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Van Gogh Giapponeseria: Oiran
Vincent van Gogh, Japonaiserie: Oiran (Parigi, settembre-ottobre 1887); olio su tela, 105,5×60,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. F 373, JH 1298.
Realizzata nel 1887, questa tela rappresenta un’affascinante cortigiana (oiran), uno dei soggetti più popolari nell’ukiyo-e, lo stile di stampa giapponese che Van Gogh ammirava profondamente.
Il numero del Paris Illustré del
4 maggio 1886
E’ stato accostato questo quadro di Keisai Eisen ( a sin. ) al quadro di Van Gogh
da : https://artspecialday.mifacciodicultura.tv/2025/02/01/keisai-eisen-geisha/
COMMENTO DA WIKIPEDIA ( sul quadro )
Vincent van Gogh nutrì nella sua vita un amore accanito per l’arte giapponese, che proprio verso la fine dell’Ottocento iniziò ad affluire massicciamente in Europa grazie all’apertura dei porti nipponici all’Occidente. L’infatuazione del pittore per gli ukiyo-e (letteralmente, «immagini del mondo fluttuante») era talmente viscerale da spingerlo a diventare un assiduo frequentatore della galleria di Siegfried Bing, un mercante d’arte franco-tedesco che conosceva assai approfonditamente l’arte e la cultura dell’Estremo Oriente e ne vendeva a Parigi i manufatti pittorici. Di seguito riportiamo lo stralcio di una lettera che Vincent inviò al fratello Théo il 24 settembre 1888:
«Quello che invidio ai giapponesi è l’estrema limpidezza che ogni elemento ha nelle loro opere […]. Le loro opere sono semplici come un respiro, i giapponesi riescono a creare figure con pochi tratti, ma sicuri, con la stessa facilità con la quale noi ci abbottoniamo il gilé. Ah, devo riuscire anche io a creare delle figure con pochi tratti!» |
(Vincent van Gogh) |
Molto spesso, poi, van Gogh si divertì a riproporre i capolavori dei grandi maestri nipponici in japonaiserie che, tuttavia, lasciavano trasparire anche la sua individuale sensibilità. Fu a partire da queste premesse che, nel settembre-ottobre 1887, il pittore licenziò questo olio su tela, denominato Giapponeseria: Oiran. Quest’opera, dalle dimensioni certamente notevoli, raffigura una figura femminile giapponese in kimono, particolare desunto da un’opera di Kesai Eisen che Vincent recepì consultando un numero della rivista Paris Illustré.
Ebbene, la cortigiana si profila su un monumentale campo cromatico che, senza essere inquinato dagli sfumati chiaroscurali, ora può brillare di un giallo luminosissimo. Si noti, poi, come grazie all’avallo degli ukiyo-e van Gogh sia ritornato ad utilizzare i bianchi e i neri, colori ben evidenti nello splendido abito della donna. Sullo sfondo, infine, van Gogh intreccia un vero e proprio divertissement pittorico dall’impattante decoratività. In basso una rana «sorregge», per così dire, il rettangolo aureo nel quale è inscritta la cortigiana, mentre sopra il volto di quest’ultimo galleggia placidamente una piccola imbarcazione.[2] A sinistra, infine, troviamo due gru che assaporano la frescura di quel giardino acquatico, starnazzando all’ombra di un canneto: si tratta, questo, di un dettaglio che qualificherebbe la donna effigiata come una oiran (grue, nella lingua francese, è anche un soprannome ironico per le prostitute: il meretricio, infatti, era uno dei molteplici compiti espletati dalle oiran.
ALCUNI QUADRI DI
KESAI EISEN (EDO- 1790/1848)
Keisai Eisen era un artista giapponese ukiyo-e specializzato in bijin-ga ( ” dipinti di belle donne ” ). Le sue opere migliori, tra cui il suo ōkubi-e ( ” il male “), sono considerati i capolavori della “decadente” era di Bunsei ( ” periodo copre gli anni dall’aprile 1818 al dicembre 1830).
1928-1930
segue da
di Federico Giannini (Instagram: @federicogiannini1), scritto il 22/03/2016
FINESTRE SULL’ARTE
https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/il-giappone-secondo-vincent-van-gogh
Negli ultimi mesi del 2012, alla Pinacothèque de Paris, si apriva una mostra dall’eloquente titolo Van Gogh, rêves de Japon, ovvero: “Van Gogh, sogni di Giappone”. L’esposizione intendeva documentare l’influenza che l’arte giapponese aveva esercitato sulla produzione di Vincent van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890): un’influenza profonda, che l’artista recepì con un entusiasmo e con una passione che traspaiono anche da diverse lettere che van Gogh scambiò con i suoi cari e con i suoi amici. La prima menzione di tale nuovo interesse risale a una lettera datata 28 novembre 1885. Van Gogh aveva da poco tempo lasciato Neunen, cittadina di campagna nel Brabante settentrionale, e si era trasferito ad Anversa, città dotata di uno dei porti più trafficati d’Europa, nel quale ogni giorno arrivavano carichi di merce da ogni angolo del globo. Dobbiamo immaginarci un van Gogh a passeggio per le strade della città belga, che s’imbatte in una delle tante stampe giapponesi che avevano preso ad arrivare in continuazione anche al porto di Anversa per poi essere vendute nei negozi della città. Questo sulla scia d’una moda partita in Francia una ventina d’anni prima, ma anche grazie all’impulso dell’Esposizione Universale del 1885, che si era tenuta proprio ad Anversa, e che aveva contribuito a far conoscere anche in Belgio l’arte nipponica. Nella lettera di cui sopra, Vincent scriveva all’amato fratello Theo di aver appeso una piccola serie di stampe giapponesi sulle pareti del […]
Non avrei mai pensato di accostare Vincent van Gogh alla pittura giapponese!