Giovanni Ioppolo ( 1932 – 1999) racconta : ” Egitto: così salvai i monumenti di File ” . ARCHEOLOGIAVIVA.IT- n. 58 – luglio/agosto 1996 / pp. 42-57 / link sotto +++ altro + al fondo- due video belli

 

 

 

DAVID ROBERTS,  1838 — L’isola di File come appariva ai viaggiatori europei nel’Ottocento. Il tempio di Iside in primo piano, poco distante il Chiosco di Traiano

 

 

 

ARCHEOLOGIAVIVA.IT  – link sotto

https://www.archeologiaviva.it/5409/egitto-cosi-salvai-i-monumenti-di-file/

 

 

 

 

File:David Roberts - Philae.jpg - Wikipedia

DAVID ROBERTS, 1838

 

 

 

Egitto: così salvai i monumenti di File.

I grandi interventi per l’archeologia

 

 

 

 

Giovanni Ioppolo al tavolo da disegno, 1997

1997

di Giovanni Ioppolo ( 1932 – 1999 ), supervisore per quello che competeva alle ditte italiane 

 

Sono passati vent’anni e pochi ricordano la grandiosa operazione grazie a cui il santuario di Iside a File venne trasportato dall’isola originaria sulla vicina Agilkia per essere sottratto alle acque del Nilo. Fu un successo della sensibilità internazionale ma anche delle maestranze italiane ed egiziane che sotto la direzione dell’architetto Giovanni Ioppolo smontarono restaurarono e ricostruirono l’intero complesso monumentale

 

 

 

 

 

Slika:David Roberts Hypaethral Temple Philae.jpg - Wikipedija, prosta enciklopedija

DAVID ROBERTS, 1838

 

 

 

 

Il turista che risale il Nilo e da Luxor giunge ad Assuan per visitare il Santuario di Iside viene puntualmente informato dalle guide sulla colossale opera di spostamento di questo complesso cultuale, ma solo in parte può immaginare le difficoltà e l’impegno occorsi per documentare e smontare i monumenti dall’isola di File, restaurarli e ricostruirli in seguito sulla vicina isola di Agilkia.

 

 

Roberts (David, RA)

Vista sotto il Gran Portico, Philæ,

FG Luna,  1847.

DAVID ROBERTS, 1838

 

La costruzione della prima diga di Assuan nel 1902 aveva, infatti, gravemente compromesso l’isola e i suoi templi: il Santuario di File, visibile per poco più di un mese all’anno, era costantemente sommerso dalle acque con conseguente grave danno all’insieme delle costruzioni e perdita del cromatismo delle pareti decorate. Già tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento gli inglesi H. G. Lyons e John Ball eseguirono lavori di restauro e protezione delle varie strutture per limitare i danni causati dall’azione delle acque.

 

 

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tempio di Isidea Philae da sud-ovest –
Roland Unger, 1998

 

Nel 1964, l’iniziativa di costruire un secondo sbarramento (la cosiddetta Grande Diga di Assuan) sette chilometri più a sud dell’isola di File portò alla programmata perdita dei fertili territori nubiani e al rischio di lasciare per sempre all’oblìo l’intero patrimonio storico di monumenti presenti da millenni lungo le sponde del Nilo.

Il problema trovò una soluzione grazie alle iniziative personali di Madame De Roche Noblecourt (all’epoca direttrice della sezione egiziana del Louvre) che riuscì a far varare il Programma per il salvataggio dei monumenti della Nubia. Il contributo economico dei paesi membri dell’Unesco permise di salvare numerose testimonianze dell’esteso territorio nubiano compreso tra Assuan e Abu Simbel (più di 400 km).

 

 

l’isola di Agilka con il tempio ricostruito di Iside
Olaf Tausch – Opera propria

 

 

 

 

Tuttavia, l’isola di File con tutti i suoi millenari monumenti rimase esclusa da questa prima fase dei lavori a causa del completamento dell’Alta Diga dedicata a Nasser e rimase sommersa quasi completamente dall’invaso creatosi tra il vecchio e il nuovo sbarramento. L’importanza del complesso monumentale, già noto come Perla del Nilo, mèta di studiosi e turisti, ammirato nelle bellissime stampe del Roberts e ricordato per la struggente descrizione fatta da Pierre Loti nella sua opera letteraria Mort de Phile, portò a un ulteriore impegno dei paesi membri dell’Unesco che bandirono una gara internazionale per un progetto finalizzato al salvataggio dei monumenti di File.

