Francesco D’Adamo ( Milano, 1949 ). Storia di Iqbal, Introduzione Gad Lerner –Einaudi ragazzi, Edizione speciale- 25 anni dopo ( 2015 ) + autore —

 

 

 

Storia di Iqbal. 25 anni dopo. Ediz. speciale - Francesco D'Adamo - copertina

Storia di Iqbal. 25 anni dopo. Ediz. speciale

 

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da qui segue dal link:

INTERNATIONAL WEB POST.ORG

22 DICEMBRE 2024

https://www.internationalwebpost.org/storia-di-iqbal-francesco-dadamonon-e-una-storia-triste-e-la-storia-di-come-si-puo-conquistare-la-liberta/

 

STORIA DI IQBAL – Francesco D’Adamo:”non è una storia triste, è la storia di come si può conquistare la libertà”

Iqbal Masih iniziò a lavorare a 4 anni in una fabbrica di mattoni a Muridke, in Pakistan, non lontano da Lahore. Che un bambino di 4 anni sia costretto a lavorare è qualcosa di talmente abominevole che fa male solo raccontarlo. I genitori sono poverissimi e pieni di debiti, la madre non ha i soldi per fare un’operazione e quindi chiede un prestito a un commerciante di tappeti. L’equivalente di 26 dollari. In cambio di questi soldi il piccolo Iqbal, che ora ha 5 anni, deve lavorare per lui, fino a saldare completamente il debito.

E così a soli 5 anni inizia il suo lungo calvario: legato a un telaio deve intrecciare i nodi dei tappeti, velocemente, con le sue piccole dita, per circa 10-12 ore al giorno. Denutrito e stremato cercherà ripetutamente di fuggire, ma sarà sempre ritrovato e punito molto duramente, anche rinchiuso per ore in una cisterna sotterranea senza aria.

Finché un giorno Iqbal riesce a sgattaiolare dalla fabbrica per unirsi a un corteo. Una manifestazione per i diritti dei lavoratori organizzata dal Fronte per la Liberazione dal lavoro schiavistico, un’organizzazione che lotta contro l’impiego di manovalanza coatta, per i diritti dei lavoratori.

Iqbal è un bambino, ha solo 9 anni, non ha mai sentito parlare di sindacati, diritti, libertà. Ma capisce che sono cose che lui e gli altri bambini come lui non hanno. Allora prende la parola, e racconta davanti a tutti quello che succede nella fabbrica degli orrori. Cosa subisce quotidianamente. Cosa subiscono troppi bambini in Pakistan.

Iqbal non è un sindacalista, non ha mai parlato prima in pubblico, non è nemmeno mai andato a scuola. Ma il suo discorso, semplice e toccante, scuote le coscienze dei presenti e i giornalisti lo riportano sulla stampa locale.

Tornato in fabbrica, Iqbal si rifiuta di continuare a lavorare a quelle condizioni disumane. Viene picchiato selvaggiamente ma non cede, e alla fine lui e la sua famiglia saranno costretti a scappare, in pericolo per le minacce ricevute dal padrone della fabbrica di tappeti.

Sarà Eshan Ullah Khan, un giornalista e sindacalista (in passato torturato e imprigionato per il suo impegno civile), ad aiutare Iqbal, liberarlo dalla schiavitù e permettergli finalmente di andare a scuola. Iqbal vuole studiare per diventare da grande un avvocato, per lottare per i diritti dei bambini.

Così Iqbal diventa il simbolo della lotta allo sfruttamento minorile, viene invitato a conferenze e convegni in tutto il mondo per raccontare la sua drammatica esperienza e sensibilizzare la comunità internazionale sulla piaga del lavoro (o meglio schiavitù) minorile. Per il suo impegno vince anche un premio di 15.000 dollari, ma lui deciderà di donare l’intero importo per finanziare una scuola nel suo Pakistan, per cercare di aiutare altri bambini come lui. Perché solo se i bambini studiano diventano consapevoli dei loro diritti, e solo se sono consapevoli dei loro diritti, riusciranno a liberarsi dalla schiavitù.

