JULIO IGLESIAS / Julio José Iglesias de la Cueva, meglio conosciuto come Julio Iglesias / Madrid, 23 settembre 1943 — CANTA ALCUNI TANGHI BELLISSIMI — se vi piace il cantante…

 

 

 

 

 

 

https://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2023/09/23/news/julio_iglesias_80_anni_cantante-415486481/

 

Netflix lavora con Julio Iglesias a una serie sulla vita del celebre cantante

qui è bello– foto da Coming Soon mentre l’artista lavora per Netflix

 

 

 

 

undefined

nel 1970    –canzoni in eurovisone ad Amsterdam

 

1

2:36

Julio Iglesias – La Cumparsita

Julio Iglesias
2

3:03

Julio Iglesias – El Dia Que Me Quieras

Julio Iglesias

2:42

A Media Luz

Julio Iglesias
4

3:34

Volver

Julio Iglesias
5

2:44

Yira… Yira

Julio Iglesias
6

2:48

Mano A Mano

Julio Iglesias
7

2:47

El Choclo

Julio Iglesias
8

3:06

Adios, Pampa Mia

Julio Iglesias
9

2:50

Cambalache

Julio Iglesias
10

2:52

!Uno! . . .

Julio Iglesias
11

2:28

Caminito

Julio Iglesias
12

2:40

Mi Buenos Aires Querido

Julio Iglesias
13

5:01

Hey

Julio Iglesias
14

3:49

No Me Vuelvo A Enamorar (I Won’t Fall In Love Again)

Julio Iglesias
Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

SOUMAILA DIAWARA (Bamako, Mali- 1988 ) – Sei poesie da ” Sogni di un uomo. Raccolta di poesie. ” Youcanprint, Tricase 2018– grazie ai due siti ( link sotto ) che ce le hanno pubblicate– noi l’abbiamo scoperto oggi che è anche un poeta !

 

 

 

tre poesie di Soumaila Diawara

 

 

I FIGLI COSTRETTI

(Tratto da “I sogni di un uomo”)

L’occidente costringe i figli dell’Africa
a scegliere tra tre viaggi.
Il più veloce e sicuro.
Quello provocato dalle pallottole micidiali
e dalle bombe fabbricate da mani straniere.
Poi quello lento ed asfissiante
della fame e della malattia.
Che lascia la pelle sulle ossa.
E rende anche i raggi del sole
un peso sulle spalle.
Infine c’é il deserto e il mare.
Dove le probabilità,
un poco
sono più alte.

da qui

 

Il mare è vuoto.

Non ci sono più barconi.

Semmai, tanti corpi in più.

Basta puntare il binocolo sul niente.

Il nero colpevole è affondato,

o in carcere sull’altra sponda.

Potete girarvi, e vedere,

pur senza occhiali.

L’Italia è in alto mare, ed affonda.

E questa volta, siamo tutti sulla stessa barca.

La demografia scende, il Pil anche,

ed i giovani abbandonano la nave.

Non ci sono più barconi sul mare.

Siamo noi ad essere in balia di due imbecilli.

Ogni riferimento è pura casualità.

***

“Salvini ha ragione”.

Non mi ribolle più il sangue

quando sento questa frase.

Non mi importa nemmeno

più sapere su cosa abbia ragione.

Se tutti i neri sono delinquenti.

Se tutto il Sud deve bruciare.

Se le donne devono fare le mogli.

Se gli omosessuali devono emigrare.

Non mi interessa più.

Trovo sia di una grande viltà.

Penso sia la risposta di chi

non ha argomenti.

È priva di consistenza e di coscienza.

La forza, quella vera, si dimostra con la compassione e l’equità, non nel piegare la schiena dei più deboli.

“Salvini ha ragione”.

Così dicono e si fanno forza,

sulla pelle dei più disadattati.

Una ragione senza vere ragioni,

che nasce dalla parte oscura dell’uomo, che è parte della bestia in noi.

Non c’è gloria nel privare gli altri,

ancor di meno nell’ucciderli o costringerli.

Ci sono ragioni che diventano pallottole e ci sono vittime che derivano da quelle ragioni.

SOUMAILA DIAWARA è uno scrittore e attivista politico maliano rifugiato in Italia. Nato a Bamako nel 1988, è laureato in Scienze Giuridiche e specializzato in Diritto privato internazionale. Costretto nel 2012 a scappare dal Mali in seguito all’accusa ingiusta di aggressione nei confronti del Presidente dell’Assemblea Legislativa, giunge in Libia e nel 2014 attraversa il Mar Mediterraneo a bordo di un gommone. Vive a Roma dove ha ottenuto la protezione internazionale.

da qui

 

 

******

 

ALTRE POESIE 

 

 

POETARUMA SILVA – 17 LUGLIO 2018

Soumaila Diawara, Sogni di un uomo

 

 

 

 

 

Soumaila Diawara, Sogni di un uomo. Raccolta di poesie. Prefazione di Roberta Parravano. Youcanprint, Tricase 2018

 

Il male, una componente naturale?

 

Dicono che il male
sia una componente naturale
che porti all’equilibrio del tutto.
Insieme al bene.
Sono come il sole e la luna.
Lo Ying e Yang, il cielo e la terra.
In poche parole, in noi tutti,
senza eccezione, il male esiste.
In quanto etichetta di vita
in un mondo accogliente,
ma ostile al contempo,
poiché attizzato da credi e da valori
insensati per l’era che viviamo.
Alimentato da questa società autodistruttiva.
Perciò, prendetene coscienza
ed esagerate nel bene.

 

 

 

 

Soumaila Diawara al Villaggio Cultura Pentatonic il 15 luglio 2018., in occasione di “Porti diVersi”, incontro organizzato da Libera, Roma IX

Sono io

Sono quello che dovrei essere?
Sono quello che vorrei essere?
Sono quello che potrei essere?
I libri hanno aperto finestre nella mia anima,
ma altrettante voragini.
Le domande si sovrappongono a domande,
le cui risposte sono altrettante domande.
Alla moltitudine, l’ovvia risposta.
È la solitudine.
O meglio.
La ragione di vita come ricerca
sfrenata dell’equilibrio.
Ricerca della pietra filosofale.
Poiché la ricerca stessa,
non è ragione di vita.
Non perché siamo vivi, la vita è vivibile.
Gli slogan condizionano l’esistenza.
Non c’è dubbio.
Le mancanze, troppo spesso, sono tali
agli occhi degli altri e non ai nostri.
Qual è la ragion di vita?
Da dove vengo?
A cosa posso o devo aspirare?
Dove mi porta l’obbligo della società?
Dove mi porta il peso della mia anima?
Ci hanno insegnato che una vita
improduttiva non è una vita.
Ci hanno convinto che non lasciare il segno
ci rende inferiori.
E tali insegnamenti
non sono altro che la coda
dell’evoluzione dell’animale.
Quell’animale che eravamo
e che stiamo riprendendo ad essere.
Proteggere è un verbo
che fin quando sarà usato
genererà verbi di morte.
Chi protegge, possiede di più.
Chi ha di più, toglie ad altri.
Ma quegli stessi altri,
sono coloro che temiamo.
Coloro che toglierebbero a noi,
nel caso avessero la possibilità di farlo.
La fiducia disperde la fede
degli uni sugli altri.
Per riporla in un’entità
che non può deludere.
Dio.
Ma Dio, funziona a doppio senso;
dona e prende.
Laddove placa le ansie e le angosce,
rimane placido dinnanzi alle opere
del diavolo dando libero arbitrio all’Uomo.
Voliamo al di là di quelle considerazioni
quando siamo noi
il punto focale, cruciale.
Il resto è come il grido di orrore
che percuote la folla
quando il boia cala la scure
e fa rotolare la testa.
Rimane un grido, un momento.
Lo stesso che per certi uomini,
sarà come impresso a fuoco
nello spirito e nella memoria.
Per altri, sarà dimenticato all’angolo.
Il tempo di un panino e di una birra.
Chi siamo noi, non lo decide nessuno.
Forse, in tanti, lo provocano.
Ma quel mosaico intimo
che non siamo in grado di ricostruire,
nessuno potrà mai.

Mio nonno

Ricordo un insegnamento di mio nonno.
“Tutti lotteranno contro tutti.
Come i maialini per il cibo,
così gli uomini per il potere.
Chiunque veda negli altri un nemico,
non è altro che un uomo
inconscio di esserlo.
Privo di logica e desideroso
di essere veduto.
È per questo che bisogna opporre
il mare alla bombe,
l’aria alle pallottole,
il cielo all’odio.
E per farlo, è necessario essere coscienti.
Consapevoli della stessa valenza
che hanno gli altri.
Del loro stesso sangue rosso.
Delle loro differenze.
Dei loro usi e valori,
derivati da una nascita
non da loro programmata.
Da’ vita a loro ed avrai esistenza.
Poiché il fiato, senz’acqua,
è mera illusione.”

 

 

 

Una replica a “Soumaila Diawara, Sogni di un uomo”

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

@soumi_ds / link sotto — 14 gennaio 2025 – 19.16 — grazie di averlo scritto anche per noi ! LA RISPOSTA DI EMANUELE RANUCCI AD UN VILE ATTACCO AL PADRE– DA PARTE DI ANDREA MARCENARO DEL FOGLIO

 

 

 

link su X di @soumi_ds

@soumi_ds

 

 

Oggi su “Il Foglio” Andrea Marcenaro nella sua rubrica si è dispiaciuto che Sigfrido Ranucci non sia morto ai tempi in cui era inviato a Sumatra nel 2005. Gli ha risposto, meravigliosamente, il figlio di Ranucci, Emanuele, con parole posate ma fermissime, in quella che è a tutti gli effetti una grande lezione di stile e di giornalismo.

“Caro Andrea, fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del “giornale” in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu – spero vivamente per la categoria di no – sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre. Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre. Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell’isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano. È uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza. Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto. Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l’assassino è evidente a tutti.” Non serve, credo, aggiungere altro. Tosa

Immagine

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

LUIZ VIERA –PRELUDIO PER ” NINNARE ” GENTE GIA’ GRANDE– Prelùdio para ninar gente grande di LUIZ VIERA +++ Estaçao Primeira de Mangueira, História pra ninar gente grande – segue…

 

 

 

 

 

 

traduz. approssimata -chiara

 

Quando estou nos braços teus
—-quando sono nelle tue braccia
Sinto o mundo bocejar
—–sento il mondo che sbadiglia
Quando estás nos braços meus
—–quando stai nelle mie braccia
Sinto a vida descansar
—–sento che la vita si riposa.
No calor do teu carinho
—–nel  calore della tua tenerezza
Sou menino passarinho
—sono un passerottino
Com vontade de voar
—–con la voglia di volare

 

 

 

segue da:

CANZONI CONTRO LA GUERRA

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php/commentocat.php?id=59150&cat=14&lang=it

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)–DA :   IL POST

 

 

 

 

ANDREA BARDELLI –LA MIA QUASI POESIA PER MARIELLE

 

Quem matou Marielle?
Por que mataram Marielle?
Prenderam dois que se declararam inocentes.
Somente uma incerta tatuagem acusa um deles
Um tal de Ferreirinha acusou o vereador Siciliano e o Curicica, chefe de susposto escritório do crime.
Mas Ferreirinha e sua advogada Camila foram acusados de falso testemunho.
Mas por que a mataram então? Qual a verdade?
Por pura maldade ?
Ser ou não ser eis a questão.
Ser morta por nada ou por um palavrão.
Ser morta para ajudar a salvação
das favelas da Cidade Maravilhosa
cantada em verso e prosa
onde se morre por um tostão.
Virá a chuva e se esquecerá de Marielle
Virá o vendaval e levará Marielle atrás de si;
Mas quero lembrar quando a vi
Mulher de pele sedosa e cheirosa, de cabelo
revolto, envolto num turbante, alvo sorriso e olhar flamejante.
Fique com seu povo, fique com os seus
Adeus Marielle Adeus
Fique com Deus..

 

 

 

TRADUZIONE DELL’AUTORE

 

 

Risultati immagini per marielle franco

 

 

 

Chi ha ucciso Marielle?
Perché hanno ucciso Marielle?
Hanno arrestato due che si sono dichiarati innocenti.
Solo un tatuaggio incerto accusa uno di loro.
Un tale di Ferreirinha ha accusato il consigliere Siciliano e il Curicica, capo d’ufficio del crimine.
Ma Ferreirinha e il suo avvocato Camila sono stati accusati di falsa testimonianza.
Ma perché l’hanno uccisa allora? Qual è la verità?
Per pura cattiveria?
Essere o non essere questo è il punto.
Essere uccisa per niente o per una parolaccia.
Essere uccisa per aiutare la salvezza
Delle favelas della città meravigliosa
Cantata in verso e in prosa
Dove si muore per un centesimo.
Verrà la pioggia e si dimenticherà di Marielle
Verrà la tempesta e porterà Marielle dietro di sé;
Ma voglio ricordare quando l’ho vista
Donna di pelle setosa e profumata, di capelli
Tempestosi, avvolti in un turbante, luminoso sorriso e sguardo fiammeggiante.
Resta con il tuo popolo, prendi i tuoi
Addii Marielle addio
Resta con Dio…

 

 

 *****

 

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa
da : IL POST

 

 

*******

 

 

AMNESTY  30 OTTOBRE 2024

https://www.amnesty.it/brasile-inizia-il-processo-agli-autori-dellomicidio-di-marielle-franco-e-anderson-gomez/

 

 

Brasile: inizia il processo agli autori dell’omicidio di Marielle Franco e Anderson Gomez

 

A oltre sei anni dall’omicidio di Marielle Franco, difensora dei diritti umani e consigliera municipale di Rio de Janeiro, e del suo autista Anderson Gomez, è iniziato il processo nei confronti dei due ex agenti della polizia militare rei confessi Ronnie Lessa ed Elcio Queiroz.

Questo processo è una tappa importante del percorso verso la giustizia iniziato il 14 marzo 2018, giorno del duplice assassinio, cui Amnesty International ha contribuito con oltre un milione di firme. Ma il percorso potrà dirsi completato solo quando tutti i responsabili, compresi gli ideatori e coloro che hanno ostacolato e depistato le indagini, finiranno davanti a un tribunale.

Il Brasile è uno degli stati più pericolosi al mondo per coloro che difendono i diritti umani. Negli ultimi anni, Amnesty International Brasile ha denunciato almeno 12 casi di omicidi di difensore e difensori dei diritti umani che restano impuniti. Dal 2012 al 2023 il totale è stato di 401 omicidi.

 

************

 

 

 

 

2019   CARNEVALE DI RIO   

 

“História pra ninar gente grande “_ Storia per cullare persone adulte –

 

MARIELLE 

(Rio de Janeiro1979 – Rio de Janeiro14 marzo 2018

 

 

«Mio caro/nero Brasile lascia che ti racconti / La storia che la storia non racconta / Il rovescio dello stesso luogo / È nella lotta che ci troviamo».

 

Comincia con queste parole il nuovo samba vincitore del titolo di campione del Carnevale di Rio 2019 e che già metà ottobre dell’anno scorso ( 2018 ) la Estação Primeira de Mangueira aveva deciso che avrebbe presentato a febbraio e marzo 2019 nel Sambódromo “Marquês de Sapucaí“ di Rio de Janeiro.

 

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (Diego Herculano- AP Images) – da IL POST

 

 

 

 

Il titolo è significativo: “História pra ninar gente grande”, ossia “Storia per cullare persone grandi” ed ha visto la collaborazione di sei autori: Danilo Firmino, Deivid Domênico, Mamá, Márcio Bola, Ronie Oliveira, Tomaz Miranda. Quest’ultimo aveva presentato il samba con queste parole:

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)– da : IL POST

 

 

 

 

«Siamo stati scelti a Mangueira per onorare la memoria di Marielle Franco e dell’autista Anderson Gomes e per cantare tutta la lotta che deve ancora venire».

 

 

 

Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)

Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)
da : IL POST – 16 marzo 2018

 

 

 

 

La notte del 14 marzo 2018, Marielle Franco e Anderson Gomes erano stati assassinati da uomini armati che avevano assaltato l’auto della consigliera comunale di Rio incaricata proprio dal Consiglio comunale di relazionare sulle violenze nelle zone più povere di Rio.

Fondatrice e partecipante di un gruppo di samba, Se Benze que Dá, con ritrovo nel Bar Lilás (Maré), Marielle Franco era molto conosciuta per il suo attivismo in difesa dei più poveri e dei diritti delle donne, della popolazione nera e LGBTQ, Marielle è anche l’esempio di chi, nata nella favela Maré, è riuscita, nel 2014, a completare una laurea magistrale presso l’Università Federale Fluminense e a lavorare in modo coraggioso e costruttivo per le comunità discriminate di Rio.

 

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)--DA:  IL POST

 

 

 

 

La sua tesi affronta proprio l’impatto delle cosiddette “unità di pacificazione” sulle “favelas” di Rio: “UPP a redução da favela a três letras: uma análise da política de segurança pública do Estado do Rio de Janeiro”, scaricabile gratuitamente da uno dei più prestigiosi portali delle scienze sociali latinoamericane, oggi pubblicato in italiano.

UPP ( = Unidades  de Polícia Pacificadora )

 

 

IL LIBRO IN ITALIANO

Laboratorio favela. Violenza e politica a Rio de Janeiro

 

 

 

Questo libro è un atto di omaggio, un racconto a cui ispirarsi, e allo stesso tempo una fotografia, ricca di speranze e di amarezze, del mondo visto con gli occhi di chi lotta per cambiarlo

 

 

 

 

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)-DA:IL POST

 

 

L’ASSASSINIO  DI MARIELLE E DI ANDERSON GOMES

 

Il fatto che i quattro colpi di mitragliatrice HK MP5 che l’hanno assassinata indichino armi in dotazione alle forze speciali di Polizia e che, a quasi un anno di distanza, l’inchiesta ufficiale non abbia identificato né mandanti né esecutori.

 

Ben venga, quindi, il samba, allegro nella musica e di chiara denuncia nel testo, da Mangueira porta a Sapucaí e all’attenzione generale questi omicidi e più in generale il clima di repressione che sta vivendo Rio de Janeiro con il sindaco evangelico Marcelo Crivella e il Brasile con il governo a guida militarista, razzista ed omofobica di Jaír Bolsonaro.

 

 

AMNESTY  — PARLA ( 1.00 minuto )  MONICA BENICIO, COMPAGNA DI MARIELLE

 

 

 

Anche la vedova di Marielle Franco, Mônica Benício ha partecipato al lancio del brano. Nell’occasione, una delle ballerine della scuola di samba, Claudiene Esteves ha così riassunto un sentire comune: “Per la prima volta scegliamo di essere rappresentate da un bel samba che parla di donne che lottano e narra una storia che non viene narrata nei libri di storia del Brasile”.

 

 

 

 

video, 4,32  IL SAMBA CHE HA VINTO IL CARNEVALE DI RIO 2019

 

 

 

TEXTO

 

Mangueira, tira a poeira dos porões
Ô abre alas pros teus heróis de barracões
Dos Brasis que se faz um país de Lecis, Jamelões
São verde e rosa, as multidões

Brasil, meu nego
Deixa eu te contar
A história que a História não conta
O avesso do mesmo lugar
Na luta é que a gente se encontra

Brasil, meu dengo
A Mangueira chegou
Com versos que o livro apagou
Desde 1500 tem mais invasão do que descobrimento
Tem sangue retinto pisado
Atrás do herói emoldurado
Mulheres, tamoios, mulatos
Eu quero um país que não está no retrato.

Brasil, o teu nome é Dandara
E a tua cara é de Cariri
Não veio do céu
Nem das mãos de Isabel
A liberdade é um dragão no mar de Aracati

Salve os caboclos de julho
Quem foi de aço nos anos de chumbo
Brasil, chegou a vez
De ouvir as Marias, Mahins, Marielles, malês

 

da:
chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://mam.rio/wp-content/uploads/2021/01/38_a_41_Mundo-Codificado.pdf

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)– DA  IL POST

 

 

 

NINNA NANNA PER ADULTI

traduzione di RICCARDO VENTURI :
dice di averlo trovato un testo difficilissimo da tradurre soprattutto per
i riferimenti a tutta la storia del Brasile – che ha voluto parteciparci
con delle note assai accurate- Ha fatto un magnifico lavoro ! Grazie.

 

 

Mangueira, spolvera gli scantinati
Oh, apri i porticati dei templi ai tuoi eroi da baraccone
Del multiforme Brasile [8] che diventa un paese di Leci [9], di Jamelão [10],
Sono verdi e rosa, le folle.

Brasile, tesoro mio,
Lascia che ti racconti
La storia che la Storia non racconta
L’opposto dello stesso posto
È nella lotta che ci si trova

Brasile, dolcezza mia
È arrivata la Mangueira
Con versi cancellati dai libri
Fin dal 1500
C’è più invasione che scoperta
C’è sangue negro calpestato
Dietro l’eroe incorniciato
Donne, tamoios [1], mulatti
Voglio un paese non da cartolina

Brasile, il tuo nome è Dandara [2]
Hai la faccia da cariri [3]
Non è venuta dal cielo
E né dalle mani di Isabel [4]
La libertà è un drago nel mare di Aracati [5]

Salve, Meticci di Luglio [6]
Ecco chi fu d’acciaio in quegli anni plumbei
Brasile, stavolta è ora
Di Ascoltare le Marie, le Mahin, le Marielle, i Malês [7]

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (Diego Herculano- AP Images)– IL POST

 

 

 

 

Manifestazione per Marielle Franco, Rio de Janeiro, 15 marzo 2018 (AP Photo/Leo Correa)- da : IL POST

 

 

 

note:

[1] I Tamoios erano la tribù indigena che abitava la costa da Santos a Espírito Santo (ci andarono giù pesi i colonizzatori portoghesi con la nuova toponomastica cattolica…) al tempo della “scoperta”, nell’esatto anno 1500. I Tamoios erano una tribù di etnia Tupi: tutte le tribù (Tupiniquim, Tupinambá, Potiguara, Tabajara, Caetés, Temiminó, Tamoios…) parlavano la medesima lingua, ma non risulta che si riconoscessero in un’identità comune. Praticavano tutte un’agricoltura piuttosto avanzata. Tra tutte le tribù, i Tamoios si facevano notare per il loro spirito bellicoso e per il valore in guerra.

 

[2] Dandara è stata una guerriera afro-brasiliana del periodo coloniale del Brasile. Faceva parte del Quilombo dos Palmares, un insediamento di afro-brasiliani liberatisi da soli dalla schiavitù nell’attuale stato di Alagoas, dopo una rivolta e una dura lotta. Dandara fu catturata il 6 febbraio 1694, e si suicidò piuttosto che tornare ad essere schiava. Rimane una figura misteriosa: non molto si sa della sua vita, nonostante si siano formate su di lei leggende che narrano tutto e il contrario di tutto. Era la sposa di Zumbi dos Palmares, l’ultimo re del Quilombo, da cui aveva avuto tre figli. La lotta di liberazione del gruppo di schiavi venne condotta da uomini e donne per difendere Palmares, il luogo dove si erano rifugiati e stabiliti nella Serra da Barriga (un’area quasi inaccessibile a causa della vegetazione impenetrabile). Padrona delle tecniche della Capoeira, combatté in parecchie battaglie; si ignora se fosse nata in Brasile o in Africa.

 

[3] Il riferimento è agli indios della famiglia linguistica cariri (diversa da quella Tupi), formata da diverse etnie che occupavano una grossa area del Nordest brasiliano. Il testo si riferisce più in particolare alla Confederação dos Cariris, nota anche come “Guerra dei Barbari” (Guerra dos Bárbaros), un movimento di resistenza indigena al dominio portoghese a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. Furono coinvolte soprattutto etnie cariri dell’attuale stato del Ceará, ma anche del Rio Grande do Norte, del Pernambuco e del Paraíba.

Lo storico Luiz Antônio Simas li ha descritti come “valorosi combattenti contro la presenza portoghese. Furono decimati in una guerra condotta dai bandeirantes comandati da Domingo Jorge il vecchio, lo stesso che combatté a Quilombo dos Palmares” (v. nota 2). Secondo Leandro Vieira, l’autore di questo testo, “I cariri erano talmente coraggiosi e ben organizzati, che lo stato coloniale dovette richiamare le truppe che combattevano a Quilombo dos Palmares per contenere l’avanzata degli indios”.