 

 

Prevalse la soluzione offerta da un consorzio di progettisti egiziani, che proponeva lo smontaggio delle novantacinque strutture monumentali presenti nell’isola e la loro ricostruzione in una sede più elevata di 12,40 m, da ricavare con lo spianamento del vicino isolotto di AgilkiaL’appalto per l’esecuzione dei lavori fu affidato dall’Unesco nel 1974, tramite il Ministero egiziano della cultura, a due ditte italiane, la Condotte Acque di Roma e la Mazzi Estero di Verona, in seguito consociate nella Condotte-Mazzi Estero S.p.A.

Le due ditte ebbero il compito di documentazione, smontaggio e restauro del complesso monumentale di File e del suo trasferimento e ricostruzione nella nuova sede dell’isola di Agilkia; a una terza ditta egiziana, la High Dam Company, quella che aveva realizzato l’Alta Diga di Assuan, fu assegnato il prosciugamento del sito monumentale originario e il compito di predisporre le fondazioni in cemento armato e il land-scaping, cioè la sistemazione finale, di Agilkia.

Allo scrivente fu affidata la supervisione e la responsabilità di tutte le operazioni di competenza della consociata italiana. […]

 

 

 

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Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts (testi di Fabio Bourbon, fotografie di Antonio Attini). Ediz. White Star

 

Egitto e Terra Santa ieri e oggi. Litografie di David Roberts R. A. - Fabio Bourbon - copertina

IBS – 10 euro

 

 

 

SEGUE DA : 

 

LA CIVILTA’ EGIZIA. ORG

LE LITOGRAFIE DI DAVID ROBERTS

 

Sul far della sera, Roberts raggiunse nuovamente l’isola di File ove si fermò per due giorni per eseguire una serie di raffigurazioni dei templi che tanto lo avevano ammaliato meno di tre settimane prima. Le prime due tavole, qui descritte, ritraggono rispettivamente una magnifica veduta dell’intero complesso colto dall’alto della vicina isola di Bigeh e le rovine del tempio qui ubicato. Le tavole realizzate dall’artista costituiscono una preziosa testimonianza di quello che era l’aspetto dell’isola di File (o Philae, secondo la denominazione greco-romana), prima che la maggior parte delle strutture venisse trasferita sulla vicina isola di Agilka, distante circa 550 metri.

 

 

 

Il tempio che vediamo ritratto nella veduta generale (Immagini n. 1-2) era consacrato alla dea Iside e a suo figlio Harpocrate, una forma locale di Horus. Sorge sul luogo di un santuario precedente, il cui edificio più antico, del quale restano solo poche fondamenta, va fatto risalire al faraone nubiano Taharqa ( ? – 664 a.C. XXV Dinastia). Il primo sovrano, a cui sono attribuibili vestigia datate, è invece Nectanebo I (380-362 a.C. XXX Dinastia). Il complesso è costituito da elementi eterogenei e di epoche diverse, sebbene la maggior parte delle strutture risalga al periodo tolemaico-romano.

Immagine n. 1 All’estrema destra della litografia sono presenti il chiosco di Nectanebo ed il vicino obelisco, entrambi datati al IV secolo a.C. Di fronte ad essi si allungano le due ali del colonnato fatto erigere da Augusto. Attiguo al primo pilone è visibile il portale di Tolomeo II, evidente resto di un edificio precedente, mentre in secondo piano è raffigurato il chiosco di Traiano. Tra i due piloni si apre un ampio cortile il cui lato prospiciente il fiume è chiuso da un “mammisi” del quale si scorge la facciata posteriore. Sulla banchina, affacciato sul Nilo vi è il grande portale di Adriano.Oltre il secondo pilone, si sviluppa il tempio vero e proprio costituito da un atrio e dal “naos”, circondato da diversi ambienti secondari. In primo piano l’isola di Bigeh, con le rovine del suo tempio (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pagg.106-107).

