LIMESONLINE 20 GIUGNO 2025 – aagioranato alle 18.32
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Il mondo questa settimana: Usa e guerra in Medio Oriente, Ucraina, Cina-Africa, Australia e Aukus e Trump vs Newsom
Il riassunto geopolitico degli ultimi 7 giorni.
1.
IRAN, IL DILEMMA AMERICANO
di Fabrizio Maronta
Il Medio Oriente non delude, confermandosi la parte di mondo in grado più di ogni altra di generare crisi destinate a travalicare l’ambito regionale. Specie se vedono coinvolte Israele, probabilmente l’unico paese per il quale gli Stati Uniti del peace maker ( ” PACIFICATORE ” ) Donald Trump siano disposti a fare una guerra.
Leggendo l’amministrazione Trump forse meglio di chiunque altro, Netanyahu ha messo la Casa Bianca di fronte al fatto compiuto. Questo sta spaccando la base Maga (Make America great again), ma anche i repubblicani più moderati, molti dei quali sono convinti che sia Israele a dover “finire quello che ha iniziato”. Un lavoro sporco che torna utile anche all’America, ma da cui questa deve restare alla larga secondo i fautori dell’astensione.
La ragione riporta al precedente mediorientale più diretto e disastroso di una guerra pensata come “lampo” e trasformatasi in palude: l’Iraq. Rispetto al quale, l’Iran è tre volte più grande (1,6 milioni di km2, contro i 440 mila km2 circa dell’Iraq), il doppio più popoloso (90 milioni di abitanti, contro 45 milioni) e meglio armato.
Con ogni probabilità, un’Israele galvanizzato dal successo d’intelligence che ha reso possibile l’attacco del 13 giugno sottovaluta infatti gravemente l’entità dell’arsenale (convenzionale e chimico) iraniano. Il grosso di questo resta stipato in siti sotterranei sparsi in tutto il paese, sovente più profondi e fortificati (perché più recenti) del noto sito nucleare di Fordow, che da anni toglie il sonno agli israeliani.
Se l’efficacia degli ordigni bunker buster ( = è un tipo di munizione progettata per penetrare bersagli temprati o sepolti in profondità nel sottosuolo, come i bunker militari, Wikipedia ) – appannaggio esclusivo dell’America, al pari dei bombardieri B2 in grado di sganciarli – su Fordow e sui recessi più profondi del sito di Natanz è tutt’altro che certa, lo è ancor meno rispetto agli altri bunker disseminati sul territorio iraniano, diversi dei quali potrebbero essere sconosciuti a Washington e Gerusalemme.
L’Iran si prepara da decenni a un conflitto con Israele e con l’America. La sua risposta è stata fin qui contenuta: ad esempio, ha risparmiato i siti nucleari israeliani. Pesa certamente la grave debacle iniziale, che ha seriamente intaccato la linea di comando; ma anche la – peraltro asserita – volontà di non dare la diplomazia per morta.
Tutto questo spiega le due settimane di tempo che Trump si è preso per decidere se e come entrare in questa guerra. Giorni necessari a completare uno spiegamento di forze imponente. Ma anche, se non soprattutto, a valutare bene un passo che potrebbe costare molto caro all’America, alla sua amministrazione e all’alleato israeliano.
Per approfondire: Israele insegna come usare gli Usa
2.
PODCAST DI FABRIZIO MARONTA– 10 min.
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E’ paradossale che il mondo sia in mano a poche persone e nemmeno delle migliori.