” Woke ” ? —video, 12.21 —DIEGO FABBRI, Limes – 22 ottobre 2021 : Francia versus woke + ENRICO FRANCESCHINI, Gran Bretagna, “Woke”: la nuova parola d’ordine dei progressisti, REPUBBLICA, 22 GENNAIO 2021 +Wikipedia + altro

 

 

 

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anche la nostra premier ha detto a Trump di essere contro la cultura ” woke “. — Cosa è ?  Proviamo a capire qualcosa

 

 

 

 

 

 

DIZIONARIO INGLESE ITALIANO:

 

Immagine

 

 

WOKE = SVEGLIATO, RISVEGLIATO, anche
” stare allerta “, contro  ingiustizie della sociertà specie il razzismo.
” ben informato ” 

– ” al corrente  delle ultime nuove “

” Abbiamo bisogno di essere arrabbiati, e di stare svegli “

 

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REPUBBLICA.IT — 22 GENNAIO 2021

https://www.repubblica.it/esteri/2021/01/22/
news/woke_la_nuova_parola_d_ordine_
dei_progressisti_ecco_cosa_vuol_dire-
283739495/

 

 

Gran Bretagna, “Woke”: la nuova parola d’ordine dei progressisti: ecco cosa vuol dire

di Enrico Franceschini

 

Joe Biden (afp)

L’arrivo alla Casa Bianca sdogana anche quello che prima sembrava un insulto. Dice il premier britannico Boris Johnson voglioso di ponti con la nuova amministrazione Usa: “Non c’è niente di male a essere woke”. Un parola che allude al risveglio. Politicamente: diritti e barra al centro

 

LONDRA 

“Non c’è niente di male a essere woke”, dice Boris Johnson in un’intervista alla Bbc. “Joe Biden è un buon modello di woke per tutti noi”, afferma Lisa Nandy, ministro degli Esteri del governo ombra laburista. Mentre Priti Patel, ministra degli Interni britannica, recentemente si scagliava contro i capi di Scotland Yard a suo dire “troppo woke”: ma forse perché era rimasta indietro su come è cambiata la linea di Downing Street verso il nuovo presidente americano.

Parafrasando il Manzoni ci si potrebbe chiedere: woke, chi era costui? O meglio, cos’è? Da quanto se ne parla in questi giorni, è lecito pensare che sia un nuovo termine del gergo politico anglosassone. In realtà tanto nuovo non è: il suo primo uso risale agli Stati Uniti degli anni 40.

Ma a farlo tornare di moda è stato nel 2020 Black Lives Matter, il movimento per i diritti civili degli afroamericani. E a portarlo di attualità in questi giorni ha contribuito l’ingresso alla Casa Bianca di Biden, accompagnato dalla prima vicepresidente nera (oltre che prima donna a ricoprire l’incarico) della storia Usa.

Dal punto di vista grammaticale, woke è semplicemente il passato del verbo “to wake”: svegliare. Politicamente, evoca l’idea di un risveglio di stampo progressista: la “consapevolezza di problemi sociali e politici come il razzismo e la diseguaglianza”, secondo un dizionario dello slang di Washington. Il fatto che venga citato così frequentemente in coincidenza con l’avvio dell’amministrazione Biden lo fa considerare, dopo quattro anni di Trump e trumpismo, una sorta di nuova parola d’ordine della sinistra, americana e britannica, forse pure occidentale in senso più ampio.

Molti commentatori sulle due sponde dell’Atlantico sostengono che Biden influenzerà le forze progressiste in Europa, a cominciare dal Labour a Londra: lotta al crescente gap ricchi-poveri, impegno contro il cambiamento climatico, condanna senza mezzi termini del razzismo, difesa dei diritti delle donne e delle minoranze, tenendo tuttavia la barra al centro, senza un radicalismo alla Bernie Sanders o alla Jeremy Corbyn.

In questo senso, woke potrebbe diventare il suo slogan, la parolina con cui riassumere tutto quello per cui si batte e che rappresenta, equivalente lessicale dei cambiamenti fisici nell’Oval Office della Casa Bianca: dove è sparito il busto di Churchill che ci aveva messo Trump, mentre sono apparsi quelli di Robert Kennedy e di Martin Luther King.

 

A proposito: quando Barack Obama sostituì un precedente busto di Churchill, donato da Tony Blair a George W. Bush, l’allora sindaco di Londra Boris Johnson lo denunciò come “un insulto al Regno Unito” e colse l’occasione per definire Obama “un mezzo kenyota”, stavolta invece il suo portavoce si è limitato a dire che il presidente degli Stati Uniti ha diritto di mettere quello che vuole nel suo ufficio, la conferma che vuole fare dimenticare la sua amicizia con Trump e ricucire i rapporti con Biden.

Morale: c’è stato un tempo in cui la sinistra italiana si diceva “blairiana”, poi chi si diceva anche da noi orgogliosamente “corbyniano”. Il primo termine è tramontato dopo la guerra in Iraq, il secondo dopo la peggiore sconfitta laburista alle urne in 85 anni. Vedremo se ora anche per i progressisti della nostra penisola è venuto il momento di proclamarsi woke.

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WIKIPEDIA :

 

Woke, letteralmente “sveglio”, è un aggettivo americano con il quale ci si riferisce allo “stare all’erta”, “stare svegli” nei confronti delle ingiustizie sociali o razziali.

Il sostantivo wokeness significa “non abbassare la guardia”, sempre in riferimento alle emergenze sociali come razzismo o discriminazioni sessuali.