Immagine n. 2 Un’immagine moderna del complesso templare di File, dopo la sua ricostruzione sulla vicina isola di Agilka, avvenuta tra il 1977 e il 1979 (© ph. Przemyslaw “Blueshade” Idzkiewicz, fonte Wikipedia).

 

Nell’antichità nessuno, a parte i sacerdoti della vicina File, poteva calcare il suolo dell’isola di Bigeh (Immagine n. 3), sacra ad Hathor. In questo luogo, infatti si trovava il celebre Abaton in cui era stata sepolta una parte di Osiride, dopo che il suo corpo fu smembrato dal fratello Seth. Il tumulo, il cui nome deriva dal greco e significa grosso modo “luogo inaccessibile”, dimorava al centro di un boschetto e attorno ad esso erano disposti 365 altari sui quali ogni giorno, a rotazione, doveva essere versato del latte come offerta libatoria. In tal modo lo spirito vitale del dio, sotto forma di uccello, poteva nutrirsene *.

 

 

 

Immagine n. 3 A Bigeh, dove bisognava rispettare il silenzio assoluto per non disturbare il sonno di Osiride, già durante la XVIII Dinastia era stato eretto un santuario, poi ricostruito verso il 245 a.C. da Tolomeo III Evergete. L’edificio fu ulteriormente ampliato da Tolomeo XIII che fece anche erigere un grande portale di accesso, a cui in seguito venne aggiunto un arco che dava accesso ad una scalinata che conduceva dalla banchina sul Nilo al santuario(© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pagg.108-109).

Ogni dieci giorni, dal vicino tempio di File, il simulacro di Iside veniva trasportato sull’isola a bordo di una barca affinché potesse far visita al consorte. Inoltre, una volta all’anno e nell’ambito di una festa solenne, la dea veniva affiancata nel suo pellegrinaggio dal figlio Harendotes (“Horus che difende il padre”).

 

 

NOTA

A tal proposito, a chi volesse saperne di più, consiglio caldamente la visione dell’interessantissima conferenza realizzata daAndrea Vitussi su YouTube e raggiungibile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=NcY9wwRk1-U

( VEDI IN FONDO IL TRAILER E LA CONFERENZA )

 

 

File, 17-19 novembre 1838I templi visti da sud.

Roberts fu completamente rapito dalla stupefacente suggestione determinata dalla scenografia che offriva il complesso di File, da qualsiasi angolazione lo si osservasse; si può ben immaginare quale fascino doveva suscitare nei pellegrini dell’epoca richiamati dall’esoterica devozione che nutrivano per la dea Iside. Questa divinità, figlia di Ra e sposa e sorella di Osiride, godeva di estrema popolarità e di una posizione privilegiata nel pantheon egizio in quanto, tra le altre sue caratteristiche, era a conoscenza di potenti sortilegi. Le sue arti magiche, infatti, le permisero di resuscitare il divino consorte dopo che il fratello Seth ne aveva fatto a pezzi il corpo. Inoltre, veniva rappresentata come dea-madre creatrice nella regione delle cataratte. Quando nel VII secolo a.C. una dinastia nubiana si insediò a Tebe, il suo culto si diffuse e si accrebbe così tanto da superare i confini dell’Egitto. In epoca tolemaica, e successivamente romana, la devozione nei confronti di questa divinità ricevette un ulteriore grande impulso e il tempio di File raggiunse l’apice del suo splendore: storpi ed ammalati vi giungevano da ogni parte del paese e dalle diverse province dell’Impero confidando nei favori della dea. In epoca cristiana la feroce repressione fu proporzionale alla celebrità di cui godeva Iside e i seguaci della nuova fede si accanirono con cieco furore contro i rilievi che adornavano il tempio che fu poi trasformato in chiesa. (Immagini n. 1 -2).

 

 

Immagine n. 1: I templi di File visti da sud, 18 novembre 1838. Questa litografia ci mostra il complesso di File come lo vide Roberts osservandolo da sud. Nonostante l’accanimento l’ accanimento del quale fu oggetto a partire dall’epoca cristiana, le suppliche e le preghiere scolpite in numerose parti del santuario attestano che l’ isola rimase ancora per un certo tempo l’ultimo baluardo della millenaria tradizione cultuale egizia (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pagg.110-111).

 

 

Immagine n. 2: I templi, ripresi dalla medesima angolazione, come appaiono oggi dopo la ricostruzione sulla vicina isola di Agilka (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pag.110).

 

 

 

Il grande colonnato davanti al tempio di Iside.

 

I fedeli che si recavano in pellegrinaggio ai templi, approdavano sull’estremità meridionale dell’isola. Una volta sbarcati venivano accolti non da Iside, ma da un’altra divinità femminile: la benevola Hator dalle orecchie bovine. Si trovavano, infatti, al cospetto del cosiddetto “Chiosco di Nectanebo” i cui capitelli, erano scolpiti con l’effigie di questa dea della bellezza, dell’amore e del divertimento. L’edificio fu restaurato da Tolomeo II Filadelfo che lo spostò dalla sua posizione originaria (tuttora ignota). Oltre questo padiglione si sviluppa, con eccezionale impatto scenografico, “il grande colonnato” il cui versante occidentale, orientato lungo la linea costiera, si estende per circa cento metri. Trentadue colonne sorreggono altrettanti capitelli dalle forme molto elaborate e ispirate al mondo vegetale. Sul soffitto che rappresenta la volta celeste, sono raffigurati astri e avvoltoi, mentre sulla parete di fondo compaiono rilievi che ritraggono Ottaviano e Nerone le cui sembianze stilizzate mettono in risalto l’origine divina dei nuovi sovrani dell’Egitto. Sulle colonne, l’imperatore Traiano si fece ritrarre mente reca offerte alle divinità del luogo.

Sul lato opposto, il portico orientale non fu mai portato a termine: delle diciassette colonne presenti alcune sono prive di decorazioni e undici sono sovrastate da capitelli incompleti. A circa un terzo della spianata, nei pressi del lato lungo, per mezzo di una scala sotterranea, si accedeva al nilometro. Simili pozzi, sulle cui pareti veniva valutato il livello delle acque del fiume, erano elementi comuni a moltissimi templi egizi. Quantificare ritmi e volumi delle piene era infatti indispensabile sia da un punto di vista economico, sia sociale in quanto permetteva di presumere l’entità del raccolto e, di conseguenza, le relative tassazioni. Era ai sacerdoti che spettava l’ esclusivo privilegio di rendere noti i responsi del nilometro.

 

 

 

 

Immagine n. 1: I templi di File visti da sud, 18 novembre 1838. Questa litografia ci mostra il complesso di File come lo vide Roberts osservandolo da sud. Nonostante l’accanimento l’ accanimento del quale fu oggetto a partire dall’epoca cristiana, le suppliche e le preghiere scolpite in numerose parti del santuario attestano che l’ isola rimase ancora per un certo tempo l’ultimo baluardo della millenaria tradizione cultuale egizia (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pagg.110-111).
Immagine n. 2: I templi, ripresi dalla medesima angolazione, come appaiono oggi dopo la ricostruzione sulla vicina isola di Agilka (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pag.110).

 

 

L’elaborato impianto prospettico (Immagini n. 3-4), si chiude sul fondo con lo spettacolare grande pilone del tempio di Iside. Fu iniziato da Tolomeo II e completato dal successore Tolomeo III, mentre la decorazione continuò anche nelle epoche successive. Sulle due torri è raffigurato Tolomeo XII che offre a Iside la sottomissione dei suoi prigionieri e nei registri superiori il sovrano lo ritroviamo al cospetto della dea, accompagnata dal figlio Horus e dalla sorella Nefti. Il portale è sormontato dal disco solare alato.