In ultimo, da segnalare la curiosa evoluzione del termine cariri nei dialetti del Brasile settentrionale: significa “sforzo, fatica”. Un’evoluzione nata probabilmente dalle fatiche durate per sconfiggere i cariri secoli prima.

 

[4] Nel 1888, l’anno prima della fine dell’Impero Brasiliano (l’imperatore Pedro II fu deposto nel 1889, se ne andò in esilio a Parigi e fu instaurata la Repubblica), la principessa Isabel firmò la cosiddetta Lei Áurea (Legge Aurea) con la quale si aboliva la schiavitù in tutto il Brasile. Ma già quattro anni prima, nel 1884, lo stato del Ceará la aveva abolita motu proprio; rimando a questo punto alla successiva nota 5.

 

[5] Francisco José do Nascimento, noto come “Chico da Matilde”, di mestiere faceva il pilota di zatteroni ( sono dei velivoli ). Vissuto tra il 1839 e il 1914 nello stato del Ceará (v. nota 4), fu un combattente per l’abolizione della schiavitù. Si guadagnò l’appellativo di “Drago del Mare” (Dragão do Mar), cui si fa preciso riferimento nel testo, dopo aver guidato una rivolta di piloti di zattere per impedire che i porti del Ceará fossero utilizzati per l’imbarco e lo sbarco degli schiavi. La sua frase più celebre fu: “Nei porti del Ceará non si imbarcano più schiavi”. Era nato a Canoa Quebrada, nel distretto di Aracati (il “Mare di Aracati” nel testo); oltre a guidare la rivolta degli zatteristi, accolse schiavi in casa sua e agì per la diffusione del movimento abolizionista nel Ceará, facendogli acquistare una grande forza e rendendolo una figura mitica. E’ grazie a lui, e non alle “mani di Isabel” (v. sempre la nota 4) che la schiavitù fu abolita in Brasile e, primo di tutti (1884) proprio nel Ceará. Chico da Matilde è ancora oggi un simbolo di resistenza popolare. A Fortaleza, il centro artistico e culturale della città è stato chiamato Centro Dragão do Mar in suo onore.

 

[6] Con “Meticci di Luglio” si fa riferimento agli indigeni che lottarono nella guerra di indipendenza brasiliana nello stato di Bahia. Tuttora, in questo stato, il “caboclo” (propriamente: “bruno, abbronzato”, dal tupi caaboc) è il simbolo dell’indipendenza dalla corona portoghese. Il Brasile la ottenne il 2 luglio 1823 (per questo i meticci, o indigeni, sono “di Luglio”), anche se era stata proclamata un anno prima, nel 1822, da Dom Pedro I che assunse poi nientepopodimeno che il titolo di Imperatore. In quell’anno si svolsero battaglie sanguinose contro i portoghesi che non accettavano la secessione della colonia.

La storica Heloisa Starling ha affermato che “nel Bahia si trattò di un movimento molto interessante, perché ebbe una chiara partecipazione popolare. Il Bahia è orgoglioso di avere riunito indios, schiavi liberati, bianchi e vari settori della società brasiliana nella lotta che portò al 2 luglio. Il meticcio è una rappresentazione simbolica della presenza degli indios in questa lotta.”

 

[7] Prima di ogni altra cosa, è in questo verso (quasi interamente dedicato a figure femminili) che si fa l’unico reale riferimento a Marielle Franco.

Non ho reperito purtroppo nessun dato certo su “Maria”. Si tratta comunque quasi sicuramente di una schiava.

“Mahin” è Luiza Mahin, considerata come un’importante leader nei movimenti contro la schiavitù nello stato di Bahia all’inizio del XVIII secolo, e combattente nella rivolta dei Malês (v. infra), un’insurrezione di schiavi che scoppiò a Salvador de Bahia nel 1835. “Mahin” non è un cognome, ma un appellativo etnico: si riferisce ai Mahi, popolazione africana del Benin, dalla quale Luiza discendeva. Non si sa se fosse nata in Brasile o nella Costa da Mina, la regione africana sul Golfo di Guinea dalla quale proveniva la maggior parte degli schiavi deportati in Brasile e nel resto dell’America Latina.

La biografia di Luiza Mahin si confonde tra storia e leggenda. Sarebbe stata comunque una schiava che era riuscita a comprarsi la libertà pagandola con il suo commercio di specialità gastronomiche a Salvador, che lei stessa preparava con sapienza culinaria. Luiza Mahin è ritratta nel romanzo storico Um defeito de cor di Ana Maria Gonçalves, e oggetto di studi storici da parte di João José Reis, l’autore del saggio Rebelião escrava no Brasil. Il fatto è che Reis, il maggiore studioso della rivolta dei Malês, non ha reperito alcun riferimento certo su di lei, intendendo un riferimento documentale; a suo parere, Luiza Mahin può essere “un misto tra una figura realmente esistita, fantasia narrativa e mito libertario”.

Il poeta abolizionista Luiz Gama tentò di farla passare per sua madre in una lettera in cui la descriveva come una donna “dalla pelle nerissima e secca” e con “denti bianchissimi come la neve”, “superba, geniale, insofferente e vendicativa”. Ma secondo la storica Heloisa Starling, si tratterebbe di una pura invenzione di Luiz Gama. Luiza Mahin resta comunque una figura simbolica e importante per il movimento abolizionista.
Con Malês (termine derivato dalla lingua hausa málami “professore; signore”, o dallo yoruba imale “musulmano”) si indicavano, nel Brasile del XIX secolo, i negri musulmani che conoscevano la lingua araba e la sapevano scrivere. Quasi sempre erano assai più istruiti e colti dei loro padroni e, nonostante la loro condizione di schiavi, non erano affatto sottomessi. Nella storia brasiliana, sono stati i protagonisti della “Rivolta dei Malês” che ebbe luogo nel 1835 nel Bahia, dove viveva la loro maggior parte.

Tra il XVI e il XIX secolo non esistette alcuna libertà religiosa in Brasile. Chi non era cattolico, doveva convertirsi; la repressione fu durissima. In un primo momento, i Malês resistettero alla conversione forzata, cercando di mantenere la loro fede e la loro cultura. Si servivano principalmente di una resistenza spirituale (dissimulazione religiosa), già utilizzata dai musulmani sciiti: l’al’ tagiyya (“guardarsi” in arabo), così chiamata dai teologi islamici.

Malês erano stati deportati in Brasile a cominciare dalla fine del XVIII secolo, venduti dai vincitori di guerre locali. Una gran quantità arrivò in seguito alla guerra dichiarata nel 1804 dallo sceicco Usman Dan Fodio (1754-1817), leader islamico dei Ful (fulani, fulƂe nella lingua locale) contro gli Hausa. Quasi tutti erano originari del Sudan, ed appartenenti a vari gruppi etnoculturali. In Brasile furono conosciuti, oltre che come Malês, anche come Mussurumim. Si convertirono fintamente al cattolicesimo, continuando a praticare in segreto la loro fede ancestrale.

La rivolta del 1835 scoppiò durante il Ramadan. Sconfitti e massacrati per le strade di Salvador, dovettero lottare in diversi casi anche contro l’ostilità di altri schiavi. Tra i superstiti, molti riuscirono a tornare in Africa, stabilendosi nel Benin. Tra chi rimase in Brasile, alcuni se ne andarono a Rio de Janeiro, e altri rimasero a Salvador dove persero gradualmente la loro identità culturale e religiosa, e la conoscenza dell’arabo.

 

[8] Così ho reso l’originale dos Brasis, letteralmente “dei Brasili”, che però presenta un verbo al singolare (que se faz um país). E’ un Brasile veramente multiforme quello che si presenta qui davanti agli occhi; multiforme ma che è un tutt’uno inestricabile.

 

[9] Il riferimento è a Leci Brandão.

 

[10] Qui il riferimento è invece a Jamelão, vale a dire José Bispo Clementino dos Santos (1913-2008), un altro importantissimo e tradizionale interprete di sambas-enredo della scuola Mangueira. Ne fu interprete dal 1949 al 2006, e dal 1952 interprete principale. E’ morto all’età di 95 anni pur essendo diabetico grave e iperteso. In queste due figure, Leci e Jamelão, Leandro Vieira riassume il “multiforme Brasile”, la sua storia cancellata e le sue lotte, e contemporaneamente fa un omaggio al samba di scuola Mangueira visto come espressione e fabbrica di resistenza sociale e memoria storica. Non è un caso che a Jaír Bolsonaro il samba piaccia molto poco.

fine delle note

 

 

 

 

REPUBBLICA  12 MARZO 2019 

 

Omicidio di Marielle Franco, arrestati in Brasile due ex poliziotti

 

 

 

L’attivista, consigliera comunale di Rio, era nota per le sue battaglie in difesa dei diritti civili. I magistrati: “Omicidio premeditato, Franco giustiziata sommariamente a causa delle sue azioni politiche”. Il killer viveva nello stesso condominio del presidente Jair Bolsonaro, ma è un caso

 

 

E’  UNA STORIA LUNGA–

se volete fate clic sotto

REPUBBLICA.IT  12 MARZO 2019

https://www.repubblica.it/esteri/2019/03/12/news/due_poliziotti_sono_stati_arrestati_in_brasile_per_l_omicidio_di_marielle_franco-221335582/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P12-S1.4-T1

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

IL FATTO QUOTIDIANO—ULTIME NEWS dalle 9.00 alle 10.35 — 17 GENNAIO 2025 ++ AVVENIRE – VENERDI’ 17 GENNAIO 2025 :: Medio Oriente. Israele e Hamas hanno firmato l’accordo. Cosa succede adesso. Nella notte raggiunto a Doha il cessate il fuoco di sei settimane a partire da domenica. Ma il governo israeliano resta diviso e sulla striscia continuano a piovere bombe + NELLO SCAVO, AVVENIRE 15-02-2025

 

 

ULTIMA NEWS – ORE 9:20 –IL FATTO QUOTIDIANO- 17 GENNAIO 2025

https://www.ilfattoquotidiano.it/live-post/2025/01/17/tregua-hamas-israele-netanyahu-diretta-firmata-intesa-g7-soluzione-due-stati/7840588/

Media ebraici: “Netanyahu riprenderà la guerra dopo la prima fase dell’accordo”

 

Le richieste del ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich al primo ministro Benjamin Netanyahu, che Israele continui la guerra contro Hamas a Gaza una volta conclusa la prima fase dell’accordo e abbia il controllo sulla distribuzione degli aiuti umanitari, sono state accettate. Lo riferiscono Channel 12 e il portale Walla, citati da Times of Israel, aggiungendo che Smotrich e il suo partito, il Sionismo religioso, voteranno contro l’accordo, ma rimarranno al governo. Ieri sera, Itamar Ben Gvir, membro della coalizione di estrema destra di Smotrich, ha dichiarato che il suo partito Otzma Yehudit abbandonerà il governo se l’accordo verrà approvato.

10:35

 

Katz annulla la detenzione per i coloni come parte dell’accordo

 

Il ministro della Difesa israeliano Israel Kazt ha annullato tutti gli ordini di detenzione amministrativa nei confronti dei coloni israeliani “alla luce del previsto rilascio di terroristi in Cisgiordania” come parte dell’accordo di cessate il fuoco di Gaza. Secondo Katz, la decisione intende “inviare un chiaro messaggio di sostegno e incoraggiamento al progetto di insediamento, che è in prima linea nella lotta contro il terrorismopalestinese e le crescenti sfide alla sicurezza”.“È meglio che le famiglie dei coloni ebrei siano felici piuttosto che quelle dei terroristi rilasciati”, ha aggiunto Katz.

 

 

 

+++ ALTRO — PROSEGUE NEL LINK

IL FATTO QUOTIDIANO 17 GENNAIO 2025 

DALLE ORE 9.00 AGGIORNATO ALLE 10.35

https://www.ilfattoquotidiano.it/live-post/2025/01/17/

 

 

 

 

 

 

 

 

********

AVVENIRE – VENERDI’ 17 GENNAIO 2025

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/firma-a-doha-israele-hamas

 

Medio Oriente. Israele e Hamas hanno firmato l’accordo. Cosa succede adesso.

 

Nella notte raggiunto a Doha il cessate il fuoco di sei settimane a partire da domenica. Ma il governo israeliano resta diviso e sulla striscia continuano a piovere bombe

 

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu – Ansa

Nella notte è stato siglato l’accordo tra Israele e Hamas per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza. Dopo ore di negoziati a Doha, mediati da Qatar e Stati Uniti, è stata annunciata una tregua iniziale di sei settimane. In questa prima fase, verranno liberati 33 ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi detenuti in Israele. L’accordo include anche la promessa di negoziare la fine definitiva del conflitto.

Secondo l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, “i dettagli finali dell’accordo sono stati completati e il gabinetto politico e di sicurezza si riunirà oggi per approvare l’intesa”. Le famiglie degli ostaggi sono state informate e sono già iniziati i preparativi per accoglierli. Tuttavia, alcuni ministri di estrema destra, tra cui il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, hanno annunciato la loro opposizione, definendo l’accordo “irresponsabile”.

La tregua, annunciata mercoledì, dovrebbe entrare in vigore domenica, a condizione che venga approvata dal governo israeliano, che appare però spaccato al proprio interno.

Nel frattempo, la situazione nella Striscia di Gaza rimane critica: nelle ultime 24 ore, gli attacchi israeliani hanno provocato almeno 81 morti, secondo il ministero della Sanità di Hamas. La Protezione Civile ha parlato di una “forte intensificazione” dei bombardamenti, mentre l’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito circa 50 obiettivi.

La comunità internazionale ha accolto con favore l’accordo. I leader del G7 hanno definito la tregua “uno sviluppo significativo”, esortando Israele e Hamas a rispettarne i termini. Hanno inoltre sottolineato l’urgenza di affrontare la crisi umanitaria a Gaza, dove le condizioni continuano a peggiorare. “Esortiamo tutte le parti a garantire il passaggio sicuro degli aiuti umanitari e la protezione dei civili”, si legge nella dichiarazione.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken si è detto fiducioso sull’attuazione dell’accordo. “Mi aspetto che tutto abbia inizio domenica”, ha dichiarato in una conferenza stampa. Anche l’Egitto, che ha contribuito alla mediazione, ha chiesto che l’accordo venga implementato “senza indugio”.

L’intesa rappresenta un passo cruciale dopo mesi di intensi combattimenti, iniziati il 7 ottobre 2023, quando Hamas ha attaccato le comunità israeliane vicino al confine, provocando oltre 1.200 vittime e rapendo più di 250 persone. Da allora, gli scontri hanno causato oltre 46.000 morti e lo sfollamento della maggior parte dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia di Gaza.

La tregua potrebbe aprire la strada a un miglioramento delle condizioni umanitarie nella regione, consentendo l’ingresso di aiuti essenziali e garantendo una pausa dai bombardamenti. Tuttavia, restano molte sfide: il rischio di nuove violenze, le divisioni interne al governo israeliano e la necessità di un dialogo costruttivo tra le parti. La comunità internazionale continua a monitorare la situazione, auspicando che questa tregua possa rappresentare l’inizio di un processo di pace duraturo.

 

 

+++++

AVVENIRE — MERCOLEDI’  15 GENNAIO 2025 —

 

Analisi. Il testo dell’accordo è lo stesso naufragato 8 mesi fa. Cosa è cambiato?


Nello Scavo 

 

Lo scenario internazionale, i sabotaggi interni, i retroscena: ecco come e perché si è arrivati finalmente a una tregua

 

I festeggiamenti per la tregua a Gaza

I festeggiamenti per la tregua a Gaza – Reuters

 


A cominciare dall’imminente arrivo di Trump alla Casa Bianca. Nel frattempo si era aperta la crisi militare con il Libano, ci sono stati almeno due scontri militari a distanza con l’Iran, le operazioni dell’intelligence israeliana contro Hezbollah, Hamas e Iran, infine la caduta di Assad in Siria.

Oltre  a questo, c’è la voce del ministro della Sicurezza nazionale Ben Gvir, esponente dell’estrema destra israeliana. «Nell’ultimo anno, attraverso il nostro potere politico, siamo riusciti a impedire, ripetutamente, che questo accordo venisse portato a termine».

In queste ore all’Aja, al Tribunale, guardino anche a quello che succede in Italia. Dove il ministro degli esteri israeliano Gideon Sa’ar, che tra gli altri ha incontrato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, sarebbe venuto a chiedere un salvacondotto per Netanyahu, ricercato in campo internazionale, nel caso in cui si recasse nella città che ha dato il nome all’atto costitutivo del tribunale internazionale: lo “Statuto di Roma”.

 

 

l’articolo intero è qui nel link –

Avvenire, mercoledì 15 gennaio 2025

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/perche-adesso-la-tregua

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

ANSA.IT/ PAIRIGI — 16 GENNAIO 2025 — 19. 12 ::: Charlie Hebdo, ‘santa Meloni’ col braccio teso e Musk in braccio. La vignetta pubblicata dal settimanale satirico francese

 

 

ANSA.IT — 16 GENNAIO 2025 — 19. 12
https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/01/16/charlie-hebdo-santa-meloni-col-braccio-teso-e-musk-in-braccio_cd04ba91-63ea-485b-9fca-7e4459ad1cec.html

 

 

Charlie Hebdo, ‘santa Meloni’ col braccio teso e Musk in braccio.

La vignetta pubblicata dal settimanale satirico francese

ANSACheck

Charlie Hebdo,  'santa Meloni ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Charlie Hebdo, ‘santa Meloni ‘ – con il braccio teso mentre allatta l’infante Muskchaòl

 

Il settimanale satirico francese Charlie Hebdo pubblica questa settimana una vignetta che presenta una Giorgia Meloni “santa” ma con il braccio teso nel saluto romano.

La “Santa Meloni con l’infante Musk” viene ritratta mentre allatta al seno un bambino dalla fattezze di Elon Musk.

 

*****

 

L’ATTENTATO CONTRO CHARLIE HEBDO E’ AVVENUTO IL 7  GENNAIO 2015::

Nell’attentato, rivendicato dalla branca yemenita di Al-Qāʿida (o Ansar al-Sharia), sono state assassinate dodici persone, mentre undici sono rimaste ferite.

10 gennaio 2015

AJ LEON from New York City, USA

 

 

 

undefined

Il corteo dell’11 gennaio  2015  a Parigi

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Mauro Biani @maurobiani– 15 gennaio 2025 — 20.48 + MARCO DAMILANO — 15 GENNAIO 2025 . IL CAVALLO E LA TORRE –INTERVISTA A LUIGI MANCONI + 2 note + lo Stato di Santa Catarina nel sud del Brasile

 

Immagine

 

link X di MAURO BIANI ( a parte che lo conoscono tutti ! )

Mauro Biani @maurobiani

 

 

Ora a #ilcavalloelatorre

#Rai3

Rapporto sullo stato dei #diritti in #Italia, e la mia tavola.

@abuondiritto

 

apri qui

https://x.com/i/status/1879616703879102801

 

 

 

 

video, 10 min.  — MARCO DAMILANO — 15 GENNAIO 2025 . IL C AVALLO E LA TORRE —

 

INTERVISTA A LUIGI MANCONI

 

Marco Damilano dialoga con Luigi Manconi, sociologo ed ex parlamentare, dall’accordo per Il cessate il fuoco a Gaza, allo stato di salute dei diritti in Italia oggi. Nell’ultimo rapporto dell’associazione “A buon diritto” si analizza la situazione negli ultimi dieci anni. C’è una continuità di politiche? O forse una continuità di distrazione dell’opinione pubblica? In chiusura il pensiero di Mauro Biani.

 

RAIPLAY.IT — 

apri qui

https://www.raiplay.it/video/2025/01/Il-cavallo-e-la-torre—Puntata-del-15012025-bc3f2870-8036-4e5a-a1ca-413230f80517.html

 

 

 

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/04-07-2023/bianca-berlinguer-la-vita-privata-della-figli-di-enrico-500.jpg

UNA FOTO MOLTO CARINA DI BIANCA BERLINGUER

https://www.ragusanews.com/moda-e-gossip-bianca-berlinguer-la-vita-privata-della-figli-di-enrico-184834/

 

 

 

NOTA: 

 

1. Johann Baptist Metz

 

Johann Baptist Metz (Velluck5 agosto 1928 – Munster2 dicembre 2019) è stato un teologo tedesco.

Ha compiuto gli studi di filosofia e teologia a BambergaInnsbruck e Monaco di Baviera.

Chi parla di Dio nel senso di Gesù deve accettare che le proprie preconcette certezze siano intaccate dalla sventura degli altri»

La Teologia politica di cui parla non è mai stata  una teologia «che si occupa in modo particolare dell’ambito della politica, ma piuttosto di una teologia che ha compreso che le persone, nei loro sforzi di vivere e di credere, sono sempre inserite in contesti sociali e storici»

Metz forse all’inizio non poteva prevedere che sarebbe diventato un punto di riferimento e un punto di partenza per la Teo­logia della liberazione latinoamericana. Ma che ne diventasse l’ispiratore e l’interlocutore è in definitiva una conseguenza logica, dal momento che egli ha insistito sull’«autorità dei sofferenti» e rivendicato la continua responsabilità della Chiesa e del mondo nel preservare la memoria passionis, senza dimenticare o livellare le tante storie di sofferenza nel mondo attraverso la storia della sofferenza di Gesù.

In un’intervista rilasciata nel 2008, alla domanda se la questione della giustizia dovesse essere approfondita nella costituzione della Chiesa secondo il diritto pubblico, cioè nel diritto canonico, Metz rispose: «Si potrebbe dire così, anche se i cristiani sono certamente non soltanto praticanti ma anche mistici di tale giustizia: ma mistici con “gli occhi aperti”, mistici di una compassione, di una capacità di compatire che, secondo me, ancora oggi è una parola chiave importante nella sequela di Gesù. Questa mistica della giustizia non è una mistica della sofferenza senza volto, come nelle forme principali della mistica nell’Asia orientale: invece, è una “mistica alla ricerca di un volto” (Benedetto XVI), porta all’incontro con i volti di chi soffre»

 

dello scritto sopra, molto è dal link di CIVILTA’ CATTOLICA
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/auschwitz-il-trauma-contingente/

 

 

2. TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

La teologia della liberazione è una corrente di pensiero teologico cattolico sviluppatasi con la riunione del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) di Medellín (Colombia) del 1968, come diretta estensione delle idee e dei principi riformatori messi in moto in Roma dal Concilio Vaticano II e concordata da diverse decine di padri conciliari di diverse nazionalità, sia europei sia latino-americani e sottoscritta da diversi cardinali nei cosiddetti Patti delle catacombe nel corso dei lavori conclusivi del Concilio ecumenico presso le catacombe di Domitilla a Roma.

Il principio fondamentale della teologia della liberazione si impernia intorno alla considerazione del ruolo centrale della Chiesa nella società umana contemporanea e tende a porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano, in particolare l’opzione fondamentale per i poveri così come essa si evince all’interno del dato biblico.

Tra i protagonisti che diedero inizio a questa corrente di pensiero vi furono il teologo Gustavo Gutiérrez (peruviano), docente della Pontificia Università del Perù, l’arcivescovo Hélder Câmara, il teologo Leonardo Boff (brasiliani) e Camilo Torres Restrepo (colombiano). Il termine venne coniato dallo stesso Gutiérrez nel 1973 con la pubblicazione del libro Teologia della Liberazione (titolo originale spagnoloHistoria, Política y Salvación de una Teología de Liberación).

I principi ispiratori possono essere fatti risalire alla regola francescana della Chiesa povera per i poveri di san Francesco d’Assisi applicata al contesto storico moderno e contemporaneo e contestualizzata come forma di risposta della Chiesa al diffondersi delle dittature militari e dei regimi repressivi, che spronarono l’elaborazione di proposte più incisive per far fronte all’aggravarsi della crisi sociale.

Per numerosi presuli che aderirono poi alla teologia della liberazione era infatti inaccettabile il silenzio e, in alcuni casi, la complicità di numerosi vescovi e cardinali cattolici dell’America Latina alle politiche di repressione del regime militare brasiliano. Durante la CELAM del 1968 alcuni vescovi sudamericani presero posizione in favore delle popolazioni più diseredate e delle loro lotte, pronunciandosi per una chiesa popolare e socialmente attiva.

