GIACOMO LEOPARDI
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ODE ALLA SARDINARA .. DA CUOCERE
Noi lo sappiamo ben: la sardenaira
è di per sé cosa gentile e rara.
La farina di grano mescolata
con lievito di birra e lavorata,
un pizzico di sale ed acqua fresca,
dopo un po’ di manesca terapia,
ha bisogno di tepore ed alchimia.
La pasta, a suo tempo smaneggiata,
riposata, gonfiata ed appagata,
occorre nuovamente strapazzarla,
con la forchetta e coi bordi limitarla,
nella teglia che le fa da cuna,
con dell’oliva l’olio
come un cuscin di piuma.
Ci va poi sopra il pomodoro: a pezzi,
pelato, spalmato, crudo o cotto,
per fare con la pasta un gran bel botto,
per unire l’Italia al Nuovo Mondo,
ma in modo pacifico e rotondo.
Delle acciughe il machetto va mischiato,
per unir con la terra il mar salato.
Infine l’aglio vestito, i capperi, le olive
per ribadire con la” curnioera”
che il legame tra la terra e il mare,
da sempre saldo, ben stretto dura “ancoera”.
Si mette in forno già caldo e poi si aspetta
venti minuti all’incirca senza fretta,
che dal tepore sorga,
come dal mare Venere,
questa olimpica ricetta.
chiara:
POSSO TESTIMONIARE CHE LA POESIA E LA SARDINARA TUA SONO DEI CAPOLAVORI: DELLE VERE OPERA D’ARTE: UNICHE!
PERCHE’ MERAVIGLIOSA IN BOCCA E’ SEMPRE, MA TRA DI LORO CAMBIANO ANCHE DI PARECCHIO, AL PUNTO DA NON SEMBRARE DELLA STESSA PERSONA: C’E’ DENTRO TUTTO IL TUO -CONTRADDITTORIO- AMORE ALLA VITA! CIAO BELE’ ( da Franchino), CH.
Grazie! Chiedendo scusa al povero Leopardi che, se avesse mangiato la sardenaira, chissà…