 

 

File, 17-19 novembre 1838. Parte terza: l’interno del tempio di Iside

 

Già nella precedente visita Roberts era rimasto particolarmente colpito dalle meravigliose proporzioni del tempio e dagli splendidi bassorilievi che ne adornavano gli ambienti interni. L’artista aveva notato che lo stato di conservazione era eccellente e nel suo diario, il 30 ottobre aveva annotato: “Sono rimasto rapito dalla splendida composizione dei suoi colori; si direbbero appena stesi e, perfino nei punti in cui sono più esposti all’implacabile luce del sole, hanno conservato la loro smagliante freschezza”

 

 

 

Immagine n. 1: dal diario di David Roberts, 19 novembre << Oggi ho eseguito alcuni disegni dell’interno del tempio e ho copiato parecchie delle figure che tappezzavano le pareti, tutte in eccellenti condizioni e dai colori brillanti>>. La scelta prospettica operata dall’artista permette, tra l’altro, di comprendere con chiarezza la successione dei vari ambienti. (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pagg.114-115).

 

Le illustrazioni di Roberts (Immagini n. 1-2), raffigurano la sala ipostila del tempio propriamente detto, ripresa da due diverse angolazioni, posta immediatamente dopo il secondo pilone che è di dimensioni minori rispetto al primo. L’ambiente, che presenta un soffitto sostenuto da otto colonne, è preceduto da un cortile scoperto sui cui lati più corti si sviluppano due brevi porticati, retti ognuno da una colonna centrale, che li fanno apparire come dei prolungamenti della sala ipostila. Seguono alcuni vestiboli ed infine il naos, circondatoda stanze minori. Le pareti e le colonne sono ricchissime di iscrizioni e rilievi raffiguranti sovrani della dinastia tolemaica e gli imperatori romani Augusto, Tiberio e Antonino Pio ritratti in scene di offerta ad Iside o nell’atto di compiere uffici religiosi. Probabilmente il cortile doveva avere un sistema di copertura costituito da un velario manovrato per mezzo di funi, i cui fori di scorrimento sono ancora visibili sulla modanatura rivola verso il pilone.

 

 

 

 

Immagine n. 2 Questa tavola è una tra le più suggestive dell’intera opera di Roberts sia per l’inquadratura di grande effetto, sia la cura quasi maniacale con la quale sono stati riprodotti i dettagli decorativi. Faraoni e divinità ripetono all’infinito i loro gesti ieratici, mentre le immense colonne sembrano sbocciare nel lussureggiante tripudio di forme e colori dei capitelli. Esse sostengono senza alcuno sforzo apparente le possenti trabeazioni lungo le quali navigano le barche sacre. Sui soffitti spiccano le lunghe teorie di avvoltoi dalle ali spiegate. Sono visibili anche alcune croci copte, scolpite sui fusti delle colonne, e i resti di un altare che attestano la trasformazione del tempio in chiesa cristiana. Un’iscrizione recita: “questo buon lavoro fu compiuto sotto il vescovo Teodoro all’epoca dell’imperatore Giustiniano e della regina Teodora nel VI secolo. Un’altra epigrafe, ancor oggi visibile commemora la “spedizione archeologica” qui inviata da papa Gregorio XVI nel 1841. Queste manomissioni arrecarono notevoli danni al santuario, il cui fascino è però rimasto intatto come ai tempi del massimo splendore di Iside (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pag. 116).

 

Il fatto che l’artista avesse deciso di fermarsi una seconda volta a File impegnando l’intera giornata del 30 novembre nel ritrarre gli interni del tempio, è stata per noi una vera e propria fortuna. Nel 1902, infatti fu realizzata la vecchia diga di Aswan (poi rialzata per due volte tra il 1907 e il 1912 e tra il 1929 e il 1933) che provocò la parziale scomparsa dell’isola di File ed il conseguente allagamento dei templi, che restavano all’asciutto soltanto tra luglio e ottobre nel periodo di apertura delle chiuse (Immagine n. 3).