 

Durante la CELAM del 1968  si evidenziò l’emergere di una forte opposizione da parte di teologi cattolici alle tesi della teologia della liberazione, che andò rafforzandosi negli anni ottanta con il papato di Giovanni Paolo II in cui gli ideologi e i protagonisti della teologia della liberazione furono progressivamente invitati a prendere in considerazione il Magistero della Chiesa cattolica, come avvenne peLeonardo Boff che dopo numerosi tentativi di dialogo teologico subì diversi processi ecclesiastici per poi abbandonare, nel 1992, l’ordine francescano.

 

Leonardo Boff

Leonardo Boff,  14 dicembre 1938 (età 86 anni), Concórdia, Santa Catarina, Brasile

 

 

STATO DI  SANTA CATERINA

 

undefined

Carta politica del Brasile
Fábio Soldá Barbosa Araujo.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Divis%C3%A3o_Pol%C3%ADtica_do_Brasil.png/

 

 

 

CONCORDIA– STATO DI SANTA CATARINA- dove nasce Leonardo Boff

La città  è stimata per il 2024 di avere una popolazione di 86.000 abitanti-

Lo STATO DI SANTA CATARINA è proprio nel sud del paese, nella cartina è in azzurro, sopra il RIO GRANDE DO SUL

 

LA CAPITALE E’ FLORIANOPOLIS CHE SI TROVA QUASI INTERAMENTE SU UN’ISOLA:

 

sistema di trasporto integrato

immagine da : 
https://it.guiafloripa.com.br/cidade/mobilidade-urbana/sistema-integrado-de-transporte

 

 

 

CONCORDIA

LA PIAZZA DI CONCORDIA
Fred Silva

 

Concórdia – Vista
Fred Silva

 

Fred Silva

 

foto da: https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Conc%C3%B3rdia_(Santa_Catarina)?uselang=it#/media/File:Pr%C3%A9dios_de_Conc%C3%B3rdia_-_panoramio.jpg

 

 

 

FLORIANOPOLIS- capitale dello stato di Santa Catarina

 

Florianópolis è una delle tre capitali di stato brasiliane che sorgono su un’isola (le altre sono Vitória e São Luís).

Florianópolis presenta il tipico clima del litorale sud-brasiliano, il periodo più caldo ( dicembre )  la temperatura media è di 25 °C e in quello più freddo (agosto) di 16 °C.

Sull’isola sono presenti rilievi montuosi che arrivano fino ai 532 m del Morro do Ribeirão e alcune lagune, la più grande delle quali è la Lagoa da Conceição. La costa orientale, che si affaccia sull’Atlantico, è molto esposta al vento, per questo è ricca di dune e rinomata dai surfisti.

La città è comunemente conosciuta con il nomignolo di Floripa e vanta il riconoscimento statistico di capitale brasiliana con la migliore qualità della vita e indice di sviluppo umano (0,955 nel 2001.)

L’isola sulla quale sorge vanta circa cento spiagge di vario tipo.

Il comune di Florianópolis, oltre a Santa Catarina, comprende altre 39 isole.

Florianópolis si trova all’interno della Foresta Atlantica che ha un mix estremamente diversificato e unico di vegetazione e tipi di foresta.

 

Florianópolis ha una popolazione composta principalmente da brasiliani di discendenza europea.

La popolazione di Florianópolis nel 2020 è stata stimata in circa 508.826 persone nella città vera e propria e 1.111.702 persone nell’area metropolitana.

 

undefinedSPIAGGIA DEL NAUFRAGHI
Alexandre Machado – Flickr

 

 

undefined

LA CITTA’ A META’ DELL’OTTOCENTO DI
Quadro di Victor Meirelles (  all’epoxa la città si chiamava  Desterro )

 

 

Le attività principali sono turismoserviziuniversitàinformatica.

Il territorio del comune comprende, oltre all’isola di Santa Catarina, una parte continentale.

L’isola è collegata al continente da tre ponti.

 

 

storia– epoca précolombiana

Le tracce più antiche della presenza umana riguardano il cosiddetto Uomo di Sambaquì, di cui si hanno ritrovamenti risalenti al 4800 a.C. Numerose sono le incisioni rupestri e sono state ritrovate cave per la costruzione di strumenti in pietra.
Il termine sambaquì viene dalla parola tupi tãba’ki. Cernambi e sarnambi sono ugualmente vocaboli originari della lingua tupi-

( *** non ho trovato notizia dell’Uomo di Sambanquì — da wikipedia in italiano- )

esempio di Sambaquì del litorale catarinense – ( Santa Catarina )

 

Gli abitanti della regione, all’epoca dello sbarco degli esploratori europei (i Portoghesi, 1514 ), erano gli indios carijós, di origine tupi-guaraní, che praticavano l’agricoltura, la pesca e la raccolta di molluschi. Essi chiamavano l’isola Meiembipe  “la montagna lungo il mare”, mentre lo stretto che la separa dal continente era chiamato Y-Jurerê-Mirim, “piccola bocca d’acqua”.

 

cultura

Il tratto culturale dominante è quello portato dagli immigrati dalle Azzorre nel XVIII, osservabile negli edifici, nell’artigianato, nel folclore, nella cucina e nelle tradizioni religiose.

da :
https://it.wikipedia.org/wiki/Florian%C3%B3polis#

 

 

 

IMMAGINI DI FLORIANOPOLIS

 

 

 

LA CITTA’ DI FLORIANOPOLIS PRESA DAL MORRO ( collina ) DA CRUZ
Oscar Fava

 

 

 

Praia da Joaquina, litorale sul do Brasil, cidade de Florianópolis, Santa Catarina.
Camilla Costa Gonçalves – Opera propria

 

 

 

Fortaleza São José Ponta Grossa –UN FORTE PORTOGHESE
GLandovsky – Opera propria

 

 

 

 

CARTINA DI FLORIANOPOLIS
Cícero Henrique Rodrigues – Image:SantaCatarina MesoMicroMunicip.svgRaphael Lorenzeto de Abreu

 

 

 

 

VISTA AEREA DI FLORINOPOLIS
Mariordo Mario Roberto Duran Ortiz – Own work

 

 

 

undefined

LA CITTA’ SEMPRE DAL MORRO DA CRUZ
Francisco Anzola –

 

 

UN DIPINTO DEL 1845  DI VICENTE PIETRO che raffigura lo sbarco dell’Imperatore Don Pietro II e dell’Imperatrice Dona Teresa Cristina a Florianopolis

 

 

 

undefined

La grande Floriuanopolis vista dall’isola con la neve nella Serra do Tabuleiro
Daniel Queiroz – Own work

 

 

 

UNA SPIAGGIA CHIAMATA ” ALTO PARAISO ”
oscar fava

 

 

undefined

VISTA DELLA SPIAGGIA DELL’ISOLA DI CAMPECHE
Rafael Baumer De S. Thiago – Own work

 

 

undefined

GOLETTE NELLA SPIAGGIA DI CASNAVIEIRAS NELL’ISOLA DI FLORIANOPOLIS
( fanno turismo nautico )- Sono anche chiamate ” Escunas Pirata ”
Amanda Likes – Own work

 

undefined

Spiaggia degli Inglesi
atramos – Praia dos Ingleses

 

undefined

Spiaggia di Santinho
Rafael Bernardino Mattei – Own work

 

 

 

 

undefined

Area di preservazione della Lagoa  ( = LAGUNA ) do Perì
AlexandreMachado – Own work

 

 

 

vista  a est dell’isola di Santa Catarina
Agandreta – Own work

 

 

 

 

Florianopolis di notte
Amnemona – Flickr

 

 

undefined

un surfista sulle dune  dell’isola di Florianopolis
Raphael Koerich – Flickr

 

 

 

 

Adriano Tormena – Own work

 

 

Lagoinha dell’est- Florianopolis

 

 

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Edith Piaf — La vie en rose ( 1945 ) + altro

 

 

 

da wikipedia:

La Piaf stessa ne scrisse il testo nel 1945, con il titolo Les choses en rose, e chiese a Robert Chauvigny, suo direttore d’orchestra e arrangiatore, di musicarlo; questi però si rifiutò, ritenendolo indegno della sua firma. Fu dunque il pianista Louiguy (Louis Gugliemi) a dare una musica a quei versi che, con un nuovo titolo, divennero un successo mondiale e la canzone dell’amore romantico per eccellenza.

 

 

 

 

DONATELLA :   ” Non si può sentire questa canzone senza sentirla dentro di noi. ”

 

 

Édith Piaf  — Edith Giovanna Gasson – (Parigi, 19 dicembre 1915 – Grasse, 10 ottobre 1963)

 

 

 

 

TESTO E TRADUZIONE

 

 

La Vie En Rose La Vita In Rosa
Des yeux qui font baisser les miens
Un rire qui se perd sur sa bouche
Voilà le portrait, sans retouche
De l’homme auquel j’appartiensQuand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas
Je vois la vie en roseIl me dit des mots d’amour
Des mots de tous les jours
Et ça me fait quelque choseIl est entré dans mon cœur
Une part de bonheur
Dont je connais la causeC’est lui pour moi, moi pour lui dans la vie
Il me l’a dit, l’a juré pour la vieEt dès que je l’aperçois
Alors je sens en moi
Mon cœur qui batDes nuits d’amour ne plus en finir
Un grand bonheur qui prend sa place
Des ennuis, des chagrins s’effacent
Heureux, heureux à en mourir{Couplets 2-4}C’est toi pour moi, moi pour toi dans la vie
Tu me l’as dit, l’as juré pour la vie{Couplet 6}
Occhi che fanno abbassare i miei
Un ridere che si perde sulla sua bocca
Ecco il ritratto senza ritocchi
Dell’uomo al quale appartengoQuando mi prende fra le braccia
Mi parla a bassa voce
Vedo la vita in rosaMi dice parole d’amore
Parole di tutti i giorni
E quello mi fa sentire qualcosaLui è  entrato nel mio cuore
[È] una parte di felicità
Di cui conosco la causaÈ lui per me, io per lui
nella vita
Me l’ha detto, l’ha giurato per la vitaE fin dal momento in cui lo scorgo
Allora sento in me
Il mio cuore che batteNotti d’amore da non finire più
Una gran felicità che arriva
I guai, i dolori si cancellano
Felice, felice da morirne{Strofe 2-4}È tu per me, io per te nella vita
Me l’hai detto, l’hai giurato a vita{Strofa 6}

 

 

 

LA VIE EN ROSE  — LOUIS AMSTRONG

http://www.youtube.com/watch?v=8IJzYAda1wA&feature=kp

 

 

LO SAPEVATE? LA VIE EN ROSE- MARLENE DIETRICH

http://www.youtube.com/watch?v=0XZkQrjdO38

 

 

 

QUESTA INVECE E’ EDITH PIAF:

“PIAF” in argot (dialetto parigino ) significa “passerottino”

 

inizia a sette anni a cantare per le strade con suo padre

 

 

 

 

 

nel 1960 ca-

 

 

1946

 

TOPSHOT-EDITH PIAF

foto 1947 nel suo camerin0

 

 

Edith Piaf (1915-1963), French singer. France, 193

1936

 

 

Edith PiafA Montmartre nel ’36

 

 

 

Edith Piaf, French cabaret singer, with husband Théo Sarapo

con Theo poco tempo prima del 11 ottobre del 1963, giorno della sua morte, è la sua ultima foto

 

 

 

FRANCE-MUSIC-PIAF

nel 1946 nella sua casa a New York

 

 

******

 

segue da:

Cesare Cavalleri

 

AVVENIRE.IT– mercoledì 8 gennaio 2014

https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/br-br–br–br-br–br–br-br–%C3%A9dith-piaf-br–da-cantante-di-strada-a-leggenda-della-canzone_20140108

 

Escono in contemporanea da Castelvecchi (che è un marchio di Lit Edizioni) due biografie di Édith Piaf, mito della canzone non solo francese, scomparsa a quarantotto anni nel 1963. La prima è propriamente un’autobiografia, scritta con il giornalista Louis-René Dauven, con prefazione di Jean Cocteau, pubblicata in Francia nel 1958: conserva in italiano il titolo originale, Au bal de la chance (Al ballo della fortuna, pp. 192, euro 17,50) e riproduce, con nuova copertina, l’edizione Castelvecchi del 2011. Nell’introduzione, Marc Robine, che aveva curato per L’Archipel l’edizione del 2003, ridimensiona alcuni aspetti della «leggenda» Piaf, che non sarebbe stata partorita sul marciapiede e non si sarebbe prostituita per raggranellare i soldi per i funerali della figlia Marcelle, avuta quando aveva diciassette anni da un giovane fattorino, Louis Dupont, e stroncata dalla meningite a soli diciotto mesi: in realtà pare che Édith sia nata regolarmente in ospedale, e i soldi per il funerale della piccola furono trovati meno drammaticamente.

L’altra biografia, di ben 480 pagine (euro 25), è firmata da Simone Berteaut, e si intitola Édith mia sorella (una prima edizione Rizzoli è del 1970). La Berteaut si è sempre proclamata sorellastra della Piaf, asserendo di avere lo stesso padre, il contorsionista di strada Louis Gassion, a cui peraltro sono attribuiti diciannove figli.

Di fatto, anche se il libro della «sorella» fu contestato da altri famigliari, Simone Berteaut, soprannominata Momone, più giovane di due anni rispetto a Édith, accompagnò l’adolescenza della futura star sui marciapiedi di Parigi e nelle caserme, quand’erano entrambe cantanti di strada, e la frequentò per tutta la vita. Nell’autobiografia, la Piaf ricorda con simpatia l’«amica» Momone. Aveva vent’anni, la Piaf, quando l’impresario Louis Leplée, notò la voce straordinaria di quella ragazza da marciapiede: le fece un’audizione, la presentò nei cabaret, e da lì ebbe inizio la straordinaria carriera di Édith il cui cognome, Gassion, fu mutato da Leplée in Piaf (passerotto) per la sua corporatura minuta e fragile.

Canzoni come L’Hymne à l’amour, La vie en rose, Milord, L’étranger, Ne me quitte pas, hanno fatto il giro del globo, cantate da quella voce straziata e vibrante che scava nel cuore. Della sua arte ha detto la parola definitiva Jean Cocteau: «Édith Piaf ha la bellezza dell’ombra che si esprime alla luce. Ogni volta che canta sembra che strappi la sua anima per l’ultima volta».

La cantante, che diverrà vittima dell’alcol e della morfina che aveva incominciato ad assumere durante il ricovero ospedaliero per un incidente automobilistico, ebbe molti amori, anche fra i compositori e i cantanti di cui favorì la carriera, e la «sorella» è prodiga di complicità e di particolari. Comunque, Yves Montand, Gilbert Bécaud, Charles Aznavour, Leo Ferré, Eddie Constantine devono molto o quasi tutto alla Piaf. Celebre è rimasta la storia d’amore di lei con Marcel Cerdan, il campione mondiale dei pesi medi, conosciuto nel 1948 e che l’anno dopo morirà in un incidente aereo.

Negli ultimissimi anni, la cantante, che da 1952 al 1956 era stata sposata con il compositore Jacques Pills, si legò al cantante greco Theophanis Lamboukas, da lei scoperto e ribattezzato Théo Sarapo. La «sorella» raccolse questa confidenza: «Con Marcel (Cerdan) ci volevamo molto bene, ma io so benissimo che se non fosse morto mi avrebbe abbandonato. Non perché sarebbe diminuito l’amore, ma perché lui era onesto, e anch’io. Aveva moglie e tre figli e sarebbe ritornato con loro. Se non avessi incontrato Théo, sarebbe mancato qualcosa nella mia vita».

Sposò Théo con rito civile e poi con rito religioso ortodosso nel 1962, lei di 47 anni, lui di 26. La canzone Non je ne regrette rien (Non rimpiango nulla, ricomincio da te), che è del 1960, prelude in qualche modo all’amore per Théo, intensamente corrisposto.

Édith Piaf, devotissima di santa Teresa di Lisieux a cui attribuiva il «miracolo» della guarigione da una grave malattia agli occhi quando aveva quattro anni, morì l’11 ottobre 1963. Jean Cocteau, che doveva leggerne l’elogio alla radio, morì il giorno dopo.

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

ANSA.IT — 16 GENNAIO 2025 —  10.32 :: Medio Oriente, slitta riunione governo Israele per voto su accordo ++ LA 7 OTTO E MEZZO 15 GENNAIO 2025, video, 30 m. : TREGIA A GAZA –Ospiti di Lilli Gruber: Pino Corrias, Mario Sechi, Anna Foa, Lucio Caracciolo

 

 

 

ANSA.IT — 16 GENNAIO 2025 —  10.32

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/01/16/medio-oriente-slitta-riunione-governo-israele-per-voto-su-accordo.-a-gaza_14c4c635-7b14-4a30-a009-76dbb83b76a3.html

 

Medio Oriente, slitta riunione governo Israele per voto su accordo. A Gaza 7 morti nella notte in due attacchi israeliani.

‘Hamas ha rinnegato parti dell’accordo, vuole altre concessioni’. Hamas, ‘impegnati a rispettare l’accordo di tregua’

 

REDAZIONE ANSA

 

Gaza © ANSA/AFP

Gaza © ANSA/AFP

 

PUNTI CHIAVE:: puoi aprire dove ti interessa

 

 

20 - Qatar - Colore Vintage Scuro

QATAR– CAPITALE : DOHA ( AL DAAYEN = IL GRANDE ALBERO )

 

 

 

 

foto di DOHA

skyline of doha in qatar - doha foto e immagini stock

 

 

Doha vista aerea dall'aereoFOTO DALL’AEREO

 

La perla di Doha in Qatar vista aerea

 

 

qatar, doha, exterior - doha foto e immagini stock

 

 

NEL LINK, ALTRE SPLENDIDI IMMAGINI

https://www.gettyimages.it/immagine/doha

 

 

 

AL THANI

MEDIO ORIENTE/ “Ora il Qatar controlla il nuovo leader di Hamas e può influenzare le trattative”

AL THANI — foto di : https://www.ilsussidiario.net/ — ottobre 2024

Tamīm bin Ḥamad Āl Thānī   ( Doha3 giugno 1980) è l’attuale emiro del Qatar.

SEGUE : https://it.wikipedia.org/wiki/Tamim_bin_Hamad_Al_Thani

 

*******

 

 

 

VIDEO, 30 min. ca

LA 7 –. OTTO E MEZZO — 15 GENNAIO 2025 — TREGUA DU GAZA

Lilli Gruber: Pino Corrias, Mario Sechi, Anna Foa , Lucio Caracciolo

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

LIMESONLINE – MAPPA MUNDI / 15 GENNAIO 2025 –Israele – Hamas, accordo su Gaza a un passo– ALFONSO DESIDERIO E IN COLLEGAMENTO LORENZO TROMBETTA + foto della Siria ( Wikipedia ) e oggi- 2022 da PRO TERRA SANCTA

 

 

 

 

I termini dell’accordo annunciato, ma non ancora concluso, su scambio di ostaggi-prigionieri e cessate il fuoco a Gaza tra Israele e Hamas. L’arrivo di Trump e le tempistiche dell’accordo. Il quadro regionale. La ‘vittoria’ militare israeliana sull’asse della resistenza iraniana (Iran, Siria, Hezbollah, Hamas). Sarà possibile ritornare a parlare di Accordi di Abram e pace tra Israele e Arabia Saudita, con il via libera a tutti i progetti economici e geopolitici connessi? Le incognite sulla politica interna israeliana e il futuro di Netanyahu.

 

 

 

 

 

NOTA : 

 

LORENZO TROMBETTA (  Roma, 1976 )

Studioso di Siria contemporanea e autore di Siria. Dagli ottomani agli Asad. E oltre, Mondadori Università. Da Beirut è corrispondente per l’Ansa e collabora con numerose testate nazionali e straniere.

 

 

LIBRI

Siria. Dagli ottomani agli Asad. E oltre - Lorenzo Trombetta - copertina

2013

 

 

 

Immagine

da X  di Lorenzo Trombetta–2 dicembre 2024

https://x.com/TrombettaLorenz/status/1863553951087345760/photo/1

 

pubblicazioni

 

Negoziazione e potere in Medio Oriente. Alle radici dei conflitti in Siria e dintorni, Mondadori Università, 2022.

Siria. Dagli Ottomani agli Asad. E oltre. Mondadori Università, 2013.

Siria nel Medio Oriente, editori Riuniti, 2004

 

 

FOTO DELLA SIRIA, DAMASCO DA WIKIPEDIA– guardate le date

 

Damasco – Veduta

Damasco nel 2008
Vyacheslav Argenberg / http://www.vascoplanet.com/

 

 

undefined

 

 

undefined

Arco romano– 1993
Marina Milella / DecArch

 

 

 

undefined

Resti della Chiesa Bizantina e del Tempio di Giove
Gianfranco Gazzetti / GAR

 

 

undefined

Grande Moschea, casa delle campane. Fu in questo periodo che venne edificata la grande moschea trasformando la cattedrale cristiana di san Giovanni Battista.
Marina Milella / DecArch

 

 

undefined

Veduta di Damasco nel 1511 dal dipinto di un anonimo veneziano: Ricevimento degli ambasciatori a Damasco.
Seguace di Gentile Bellini– https://www.universalcompendium.com/gen_images/ucg/mansueti/001.htm

 

 

undefined

Porta cittadina tra il 1890 e il 1900
Library of Congress Catalog: http://lccn.loc.gov/2002724980

 

 

undefined

Souk Al Hamadeih nella vecchia città araba
aiace telamonio – Flickr

 

 

undefined

La Grande Moschea degli Omayyadi. 2004
DIMSFIKAS di Wikipedia in greco – Opera propria

 

 

undefined

 

 

undefined

La Grande Moschea degli Omayyadi.
La Grande Moschea degli Omayyadi è il principale edificio di culto di Damasco, in Siria. L’edificio fu completamente rivestito di marmi e mosaici in pasta vitrea con conchiglie e madreperle inserite sul fondo oro, di cui si occuparono maestranze bizantine.

 

 

 

undefined

Tipica bottega orientale- 2009
haitham alfalah – haitham alfalah

 

 

 

Il reliquiario di San Giovanni Battista nella moschea degli Omayyadi

Il reliquiario di San Giovanni Battista nella moschea degli Omayyadi- 1943
Captmondo

 

 

Damasco di notte: si notano le costruzioni che rendono moderno l'aspetto della città

Damasco di notte: si notano le costruzioni che rendono moderno l’aspetto della città- 2006
*disegnato~commonswiki

 

 

Bab Tuma (Porta di Tommaso)

Bab Tuma (Porta di Tommaso)– 2005
Heretiq – Opera propria

 

 

La moschea della Takiyya Sulaymaniyya

La moschea della Takiyya Sulaymaniyya- 2010
Mappo – Opera propria

 

 

 

 FOTO DELLA SIRIA OGGI – 2020 / 2022

 

 

Siria, truppe di Damasco a 10 chilometri da Idlib. Tra Putin e Erdogan l'intesa vacilla - la Repubblica

La Repubblica– 12 febbraio 2020

 

 

CARTINA

 

Carta di Laura Canali - 2024

15 gennaio 2025

https://www.limesonline.com/articoli/siria-crollo-regime-milizie-iran-hezbollah-maher-assad-18190931/

Carta di Laura Canali – 2024 

 

 

da : Pro Terra Sancta Logo

LE FOTO DELLA SIRIA OGGI — MARZO 2022

https://www.proterrasancta.org/it/news/la-siria-oggi-cosa-sta-succedendo-come-si-e-arrivati-a-tanto

 

La Siria oggi: cosa sta succedendo? Come si è arrivati a tanto?