L’attivismo di Iqbal mette sotto i riflettori la drammatica situazione pakistana, per cui migliaia di bambini schiavi saranno liberati e, in seguito alle pressioni internazionali, il governo pakistano finalmente decide di chiudere molte fabbriche di tappeti che utilizzano bambini come manodopera.

Ma tutto questo ovviamente dà molto fastidio a chi invece sui bambini lucra senza vergogna.

E così il 16 aprile del 1995, Iqbal, un bambino di 12 anni che aveva osato ribellarsi allo sfruttamento, viene ucciso con diversi colpi di fucile mentre va in bicicletta.

Non possiamo dimenticare che nel mondo ci sono ancora oggi 150 milioni di bambini (dati UNICEF) costretti come Iqbal a lavorare in condizioni pessime, sfruttati e maltrattati, senza diritti e senza tutele.

Ma come disse Iqbal: “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.»

Per raccontare la storia di Iqbal ai ragazzi: Francesco D’Adamo, Iqbal, Edizioni EL, 2001.
Come scrive l’autore nell’introduzione: non è una storia triste, è la storia di come si può conquistare la libertà).

 

 

Francesco D'Adamo

Francesco D’Adamo

1949, Milano

 

Francesco D’Adamo è nato a Milano, dove vive e lavora. Scrittore, giornalista e insegnante, è stato tra i primi, agli inizi degli anni ’90, a percorrere la strada del noir all’italiana. Nel 1999 ha esordito nella narrativa per ragazzi col romanzo Lupo Omega (Edizioni EL), finalista ai premi «Cassa di Risparmio di Cento», «Città di Penne» e «Castello» di Sanguinetto. Il suo romanzo Storia di Iqbal, «Premio Cento 2002», tradotto e pubblicato negli Stati Uniti, nel 2004 è stato segnalato dall’American Library Association come libro «raccomandato e degno di nota», e ha avuto il «Premio Christopher Awards (USA)». Nel 2019 esce il libro Jhonny il seminatore, un libro contro tutte le guerre (Rizzoli).
Durante i sopralluoghi nell’abitazione di Novellara della giovane pakistana Saman nel corso delle indagini per il suo omicidio commesso dalla famiglia per essersi rifiutata di accettare un matrimonio combinato, si è scoperto che stava leggendo il suo libro Dalla parte sbagliata. La speranza dopo Iqbal (Giunti 2015).

 

 

Dalla parte sbagliata. La speranza dopo Iqbal - Francesco D'Adamo - copertina

Dalla parte sbagliata. La speranza dopo Iqbal

 

Finalista Premio Strega ragazze e ragazzi. Categoria 11+

Il 16 aprile 1995 veniva assassinato, in circostanze mai chiarite, il tredicenne Iqbal Masih operaio sindacalista pakistano che aveva portato alla ribalta del mondo la tragedia dello sfruttamento minorile in atto nel suo paese. La sua lotta aveva sensibilizzato l’opinione pubblica sui diritti negati dei bambini lavoratori pakistani. A seguito della sua morte, le autorità pakistane cominciarono a prendere provvedimenti, avviando un lento processo che è ancora da compiere appieno. La tragica ed eroica vicenda di Iqbal è stata raccontata in questo romanzo da Francesco D’Adamo, nel quale l’autore ha affiancato al protagonista realmente esistito alcune figure di fantasia, tra cui Fatima e Maria, piccole schiave che lo seguono nella ribellione e nella lotta. D’Adamo ci porta a seguire, a dieci anni dalla morte di Iqbal, le vite di Fatima e Maria, ormai ventenni. Una, Fatima, emigrata in Italia, lavora come domestica e vive sradicata in una terra che non l’accoglie, l’altra, Maria, rimasta in Pakistan, continua la lotta per i diritti, scontrandosi oltre che con lo sfruttamento economico, con il fondamentalismo che si oppone ai cambiamenti della società. Entrambe si troveranno ad affrontare in un viaggio parallelo nello sfruttamento, l’ingiustizia, nello schiavismo, trovandosi a constatare quanto la guerra contro i diseredati e gli sfruttati abbia allargato i propri confini. Età di lettura: da 10 anni.

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