LETTERA APERTA A VLADIMIR PUTIN  di Predrag Matvejevic — + link Doppiozero.com sullo stesso autore

 

 

 

IL  MANIFESTO13/03/2007- ARCHIVIO STORICO

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LETTERA APERTA A VLADIMIR PUTIN  

 

 

Predrag Matvejevic

 

 

Signor Presidente,
ho scritto gran parte di questa lettera dopo la tragica morte di Anna Stepanovna Politkovskaja, assassinata a colpi di pistola, nell’ascensore della sua abitazione a Mosca in via Lesnaja, nell’ottobre dello scorso anno.
Gliela spedisco durante la sua visita a Roma, dove io vivo e lavoro da oltre dieci anni «fra asilo ed esilio». Ho cominciato a scrivere queste righe e le ho completate prima e dopo molti altri omicidi avvenuti in Russia: quello di Pavel Hlebnikov che si opponeva al «capitalismo dei gangster» e di Viktor Cherpakov, che nella lontana Vladivostok aveva deciso di operare come «difensore dei poveri della Russia»; dopo la morte violenta di donne coraggiose e decise quali furono la deputata del partito Russia Democratica Galina Starovoitova, del difensore delle minoranze Nadezda Ciajkova, della giovane giornalista venticinquenne Nina Jefimova, corrispondente del settimanale liberale Obsciaja gazeta uccisa alla periferia di Grozni.

Sono stati più di quindici le persone assassinate come quelle sopra citate, fra cui tre collaboratori del Novaja gazeta, il giornale per il quale lavorava Anna Stepanovna.

Avevano tutti la stessa «colpa»: nei loro scritti criticavano il regime del quale siete alla testa. A coloro che di questo regime hanno scritto e scrivono bene, non è successo nulla di male, per lo meno non sono stati assassinati. La cosa induce a fare dei raffronti, a tirare conclusioni.

Ma questo non è l’unico motivo per cui Le scrivo. Mi sembra indegno – vorrei aggiungere – il sostegno dato ad alleati politici quali sono lo stalinista Aleksandar Lukashenko o il tiranno Ramzan Kadyrov; riproverevole prendersi gioco della sovranità di paesi confinanti, in particolare dell’Ucraina; ed è sospetta l’ambizione di restituire alla Russia lo status di «grande potenza» con tutto ciò che tale termine sottintende.

Dopo tutte le disgrazie abbattutesi sulla Russia all’epoca dell’Unione Sovietica mi sbalordì la dichiarazione da Lei fatta al Parlamento federale nell’aprile del 2005: disse che «lo sfacelo dell’Urss» era stata «la più grande catastrofe geopolitica del Ventesimo secolo».

Una catastrofe che, Lei sosteneva, aveva portato alla «distruzione dei vecchi ideali, allo scioglimento e alla distruzione improvvisa di molte istituzioni», uno sfacelo nel quale «gruppi di oligarchi hanno conquistato un potere illimitato (…), mentre la miseria di massa è stata accettata come regola e si è giunti alla paralisi della sfera sociale».

Quali sono questi «vecchi ideali» distrutti, se non quelli che lo stalinismo aveva già distrutto nel peggiore dei modi? Tanti di noi hanno condiviso questi ideali…
Quali sono le «istituzioni sciolte» che avrebbero dovuto essere conservate? Erano già logore…
Chi ha permesso ai «gruppi di oligarchi» di prendere spudoratamente il potere nell’economia, permettendo che la «miseria di massa» diventasse ancora più profonda di quanto lo era stata prima?

Coloro i quali cercano di dare una risposta a queste domande oggi in Russia finiscono per avere un tragico destino. Coloro che, invece, hanno prodotto questa situazione o l’hanno favorita se la sono passata meglio, senza correre pericoli.

Chi conosce la Russia e la sua storia, chi ha conosciuto l’Unione Sovietica e la sua realtà non si aspettava certamente che la transizione sarebbe stata rapida e facile, che le trasformazioni sarebbero avvenute senza difficoltà e senza ostacoli. E tuttavia non potevano credere che, dopo tutto, la popolazione della Russia sarebbe piombata in una miseria ancora più nera di quella conosciuta al tempo dell’Unione Sovietica, che la Russia sarebbe arretrata tecnologicamente rispetto ad altre potenze industriali, che la privatizzazione in Russia avrebbe assunto l’aspetto di un saccheggio generalizzato dei beni pubblici e che le disuguaglianze sociali si sarebbero approfondite in proporzioni inammissibili, abissali, che in un paese così immenso e così ricco di risorse naturali, qual è la Russia, la durata media della vita umana sarebbe scesa al di sotto del livello medio di tutti gli altri paesi dell’Europa.

Ci saremmo attesi un graduale affermarsi della democrazia ma non la continuazione della dittatura, che fu dei tempi passati, non soltanto dei tempi sovietici.

La delibera in base alla quale i presidenti e governatori delle repubbliche della Federazione russa non vengono più scelti dai cittadini mediante elezioni, ma vengono nominati dall’alto, con decreti personali del presidente della Federazione, suscita ribrezzo o, come minimo, risatine di scherno.

Molti di noi hanno l’impressione che anche un oligarca della grande finanza qual è Hodorkovski non sia stato rovesciato dal piedistallo e confinato in Siberia per aver accumulato illecitamente troppo denaro – e certamente non è l’unico – ma per aver finanziato e sostenuto i partiti di opposizione qual è «Jabloko», il quale critica i detentori del potere come lo criticavano i giornalisti che sono stati ammazzati.