 

 

 

 

Damasco case Siria

Damasco

 

 

 

Homs Siria

Homs

 

 

 

Damasco Siria

Damasco

 

 

 

Aleppo contesto emergenza

Terremoto del 2023 ad Aleppo

 

Aleppo

 

Damasco casa azzurra

Damasco

 

 

Homs

 

 

Damasco luogo sacro

Damasco

 

 

Latakia poltrona

Latakla

 

 

Aleppo Siria

Aleppo Est

 

 

Aleppo frate

Aleppo est

 

 

Aleppo

 

 

Homs case

Homs

 

 

 

Aleppo Siria

Aleppo

 

 

Bambini Aleppo pozza

Aleppo

 

 

Scuola sordomuti, er-ram

Scuola per sordomuti ad Aleppo

 

ragazzi Latakia

Latakla

 

Chiesa Knayeh

Knayeh

 

 

un nome e un futuro

Aleppo est

 

Riparazioni abitazioni Aleppo

 

 

 

 

TUTTE LE FOTO SOPRA SONO DI

PRO TERRA SANCTA.ORG

https://www.proterrasancta.org/it/news/la-siria-oggi-cosa-sta-succedendo-come-si-e-arrivati-a-tanto

*** NEL LINK C’E’ UN TESTO FATTO MOLTO BENE

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

video, 30 min. — Gli Stati Uniti sono davvero in declino? La lezione di Marco D’Eramo ( Roma, 1947 ), fisico e sociologo, ha scritto vari libri ( qualcosa sotto ) *** potete scegliere un pezzetto che vi interessa !

 

 

 

PUBBLICATO DA : LUCY SULLA CULTURA
https://www.youtube.com/@lucysullacultura

 

 

 

 

Da più di settant’anni, l’impero americano è in declino. A ogni sconfitta militare o crisi economica, i profeti del tramonto predicono l’ineluttabile fine degli USA. Il problema è che a ogni sconfitta, gli Stati Uniti diventano sempre più forti, e sembra che la catastrofe annunciata non arrivi mai. Marco D’Eramo, scrittore e sociologo, ci spiega come l’impero statunitense continui, imperterrito, a sopravvivere.

 

 

Marco d'Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” e “Mondoperaio”, e collabora con “il manifesto”. Tra le sue pubblicazioni: I nuovi filosofi (Lerici, 1978), L’immaginazione senza potere, mito e realtà del ’68 (Mondoperaio, 1978), la cura di La crisi del concetto di crisi (Lerici, 1980), Gli ordini del caos (manifestolibri, 1991), Via dal vento. Viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti (manifestolibri, 2004) e, con Feltrinelli, Il maiale e il grattacielo (1995) e Lo sciamano in elicottero. Per una storia del presente (1999).

FOTO E NOTIZIE DA:
https://che-fare.com/autore/marco-deramo/

 

 

 

ULTIMI LIBRI, FELTRINELLI 2023

Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi

2023

I terroni dell'impero. Viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti - Marco D'Eramo - copertina

2024

I terroni dell’impero. Viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti

 

 

 

 

se vi interessa qualche tema, potete fare clic sui minuti in blu e si apre

 

00:00 Intro
01:33 Le specificità dell’impero americano
05:35 Il controllo totale dello spazio
08:20 Il controllo del flusso delle merci
11:17 Il sogno americano
13:58 La sottovalutazione della classe dirigente USA
16:27 Crisi e conseguenze della globalizzazione
20:03 L’ascesa del modello capitalistico cinese
23:49 La fuga delle élite
25:52 Gli USA sono i peggiori nemici di se stessi

 

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Il ” Che ” a 22 anni – nel 1951 + Hasta siempre comandante di Carlos Puebla ( 1965 ) – Intillimani + Guantanamera + Cile, El pueblo unido jamàs serà vencido ( 1970 ) di Sergio Ortega e il gruppo Quilapayùn – Intillimani, 1974 + testi e traduzioni

 

 

 

 

 

Ernesto “Che” Guevara a 22 anni, nel 1951

 

 

 foto da :

 

 

foto da PINTEREST

 

 

chi volesse divertirsi a vedere tutte insieme tante foto del Che, apre sotto

 

Che Guevara 02

FORSE LA FOTO PIU’ AMATA  DA TUTTI NOI

 

 

 

 

LA CANZONE PIU’ FAMOSA DEL CHE 

ilDeposito  https://www.ildeposito.org/canti/hasta-siempre-comandante

 

****   Scritta alla viglilia della partenza di Ernesto Che Guevara per la Bolivia

 

Hasta siempre comandante

 

Carlos Puebla

 

Aprendimos a quererte
desde la historica altura
donde el sol de tu bravura
le puso cerco a la muerte.

Aqui se queda la clara,
la entrañable transparencia
de tu querida presencia,
comandante Che Guevara.

Tu mano gloriosa y fuerte
sobre la historia dispara,
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.

Aqui …

Vienes quemando la brisa
con soles de primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa.

Aqui …

Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa,
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario.
Aqui …
Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
“Hasta siempre, Comandante!”

Aqui …

 

 

HASTA SIEMPRE COMANDANTE CHE GUEVARA  — +  GUANTANAMERA —

INTILLIMANI

 

 

 

Abbiamo imparato ad amarti
sulla storica altura
dove il sole del tuo coraggio
ha posto un confine alla morte.

Qui rimane la chiara,
penetrante trasparenza
della tua cara presenza,
Comandante Che Guevara.

La tua mano gloriosa e forte
spara sulla storia
quando tutta Santa Clara
si sveglia per vederti.

Qui rimane la chiara …

Vieni bruciando la nebbia
come un sole di primavera,
per piantare la bandiera
con la luce del tuo sorriso.

Qui rimane la chiara …

Il tuo amore rivoluzionario
ti spinge ora a una nuova impresa
dove aspettano la fermezza
del tuo braccio liberatore.

Qui rimane la chiara …

Continueremo ad andare avanti
come fossimo insieme a te
e con Fidel ti diciamo:
Per sempre, Comandante!

Qui rimane la chiara …

 

 

 

IN CILE NEL 1970

 

Inti-Illimani – El pueblo unido jamás será vencido ( 1970 ), cantato nel 1974

Musica di Sergio Ortega e le parole dal gruppo Quilapayún ( è stata composta insieme ) – 1970

 

 

E’ una delle più note canzoni legate al movimento Unidad Popular e alla presidenza del Cile da parte di Salvador Allende ( 30 novembre 1970 ), morto nel golpe cileno del 1973.

 

 

El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!
De pie, marchar que vamos a triunfar.
Avanzan ya banderas de unidad,
Y tu vendras marchando junto a mi
Y asi veras tu canto y tu bandera
Al florecer la luz de un rojo amanecer
Anuncia ya la vida que vendra

De pie, luchar,
Que el pueblo va a triunfar.
Sera mejor la vida que vendra
A conquistar nuestra felicidad
Y en un clamor mil voces de combate
Se alzaran, diran,
Cancion de libertad,
Con decision la patria vencera

Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
Con voz de gigante gritando: Adelante!
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!

La patria esta forjando la unidad
De norte a sur se movilizara,
Desde el salar ardiente y mineral
Al bosque austral,
Unidos en la lucha y el trabajo iran
La patria cubriran.
Su paso ya anuncia el porvenir.

De pie cantar que el pueblo va a triunfar
Millones ya imponen la verdad.
De acero son, ardiente batallon.
Sus manos van, llevando la justicia
Y la razon, mujer,
Con fuego y con valor,
Ya estas aqui junto al trabajador.

Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
Con voz de gigante gritando: Adelante!
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!

 

 

Traduzione a cura di Ermanno Tassi

 

Il Popolo Unito Non Sarà Mai Vinto

 

Il popolo unido non sarò mai vinto
Il popolo unito non sarà mai vinto!
In marcia a piedi verso il trionfo
Gia avanzano le bandiere dell’unità
E tu verrai marciando con me
E così vedrai il tuo canto e la tua bandiera
Fiorire la luce di un’alba rossa
Annuncia già la vita che verrà

 

A piedi, combattere
Perché il popolo trionfi
La vita che verrà sarà migliore
Per conquistare la nostra felicità
E nel clamore di mille voci di combattimento
Si solleveranno, diranno,
Conzoni di libertà
Con fermezza la patria vincerà

 

E ora il popolo che si solleva nella lotta
Con voce da gigante al grido di: Avanti!
Il popolo unito non sarà mai vinto
Il popolo unito non sarà mai vinto!

 

La patria sta forgiando l’unità
Dal nord al sud si mobiliterà
Dal salar (1) ardente e minerale
Alla foresta australe
Uniti nella lotta ed il lavoro andranno
La patria percorreranno
Il loro passo già annuncia il futuro

 

A piedi  a cantare che il popolo trionferà
Milioni adesso impongono la verità
Sono di acciaio gli ardenti battglioni
Le loro mani vanno,  a portar la giustizia
E la ragione, donna
Con fuoco e valore già sei qui a fianco al  lavoratore.

 

E ora il popolo che si solleva nella lotta
Con voce da gigante al grido di: Avanti!
Il popolo unito non sarà mai vinto
Il popolo unito non sarà mai vinto!

 

 

da :

Home Page Riflessioni.it

https://www.riflessioni.it/testi_canzoni/el-pueblo-unido-jamas-sera-vencido-inti-illimani.htm

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

E spingule francese ( 1888 ) –di Enrico Leva e Salvatore Di Giacomo — esegue : gruppo musicale Napulantica +testo + traduzione –

 

 

 

‘” E spingule francese ” è una canzone in lingua napoletana, ripresa da Salvatore Di Giacomo ed Enrico De Leva da un brano popolare pomiglianese, e pubblicata nel 1888. È considerato uno dei brani più importanti di Di Giacomo.

Salvatore Di Giacomo non scrisse il testo di suo completo pugno bensì riadattò una canzone popolare di Pomigliano d’Arco, già presente nel secondo volume dei Canti popolari delle provincie meridionali di Antonio Casetti e Vittorio Imbriani, pubblicato nel 1872 per Loescher.

Di Giacomo inserisce anche alcune immagini che rendono la sua versione più poetica. Nel testo viene inoltre menzionato più volte il tornese, moneta di rame coniata dalla metà del XV secolo fino alla fine del Regno delle Due Sicilie (1861). Il termine tornese, nel napoletano dell’epoca, significava tuttavia anche “bacio” e su questa ambivalenza è incentrata parte della canzone

 

Canti Popolari Delle Provincie Meridionali, Volume 2

Canti Popolari Delle Provincie Meridionali, Volume 2 Copertina flessibile – 31 agosto 2012

 

 

 

 

DA  WIKIPEDIA 

 

 

 

 

TESTO ORIGINALE

 

Nu juorno mme ne jètte da la casaJènno vennenno spíngule franceseNu juorno mme ne jètte da la casaJènno vennnenno spíngule francese

Mme chiamma na figliola: “Trase, traseQuanta spíngule daje pe’ nu turnese?”Mme chiamma na figliola: “Trase, traseQuanta spíngule daje pe’ nu turnese?Quanta spíngule daje pe’ nu turnese?”Io, che sóngo nu poco veziusoSùbbeto mme ‘mmuccaje dint’a ‘sta casa

“Ah, chi vò belli spingule francese!Ah, chi vò belli spingule, ah, chi vò?!Ah, chi vò belli spingule francese!Ah, chi vò belli spingule ah, chi vò!?”

Dich’io: “Si tu mme daje tre o quatto vaseTe dóngo tutt”e spíngule franceseDich’io: “Si tu mme daje tre o quatto vaseTe dóngo tutt”e spíngule francese

Pízzeche e vase nun fanno purtóseE puo’ ghiénchere ‘e spíngule ‘o paesePízzeche e vase nun fanno purtóseE puo’ ghiénchere ‘e spíngule ‘o paeseE puó ghiénchere ‘e spíngule ‘o paese

Sentite a me ca, pure ‘nParaviso‘E vase vanno a cinche nu turnese!“Ah, Chi vò’ belli spíngule francese!Ah, Chi vò’ belli spíngule, ah, chi vò?!Ah, chi vò belli spíngule francese!Ah, chi vò belli spíngule, ah, chi vò?!”

Dicette: “Bellu mio, chist’è ‘o paeseCa, si te prore ‘o naso, muore acciso!”Dicette: “Bellu mio, chist’è ‘o paeseCa, si te prore ‘o naso, muore acciso!”

E i rispunnette: “Agge pacienza, scusa‘A tengo ‘a ‘nnammurata e sta ô paese”E i rispunnette: “Agge pacienza, scusa‘A tengo ‘a ‘nnammurata e sta ô paese‘A tengo ‘a ‘nnammurata e sta ô paese

E tene ‘a faccia comm”e ffronne ‘e rosaE tene ‘a vocca comm’a na cerasaAh, chi vò belli spîngule francese!Ah, chi vò belli spíngule, ah, chi vò’?!

Ah, chi vò belli spíngule francese!Ah, chi vò belli spíngule, ah, chi vò’?!”

 

 

Italiano

 

Un giorno me ne andai da casaAndai a vendere le spille da baliaMi chiama una ragazza: Entra, entra!

Quante spille mi dai per un tornese?Ed io che sono un tipo un poco viziosoSubito mi infilai nella casaAh, chi vuole belle spille da balia!Ah, chi vuole belle spille, ah, chi vuole!

Dico io: “Se mi dai tre quattro baciTi do tutte le spille da baliaPizzicotti e baci non fanno buchiE puoi riempire di spille il paeseSentite me, che anche in paradisoI baci costano a cinque al tornese”Ah, chi vuole belle spille da balia!Ah, chi vuole belle spille, ah, chi vuole!

Disse:” Cuore mio, questo è il paeseChe se ti prude il naso, muori ucciso!”E io risposi:” Abbi pazienza, scusaLa tengo la fidanzata e sta al paeseEd ha il viso come le foglie di rosaEd ha la bocca come una ciliegia!Ah, chi vuole belle spille da balia!Ah, chi vuole belle spille, ah, chi vuole!

 

Compositori: Di Giacomo / De Leva

 

 

TESTO E TRADUZIONE:  

NAPOLIGRAFIA

‘E spingule francese

 

 

 

 

 

nota :

GRUPPO MUSICALE  ” NAPOLANTICA  “

 

segue da:

https://www.salotto12.it/index.php?option=com_content&view=article&id=323:napulantica&catid=81&Itemid=1193

 

 

 

Il gruppo musicale Napulantica nasce con lo scopo di preservare e diffondere la Canzone Classica Napoletana nella sua forma più pura, così come concepita dagli stessi Autori.
Il repertorio, che spazia dalle arie del ‘600 ai successi dei primi decenni del ‘900, esegue brani prescelti, molto spesso in sonorità acustica, mediante l’uso degli strumenti caratterizzanti tale genere musicale: il mandolino, la chitarra, il flauto traverso, la fisarmonica, il tamburello, la tammorra, le nacchere.

 

LA TAMORRA / NOTA

La tammorra è lo strumento principe della tradizione campana e vanta origini antichissime. Accompagnava il duro lavoro dei campi, ma era anche il mezzo per l’approccio amoroso, la conquista della donna e dell’uomo che solo in queste occasioni godevano di una relativa libertà. Ci s’incontrava sulle aie, nei campi quando, al termine della raccolta stagionale, si festeggiava. Era legato ai culti lunari e ritenuto strumento essenzialmente femminile. Oggi diffusa in tutto il Mediterraneo, la tammorra, detta anche tammurro, accompagna sia il canto che il ballo tradizionale ed è usata da sola o con altri strumenti a percussione. Le origini della tammurriata si perdono, quindi, nella notte dei tempi; essa è senza dubbio una delle più sensuali e seducenti forme di ballo ed affonda le sue origini nelle antiche danze greche e, probabilmente, nelle antiche danze delle genti campane, come i Sanniti.
Per nostra fortuna, e nonostante i secoli trascorsi, la tammurriata ha mantenuto i tratti fondamentali delle antiche danze, continuando a rappresentare i riti della sessualità e della fertilità connessi alla terra intesa come madre di ogni cosa e, quindi, fonte della vita.

La storia della tammorra, rivissuta attraverso lo studio dei reperti archeologici e delle opere d’arte presso quei paesi che si affacciano sul Mare Mediterraneoprende inizio da alcune statuette fenicie di figure femminili, raffiguranti, forse, sacerdotesse della dea Astarte recanti un disco riconducibile ad un tamburo a cornice, conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Alcune pitture di origine greca mostrano donne nell’atto di suonare un tamburo simile all’attuale tammorra denominato tympanon.

 

SEGUE : 
chrome extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/
https://www.il900casalese.it/public/file/storiaTammorra.pdf

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti – 14 gennaio 2025 16.00 — grazie di condividere così anche noi partecipiamo mentre conosciamo. chiara

 

 

link  X 

ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti

ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti

 

Il #7gennaio 1944 #DinoBellucci fu condotto alla Casa dello Studente a #Genova e torturato per una settimana intera dalle #SS, nel vano tentativo di fargli rivelare i nomi dei suoi compagni. Il #14gennaio 1944 venne fucilato presso il forte di San Martino con altri 7 #patrioti.

 

Immagine

 

 

 

 

 

segue da:

 

 

File:ANPI LOGO.svg

 

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Comitato Provinciale di Genova

 

 

ANPI GENOVA– 4 GENNAIO 2019

Forte San Martino (Genova) 14 Gennaio 1944

https://www.anpigenova.it/2019/01/04/forte-san-martino-genova-14-gennaio-1944/

 

 

Forte San Martino (Genova) 14 Gennaio 1944

 

I carabinieri rifiutano di sparare sugli antifascisti condannati a morte il 14 gennaio 1944 A San Martino .

Nelle prime ore del 14, Il comandante della Legione dei Carabinieri di Genova (che non era stata ancora disciolta dai tedeschi) ordinò per telefono al Tenente Giuseppe Avezzano Comes di recarsi con un plotone di 20 carabinieri al forte di San Martino Per eseguire un “urgente servizio di ordine pubblico”. Giunto sul posto il plotone trova la località deserta; solo dopo un’ora circa quando già i Carabinieri stavano per rientrare in caserma giunsero con alcune macchine numerosi ufficiali e militari tedeschi e fascisti che accompagnavano otto persone in ceppi.

 

Quindi un colonnello della milizia fascista, in divisa, qualificandosi per il Console Grimaldi, ordinò al tenente Avezzano di procedere alla esecuzione immediata mediante fucilazione di 8 traditori che il tribunale fascista aveva condannato a morte durante la notte per vendicare un attentato avvenuto in Genova il giorno prima contro 2 ufficiali tedeschi.

A tale ordine il coraggioso tenente dei Carabinieri oppose immediatamente un secco rifiuto dichiarando di non riconoscere la legittimità di tale ordine né di chi lo impartiva, né del tribunale che lo aveva emesso.

Non valgono le grida feroci degli ufficiali tedeschi e fascisti che minacciano di far fucilare il tenente assieme agli otto patrioti: l’ufficiale mantiene fermo il suo rifiuto. Insultato e duramente percosso egli viene disarmato dalle SS e, per ordine di Grimaldi, rinchiuso in una vicina casamatta del forte.

Gli uomini delle SS e della G.N.R. dispongono allora i condannati di fronte, due alla volta, e li massacrano costringendoli a salire sui corpi dei compagni caduti mentre questi ancora si dibattono nell’agonia.

Il tenente Avezzano Comes subì poi le torture della Feldgendarmerie restando imprigionato sino alla Liberazione. Si ignora la sorte dei 20 carabinieri. Con il loro aperto rifiuto di eseguire l’ordine del Tribunale repubblicano essi erano ormai idealmente schierati al fianco degli otto martiri della Libertà.

Chi erano queste prime vittime della ferocia nazifascista? Indubbiamente la loro morte arrecava un duro colpo alla organizzazione clandestina genovese perché fra loro vi erano uomini del C.L.N. , responsabili di gruppi patriottici delle varie zone della città e attivi dirigenti del Movimento Operaio Clandestino. Il loro comportamento innanzi ai carnefici confermò, del resto, che si trattava di uomini pienamente coscienti, sul piano ideologico e politico, delle loro responsabilità nella lotta antifascista.

Provenivano dalle più diverse categorie sociali e aderivano a ideologie diverse: il più duramente colpito dalla loro morte era però ancora una volta il Partito Comunista Italiano che perdeva fra loro alcuni dei suoi più attivi dirigenti e militanti.

Uno di questi era il prof. Dino Bellucci, insegnante al Convitto Nazionale, responsabile della stampa clandestina del P.C.I. a Genova.

Dalle feritoie egli può vedere ciò che avviene nel cortile: Il Console della milizia fa schierare di spalle al muro gli otto patrioti e ordina il fuoco al plotone dei Carabinieri: ma questi rivolgono le armi contro il cielo. Ad essi si rivolge allora uno dei condannati, il prof. Bellucci che, con mirabile altruismo comprende quanto sta avvenendo nelle loro coscienze ed il rischio a cui perciò si espongono: “ragazzi, fate presto, mirate diritto al cuore, se non mi uccidete voi mi uccideranno gli altri”. Invano strepitano Grimaldi e gli altri ufficiali nazisti e fascisti, sono costretti a sospingere via i carabinieri e a procedere essi stessi all’esecuzione.

Giovanni Bertora è invece un giovane iscritto al Partito d’Azione. Proprietario della tipografia “Grafotecnica” di via Assarotti stampa manifesti e giornali clandestini, tra cui “Italia Libera”, organo di Giustizia e Libertà.E’ sposato e padre di una bambina nata il giorno stesso in cui egli viene arrestato. Condotto nel carcere di Marassi è torturato nel più atroce dei modi: ma egli non rivela alcunché; continua a insistere che i giornali clandestini sequestrati venivano da lui stesso stampati senza l’aiuto di alcuno.

Luigi Marsano di 33 anni, era un operaio saldatore elettrico della ”Termos”. Nel Quartiere della Marina tutti lo conoscevano con il nome di “Luigin”. Effettuava trasporti di armi e di stampa clandestina per le formazioni partigiane, mantenendo i collegamenti con il C.L.N. del Porto. Anche lui dopo l’arresto era stato ferocemente torturato. Prima di morire riuscì a far pervenire questo biglietto a sua madre:

 

Cara madre
ti ho sempre pensato fino alla ultima ora della mia vita, non piangere pensa ai nipotini al padre alla famiglia alle sorelle al fratello. Non so dirti altro in questo momento. Perdonami.

Il tuo figlio Luigi

Romeo Guglielmetti, il tranviere, era notissimo presso tutti gli operai ed il personale della UITE nella quale era il responsabile dell’organizzazione clandestina antifascista.
Per incarico del P.C.I. aveva organizzato forti gruppi di patrioti nella zona della Val Bisagno.

 

Amedeo Lattanzi è uno dei più vecchi del gruppo. Militante nel Partito Comunista dal 1921 ha sempre partecipato alla lotta.Dopo l’8 settembre fa della sua edicola di piazza Di Negro il centro di smistamento per le zone del ponente dei fogli clandestini “Unità” e “Italia Libera” e dei manifesti del C.L.N.

L’edicola è uno dei punti principali di collegamento e di rifornimento per i gruppi partigiani. Prima di morire viene duramente torturato alla Casa dello Studente. Il suo ultimo scritto indirizzato ai familiari fu recuperato grazie alla costanza e al coraggio di sua moglie la quale ripetutamente all’indomani della fucilazione ne reclamò la restituzione presso il frate cappellano della G.N.R.Egli subdolamente tentò di ottenere dalla signora Lattanzi delle informazioni sui partigiani e non consegnò la lettera se non dopo che la stessa riuscì ad allontanare ogni sospetto di essere al corrente per l’attività del marito.
La lettera dice:

“Io sottoscritto Lattanzi Amedeo Condannato a morte lascio tutto ai miei figli Italia, Emilio, Maria e mia moglie eredi. Muoio tranquillo e a voi figlie e figlio e moglie e parenti tutti chiedo perdono di quanto soffrite per me, non lutto ma fede in Dio. A te cognato Eligio lascio la guida, e prendi in consegna il mio cadavere. Vi bacio tutti, vostro disgraziato marito e padre.

Lattanzi Amedeo – Addio – Addio”

Il figlio di Lattanzi, Emilio, sarà fucilato il 23 di dicembre 1944 a Schonfield (Germania) dove era stato deportato l’8 settembre 1943.

Degli altri tre fucilati di San Martino vi sono più scarse notizie; si tratta di patrioti organizzati clandestinamente, arrestati in diverse zone della città dalle SS.

Giacalone è molto noto nella zona di Staglieno in cui svolgeva la sua attività clandestina, Veronello è un gappista, l’oste Mirolli aveva fatto del suo locale un punto di ritrovo e di collegamento dei patrioti.