 

Originariamente il termine era un sinonimo dell’inglese awake (“sveglio”) proveniente dallo slang afroamericano. A partire dallo sviluppo del movimento per i diritti civili degli anni ’60 del XX secolo, woke ha assunto un’accezione politica ed è strettamente collegato al mondo dei social justice warrior ( ” guerrieri della giustizia sociale “).

Secondo il Dizionario Zanichelli online il recente revival del termine si deve alla canzone Master Teacher (2008) della cantautrice americana Erykah Badu il cui testo recita: I stay woke’e. Il termine è quindi stato utilizzato dai movimenti Black Lives Matter e #MeToo, soprattutto a partire dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Infatti le occorrenze del termine su Google hanno raggiunto il picco nell’estate del 2017.

Dal punto di vista del suo significato, il termine ha lentamente eroso il suo significato originario e oggi è utilizzato anche in senso dispregiativo o sarcastico, in particolare in riferimento ai tentativi mediatici di realizzare prodotti in linea con l’ideologia woke che di norma vengono puniti da uno scarso consenso di pubblico (da cui la frase get woke, go broke, letteralmente fai lo sveglio, prendi una sveglia, riferito ai flop di film, serie TV, fumetti o videogiochi ai quali è stata impressa una forte matrice woke, tanto più notata dai fan quando riguarda remake di opere del passato considerate “da aggiornare” secondo gli “standard” dettati dal politicamente corretto).

 

Dal 2020 in seguito a un discorso del senatore Tom Cotton l’ideologia woke è stata associata alla cancel culture come suo motore ideologico.

Il senso del termine è così polarizzato: i liberal lo impiegano con accezione positiva, mentre gli altri ambienti utilizzano il termine con accezione che va dal sarcasmo all’accostamento negativo con il politicamente corretto e la Cancel culture.

 

 

a chi fosse interessato:

da :

https://www.treccani.it/vocabolario/cancel-culture_(Neologismi)/

 

cancel culture

loc. s.le f. Atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualche cosa di offensivo o politicamente scorretto e ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento. ♦ Attento a quel che dici, perché appena mi deludi ti cancello. Ti blocco, ti defalco, ti depenno, o – che l’Accademia della Crusca ci perdoni tutti – ti unfriendo. È la minaccia fantasma che oggi assilla le celebrità con maggior seguito sui social media, da Kanye West a Gordon Ramsey. Come in Se mi lasci ti cancello, il film di Michel Gondry in cui Kate Winslet fa rimuovere dalla sua mente Jim Carrey per non soffrire d’amore, quelli che una volta erano i supporter spesso acritici dei divi più in voga, oggi usano il potere dei social media per eclissare le star più prone alla gaffe, dando il via a quella che è stata chiamata la cancel culture, la cultura della cancellazione. (Giuliano Aluffi, Repubblica, 18 agosto 2018, p. 44, RCLUB) • La woke culture è legata alla call-out culture – quel denunciare e giudicare di cui parla Obama – e anche alla cancel culture, il boicottaggio dei personaggi pubblici che commettono errori. (Viviana Mazza, Corriere della sera, 1° novembre 2019, p. 13, Esteri) • Donald Trump si scaglia contro coloro che “vogliono distruggere la nostra storia” e “dividere il paese”, ovvero i democratici e coloro che praticano la ‘cancel culture’, la forma di boicottaggio culturale con cui si ritira il sostegno a prodotti e celebrità considerate negative. Il riferimento è ai manifestanti che, nelle ultime settimane, hanno chiesto la rimozione delle statue e dei simboli confederati. (Ansa.it, 4 luglio 2020, Mondo) • La cosa più ridicola della cancel culture, o chiamatela come diavolo vi pare, è la sua pretesa originalità. È dalla storia dei tempi che delle avanguardie, che si autodefiniscono tali, pretendono di avere la verità in tasca. C’e chi lo fa manifestando la violenza delle proprie intenzioni, e chi finge dietro ad un sorriso di volerti convincere e accettare solo a patto che tu condivida il suo punto di vista. La seconda razza è la peggiore. Perchè più insidiosa. I padri fondatori americani conoscevano il subdolo rischio, che guarda caso, nasce sempre sulle coste del continente nuovo e si tutelarono con il primo emendamento e la difesa ad oltranza del free speech. Che non vuol dire soltando libertà di parola, ma innanzitutto libertà di pensiero e di sua espressione. Sono libero di affermare che la famiglia tradizionale sia quella naturale, sono libero di affermare anche l’esatto contrario. (Nicola Porro, Giornale.it, 19 luglio 2020, Cultura) • La cancel culture è come “la folla che nel medioevo era in cerca di gente da bruciare”, ha detto Rowan Atkinson, “Mr. Bean”, il “buffone” di maggior successo della televisione. Teme la “spaventosa” pratica di mettere a tacere le opinioni impopolari, che paragona a chi sradicava eretici sul rogo. “E’ importante essere esposti a un ampio spettro di opinioni”, ha detto Atkinson a Radio Times. “Ma quello che abbiamo ora è l’equivalente digitale della folla medievale che si aggirava per le strade in cerca di qualcuno da bruciare”. (Foglio.it, 6 gennaio 2021, Editoriali).

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e buttar giù i monumenti…

 

 

 

Scenari. Così con la “cancel culture” anche i monumenti cambiano significato.

I “places studies” offrono una prospettiva che vede i monumenti prendere nuovi significati, si pensi a edifici fascisti come poste o stazioni

 

 

di Irene Baldriga lunedì 3 marzo 2025

 

 

Il murale di Mario Sironi nell'aula magna del rettorato della Sapienza a Roma

Il murale di Mario Sironi nell’aula magna del rettorato della Sapienza a Roma – Credit: Lautaro / Alamy Stock Photo

 

 

AVVENIRE, 3 MARZO 2025

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