Non so se i suoi consiglieri l’hanno sufficientemente informata del fatto che nel mondo c’è gente che ama la Russia, ma non chiude gli occhi di fronte a ciò che vi accade, riflette sulla situazione e ne scrive. Non ci è sfuggita la ferocia della repressione in Cecenia, giustificata come risposta al terrorismo islamico, che nel Caucaso è più spesso una conseguenza piuttosto che una causa.

Abbiamo visto come è stato sventato il tentativo dell’Ucraina di attuare delle riforme, e in quale modo sono stati messi a tacere Juschenko e la Timoscenko.

Ho avuto l’occasione di incontrare Gorbaciov in Italia e in Spagna, al World political forum del quale lui è presidente ed io uno dei soci: mi sono accorto che il promotore della glasnost Vi teme ed ha perciò deciso di rinunciare a qualsiasi critica relativa alla situazione attuale, critica che invece la perestrojka permise di lanciare in altre direzioni.

L’autoritarismo non ha portato fortuna alla Russia, Le politiche da grande potenza l’hanno distrutta. Il potere esercitato che tuttora esercita su altri paesi e popoli l’hanno coperta di vergogna. Sono convinto che Lei e i suoi collaboratori sa bene queste cose. Sa quanto sia stata e continua ad essere dura la vita dell’uomo russo, ieri come oggi. Sa quanto sia grande e giustificato il suo desiderio di liberarsi dalla miseria e di conquistare la dignità di uomo libero.

Le scrivo queste righe anche a nome di molti uomini e donne sparsi nel mondo che conoscono bene i grandi sacrifici fatti dalla Russia nella seconda guerra mondiale, contribuendo alla conquista della libertà ed al bene dell’umanità. Conosco molti intellettuali in tutto il mondo che apprezzano la cultura, l’arte e soprattutto la grande letteratura russa; oggi esse sono più un ricordo che una presenza reale.

Rifletta su quanto bisognerebbe fare affinché il domani russo sia diverso, migliore di oggi e di ieri. Mi permetta perciò di concludere con alcuni giudizi della rimpianta Anna Politkovskaja: «Breznev è stato pessimo. Andropov sanguinario sotto una patina di democrazia. Cernenco un idiota. Gorbaciev non piaceva. El’tzin ogni tanto ci costringeva a farci il segno della croce per timore delle conseguenze delle sue decisioni... I movimenti politici nati recentemente da un decreto di Cremlino sono in gran voga in casa nostra, affinché l’Occidente non sospetti che il nostro sia un sistema monopartitico, autoritario e non-pluralistico».

Prima del suo allontanamento dal potere, scrissi al presidente Gorbaciov alcune delle righe che seguono per dirgli come vedevo le alternative del paese da lui guidato. Da lungo tempo ormai ci chiediamo: come sarà la Russia di domani? Tradizionale e conservatrice come un tempo, oppure moderna e liberale? «Santa» o secolare? Ortodossa o scismatica? Sarà più «bianca» che rossa o più «rossa» che bianca? Slavofila o occidentalista? Asiatica oppure europea? Più collettivista che «populista»? Mistica e messianica a modo suo, oppure laica e secolarizzata? Sarà una Russia che «non si può comprendere con l’intelletto» e nella quale «si può soltanto credere» come asseriva il poeta Tjutcev nell’Ottocento, o la Russia dura e «culona» (tolstozadaja) come la esaltava Aleksandar Blok? Una Russia «con Cristo» o «senza la croce»? Una vera democrazia o una semplice «democratura»? Sarà soltanto russa (russkaja) oppure «di tutte le Russie» (rossiskaja)?

Quale che debba essere, dovrà comunque tener conto sia di quanto resta dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, sia di ciò che in essa ha forse perduto per sempre.
Con i migliori auguri,

Predrag Matvejevic

 

 

 

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TITOLO :

Mostar, 7 ottobre 1932 – Zagabria, 2 febbraio 2017 / Predrag Matvejević. Un battitore libero attraversato dalle frontiere

6 Febbraio 2017

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1 risposta a LETTERA APERTA A VLADIMIR PUTIN  di Predrag Matvejevic — + link Doppiozero.com sullo stesso autore

  1. Chiara Salvini scrive:

    chiara, vorrei mettere ben in chiaro che — coscientemente – non sono a favore di Putin né dell’America, anche se anch’io come tanti altri, ho fatto parte dei giovani che guardavano alla Russia, anche a quella di Stalin, come a un modello. Poi per anni mi sono occupata quasi esclusivamente di curare la mia malattia mentale. Ho passato dieci anni in Brasile, lontana dalla famiglia, per consiglio medico, ma sono tornata che stavo peggio di quando ero partita per cui di nuovo il mio interesse era diciamo ” centralizzato “. Riguardo a Putin cerco di ” districarmi ” tra voci opposte che pensano alla Russia come ad un paese che non invaderà mai un altro paese se non provocata dalla Nato e dall’Occidente, oppure se mire espansionistiche fanno parte del disegno dell’oligarchia e del suo Presidente che è al Governo da un sacco di anni ( mi pare da 25 anni, ma posso sbagliare )

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