Elena Gianini Belotti ( Roma, 1929 – Roma, 2022 ), una persona che avrei voluto conoscere prima- è morta nel dicembre 2022, eppure non l’ho conosciuta….

 

 

 

Elena Gianini Belotti, pedagogista “dalla parte delle bambine”.

Il suo saggio del 1973 un manifesto per femministe, segnò una rivoluzione

 

Elena Gianini Belotti al Quirinale nel 2010

 

 

Elena Gianini Belotti, pedagogista ‘dalla parte delle bambine

 

 

 

 

Dalla parte delle bambine - Elena Gianini Belotti - copertina

Feltrinelli, 1973

 

 

segue :
https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/elena-gianini-belotti

 

 

In Dalla parte delle bambine  Elena espone la sua tesi secondo la quale la differenza caratteriale tra maschi e femmine non è innata, ma è frutto dei condizionamenti culturali che si subiscono sin dai primi anni di vita: “la bambina vivace ed esuberante non rientra negli stereotipi”, si deve quindi intervenire “femminilizzando” questa sua caratteristica.

 

“Il maschio spacca tutto è accettato, la femmina no. La sua aggressività, la sua curiosità, la sua vitalità spaventano e così vengono messe in atto tutte le tecniche possibili per indurla a modificare il suo comportamento”.

 

Ancora:

 

“I movimenti del corpo, i gesti, la mimica, il pianto, il riso sono pressoché identici nei due sessi all’età di un anno o poco più mentre cominciano in seguito a diversificarsi.. a quest’età sono aggressivi maschi e femmine. […] Mentre più tardi l’aggressività del bambino continuerà ad essere diretta verso gli altri, la bambina diventerà auto aggressiva per aderire al modello che la società impone e che le vuole incanalate verso la debolezza, la passività, la civetteria”.

 

 

 

 

Feltrinelli, 1980

 

 

Centrali sotto questo aspetto “Dalla parte delle bambine”, del 1973 e “Prima le donne e i bambini”, del 1980.

“Dalla parte delle bambine” è stato un manifesto per generazioni di femministe. Con questo saggio Elena Gianini Belotti ha rivoluzionato non solo la pedagogia ma anche lo sguardo di tutti all’educazione delle donne, sottolineando l’influenza dei condizionamenti sociali e culturali nella formazione del ruolo femminile. Fu autrice anche di alcuni romanzi, come “Prima della quiete”, sulla storia dell’insegnante Italia Donati, morta suicida dopo una storia di diffamazione che la coinvolse.

 

Nel 1960 contribuì a fondare e guidò per 20 anni il Centro Nascita Montessori di Roma. Fu il primo centro in Italia ad occuparsi della preparazione delle future madri al parto e alla cura dei neonati. Nel Centro le gestanti venivano preparate psicologicamente e praticamente al compito di madri rispettose dell’individualità del bambino.

 

 

 

Nel suo romanzo Il fiore dell’ibisco scrive:

 

“I talenti delle donne vanno smarriti nella fatica quotidiana di pensare, organizzare. Agire per gli altri … dispersi, assorbiti, corrosi dalle esigenze altrui che vengono prima delle proprie … impoveriti, isteriliti, soffocati dalle continue richieste di attenzione, di cura, di accudimento … una massa di lavoro mentale e fisico che succhia ogni respiro, non lascia tempo e pensieri per sé”.

 

 

Nel 1995 pubblica Pimpì Oselì con cui ci regala uno scorcio dell’Italia degli anni Trenta, nel periodo fascista, visto con gli occhi di una bambina

 

“… è meglio non farle studiare troppo le bambine, tanto si sposano, e cosa ci fanno con l’istruzione? Per quel che serve a mandare avanti la casa e allevare i figli, basta un modesto titolo di studio, se no chissà che grilli si mettono per la testa …” .

È del 1999 Apri le porte all’alba un romanzo in cui una donna, dopo alcune relazioni amorose fallimentari, giunge alla conclusione che per le donne della sua generazione la vita coniugale offusca o addirittura annulla la propria identità. E tra queste pagine, scritte quasi vent’anni fa, troviamo la denuncia della scrittrice di quelli che oggi chiamiamo femminicidi.

 

“Adele ha preso la parola per riferire della sua ricerca sui così detti omicidi per amore, cioè sugli uomini che uccidono mogli, amanti, fidanzate per gelosia o perché vengono abbandonati. Che razza di amore sarebbe quello che arriva a uccidere il suo oggetto? Chiamiamolo con il suo nome: bisogno sfrenato, incoercibile e patologico di possesso. Anche questa sarebbe una battaglia da fare: ottenere dai media che usino un linguaggio corretto, perché quello scorretto deforma le coscienze”.

 

 

 

Prima della quiete: storia di Italia Donati, pubblicato nel 2003, racconta la storia di una maestra toscana che si suicida a causa delle persecuzioni verbali degli abitanti del luogo in cui vive.

 

 

*****

 

video, 11 min. ca — da vedere – Italia Donati, come muore una maestra 

 

 

 

Nel 2006 pubblica  Pane amaro.

Elena ci racconta che un giorno trova il diario di suo padre che nel 1913 emigrò in America in cerca di lavoro, e da quei dolorosi appunti trae ispirazione questo suo romanzo in cui viviamo gli affanni e le pene di chi è costretto a guadagnarsi il pane lontano da casa. Troviamo le umiliazioni, i soprusi e le ingiustizie che i migranti italiani devono subire dalla società americana che non li apprezza e li emargina e li condanna ad una vita fuori, o nel migliore dei casi ai margini della nazione che li ospita. È una storia di un secolo fa ma drammaticamente attuale, i cui protagonisti, cambiando solo colore della pelle e territorio, si aggirano smarriti sul palcoscenico di una vita di stenti, di privazioni, di discriminazioni e di sogni andati in frantumi.

 

Nel 2008 pubblica Cortocircuito in cui mette in evidenza come la società italiana sta cambiando volto con il fenomeno dell’immigrazione e come gli immigrati con le loro storie, le loro tradizioni, usi e costumi sono entrati nelle vite degli italiani che spesso non accettano questa trasformazione della società senza rendersi conto che “senza lo straniero” il nostro Paese si fermerebbe in molte attività. Le storie delle giovani badanti filippine, turche, ucraine, gli operai rumeni ed indiani, ci dimostrano come questa commistione di etnie, lingue e culture ci arricchisce, ma di questa ricchezza noi spesso non siamo consapevoli.

 

L’ultimo suo romanzo Onda lunga è del 2013: la protagonista, una signora avanti con gli anni, continua a vivere le sue esperienze considerando la terza età una risorsa. Il confronto tra il presente ed il passato a volte fa vacillare le certezze di un tempo ma vi è sempre una reazione che sprigiona voglia di vivere in situazioni che a volte risultano tragicomiche ma che vengono affrontate con sensibile consapevolezza, ironia e spirito critico.

 

 

 

ENCICLOPEDIA DELLE DONNE
https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/elena-gianini-belotti

 

 

 

incipit e citazioni di ” Dalla parte delle bambine “

https://it.wikiquote.org/wiki/Elena_Gianini_Belotti#:~:text=.%20(p.%20139)-,Dalla%20parte%20delle%20bambine,-%5Bmodifica%5D

 

 

 

 

Elena Gianini Belotti

1929, Roma

Libri di Elena Gianini Belotti

 

Di origine bergamasca, ha diretto per vent’anni il Centro Nascita Montessori di Roma. Ha esordito nella saggistica nel 1973 con Dalla parte delle bambine (Feltrinelli 2013) sul precoce condizionamento al ruolo femminile, seguito da Prima le donne e i bambini (Feltrinelli 1998), Non di sola madre (Rizzoli 1985) e altri. È tornata alla narrativa nel 1985 con il romanzo Il fiore dell’ibisco (Rizzoli 1985, Premio Napoli) e poi, Pimpì Oselì (Feltrinelli 2002), Apri le porte all’alba (Feltrinelli 1999), Voli (Feltrinelli, Premio Rapallo Carige 2001), Prima della quiete (Rizzoli 2005 Premio Grinzane Cavour, Premio Viadana, Premio Maiori) e Pane amaro (Rizzoli 2006), Cortocircuito, Milano (Rizzoli, 2008), Onda lunga, (nottetempo 2013).

 

 

 

 

La servitù delle donne - John Stuart Mill - copertina

La servitù delle donne

 

 di John Stuart Mill (Autore) 

Edizioni Clandestine, 2019

 

 

 

QUELLO CHE SEGUE E’ DAL BLOG DI GABRIELLA GIUDICI

https://gabriellagiudici.it/john-stuart-mill-la-servitu-delle-donne-1869/

 

 

 

John Stuart Mill, La servitù delle donne, 1869

BY GABRIELLA

 

taylor e mill

Harriet Taylor (1808 – 1858) John Stuart Mill (1806 – 1873)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal sodalizio tra Harriet Taylor e suo marito, John Stuart Mill, derivarono due importanti saggi sulla questione femminile. In The Enfranchisement of Women ( affrancamento /  concessione del voto alle donne ), del 1851, Taylor parte dal diritto naturale di ogni essere umano ad esprimere liberamente le proprie capacità, osservando che l’esercizio del potere politico conquistato dagli uomini ha provocato la condizione di sudditanza in cui le donne si trovano. L’emancipazione della donna sarà possibile quando essa potrà godere degli stessi diritti concessi all’uomo – all’istruzione, all’esercizio delle professioni, alla partecipazione amministrativa e politica – che però le sono ancora negati.

 

Alla diffusa obiezione che la sua natura biologica assegnerebbe in modo esclusivo alla donna la cura dei figli e della famiglia, impedendole obbiettivamente il pieno esercizio di quei diritti, Taylor risponde che con la liberazione dagli impegni familiari – da assegnare alla cura di un apposito personale domestico femminile – la donna potrà conseguire la sua piena emancipazione. Una reale emancipazione non può allora essere ottenuta da tutte le donne, ma solo da quelle della classe media che potranno liberarsi dagli obblighi familiari.

 

In The Subjection of Women (1869) [trad. it. La servitù delle donne] Stuart Mill individua la causa della mancanza di diritti civili della donne nella storica subordinazione della donna all’uomo, la quale è una forma di schiavitù espressione del più generale rapporto schiavile che è stato una delle forme di organizzazione sociale del passato. Le società antiche sono tramontate da secoli e la schiavitù è stata da poco abrogata anche in America, ma l’asservimento delle donne, oggi come ieri, persiste e si realizza innanzi tutto e in forma compiuta nel luogo privato della famiglia. Essa è resa possibile dalla maggior forza fisica dell’uomo, ma si esercita anche con l’affetto:

«Gli uomini non vogliono solamente l’obbedienza delle donne, vogliono anche i loro sentimenti. Tutti gli uomini, tranne i più brutali, vogliono avere nella donna che a loro è più legata non una schiava forzata, ma una schiava volontaria, non una pura e semplice schiava, ma una favorita».

 

L’idea che tale servitù sia necessaria e naturale è stata inculcata nelle menti delle donne fin dall’infanzia. Esse sono state educate a pensare di dover essere l’opposto dell’uomo: non devono esprimere

 

«una libera volontà e un comportamento auto-controllato, ma una sottomissione e una subordinazione al controllo altrui. Tutte le morali dicono che è dovere delle donne, e tutti i sentimenti correnti affermano che è proprio della loro natura vivere per gli altri, compiere una totale abnegazione di sé e non avere altra vita che la vita affettiva».

 

L’asservimento della donna all’uomo si dimostra una contraddizione pratica dell’affermazione teorica dell’eguaglianza dei diritti umani:

«La subordinazione sociale delle donne si configura come un fatto unico nelle moderne istituzioni sociali; una rottura isolata di quella che è divenuta la loro legge fondamentale; l’unica reliquia di un vecchio mondo di pensiero e di pratica che è esploso in ogni altro aspetto».

 

 

 

 

 

 

 

 

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1 risposta a Elena Gianini Belotti ( Roma, 1929 – Roma, 2022 ), una persona che avrei voluto conoscere prima- è morta nel dicembre 2022, eppure non l’ho conosciuta….

  1. DONATELLA scrive:

    Quella sulle donne è una violenza costante, pervasiva, dalla famiglia alla società. La nostra generazione, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, tutto sommato è stata fortunata perché dagli anni Sessanta in poi c’è stata una forte presa di coscienza dei diritti delle categorie oppresse, tra cui le donne. Vediamo però, in questi ultimi decenni, un arretramento delle classi subalterne. Il potere politico è in mano prevalentemente agli uomini o a donne che degli uomini hanno preso tutte le caratteristiche negative ( mi viene in mente la Thecher in Inghilterra, ma ce ne sono molte altre).
    Tutte noi donne penso che abbiamo nella storia familiare esempi di violenza: ricordo la sorella di mia mamma, zia Maria per noi, che alle elementari era una brillante prima della classe. Era stata prescelta dalle maestre per leggere l’encomio su Garibaldi quando a Sanremo era stato inaugurato il monumento all’Eroe dei due mondi. Finite le elementari il padre, mio nonno, si rifiutò di far continuare gli studi alla figlia, dicendo che era roba per ricchi ( la famiglia stava bene economicamente). A niente valsero i tentativi di convincerlo, anche da parte delle insegnanti. Mia zia credo che sia rimasta tutta la vita segnata da quell’assurdo e crudele rifiuto, dovuto ai pregiudizi dell’epoca e all’ignoranza.

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