[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2011/06/stellutisalpinis.mp3|titles=Stellutis Alpinis – A. Zardini, Dubrovnik 2007]
Ogni volta che parto per un Ultra Trail e davanti a me ci son da fare più di 100 Km, non mi domando chi me lo fa fare o perché lo faccio, semplicemente non mi domando niente, non mi aspetto niente di quello che normalmente la vita ci chiede cioè di dare un senso a tutto ciò che facciamo. E’ buio…in testa la pila che fa luce sulle scarpe……conto alla rovescia 5..4..3..2..1…viaaa…..da quel via si corre, si sale, si scende, si cammina, si suda dal caldo e si trema dal freddo, si vede l’alba e la maggior parte delle volte anche il tramonto ma la cosa più bella è che col passare dei chilometri, con l’aumentare della fatica e dei dolori prende tutto senso, un senso di vita vera fatta di passi che portano alla pace, alla tranquillità della propria anima, alla liberazione dalle proprie falsità…..qui non si può mentire a se stessi c’è da arrivare al traguardo!!!
Ci sono unghie nere, gambe dure e vesciche doloranti ma la pace, la tranquillità raggiunta dà una gioia immensa che fà capire come siamo stupidi seduti su una macchina o davanti ad un televisore o questo computer, perdendo tempo di una vita unica e meravigliosa che merita d’esser vissuta fra persone che ci vogliono bene, riempendoci di sorrisi veri, semplici, come un bicchiere d’acqua fresca.
altri pensieri
PER ORE VADO AVANTI
I PIEDI BRUCIANO SEMPRE PIU’
UN PASSO ALLA VOLTA
UN ALTRO
E’ PASSATO UN MINUTO
UN ALTRO MINUTO
PER UN ORA
DIECI ORE
VENTI ORE
QUANTI MINUTI SONO?
PER ORA VADO AVANTI
MI RIMETTO IN CAMMINO
BISOGNA CHE IO OSI IL SALTO ALLE ORIGINI
PER VIVERE DELLA VERITA’
DIVENTANDO TUTT’UNO CON ESSA
SE TRIONFERO’
IN QUESTA IMPRESA TEMERARIA
ALLORA IL MIO DESTINO SARA’ COMPIUTO
DOVE IL PERCORSO E’ LA META
PER RAGGIUNGERE IL NULLA CHE E’ IL TUTTO
CHE HO SEMPRE CERCATO.
Stepanìc
Stepanìc è un collaboratore solitario, un giovane “dal cuore urgente” (Jannacci), che ha promesso di raccontarci le sue esperienze mentali durante questa immane fatica (Chiara).
Oggi, 17 giugno, alle ore 15 parte per una gara, un po’ più lunga della precedente (come sempre), di 160 km e che dura tre giorni, giorno e notte! Tutta la nostra ammirazione laccompagna con stupore. Presto lo vedremo ad una gara appena iniziata negli USA: dei ragazzi, circa una cinquantina, che vanno da una costa all’altra partendo da Los Angeles correndo e che impiegano circa 80 giorni, come il famoso giro del mondo!
Credo di capire che il termine “fatica” per lei abbia un grande significato positivo, vorrei poter capire “un pochino in più” (immedesimarmi per quello che posso, sentire un’emozione comune). Mi permetto di dire che la sua mi pare una ricerca religiosa anche senza Dio.
Mi viene in mente un verso del mio poeta preferito (Lucrezio) che mi ha accompagnato tanti anni nella mia ricerca “religiosa”:
E’ religione, semmai, poter guardare
con la mente tranquilla l’immenso
della materia.
Ci sono tante altre cose che vorrei dirle, ma non so usare questo coso e ho paura che mi scappi il commento.
Sono sicura di star scrivendo nel posto sbagliato, mi pare che il mio sia “replica”, ma pazienza!, come diceva un mio compagno di scuola mentre il Professore leggeva: “nella parte centrale della Russia si trovano immense steppe…”.
Se non la annoio troppo, le riporto il brano intero che io trovo bellissimo, sì, dopo averlo riletto immense volte.
Eppure mostrarsi col capo velato
vicino a una statua, andare visitando gli altari
non è religione: non è religione cadere
distesi per terra; alzare verso i marmi
le palme aperte delle mani, sporcare
col sangue di forti animali le are
o intrecciare senza sosta voti su voti.
E’ religione, semmai, poter guardare
con la mente tranquilla l’immenso
della materia.
Tito Lucrezio Caro
De rerum natura, V, 1198-1203 (numero dei versi)
Versione dal latino di Enzio Cetrangolo
Ed. Sansoni, 1950
Adesso ho schiacciato “replica” e mi hanno dato lo stesso spazio! Non era sbagliato quello che facevo, bene. A poco a poco imparrerò. Di nuovo ho salvato nel modo che so fare cioè schiacciando “commento all’articolo” (c’è senz’altro un altro modo più sano), ma volevo dirle in che periodo vive questo poeta: più o meno cent’anni prima di Cristo, dovrebbe essere morto nel 70 a.C….insomma era un giovane con futuro se, almeno per me, è così attuale duemila anni dopo. Scusi la chiacchierata forse noiosa…dimenticavo: con Lucrezio volevo dire che forse lei cerca di accettare (o vincere?) la morte e, quindi, la vita, quella vera che si respira nelle sue montagne “dove tutto è vero e pulito”, senza recite e ruoli…tipo…ho visto che lei, che ha il taxi, si alza sempre per aprire la porta al cliente e così quando scende quasi questi fosse un inabile, è educazione, lo so, mentre forse vorrebbe mandarlo… diciamo aggraziato, “a quel paese”! Sa, lei certamente non è pazzo, ma con questi noi infelici ha in comune l’odio per questa società, alla quale si adatta (perché la sua parte sana è forte, “si adatta passivamente”, voglio dire, non è lì che vuole diventare “protagonista”) perché anche lei mangia e beve, ma nella testa ha sempre l’idea di poter scappare. Il matto non sa dove scappare. Grazie di avermi ascoltato, Ch
Bella l’ efficace e ‘divertente’ affermazione che Lucrezio ” era un giovane con futuro “.
Ammiro dall’ ubago ( come forse direbbe un grande ligure ) la vita, e le motivazioni che la muovono, degli avventurosi. Purtroppo, forse per eccesso di timorosa concretezza, mi giustifico con l’ affermazione dello scrittore francese Char : ” Non ho ancora finito di scoprire la siepe che ho davanti a casa “.
caro Nemo, un grande grazie per l’estrema buona volontà di collaborare a dare fiato a questa iniziativa, fiato e coraggio di proseguire come nessun altro ha fatto, si vede che sei felice di contribuire a far crescere la vita negli altri come un vero maestro elementare; in un’altra replica mi pare di averti già donato una coppa luccicante di stelline d’argento, così oggi ti manderò solo un abbraccio. In quanto alla frase di Char, così perfetta, mi pare di avertelo già detto un’altra volta nella mia maniera confusa…quando si era parlato di “tribale”, mi scuso di non spiegarmi agli altri, tu saprai cosa vuol dire “tribale”, l’unica cosa che capisco è che è l’opposto di internazionale, globalizzato…ma sarà così? Secondo me c’è la stessa avventura a girare il mondo, si fa per dire, o, meglio, a “buttarsi a corpo morto nella vita”, come è stato il mio caso, che cercare di scoprire la siepe di fronte a casa mia. Se non fosse così, un genio come Morandi…sarebbe un pantofolaio pigro e, quando ne sapremo il significato, magari un tribale? Lui, a mio modestissimo parere, parlo quasi non parlassi, per estremo rispetto, aveva “necessita” di andare alle radici dell’essere con le sue bottiglie sempre ripetute, quasi questo “vero essere” fosse irrangiubile per l’uomo. E lui non potesse rassegnarsi a questa limitazione come tutti i grandi. A Morandi (parlo sempre a voce bassissima) non interessava la varietà del mondo, la sua continua mutevolezza, ma cercava “la sua costanza”. Del resto, se mi scusate una minuscola lezioncina di filosofia, questo dilemma dell’uomo è alle radici della nostra cultura occidentale e precisamente si trova nella filosofia dell’antica Grecia, prima di Socrate: se non sbaglio troppo siamo nel 500 a. C., molto più o meno. Questo dilemma sulle radici dell’essere si concretizzava nelle figure di Eraclito e Parmenide. Per Eraclito il mondo, l’essere umano e non umano, diciamo l’essere in generale, si scioglie e scorre come un torrente di montagna che va diretto al mare, per cui tu “non ti potrai mai bagnare nella stessa acqua”, ossia la vita scivola velocemente e non ti dà mai la stessa possibilità due volte semplicemente perché, in questa radicale mutevolezza e movimento, una “seconda volta” non c’è, non può esserci ripetizione. E oltre questa mutevolezza non esiste altro. Parmenide al contrario vede in questo mondo così colorato e cangiante all’infinito un illusoria verità, quello che in Oriente chiamano il velo di Maia che ci copre gli occhi per non farci vedere la vera realtà. Questo è per Parmenide il mondo della “opinione” contrapposto al mondo della “verità” che è L’Essere, il cuore di questa variabilità sfrenata, la sua costanza e stabilità eterna. Questa ricerca lo porta “al cuore immutabile della rotonda verità”.
Fin da ragazza mi sono identificata in Eraclito arrivando ad accelerare, se si può dire, quella estrema mutevolezza e variabilità fino a perdere “l’ubi consistat” (sarà così?), le mie radici o stabilità minima, arrivando dritta dritta alla pazzia. Altri diventano arteriosclerotici a vent’anni per troppo bisogno di stabilità e sicurezza che diventa “staticità”, una forma molto irrigidita della vitalità amio parere un po’ sterile. Ma la maggioranza stanno “nella via di mezzo”, unica che fornisce equilibrio. Forse Char e Nemo sono prossimi alla concezione della vita di Morandi…putroppo non conosco né un poeta né un pittore che possa mostrare la concezione di Eraclito. Potreste fornirmelo voi. Spero di non aver detto troppe cazzate sui filosofi, non era per mostrare erudizione (che non ho) ma per dire che le strade dell’avventura della vita, apparentemente, si dividono fin dall’origine in opposti comportamenti, che hanno, però, per l’essere umano lo stesso significato di ricerca di chi siamo “veramente”. Scuserete la mia trivialità: tutto questo va in barba alla famosa diatriba, così di moda tra i veri intellettuali, “tribale o non tribale?”
Sarete ancora vivi o vi devo abbracciare da morti? baci
ieri ho scritto in questo spazio un commento sul “giovane che ha un futuro ” su Lucrezio, sul cercare di accettare la vira o la morte ecc. ma oggi non lo ritrovo più. Forse non ho fatto giusto l’invio e quindi è scimparso tutto nel nulla. Ora riprovo a fare un invio in altro modo e…vedrò. Mi dispiace dare l’idea di non essere viva e di aspettare il bacio da….morta. Riprovo.
Trovo possibile e quindi ‘intrigante’ la ricerca della ‘costanza ‘ del mondo attribuita poi a Morandi col suo dipingere il piccolo mondo degli oggetti familiari ( tanto, tanto bolognesi ). Non so niente di Eraclito e di Parmenide, ahimè, e questa sintesi del loro pensiero ricondotta al viaggiare o allo stare fermi mi ha interessato molto, vero ! Ma il mio non viaggiare è sicuramente dovuto alla ‘paura’ ( non di volare, come ha detto Erica Jong ), alla prudente idea che io posso viaggiare ( per piacere, non per dovere che allora le cose cambiano ! ) se ho fatto tutto quello che qui ho o avevo da fare … Ma, insomma, che importanza e che interesse può mai avere quello che riguarda la mia persona ?? Quindi mi taccio. Chi definisce limitata e provinciale la ‘tribalità’ ( ovviamente culturale e non quello di interessi economici ) credo che, forse, nasconda un po’ di inconsapevole invidiuzza ( e stupore ) verso coloro che, magari rinunciando ad alti obiettivi in giro pel mondo , hanno ‘coltivato’ una loro enclave di conoscenze affetti e amicizie ( che ‘scaldano’ il cuore dei vecchi ).
caro Nemo, forse comincio a capire in che cosa consiste questo intrigante blog, ma mi rendo anche conto di nn essere all’altezza ( sia tecnica che intellettuale ) di te e di Chiara S. Comunque la voglia di non darmi per vinta c’è , spero di commentare sia i tuoi scritti che quelli di C.S. Questo , tanto per farmi viva, ma ora non sono in gradi di far …nulla. A…..quando?
Ma che dici, cara diletta luna, ‘non all’ altezza’ ? Pensa te ! Allora dò un’ impressione sbagliata, non vera, perché sono terra-terra con pochissima cultura ‘di base’ e un’ infinità di dubbi. Ti prego di ‘liberarti’ di questa fantasia e di scrivere come ti viene: sarò felice di leggerti. Un caro saluto.