IL SUO ULTIMO LIBRO ( che noi sappiamo )
link di X di PAOLA CARIDI
paola caridi @invisiblearabs
Un altro giorno di detenzione, e poi agli arresti domiciliari. Perché vendono libri. Non c’è nessun’altra accusa. Sono i proprietari della più bella libreria di Gerusalemme, dell’intera città. Non solo le due librerie su Salaheddin street, ma anche all’American Colony.
Sono il presidio culturale. Vendono libri che chiunque potrebbe comprare su amazon: la differenza è che loro sono in carne e ossa, con i loro sorrisi, divenuti famosi per tutti coloro che frequentano le librerie della famiglia Muna.
Loro sono la presenza palestinese a Gerusalemme, come altre 400mila palestinesi della città. Ed è tutto legato, anche se non c’è una connessione diretta. Fa parte, però, della condizione di vita dei palestinesi sotto occupazione che arriva all’orecchio della comunità internazionale attraverso, solo, alcuni esempi. Il processo a Mahmoud Muna e a suo nipote Ahmad Muna. La detenzione per oltre un mese e la liberazione su cauzione di Shaden Qous, l’artista e attivista palestinese a cui (ieri) non è stato neanche concesso di partecipare al funerale di suo padre, morto in circostanze tragiche.
Tutto legato, ciò che succede a Gerusalemme a quello che di terribile sta succedendo a poche decine di chilometri da Gerusalemme, in Cisgiordania, in una reiterazione del ‘modello Gaza’ a Jenin, Tulkarem, Qalqilia. E quello che ancora è in corso a Gaza. E’ tutto legato, così come quello che succederà se la pressione internazionale non sarà ferma, costante, inflessibile non solo nei confronti di Israele, ma anche nei confronti degli Stati Uniti guidati da Trump che vuole “comprare e possedere” Gaza come fosse un territorio d’oltremare del vecchio, mai sepolto colonialismo. I subalterni non devono avere cultura, e soprattutto non devono esporla, metterla in vetrina, condividerla. Io trovo tutto questo scandaloso, vergognoso.
*******
IL MANIFESTO 11 FEBBRAIO 2025
https://ilmanifesto.it/irruzione-alleducational-bookshop-libri-confiscati-e-proprietari-in-manette
Irruzione all’Educational Bookshop, libri confiscati e proprietari in manette.
Gerusalemme Est Raid israeliano nella libreria. L’accusa: vendere testi di istigazione al terrorismo. Sdegno sui social e sit-in solidale
Ahmad, a sinistra, e Mahmoud Muna in tribunale dopo il raid israeliano nella libreria
Sarah Parenzo
TEL AVIV
«Lo Stato di Israele contro Ahmad e Mahmoud Muna»: così si apre il protocollo dell’udienza tenutasi questo lunedì mattina presso il Tribunale di I grado di Gerusalemme.
A difendere gli imputati dall’accusa di «turbamento dell’ordine pubblico» è l’avvocato Nasser Odeh, ma questa volta non si tratta del solito caso di palestinesi dall’identità anonima e per capirlo basta gettare un’occhiata fuori dall’aula.
Nel corridoio siedono in fila rappresentanti diplomatici di Gran Bretagna, Belgio, Brasile, Francia, Svizzera, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e dell’Unione europea, mentre all’esterno ha luogo una manifestazione di solidarietà nella quale i dimostranti espongono cartelli con la scritta: «Non c’è santità in una città occupata».
Mahmoud e Ahmad, rispettivamente zio e nipote, sono infatti a loro volta intellettuali, attivisti e imprenditori culturali, ma soprattutto gestori della celebre catena di librerie Educational bookshop ( Ed ), istituzione e tappa obbligata per ogni diplomatico, giornalista, attivista o ricercatore in visita a Gerusalemme est.
Fondato nel 1984 dalla famiglia Muna, nelle sedi di via Salah Al Din, o in quella strategicamente collocata presso il noto hotel American Colony, l’Ed offre una vasta gamma di testi in tutte le lingue sulla letteratura, la cultura palestinese e la storia del conflitto. Oltre a fungere da biblioteca e libreria, l’Ed costituisce anche un punto di incontro privilegiato per gli intellettuali israeliani, palestinesi e internazionali che ne frequentano abitualmente gli eventi i quali, seppure con un taglio altamente critico, promuovono indiscutibilmente valori di dialogo, tolleranza e convivenza.
Nonostante la notorietà tradottasi negli anni in prestigiosi riconoscimenti e recensioni, domenica notte le librerie sono state oggetto di un violento raid della polizia israeliana che vi ha fatto irruzione seminando scompiglio, confiscando libri “sospetti” in lingue straniere (tradotti con l’utilizzo di Google Translate) e arrestando due membri della famiglia.
Per decisione del giudice Gad Ehrenberg, i Muna verranno trattenuti nelle rispettive stazioni di polizia fino a questa mattina per poi trascorrere ulteriori cinque giorni agli arresti domiciliari. L’accusa formalizzata nel corso dell’udienza è quella di vendere testi di istigazione e sostegno al terrorismo, motivo per cui i due dovranno tenersi lontano dai punti vendita per favorire la prosecuzione delle indagini.
Il fratello di Mahmoud ha detto ad Haaretz: «Hanno esaminato i libri con Google Translate e hanno tolto tutto ciò che non gli piaceva. Si sono persino imbattuti nel giornale Haaretz con la foto delle persone rapite, hanno chiesto cosa fosse e hanno detto che era incitamento. Hanno preso ogni libro con la bandiera palestinese».
Lo sdegno sui social non è tardato ad arrivare, così come la copertura da parte dei giornali in tutto il mondo che hanno finito per portare alla famiglia ulteriore meritata notorietà.
Nel corso di tutta la giornata di ieri, le sedi del negozio sono state affollate di visitatori giunti ad acquistare libri in segno di appoggio, mentre in rete si è diffusa una petizione in ebraico e in arabo che condanna fermamente il raid.
Tra i firmatari figurano nomi noti del mondo della cultura israeliana che si dichiarano preoccupati per questa ennesima grave provocazione del loro governo che sembra aver voluto intenzionalmente inviare un chiaro messaggio. Episodi di minaccia all’istruzione e violazioni al diritto alla libera espressione non sono del resto cosa nuova in Israele dal gennaio 2023: solo la scorsa settimana la stessa sorte era toccata a Hisham Al- Akramawi, arrestato anche lui per la vendita di testi contenenti la storia e illustrazioni della bandiera palestinese nella città vecchia di Gerusalemme, che si va lentamente spegnendo sotto il peso della guerra e degli effetti devastanti dell’occupazione.
È davvero avvilente assistere alla persecuzione di due librai proprio a opera dei rappresentanti del popolo del Libro, ma c’è da auspicare che la risonanza di cui gode l’episodio riporti sull’agenda internazionale l’urgenza di una soluzione politica che interrompa questa catena di violenza.
Sarah ParenzoTraduttrice, editor e pubblicista, Sarah Parenzo vive da vent’anni in Israele dove ha conseguito un dottorato di ricerca sui risvolti etici e psicoanalitici della ricezione dello scrittore Abraham B. Yehoshua in traduzione italiana. Corrispondente di diverse testate per le pagine di cultura e politica estera, da un decennio collabora stabilmente con il servizio pubblico israeliano di riabilitazione psichiatrica
*****
da IL FATTO QUOTIDIANO — 11 febbraio 2025
La notizia è stata riportata dal Times of Israel, che ha citato Ahmad Muna che ha dichiarato che l’arresto è stato “brutale e duro” ed è avvenuto senza una base chiara.
Tra i testi sequestrati, la polizia ha indicato in particolare un libro da colorare per bambini intitolato “Dal fiume al mare“, una formula che, nel contesto arabo, è spesso associata alla prefigurazione della scomparsa di Israele.
L’arresto dei due librai ha suscitato indignazione nella comunità culturale e diplomatica di Gerusalemme Est. Tra coloro che hanno espresso preoccupazione, l’ambasciatore britannico in Israele, Simon Walters, ha commentato su X, sottolineando che l’Educational Bookshop è un punto di riferimento fondamentale per la vita culturale della città. “Le incursioni nella libreria e l’arresto dei proprietari sono una risposta sproporzionata alle preoccupazioni sollevate ieri in tribunale. La libertà di espressione è un diritto fondamentale”, ha dichiarato Walters. La vicenda ha attirato l’attenzione internazionale, con rappresentanti di diversi paesi, tra cui la Germania e il Regno Unito, a condannare l’accaduto come un attacco alla libertà di espressione.
L’attacco alla cultura è una delle caratteristiche delle dittature. Viene in mente il rogo dei libri fatto dai nazisti.