L’atroce rappresaglia compiuta il 14 gennaio ha una forte ripercussione in città e in montagna. Ma non nel senso sperato dai fascisti: uno dei primi distaccamenti della Divisione Cichero prende il nome di “Dino Bellucci”; anche la 386° Brigata SAP prenderà, più tardi, il nome del professore comunista; a San Fruttuoso si costituisce un primo nucleo partigiano che diventerà la Brigata SAP “Guido Mirolli”. Nella zona di San Teodoro gli amici e i compagni di Amedeo Lattanzi formano una Brigata che prenderà il suo nome. Così nella Val Bisagno, tranvieri e giovani che Romeo Guglielmetti aveva organizzato e incitato alla lotta antifascista danno vita ad una valorosa Brigata che si chiamerà “Romeo Guglielmetti”.

(L’episodio è stato ricostruito da Callisto Saettone sulla base di testimonianze documenti e con la testimonianza del tenente Avezzano Comes).

fonte: “cronache militari della Resistenza in Liguria” di Giorgio Gimelli

 

Giorgio Gimelli (a cura di Franco Gimelli)
2 voll., Carocci, Roma
2005

Subito dopo l´8 settembre 1943, e sino ai giorni a cavallo della Liberazione, si sviluppa e si rafforza in Liguria e zone limitrofe (Basso Piemonte, Oltrepò pavese, Garfagnana) un forte movimento di resistenza armata. Il libro di Giorgio Gimelli fornisce un quadro esaustivo e un’organica documentazione di tutte le vicende in cui si è dipanata la lotta di liberazione nelle quattro Zone operative della Liguria, che videro protagonisti non solo i partigiani sulle montagne, ma anche quanti si impegnarono nell’attività clandestina nelle città, oltre alle popolazioni contadine che, nonostante le indiscriminate rappresaglie e distruzioni messe in atto dai nazisti e dai fascisti, non cessarono mai di offrire il loro aiuto alle forze della Resistenza. Pur basandosi sulle precedenti Cronache militari della Resistenza in Liguria, opera da tempo esaurita, il presente volume, rielaborato ad opera del curatore sulla scorta delle indicazioni e in base agli appunti lasciati dall’autore, presenta sostanziali novità dovute al vaglio del materiale conservato in archivi solo recentemente aperti ai ricercatori, agli ulteriori contributi di alcuni lucidi protagonisti di quella stagione, nonché a una puntigliosa ricerca di nuove informazioni: in tal modo il libro è destinato a rimanere un preciso punto di riferimento per storici, ricercatori e studenti.

 

Genova nella seconda guerra mondiale. Una città in guerra. Una città nella resistenza

Genova nella seconda guerra mondiale. Una città in guerra. Una città nella resistenza

Brizzolari Carlo

Valenti Editore

Genova, 1992; 4 voll., ril., pp. 532, ill. b/n, tavv. b/n, cm 25×32.

 

NOTIZIA DEL LIBRO :

AMEZENA.NET// A Mae Zena

https://www.amezena.net/tag/tenente-giuseppe-avezzano-comes/

 

*******

 

DA:

PIETRE DELLA MEMORIA: 

 

 

TENENTE GIUSEPPE AVEZZANO COMES ( 1915 – 2010

 

Lastra commemorativa a ricordo di Giuseppe Avezzano Comes – Genova

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

video, 21 min. / RAI — Mixer – Faccia a faccia Intervista a Franco Piperno di Giovanni Minoli

 

 

 

Franco Piperno, Professore di Fisica all’Università di Cosenza, è descritto da Minoli come “la testa pensante dell’Autonomia”. Piperno contesta subito la descrizione fatta da Minoli per introdurre la sua persona: “tutto quest’affare è molto spettacolare, l’aspetto di deformazione della notizia è assai rilevante”. Piperno parla della sua attività politica, della sua latitanza a Parigi e dei reati di cui è stato accusato in relazione al suo ruolo di leader di Potere Operaio.

 

apri qui

https://www.raiplay.it/video/2017/12/Mixer-Intervista-a-Franco-Piperno-b38ac99e-854f-46bb-b722-a6f3c8623928.html

 

 

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

da : 1– Francesco✍️ Un Poetico Sentire©️ @Frances52779614; 2– FINEARTAMERICA.COM — 4 MAGGIO 2011 Un’illusione di via d’uscita ( A WAY OUT OF ILLUSION ) di EVGENIA BABICHEVA + altre foto della stessa artista

 

 

 

 

 

1.

link di Francesco sul suo X

ultimi frammenti

Francesco✍️ Un Poetico Sentire©️ @Frances52779614

 

 

#photo

Evgenia Babicheva

Sulla strada…

 

Immagine

 

 

 

2.

 

Fine Art America - Acquista arte online

https://fineartamerica.com/featured/a-way-out-illusion-evgenia-babicheva.html

 

 

 

Evgenia Babicheva - Artista

evgenia babicheva

 

 

 

 

 

 

LINK:

<a href=’https://fineartamerica.com/featured/a-way-out-illusion-evgenia-babicheva.html’><img class=’imageShare’ src=’https://render.fineartamerica.com/images/rendered/share/1886996&domainId=1′ alt=’Canvas Art’ title=’Canvas Art’ style=’border: none;’></a>

 

 

 

 

 

 

” Quasi Alice “– 2011

 

 

 

 

 

 

Cocoon è una fotografia di Evgenia Babicheva caricata il 28 aprile 2011.

 

 

 

 

 

 

Stretched è una fotografia di Evgenia Babicheva caricata il 28 aprile 2011.

 

 

 

 

 

 

**** altre bellissime foto le trovate nel link di:

 

FINE  ART AMERICA — 2011

https://fineartamerica.com/featured/a-way-out-illusion-evgenia-babicheva.html

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

DONATELLA D’IMPORZANO — LA SARTA MERAVIGLIOSA, favola- racconto bello e terapeutico–

 

 

 

Illustrazione di René Grau per  Miss Dior, 1955
https://www.dorature.com/post/ren%C3%A9-gruau-ispirazione-e-sogno

 

 

 

 

LA SARTA MERAVIGLIOSA

 

C’era una volta, in un paesino di cui non ricordo il nome, una sarta che campava a stento con il suo lavoro. Era una persona a modo, graziosa e gentile col prossimo. Il paese  era molto povero, per cui la sarta era modesta nei  prezzi e cercava sempre che le sue clienti fossero in grado di pagarla. Dato che era l’unica in paese che facesse  quel lavoro , aveva tante clienti, anche se alla fine della giornata era tanto se le usciva il pranzo con la cena.

Era una che si accontentava di quello che aveva, ma a volte si sentiva stanca per il troppo lavoro e delusa per non potere mai mettere da parte qualche soldo. Avrebbe voluto andare anche lei un po’ in vacanza, ma quando arrivava l’estate non aveva un soldo da poter spendere per pagarsi un viaggio. Si autoconvinceva che il suo era il paese più bello del mondo e che in fondo era già un privilegio poter vivere tutto l’anno in un posto come quello.

Un giorno venne da lei una cliente che le era particolarmente simpatica: si trattava di un tipetto sveglio ed intelligente, ma molto timido, che faceva quasi fatica ad esprimere quello che voleva. Alla sarta venne in mente che doveva fare qualcosa per quella donna, perché era ingiusto che  non fosse apprezzata per quello che valeva. “ Del resto-pensò- è un po’ la mia storia. Anch’io non sono pagata per quanto faccio. Forse è per questo che lei mi è così simpatica”.

Detto questo, si mise a prenderle le misure e scelse una stoffa molto bella, che teneva nel suo baule da un  po’ di tempo. La cliente fu d’accordo che quel tessuto valorizzava il suo incarnato, fu contenta del modello scelto dalla sarta e disse che sarebbe tornata tra una settimana. Ringrazio, salutò molto gentilmente  e se ne andò. La sarta quella settimana lavorò soltanto a quel capo. Si disse che doveva metterci tutto l’impegno di cui era capace per creare un capolavoro. Tagliò, cucì, scucì, ricucì fino a che non si sentì intimamente soddisfatta. “ Adesso- pensò- deve solo indossarlo”.

Aspettò con ansia la cliente e quando finalmente arrivò il cuore le batteva forte. Il vestito andava a pennello, ma la cosa più bella e anche più strana era che quella persona, timida e insicura, come se la ricordava, non c’era più. La sua cliente era diventata sicura di se’, riusciva ad esprimere le proprie opinioni, aveva un’aria serena e sembrava in grado di affrontare il mondo.

Naturalmente pagò il prezzo  pattuito, la ringraziò (perché fortunatamente era rimasta gentile), ma non si era accorta del grande cambiamento che il vestito le aveva procurato.

La sarta un po’ fu delusa da quel mancato riconoscimento, poi si rincuorò. “ In fondo- si disse-  ho provato a me stessa quello che sono capace di fare. Farò anche per me un abito speciale, come alla mia cliente e poi vedremo”. Così fece e da allora è diventata una sarta richiestissima e pagatissima. Va in vacanza all’estero tutti gli anni, è piena di ammiratori, compare sulle copertine dei giornali di moda, però continua a lavorare anche per i suoi compaesani. Non si dà arie, ma si dà della stupida per non averci pensato prima.

Pubblicato in GENERALE | 3 commenti

FRANCESCA ALBANESE @FranceskAlbs pubblica sul suo X — link sotto — Una frase del min. degli Esteri Tajani e chiede a tutti di vedere la puntata deel 12 gennaio ’25 di Report

 

 

 

REPORT —  REPORT  — RAI.IT — 12 GENNAIO 2025

apri qui

https://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Questione-di-lobby-9fbdb9dc-3765-4377-823e-58db0561a4f2.html

 

DI GIORGIO MOTTOLA

 

Collaborazione di Silvia Scognamiglio e Greta Orsi
Immagini di Massoud Al-Jarosha, Chiara D’Ambros, Carlos Dias e Alfredo Farina
Montaggio e grafica di Giorgio Vallati

 

 

Il rapporto tra le istituzioni europee e il governo dello Stato ebraico a partire dagli anni 2000 è molto cambiato.

Mentre prosegue il massacro di palestinesi nella striscia di Gaza, l’Europa ha assunto una posizione di aperto appoggio a Israele. Il rapporto tra le istituzioni europee e il governo dello Stato ebraico è molto cambiato a partire dagli anni 2000 quando a Bruxelles hanno aperto la propria sede molti gruppi di pressione a favore di Israele che in breve tempo sono riusciti a mettere radici nel Parlamento e nella Commissione europea

 

PUBBLICATO DA:

 

”  –ll Ministro degli Affari Esteri italiano

@Antonio_Tajani

afferma, dinanzi alle telecamere di

@reportRai3

 che “Israele non ha compiuto crimini di guerra” e che “non c’è alcun potenziale genocidio a Gaza.” Si seppelliscono così (vivi e urlanti) decenni di prestigiosa tradizione giuridica italiana, che tanto ha contribuito allo sviluppo del diritto e della giustizia internazionali.

PS: L’Italia intera dovrebbe guardare questa puntata:

rai.it/programmi/repo

 

 FRANCESCA ALBANESE ( Ariano Irpino, 1977 )

è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.

segue: 
https://it.wikipedia.org/wiki/Francesca_Albanese

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Gianluca Albertini — LINK SOTTO – 30 giugno 2024– grazie caro Gianluca per farcelo vedere così chiaramente, io non mangio carne, ma…non è una battaglia facile con tutti gli interessi di ” grandi ” che ci sono a mezzo, ciao

 

 

LINK FACEBOOK DI GIANLUCA ALBERTINI

Gianluca Albertini

 

Un tremendo olocausto animale che fa impallidire quello nazista per il numero di vite stroncate vigliaccamente e prematuramente e per il ripetersi di anno in anno!

 

 

 

DURATA DELLA VITA IN ALLEVAMENTI / ASPETTATIVA DI VITA IN NATURA

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

SETTEMBRE-OTTOBRE 2024 — LA COMETA DEL SECOLO, come è chiamata, è apparsa nei cieli d’Italia da nord a sud– foto varie, vari fotografi

 

 

 

LIVORNO TODAY.IT  16 OTTOBRE 2024

redazione

https://www.livornotoday.it/cronaca/foto-cometa-secolo-cielo-livorno.html

@LIVORNOTODAY

 

 

La cometa del secolo nel cielo di Livorno, il meraviglioso scatto dal Pendola dopo il tramonto

 

 

 

 

 

I soci A.L.S.A. hanno fotografato la cometa C/2023 A3 (Tsuchinshan-Atlas) durante la serata osservativa del 15 ottobre, dalla zona Pendola a sud di Livorno. Qui è stato possibile ammirarla con la sua lunga coda sopra il mare dopo il tramonto. La cometa si trova ad una distanza di 75 milioni di km dalla Terra ma si sta allontanando, dato che ha raggiunto la minima distanza da noi il 12 ottobre scorso. Il nome della cometa deriva dai telescopi che la hanno scoperta a febbraio 2023,

 

 

Cometa c2023A3 Atlas

I due fenomeni sono stati immortalati dalla Terrazza Mascagni

 

È  tornata a farsi vedere in tutto il suo splendore. La cometa del secolo è stata avvistata nuovamente nel cielo di Livorno come testimoniano gli scatti realizzati da Sergio Fattorini e Daniele Dini alla Terrazza Mascagni nella serata del 20 ottobre. Quest’ultimo è arridirittura riuscito a fotografare il corpo celeste insieme alla via Lattea.

 

462553541_751844207099629_6158116987093414854_nLa cometa (a destra) insieme alla via Lattea (a sinistra)

 

Il nome della cometa, C/2023 A3 Tsuchinshan – Atlas, deriva dai telescopi che la hanno scoperta a febbraio 2023, Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System (ATLAS) e Tsuchinshan Chinese Observatory (Purple Mountain Observatory della accademia delle scienze cinese). Probabilmente sarà ancora visibile qualche volta se le condizioni meteo lo permetteranno ma dopo sarà praticamente impossibile visto che la sua luminosità diminuirà dal momento che si sta allontanando dalla Terra.

 

Cometa 3 (ridimensionato)La cometa

 

 

 

 

segue foto da : FOCUS JUNIOR — link al fondo:::

 

 

 

 

 

Cometa C/2023 A3 in Nevada

La cometa C/2023 A3 fotografata il 13 ottobre dalla National Conservation del Red Rock Canyon, in Nevada (Stati Uniti).
Credits: Getty Images

 

 

 

La cometa C/2023 A3) in Cina

La cometa C/2023 A3) fotografata il 13 ottobre sopra l’isola di Nan’ao Shuangyong Pier in Cina.
Credits: Getty Images

 

 

 

La cometa C/2023 A3 a Madrid

La cometa C/2023 A3 fotografa il 28 settembre nel cielo sopra Madrid, in Spagna.
Credits: Getty Images

 

 

da:

FocusJunior.it

 

Le foto della cometa del secolo: uno spettacolo visibile a occhio nudo

********

segue da :

FANPAGE.IT — 12 OTTOBRE 2024

https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/il-12-ottobre-e-il-giorno-migliore-per-vedere-la-cometa-del-secolo-a-che-ora-vederla-in-diretta/

Immagine
La cometa del secolo. Credit: cafuego

******

DA:

15 OTTOBRE A TRANI

https://ledicola.it/attualita/la-cometa-del-secolo-attraversa-i-cieli-della-puglia-lo-spettacolo-al-tramonto/

Ha fatto capolino anche nei cieli della Puglia la cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas, denominata la Cometa del secolo. Numerose le foto che stanno girando sul web. Tra queste lo scatto realizzato da Luca Tarantini ieri sera alle 19:13, poco dopo il tramonto, sul Molo San Nicola il Pellegrino a Trani. «Era da cinque giorni che…

DA :

https://ledicola.it/attualita/la-cometa-del-secolo-attraversa-i-cieli-della-puglia-lo-spettacolo-al-tramonto/

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

CLAUDE MONET, IL PARLAMENTO DI LONDRA –( 1902- 1903- 1904 -1905 ) –Monet verso l’astratto :: le immagini sono disposte casualmente come trovate, non in funzione di un movimento verso l’astratto, ch.

 

 

 

 

Claude Monet

FOTO NADAR, 1899

Oscar-Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926)

 

“Ai primi del secolo Monet trascorre vari inverni a Londra, affascinato dalla visione del Tamigi immerso nella nebbia caratteristica della metropoli inglese.

Fissava le sue visioni in schizzi e tele spesso lavorando su una terrazza dell’ospedale St. Thomas, situato sulla sponda opposta del fiume, vicino al ponte di Westminster.

Nel 1904 espone trentasette vedute del Tamigi da Durand-Ruel, realizzate a Giverny rielaborando la nutrita serie di studi eseguiti durante i soggiorni inglesi. In una lettera al gallerista racconta come portasse avanti contemporaneamente tutti i quadri della serie, scegliendfo via via dagli studi che teneva intorno a sé i particolari che gli parevano più adatti.

( Philippe Daverio racconta Monet, Corriere della sera, Giunti Editore, dicembre 2020, pag. 56 )

 

 

 

 

undefined

IL PARLAMENTO DI LONDRA, 1904,  Musée Dorsay, Paris

 

 

Il Parlamento di Londra è un dipinto a olio su tela (81 x 92 cm) realizzato nel 1904 dal pittore francese Claude Monet. È conservato nel Musée d’Orsay di Parigi.

Il paesaggio londinese è completamente immerso nella nebbia e i profili dei palazzi sono appena intuibili. Anche se in questo quadro atmosfera e luce di un determinato momento avrebbero dovuto essere il punto di partenza, Monet concentra le impressioni  in intrecci cromatici astratti. Il motivo architettonico non articola più lo spazio graficamente, come le imbarcazioni e i ponti dei quadri precedenti, ma lo suddivide in poche superfici estese. Architettura, acqua e cielo diventano superfici di proiezione per un velo cromatico ondeggiante di Monet e sono concrete altrettanto quanto la luce della nebbia. Le torri di stile neogotico del Parlamento si dissolvono quasi spettrali nella nebbia con la loro notevole altezza. Soggetto e ambiente circostante sono ricoperti da veli di colore stesi con piccoli tratti, in cui si intrecciano tutti i colori del prisma.

da :

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_Parlamento_di_Londra

 

 

 

 

 

Brooklyn Museum - Houses of Parliament Sunlight Effect (Le Parlement effet de soleil) - Claude Monet.jpg

Le Parlement effet de soleil, 1903 – BROOKLYN MUSEUM

 

 

 

 

Claude Monet - Houses of Parliament, London.jpg

1901-02

 

 

 

 

Brouillard, London Parliament, Claude Monet.jpg

BROUILLARD ( NEBBIA ) – 1904

 

 

 

 

 

 

Claude Monet - Houses of Parliament in the Fog - High Museum of Art.jpg

IL PARLAMENTO INGLESE NELLA NEBBIA, 1903

 

 

 

 

 

Claude Monet - Le Parlement, coucher de soleil - Kunsthaus Zürich.jpg

LE PARLEMENT, COUCHER DE SOLEIL, 1904 – KUNSTHAUS, ZURIGO

 

 

 

 

 

Claude Monet - Le Parlement, coucher de soleil.jpg

Le Parlement, coucher de soleil, 1904, KUNSTHAUS, ZURIGO
-forse sono due foto diverse, ma il quadro sembra lo stesso- ?

 

 

 

 

Claude Monet - The Houses of Parliament, Sunset.jpg

IL PARLAMENTO INGLESE AL TRAMONTO,  1903

 

 

 

 

Claude Monet Houses of Parliament.jpg

IL PARLAMENTO INGLESE, 1905

 

 

 

 

Claude Monet Parlamentsgebäude.jpg

EDIFICIO DEL PARLAMENTO A LONDRA, OLIO SU TELA, 80 x 91 cm, 1904 – KUNSTMUSEEM, KREFELD

 

 

 

 

 

Claude Monet, Houses of Parliament, London, 1900-1903, 1933.1164, Art Institute of Chicago.jpg

PARLAMENTO DI LONDRA, 1900-1903 -ART INSITUTE OF CHICAGO

 

 

 

 

Claude Monet, Londres, Le Parlement, Reflets sur la Tamise, 1905, huile sur toile, Musée Marmottan Monet, Paris.jpg

Le Parlement, Reflets sur la Tamise, 1905, huile sur toile, Musée Marmottan Monet, Paris

 

 

 

 

ClaudeMonet-1900-Houses of Parliament, Symphony in Rose.png

ClaudeMonet-1900-Houses of Parliament, Symphony in Rose

 

 

 

 

Houses of Parliament in the Fog by Claude Monet, High Museum of Art.jpg

Houses of Parliament in the Fog by Claude Monet, oil on canvas, 1903, High Museum of Art- IL PARLAMENTO DI LONDRA NELLA NEBBIA, OLIO SU TELA

 

 

 

 

Le Parlement de Londres Monet.jpg

Le Parlement de Londres Monet, 1904

 

 

 

 

Lille PdBA monet parlement de londres.JPG

PALAIS DES BEAUX ARTS IN LILLE ) Monet Parlement de Londres, 1904

 

 

 

 

Monet - Das Parlamentsgebäude in London, 1904.jpg

IL PALAZZO DEL PARLAMENTO A LONDRA, 1904

 

 

 

 

Monet - Le Parlement de Londres, effet de brouillard, 1903.jpg

Le Parlement de Londres, effet de brouillard, 1903

 

 

 

 

Monet - Le Parlement de Londres.jpg

Le Parlement de Londres, 1904

 

 

 

 

Monet - Parlament in London - Stürmischer Tag.jpg

IL PARLAMENTO DI LONDRA,  IN UN GIORNO BURRASCOSO, 1904

 

 

 

 

 

Monet - Parlament in London Wolken verhangene Sonne.jpg

IL PARLAMENTO DI LONDRA CON IL SOLE COPERTO DA NUVOLE, 1904 ca

 

 

 

 

Monet Houses of Parliament, Sunset.jpg

IL PARLAMENTO DI LONDRA AL TRAMONTO, 1902

 

 

 

 

Seagulls, the Thames & Houses of Parliament by Claude Monet, Pushkin Museum.JPG

IL FIUME TAMIGI E IL PARLAMENTO DI LONDRA, 1904, MUSEO PUSHKIN, MOSCA

 

 

 

 

The Houses of Parliament (Effect of Fog) MET DT1893.jpg

IL PARLAMENTO DI LONDRA, EFFETTO DELLA NEBBIA, 1893, METROPOLITAN MUSEUM, NEW YORK

 

 

 

The Houses of Parliament (Effect of Fog).JPG

IL PARLAMENTO DI LONDRA, EFFETTO DELLA NEBBIA, 1903-04, METROPOLITAN MUSEUM

 

 

 

The Houses of Parliament, Sunset, by Claude Monet (4991416847).jpg

IL PARLAMENTO AL TRAMONTO, 1903

 

 

 

 

Un songe de Londres (159929301).jpg

Londres, le Parlement, trouée de soleil dans le brouillard (1904) par Claude Monet Musée d’Orsay, Paris

 

 

 

Westminster Parlement.jpg

Westminster Parlement, 1903,

 

 

tutte le immagini meno la prima sono prese da questo link:

https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Houses_of_Parliament_Series_(Monet)?uselang=it

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

La famosa czarda di Monti arrangiata a flamenco e suonata da Valentino sulla sua fisarmonica elettronica + ballo

 

 

DONATELLA SCRIVE:

E’ una musica che penetra nella pelle: non ci sono mezze misure nell’amore. Si combatte in continuazione: o ci si ama follemente o ci si odia. Se fosse così nel quotidiano, il sangue scorrerebbe di continuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Maurizio Eltri — 12 gennaio 2025 — 11.29 / link sotto – una foto straordinaria ! ++ un’altra cosa straordinaria :: la poesia di Donatella del ’62– aveva 18 anni–

 

 

 

 

Maurizio Eltri

 

 

 

 

 

 

 

Nelle infinite plaghe del cielo

trascolora la luna

fiorendo dalla maturità della sera:

ogni voce di cosa

è preghiera,

ogni uomo un gigante

che sfiora la luna.

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Léon Spilliaert ( Ostenda, 28 luglio 1881 – Bruxelles, 23 novembre 1946 ) è stato un grande pittore belga. – — fonti varie che domani scriverò diligentemente, notte

 

 

fonti :

La principale è l’articolo di Davide Racca da Parigi  sul Manifesto:
Spilliaert, il belga delle premonizioni indecifrabili

DAVIDE RACCA HA UN BEL FACEBOOK

 

 

De kunstenaar Spilliaert Léon

Léon Spilliaert, “Autoportrait aux masques”, agosto 1903, Parigi, Musée d’Orsay

 

 

 

Leon Spilliaert (July 28, 1881 — November 23, 1946), Belgian painter | World Biographical Encyclopedia

una foto ritratto degli ultimi anni

 

Léon Spilliaert (Ostenda, 28 luglio 1881 – Bruxelles, 23 novembre 1946)  è stato un pittore belga.

