un giovane palestinese è stato ucciso dal fuoco dei soldati giunti a proteggere i coloni. «Quello che accade a Sebastia è una ulteriore dimostrazione che il problema di fondo in questa regione è l’accaparramento delle risorse da parte del più forte, il tentativo di disumanizzare la comunità locale che non avrebbe la capacità di comprendere e conservare. Cancellare il legame dei palestinesi con il passato significa negare il loro diritto al futuro. Nel sito archeologico di Sebastia, come nelle librerie di Gerusalemme, evidentemente deve restare solo la narrazione del più forte, che non ha ragione e quindi si impone con la violenza», ci dice Carla Benelli, storica dell’arte che per anni ha collaborato con l’archeologo e architetto palestinese Osama Hamdan, scomparso un anno fa, che ha dedicato anni al recupero e alla valorizzazione di Sebastia e del suo eccezionale patrimonio storico.

 

Nella società civile palestinese l’allarme è forte, mentre l’Anp tace. L’Associazione palestinese di archeologia (Apa) condanna fermamente la convocazione della conferenza al Dan Hotel a Gerusalemme e l’uso delle parole Giudea e Samaria per indicare la Cisgiordania. «Questa terminologia ignora le realtà storiche e geografiche del nostro popolo in Cisgiordania e cerca di cancellare l’identità palestinese» afferma. Sottolinea che «I progetti di ricerca presentati alla conferenza si basano su scavi archeologici condotti nei Territori occupati, violando la Convenzione dell’Aja del 1954 e i suoi protocolli, nonché le Raccomandazioni di Nuova Delhi del 1956».

Questi quadri giuridici, ricorda l’Apa, impongono alla potenza occupante «di proteggere i siti archeologici del popolo occupato e proibisce lo sfruttamento per scopi politici o ideologici». La conferenza a Gerusalemme, conclude, «costituisce una palese violazione del diritto internazionale e dell’etica accademica…Boicottarla rappresenta una posizione di principio contro la cancellazione del nostro patrimonio culturale e l’espropriazione del popolo palestinese.

 

 

nota (2)

il Prof. ALON ARAD è su X  e anche l’Associazione che dirige— c’è la traduzione, permette di seguire passo passo attraverso le discussioni e votazioni alla Knesset, come Israele fa passare – con votazione – l’appropriarsi dei siti palestinesi come fossero esclusivamente israeliani.

Sono messi uno dei seguito all’altro, le comunicazione dell’archeologo  ALON ARAD
 e i post dell’associazione che lui dirige che si chiama:

עמק שווה  @EmekShavehHeb- link X

+++++ 

ALON ARAD è su Facebook, e qui, come su X, pubbliuca post  a nome suo o a nome dell’organizzazione che dirige che si chiama: Emek Shaveh–

prendete il post dell’11 febbraio, la traduzione non è granché, forse Google non domina l’ebraico, ma vale veramente leggere per vedere -. oltra alla storia  del governo, 

un israeliano che usa il termine genocidio facendo un paragone tra la Shoa e quello che è successo a Gaza.

Dedicato a  tanti nostri connazionali che si rifiutano e fanno questioni pseudo-linguistiche. Loro che non c’entrano neanche niente come persone.

 

 

NOTA

(1) LA CITTA’ DI SEBASTIA  — 

DAL SITO DELL’UNESCO

 

Sebaste, identificata con l’antica Samaria, è la capitale del regno settentrionale durante l’Età del Ferro II in Palestina e un importante centro urbano durante i periodi ellenistico e romano.

Il sito di Sebaste-Samaria (forma araba di Sebastia, Sabastyeh) si trova a circa 10 km a nord-ovest di Nablus e occupa una collina a circa 439 m sul livello del mare. Si trova in un punto strategico all’incrocio di due principali rotte storiche, la strada settentrionale di Nablus verso Jenin e la rotta occidentale dalla valle del Giordano alla costa. Domina la fertile area agricola circostante.

Samaria (Sabaste) era la capitale del regno settentrionale durante l’Età del Ferro II e ha continuato a essere un importante centro amministrativo della regione. Le tradizioni cristiane e islamiche locali collocano la tomba di Giovanni Battista a Sebastia. Chiese e una moschea furono costruite lì dedicate a Giovanni Battista, profeta Yahia, inaugurando questa tradizione religiosa che continua ancora oggi.

La città presenta un importante interscambio di valori umani caratterizzato da un paesaggio distinto (paesaggio terrazzato composto principalmente da ulivi, albicocchi e fichi).

La città è un esempio di insediamento umano tradizionale, rappresentativo di diverse culture, dall’età del ferro, al periodo persiano, ellenistico, romano, bizantino e islamico fino ai giorni nostri, all’interno di un’area culturale che ha dato origine a una miscela di vari contesti archeologici e culturali.

Il sito è in gran parte in uno stato “naturale”, parte di un paesaggio di insediamento e agricoltura.

Sono esposte solo piccole aree, e non sono ben presentate. Gli scavi sono stati lasciati come trovati, mostrando resti impressionanti anche se in gran parte incomprensibili, ma sulla cima della collina hanno bisogno di attenzione per la conservazione e l’area è piuttosto pericolosa per i visitatori. Il sito, tuttavia, non è sviluppato ed è attualmente sotto il controllo israeliano. Tuttavia, il sito attrae molti turisti per la sua importanza storica.

l sito, in particolare la città romana, presenta caratteristiche comuni, sia in generale che in particolare, con i siti di Caccaria, Nablus, Jerash in Giordania, Tiro o Baalbek in Libano e Cesarea.

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  1. DONATELLA scrive:

    E’ grottesca questa rivendicazione di Israele anche sui resti archeologici. Chissà quante rivendicazioni potrebbe fare l’Italia su resti archeologici romani sparsi in Europa, Asia ed Africa!

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