 

Immagine n. 3 Questa foto, scattata nel 1905, testimonia la drammatica situazione del sito di File allorquando, da giugno ad ottobre l’isola veniva quasi completamente sommersa dalle acque del Nilo in conseguenza della realizzazione della prima diga di Aswan, nel 1902. Nonostante gli edifici fossero molto resistenti, gli splendidi colori dei bassorilievi, che si erano conservati per millenni, si dissolsero in breve tempo. Negli anni sessanta del secolo scorso l’UNESCO avviò un programma di salvataggio che riguardò un gran numero di monumenti. A partire da 1974, a File si diede inizio ai lavori con una serie di rilievi topografici. Successivamente fu realizzato uno sbarramento artificiale attorno all’isola e, grazie anche all’utilizzo di pompe idrovore, il sito ritornò all’asciutto. A questo punto l’intero complesso fu smontato per essere trasferito nella vicina isola di Algika. La sola ricostruzione richiese tre anni, ma finalmente, Il 10 marzo 1980, veniva inaugurata la nuova File (© ph. H.W Dunning, fonte Wikipedia)

 

 

File, 17-19 novembre 1838. Quarta e ultima parte. Il salvataggio dei monumenti.

Le tavole realizzate da Roberts costituiscono un’impagabile documentazione dell’aspetto originario del sito. Quest’ ultima litografia ci offre una visone del complesso dell’isola di File ripresa al tramonto (Immagine n. 1).

Immagine n. 1 Il 19 novembre 1838, David Roberts ritrasse questa incantevole veduta dell’isola di File colta al tramonto. Di particolare suggestione, a mio avviso, è l’atmosfera trasognata e romantica che l’artista riesce a trasmettere. (© Egitto Ieri e Oggi, Litografie di David Roberts, pagg.118-119).

 

 

 

Il luogo era rimasto pressoché immutato nel tempo, finché, come già accennato in precedenza, a seguito della costruzione della Prima Diga di Aswan nel 1902, ebbe inizio il calvario per i suoi monumenti. La loro condizione subì un altro duro colpo, a partire dal 1934, allorché lo sbarramento fu innalzato di diversi metri causando la quasi totale sommersione del complesso (Immagine n. 2).

 

Immagine n. 2 Prima della costruzione della diga di Assuan i templi dell’isola di File rimanevano parzialmente sommersi per vari mesi l’anno. Nell’immagine, il Nilo ricopre il chiosco di Traiano (© ph. Bridgeman/Aci, fonte National Geographic).

 

 

L’ARTICOLO SEGUE NEL LINK SOTTO–

— continua a raccontare la ricostruzione con foto

Il Tempio di Kom Ombo, 20-21 novembre 1838.–

—Il Tempio di Edfu, 22-24 novembre 1838. Parte prima.


Il Tempio di Edfu, 22-24 novembre 1838. Terza e ultima parte.

—-Il Tempio di Esna, 25 novembre 1838.

Le rovine del tempio di Hermonthis, 26 novembre 1838

pubblico da questo tempio solo questa splendida litografia di  Roberts

 

Tebe. Parte prima: I templi di Karnak visti da sud, 27 novembre 1838


Tebe. Parte seconda: vedute della grande sala ipostila nel tempio di Karnak, 27-29 novembre 1838

 

Tebe. Parte terza: altre vedute del tempio di Karnak, 29 novembre 1838

 

Tebe. Parte quarta: le rovine del tempio di Medamud nei pressi di Karnak, 30 novembre 1838

 

Tebe. Parte quinta: Luxor, la facciata del grande tempio di Amon e l’obelisco di Ramses II, 1° dicembre 1838.

 

Tebe. Parte sesta: Luxor, uno dei colossi di Ramses II e il colonnato di Amenhotep III, 1° dicembre 1838.

 

segue fino alla parte tredicesima e poi oltre

**** ci sono delle immagini straordinarie di questo autore, spero di riprenderle come semplici immagini al di fuori di un contessto archeologico– chissà

 

 

 

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video,  3 min. ca — TRAILER DELLA CONFERENZA

ABATON – Philae, Bigeh e i misteri di Iside e Osiride

 

 

 

CONFERENZA INTERA.

ABATON. Philae, Bigeh e i misteri di Iside e Osiride, a cura di Andrea Vitussi.

SOCIETA’ FRIULANA DI ARCHEOLOGIA

Il 19 marzo 2021, online, nell’ambito del ciclo “ANTICO EGITTO 2021 “

 

 

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  1. DONATELLA scrive:

    E’ magnifico che un’opera di salvataggio di monumenti storici così importanti sia riuscita con la cooperazione internazionale. Vuole dire che cooperare si può!

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