Spilliaert nacque a Ostenda nel 1881. Maggiore di sette fratelli, egli era figlio di un profumiere di nome Léonard-Hubert Spilliaert, e sua moglie Léonie (nata Jonckheere). Spilliaert si appassionò di arte e disegno quando era un bambino e imparò a disegnare e dipingere da autodidatta realizzando numerosi disegni raffiguranti scene di vita ordinaria e paesaggi della campagna belga. All’età di ventuno anni, Spilliaert si trasferì a Bruxelles, ove iniziò a lavorare come illustratore per Edmond Deman, editore che pubblicava molti romanzi di autori simbolisti come Edgar Allan Poe. Nel 1922, Spilliaert divenne Cavaliere dell’Ordine della Corona. Spilliaert trascorse un’esistenza appartata e segnata da vari problemi di salute, e morì a Bruxelles il 23 novembre 1946.

 

 

CONTINUA NEL LINK :
https://it.wikipedia.org/wiki/L%C3%A9on_Spilliaert

 

 

 

 

 

 

 

 

C’era qualcosa in quell’isolamento e solitudine che chiaramente lo attraeva, risvegliando in lui la creatività. Ostenda di notte, o nella foschia illuminata dall’eterea luce dell’alba, gli forniva una perfetta ispirazione. Dal faro alle Royal Galleries, si snodavano le sue passeggiate sul lungomare, che le ore notturne avevano lasciato privo di altra presenza umana. La sua ricerca esistenziale fu amplificata dal profondo impegno profuso nello studio della filosofia tedesca e della letteratura simbolista. Come Nietzsche, il pittore sente che, camminando indisturbato, nel silenzio di orari inusuali, la sua mente si schiariva e i suoi pensieri diventavano più puri, soprattutto in inverno, quando Ostenda appariva solitaria e silenziosa.

 

 

 

Dijk te Oostende by Léon Spilliaert on artnet

 

 

La lettura di poeti e drammaturghi simbolisti lo aveva portato a credere che il sogno e l’emozione potessero riflettersi nel paesaggio. Ostenda sarebbe così arrivata a incarnare i momenti di malinconia vissuti dall’artista. In una serie di composizioni stranamente desolate, Spilliaert crea straordinarie prospettive, che anticipano De Chirico.

 

 

 

 

 

 

 

Le scene notturne hanno una qualità quasi astratta, in cui la luce sembra emergere dal nulla e gli edifici assumono curiose qualità antropomorfe.

 

 

 

Sul ciglio di una strada bianca, che attraversa polverosa una pianura deserta, dei femori umani si drizzano dalla terra come steli secchi di girasoli falciati. L’inquadratura da sotto in su e la silhouette dei femori in controluce rendono monumentali i resti ossei. L’atmosfera è umida, il silenzio regna sovrano, ed è una visione piena di premonizioni. L’opera, un inchiostro su carta, è di chiara matrice simbolista. Potrebbe essere un’allucinazione dell’austriaco Alfred Kubin ispirato da Edgar Allan Poe. O una concessione realista al nero come «agente dello spirito» dell’esoterico Odilon Redon. Ma questa Contemplation del 1900 è un’opera dell’artista belga Léon Spilliaert, che a quell’epoca è ancora in cerca di una propria autonomia stilistica. Eppure vi si scorgono già riconoscibili degli aspetti salienti della sua produzione più matura. L’inchiostro diluito su carta. L’essenzialità della composizione. La deformazione dell’immagine. La ricerca di prospettive e illuminazioni eccentriche.

 

 

File:Léon Spilliaert (1900)- Contemplatie.jpg

CONTEMPLATION, 1900

 

Nel 1925, parlando della propria arte, Spilliaert dice: «Osservo una scena, ne traggo un’interpretazione, un’impressione. Il mio è un lavoro cerebrale, realista». Ed è essenzialmente emozionale e psichico il realismo di questo artista che almeno fino alla Grande Guerra resta uno spirito saturnino. Uno spirito dotato di un’espressività che per quanto allucinata non urla mai come quella di Munch. Anzi, la sua è una ricerca che resiste nell’inquietudine silente, nel perturbante onirico. Che riflette la condizione umana sulle nature morte, che diluisce la psiche nel paesaggio. Che vaga nella traccia notturna di luci isolate sotto gli spessi tendaggi della notte. È uno sguardo che progressivamente si smarca dal simbolismo per divenire, ruminando il pensiero nietzschiano, sempre più metafisico.

 

Una mostra al Musée d’Orsay dal titolo Léon Spilliaert (1881-1946) Lumière et solitude, curata da Leïla Jarbouai e Anne Adriaens-Pannier  si è svolta qualche tempo fa dall’ottobre 2020 al gennaio 2021 che ha preso in considerazione le opere radicali degli anni giovanili più intensi, quelli che vanno dal 1900 al 1919.

In questo periodo Spilliaert dà consistenza d’immagine alla paura, alla presenza angosciante dell’inatteso, attraverso i suoi autoritratti, nelle visioni di interni opprimenti e morbosi, ma anche nei suoi paesaggi di Ostenda, disegnati principalmente durante vagabondaggi notturni. Sono inquietudini su carta, diluite con la china per stendersi in strati di opaca trasparenza. Una trasparenza congeniale al divenire fantasmagorico di tutto ciò che è percepito dal suo sguardo.

 

La stessa incapacità di Spilliaert vedere riconosciuto il suo potenziale pesava molto sulla sua mente. Sebbene la lettura di Nietzsche lo avesse portato a considerarsi un artista prescelto, l’incapacità del mondo dell’arte di apprezzare la sua visione unica gli causò un’ansia intensa. Ha affrontato di petto le sue insicurezze e i suoi dubbi in una serie di straordinari autoritratti, che rivelano un’intensa introspezione. È come se volesse vedere attraverso l’esterno ciò che è dentro.

 

 

De kunstenaar Spilliaert Léon

Si pensi alla serie degli autoritratti, come l’Autoritratto con maschere (1903) (all’inizio, ma lo  ripetiamo nel contesto ), dove l’artista ancora ventenne, di salute inferma, esorcizza la morte ritraendosi accompagnato da immagini spettrali di se stesso invecchiato.

 

 

 

In Self Portrait in Front of a Mirror  ( autoritratto davanti ad uno specchio ) il suo volto spettrale, simile a una maschera, sembra essere entrato in un altro mondo, che solo l’artista poteva conoscere.

 

 

2479

Il giovane Spilliaert, con il suo tipico abito stretto, è seduto ad un tavolo da disegno davanti a uno specchio, che mostra la parete con finestre nere e un altro specchio: uno spettro in una scatola di ombre.

Si tratta un vero e proprio memento mori, in cui Spilliaert attorniato da specchi e cornici in oro accentua le spigolosità dei propri lineamenti emaciati mentre si svuotano prima di divenire teschio.

 

immagine del quadro sopra dalla BBC.com/ culture
http://www.bbc.com/culture/story/20200319-how-lon-spilliaerts-dark-paintings-are-strangely-uplifting

 

 

 

 

 

Leon Spilliaert. Autoritratto

Autoritratto al cavvalletto- 1908
in cui l’immagine in piedi dell’artista nell’atto di disegnarsi si moltiplica dietro di lui fino a divenire una presenza sempre più opaca e aliena.

 

 

Come bene nota in catalogo Leïla Jarbouai, tutti questi autoritratti sembrano le versioni oscure del parodico disegno dell’amato conterraneo James EnsorScheletro che disegna raffinate puerilità (1889). Ed è importante questa osservazione in parallelo tra i due artisti.

 

 

 

 

Pittore di scheletri nel suo studio   1896 

olio su tela realizzato da James Ensor nel 1896. È conservato presso il Museo reale di belle arti di Anversa.

FeelTheArt

 

 

O l’Autoritratto allo specchio (1908), un vero e proprio memento mori, in cui Spilliaert attorniato da specchi e cornici in oro accentua le spigolosità dei propri lineamenti emaciati mentre si svuotano prima di divenire teschio. Oppure ancora l’Autoritratto al cavalletto (1908), in cui l’immagine in piedi dell’artista nell’atto di disegnarsi si moltiplica dietro di lui fino a divenire una presenza sempre più opaca e aliena.

 

 

 

 

foto di vari autoritratti davanti allo specchio

 

 

 

LE DONNE NEI PRIMI XX SECOLO

 

L’artista ha anche mostrato una profonda consapevolezza delle sfide che le donne dovevano affrontare nei primi anni del XX secolo e sembra aver empatizzato con le loro sensazioni di ansia, isolamento e dipendenza.

 

LA RAFFICA DI VENTO

C’è un costante senso di solitudine e di attesa nelle donne ritratte su spiagge deserte. Ma si può anche rilevare una certa fiducia in se stesse e un desiderio di indipendenza. Spilliaert sembrava credere che le donne alla fine avrebbero avuto la forza di superare gli ostacoli posti da una società patriarcale inflessibile. In nessun luogo questo è più evidente che in The Gust of Wind ( LA RAFFICA DI VENTO). Chiaramente influenzato da Munch, il dipinto è dominato da una ragazza, contro la ringhiera di ferro sul lungomare. Il vento solleva il vestito, rivelando un bagliore di una sottoveste bianca nell’oscurità, e i suoi capelli sono scossi violentemente di lato. Guardando da vicino, si nota che la sua bocca è spalancata in un urlo contro il cielo morente. Ma, lungi dall’essere vissuto come un trauma, questa ragazza sta voltando le spalle al mare tumultuoso alle sue spalle, preparandosi agli elementi. Potrebbe urlare, ma sta urlando più forte del vento, sopraffacendolo, o traendo forza da questo.

un’altra foto della stessa opera

 

 

 

GIOVANE DONNA DAVANTI AD UNO SGABELLO

 

Il soggetto della sua straordinaria Young Woman on a Stool è circondato da un’aura luminosa, come se stesse promanando energia, eppure è costretta a sedersi di fronte a un muro; incapace di realizzare il potenziale che esonda dalla sua interiorità. Tuttavia, non si può fare a meno di sentire che desidera ardentemente sfruttare il potere della luce proveniente dalle finestre e infrangere le strette aspettative della società nei suoi confronti.

 

 

p0871mbh

Young Woman on a Stool (1909) // Giovane donna davanti ad uno sgabello– è circondata da un’aura luminosa, come se fosse frizzante di energia

 

 

 

 

 

+++  video, 15 min. ca — 150 opere di Leon Spiiliaert– E’ FATTO BENE, avendo voglia e tempo..

l

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

DEBORAH MEGA pubblica un raccontino di Dino Buzzati, L’agonia del congiuntivo– dal Corriere del 21 marzo 1967– molto carino ++ commento di Deborah Mega– LIMINA MUNDI, VENERDI’ 10 GIUGNO 2016

 

 

 

LIMINA MUNDI--~ Per l’alto mare aperto

— 10 VENERDI’ GIUGNO 2016

Posted by 

in Appunti letterariIspirazioni e divagazioni,
LETTERATURARacconti

 

 

L’agonia del congiuntivo

 

 

 

salviamo-il-congiuntivo

 

 

Da tempo ormai il modo congiuntivo é in lenta ma inesorabile decadenza. Al suo posto regna incontrastato e sovrano l’indicativo, il modo della realtà, dell’obiettività e della certezza. Il 21 marzo del 1967, sulle pagine del Corriere della Sera, Dino Buzzati scriveva un raccontino dal titolo Povero Congiuntivo che propongo qui di seguito e che già manifestava la crisi che avrebbe inesorabilmente colpito il modo verbale della soggettività.

 

Chi ha più di quarant’anni ricorda senza dubbio che cosa fosse ai suoi tempi il professor Attilio Congiuntivo.
Era un despota, un pignolo, lo si trovava dappertutto. Come ci si metteva a scrivere, lui compariva dietro le nostre spalle a sbirciare sulla pagina. E guai a non essere ai suoi ordini, guai a mancargli di riguardo. Erano cinque e quattro che fioccavano, erano bocciature solenni.
Era alto, magro, invadente, vestito di scuro, con occhiali, pretenzioso e maledettamente sicuro di sé. Il professor Sergio Indicativo, suo collega, così aperto e gioviale, al suo apparire si tirava in disparte, facendosi piccolo. Si capiva benissimo che lui, Congiuntivo, lo disprezzava profondamente. Per noi ragazzi, era come il fumo negli occhi. Sempre intorno a tenderci trabocchetti. Lo odiavamo, lui lo sapeva e si sarebbe detto ne godesse.
– Preferireste che io non ci fossi, vero? Ma non ci siano equivoci! Spererei che nessuno metta in dubbio il fatto che a comandare sia io. Vorrei non aveste dimenticato come nell’ultima lezione io vi abbia esposto le regole che sarebbe augurabile voi abbiate ormai imparato … Mi spiacerebbe lasciarvi,  figlioli, col dubbio che io abbia dimenticato il compito il quale, sia ben chiaro, voi avreste dovuto presentare fin da ieri … Ma per oggi si chiuda pure un occhio – e così via. Più che tortuoso.
Ora, chi in quegli anni lontani avrebbe mai potuto prevedere l’amaro calice che attendeva il tiranno? La sua sovranità pareva solidamente destinata a durare per i secoli dei secoli, tanto ne eravamo tutti soggiogati.
Sennonché, nei tempi successivi alla Seconda guerra mondiale, un certo spirito sovversivo cominciò a serpeggiare nella repubblica della lingua italiana. Il professor Congiuntivo notava intorno a sé sempre più frequenti sintomi di negligenza. Con la matita blu dava grandi freghi sui giornali, sui libri. A scuola, per strada, si turava le orecchie indignato.
Già permaloso, divenne intrattabile e pronto alla lite. Si era persuaso che il professor Indicativo gli avesse montato contro l’intero Paese, per detronizzarlo dalla cattedra. E il collega aveva un bello scusarsi:
– Ti giuro che io non c’entro, io non ho assolutamente niente contro di te, non è colpa mia se la gente ti trascura …
Quello si alterava sempre di più.
Cose di dieci quindici anni fa. Poi, il precipitoso tracollo. L’ho rivisto stamane: un rudere, un barbone, un relitto.
Si accostava ai gruppi di ragazzi e ragazze ginnasiali implorando, si intuiva, un riconoscimento, un saluto, un segno di rispetto. Le orrende frasi che via via afferrava nei loro discorsi lo ributtavano indietro:
– Nel caso che non ce la fai … Se io ero stato più attento …
Altrettante stilettate al suo cuore.
Purtroppo mi avvistò. Mi venne incontro, mi afferrò per un braccio.
– Dica, dica, vecchio amico mio … Vorrei capire che cosa stia succedendo … Che non si abbia più per me la reverenza di una volta, questo potrei anche ammetterlo, con l’andazzo che si direbbe abbiano preso i tempi … Ma oggi vorrebbero completamente ignorarmi, rifiutarmi, che diamine! Per quale motivo mai dovrei rinunciare alle posizioni, ai diritti, ai privilegi spettantimi dall’epoca dell’Alighieri?
Avrei voluto svignarmela. Come spiegargli, povero vecchio, che il mondo non lo gradiva più? Io stesso, cresciuto alla scuola d’un tempo, trasalgo spesso nell’udire e nel leggere frasi che l’altro ieri sarebbero state bestemmie grammaticali e oggi sono moneta corrente. Ma è una corrente fatale. La lingua tende a semplificarsi, la lingua vuole snellirsi. Il professor Indicativo, senza averci messo niente di suo perché è una brava e onesta persona, è rimasto quasi incontrastato padrone del discorso. D’altro canto anche lui ha i suoi guai: il suo figlio terzogenito Passato Remoto perde giornalmente terreno.
Con queste e altre considerazioni tentavo di consolare l’infelice, nello stesso tempo pensavo al modo più opportuno di sganciarmi.
In quel mentre, sorridente, sicuro di sé, dalla porta della scuola usciva il professor Indicativo. Camminava che pareva un giovanotto. L’invelenito collega ebbe un sussulto e fece l’atto di avventarsi contro, staccandosi dal mio braccio. Ne approfittai per filarmela al galoppo. Fortuna volle che lui non se ne accorgesse (anzi: che lui non se ne accorse).

 [Dino Buzzati, “Povero Congiuntivo!”, Corriere della Sera, 21.03.1967]

Il modo congiuntivo si usa quasi sempre nelle frasi dipendenti per esprimere una supposizione, un desiderio o la possibilità che un fatto avvenga o sia avvenuto. Si chiama così proprio perchè è presente in frasi congiunte con altre, cioè appunto dipendenti. Si utilizza anche in frasi principali che esprimono desiderio come “Potessi avere un’auto nuova!” o come imperativo di terza persona “Entri pure!”. Che il congiuntivo nelle frasi dubitative e interrogative indirette non si usi più non è una novità, sempre più spesso si sente dire “Non so quanta frutta hanno comprato”, invece di “Non so quanta frutta abbiano comprato”. Da evitare invece é l’uso dell’indicativo con verbi che esprimono dubbio e incertezza, i famosi verba putandi come credere, pensare, immaginare, che per loro natura esigono il congiuntivo anche se è possibile ammettere l’indicativo futuro; si dice “Credo che tu abbia detto la verità” e non “credo che hai detto la verità”. A seconda dell’utilizzo di indicativo o congiuntivo talvolta compare una sostanziale differenza di significato, ad es. nella frase “Dicono che la frutta é matura” chi parla dà per certa un’opinione altrui e la considera notizia valida e sicura; nell’espressione “Dicono che la frutta sia matura” invece, chi parla non è proprio convinto di quanto afferma e presenta la notizia in modo dubitativo.

Forse questo privilegiare l’indicativo, lo spirito sovversivo e i sintomi di negligenza di cui parlava Buzzati nel suo racconto, sono un riflesso dei tempi che corrono, di una realtà che impone di guardare i fatti oggettivamente, per quello che sono e non per quello che potrebbero essere o sarebbero potuti essere, una realtà che tutto persegue tranne l’incanto della bella scrittura. Personalmente utilizzo a dismisura il congiuntivo, per restituirgli forza e vigore e poi per una naturale inclinazione alla precisione, alla finezza e all’eleganza. Per concludere, quella affrontata è una questione stilistica più che sintattica. Nessuno può suggerirci se sia più opportuno l’utilizzo di un modo piuttosto che dell’altro, non la grammatica, non la sintassi nè la consecutio temporum perchè ciascuna lascia margini all’interpretazione. E’ il nostro atteggiamento di fronte alla realtà, il nostro modo di concepirla e di agire su di essa, la finezza del possibilismo, a determinare la scelta di indicare i fatti come li sentiamo, li pensiamo, li desideriamo, li speriamo dunque la scelta del discreto e astratto congiuntivo piuttosto che dell’incalzante e concreto indicativo.

Deborah Mega

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

DINO BUZZATI, LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA–1945 — scritto e illustrato dall’autore

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE.IT –15 AGOSTO 2017

https://www.corriere.it/cronache/17_agosto_15/dino-buzzati-invasione-orsi-italia-fc3eeb56-8127-11e7-a91b-263e95546556.shtml

 

 

 

 

Risultati immagini per DINO BUZZATI LA FAVOLA L'INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA IMMAGINI ?

 

 

 

Dino Buzzati e l’invasione degli orsi in Italia

Risultati immagini per DINO BUZZATI LA FAVOLA L'INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA IMMAGINI ?

 

 

 

Sul «Corriere» denunciava la scomparsa di questi animali dalle Alpi: «È come se il Cenacolo andasse in polvere». La favola che lo scrittore diceva di aver creato per le nipotine nel 1945 diventò una storia illustrata sul «Corriere dei Piccoli» e poi un libro

 

Risultati immagini per DINO BUZZATI LA FAVOLA L'INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA IMMAGINI ?

 

 

 

 

Immagine correlata

 

 

Dino Buzzati (Olympia)

Dino Buzzati Traverso (San Pellegrino di Belluno16 ottobre 1906 – Milano28 gennaio 1972) è stato uno scrittoregiornalistapittoredrammaturgolibrettistascenografocostumista e poeta italiano. Fin da studente collaborò al Corriere della Sera come cronistaredattore e inviato speciale.

Autore di un grande numero di romanzi e racconti surreali e fantastici, tanto da esser stato a più riprese definito il “Kafka italiano”[1], viene considerato, insieme a Italo CalvinoTommaso Landolfi e Juan Rodolfo Wilcock, uno dei più grandi scrittori fantastici del Novecento italiano: il suo libro più noto è Il deserto dei Tartari, romanzo del 1940.

 Immagine correlata
INIZIO DELL’ARTICOLO DI LORENZO VIGANO’

L’orso grizzly di Yellowstone che non è più una specie protetta e rischia di pagare con la vita ogni suo sconfinamento tra gli umani. L’orso Mario del parco nazionale d’Abruzzo che scende a Villavallelonga, in provincia de L’Aquila e rimane intrappolato nel salotto di un’abitazione privata. L’orsa KJ2 che, dopo aver aggredito a sorpresa un idraulico in pensione su un sentiero del Trentino, è stata abbattuta dopo una caccia serrata da parte dei forestali. Chissà che cosa penserebbe Dino Buzzati della calata degli orsi che sta caratterizzando questa estate 2017. E come ne scriverebbe. Lui, che ne aveva prevista una già nel 1945 e non una qualsiasi ma «La famosa invasione degli orsi in Sicilia», fiaba per bambini animalista e pacifista, impregnata dell’amore dell’autore per la natura.

 

 

Immagine correlata

La favola

 

 

Risultati immagini per DINO BUZZATI LA FAVOLA L'INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA IMMAGINI ?

 

 

La favola racconta la storia degli orsi (buoni) che scendono in città dalle montagne alla ricerca di cibo e per ritrovare il figlio rapito del loro re Leonzio. Attaccati dalle truppe del crudele Granduca, riusciranno dopo molte peripezie a conquistare la città e a trovare il piccolo orso. Ma il contatto con gli uomini, con una vita comoda, viziosa e corrotta, li porterà a diventare come loro, snaturandosi e perdendo quella purezza d’animo che potranno ritrovare soltanto tornando al mondo cui appartengono. «Tornate alle montagne», li ammonisce il re alla fine della favola. «Lasciate questa città dove avete trovato ricchezza, ma non la pace dell’animo. Toglietevi di dosso quei ridicoli vestiti. Buttate via l’oro. Gettate i cannoni, i fucili e tutte le diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima».

 

 

Immagine correlata

 

Per intrattenere le nipoti

 

 

Immagine correlata

 

 

Buzzati aveva cominciato a disegnare «L’invasione» per gioco, per intrattenere le nipoti quando il mercoledì andavano a mangiare da lui. Poi se ne era dimenticato. Finché, sollecitato da Emilio Radius a scrivere una storia per bambini da pubblicare sul Corriere dei Piccoli, non la riprese in mano e le diede forma. «Scrivere per i bambini è molto più difficile che scrivere per i grandi, i quali più o meno si sa come la pensano», avrebbe raccontato anni dopo. «Mi parve che gli orsi fossero una buona idea. E mi misi a fare il primo disegno, che era appunto la grande battaglia tra gli orsi scesi dalle montagne e l’esercito del granduca. Scrivere la storia, relativamente, fu il meno».

 

 

Risultati immagini per DINO BUZZATI LA FAVOLA L'INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA IMMAGINI ?

 

Spettacolo di marionette

 

 

Risultati immagini per DINO BUZZATI LA FAVOLA L'INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA IMMAGINI ?

 

 

La fiaba, che all’inizio degli anni Sessanta si trasformerà in uno spettacolo di marionette firmato Gianni Colla, apparve a puntate nei mesi caldi e drammatici del 1945, divisa in due storie «La famosa invasione degli orsi» e «Vecchi orsi addio!», ma fu interrotta dopo la Liberazione, quando il Corrierino, come anche il Corriere, sospese le pubblicazioni.

Uscì in volume, rivista, corretta e rielaborata in un’unica storia (meno cupa), alla fine dello stesso anno, destando persino l’attenzione della rivista Life che la definì «una meravigliosa lettura per tutte le età». Una lezione morale consegnata alle nuove generazioni, un apologo, un messaggio di pace che rimane vivo e attuale anche a distanza di oltre settant’anni, e che nei prossimi mesi tornerà in libreria in una nuova edizione Mondadori, prima di trasformarsi in un lungometraggio animato, ancora in lavorazione, firmato da Lorenzo Mattotti.

 

Immagine correlata

 

 

La scomparsa degli orsi

 

 

 

Ma perché proprio gli orsi? Dino Buzzati non lo spiega, attribuendo la scelta a una pura casualità. In realtà l’autore bellunese era sempre stato sensibile al tema, scrivendo diversi articoli a sostegno della loro salvaguardia (soprattutto quella dell’orso alpino), già minacciata a fine anni Quaranta.

 

Immagine correlata

 

«Ma che importa — dirà qualcuno — se l’orso scomparisse dalle Alpi?», scriveva sul Corriere della Sera nel 1948. «È un po’ come chiedere perché sarebbe un guaio se il Cenacolo di Leonardo andasse in polvere. Sarebbe un incanto spezzato senza rimedio, una nuova sconfitta della già mortificatissima natura; perché quanto più si estende sulla terra vergine il dominio dell’uomo, tanto più diminuiscono le sue possibilità di salvezza, e a un certo punto egli si troverà prigioniero di se stesso, gli verrà meno il respiro e per un angolo di autentico bosco sarà disposto a dar via tutte le sue diaboliche città, ma sarà troppo tardi, delle antiche foreste non rimarrà più una fogliolina».

 

 

Immagine correlata

Avvertimento

Chissà: se Dino Buzzati fosse qui oggi, forse, grazie alla sua confidenza e dimestichezza con il mistero troverebbe il modo di parlare con gli orsi — come si dice facesse con gli ospiti dello zoo sotto casa — per dissuaderli dall’intenzione di mischiarsi agli uomini.

 

 

orsi 1

Per dire loro di non fidarsi e restare sulle montagne; di non fare lo stesso errore dei suoi plantigradi siciliani. Perché, come dimostra la fine dell’orsa KJ2, gli uomini sanno anche essere più pericolosi degli animali più pericolosi, soprattutto quando obbediscono armati a ordini e ordinanze.

 

Di certo interpreterebbe questa invasione estiva non come uno sconfinamento per fame o curiosità né come una voglia irrazionale di scoprire il mondo degli uomini, ma come un avvertimento, un richiamo all’ordine, un segnale che sarebbe da incoscienti e irresponsabili ignorare.

 

Le interpretazioni simboliche

 

«Tra gli animali del bestiario buzzatiano, – scrive Francesca Lazzarato– gli orsi sono quelli che più di ogni altro ci indicano la via della salvezza, perché il lungo silenzioso corteo che si lascia alle spalle la città, dirigendosi verso i monti, è allo stesso tempo un ammonimento, un segno di malinconica speranza, un invito alla dignità e alla ricerca del vero sé.

Ma lo si potrebbe leggere anche in un altro modo: come in molte opere di Buzzati, infatti, il racconto che si snoda attraverso i dodici capitoli della Famosa invasione è anche una rappresentazione delle età della vita. Dalle montagne dell’infanzia si passa alla ricca valle dell’adolescenza, e poi alla città in cui si conosceranno le disillusioni della maturità, per tornare, infine, da dove si è venuti e scomparire in uno sconfinato, definitivo silenzio.

La Famosa invasione, inoltre, è piena di sottili allusioni a quanto stava accadendo: nata in tempo di guerra, la fiaba parla di grandi battaglie tra i buoni ed eroici orsi e gli uomini dell’infame Granduca, tiranno che ha molto in comune con quelli responsabili della catastrofe bellica. Ed è una soluzione degna di Hitler quella destinata a placare l’ansia paranoica del Granduca, che invia l’esercito sulle montagne con l’ordine di uccidere «tutti gli esseri viventi incontrati lassù: erano vecchi taglialegna, pastorelli, scoiattoli, ghiri, marmotte, perfino uccelletti innocenti. Si salvarono solo gli orsi, nascosti nelle caverne profondissime…».

Il gioco delle coincidenze potrebbe proseguire, ed è bene interromperlo; ma va comunque ricordato, perché lo scrittore stesso lo raccontò in un’intervista, che gli fu imposto di rifare in una sola notte una tavola a colori in cui era rappresentato l’ingresso degli Orsi nella capitale del Granduca, raffigurata come una città inequivocabilmente nordica: gli occhi attenti del direttore, infatti, avevano colto un’allarmante somiglianza fra il trionfo ursinesco e l’ingresso dei russi a Berlino.»

 

 

 

IMMAGINI DI DINO BUZZATI DA WIKIPEDIA

 

 

undefined

Dino Buzzati fotografato in Via Solferino (Milano), sede del Corriere della Sera

 

 

 

 

undefined

Un dipinto di Buzzati: La stanza (1968, olio su tela, 70×45). Il quadro è suddiviso in vari riquadri che corrispondono ai vari momenti della narrazione.

 

 

 

 

undefined

Mario Castellani, Nando Gazzolo, Carlo Ninchi e Laura Solari durante la rappresentazione della commedia Drammatica fine di un noto musicista nel 1955
Touring Club Italiano

 

Pubblicato in GENERALE | 2 commenti

pier luigi pinna @pierpi13 – che ringraziamo molto ! Quartiere a KATOWICE – POLONIA :: Ekaterina Karpukhina, Edificio residenziale con balconi insoliti

 

 

 

 

DONATELLA

L’intento degli architetti è buono, però la soluzione estetica anche a me non piace: quei balconi sproporzionati mi sembrano una minaccia e le scale interne sanno comunque di freddo e di miseria.

 

 

 

In Polonia hanno ideato una soluzione unica al mondo per ricavare lo spazio necessario per i balconi degli appartamenti. A me non piace esteticamente l’esterno

 

Edificio residenziale con balconi insoliti a Katowice

Il compito dello studio di architettura KWK Promes era quello di costruire un edificio residenziale a Katowice – con un budget limitato e in una zona con un basso tenore di vita.

Digesto architettonico

KWK Promes è stato ispirato dall’architettura prebellica. “Gli edifici modernisti di Katowice una volta erano luminosi, ma nel corso degli anni sono stati esposti allo smog, diventando gradualmente sporchi e quasi neri”, affermano gli architetti.

La città è considerata il centro dell’industria carboniera e metallurgica del paese, quindi qui c’è spesso lo smog, motivo per cui tutti gli edifici acquisiscono una tale ombra nel tempo.

Le pareti scure contrastano con le finestre bianche come la neve, creando una bella geometria. Ma gli architetti hanno deciso di enfatizzarlo con balconi sporgenti, che si trovano su tutti i lati della facciata nella stessa direzione.

 

Жилой дом с необычными балконами в Катовице

Questi blocchi monolitici offrono ai residenti di piccoli appartamenti ulteriore spazio di archiviazione. Poiché Unikato è un complesso residenziale economico, gli appartamenti qui sono aree davvero piccole.

 

Жилой дом с необычными балконами в Катовице

 

Inoltre, l’ufficio era limitato da un budget estremamente basso, quindi nella costruzione è stato necessario utilizzare materiali poco costosi: la struttura della casa è costituita da una struttura monolitica a telaio, la base dell’edificio è rifinita con lamiera di alluminio, le scale sono realizzate in cemento armato grezzo e le finestre sono in plastica. Tuttavia, gli architetti hanno trovato un modo per rendere verde il tetto, perché le piante assorbono la polvere e migliorano il microclima.

 

 

Жилой дом с необычными балконами в Катовице
Жилой дом с необычными балконами в Катовице
Жилой дом с необычными балконами в Катовице

 

Foto: Aleksander Rutkowski, Studio OLO; Jaroslaw Syrek; Juliusz Sokolowski

Mappa Polonia - cartina geografica e risorse utili - Viaggiatori.net

KATOWICE nel sud della Polonia

 

 

Katowice (in slesiano Katowicy; in tedesco Kattowitz; in ceco Katovice) è un’importante città della regione storica della Slesia, nella Polonia meridionale, sui fiumi Kłodnica e Rawa, non lontana da Cracovia = Krakòw )

La città diventò famosa, quindi si arricchì, quando vi furono scoperti giacimenti minierari. Con la Rivoluzione industriale, la città si sviluppò e vi si costruirono industrie di vario tipo.

Abitata principalmente da tedeschi, polacchi ed ebrei, Katowice andò a far parte della Polonia quando la Slesia decadde tra il 1918 e il 1921. Successivamente, il territorio fu diviso in due e Katowice stette nella parte della Polonia, ma con il Voivodato della Slesia e un suo Parlamento.

Durante la seconda guerra mondiale Katowice è stata la sede di uno dei 45 sottocampi del campo di concentramento di Auschwitz. L’intera popolazione ebraica della città (9000 persone) fu espulsa e deportata già alla fine del 1939; pochi saranno i sopravvissuti all’Olocausto.

La sinagoga grande di Katowice, uno dei monumenti più imponenti della città, fu data alle fiamme.

Nel dopoguerra, tra il 1953 e il 1956 la città fu rinominata Stalinogród. Dopo la fine della Repubblica Popolare di Polonia nel 1989 e l’ingresso da parte della Polonia nell’Unione Europea nel 2004, Katowice ha subito un notevole sviluppo. La città si è rinnovata con restauri e costruzioni di luoghi e palazzi rendendo lo stile della città moderno e contemporaneo.

Katowice è un grande esempio di arte moderna e Art Nouveau. Il centro della città infatti ospita molti edifici in stile Art Nouveau; la zona sud, invece, presenta grandi esempi di edifici moderni. Katowice Rynek è la parte più vecchia e con più monumenti della città. Non tutti i vecchi edifici sono rimasti: infatti negli anni ’50 del XX secolo, molti di essi sono stati demoliti per crearne di nuovi e più moderni.

 

 

 

Katowice nel 1830

 

 

 

Biblioteca Śląska ( della Slesia ) a Katowice
Lestat (Jan Mehlich) – Opera propria

 

da : https://it.wikipedia.org/wiki/Katowice

 

 

 

Strada pedonale katowice e Chiesa cattolica dell'Immacolata Concezione

GETTY IMAGES — STRADA PEDONALE A KATOWICE E AL FONDO LA CHIESA CATTOLICA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

 

 

1.

POLAND-UKRAINE-RUSSIA-CONFLICT-WAR

 

2.

POLAND-UKRAINE-RUSSIA-CONFLICT-WAR

 

LA GENTE CHE SI TROVA SULLA STRADA: SONO IMMIGRATI DALL’UCRAINA A CAUSA DELL’INVASIONE RUSSA : PORTANO-  ALCUNI – BANDIERE DELL’UCRAINA PER IL GIORNO DELL’INDIPENDENZA CHE FESTEGGIANO A KATOWICE- 24 AGOSTO 2024

 

 

 

 

Panoramic view of Katowice's and Skyscrapers in September, Poland

PANORAMA DI KATOWICE CON IL CIELO AZZURRO IN SETTEMBRE

 

 

 

Autumn forest leaf colors in the rain, Katowice, Poland

I COLORI DELL’AUTUNNO IN NOVEMBRE IN UN GIORNO PIOVOSO

 

 

 

Architettura moderna dell'appartamento, Katowice, PoloniaARCHITETTURA MODERNA DI APPARTAMENTI A KATOWICE IN POLONIA

 

 

 

 

 

LA PIANTA DEL QUARTIERE OPERAIO DI NIKISZONVIEC (  20 min. DAL CENTRO DI KATOWICE )

 

Un affascinante centro storico costruito tra il 1908 e il 1918 e destinato alle famiglie dei minatori impiegati nella vicina miniera di carbone Kopalnia Węgla Kamiennego Wieczorek.

 

 

 

Un quartiere unico nel suo genere, costruito per essere completamente autosufficiente. Al suo interno negozi, due scuole, centri direzionali della miniere e perfino un carcere. Oltre ovviamente ai caratteristici palazzi (familoki ) destinati alle famiglie degli operai ed una bella chiesa in stile baracco (kościół św. Anny).

 

Il quartiere è costruito in mattoni rossi e le strade in pavè, pietra ormai lacerata da oltre un secolo di attività urbana. Proprio per questo è in corso una grande ristrutturazione delle principali stradine interne, anche in occasione degli europei di Polonia e Ucraina del 2012.

 

 

 

Appena al suo interno il visitatore si trova a passeggiare in un paesaggio surreale e fermo nel tempo, districandosi  in una serie di fitte stradine che immettono in altrettanti palazzi. Tutto sembra rimasto al secolo scorso, come anche la miniera che fa da cornice a Nikiszowiec. Ancora in attività con i suoi alti camini che svettano sopra le case e dominano il paesaggio.

 

 

. Non aspettatevi di trovare bar o ristoranti, se non i negozi del  posto che possono comunque vendervi bibite e qualche panino.

 

 

DA :

SOSTRAVEL.IT / BLOG / AGOSTO 2010

Shttps://www.sostravel.it/blog/2010/08/il-quartiere-di-nikiszowiec/

 

 

 

VEDUTA AEREA DEL QUARTIERE

Veduta aerea del quartiere Nikiszowiec a Katowice, Polonia

Veduta aerea del quartiere Nikiszowiec a Katowice, Polonia

LA CHIESA E’ DI SANT’ANNA

 

 

corridoio sotterraneo della miniera di carbone con sistema di supporto e binari ferroviari - katowice foto e immagini stock

Corridoio sotterraneo della miniera di carbone con sistema di supporto e binari ferroviari – Foto stock

 

 

Winter Landscape (Road in Winter).

Jan Rubczak (1884-1942), pittore polacco, ” Paesaggio invernale “- Museo della Slesia a Katowice

 

 

MUSEO DELLA SLESIA A KATOWICE  ( un’altra volta ! )

 

undefined

IL MUEO DELLA SLESIA A KATOWICE- TORRE DI OSSERVAZIONE E GLI EDIFICI DEL MUSEO
Bieniecki Piotr – http://www.fototeo.pl Opera propria

 

 

 

 

AUSCHWITZ

IL PASSATO E' ANCORA PRESENTE di Federica Corniola'94 e Silvia Zamagni'94 | VILLAGGIO GIOVANE

da : Villaggio.Giovane WordPress

 

 

 

 

Auschwitz, Nome tedesco della città della Polonia meridionale Oświęcim (40.686 ab. nel 2007).

 

Deve la sua tragica notorietà al campo di concentramento e di eliminazione creato dai Tedeschi durante la Seconda guerra mondiale (dal giugno 1940).

 

A city for a day: what to do in Katowice, Poland - Tripoto

Il campo era diviso in tre sezioni su 42 km2 complessivi: due più grandi, cioè A. I presso il villaggio di Owsianka, che era un campo di smistamento, A. II presso il villaggio di Brzezinka (in tedesco Birkenau), che era un campo di eliminazione dotato di camere a gas e di forni crematori, e A. III (a Monowice), dove si trovavano una distilleria di benzina e una fabbrica di gomma sintetica; inoltre era integrato da una quarantina di campi minori, sparsi nei dintorni. In questi campi, e specialmente a Birkenau, furono uccisi (nelle camere a gas, o con iniezioni di fenolo, o per fucilazione, o per impiccagione) o morirono di fame 4 milioni di persone, per la maggior parte Ebrei.

 

testo e immagine da

TRECCANI

 

 

Dal museo di Carpi (Fossoli), poesia di Bertolt Brecht.
da : Villaggio.Giovane WordPress

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Fenesta vascia — Canto popolare di Anonimo del ‘500 (trascrizione di G.Genoino – G.Cottreau 1828)– canto : Petra Magoni · Ilaria Fantin + testo e traduzione

 

 

 

Fenesta vascia

Fenesta vascia ‘e padrona crudele,

quanta suspire mm’haje fatto jettare!…

Mm’arde stu core, comm’a na cannela,

bella, quanno te sento annommenare!

Oje piglia la ‘sperienza de la neve!

La neve è fredda e se fa maniare…

e tu comme si’ tanta aspra e crudele?!

Muorto mme vide e nun mme vuó’ ajutare!?…

 

Vorría addeventare no picciuotto,

co na langella a ghire vennenn’acqua,

Pe’ mme ne jí da’ chisti palazzuotte:

Belli ffemmene meje, ah! Chi vó’ acqua…

Se vota na nennella da llá ‘ncoppa:

Chi è ‘sto ninno ca va vennenn’acqua?

E io responno, co parole accorte:

Só’ lacreme d’ammore e non è acqua!…

 

 

 

Finestra bassa (o misera)

 

Finestra bassa di una padrona crudele,

quanti sospiri mi hai fatto sprecare!…..

Questo mio cuore arde come una candela,

bella, se sento il tuo nome pronunciare!

Orsù prendi esempio dalla neve!

La neve è fredda ma si fa accarezzare….

Ma tu sei così aspra e crudele?!

Mi vedi morire e non mi vuoi aiutare!?….

 

Vorrei diventare un bel garzone,

che con la brocca va vendendo l’acqua,

e poter gridar tra questi caseggiati

“Mie belle donne, ah! chi vuole l’acqua…..”

Si volge una ragazza in su dall’alto:

“Chi è il bel garzone che vende l’acqua?”

Le risponderei con parole dosate:

“Sono lacrime d’amore, non è acqua!…..”

 

 

commento ampio e fatto  molto bene–

per chi ne avesse voglia:

da :

IL PORTALE DEL SUD

https://www.ilportaledelsud.org/fenesta_vascia.htm

 

 

Per apprezzare la musicalità del testo occorre la pronuncia esatta, difficile nella lingua  napoletana o campana priva di chiave di lettura nella grafia italiana. Infatti, l’interpretazione di canzoni napoletane dei grandi tenori, così divina per la melodia, è fiaccata dalla dizione. Da notare la punteggiatura ricercata, o riportata dal testo originale, o opera di Giulio Genoino, una figura di grande poeta da rivalutare, come tutti quelli dell’epoca di “Re Nasone”, il primo ottocento. La cultura del regno d’Italia ha spinto nell’oblio le intelligenze non allineate al nuovo corso, anche con disprezzo, come Mariano Paolella, bistrattato da Salvatore Di Giacomo nel saggio su “Fenesta ca lucive”, e in senso lato tutto il Sapere del Regno di Napoli.

 

La canzone esprime il tormento del protagonista per l’amore non corrisposto (la finestra chiusa), l’autore non ne indica il motivo, delega il lettore a trovarlo in base alle esperienze della sua vita.

La prima strofa grida lo sdegno per il comportamento della ragazza, la seconda esprime un’idea per fare affacciare la ragazza e poterle mostrare le lacrime sprecate e raccolte nella langella. E’ Fenesta vascia ‘e padrona crudele, rinfaccia alla Finestra squallida, perché la padrona è crudele, di avergli fatto versare, e sprecare, infiniti sospiri o lacrime, quanta suspire mm’haje fatto jettare! In questi due versi è espressa tutta la poesia, il tormento, la rabbia ed una lontana speranza. Il ragazzo chiama la finestra misera o squallida, la padrona è crudele perché lo ignora, mentre il suo cuore s’infiamma, come una candela, solo ascoltando il suo nome, anche se chiamano una omonima Mm’arde stu core, comm’a na cannela, bella, quanno te sento annommenare! L’immagine esprime bene l’effetto, la candela scotta immediatamente la mano che la sfiora, fa trasalire, come sentire il nome della donna desiderata. La vera poesia nasce per un amore non corrisposto, un amore realizzato produce la prosa.

Le consiglia di imitare la neve, che è fredda come lei, ma si fa plasmare con le mani, Oje piglia la ‘sperienza de la neve! La neve è fredda e se fa maniareManiare, letteralmente maneggiare, si deve tradurre “modellare, plasmare, accarezzare”, vero significato in Napoletano, è quel che vuole il ragazzo, poterla accarezzare, plasmarla o crescerla, espressione usata dai ragazzi napoletani per la fidanzata bambina, da sposare dopo i 20 anni, per tenerla legata a se ed al suo mondo.

Il suggerimento risulta inutile, segue un’amara considerazione, la ragazza è definita scostante ed insensibile tu comme si’ tanta aspra e crudele?! tanto da non addolcirsi nemmeno vedendolo spegnersi giorno dopo giorno Muorto mme vide e nun mme vuó’ ajutare!? “Muorto me vide (o vire)”, letteralmente “mi vedi morto”, tradotto “mi vedrai morire” rende il vero significato della frase.

Ma il ragazzo vuole che conosca il suo tormento, la seconda strofa è un’idea per poter mostrare alla ragazza le lacrime versate, fingersi venditore di acqua. Su questo personaggio vedi più avanti.

Vorría addeventare no picciuotto, co na langella a ghire vennenn’acqua, Vorrei trasformarmi in un garzone del venditore d’acqua, munito di anfora o “Mummara”, per andare tra i caseggiati e gridare ”Mie belle signore, chi vuole l’acqua fresca e bella” Pe’ mme ne jí da chisti palazzuotte: Belli ffemmene meje, ah! Chi vó’ acqua.

Le grida dei venditori ambulanti echeggiavano nelle città fino agli anni sessanta del 900, vedi le canzoni “A testa aruta”, versione di Berri, e la genovese “Ciassa Pontexello”.

Lo scopo è di far aprire la “fenesta vascia” ed affacciare la ragazza, che chiederà dell’acqua, Se vota na nennella da llá ‘ncoppa: Chi è ‘sto ninno ca va vennenn’acqua? La ragazza del suo sogno chiederà chi sia il nuovo venditore d’acqua. “Se vota”(o “S’avota”), letteralmente “si volta”, va tradotto “interviene nel discorso”. Vedi il commento nelle considerazioni.

Il ragazzo, mostrando l’anfora, le dirà, con parole ben studiate: “non c’è acqua, ma lacrime versate per la tua indifferenza” E io responno, co parole accorte: Só’ lacreme d’ammore, non è acqua!

Questo distico ha un’intensità particolare, parla delle parole accorte, cioè ben pesate e calcolate dall’autore nel comporre il testo che esprime al meglio il motivo dell’intera canzone. Nell’anfora, a langella, non c’è acqua bensì tutti i sospiri e lacrime del secondo verso, le lacrime versate e anche sprecate (il verbo jettare). Il finale riprende l’inizio della poesia, il tormento di un amore…

 

Considerazioni

La trascrizione del Genoino, da grande letterato, non ha fiaccato l’intensità dell’intera poesia, che ha due toni diversi, rabbioso nella prima strofa, dove la ragazza è definita “Padrona aspra e crudele”, perché esprime una realtà di vita, dolce nella seconda, dove la ragazza è chiamata “Nennella”, perché esprime un sogno. L’amore non corrisposto genera la poesia, l’amore realizzato la prosa. Per meglio capire il testo, l’originale è del ‘500, analizziamo alcuni termini usati nella poesia.

Fenesta vascia ‘e padrona crudele, la ‘e si traduce di di una, l’apostrofo sostituisce la d o r, non è e congiunzione, che si scrive senza apostrofo. Vascia, letteralmente bassa, in realtà è usata per “misera, squallida o brutta”, il suo vero significato. Popolo vascio, usato nella Carmagnola, si traduce “popolo basso” ma effettivamente significa “proletariato” o anche “sottoproletariato”.

L’acquaiuolo cioè il venditore d’acqua è una figura popolare distrutta dalla modernità. Napoli è stata servita da un ottimo acquedotto già dal 2° secolo A.C., inizialmente alimentato da sorgenti del Nolano e del Vesuvio, attraversando la pianura su archi presenti nei toponimi di Pomigliano d’Arco ed altri Casali scomparsi. In seguito fu alimentato dalla sorgente della Bolla, o Volla, nome con cui è conosciuto. L’acquedotto alimentava di acqua potabile e corrente tutte le cisterne dei palazzi, in percorso sotterraneo, con i pozzi d’ispezione, di cui alcuni hanno permesso la conquista di Napoli, aggirandone le difese, da parte di Belisario ed Alfonso d’Aragona, mentre i tentativi di Annibale e Lautrec fallirono per cause contingenti (ordini superiori ed epidemie). L’accessibilità alle cisterne poteva inquinare l’acqua (rifiuti, suicidi, ecc.) per cui in città era diffusa la vendita di acqua potabile o in chioschi, attivi fino al 1960, o da ambulanti con orci di creta in varie forme (Langelle o mummare). L’acqua era attinta da varie sorgenti, la più famosa era quella del Chiatamone, chiusa nell’epidemia di colera degli anni ’70, (forse solo per interesse privato?). Chi ha molte primavere sul groppone ricorda ‘a mummarella ‘e acqua ferrata del Chiatamone e le fontanelle, da cui si attingeva l’acqua, che si vedevano dai finestrini dei Tram nr 3, 20 e 28.

Picciuotto ossia il giovane garzone è una storpiatura di piccione, nome che indica il giovane del colombo, esteso anche ai garzoni di bottega. Il termine nella cultura attuale, purtroppo, indica solo il garzone di Mafia ed è anche pericoloso usarlo, come i nomi ed i simboli usati dal Nazifascismo, la svastica ed il fascio littorio, rispettivamente il simbolo del Sole (il Dio di tutti noi Indoeuropei) e della giustizia Romana (quando romano era ogni abitante dell’Impero, dai britannici ai Persiani).

Se vota na nennella da llá ‘ncoppa, salta la rima, ma c’è un motivo. Se vota (o s’avota) è usato per “intervento nel discorso”, la frase completa è “S’avota ‘a ncopp’a mano”, derivata dal gioco delle carte, per l’intervento attinente all’argomento, quindi al giro di carte o mano. A mio parere, l’intero verso poteva essere “se vota a ‘ncoppa a mano ‘na picciotta”, quindi in rima, nella trascrizione il Genoino ha dovuto “riscriverlo” scindendo “se vota” da “ncoppa” che, isolato, significa “da sopra”, e modificando picciotta in Nennella, andando così fuori rima. Il motivo della scelta è il significato dispregiativo dato al termine Picciotta nell’Ottocento, mentre nel 1500 era usato per “signorina” o ragazza, il femminile di Picciuotto. Il Genoino era un profondo conoscitore della lingua, ha sacrificato la rima per mantenere il significato del termine originario.

Il termine ne jí da’ significa “dare il grido” (Da’, verbo dare tronco, jí usata per grì, gridare tronco). I termini Nennella Ninno, vezzeggiativi di Figliola, ragazza, e Guaglione, ragazzo o garzone, erano usati tra innamorati o persone legate da affetti familiari. Oggi Ninno è ormai in disuso nel linguaggio comune, il femminile Nennella, Nenna, o anche Ciarella e Cicellina, sono usate solo da chi ricorda l’acqua ferrata del Chiatamone. Oggi sembra più in uso Ciuciù (pronuncia come in francese chouchoux), che significa “sussurro del bosco” o zuccherino o il piccolo bignè rotondo, prelibatezza napoletana simile al beignet francese dei Profiterolle o Saint Honorè. Il raddoppio del termine Chou enfatizza la prelibatezza e la dolcezza unica del dolcetto a forma di cavolino. Il termine Nennella è usato anche in “Te voglie bene assaie” e “Fenesta ca lucive” del 1825. Questi termini affettuosi sono usati anche dai genitori versi i figli. Una figlia, anche maggiorenne, è sempre chiamata Nennella dai genitori, che la considerano sempre una ragazzina. Credo che per la nuova generazione il termine sia obsoleto o in totale disuso, per la globalizzazione delle culture e l’esterofilia, già endemica nel napoletano medio, ora favorita viepiù dai mezzi di comunicazione. Il termine come Nennella, invece, denota l’appartenenza ad una cultura millenaria, ancestrale di un antico popolo Italico. Una cultura da preservare gelosamente, pur nel rispetto delle altre culture.

I personaggi. Il ragazzo è un giovane popolano invaghito di una ragazza, che la cultura del vicolo non permette di avvicinare, o solo la paura del diniego della famiglia. In questi casi è interviene la comare, figura importante nel vicolo, in grado di combinare (più spesso scombinare) i matrimoni con le ragazze del quartiere, anche se vi è stato qualche tentativo di approccio, di nascosto. Nelle famiglie denarose, la ragazza non ha voce in capitolo, sarà un mediatore, il sensale, a procurarle un marito, in genere un militare, meglio un finanziere per motivi “fiscali”, un impiegato a reddito fisso (un monsieur Travet) o un pari grado “sociale” (piccola borghesia mercantile).

La ragazza non è presente, interviene solo nella seconda strofa, nel contesto di un sogno, il sogno di un innamorato. Ricordo molti ragazzi come quello della canzone negli anni …, bah! qualche anno fa e le canzoni “Voce ‘e notte” di Nicolardi e “Oilì Oilà” di Salvatore Di Giacomo.

La finestra simboleggia gli occhi della casa, se chiusa è un simbolo d’isolamento o di negatività. La finestra è presente in “Fenesta ca lucive”, “Marechiaro”, “O sole mio” (2ª strofa) ecc., o “Chiudi la tua finestra” del 1968, un invito alla ragazza di troncare ogni rapporto con l’amante deluso.

La scena della Poesia è un posto qualsiasi nei quartieri storici di Napoli, dove Giulio Genoino ha operato prima di tornare a Frattamaggiore, dove riposa nella chiesa dell’Ingenito. E’ un mondo a sé, unità base della struttura sociale della città, dopo la famiglia, con leggi non scritte ma seguite, antiche come le città osce. Da quel mondo si fugge per cercar fortuna altrove, ma resta sempre nei sentimenti, anche se la distanza è nell’ordine dei tre zeri ed il viaggio sarà senza ritorno.

Questa canzone mi ha sempre affascinato, ricordo l’interpretazione di Massimo Ranieri, ragazzo del Chiatamone. Ho fatto questo lavoro, la traduzione è mia personale, per far comprendere bene il testo e ricordare l’autore della versione del 1825, Giulio Genoino, eccellente poeta letterato, se lo merita! (spero di esserci riuscito almeno in parte), lo dedico a Concetta Spena, la cognata mancata anni fa, che gradiva molto questa canzone, in particolare l’ultimo verso Só’ lacreme d’ammore e non è acqua. I motivi non me li ha mai rivelati, restano nei suoi ricordi.

La canzone è citata nel Romanzo “Senza Famiglia” di Ector Malot, dove era cantata dal girovago Vitali, cognome diffuso nel Napoletano, nei momenti particolari del racconto.

 

 

Nota a piede

Esempio di Fenesta Vascia, brutta a vedersi. Questa, tappata alla meglio con legno ormai fradicio, è quanto rimane della biglietteria della prima stazione, della prima ferrovia in assoluto in Italia, la Napoli – Portici del 1838. Fenesta vascia indica anche “la finestra di un basso”, alloggio livello stradale, con accesso dall’interno di un palazzo. Questo tipo di basso è più raro, normalmente il “basso” è di un solo vano, anche con soppalco, con accesso diretto dalla via. Tutta la zona antica ne è costellata, li ricordo molto bene nei vicoli del Pendino, San Lorenzo e Porto, anche quello con la finestra bassa di una padrona crudele, con malinconia, sperando che questo piccolo mondo “umano” non sia andato perso.

 

 

Centro Culturale e di Studi Storici “Brigantino- il Portale del Sud” – Napoli  e Palermo

admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2008: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino.

Sito derattizzato e debossizzato

VI CONSIGLIO DI DARE UN’OCCHIATA A QUESTO ” PORTALE DEL SUD ” PERCHE’ E’ VERAMENTE RICCHISSIMO  – per ora non ho potuto esplorarlo

https://www.ilportaledelsud.org/menu.htm

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

REGISTA LORENZO MATTOTTI, FILM: LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA DI DINO BUZZATI ( 1945 ) – RAIPLAY — FILM D’ANIMAZIONE: durata 1h 18 minuti

 

 

raiplay 2019 –film d’animazione —

 

Lorenzo Mattotti - Wikipedia

wikipedia

Regia: Lorenzo Mattotti

 

apri qui :: 

https://www.raiplay.it/programmi/lafamosainvasionedegliorsiinsicilia

 

Nel tentativo di ritrovare il figlio e di sopravvivere all’inverno, il Re degli orsi conduce il suo popolo dalle montagne fino alla pianura, dove vivono gli uomini. Dopo aver sconfitto il malvagio Granduca e aver ritrovato il figlio Tonio, però, si renderà conto che gli orsi non sono fatti per vivere nella terra degli uomini…

 

segue da wikipedia

https://it.wikipedia.org/wiki/La_famosa_invasione_degli_orsi_in_Sicilia_(film)

 

La famosa invasione degli orsi in Sicilia (La Fameuse Invasion des ours en Sicile) è un film d’animazione del 2019 diretto da Lorenzo Mattotti.

Pellicola di produzione franco-italiana basata sull’omonimo romanzo di Dino Buzzati. Dopo una lavorazione durata oltre sei anni, il film è stato presentato al Festival di Cannes 2019 nella sezione Un Certain Regard. La versione italiana è stata proiettata a Locarno in Piazza Grande il 4 agosto 2019 a margine del Film Festival.

 

 

undefined

Fotogramma dal trailer del film “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”
autore:  SetteTreSette

 

Trama

Il cantastorie Gedeone e la sua piccola assistente Almerina, diretti a Caltabellotta, trovano riparo da una nevicata nella caverna abitata da un vecchissimo orso, che inavvertitamente svegliano dal letargo. Per evitare di essere mangiati, i due lo intrattengono mettendo in scena la loro storia: La famosa invasione degli orsi in Sicilia.

Tonio, il figlio del re degli orsi Leonzio, viene rapito dagli esseri umani; suo padre guida quindi una spedizione attraverso tutta la Sicilia per ritrovarlo.

Il malvagio Granduca di Sicilia, venuto a sapere dell’esercito di orsi che marcia verso il suo regno, trama per fermare l’invasione con l’aiuto del mago di corte De Ambrosiis, in possesso di una bacchetta magica in grado di compiere solo due incantesimi. Dapprima gli orsi vengono attaccati dall’esercito, che uccide il vecchio orso saggio Teofilo: si salvano attaccando a loro volta i soldati con delle gigantesche palle di neve.

Successivamente De Ambrosiis riesce a entrare in confidenza con Leonzio, ma subito dopo il Granduca manda contro gli orsi i cinghiali del Sire di Molfetta: il mago li salva al costo di uno degli ultimi due incantesimi. Venutolo a sapere, il Granduca minaccia di morte De Ambrosiis, che per obbedire ai suoi ordini conduce gli orsi in un castello infestato da fantasmi nella speranza di terrorizzarli; qui però Leonzio ritrova lo spirito di Teofilo che lo porta a fare amicizia con gli altri spettri.

Infine vengono portati con l’inganno in casa di un orco che li divora prendendo le sembianze di un gatto mammone: l’orso Babbone, però, riesce a far esplodere una bomba nel ventre del mostro, uccidendolo.

Credendo di aver annientato gli orsi, il Granduca dà uno spettacolo al teatro di corte, dove Tonio si esibirà come equilibrista assieme a una ballerina che ha le sembianze e il nome di Almerina; gli orsi irrompono nel bel mezzo dello spettacolo, e Leonzio e Tonio si ricongiungono: il Granduca però spara un colpo di pistola a Tonio, venendo a sua volta ucciso subito dopo dall’orso Salnitro. De Ambrosiis rinuncia al secondo e ultimo incantesimo per salvare la vita di Tonio; Leonzio diventa così il re di Sicilia e crea un regno dove esseri umani e orsi convivono in pace. A questo punto termina la storia di Gedeone; tuttavia il vecchio orso rivela ai due cantastorie che nel regno degli orsi la storia ha un seguito, e glielo racconta.

Col passare degli anni, Leonzio si rende conto che gli orsi hanno assorbito abitudini e vizi degli esseri umani; in particolare Tonio, divenuto amico di Almerina e De Ambrosiis, ha quasi completamente perso gli istinti selvaggi.

Grazie al suo aiuto, il mago riesce a ricaricare la bacchetta magica, ma essa gli viene quasi subito rubata. Leonzio crede che il responsabile del furto non possa essere un orso, poiché gli orsi sono votati all’onestà: minaccia allora i sudditi umani di punirli se la bacchetta non sarà ritrovata, cosa che causa le proteste di Tonio, De Ambrosiis e Almerina, i quali sono invece convinti che anche un orso potrebbe aver desiderato i poteri magici della bacchetta.

 

In effetti il colpevole è Salnitro, il quale desidera rovesciare Leonzio per ottenere il potere: per questo dapprima fa ricadere le accuse di un furto alla cassa reale su De Ambrosiis, che viene imprigionato; poi, quando Almerina e Tonio indagano per scagionarlo, li attira in una bisca da lui amministrata, poi fa intervenire Leonzio.

Trovando suo figlio ubriaco e impegnato nel gioco d’azzardo, il re lo fa arrestare, deluso dal suo comportamento ormai contrario al codice morale degli orsi. De Ambrosiis e Tonio capiscono le intenzioni di Salnitro e, con l’aiuto di Almerina, evocano il Serpenton de’ Mari, un mostro marino che distrugge la loro prigione e attacca il regno.

Leonzio è felice di poter dimostrare nuovamente il proprio valore combattendo contro il mostro, e si mette a capo di una spedizione per annientarlo, mentre Salnitro, rimasto sulla terraferma, pianifica per uccidere il re usando la magia. Tonio e Almerina si imbarcano per soccorrere Leonzio, mentre De Ambrosiis riesce a battere Salnitro e a impadronirsi della bacchetta magica: con questa aiuta Tonio a sconfiggere il mostro, ma Leonzio viene ferito a morte. Sul letto di morte, il re è felice perché ha visto suo figlio dimostrare la lealtà e la forza di un vero orso; tuttavia comprende anche che gli orsi non possono vivere lontani dalle montagne e dai boschi, così, come ultimo desiderio, chiede al suo popolo di fare ritorno al proprio habitat. Tonio, Almerina e De Ambrosiis si dicono dunque addio, dopodiché gli orsi ritornano alla vita selvaggia.

Gedeone è insoddisfatto dal finale della storia; il vecchio orso spiega che in realtà la storia ha un altro finale, che però rivela alla sola Almerina. I due cantastorie ripartono per la città, lasciando il vecchio orso al suo letargo: l’unica a sapere come finisce davvero la storia dell’invasione degli orsi in Sicilia sarà la bambina.

da :  https://it.wikipedia.org/wiki/La_famosa_invasione_degli_orsi_in_Sicilia_(film)

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

PRIMA PAGINA — IL MANIFESTO DI IERI – 10 GENNAIO 2025 ::: GIU’ LA MUSK ! — +++ OTTO E MEZZO, 10 GENNAIO 2025 :: Lilli Gruber: Franco Bernabè, Lucio Caracciolo, Massimo Gramellini, Rosi Braidotti -VEDI SOTTO I SUGGERIMENTI e annotazioni + ROSI BRAIDOTTI, IL POSTUMANESIMO

 

 

 

 

 

 

 

LA 7- OTTO E MEZZO -10 GENNAIO / VENERDI’ 2025

 

Ospiti di Lilli Gruber: Franco Bernabè, Lucio Caracciolo, Massimo Gramellini, Rosi Braidotti

 apri qui

https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/il-pregiudicato-trump-e-i-segreti-di-musk-otto-e-mezzo-puntata-del-912025-10-01-2025-574715

 

 

**** CERCATE DI ASCOLTARE  :

molto bene i vari interventi di Franco Berbabè soprattutto quando parla del gruppo di oligarchi cui appartiene Musk e la loro ” cultura ” secondo la quale vogliono modellare il mondo–

QUINDI NON C’E’ SOLO LUI… 

 

+++  AL MINUTO 8.00 ca   — BERNABE’

— già il primo intervento di Lucio Caracciolo è chiaro: ” Siamo entrati in un’epoca storica in cui le regole sono saltate, valgono i rapporti di forza e chi ha la forza la usa “

 

 

PAYPAL MAFIA

non definito

COPERTINA DI FURTUNE- 2007

Membri della PayPal Mafia sulla rivista Fortune vestiti in abiti da mafioso. -e includeva questa foto degli ex studenti che hanno poi avviato nuove iniziative e società di capitale di rischio nella Silicon Valley.

Da sinistra a destra, dalla fila superiore a quella inferiore: Jawed Karim , Jeremy Stoppelman , Andrew McCormack, Premal Shah , Luke Nosek , Ken Howery , David O. Sacks , Peter Thiel Keith Rabois , Reid Hoffman , Max Levchin , Roelof Botha , Russel Simmons

 

 

 al minuto 12.00

Lucio Caracciolo parla di una filosofia russa secondo la quale la soluzione dei problemi della terra sarebbe nel cielo, negli altri astri

Barnabe’  ( subito dopo )– Il signore degli anelli— ( Meloni )

 

 

AL MIN. 16.00 ca

ROSI BRAIDOTTI DICE UNA COSA MOLTO IMPORTANTE COME FA RILEVARE SUBITO FRANCO BERNABE’

 

AL MIN. 20.00 BERNABE’ PARLA DI STARLINK 


***INOLTRE PARLA DEI ROTTAMI CHE SI TROVANO SUI SATELLITI

( RUSSIA- CINA )

 

 

 

 

ROSI BRAIDOTTI —

 

 

 

 

 

Il postumano vol. 1

    La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte

pagine: 

    224

anno: 

    2020

La nuova edizione di un testo imprescindibile del rinnovamento delle scienze umane e della tradizione critica.

La nostra seconda vita negli universi digitali, il cibo geneticamente modificato, le protesi di nuova generazione, le tecnologie riproduttive sono gli aspetti ormai familiari di una condizione postumana. Tutto questo ha cancellato le frontiere tra ciò che è umano e ciò che non lo è, rivelando le fondamenta non naturalistiche dell’umanità contemporanea.
Sul piano della teoria politica e filosofica, urge adeguare le categorie di comprensione delle identità individuali e dei fenomeni sociali a partire da questo salto. Sul piano dell’analisi, dopo aver constatato la fine dell’umanesimo, occorre vedere in questa trasformazione le insidie di una colonizzazione della vita nel suo complesso da parte dei mercati e della logica del profitto. Serve dunque aggiornare la teoria ai cambiamenti in atto, senza rimpianti per un’umanità ormai perduta e cogliendo le opportunità offerte dalle forme di neoumanesimo che scaturiscono dagli studi di genere, postcoloniali e dai movimenti ambientali.

 

ROSI BRAIDOTTI -femminista e filosofa, è autrice di numerosi saggi tra i quali, in italiano: «Soggetti nomadi» (Castelvecchi, 2023); «Fuori sede» (Castelvecchi, 2022), «Madri, mostri, macchine» (Castelvecchi, 2022). Le nostre edizioni hanno pubblicato i tre volumi dedicati a «Il postumano».

 

 

RECENSIONE–IL POSTUMANO

UNIVERSITA’ DI MACERATA

https://www.unimc.it/filosoficamente/libri-approfondimenti/rosi-braidotti-il-postumano

 

Giorgio TINTINO

 

Rosi BRAIDOTTI, Il postumano

Rosi BRAIDOTTI, Il postumano

Il testo di Rosi Braidotti Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte è molto interessante per comprendere il postumanesimo affidandosi alla viva voce di una delle protagoniste di questo nuovo orizzonte filosofico. Il postumanesimo è ormai un campo di studi ben strutturato e ha messo in moto un notevole fermento culturale che interseca, in vari modi, l’analisi antropologica sulla soggettività che sarà destinata ad abitare la terra. Un libro molto importante che, insieme a quelli di autori come Haraway, Marchesini e Graham, riesce ad offrire uno spaccato su come intendere quel post: non semplicemente un luogo futuro di creature tecnologicamente umanoidi ma lo spazio inedito di comprensione della realtà e dell’umano.

Il testo, infatti, si libera dalla “nostalgia” di un umanesimo ormai in crisi per cercare di cogliere nel migliore dei modi le opportunità teoretiche, politiche e sociali di questa nuova condizione di esistenza. Il pensiero della Braidotti si sviluppa su di un doppio movimento: un postumanismo critico e un postumanismo affermativo.

In primo luogo, si vuole assumere in positivo lo smascheramento che gli studi di genere, quelli postcoloniali e quelli ambientali hanno inflitto all’antropocentrismo esasperato della nostra cultura che ha rintracciato nella separazione e nell’umiliazione delle alterità divergenti dal tipo “Uomo” la cifra della propria identità e delle propria grandezza.

In secondo luogo, penetra senza paura nello scenario attuale, in cui le invasioni tecnologhe obbligano la filosofia ad una ridefinizione dei concetti di morte, di specie e di individuo offrendo possibili modi di articolare l’etica, la politica e la vita alla luce di un approccio antropodecentrato e antiumano, proprio perché postumano.

Secondo la Braidotti, infatti, ogni vivente – specialmente l’uomo – si deve scoprire come sintesi di un divenire nomade, costituito nella sua transitorietà da processi umani e non-umani, organici e inorganici, politici e sociali. Contro la dicotomia di natura e cultura che ha segnato l’identità unitaria dell’uomo dell’Umanesimo, si sostituisce un soggetto critico non unitario, un “soggetto relazionale determinato nella e dalla molteplicità, che vuol dire un soggetto in grado di operare sulle differenze ma anche internamente differenziato, eppure ancora radicato e responsabile” (p. 57).

Tale scoperta non deve però ignorare la possibilità di una estrema colonizzazione della vita da parte dei mercati e della logica del profitto, possibilità che invece il postumanesimo può scongiurare alla luce di una consapevolezza etica e politica che le tecnologie hanno inaugurato nell’ultimo secolo.

I risultati bio-ingegneristici raggiunti con la pecora Dolly e promessi dalla genetica applicata alla vita non equivalgono necessariamente alla comparsa di un nuovo mondo distopico e alienante, ma possono essere il punto di partenza per una nuova coscienza ontologica dell’essere umano nei confronti delle altre soggettività che abitano, a vario titolo, il pianeta.

È necessario, proprio per questo, un approccio zoe-centrato, laddove per zoe si intenda la nuda vita nei suoi aspetti non-umani, che si articola secondo i vettori del divenire-animale, del divenire terra e del divenire-macchina già indagati dalla filosofia di Deleuze e Guattari.

Infatti, a chiusura del testo, la Braidotti afferma: «non ho nessuna nostalgia dell’Uomo, misura presunta di tutte le cose, o per le forme del sapere e dell’autorappresentazione che le accompagnano. Accolgo ben volentieri gli orizzonti multipli dispiegati dal crollo dell’umanesimo eurocentrico e androcentrico. Interpreto la svolta postumana come una felice opportunità di decidere insieme chi e cosa vogliamo divenire» (p. 204).

 

Il Postumano rappresenta un buon punto di partenza sulla “questione” postumana, che aiuta il lettore sia nella sua comprensione, sia nella presa di posizione di fronte alle sue argomentazioni. È innegabile, infatti, che alcune categorie “classiche” con cui l’uomo ha spiegato se stesso mostrino ormai la corda, richiedendo così la messa in questione dei dispositivi sociali di creazione e gestione delle identità. La Braidotti afferma che la soggettività è «un processo di autopoiesi e autocreazione del sé, che include complesse e continue negoziazioni con la norma e i valori dominanti e dunque molteplici forme di responsabilità» (p. 43); ma così facendo la questione etica postumana rimane legata ad una incertezza costitutiva dell’azione, che più che risolvere la magna quaestio su che cosa sia l’uomo lo dissolve verso qualcos’altro di indefinibile ed indefinito. Se è vero che l’ente che va sotto il nome di uomo è un costrutto teorico segnato da alcune storture, è altrettanto vero che il compito della filosofia rimane quello di indagarlo con maggiore attenzione. Eliminare la difficile domanda su che cosa sia l’uomo, infatti, rischia di compromettere la risposta sul come, egli, voglia effettivamente vivere.

Il testo della Braidotti, in conclusione, rimane un ottimo strumento per comprendere lo status quaestionis della riflessione filosofica contemporanea sul postumano e, nel contempo, un utile aggiornamento per chi vuole addentrarsi ancora di più nella sua comprensione grazie allo sforzo dell’Autrice di indagare molti aspetti delle tecnologie contemporanee, come il moderno warfare e gli aspetti necropolitici delle nostre società. Un testo che tira le fila su di una realtà che, volenti o nolenti, ci obbliga ad una riflessione non più accidentale ma più che mai vicina, prossima e tangibile.

 R. Braidotti, Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveApprodi, Roma 2014, pp. 223.

 

Giorgio TINTINO

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento