Introduzione del blog

 

LA WEST BANK O CISGIORDANIA ( = al di qua del Giordano )  E’ IL TERRITORIO DOVE ABITANO I PALESTINESI SOTTO IL GOVERNO DELL’AUTORITA’  NAZIONALE PALESTINESE.

Il nome usato in inglese, “West Bank” (sponda occidentale) venne  utilizzato per la prima volta dai giordani dal 1950, all’epoca della loro annessione della regione,[ nota ) ed è un’abbreviazione di “sponda occidentale del fiume Giordano“; mentre il Regno di Giordania si estende sulla sponda orientale.

  1. nota _ Prima della Grande Guerra, la zona ora conosciuta come Cisgiordania era sotto il dominio ottomano, come parte della provincia di Siria. Nel 1920, alla conferenza di Sanremo, la vittoria delle forze alleate la assegnò alla sovranità del Mandato britannico della Palestina. La guerra arabo-israeliana del 1948 vide la creazione di Israele in alcune parti dell’ex mandato, mentre la Cisgiordania fu conquistata dall’emirato di Transgiordania e annesso l’anno successivo in un nuovo regno denominato Giordania. Gli accordi di armistizio del 1949 hanno definito i suoi confini ad interim ( provvisoriamente ).

Dal 1948 al 1967, la zona fu quindi sotto il controllo giordano, passando poi a Israele in seguito della guerra dei sei giorni. Tuttavia, la Giordania non rinunciò ufficialmente alle sue pretese sull’area sino al 1988 quando le cedette all’OLP.

La definizione dei confini venne stabilita in seguito alla stipulazione dell’armistizio di Rodi, quando venne definita dalle linee di “cessate il fuoco” tra gli eserciti israeliano e giordano. A partire dal 1993, con gli accordi di Oslo la regione è sottoposta a controllo misto da parte dello Stato di Palestina e di Israele.

Secondo il censimento Onu del marzo 2023, sono circa 279 le colonie israeliane in Cisgiordania, fortemente volute dai governi Netanyahu.

Il nome Giudea e Samaria è invece di origine biblica e risale al tempo in cui la regione era abitata dal popolo ebraico. Giudea e Samaria (ebraico: “Yehuda” “יהודה”, “Shomron “” שומרון “), sono i due regni biblici (a sud il Regno di Giuda e a nord il Regno di Israele – la cui capitale era una volta la città di Samaria)
Il mondo arabo e, in particolare, i palestinesi osteggiano fortemente la dizione “Giudea e Samaria”, nel cui uso ritengono si riflettano mire espansionistiche di Israele. Invece, si riferiscono alla zona come alla “Cisgiordania”

( fine nota )

 

 

 

IL MANIFESTO  13 FEBBRAIO 2025

https://ilmanifesto.it/cisgiordania-lannessione-parte-dai-siti-archeologici

 

 

Carta di Laura Canali - 2023

 

Carta di Laura Canali – 2023

da Limesonline 9 settembre 2024

 

 

 

 

 

Cisgiordania, l’annessione parte dai siti archeologici

 

 

Cisgiordania, l’annessione parte dai siti archeologici

Una giovane palestinese scatta una foto alla stella di Davide disegnata da coloni israeliani su un resto archeologico a Sebastia – Nasser Ishtayeh/SOPA Images via ZUMA Press Wire

 

Michele Giorgio

GERUSALEMME

 

L’annessione della Cisgiordania a Israele è cominciata. E il punto di partenza sono i siti archeologici palestinesi. È stato evidente ieri al Dan Hotel di Gerusalemme dove, nell’ambito della conferenza «Archeology and Site Conservation of Judea e Samaria», archeologi, docenti universitari, studiosi israeliani e stranieri e funzionari dell’Autorità israeliana per le antichità, si sono affannati, e lo stesso faranno oggi, a spiegare e raccontare millenni di patrimonio storico e archeologico di questa terra. Con un tratto comune: gli interventi e le immagini mostrate sullo schermo nella sala della conferenza hanno dato per scontata la piena «sovranità» dello Stato ebraico su tutti i siti della Cisgiordania che i partecipanti hanno chiamato «Giudea e Samaria», i nomi biblici abitualmente usati dalla destra israeliana per indicare questa porzione di Territori palestinesi occupati.

 

 

 

 

La conferenza Archeology and Site Conservation of Judea e Samaria a Gerusalemme (foto di Michele Giorgio)

In linea con questo indirizzo, le colonie israeliane costruite dopo il 1967 in violazione delle risoluzioni internazionali, sono state presentate come comunità legittime di una storia antica. Un particolare accento ieri è stato messo sulla necessità di esplorare le colline a sud di Hebron, nella Cisgiordania meridionale. Sulle mappe non c’erano i nomi dei villaggi palestinesi a rischio di demolizione nella zona di Mesafer Yatta, dichiarata unilateralmente area di addestramento dall’esercito israeliano e dove l’11 febbraio sono state ridotte in pietre 11 abitazioni dichiarate «illegali». La distruzione completa rischia anche Susia. Sulle mappe mostrate dalla conferenza invece erano visibili i nomi degli insediamenti coloniali.

Nelle pause, tra un caffè e un biscotto, i partecipanti alla «Archeology and Site Conservation of Judea e Samaria» hanno continuato a discutere su come «preservare» il patrimonio archeologico di Israele includendo in esso i siti che, come stabiliscono gli Accordi di Oslo del 1993, si trovano nella Area B della Cisgiordania sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). La questione dei siti archeologici parte da lontano. Prima della nascita di Israele, era usata per accreditare le rivendicazioni del movimento sionista sulla Palestina. Importanti leader sionisti, come il celebre Moshe Dayan, si autoproclamarono “archeologi”. Poi sono venuti i coloni, che dopo il 1967 hanno utilizzato l’archeologia per attirare turisti, espropriare e controllare terre palestinesi in Cisgiordania, a Gaza (fino al 2005) e a Gerusalemme Est dove è sorta la Città di David nel quartiere palestinese di Silwan. Poi sono partiti i progetti di Shiloh, Susiya e Sebastia e molto di più. Sono circa 6mila i luoghi di interesse storico e archeologico in Cisgiordania, quasi tutti nelle Aree B e C (quest’ultima, il 60% del territorio, è stata assegnata dalle intese di Oslo, fino a un accordo definitivo da negoziare, al controllo militare israeliano).

 

L’Herodion tra Betlemme e Hebron foto di EPA/ABIR SULTAN

Lo scorso luglio è giunto alla Knesset un disegno di legge con presunte finalità storiche e culturali presentato dal deputato del Likud, Amit Halevi, in via di approvazione, volto ad estendere la legge israeliana alla intera Cisgiordania in modo che oltre al Kamat, l’ufficiale di stato maggiore per l’archeologia, anche l’Autorità israeliana per le antichità diventi responsabile per i siti archeologici, anche nella Area B palestinese. «Queste parti sono piene di storia ebraica e non vi è alcun collegamento storico o di altro tipo con l’Autorità nazionale palestinese. Pertanto, la discussione sullo status delle aree di Giudea e Samaria non ha alcuna attinenza con la responsabilità di Israele per i reperti archeologici che appartengono al suo popolo», si afferma nei documenti allegati al disegno di legge di Halevi.

«Si tratta di una aperta violazione della IV Convenzione di Ginevra e dei diritti del popolo palestinese sul suo patrimonio storico e archeologico» dice al manifesto il professore Alon Arad, direttore di Emek Shaveh, una associazione che chiede la tutela della storia, della cultura e del patrimonio di palestinesi ed ebrei. «Il testo della legge che gioca con le parole» spiega Arad «allo scopo di evitare condanne internazionali, Halevi indica la Cisgiordania come l’‘Area’ e punta all’allargamento territoriale delle competenze dell’Amministrazione civile israeliana (che cura per conto dell’esercito gli affari civili, ndr) nell’Area B e non più, come avviene oggi, solo nell’Area C».

Cosa accadrà sul terreno quando la legge sarà applicata sul terreno al momento è prevedibile solo in parte. Arad sostiene che aprirà la strada «a espulsioni e demolizioni in centri abitati palestinesi». Le autorità israeliane, aggiunge, «con il pretesto di proteggere aree di interesse storico-archeologico potrebbero ordinare la distruzione delle case vicine ad esse e costringere gli abitanti ad andare via. Emek Shaveh per questo chiede il rispetto da parte di Israele della legge internazionale e delle decisioni della Corte internazionale di Giustizia».

A rischio sarà senza dubbio il villaggio di Sebastia e il suo parco archeologico, già oggetto di frequenti scorribande dei coloni degli insediamenti vicini che reclamano il controllo delle antichità ora sotto la supervisione dell’Anp. Di recente si sono registrati scontri e almeno un giovane palestinese è stato ucciso dal fuoco dei soldati giunti a proteggere i coloni. «Quello che accade a Sebastia è una ulteriore dimostrazione che il problema di fondo in questa regione è l’accaparramento delle risorse da parte del più forte, il tentativo di disumanizzare la comunità locale che non avrebbe la capacità di comprendere e conservare. Cancellare il legame dei palestinesi con il passato significa negare il loro diritto al futuro. Nel sito archeologico di Sebastia, come nelle librerie di Gerusalemme, evidentemente deve restare solo la narrazione del più forte, che non ha ragione e quindi si impone con la violenza», ci dice Carla Benelli, storica dell’arte che per anni ha collaborato con l’archeologo e architetto palestinese Osama Hamdan, scomparso un anno fa, che ha dedicato anni al recupero e alla valorizzazione di Sebastia e del suo eccezionale patrimonio storico.

Nella società civile palestinese l’allarme è forte, mentre l’Anp tace. L’Associazione palestinese di archeologia (Apa) condanna fermamente la convocazione della conferenza al Dan Hotel a Gerusalemme e l’uso delle parole Giudea e Samaria per indicare la Cisgiordania. «Questa terminologia ignora le realtà storiche e geografiche del nostro popolo in Cisgiordania e cerca di cancellare l’identità palestinese» afferma. Sottolinea che «I progetti di ricerca presentati alla conferenza si basano su scavi archeologici condotti nei Territori occupati, violando la Convenzione dell’Aja del 1954 e i suoi protocolli, nonché le Raccomandazioni di Nuova Delhi del 1956». Questi quadri giuridici, ricorda l’Apa, impongono alla potenza occupante «di proteggere i siti archeologici del popolo occupato e proibisce lo sfruttamento per scopi politici o ideologici». La conferenza a Gerusalemme, conclude, «costituisce una palese violazione del diritto internazionale e dell’etica accademica…Boicottarla rappresenta una posizione di principio contro la cancellazione del nostro patrimonio culturale e l’espropriazione del popolo palestinese.

 

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

video, 12.23 minuti — Trump e noi – L’approfondimento di Lucio Caracciolo– 9 gennaio 2025 —

 

 

Cosa possiamo aspettarci da Donald Trump nel suo secondo mandato. Il rapporto con gli europei e in particolare con l’Italia. Elon Musk e Starlink. Il caso Cecilia Sala. Groenlandia e Ucraina. Le aree dove l’Italia può collaborare con gli Stati Uniti: Libia, Balcani e Medio Oriente. In collegamento Lucio Caracciolo. Video registrato il 9 gennaio 2025.

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Enzo Jannacci ci canta nel 1956 : Veronica –Testo: Sandro Ciotti, Dario Fo Musica: Enzo Jannacci; — Soldato Nencini, musica e parole di Jannacci ; — Sei minuti all’alba, musica di Jannacci e parole di Dario Fo.

 

 

 

 

(coro): In pé! In pé! In pé! In pé!
Veronica,
amavi sol la musica sinfonica
ma la suonavi con la fisarmonica,
Veronica, perchè?
Veronica,
se non mi sbaglio stavi in via Canonica;
dicevi sempre: “voglio farmi monaca!”
ma intanto bestemmiavi contra i pré!
Ti ricordo ancora come un primo amore:
lacrime, rossore fingesti per me.
Mi lasciasti fare senza domandare
quello che pensassi di te, oh!
(coro): In pé! In pé! In pé! In pé!
Veronica,
il primo amor di tutta via Canonica:
con te, non c’era il rischio del platonico,
Veronica, con te!
Veronica,
da giovane, per noi eri l’America:
davi il tuo amore per una cifra modica
al Carcano, in pé, ma…
Ti ricordo ancora come un primo amore:
lacrime, rossore fingesti per me.
Mi lasciasti fare senza domandare
quello che pensassi di te, oh!
Veronica,
l’amor con te non era cosa comoda,
nè il luogo, forse, era il più poetico:
al Carcano, in pé; ma…
Ti ricordo ancora come un primo amore:
lacrime, rossore fingesti per me.
Mi lasciasti fare senza domandare
quello che pensassi di te,
mi lasciasti fare senza domandare…
al Carcano, in pé!

 

 

Jannacci — Soldato Nencini

 

TESTO

Soldato Nencini, soldato d’Italia
semianalfabeta, schedato: “terrone”,
l’han messo a Alessandria perchè c’è più nebbia;
ben presto ha capito che a volergli bene
c’è solo quel cane che mangia la stoppa
fra i vecchi autoblindo, pezzato marrone…
Due o anche tre volte ha chiesto il tenente
a un suo subalterno: “Ma questo Nencini,
cos’ha, da sorridere sempre per niente?
Sorride un po’ perso… magari a nessuno;
e mangia di gusto ‘sto rancio puzzone!…
Ma è analfabeta, e per giunta, terrone!”
E arriva anche il giorno che arriva la posta;
e piove, e di dentro c’è tante persone.
S’inganna ridendo l’odore di piedi,
e là, più di tutti, chi ride è il terrone:
gli stanno leggendo del padre a Corfù;
C’è stata una capra malata… e continua:
“Sai, tristi è aspettari: se non t’amo più,
conviene lasciarsi…” Firmato: Mariù
Soldato Nencini, soldato d’Italia
di stanza a Alessandria, schedato: “terrone”,
si è messo in disparte, sorride un po’ meno;
ma di tanto in tanto, ti ferma qualcuno
e gira e rigira quel foglio marrone:
ti legge un frase; ti dice:”c’è scritto
“Sai, tristi è aspettari: se non t’amo più,
conviene lasciarsi…” Firmato: Mariù”

 

 

sei minuti all’alba – Album 1966 — Enzo Jannacci // TESTO E MUSICA DI ENZO JANNACCI

 

 

A volte Enzo nei concerti introduceva questa canzone con le parole “Vorrei dedicare questa canzone a mio padre, è importante ricordare visto che oggi c’è chi oggi confonde la Repubblica di Salò con la Repubblica di San Marino”.

 

 

 

Sei minuti all’alba: el gh’è gnanca ciàr
sei minuti all’alba: il prete è pronto già;
l’è giamò mess’ura ch’el va dree a parlà…
glie l’ho detto: “Padre, debún, mi hoo giamò pregà!”
Nella cella accanto cantenn ‘na cansún…
sì, ma non è il momento! Onn pu d’educasiún!
Mi anca piangiaria, il groppo è pronto già.
Piangere. Doaccordo, perchè m’hann de fucilà:
Vott setémber sunt scapaa, ho finì de faa el suldaa.
Al paìs mi sunt turnà: “disertore” m’hann ciamaa!
De sul treno caregà, n’altra volta sunt scapaa:
in montagna sono andato, ma l’altrier
coi ribelli m’hann ciapaa!
Entra un ufficiale; m’offre da fümà…
“Grazie, ma non fumo prima di mangià”
Fa la faccia offesa… mi tocca di accettar.
Le manette ai polsi son già… e quei là vann dree a cantà!
E strascino i piedi, e mi sento mal…
sei minuti all’alba! Dio, cume l’è ciàr!
Tocca farsi forza: ci vuole un bel final!
Dai, allunga il passo, perchè ci vuole dignità!
Vott setémber sunt scapaa, ho finì de faa el suldaa.
Al paìs mi sunt turnà: “disertore” m’hann ciamaa!
De sul treno caregà, n’altra volta sunt scapaa:
in montagna sono andato, ma l’altrier
coi ribelli m’hann ciapaa!

 

 

testi da: ROCKIT.IT

 

 

SEI MINUTI ALL’ALBA

Sei minuti all’alba
e non è ancora chiaro,
sei minuti all’alba
Il prete è pronto già.
È già mezz’ora
che sta parlando.
«Gliel’ho detto, padre, davvero,
ho già pregato».

Nella cella accanto
cantano una canzone.
«Sì, ma non è il momento
un po’ d’educazione!»
Io addirittura piangerei
il groppo è pronto già;
piangere d’accordo, e perché?
Mi devono fucilare.

L’otto settembre sono scappato
ho smesso di fare il soldato,
son tornato al paese
mi han chiamato disertore.
Caricato su di un treno
son scappato un’altra volta;
in montagna sono andato, ma l’altro ieri
m’hanno preso coi partigiani.

Entra un ufficiale
mi offre da fumare:
«Grazie, ma non fumo
prima di mangiar».
Fa la faccia offesa,
mi tocca di accettar,
le manette sono già ai polsi,
e quelli continuano a cantare.

E trascino i piedi
e mi sento male;
sei minuti all’alba,
Dio com’è chiaro!
Tocca farsi forza
ci vuole un bel finale;
dai allunga il passo, perché
ci vuole dignità.

L’otto settembre sono scappato
ho smesso di fare il soldato,
son tornato al paese
mi han chiamato disertore.
Caricato su di un treno
son scappato un’altra volta;
in montagna sono andato, ma l’altro ieri
m’hanno preso coi partigiani.

 

 

versione italiana da :

CANZONI CONTRO LA GUERRA
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=346&lang=it

 

 

  1. Sei minuti all’alba (testo e musica di Enzo Jannacci)
  2. Soldato Nencini (testo e musica di Enzo Jannacci)
  3. E io ho visto un uomo (testo e musica di Enzo Jannacci)
  4. La balilla (testo di Enzo Jannacci; musica tradizionale)
  5. Faceva il palo (testo di Walter Valdi; musica di Enzo Jannacci)
  6. Dona che te durmivet (testo e musica di Enzo Jannacci)
  1. Cosa portavi bella ragazza (testo e musica di Enzo Jannacci)
  2. Chissà se è vero (testo e musica di Enzo Jannacci)
  3. L’appassionata (testo italiano di Leo Chiosso; musica di Guy Marchand)
  4. E savè (testo e musica di Enzo Jannacci)
  5. L’è tri dì (testo e musica tradizionali)
  6. Ho soffrito (testo di Marcello Marchesi e Cochi Ponzoni; musica di Enzo Jannacci)
Pubblicato in GENERALE | 2 commenti

Chiara Cruciati intervista a ” Wael al-Dahdouh: «La guerra vera non sono le bombe, è la vita degli sfollati» “, Palestina: il racconto del giornalista di al- Jazeera: ” Non avevamo previsto tanta crudeltà ” — IL MANIFESTO  12 FEBBRAIO 2024

 

 

IL MANIFESTO  12 FEBBRAIO 2024
https://ilmanifesto.it/wael-al-dahdouh-la-guerra-vera-non-sono-le-bombe-e-la-vita-degli-sfollati

 

 

Wael al-Dahdouh: «La guerra vera non sono le bombe, è la vita degli sfollati»

 

 

 

Il giornalista palestinese Wael Al-Dahdouh durante una premiazione a Valencia foto Ap/Rober Solsona

 

Il giornalista palestinese Wael Al-Dahdouh durante una premiazione a Valencia – Ap/Rober Solsona

 

 

 

 

Immagine

foto dal suo X
CHIARA CRUCIATI  — (1983 )- Tra Medio Oriente e Italia
Redattrice Esteri/vicedirettrice al manifesto. Autrice con Michele Giorgio di “Cinquant’anni dopo”, “Israele, mito e realtà”, “La montagna sola”– EDITORE PORTO ALEGRE

 

 

Wael al-Dahdouh siede al centro dello scranno della sala stampa di Montecitorio e l’attenzione la catturano due cose: il tutore al braccio, un artiglio meccanico che tiene insieme un arto fatto a pezzi dalla guerra; e lo sguardo quasi indeciso tra dolore e fierezza. Ha puntate addosso le telecamere di decine di giornalisti, lui che giornalista lo è e ora è la storia.

 

LA STORIA lo è diventato, per noi che guardiamo Gaza dall’altro lato del mare, il 25 ottobre 2023 quando un missile israeliano ha sbriciolato la casa nel campo di Nuseirat dove la sua famiglia aveva cercato rifugio. In pochi secondi si è preso la moglie Amina, la figlia Sham di sette anni e il figlio Mahmoud di 15. E poi fratelli, cugini, nipoti. Sono morti in 21. Lui era in diretta su Al-Jazeera quando l’ha saputo, dell’emittente qatariota è il responsabile nella Striscia.

 

 

 

Guerra Israele Gaza

Wael al Dahdouh trasporta il corpo di uno dei suoi figli morti nel campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza, il 25 ottobre.

 

foto El Paìs– Wael Al-Dahdouh

 

 

«Quando sono arrivato, era buio pesto. La casa era distrutta. Chiedevo alle persone lì intorno: chi è morto? chi è ferito? chi è disperso? Abbiamo scavato con le mani. Ho trovato mio nipote Adam». Aveva 18 mesi, era morto. Un’altra delle figlie la troveranno poco dopo, seguendone la grida: era sepolta sotto un cumulo di macerie, ma ancora viva. Per mesi non è riuscita a vivere sotto un tetto di cemento.

 

Wael Al-Dahdouh: Al Jazeera reporter's family killed in Gaza strikea sinistra Wael Al-Dahdouh — DALLA   BBC

 

 

Wael racconta, accanto ha esponenti del gruppo interparlamentare per la pace tra Palestina e Israele, Stefania Ascari (M5s), Laura Boldrini (Pd) e Nicola Fratoianni (Avs). Lo presentano come «simbolo della resistenza di un popolo» (Boldrini), «la testimonianza di quello che non si voleva fosse raccontato, il genocidio» (Fratoianni), la voce «del luogo più pericoloso al mondo per i giornalisti» (Ascari). Poi lasciano a lui lo spazio per raccontare.

Al-Dahdouh vuole parlare di giornalismo. Lui reporter lo è diventato quasi per caso, eredità della prima Intifada. Doveva andare in Iraq a studiare medicina, ma nel 1987 fu arrestato dall’esercito israeliano per lancio di pietre e «attività legate all’Intifada». Lo avevano condannato a 15 anni, ne ha scontati in carcere la metà e quando è uscito Israele gli ha vietato di lasciare la Striscia. Ha iniziato a lavorare per testate locali, un passo dopo l’altro fino all’esplosione globale di al-Jazeera.

«Il giornalismo a Gaza è come la guerra, è fuori da ogni logica – dice – La cosa essenziale era raccontare cos’era Gaza assediata, minuto per minuto. Ma la natura dell’offensiva ci ha sorpreso, non avevamo previsto quella crudeltà».

 

 

 

 

Wael Dahdouh

Il giornalista di Al Jazeera Wael al Dahdouh tiene la mano del figlio Hamza, morto in un attacco israeliano, mentre abbraccia una delle sue figlie il 7 gennaio.Hatem Ali (AP)

 

Al Jazeera’s Gaza bureau chief Wael Dahdouh in Qatar for medical treatment

Al- Jazeera  17 gennaio 2024

 

 

«Da subito abbiamo detto di essere dei professionisti, di non essere parte in guerra, di svolgere un lavoro protetto dalle leggi internazionali, eppure abbiamo pagato un prezzo altissimo: oltre 200 colleghe e colleghi sono stati ammazzati».

 

 

I giornalisti Hamza al-Dahdouh ( Il figlio ) e Mustafa Thuraya uccisi dopo che un missile ha colpito il loro veicolo a Khan Younis -, il 7 gennaio 2024

(Mohammed Salem/Reuters) -da : Middle East Eye

 

 

 

 

 

WAEL PARLA delle precauzioni inutili, le pettorine e gli adesivi «Press» sulle auto, il coordinamento con la Croce rossa e Israele per muoversi in sicurezza, «ma poi attaccavano comunque». A lui è successo a Khan Younis, il tutore è una cicatrice ma anche la prova di un miracolo: il missile ha ammazzato tre paramedici e il suo cameraman, Samer Abu Daqqa. Non è morto subito, ci ha messo delle ore a dissanguarsi: l’esercito impediva ai soccorsi di raggiungerlo, chi si muoveva riceveva fuoco. Era il 15 dicembre 2023.

Il 7 gennaio l’aviazione israeliana gli ha ucciso un altro figlio, Hamza, il maggiore. Aveva 27 anni e faceva il giornalista anche lui. Una bomba ha fatto saltare in aria l’auto su cui viaggiava con un collega, Mustafa Thuraya. Il giorno dopo, un’altra bomba: due nipoti ammazzati. A metà gennaio 2024, Wael ha ricevuto l’autorizzazione a lasciare Gaza per le cure mediche.

 

Al Jazeera journalist who lost his family in Gaza airstrike returns to work | Israel-Gaza war | The Guardian

THE GUARDIAN

 

 

Dopo ogni massacro, al-Dahdouh è tornato on air a fare il suo lavoro. Una decisione che credeva personale ha avuto un’eco globale: dentro e fuori Gaza, tra la sua gente che gli rendeva omaggio quando andava in onda e nelle capitali del mondo, volto disegnato sui muri e nei cartelli delle proteste.

Wael se l’era chiesto subito, il 26 ottobre 2023, quando ha guidato i funerali della sua famiglia: «Cosa dovevo fare? Rimanere accanto ai miei cari, prendermi una pausa…Mia moglie mi ha aiutato tanto a diventare un giornalista. Mio figlio Mahmoud voleva diventarlo, girava video sulle storie dei vicini, il suo ultimo video l’ha fatto da sotto le macerie. Ne ho parlato con le mie figlie sopravvissute e ho deciso di tornare al lavoro. Quando sono riapparso in diretta, poco dopo, volevo mostrare il più alto livello di professionalità possibile. Come non fosse successo niente. Ho pagato come giornalista, come uomo, come sfollato, come assediato. Ma dovevamo continuare a trasmettere».

RACCONTARE GAZA senza fermarsi. E la guerra vera, contro i civili. Wael la vede oltre le bombe: «Puntiamo le telecamere sui bombardamenti, le macerie, corriamo dove sono gli eventi.

 

 

 

 

 

French NGO files case with ICC over journalists' deaths in Gaza

RFI

 

 

 

Ma la guerra vera è un’altra: è la vita degli sfollati. Sono le mie figlie, la notte in cui il vento ha sradicato via la tenda a Deir al-Balah in cui dormivano. Tutte le telecamere del mondo non bastano a descrivere la vita degli sfollati, la guerra è quella lì».

 

 

 

 

 

qualcosa sulla vita   degli sfollati a Gaza

 

 

Gaza, l'odissea degli sfollati - la Repubblica

IL REPORTAGE - Notte all'addiaccio per gli sfollati di Gaza - Medio Oriente - Ansa.it
Netanyahu: noi a Gaza a tempo indeterminato. Gli Usa: siamo contrari. E ammettono: uccisi molte migliaia di palestinesi - Il Sole 24 ORE
Cosa c'è nella Striscia di Gaza oltre a Gaza - Il Post
Guerra in Medio Oriente, il viaggio dei 50 mila sfollati da Gaza City e quelle quattro ore per fuggire - La Stampa
Il parroco di Gaza: «Chiediamo solo una tregua»
Pubblicato in GENERALE | 1 commento

ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti — 22.00 11 febbraio 2025 — Friuli, Norma Fumis, staffetta in Friuli, una donna eroina della Resistenza, che divenne Vicepresidente dell’ANPI di Ronchi dei Legionari, morì l’11 febbraio 2014 + altro

 

 

 

LINK X DI @ ANPIRomaPosti
ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti

 

Staffetta in #Friuli, #NormaFumis, arrestata su delazione venne torturata per giorni dalle #SS e poi rinchiusa presso il #Coroneo. Sopravvisse alla #RisieraDiSanSabba, ad #Auschwitz e a #Flossenbürg. Vicepresidente dell’#ANPI di Ronchi dei Legionari, morì l’#11febbraio 2014

 

Immagine

 

 

 

ANPI.IT
https://www.anpi.it/biografia/norma-fumis-bacicchi

ANPI

 

Norma Fumis Bacicchi

 

Nata a Wagna (Austria) il 16 agosto 1918, deceduta a Monfalcone (Gorizia) l’11 febbraio 2014. Partigiana, deportata, perseguitata politica.

Norma Fumis nasce in territorio austriaco, in un campo dove dallo scoppio della Prima guerra mondiale erano internati 15.000 profughi giuliani. Nella sua famiglia, rientrata alla fine del conflitto a Ronchi dei Legionari, in gran parte distrutto, negli anni successivi maturano sentimenti antifascisti pagati con il carcere e il confino politico.

Nel corso dell’attività resistenziale come corriera partigiana, Norma assicura i collegamenti tra i Gap, l’Intendenza “Montes” – operanti in un esteso territorio che andava dall’Isontino (Gorizia) all’intera Bassa Friulana (Udine) – e la Federazione del PCI di Trieste, dove viene arrestata nell’agosto 1944.

Era allora in atto nella città una retata che coinvolse tutto il gruppo dirigente comunista (tra cui Luigi Frausin e Vincenzo Gigante “Ugo”, Medaglie d’Oro). Come i suoi compagni, Norma Fumis viene interrogata e torturata nella sede delle SS in piazza Oberdan e all’Ispettorato di Polizia di via Bellosguardo, infine rinchiusa in isolamento nel carcere del Coroneo.

Trascorso un mese ed evitato per puro caso il trasferimento alla Risiera di San Sabba, nel quale avrebbe finito i suoi giorni, viene deportata ad Auschwitz assieme ad altri detenuti della zona, istriani e fiumani italiani e sloveni.

Al lager in Polonia arriva dopo un viaggio su carri bestiame che dura una settimana, depredata di quel poco che possiede, denudata, rasata e tatuata sul braccio col n° 88740. In seguito, con l’avvicinarsi del fronte, visitata come un animale, è inviata al lavoro per 12 ore al giorno in una fabbrica di munizioni a Chemnitz, in Germania, dipendente dal campo di Flossenbürg.

Ad aprile ’45 la città, insieme alla vicina Dresda, è praticamente rasa al suolo dai bombardamenti americani e i prigionieri sono trascinati nel calvario di una lunga marcia verso la regione dei Sudeti, in Cecoslovacchia.

I tedeschi braccati dall’Armata Rossa abbandonano la sorveglianza solo l’8 maggio e Norma, con altre donne goriziane e di Muggia, intraprende un’ennesima via crucis a piedi, su camion, carretti, in treno, passando per Praga e raggiungendo prima Udine e finalmente Ronchi, in più di venti giorni di cammino.

Nel dopoguerra Norma Fumis svolge un ruolo importante nel movimento femminile come dirigente dell’UDI (Unione Donne Italiane) e nella politica, in qualità di prima responsabile donna della Federazione di Gorizia del PCI. Sposa nel ’47 il partigiano e senatore Silvano Bacicchi seguendolo nei suoi spostamenti dovuti agli incarichi regionali e nazionali nel partito, e diviene segretario di una delle più grandi sezioni a Udine.

Vicepresidente dell’ANPI di Ronchi dei Legionari fino al conferimento alla città della Medaglia d’Argento VM, si è occupata dell’edificazione del Monumento Ossario dei 166 Caduti per la Libertà partigiani e deportati politici nei campi di sterminio fino alla completa realizzazione. Al momento della scomparsa, Norma Fumis era componente della Presidenza onoraria provinciale dell’Associazione. Carattere instancabile, preparata e rigorosa, era però una donna schiva dalle troppo retoriche celebrazioni, soprattutto di sé stessa: nel corso della sua lunga vita ha rilasciato un’unica intervista sulla sua esperienza all’ANED (Ass. naz. ex deportati politici e razziali).

 

se qualcuno fosse curioso di sapere qualcosa su Wagna ( Austria ) dove nacque Norma Fumis, apri il link sotto : +++ vale la pena
https://it.wikipedia.org/wiki/Wagna

 

 

 

File:Gorizia mappa.png

 

MAPPA DELLA PROVINCIA  DI GORIZIA

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Gorizia_mappa.png

 

 

 

 

Santa Eufemmia Grado – l’esterno

 

 

 

 

Ziegler175 – Opera propria

 

 

La storia di Sant’Eufemia

https://de.wikipedia.org/wiki/Sant%E2%80%99Eufemia_%28Grado%29

 

 

 

 

 

UNA FOTO DELLA BASILICA DI SANTA EUFEMIA A GRADO
Cris*Milano – Opera propria
https://commons.wikimedia.org/

 

 

 

 

NAVATA CENTRALE ( come sopra )
Velvet – Opera propria

 

 

 

 

un dettaglio dell’affresco  della chiesa di Sant’Eufemia ( XIII secolo )
Wolfgang Sauber – Opera propria

 

 

Pulpito
Marco Almbauer – Opera propria

 

 

 

 

Parete divisoria tra la navata e il coro con il rilievo di uccelli
Wolfgang Sauber – Opera propria

 

foto sopra da:

https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Cathedral_of_St_Eufemia_(Grado)_-_Interior?uselang=it

 

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Il problema delle FOIBE (Giorno del Ricordo) — ALESSANDRO BARBERO — — pubblicato da ” Vassalli di Barbero ” / le domande sono degli alunni Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore “Teodosio Rossi” di Priverno. + altro

 

 

 

 

– Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore “Teodosio Rossi” di Priverno: http://www.isissteodosiorossi.it/

 

 

 

PRIVERNO — PROV. DI LATINA

 

Il centro storico, il cui nucleo più antico risale a un periodo tra il X e il XII secolo, si inerpica con un tipico impianto urbanistico medioevale attorno al Colle Rosso. Nel secondo dopoguerra la città si estese fuori le mura, dapprima lungo il versante occidentale del colle, fino ad allora disabitato poiché ripido e impervio, poi, a partire dal 1960, interessando completamente il colle gemello di San Lorenzo, quindi il sottostante colle del Montanino fino alle pendici (località Caciara) e, particolarmente dopo il 1980, raggiungendo persino i fondivalle.

 

 

undefined

Priverno (LT) centro storico panorama versante Est
Privernum – Opera propria

 

 

undefined

I Colli Seiani visti dai Monti Lepini. Sullo sfondo i Monti Ausoni
Privernum – Opera propria

 

 

Priverno: piazza del comune sotto la neve il 17 dicembre 2010

Priverno: piazza del comune sotto la neve il 17 dicembre 2010
Privernum – Opera propria

 

 

Priverno. Panorama verso est/sud-est sulla bassa val d'Amaseno

Priverno. Panorama verso est/sud-est sulla bassa val d’Amaseno
Meteopriverno – Opera propria

 

 

 

Priverno, Province of Latina, Italia –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ph. Itto Ogami– foto sopra

 

 

undefined

ABBAZIA DI FOSSANOVA
luciano_46 – Flickr

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante l'Arno e campanile

ABBAZIA DI FOSSANOVA

DA

Musei Archeologici di Priverno ( FACEBOOK )

 

DALLO STESSO FACEBOOK :::

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il Pantheon e il seguente testo "Comune Priverno Cittàd'Arte Ho perso I testa per perte... te... MUSE) MUSEI . venerdì 14 FEBBRAIO 2025 ORE 19:00 A San Valentino Vieni al Museo Archeologico per una Visita guidata speciale iale L'AMORE AL TEMO DEI ROMANI sabato 15 FEBBRAIO 2025 ORE 16:30 10€ acoppia α Ingressoe visita guidata al Museo domenica 16 FEBBRAIO 2025 ORE 11:00 Appuntamentoa al Museo ArcheologicodiPriverno Archeologico Piazza GiovanniXXI XXIII 04015 Priverno Infoeprenotazioni: Into prenotazion 3491814504 musoipivernolamacchinocelbl.co musei ol.privernoelemacchinoce coo f CanpaNuuhonCalai"

 

 

 

 

 

PRIVERNO  NELLA PROVINCIA DI LATINA
Vonvikken – Opera propria

 

FOTO E TESTO  DI PRIVERNO

DA

  1. wipedia
    2.   https://commons.wikimedia.org/wiki/?uselang=it

 

 

 

I Borghi di Priverno e Fossanova aprono le danze ai Week End del Grand Tour 2020 - Benvenuti in Ciociaria in provincia di Frosinone

CIOCIARIA TURISMO

******

 

 

 

LINK SOTTO

Dai Volsci al Medioevo

MUSEO ARCHEOLOGICO DI PRIVERNO — LATINA / LAZIO

COMPAGNIA DEI MONTI LEPINI

 

FACEBOOK MUSEI ARCHEOLOGICI PRIVERNO
https://www.facebook.com/museiarcheologicipriverno/?locale=it_IT

 

 

Quando il Museo è stato istituito, nel 1986, di Privernum ben poco si conosceva;  la sua memoria sembrava non potersi affidare ad altro se non alle gesta di Camilla, la mitica eroina figlia di un re della volsca Priverno, immortalata con enfasi, e in un clima di fascino e di mistero, nei versi dell’Eneide di Virgilio.

Scavi settecenteschi condotti dal Governo Pontificio avevano portato al recupero di importanti opere d’arte e interventi del secolo passato, più o meno programmati, avevano fatto riemergere monumenti e contesti decorativi: templi, domus, terme, teatro, mosaici, decori architettonici e tanti oggetti del vivere quotidiano. Gli scavi, segnati purtroppo dal più completo disinteresse verso contesti e strutture e subito abbandonati al loro destino, non hanno lasciato segni tangibili sul territorio e i materiali, letteralmente strappati dal loro contesto di appartenenza, sono migrati a Roma per disperdersi in magazzini di musei statali; solo i pezzi “più belli” hanno avuto miglior fortuna: una statua di Tiberio e i ritratti di Claudio e Germanico confluiti nelle collezioni vaticane e capitoline a far mostra quali elementi di riferimento artistico e la cui provenienza privernate sembrava essere solo un marginale corollario identificativo.

L’avvio di un nuovo interesse verso le antichità di Privernum è segnato, intorno al 1970, da una ricerca portata avanti in ambito universitario.
Enti di ricerca e di tutela – Università e Soprintendenze – hanno permesso di trasformare quella che sembrava un’utopia in una realtà progettuale che, positivamente accolta ed economicamente supportata dalla Regione Lazio, si è presto avviata verso le sue fasi attuative. Nell’arco di quindici anni i tre Musei archeologici, a cui si è aggiunto, nel 1998, il Polo Museale Santa Chiara, hanno aperto i loro battenti per divenire patrimonio della collettività, legate da un imprescindibile filo conduttore che è il racconto del divenire storico di un territorio, quello della media valle dell’Amaseno, che ha visto, dall’antichità fino all’Altomedioevo, nei poli di Privernum, prima, e Fossanova e Priverno, poi, i suoi principali punti di riferimento.

 

 

museoarcheologicodipriverno-ok

 

 

senza-titolo-27

IL PALAZZO DEL MUSEO

 

 

collage

 

 

collage-numero-2

 

 

collage-numero-3

 

 

 

IL SOFFITTO 

senza-titolo-23

 

Gli interni sono impreziositi da un ciclo pittorico in tardo-Liberty che decora tutti i soffitti con un’accentuata varietà di stili. Motivi geometrici con palesi richiami di scuola viennese, stesi a olio sui soffitti lignei, si contrappongono a una pittura su intonaco più libera e ridondante, con rivisitazioni di ‘grottesche’, allegorie zodiacali, erme, cariatidi che sorreggono cornucopie neorococò ricolme di frutta e fiori oppure clipei con interessanti vedute urbane della Priverno di allora.

senza-titolo-29

 

 

 

senza-titolo-2

 

 

senza-titolo-24

 

 

L’intero patrimonio pittorico è stato restaurato nell’ambito dei recenti lavori di adeguamento dell’edificio a sede museale ed è fruibile, con un percorso nel percorso, all’interno dell’allestimento espositivo che si inserisce nelle dodici sale del Palazzo, rispettandone architettura e decori.

 

Museo archeologico di Priverno

 

 

LE REGIONI DEL LAZIO

 

 

AnnaMappa.com

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

PIER PAOLO PASOLINI: SCRITTI CORSARI ( Corriere della sera – 1973-75 ) + Garzanti, 1975 / 2015 -p. p. pasolini : la morte non è nel non poter comunicare ma nel non essere compresi.

 

 

 

ma, per rimanere nei nostri stracci, un malato mentale
l’avrebbe scritta così:

La morte non è nel non poter comunicare:
la morte è nel poter comunicare e non essere compresi

 

chiara  – dedica questa sua frase, ” con fervida preghiera di ascolto “, a quelli che stanno vicino ad un malato mentale–  anche ad un malato fisico cui non mancano mai riflessi mentali — siano essi i familiari,  i professionisti : medici, infermieri, accompagnatori o amici che lo sentono o lo vedono.

 

 

marco belpoliti, scrittore critico letterario serio, dice qualcosa degli Scritti Corsari

video, 7.57

https://www.youtube.com/watch?v=nqlMRRjymMI

 

 

 

SCRITTI CORSARI GLI INTERVENTI PIU' DISCUSSI DI UN TESTIMONE PROVOCATORIO - Foto 1 di 1
1975

 

 

Scritti corsari - Pier Paolo Pasolini - copertina

2015

 

“L’invisibile rivoluzione conformistica di cui Pasolini parlava con tanto accanimento e sofferenza dal 1973 al 1975, non era affatto un fenomeno invisibile. Cbi ricorda anche vagamente le polemiche giornalistiche di allora, a rileggere questi ‘Scritti corsari’ può restare sbalordito. Il fatto è die per Pasolini i concetti sociologici e politici diventavano evidenze fisiche, miti e storie della fine del mondo. Finalmente, così, Pasolini trovava il modo di esprimere, di rappresentare e drammatizzare teoricamente e politicamente le sue angosce… di parlare in pubblico del destino presente e futuro della società italiana, della sua classe dirigente, della fine irreversibile e violenta di una storia secolare.” (Dalla Prefazione di Alfonso Berardinelli)

 

Pier Paolo Pasolini
La saggistica. Scritti corsari

 

“lo non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca.”

Scritti corsari è l’ultimo libro pubblicato da Pasolini (fu in libreria subito dopo la sua morte, Pasolini ne aveva già revisionato le bozze presso l’editore Garzanti) ed è molto più che una raccolta di articoli, interviste, recensioni. Piuttosto un libro che il lettore deve ricostruire: “È lui che deve rimettere insieme i frammenti di un’opera dispersa e incompleta. È lui che deve ricongiungere i passi lontani che però si integrano.” Nati dall’occasione, questi scritti hanno una singolare unità, anche perché nei fili che ne compongono il tessuto è sempre ben visibile “l’arte scontrosa o mestiere” dell’autore.

“Forse qualche lettore troverà che dico delle cose banali. Ma chi è scandalizzato è sempre banale. E io, purtroppo, sono scandalizzato. Resta da vedere se, come tutti coloro che si scandalizzano (la banalità del loro linguaggio lo dimostra), ho torto, oppure se ci sono delle ragioni speciali che giustificano il mio scandalo.”

 

Il vero scandalo di questi scritti è nella loro severità. Essi toccano fatti che coinvolgono, in modo patente o oscuro, la vita e la coscienza di milioni di uomini. Sono duri, aspri, “scandalosi” argomenti che Pasolini affronta senza indulgenza, senza approssimazioni. Il lettore degno della “scandalosa ricerca” trova qui degli scritti di “attualità” certo non effimeri, in cui si cerca di decifrare la fisionomia degli anni a venire. La tragica morte dello scrittore e le reazioni che ne sono seguite rivelano la terribile qualità profetica, il sicuro presagio nascosti in questo libro.

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

David Alfaro Siqueiros @artistsiqueiros –LINK X – ( Camargo,1896 – Cuernavaca,  1974 )– SUICIDIO COLLETTIVO- 1936 ( 2025-6 … !)

 

 

 

LINK X DI SIQUEIROS–
13.18 — 30 novembre 2022

David Alfaro Siqueiros @artistsiqueiros

 

 

 

Immagine

foto : https://www.guiadasartes.com.br/david-alfaro-siqueiros/principais-obras

 

David Alfaro Siqueiros (Camargo29 dicembre 1896 – Cuernavaca6 gennaio 1974), è stato un pittoremuralista e militare messicano, particolarmente noto per i suoi lavori appartenenti alla corrente del cosiddetto realismo sociale; celebri, a questo proposito, i murales da lui dedicati alla storia del Messico.

Fu un importante teorico dell’arte, nonché attivista politico comunista. È inoltre passato alla storia per aver diretto un commando che tra 23 e il 24 maggio 1940 ha assaltato la villa di Lev Trockij, che si trovava in esilio in Messico, con l’obiettivo di assassinarlo. L’attentato però fallì e l’operazione per l’assassinio di Trotskij fu poi portata a termine da Ramón Mercader nell’agosto successivo.

Pioniere nell’impiego dei nuovi materiali per la pittura come le tinte sintetiche e acriliche.

 

segue in :::  WIKIPEDIA / link

 

 

 

 

David Alfaro Siqueiros,

Collective Suicide, 1936

#museumofmodernart #davidalfarosiqueiros

MOMA.ORG
moma.org/collection/wor

 

 

 

Davide Alfaro Siqueiros,   Suicidio collettivo   1936

 

 

Collective Suicide è una visione apocalittica della conquista spagnola del Messico. Siqueiros mostra truppe spagnole corazzate che avanzano a cavallo, un prigioniero curvo che barcolla davanti a loro incatenato. La statua rotta di un dio dimostra la rovina della cultura indigena. Gli indiani Chichimec, separati dai loro aguzzini da una fossa ribollente, massacrano i propri figli, si impiccano, si pugnalano con le lance o si lanciano da scogliere piuttosto che sottomettersi alla schiavitù.

 

 

 

Siqueiros, uno dei pittori murali messicani degli anni ’20 e ’30, sosteneva quella che chiamava “un’arte monumentale, eroica e pubblica”.

Attivista e propagandista per la riforma sociale, era politicamente orientato anche nelle sue scelte di materiali e formati: rifiutando quella che chiamava “arte da cavalletto borghese”, utilizzava vernici e metodi commerciali e industriali. Collective Suicide è sia un memoriale delle culture preispaniche condannate delle Americhe sia un grido di battaglia contro i regimi totalitari contemporanei.

( TESTO DI COMMENTO DAL MOMA )

 

 

 

 

qualcosa su :

DAVID ALFARO SIQUEIROS

 

David-Alfaro-Siqueiros.png

David Alfaro Siqueiros, anno sconosciuto
Archivio Casasola
foto : https://en.wikipedia.org/wiki/David_Alfaro_Siqueiros

 

 

 

 

 

David Alfaro Siqueiros  (Camargo29 dicembre 1896 – Cuernavaca6 gennaio 1974), è stato un pittoremuralista e militare messicano, particolarmente noto per i suoi lavori appartenenti alla corrente del cosiddetto realismo sociale; celebri, a questo proposito, i murales da lui dedicati alla storia del Messico, insieme a Diego Rivera e José Clemente Orozco.
Era un membro del Partito Comunista Messicano, e uno stalinista e sostenitore dell’Unione Sovietica che guidò un tentativo fallito di assassinare Leon Trotsky nel maggio 1940.

 

 

ALTRI QUADRI DALLO STESSO LINK SU TWITTER : 

https://twitter.com/artistsiqueiros

 

 

Immagine

David Alfaro Siqueiros, [Untitled], 1931– Senza titolo
#artsoftheamericas #museumarchive

brooklynmuseum.org/opencollection

 

 

 

Immagine

The Dance of the Rain- La danza della pioggia
#siqueiros #davidalfarosiqueiros
wikiart.org/en/david-alfar

 

 

Immagine

David Alfaro Siqueiros, [Untitled], 1931- senza titolo

#artsoftheamericas #davidalfarosiqueiros brooklynmuseum.org/opencollection

 

 

Immagine

Women of Chilpancingo, 1960– Donne di Chilpancingo, 1960
#davidalfarosiqueiros #siqueiros
wikiart.org/en/david-alfar

 

 

 

 

CHILPANCINGO NELLA STATO DI GUERRERO DOVE SI TROVA ANCHE ACAPULCO

Chilpancingo: 216 foto e immagini stock esenti da diritti d'autore |Shutterstock

cartina da : https://www.shutterstock.com/it/search/chilpancingo

 

 

MASCHERE DI CHILPANCINGO-

 

 

 

Chilpancingo è la capitale di GuerreroMessico . È una tappa popolare nel tragitto tra Città del Messico e Acapulco ed è nota per un grande festival la settimana prima di Natale ogni anno.

È una città di medie dimensioni con una popolazione di circa 283.000 abitanti nel 2020.

  • Paseo del Pendón – La domenica prima di Natale, dal 1825 questa festa riempie le strade di Chilpancingo di danze, musica e maschere. Oltre 1.500 gruppi di danza partecipano all’evento. La più grande e popolare delle danze regionali è la danza dei Tlacoleros (tigres y tlacoleros). Quando le tigri (giaguari) minacciano i braccianti, il capo organizza tutti e li fa ballare con un fragoroso scalpitio per spaventare la tigre minacciosa. Questa danza è una parte iconica della cultura locale.

 

non definito

Mascherine per Pendón

 

 

 

Máscara del Tigre de los Tlacololeros, tallada en madera en un taller de Chilpancingo.jpg

Máscara hecha en Chilpancingo, Guerrero, para la danza de los Tlacololeros.

Ramoncam5 -Utente-2016

da.

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:M%C3%A1scara_del_Tigre_de_los_Tlacololeros,_tallada_en_madera_en_un_taller_de_Chilpancingo.jpg

 

 

 

Maschera vintage dei Tlacololeros Zitlaltecos. Maschera in legno. immagine 1

 

 

 

Maschera vintage dei Tlacololeros Zitlaltecos. Maschera in legno. immagine 2

ALTRA IMMAGINE DELLA STESSA MASCHERA– SEMPRE ETSY.COM

 

 

Maschera vintage dei Tlacololeros Zitlaltecos. Maschera in legno.

DA: ETSY.COM

https://www.etsy.com/it/listing/1816317634/mascara-vintage-de-los-tlacololeros

 

 

 

Vendido Máscara de Tigre Danza de los Tlacololeros Xalpatlahuac, Costa Chica de Guerrero. Maestro mascarero: Jesús Ramírez Madera de parota y pintura de aceite. . Medidas Ancho: 25cm alto: 26.5cm y de

INSTAGRAM

 

 

 

econexia - ecosistema digital de conexiones y negocios

 

ECONEXIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE TRE MASCHERE SOPRA SONO DEL LINK:

GALERIA LALAMAI. COM

https://galerialamanai.com/comprar-arte-mexico/arte-tradicional/mascaras/tigre-mascara-de-madera-tallada-a-mano/

 

 

File:Tlacololeros en Tixtla.jpg

 La danza de los Tlacololeros se celebra en todo el estado de Guerrero. Se trata de una tradición relacionada con la siembra y cosecha de cultivos. En Tixtla, Guerrero, la Fiesta de Pendón se lleva a cabo a mediados de agosto de cada año. Los Tlacololeros forman parte de esta celebración.

Samanthaluis

 

 

L’Assunzione di Maria, Chilpancingo, Guerrero
Commissione cinematografica messicana di Città del Messico, Messico

 

 

 

il giaguaro rosso della grotta di  Juxtlahuaca  in Mexico.
Photo by Matt Lachniet, University of Nevada at Las Vegas

 

 

 

undefined

Danza de los Tlacololeros
Luis Armando Alarcón – Trabajo propio

 

undefined

Máscaras de Tigre, danza de los Tlacololeros.
Ramoncam5 – Trabajo propio

Uno de los personajes más emblemáticos de la danza de los Tlacololeros es el tigre que baila junto a los demás danzantes. Es importante aclarar que el tigre en realidad es jaguar, y al final del paseo del pendón los tigres de dos barrios diferentes se enfrentan en un combate al que se le denomina el “porrazo del tigre”. ( le gran botte alla tigre )

 

Catedral de Santa María de la Asunción de Chilpancingo vista desde la plaza cívica
Elzackarias – Trabajo propio

 

 

 

Britannica

Guerrero è lo stato dove si trova la famosa città di Acapulco

 

 

una vista di Acapulco da TripAdvisor

 

 

 

GLI STATI CHE COMPONGONO IL MESSICO

Messico - Wikiwand

da :

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Mauro Biani @maurobiani — 16.43 — 11 febbraio 2025 — Viva la Germania che resiste. Oggi per @repubblica + MANIFESTAZIONE A MONACO, 9 FEBBRAIO, IL MANIFESTO + QUELLA DI BERLINO – IL FATTO QUOTIDIANO 2 FEBBRAIO 2025

 

 

 

 

Mauro Biani @maurobiani

 

#Germania #AfD #nazismo #Resistenza #manifestazioni
Viva la Germania che resiste.
Oggi per @repubblica

 

 

 

 

 

*****

 

 

DA IL MANIFESTO 9 FEBBRAIO 2025

 

Muro antifascista a Monaco, per Afd 300mila in piazza.

 

 

Muro antifascista a Monaco, per Afd 300mila in piazza

Manifestazione contro Afd – Ap

 

Sebastiano Canetta

BERLINO

 

L’incessante protesta popolare contro lo sdoganamento dei fascio-populisti di Afd da parte dello Spitzenkandidat Cdu Friedrich Merz si sposta nel cuore della Baviera, da sempre governata dalla Csu, l’altra metà dell’Union democristiana.

A Monaco sono oltre 320mila gli antifascisti scesi in piazza ieri per fermare la deriva di destra che in Germania sta facendo a pezzi i diritti non solo dei migranti. Una partecipazione ancora una volta trasversale sotto il profilo politico e anagrafico, e superiore a qualunque aspettativa:

il colossale Theresenwiese – lo spazio pubblico di 420mila metri quadri dove in autunno si svolge l’Oktoberfest – è bastato appena a contenere la massa di tedeschi ostinati a voler difendere il Brandmauer – il “muro tagliafuoco” antifascista – contro Afd.

 

In 250 mila manifestano a Berlino contro l'Afd - Vatican News

foto di Monaco da Vatican News

Germania, in migliaia in piazza a Monaco per protestare contro l'estrema destra di AfD - La Stampa

La Stampa

 

 

«La democrazia ha bisogno di te!» è l’appello che suona come ultima chiamata quando mancano due settimane all’apertura delle urne destinate a partorire l’esito più di nero per la Germania multicolore ereditata dall’era Merkel. Sul palco la giovanissima portavoce del Fridays for Future, Maren Mitterer, rivendica il primato della «resistenza» che non può essere più affidata solo all’argine dei partiti democratici al Bundestag né rimanere appesa ai disinvolti giochi politici del capo della Cdu: «Se il muro antifascista cade o resta in piedi lo decidiamo noi, non Merz».

 

In totale da inizio gennaio 1.310.000 tedeschi hanno partecipato alle manifestazioni contro i fascio-populisti in tutto il paese. Ieri la lista delle proteste contemporanee da Aachen fino a Zwickau sul sito che riunisce il cartello di associazioni, ong, partiti, sindacati e confessioni religiose riempiva 66 pagine.

Tuttavia, nessuno in Germania si fa più illusioni. Nonostante l’enorme moto di repulsione verso Afd e la marea di iniziative spontanee capaci di ritessere dal basso la rete antifascista, il partito di Alice Weidel continua a valere il 21% nei sondaggi, il doppio delle scorse elezioni.

 

 

segue, se vuoi, sotto – ne IL MANIFESTO  9 febbraio 2025

https://ilmanifesto.it/muro-antifascista-a-monaco-per-afd-300mila-in-piazza

*******

IL FATTO QUOTIDIANO 2 FEBBRAIO 2025

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/02/02/berlino-manifestazione-contro-cdu-ultradestra-afd-sondaggi-news/7861721/

 

 

A Berlino grande manifestazione contro l'apertura della Cdu ad AfD (che cresce nei sondaggi). Gli organizzatori: "Siamo 250mila" - Il Fatto Quotidiano

Una mobilitazione di massa per chiedere il mantenimento del “Brandmauer”, il cordone sanitario dei partiti che isola l’ultradestra in Parlamento.

 

— CONTINUA NEL LINK DEL GIORNALE

 

 

 

 

ALTRE FOTO DA ANSA.IT  – 2 febbraio 2025

FOTO ANSA.IT

 

Protests against cooperation between Christian Democrats and far-right AfD party in Berlin
Protests against cooperation between Christian Democrats and far-right AfD party in Berlin
” IO DECIDO ”   ” SIAMO IL POPOLO “
Protests against cooperation between Christian Democrats and far-right AfD party in Berlin
MERZ DELLA CEDU CHE HA ACCETTATO I VOTI DELL’AFD SUI MIGRANTI
Protests against cooperation between Christian Democrats and far-right AfD party in Berlin

i diritti umani non sono negoziabili

 

Protests against cooperation between Christian Democrats and far-right AfD party in Berlin

 

 

Protests against cooperation between Christian Democrats and far-right AfD party in Berlin

CDU + FDP ( PARTITO LIBERALE DEL MIN. DELLE FINANZE LINDNER ) = PATTO COL DIAVOLO AFD

 

TUTTE LE FOTO SOPRA SONO DI ANSA.IT  2 febbraio 2025

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

paola caridi @invisiblearabs – sotto il suo link su X — Le librerie della famiglia Muna a Gerusalemme est –+ Sarah Parenzo- Tel Aviv:: Irruzione all’Educational Bookshop, libri confiscati e proprietari in manette–L’accusa: vendere testi di istigazione al terrorismo. IL MANIFESTO  11 FEBBRAIO 2025

 

 

 

 

Immagine

IL SUO ULTIMO LIBRO  ( che noi sappiamo )

 

 

link di X di PAOLA CARIDI
paola caridi @invisiblearabs

 

Un altro giorno di detenzione, e poi agli arresti domiciliari. Perché vendono libri. Non c’è nessun’altra accusa. Sono i proprietari della più bella libreria di Gerusalemme, dell’intera città. Non solo le due librerie su Salaheddin street, ma anche all’American Colony.

Sono il presidio culturale. Vendono libri che chiunque potrebbe comprare su amazon: la differenza è che loro sono in carne e ossa, con i loro sorrisi, divenuti famosi per tutti coloro che frequentano le librerie della famiglia Muna.

Loro sono la presenza palestinese a Gerusalemme, come altre 400mila palestinesi della città. Ed è tutto legato, anche se non c’è una connessione diretta. Fa parte, però, della condizione di vita dei palestinesi sotto occupazione che arriva all’orecchio della comunità internazionale attraverso, solo, alcuni esempi. Il processo a Mahmoud Muna e a suo nipote Ahmad Muna. La detenzione per oltre un mese e la liberazione su cauzione di Shaden Qous, l’artista e attivista palestinese a cui (ieri) non è stato neanche concesso di partecipare al funerale di suo padre, morto in circostanze tragiche.

Tutto legato, ciò che succede a Gerusalemme a quello che di terribile sta succedendo a poche decine di chilometri da Gerusalemme, in Cisgiordania, in una reiterazione del ‘modello Gaza’ a Jenin, Tulkarem, Qalqilia. E quello che ancora è in corso a Gaza. E’ tutto legato, così come quello che succederà se la pressione internazionale non sarà ferma, costante, inflessibile non solo nei confronti di Israele, ma anche nei confronti degli Stati Uniti guidati da Trump che vuole “comprare e possedere” Gaza come fosse un territorio d’oltremare del vecchio, mai sepolto colonialismo. I subalterni non devono avere cultura, e soprattutto non devono esporla, metterla in vetrina, condividerla. Io trovo tutto questo scandaloso, vergognoso.

 

Immagine

 

 

*******

 

IL MANIFESTO  11 FEBBRAIO 2025

https://ilmanifesto.it/irruzione-alleducational-bookshop-libri-confiscati-e-proprietari-in-manette

 

 

Irruzione all’Educational Bookshop, libri confiscati e proprietari in manette.

 

 

 

Ahmad, a sinistra, e Mahmoud Muna in tribunale dopo il raid israeliano nella libreria
Ahmad, a sinistra, e Mahmoud Muna in tribunale dopo il raid israeliano nella libreria

 

Sarah Parenzo

TEL AVIV

 

«Lo Stato di Israele contro Ahmad e Mahmoud Muna»: così si apre il protocollo dell’udienza tenutasi questo lunedì mattina presso il Tribunale di I grado di Gerusalemme.

A difendere gli imputati dall’accusa di «turbamento dell’ordine pubblico» è l’avvocato Nasser Odeh, ma questa volta non si tratta del solito caso di palestinesi dall’identità anonima e per capirlo basta gettare un’occhiata fuori dall’aula.

Nel corridoio siedono in fila rappresentanti diplomatici di Gran Bretagna, Belgio, Brasile, Francia, Svizzera, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e dell’Unione europea, mentre all’esterno ha luogo una manifestazione di solidarietà nella quale i dimostranti espongono cartelli con la scritta: «Non c’è santità in una città occupata».

Mahmoud e Ahmad, rispettivamente zio e nipote, sono infatti a loro volta intellettuali, attivisti e imprenditori culturali, ma soprattutto gestori della celebre catena di librerie Educational bookshop ( Ed ), istituzione e tappa obbligata per ogni diplomatico, giornalista, attivista o ricercatore in visita a Gerusalemme est.

Fondato nel 1984 dalla famiglia Muna, nelle sedi di via Salah Al Din, o in quella strategicamente collocata presso il noto hotel American Colony, l’Ed offre una vasta gamma di testi in tutte le lingue sulla letteratura, la cultura palestinese e la storia del conflitto. Oltre a fungere da biblioteca e libreria, l’Ed costituisce anche un punto di incontro privilegiato per gli intellettuali israeliani, palestinesi e internazionali che ne frequentano abitualmente gli eventi i quali, seppure con un taglio altamente critico, promuovono indiscutibilmente valori di dialogo, tolleranza e convivenza.

 

Nonostante la notorietà tradottasi negli anni in prestigiosi riconoscimenti e recensioni, domenica notte le librerie sono state oggetto di un violento raid della polizia israeliana che vi ha fatto irruzione seminando scompiglio, confiscando libri “sospetti” in lingue straniere (tradotti con l’utilizzo di Google Translate) e arrestando due membri della famiglia.

Per decisione del giudice Gad Ehrenberg, i Muna verranno trattenuti nelle rispettive stazioni di polizia fino a questa mattina per poi trascorrere ulteriori cinque giorni agli arresti domiciliari. L’accusa formalizzata nel corso dell’udienza è quella di vendere testi di istigazione e sostegno al terrorismo, motivo per cui i due dovranno tenersi lontano dai punti vendita per favorire la prosecuzione delle indagini.

 

Il fratello di Mahmoud ha detto ad Haaretz: «Hanno esaminato i libri con Google Translate e hanno tolto tutto ciò che non gli piaceva. Si sono persino imbattuti nel giornale Haaretz con la foto delle persone rapite, hanno chiesto cosa fosse e hanno detto che era incitamento. Hanno preso ogni libro con la bandiera palestinese».

Lo sdegno sui social non è tardato ad arrivare, così come la copertura da parte dei giornali in tutto il mondo che hanno finito per portare alla famiglia ulteriore meritata notorietà.

Nel corso di tutta la giornata di ieri, le sedi del negozio sono state affollate di visitatori giunti ad acquistare libri in segno di appoggio, mentre in rete si è diffusa una petizione in ebraico e in arabo che condanna fermamente il raid.

 

Tra i firmatari figurano nomi noti del mondo della cultura israeliana che si dichiarano preoccupati per questa ennesima grave provocazione del loro governo che sembra aver voluto intenzionalmente inviare un chiaro messaggio. Episodi di minaccia all’istruzione e violazioni al diritto alla libera espressione non sono del resto cosa nuova in Israele dal gennaio 2023: solo la scorsa settimana la stessa sorte era toccata a Hisham Al- Akramawi, arrestato anche lui per la vendita di testi contenenti la storia e illustrazioni della bandiera palestinese nella città vecchia di Gerusalemme, che si va lentamente spegnendo sotto il peso della guerra e degli effetti devastanti dell’occupazione.

È davvero avvilente assistere alla persecuzione di due librai proprio a opera dei rappresentanti del popolo del Libro, ma c’è da auspicare che la risonanza di cui gode l’episodio riporti sull’agenda internazionale l’urgenza di una soluzione politica che interrompa questa catena di violenza.

Sarah ParenzoTraduttrice, editor e pubblicista, Sarah Parenzo vive da vent’anni in Israele dove ha conseguito un dottorato di ricerca sui risvolti etici e psicoanalitici della ricezione dello scrittore Abraham B. Yehoshua in traduzione italiana. Corrispondente di diverse testate per le pagine di cultura e politica estera, da un decennio collabora stabilmente con il servizio pubblico israeliano di riabilitazione psichiatrica

 

 

 

*****

 

da  IL FATTO QUOTIDIANO — 11 febbraio 2025

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/02/11/rilasciati-i-due-librai-delleducational-bookshop-di-gerusalemme-est-divieto-di-tornare-in-libreria/7873183/

 

Rilasciati i due librai dell’Educational Bookshop di Gerusalemme Est: divieto di tornare in libreria

 

La notizia è stata riportata dal Times of Israel, che ha citato Ahmad Muna che ha dichiarato che l’arresto è stato “brutale e duro” ed è avvenuto senza una base chiara.

Tra i testi sequestrati, la polizia ha indicato in particolare un libro da colorare per bambini intitolato “Dal fiume al mare“, una formula che, nel contesto arabo, è spesso associata alla prefigurazione della scomparsa di Israele.

L’arresto dei due librai ha suscitato indignazione nella comunità culturale e diplomatica di Gerusalemme Est. Tra coloro che hanno espresso preoccupazione, l’ambasciatore britannico in Israele, Simon Walters, ha commentato su X, sottolineando che l’Educational Bookshop è un punto di riferimento fondamentale per la vita culturale della città. “Le incursioni nella libreria e l’arresto dei proprietari sono una risposta sproporzionata alle preoccupazioni sollevate ieri in tribunale. La libertà di espressione è un diritto fondamentale”, ha dichiarato Walters. La vicenda ha attirato l’attenzione internazionale, con rappresentanti di diversi paesi, tra cui la Germania e il Regno Unito, a condannare l’accaduto come un attacco alla libertà di espressione.

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Alejandra Pizarnik– poesie -dal ” La Dimora del Tempo sospeso “, che ringraziamo inifinitamente perché sono le uniche trovate con il testo spagnolo, — nel primo link sotto se volete, ci sono notizie della grande poetessa

 

 

 

nostro blog di ieri o l’altro ieri

 

 

 

 

segue da :

alejandra pizarnik,florinda fusco,letteratura argentina,poesia,scritture,testo a fronte,traduzioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[STEFANIE GOLISCH]

 

AlejandraPizarnik
(Alejandra Pizarnik in una foto di Boris Findell)

Qualcosa cadde nel silenzio.
La mia ultima parola fu io
ma mi riferivo all’alba luminosa.

Alejandra PizarnikCaminos del espejo (I sentieri dello specchio)
(Tratto da: La extracción de la piedra de Locura, 1968)

Traduzione di Stefanie Golisch

 

 

 

I

Y sobre todo mirar con inocencia. Como si no pasara nada, lo cual es cierto.

E soprattutto guardare con innocenza. Come se nulla succedesse, il che è certo.

II

Pero a ti quiero mirarte hasta que tu rostro se aleje de mi miedo como un pájaro del borde filoso de la noche.

Però ti voglio guardare finché il tuo viso s’allontana dalla mia paura come un uccello dal bordo affilato della notte.

III

Como una niña de tiza rosada en un muro muy viejo súbitamente borrada por la lluvia.

Come una bambina di gesso rosa su un vecchio muro, cancellata improvvisamente dalla pioggia.

IV

Como cuando se abre una flor y revala el corazón que no tiene.

Come quando si apre un fiore e rivela il cuore che non ha.

V

Todos los gestos de mi cuerpo y de mi voz para hacer de mí la ofrenda, el ramo que abandona el viento en el umbral.

Tutti i gesti del mio corpo e della mia voce, per fare di me l’offerta, il mazzo di fiori che il vento abbandona sulla soglia.

VI

Cubre la memoria de tu cara con la máscara de la que serás y asusta a la niña que fuiste.

Copri la memoria del tuo volto con la maschera di colei che sarai e spaventa la ragazza che fosti.

VII

La noche de los dos se dispersó con la niebla. Es la estación de los alimentos fríos.

La notte dei due si disperde nella nebbia. E’ la stagione dei freddi cibi.

VIII

Y la sed, mi memoria es de la sed, yo abajo, en el fondo, en el pozo, yo bebía, recuerdo.

E la sete, la mia memoria è della sete, io in fondo, nel pozzo, bevvi, mi ricordo.

IX

Caer como un animal herido en el lugar que iba a ser de revelaciones.

Cadere come un animale ferito in quel punto che era destinato alle rivelazioni.

X

Como quien no quiere la cosa. Ninguna cosa. Boca cosida. Párpados cosidos. Me olvidé. Adentro el viento. Todo cerrado y el viento adentro.

Come qualcuno che non vuole la cosa. Nessuna cosa. Bocca cucita. Palpebre cucite. Dimenticai. Dentro il vento. Tutto chiuso e il vento dentro.

XI

Al negro sol del silencio las palabras se doraban.

Al sole nero del silenzio, le parole si rivestivano di luce.

XII

Pero el silencio es cierto. Por eso escribo. Estoy sola y escribo. No, no estoy sola. Hay alguien aquí que tiembla.

Ma il silenzio è certo. Perciò scrivo. Sono sola e scrivo. No, non sono sola. Qualcuno è qui che trema.

XIII

Aun si digo sol y luna y estrella me refiero a cosas que me suceden. ¿Y qué deseaba yo?
Deseaba un silencio perfecto.
Por eso hablo.

Anche se dico sole e luna e stella mi riferisco a cose che succedono a me. E cosa desidererei?
Desidererei il silenzio assoluto.
Perciò parlo.

XIV

La noche tiene la forma de un grito de lobo.

La notte ha la forma di un grido di lupo.

XV

Delicia de perderse en la imagen presentida. Yo me levanté de mi cadáver, yo fui en busca de quien soy. Peregrina de mí, he ido hacia la que duerme en un país al viento.

Delizia di perdersi in un’immagine presentita. Mi alzai dal mio cadavere e andai alla ricerca di colei che sono. Pellegrina di me stessa, andai da colei che dorme in un paese al vento.

XVI

Mi caída sin fin a mi caída sin fin en donde nadie me aguardó pues al mirar quién me aguardaba no vi otra cosa que a mí misma.

Il mio cadere senza fine sul mio cadere senza fine dove nessuno mi attende, poiché mentre guardavo chi mi attendesse non vidi che me stessa.

XVII

Algo caía en el silencio. Mi última palabra fue yo pero me refería al alba luminosa.

Qualcosa cadde nel silenzio. La mia ultima parola fu io ma mi riferivo all’alba luminosa.

XVIII

Flores amarillas costelan un círculo de tierra azul. El agua tiembla llena de viento.

Fiori gialli formano un cerchio di terra azzurra. L’acqua trema piena di vento.

XIX

Deslumbramiento del día, pájaros amarillos en la mañana. Una mano desata tinieblas, una mano arrastra la cabellera de una ahogada que no cesa de pasar por el espejo. Volver a la memoria del cuerpo, he de volver a mis huesos en duelo, he de comprender lo que dice mi voz.

Stupore del giorno, uccelli gialli nella mattina. Una mano libera l’oscurità, una mano tira i capelli di un’impiccata che non smette di attraversare lo specchio. Ritornare alla memoria del corpo, devo tornare dalle mie ossa in lutto, devo comprendere ciò che dice la mia voce.

***

La noche

Poco sé de la noche
pero la noche parece saber de mí,
y mas aún, me asiste como si me quisiera,
me cubre la conciencia con sus estrellas.
Tal vez la noche sea la vida y el sol la muerte.

Tal vez la noche es nada
y las conjeturas sobre ella nada
y los seres que la viven nada.
Tal vez las palabras sean lo único que existe
en el enorme vacío de los siglos
que nos arañan el alma con sus recuerdos.

Pero la noche ha de conocer la miseria
que bebe de nuestra sangre y de nuestras ideas.
Ella ha de arrojar odio a nuestras miradas
sabiéndolas llenas de intereses, de desencuentros.

Pero sucede que oigo a la noche llorar en mis huesos.
Su lágrima immensa delira
y grita que algo se fue para siempre.

Alguna vez volveremos a ser.

 

La notte

So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.
Forse le parole sono l’unica cosa che esiste
nell’enorme vuoto dei secoli
che ci graffiano l’anima con i loro ricordi.

Ma la notte deve conoscere la miseria
che beve dal nostro sangue e dalle nostre idee.
Deve scaraventare odio sui nostri sguardi
sapendoli pieni di interessi, di non incontri.

Ma accade che ascolto la notte piangere nelle mie ossa.
La sua lacrima immensa delira
e grida che qualcosa se n’è andato per sempre.

Un giorno torneremo ad essere.

*

La danza inmóvil

Mensajeros en la noche anunciaron lo que no oímos.
Se buscó debajo del aullido de la luz.
Se quiso detener el avance de las manos enguantadas
que estrangulaban a la inocencia.

Y si se escondieron en la casa de mi sangre,
¿cómo no me arrastro hasta el amado
que muere detrás de mi ternura?
¿Por qué no huyo
y me persigo con cuchillos
y me deliro?

De muerte se ha tejido cada instante.
Yo devoro la furia como un ángel idiota
invalido de malezas
que le impiden recordar el color del cielo.

Pero ellos y yo sabemos
que el cielo tiene el color de la infancia muerta.

 

La danza immobile

Messaggeri nella notte annunciarono quello che non ascoltammo.
Cercammo sotto l’ululato della luce.
Arrestammo l’avanzamento di mani inguantate
che strangolavano l’innocenza.

Ma se si nascosero nella dimora del mio sangue,
perché non mi trascino fino all’amato
che muore dietro la mia tenerezza?
Perché non fuggo
e mi inseguo con coltelli
e deliro?

Di morte si è tessuto ogni istante.
Io divoro la furia come un angelo idiota
invaso di erbacce
che impediscono di ricordare il colore del cielo.

Ma loro ed io sappiamo
che il cielo ha il colore dell’infanzia morta.

*

 

La luz caída de la noche

vierte esfinge
tu llanto en mi delirio
crece con flores en mi espera
porque la salvación celebra
el manar de la nada

vierte esfinge
la paz de tus cabellos de piedra
en mi sangre rabiosa

yo no entiendo la música
del último abismo
yo no sé del sermón
del brazo de hiedra
pero quiero ser del pájaro enamorado
que arrastra a las muchachas
ebrias de mistero
quiero al pájaro sabio en amor
el único libre

 

La luce caduta della notte

spargi sfinge
il tuo pianto sul mio delirio
cresci cosparsa di fiori nella mia attesa
perché la salvezza celebra
l’abbondanza del nulla

spargi sfinge
la pace dei tuoi capelli di pietra
sul mio sangue rabbioso

io non capisco la musica
dell’ultimo abisso
io non so del sermone
del braccio di edera
ma voglio appartenere all’uccello innamorato
che trascina le ragazze
ebbre di mistero
amo l’uccello sapiente in amore
l’unico libero

*

 

 

Anillos de ceniza

 

(a Cristina Campo)

Son mis voces cantando
para que no canten ellos,
los amordazados grismente en el alba,
los vestidos de pájaro desolado en la lluvia.

Hay, en la espera,
un rumor a lila rompiéndose.
Y hay, cuando vien el día,
una partición del sol en pequeños soles negros.
Y cuando es de noche, siempre,
una tribu de palabras mutiladas
busca asilo en mi garganta,
para que non canten ellos,
los funestos, los dueños del silencio.

Anelli di cenere

(a Cristina Campo)

Sono le mie voci che cantano
affinché non cantino loro,
gli imbavagliati grigi nell’alba,
i vestiti di un uccello devastato nella pioggia.

C’è, nell’attesa,
un rumore di lillà che si rompe.
E c’è, quando arriva il giorno,
una partizione del sole in piccoli soli neri.
E quando è notte, sempre,
una tribù di parole mutilate
cerca asilo nella mia gola,
perché non cantino loro,
i funesti, i padroni del silenzio.

*

Restos. Para nosotros quedan los huesos de los animales y de los
hombres. Donde una vez un muchacho y una chica hacían el amor,
hay cenizas y manchas de sangre y pedacitos de uñas y rizos púbicos
y una vela doblegada que usaron con fines oscuros y manchas de es-
perma sobre el lodo y cabezas de gallo y una casa derruida dibujada
en la arena y trozos de papeles perfumados que fueron cartas de
amor y la rota bola de vidrio de una vidente y lilas marchitas y ca-
bezas cortadas sobre almohadas como almas impotentes entre asfó-
delos y tablas resquebrajadas y zapados viejos y vestidos en el fango
y gatos enfermos y ojos incrustados en una mano que se desliza ha-
cia el silencio y manos con sortijas y espuma negra que salpica a un
espejo que nada refleja y una niña que durmiendo asfixia a su palo-
ma preferida y pepitas de oro negro resonantes como gitanos de
duelo tocando sus violines a orillas del mar Muerto y un corazón
que late para engañar y una rosa que se abre para traicionar y un
niño llorando frente a un cuervo que grazna, y la inspiradora se en-
mascara para ejecutar una melodía que nadie entiende bajo una llu-
via que calma mi mal. Nadie nos oye, por eso emitimos ruegos,
pero ¡mira! El gitano más joven está decapitando con sus ojos de se-
rrucho a la niña de la paloma.

Yo estaba predestinada a nombrar las cosas con nombres esenciales.
Yo ya no existo y lo sé; lo que no sé es qué vive en lugar mío. Pierdo
la razón si hablo, pierdo los años si callo. Un viento violento arrasó
con todo. Y no haber podido hablar por todos aquellos que olvida-
ron el canto.

*

Resti. Per noi rimangono le ossa degli animali e degli uomini. Dove
una volta un ragazzo e una ragazza facevano l’amore, ci sono ceneri
e macchie di sangue e pezzettini di unghie e ricci pubici e una vela
piegata che usarono con fini oscuri e macchie di sperma sopra il
fango e teste di gallo e una casa diroccata disegnata sulla sabbia, e
pezzetti di fogli profumati che furono lettere d’amore e la rotta sfe-
ra di vetro di una veggente e lillà appassiti e teste tagliate su guan-
ciali come anime impotenti tra asfodeli e tavole crepate e scarpe
vecchie e vestiti sul fango e gatti malati e occhi incrostati in una
mano che scivola verso il silenzio e mani con anelli e schiuma nera
che schizza su uno specchio che nulla riflette e una bambina che
dormendo asfissia la sua colomba preferita e monetine di oro nero
risuonanti come zingari di dolore che suonano i loro violini a con-
chiglie del mar Morto e un cuore che batte per ingannare e una rosa]
che si apre per tradire e un bambino che piange di fronte a un cor-
vo che gracchia e l’ispiratrice si maschera per eseguire una melodia
che nessuno capisce sotto una pioggia che calma il mio male. Nes-
suno ci ascolta, per questo pronunciamo preghiere, ma guarda! Lo
zingaro più giovane sta decapitando con i suoi occhi di saracco la
bambina della colomba.

Io ero predestinata a nominare le cose con nomi essenziali. Io non
esisto più e lo so; quello che non so è che cosa vive al posto mio.
Perdo la ragione se parlo, perdo gli anni se sto in silenzio. Un vento
violento distrusse tutto. E non aver potuto parlare per tutti quelli
che dimenticarono il canto.

*

Nota di ” Dimora del Tempo sospeso “

Testi e traduzioni sono tratti da Trame di letteratura comparata, diretta da Franco Buffoni, anno IV, 2004, numero 8/9, pag. 113-139.

 

****

 

la Dimora del Tempo sospeso

 

 

alejandra pizarnik,florinda fusco,letteratura argentina,poesia,scritture,testo a fronte,traduzioni

Alejandra PIZARNIK tradotta da Florinda FUSCO

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

+++ GARIWO- LA FORESTA DEI GIUSTI::: LA MEMORIA DI: Raphael Lemkin (Wolkowysk, Impero russo, 1900 – New York, Stati Uniti, 1959) il grande giurista che ha formulato la definizione di genocidio + le discussioni che hanno portato a quelle odierne

 

 

 

GARIWO- LA FORESTA DEI GIUSTI

https://it.gariwo.net/giusti/memoria/raphael-lemkin-3152.html

 

Raphael Lemkin (Wolkowysk, Impero russo, 1900 – New York, Stati Uniti, 1959)

il grande giurista che ha formulato la definizione di genocidio e l’ha imposta al mondo

 

Raphael Lemkin.

 

Un ruolo importante nello sviluppo della personalità di Raphael Lemkin lo ha avuto sicuramente il luogo in cui è nato, il 24 novembre del 1900. Wolkowysk era un piccolo centro della Hrodna, che oggi appartiene alla Bielorussia e a quei tempi era parte dell’impero russo. Una terra di confine dove per secoli si erano combattute guerre di conquista tra polacchi, russi, l’esercito di Napoleone, gli svedesi, i lituani e gli ucraini.

 

E gli ebrei? La loro sfida era quella di arrangiarsi e cercare vie per convivere con le altre genti, con la precaria speranza di non venire distrutti. C’è un proverbio ebraico che spiega bene questa sensazione: “Se tre uomini condividono la stessa coperta di un letto, l’uomo che si trova in mezzo è sicuro di rimanere coperto anche se quelli di destra e sinistra la tirano a sé”. Il piccolo Raphael trascorre i primi anni di vita nella grande fattoria della sua famiglia. Suo padre Josef è un contadino mentre sua madre Bella è una pittrice, linguista e studiosa di filosofia, che ama collezionare libri di letteratura e storia. Spetta a lei fare scuola a Raphael e ai suoi fratelli, visto che agli ebrei è vietato studiare nelle città russe.

Molti anni dopo, nelle sue memorie, Lemkin si ricorderà di quando un poliziotto russo entra nella loro proprietà, lega il cavallo al recinto e aspetta che i genitori gli consegnino una tangente per evitare che lui torni di nuovo. Sono gli anni dei pogrom: al piccolo Raphael raccontano che a Białystok la folla ha preso di mira gli ebrei e che alle vittime hanno aperto le pance per riempirle delle piume strappate dai loro cuscini. Durante la Prima guerra mondiale l’area in cui si trova la fattoria della famiglia Lemkin è al centro dei combattimenti tra russi e tedeschi. I Lemkin sono costretti a sotterrare i libri e gli oggetti di valore e si nascondono in una foresta. La loro casa viene distrutta durante i combattimenti e le truppe tedesche sequestrano i raccolti e il bestiame. È un periodo difficilissimo per Raphael: la sua famiglia soffre di malnutrizione e il fratello Samuel muore di polmonite.

 

Nonostante gli stenti, Raphael si dedica senza sosta agli studi. Parla nove lingue e riesce a leggerne quattordici, ma il suo principale interesse è il rapporto tra la legge e le atrocità di massa. A vent’anni, da studente di giurisprudenza a Leopoli, inizia a pensare a una legge internazionale contro ogni tipo di odio razziale o religioso.

Subito dopo Lemkin inizia una brillante carriera giuridica: prima come procuratore aggiunto, poi come pubblico ministero per il tribunale distrettuale di Varsavia. Si occupa anche di codificare le leggi dello stato polacco e insegna legge all’università di Varsavia. Nel 1933 gli viene chiesto di preparare una presentazione per la Conferenza del consiglio legale della Società delle Nazioni, che si tiene a Madrid. Per questa conferenza Lemkin sviluppa la proposta di introdurre due nuovi crimini di guerra – barbarie e vandalismo – per intendere la distruzione di gruppi collettivi e la distruzione del patrimonio culturale. In pratica, l’essenza di quello che avrebbe poi definito genocidio. Le sue idee vengono denunciate da un giornale polacco, secondo il quale farebbero gli interessi solo degli ebrei e non di tutti i polacchi. Il capo della delegazione polacca, Emil Rappaport, che poi diventerà un giudice di successo nella Polonia comunista, decide che Lemkin deve ritirarsi.

Su sollecitazione del Ministro degli esteri, Lemkin si dimette per esercitare privatamente la professione di avvocato. Isolato dall’establishment giuridico polacco, continua a scrivere e a partecipare a conferenze internazionali, da privato, per mandare i suoi moniti al mondo: l’Europa, secondo lui, sta andando incontro a una catastrofe. Ma i suoi appelli vengono ignorati e il 1° settembre 1939 tutto quello che aveva cercato di evitare si realizza con la duplice invasione della Polonia da parte di Germania e Unione Sovietica.

Il paese è allo sbando, Lemkin abbandona Varsavia intuendo che una catastrofe si sta per abbattere sugli ebrei. Fugge in stazione senza nemmeno prepararsi una valigia e prende il primo treno disponibile, dopo ore di attesa schiacciato dai corpi di tanti altri disperati. Quando il treno viene bombardato dagli aerei tedeschi, Lemkin fugge nei boschi. Qui inizia a riflettere sulla necessità di immaginare una legge che preservi i paesi e le minoranze. Nelle sue memorie, custodite in alcuni appunti ritrovati nei suoi archivi americani, spiegherà che è proprio tra questi boschi che concepisce l’idea del genocidio.

Lemkin si reca a Wolkowysk, dove vive la sua famiglia, per convincerla a fuggire con lui. Ha in mente di raggiungere la Svezia e da lì ottenere il visto per gli Stati Uniti. Ma i suoi cari non vogliono lasciare la casa calda, i loro letti, il loro negozio e le loro usanze per fare la vita dei profughi in povertà. Del resto non sono capitalisti, credono che i sovietici non daranno loro fastidio. Raphael è davanti a un dubbio esistenziale: resistere in Polonia insieme ai suoi amati o immaginare di vincere la sua battaglia nel mondo libero, in America? Saluta tutti e promette alla madre di sposarsi. Forse, scherza Lemkin, da nomade avrà più fortuna in amore di quanta l’abbia avuta finora da giurista sedentario.

Passando per la Lituania e per la Lettonia, Lemkin raggiunge la Svezia all’inizio della primavera del 1940. Insegna all’università di Stoccolma e trascorre le sue giornate in biblioteca a studiare approfonditamente la fenomenologia nazista nei confronti degli ebrei nei vari paesi occupati. Un anno dopo riceve il permesso per entrare negli Stati Uniti, che raggiunge nel 1941. Raphael è salvo, ma ha perso 49 parenti per mano nazista. Gli unici familiari europei di Lemkin sopravvissuti sono suo fratello Elias con la moglie e due figli, a cui capita in sorte un campo di lavoro forzato sovietico. Dagli Stati Uniti Lemkin realizza che la Polonia è perduta per sempre. L’ultimo messaggio dei suoi genitori è scritto in un pezzo di carta piccolo e sgualcito. Dicono che stanno bene, ma Raphael capisce che è un messaggio di addio. Intanto cerca, ostinatamente, di portare il suo messaggio a tutti i leader americani, compreso il presidente Roosevelt, senza avere successi concreti.

Demoralizzato ma non abbattuto, Raphael lavora a testa bassa sul suo nuovo libro. Se i grandi della terra sono indifferenti al futuro degli ebrei forse, pensa Lemkin, vale la pena rivolgersi ai loro elettori: al popolo. Spiega che il suAxis Rule, (La legge dell’Asse), è rivolto all’uomo della strada: vuole che venga letto nelle cucine, nelle chiese, nei salotti. In realtà si tratta di un testo ostico: 712 pagine che raccolgono meticolosamente tutta la legislazione antisemita nei 19 paesi occupati dalla Germania. Forse Lemkin esagera nel credere che fosse alla portata di tutti, eppure Axis Rule è un libro fondamentale perché per la prima volta propone l’utilizzo di una parola fino ad allora sconosciuta: genocidio.

Grazie a questo lavoro, quello che Winston Churchill aveva chiamato un “crimine senza nome” finalmente un nome ce l’ha. Nei dieci anni successivi, Lemkin trascorre tutto il suo tempo a convincere i grandi della terra a includere questa nuova parola in tutti i documenti di diritto internazionale. La prima grande operazione internazionale a cui partecipa è a Norimberga, in occasione del processo di cui in seguito si dirà insoddisfatto perché passa il concetto che i crimini contro l’umanità avvengono in tempi di guerra mentre secondo lui i genocidi possono avvenire anche in contesti di pace.

Norimberga ha una importanza anche personale: frugando tra le migliaia di dichiarazioni giurate preparate per il processo contro i criminali nazisti, Raphael scopre anche cosa è successo ai membri della sua famiglia.

A questo punto l’ossessione di Lemkin diventa far approvare la Convenzione sul genocidio dalle neonate Nazioni Unite. Per farlo sviluppa un vero e proprio metodo di convincimento che ha come fulcro l’insistenza: i diplomatici iniziano a temere questo rifugiato solitario con i suoi occhi azzurri intensi, un abito marrone che sicuramente ha visto giorni migliori, scarpe consumate ma fatte lucidare e una valigetta imbottita di carte. Ogni giorno si accampa tra i corridoi delle Nazioni Unite alla ricerca di funzionari da convincere. Panama e Cuba sono i primi a firmare la sua Convenzione. Poi l’India. Contemporaneamente fa pressione sui giornalisti. Uno dei casi più eclatanti, e forse decisivi, della sua campagna di convincimento avviene una notte, verso l’una, in un parco di Ginevra quando, non riuscendo a dormire, si avvicina a un altro insonne, l’ambasciatore canadese. Riesce a persuaderlo a fissare un appuntamento per lui con il presidente australiano dell’Assemblea Generale al fine di inserire la Convenzione sul genocidio all’ordine del giorno dell’ONU.

Così, il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunita a Parigi, approva la Convenzione. Ma invece di festeggiare, Lemkin si fa ricoverare in un ospedale della capitale francese per esaurimento nervoso. Del resto, la campagna di Lemkin per promuovere la convenzione sul genocidio è stata un’ossessione divorante: ha lasciato incarichi universitari a Yale e a New York University, ha trascurato se stesso, ha dimenticato di pagare l’affitto, è stato sfrattato, è rimasto senza cibo e con pochi vestiti. Agli amici di Washington – che man mano diventano sempre meno – chiede soldi per pagare quelli di New York. Per il resto della sua vita, Lemkin ha difeso la sua definizione di genocidio, estendola anche a casi come l’Holodomor, la grande carestia organizzata che ha ucciso milioni di contadini ucraini. Si è sempre indignato con chi ha associato il genocidio esclusivamente allo sterminio fisicoAnche il tentativo di schiacciare la lingua e la cultura di un popolo, come ha già visto in Polonia, sono per lui un tentativo di genocidio.

Il 28 agosto del 1959, Raphael si accascia davanti alla fermata dell’autobus sulla 42esima strada, a New York. Muore a 59 anni senza amici, senza un soldo e solo. Trovano nella sua stanza in affitto, del tutto spoglia, solo alcuni vestiti e un caos di carte non ordinate. Al suo funerale partecipano sette persone.

Durante la sua vita gli Stati Uniti – suo paese di adozione – non hanno mai ratificato la Convenzione sul genocidio. Lemkin muore convinto che il suo impegno per prevenire i genocidi sia fallito. Nelle sue memorie scrive: “La pioggia del mio lavoro è caduta su una pianura incolta. Solo che questa pioggia è un misto del sangue e delle lacrime di otto milioni di persone innocenti, tra cui i miei genitori e i miei amici”.

Fino agli anni ’90 il lavoro di Lemkin ha avuto diffusione solo tra gli addetti ai lavori. Le cose sono cambiate con i procedimenti internazionali in risposta alle atrocità nell’ex Jugoslavia e in Ruanda, quando si sviluppa tra le masse l’idea che il “genocidio” è il crimine dei crimini.

C’è un ultimo importantissimo insegnamento che Lemkin ci ha lasciato e che ispira tutte le persone che scoprono la sua storia passeggiando tra i Giardini dei Giusti in cui è onorato: l’importanza di lottare per i principi, anche quando i risultati non si vedono e anzi le sconfitte portano sconforto e isolamento. Nelle sue memorie, di se stesso ha scritto: “Al di sopra di tutto questo vola un’anima bella che ama il genere umano e perciò è sola”.

 

 

NOTE AGGIUNGE DA WIKIPEDIA:

 

— Nel 2015, il governo russo di Vladimir Putin dichiarò l’opera di Lemkin sull’Ucraina come “materiale estremista”, proibendone la pubblicazione in Russia

 

— nel 1951, quando entrò in vigore la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, che definisce la fattispecie giuridica del genocidio come:

Ciascuno dei seguenti atti effettuato con l’intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale:
  • (a) Uccidere membri del gruppo;
  • (b) Causare seri danni fisici o mentali a membri del gruppo;
  • (c) Sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
  • (d) Imporre misure tese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;
  • (e) Trasferire forzatamente bambini del gruppo in un altro gruppo.

 

Lemkin viene proposto per 6 volte per la premiazione con il Premio Nobel per la pace senza aggiudicarselo mai. È sepolto nel Cimitero ebraico di Mount Hebron.

 

 

A ME SEMBRA MOLTO CHIARO IL TESTO  DEL GIURISTA-

VOGLIO PUBBLICARE QUALCOSA CHE HO TROVATO SULLA
ENCICLOPEDIA BRITANNICA PER AIUTARE CHI VOLESSE CAPIRE PERCHE’ TANTE DISCUSSIONI E DUBBI SU QUESTA PAROLA- MI PARE DI CAPIRE CHE SONO ARGOMENTI PORTATI DOPO LA MORTE DI LEMKIN, DOVUTE A DISCUSSIONI DENTRO L’ORGANISMO INTERNAZIONALE. 

LA TRADUZION E’ AUTOMATICA–NEL LINK TROVATE IL TESTO INGLESE-

 

— DOPO UNA PARTE SEGUE:

Critiche alla convenzione sul genocidio

 

Sebbene la convenzione abbia goduto di un sostegno internazionale pressoché unanime e sebbene il divieto di genocidio sia diventato, secondo la Corte internazionale di giustizia , una norma imperativa ( jus cogens [latino: “legge cogente”]) del diritto internazionale, la convenzione è stata spesso criticata per aver escluso gruppi politici e sociali dall’elenco delle possibili vittime di genocidio. La cosiddettaclausola di intenzionalità” della definizione di genocidio della convenzione, la parte che menziona “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” è anch’essa problematica . Due delle obiezioni più comuni sono che tale intento può essere difficile da stabilire e che il tentativo di attribuire tale intento a individui ha poco senso nelle società moderne, dove la violenza può derivare tanto da forze sociali ed economiche anonime quanto da scelte individuali.

A sostegno della prima obiezione, alcuni studiosi hanno notato che i governi non ammettono apertamente di aver commesso atti di genocidio, un fatto che è confermato dalla storia. Il regime iracheno di Saddam Hussein , ad esempio, ha descritto il suo uso della guerra chimica contro i curdi negli anni ’80 come uno sforzo per ristabilire la legge e l’ordine, e il governo ottomano e i successivi governi turchi hanno affermato che gli armeni uccisi nei massacri erano vittime di guerra.

Persino il regime nazista tedesco non ha pubblicizzato il suo sterminio di ebrei e altri gruppi. In risposta, i difensori della clausola di intenzionalità hanno sostenuto che “un modello di azione intenzionale” che porti alla distruzione di una parte significativa del gruppo preso di mira è sufficiente per stabilire l’intento genocida, indipendentemente dalle ragioni che il regime autore adduce per le sue azioni.

I sostenitori della seconda obiezione hanno sostenuto che un approccio che si concentra esclusivamente sull’intento ignora la “violenza strutturale” dei sistemi sociali in cui vaste disparità politiche ed economiche possono portare alla totale marginalizzazione e persino allo sterminio di gruppi particolari. I difensori della clausola di intenzionalità rispondono che è necessaria per differenziare il genocidio da altre forme di uccisioni di massa e per ideare strategie efficaci per prevenire il genocidio.

I dibattiti tra sostenitori e oppositori della convenzione sul genocidio hanno importanti implicazioni politiche, che possono essere viste nella discussione della

connessione tra crimini di guerra e genocidio.

I due concetti differiscono principalmente nel modo in cui il gruppo preso di mira è definito e identificato. Mentre il gruppo preso di mira nel caso di crimini di guerra è identificato dal suo status di nemico, il gruppo preso di mira nel caso di genocidio è identificato dalle sue caratteristiche razziali, nazionali, etniche o religiose. L’indicazione principale che il targeting è basato sullo status di nemico in contrapposizione all’identità razziale, etnica o religiosa è principalmente il comportamento dell’avversario del gruppo una volta terminato il conflitto.

Se gli attacchi contro il gruppo preso di mira cessano, allora la (probabile) commissione di crimini di guerra è la questione in gioco. Se gli attacchi persistono, tuttavia, la commissione di genocidio può essere legittimamente sostenuta . L’importanza attribuita alla condotta post-conflitto riflette la consapevolezza che il genocidio può e avviene in tempo di guerra, solitamente sotto la copertura di attività legate alla guerra. La distinzione tra crimini di guerra e genocidio è della massima importanza in qualsiasi discussione sull’azione preventiva. Nei casi di crimini di guerra, la cessazione del conflitto sarebbe sufficiente e non sarebbero necessarie ulteriori misure di protezione. Nei casi di genocidio, la cessazione del conflitto richiederebbe l’adozione di misure di protezione per garantire la sopravvivenza del gruppo.

Sebbene molte delle critiche alla convenzione sul genocidio siano fondate, non dovrebbero oscurarne i punti di forza. La convenzione sul genocidio è stato il primo strumento legale a districare il più atroce dei crimini contro l’umanità dal requisito del “nesso di guerra”, che aveva limitato la giurisdizione del tribunale di Norimberga ai casi in cui un crimine contro l’umanità era stato commesso congiuntamente a un crimine contro la pace interstatale.

Invece, la convenzione ha dichiarato che il genocidio è un crimine internazionale “sia che venga commesso in tempo di pace o in tempo di guerra“. Inoltre, la convenzione è stato il primo strumento legale delle Nazioni Unitestabilire che gli individui possono incorrere nella responsabilità penale internazionale indipendentemente dal fatto che agiscano o meno per conto di uno Stato. La convenzione può anche servire, in conformità con l’articolo 8, come base legale delle misure di esecuzione ordinate dal Consiglio di sicurezza (l’unico organo delle Nazioni Unite che può autorizzare l’uso della forza).

Sviluppi recenti

Durante i primi 50 anni dopo la sua ratifica, la convenzione sul genocidio non aveva meccanismi di applicazione efficaci, nonostante contenesse disposizioni che consentissero all’ONU di applicarla. Sebbene la convenzione stabilisse che le persone accusate di genocidio dovessero essere processate da un tribunale penale internazionale o da un tribunale dello Stato in cui era stato commesso il crimine , non esisteva un tribunale penale permanente a livello internazionale fino all’inizio del XXI secolo e le azioni penali a livello nazionale erano improbabili, tranne nei rari casi in cui un regime genocida veniva rovesciato e i suoi funzionari venivano perseguiti da un regime successore.

La convenzione sul genocidio fu invocata per la prima volta dinanzi a un tribunale internazionale nel 1993, quando il governo della Bosnia-Erzegovina sostenne dinanzi alla Corte internazionale di giustizia che la Repubblica federale di Jugoslavia aveva violato i suoi obblighi ai sensi della convenzione.

Durante gli anni Novanta la comunità internazionale divenne più vigorosa nel perseguire i presunti crimini di genocidio. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite istituì tribunali separati, il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) e l’Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR), entrambi i quali hanno contribuito a chiarire gli elementi materiali del reato di genocidio nonché i criteri che stabiliscono la responsabilità penale individuale per la sua commissione. Il tribunale ruandese , ad esempio, ha affermato che il genocidio includeva “sottoporre un gruppo di persone a una dieta di sussistenza, l’espulsione sistematica dalle case e la riduzione dei servizi medici essenziali al di sotto del minimo richiesto”. Ha anche stabilito che “lo stupro e la violenza sessuale costituiscono genocidio… fintantoché sono stati commessi con l’intento specifico di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo particolare, preso di mira come tale”, come nel caso del conflitto ruandese, dove il governo, dominato dal gruppo etnico hutu , ha organizzato lo stupro di massa di donne di etnia tutsi da parte di uomini infetti da HIV.

 

Sulla questione critica dell’intento, il tribunale jugoslavo ha anche stabilito che l’intento genocida può manifestarsi nella persecuzione di piccoli gruppi di persone, così come di grandi gruppi. Secondo il tribunale, tale intento

può consistere nel desiderare lo sterminio di un numero molto elevato di membri del gruppo, nel qual caso costituirebbe un’intenzione di distruggere un gruppo in massa. Tuttavia, può anche consistere nella distruzione desiderata di un numero più limitato di persone selezionate per l’impatto che la loro scomparsa avrebbe sulla sopravvivenza del gruppo in quanto tale. Ciò costituirebbe quindi un’intenzione di distruggere il gruppo “selettivamente”.

Il 1° luglio 2002 è entrato in vigore lo Statuto di Roma dell’La Corte penale internazionale (CPI), adottata nel 1998 a Roma da circa 120 paesi, è entrata in vigore.

La giurisdizione della CPI include il crimine di genocidio e lo statuto adotta la stessa definizione del reato come riportato nella convenzione sul genocidio. L’istituzione della CPI, sebbene senza la partecipazione di Stati Uniti , Cina e Russia, è stata un’altra indicazione di un crescente consenso internazionale a favore di sforzi vigorosi e concertati per reprimere e punire il crimine di genocidio.

Giorgio J. Andreopoulos  ( notizie al fondo )

 

Nel 2009 la CPI ha emesso un mandato di arresto per Omar al-Bashir , presidente del Sudan, con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nella regione del Darfur , nel Sudan occidentale. Un secondo mandato di arresto per Bashir, accusandolo di genocidio, è stato emesso nel 2010.

Nel 2019 il Gambia ha intentato una causa presso la Corte internazionale di giustizia contro il Myanmar, accusando quel paese di genocidio per la sua sistematica persecuzione della minoranza musulmana Rohingya .

 

 

 

 

NOTA :

GIORGIO ANDREOPOULOS
DA
: https://www.jjay.cuny.edu/faculty/george-andreopoulos

E’ professore di Scienze politiche al John Jay College of Criminal Justice e al Graduate Center, CUNY ( UNiversità della città di New York ), e direttore fondatore del Center for International Human Rights al John Jay College.

Ha scritto molto su organizzazioni internazionali, diritti umani internazionali e questioni di diritto umanitario internazionale; ha partecipato a diverse missioni sui diritti umani ed è stato consulente per organizzazioni internazionali e ONG. È stato presidente dell’Interdisciplinary Studies Section (IDSS) dell’International Studies Association (ISA) e presidente dell’Human Rights Section dell’American Political Science Association (APSA).

Attualmente sta completando un libro sul Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’antiterrorismo. È caporedattore della  rivista Human Rights Review.

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Gabriele Corno @Gabriele_Corno – 9.48 — 10 febbraio 2025 ” L’amore di una madre non conosce confini, limitazioni o condizioni. ” traduz. Google – grazie !

 

 

 

link X di Gabriele

Gabriele Corno @Gabriele_Corno

 

 

apri qui

https://x.com/i/status/1888872768617451551

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Alejandra Pizarnik ( Avellaneda/ Buenos Aires, 1936 – Buenos Aires, 1972 ), poetessa e traduttrice argentina– La figlia dell’insonnia, Crocetti, 2020

 

 

 

lafigliadellinsonnia

CROCETTI EDITORE 2020

 

 

L’opera di Alejandra Pizarnik, autrice di culto nei Paesi di lingua spagnola, è segnata dal senso della perdita, dell’assenza, della solitudine e di una lacerazione senza rimedio. La sua dimensione è un’inscalfibile penombra, in cui Alejandra, figlia dell’insonnia, si muove alla ricerca di un rifugio. E l’unico rifugio possibile è la scrittura, che diventa la sua vita. Alla sua morte, Julio Cortázar le dedica una poesia: “Dato che l’Ade non esiste, sicuramente sarai là,/ ultimo hotel, ultimo sogno,/ passeggera ostinata dell’assenza./ Senza bagagli, senza scartafacci,/ il tuo obolo sarà un quaderno/ o una matita colorata./ – Accettali, nocchiere: nessuno pagò a più caro prezzo/ l’ingresso ai Grandi Trasparenti,/ al giardino dove Alice la aspettava”.

( CROCETTI EDITORE )

 

 

undefined

Flora Alejandra Pizarnik

 

SEGUE DA:

kinodromo

8 Gennaio 2024

https://www.kinodromo.org/2024/01/08/guardare-una-rosa-fino-a-polverizzarsi-gli-occhi-la-ribellione-di-alejandra-pizarnik/

 

 

Beatrice Fagan

 

 

Guardare una rosa fino a polverizzarsi gli occhi | La ribellione di Alejandra Pizarnik

Alejandra Pizarnik nasce con il nome di Flora il 29 Aprile 1936 ad Avallaneda, presso Buenos Aires. Seconda figlia di Elìas e Rosa Pozharnik, due emigrati ebrei di origine russa, ricorda l’infanzia come un periodo infelice, ma a cui farà sempre riferimento con un’amara nostalgia, definendola “un vecchio sacco di juta svuotato del carbone, nel quale ci sono giocattoli rotti, che non ricordo” ( Diarios, 6 novembre, 1962).

Ad Avellaneda, il padre lavorava come cuentenik, mestiere tipico ebreo: vendita porta a porta, a volte di gioielli, a volte di elettrodomestici.

L’infanzia fu complicata dagli echi della seconda guerra mondiale, soprattutto per il massacro di Rivne, di cui parte dei suoi parenti lontani rimase vittima. Ebbe inoltre diversi problemi di salute, come asmaacne e tendenza ad aumentare di peso; questi fattori influenzarono la sua autopercezione fisica e la sua autostima, e, congiuntamente alle pressanti aspettative borghesi dei suoi genitori, sono ritenute il punto di partenza dei suoi tormenti e dei suoi disturbi degli anni a seguire.

Pizarnik procede per la prima parte della sua vita in maniera disorientata, come una bimba che gioca a mosca cieca, con i palmi delle mani aperte in avanti che brancolano nel buio. All’età di diciannove anni, tre atti scandiscono la sua ri-nascita poetica: il cambiamento del nome da Flora ad Alejandra, l’iscrizione alla facoltà di lettere e filosofia dell’università di Buenos Aires e la pubblicazione del suo primo libro di poesie, La tierra màs ajena (1955).

Con l’urgenza di una recisione totale con le proprie radici, nel 1960 compie un ultimo atto identitario, e si imbarca su un transatlantico per un autoimposto esilio letterario. Lei pellegrina, lei straniera: questi appellativi che ricorrono nelle sue poesie, le servono a ricalcare un’immagine di una sé sdoppiata, ma anche a richiamare il dolore sempre latente dell’esilio. D’altronde, lei stessa individuerà i tre presupposti essenziali per un’arte duratura nella povertà, nelle passeggiate notturne e nel dolore.

Alla ricerca di questa condizione, Pizarnik raggiunge Parigi, al tempo luogo ricco di riferimenti letterari, universo caleidoscopico e sovversivo di artisti devoti al rovesciamento dell’ordine razionale in virtù del sogno, e nuovo rifugio degli esuli sudamericani.

Dal 1960 al 1964 lavorò a Parigi per la rivista Cuadernos, ma collaborò anche con Sur e Nouvelle Revue Française e per varie case editrici. Tradusse anche autori come Antonin ArtaudAimé CésaireYves Bonnefoy ed altri. Nel frattempo studiò storia delle religioni all’Università della Sorbona.  Parigi fu per lei un rifugio letterario ed emotivo, ebbe modo di conoscere Georges BatailleItalo CalvinoRoger Caillois e Simone de Beauvoir, strinse poi amicizia con Julio CortázarIvonne Bordelois e il poeta messicano Octavio Paz, che scrisse il prologo ad Árbol de Diana (1962), la sua quarta raccolta di poesie in cui commenta come un’opera iridescente, al contempo fenomeno fisico, chimico, botanico, poi mitologico e mistico, l’altare di una sacerdotessa visionaria.

Nel 1962 conobbe la poetessa italiana Cristina Campo, per cui provò una profonda attrazione e con cui scambiò per alcuni anni poesie e lettere. Dagli scritti emerge una la pulsione erotica di Alejandra che avvolge la “casta” Cristina, la quale ne resta sopraffatta ma distante.

Dopo una serie di frenetici spostamenti, a Parigi, Alejandra Pizarnik si ricava il suo spazio creativo da una vecchia mansarda, al quarto piano di un palazzo di fronte alla chiesa di Saint-Sulpice, nel VI arrondissement. Questo diventerà il tempio della sua poesia, descritto dalla sua amica Ivonne Bordelois come un “luogo disordinato, riempito di carte, libri e una pesante aria di tabacco”.

Parigi sarà fondamentale per formulare la sua poetica, così come per riconoscere una natura sregolata e incline alle dipendenze. Nelle pagine di un suo diario, un giorno del 1962, Alejandra Pizarnik riconosce a sé stessa l’urgenza di dover vivere uno stato di perenne inebriamento indotto da qualsiasi sostanza: 

solo dopo aver bevuto dieci tazze di caffè e ingoiato varie pillole “rivitalizzanti cerebrali” posso respirare liberamente, vagare per le strade senza sentire l’impellente desiderio di uccidermi” (Diarios, 12 agosto, 1962).

 

Il ritorno di Alejandra Pizarnik a Buenos Aires coincide con una discesa negli abissi e un’immersione totale nelle sue ossessioni. Con un linguaggio dai perimetri ormai ben definiti, Pizarnik esplora il silenzio, la notte, il corpo, la follia, la morte. Un decennio di abbandono al tormento, aggravato dalla morte improvvisa del padre nel 1967 e dalle conseguenti crisi che la avvicineranno sempre di più all’abuso di alcol e pillole. 

Descrive la morte del padre nel suo diario come  una : “Morte interminabile, oblio del linguaggio e perdita di immagini. Come mi piacerebbe stare lontano dalla follia e la morte (…) La morte di mio padre rese la mia morte più reale”. Sembra quasi che il linguaggio poetico che prima era stato il suo nutrimento ed il suo vestito si stesse dissolvendo, perdendo“la materica consistenza in grado di renderla corpo, vita, donna”.

Questi sono gli anni di Los trabajos y las noches (1965), Extracciòn de la piedra de locura (1968) e El infierno musical (1971).

Nel 1969 esce La contessa crudele (o sanguinaria), testo in prosa. Lo stesso anno va a New York per ricevere la borsa di studi Guggenheim, e ne viene frastornata, percependo a pieno la “ferocia insostenibile” della città. Dopo due anni vince anche la borsa di studio Fulbright.

Compie un ritorno in Francia cercando un approdo verso ciò che credeva rimasto del suo precedente periodo parigino. Disillusa fa ritorno in Argentina, iniziando un processo di chiusura e disgregazione che culminerà in due tentativi di suicidio e un internamento in clinica psichiatrica.

Dopo la sua ultima pubblicazione, la notte tra il 24 e 25 settembre del 1972, all’età di trentasei anni,  mentre era in permesso dalla clinica, Alejandra Pizarnik ingerisce una cinquantina di pillole sedativo-ipnotiche e compie l’atto definitivo del suicidio. 

opere in italiano

  • La figlia dell’insonnia, a cura di Claudio Cinti, Milano, Crocetti, 2003, ; nuove ed. 2015, 2020
  • La contessa sanguinaria, a cura di Francesca Lazzarato, Roma, Playground, 2005,
  • Poesia completa, a cura di Ana Becciu, trad. di Roberta Buffi, Faloppio, LietoColle, 2018,
  • L’altra voce. Lettere 1955–1972, a cura di Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, Macerata, Giometti & Antonello, 2019,
  • Il ponte sognato. Diari. Vol. 1: 1954-1960, a cura di Ana Becciu, trad. di Roberta Truscia, La Noce d’Oro, 2023

 

***  le notizie sull’artista oltre che Kinodromo ( link all’inizio ) sono completate da Wikipedia

 

*******

 

 

ALCUNE FOTO MOLTO BELLE DELL’ARTISTA

 

Le foto che seguono sono prese dalla mostra Alejandra Pizarnik . Tra l’immagine e la parola, della  Biblioteca Nazionale “Mariano Moreno di Buenos Aires

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alejandra vista da Pizarnik

Alejandra Pizarnik nel 1965, dal catalogo della mostra «Entre la imagen y la palabra», Buenos Aires, Biblioteca Nazionale – DA IL MANIFESTO 26 FEBBRAIO 2023

 

 

Foto di copertina: Enrique Pezzoni
Foto nell’articolo: Anatole Saderman

Foto dalla mostra Alejandra Pizarnik . Tra l’immagine e la parola, della  Biblioteca Nazionale “Mariano Moreno di Buenos Aires

https://www.argentina.gob.ar/noticias/alejandra-pizarnik-entre-la-imagen-y-la-palabra-en-la-biblioteca-nacional

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Ancora maschere ? ( con la camomilla sul divano)——————— bardelli

 

 

 

Dopo tanti tentativi falliti  di fare allegre maschere, ho fatto una maschera decisamente tragica e minacciosa.

 

 

bardelli, maschera 3, 2025, computer graphics

 

 

 

bardelli, maschera 4, 2025, computer graphics

 

 

 

bardelli, maschera (war machine), 2025, computer graphics

 

 

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | 2 commenti

FACEBOOK ANPI DI CINISELLO ( MILANO ) —DONATELLA E FRANCO PICCININI CI HANNO MANDATO QUESTO BEL DOCUMENTO DELL’ANPI DI CINISELLO DOVE LORO ABITANO—LO PUBBLICHIAMO CON MOLTO INTERESSE.

 

 

 

LINK ANPI DI CINISELLO  BALSAMO

FACEBOOK ANPI DI CINISELLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appello alle Istituzioni: “Il 10 febbraio, Giorno del Ricordo, si faccia finalmente verità storica mettendo in luce, assieme alla tragedia delle foibe e dell’esodo, le gravissime e ancora sottaciute responsabilità del fascismo”

5 Febbraio 2025

“L’ANPI lancia un appello alle autorità istituzionali e politiche affinché, in occasione dell’80° anniversario della Liberazione, sia ristabilita la verità storica e sia pienamente attuata la legge 92 del 20 marzo 2004, nota come legge sul Giorno del Ricordo.

L’articolo 1 ne stabilisce l’ampiezza e il senso, quando recita: ‘La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale’.

Attraverso l’istituzione nel calendario civile di tale giorno, la legge avrebbe dovuto compiere un doveroso atto di giustizia nei confronti degli innocenti, vittime della barbarie dell’infoibamento e della tragedia dell’esodo, ed assieme un doveroso riconoscimento di responsabilità nei confronti di tante altre vittime della più complessa vicenda del confine orientale. Non è avvenuto.

A 21 anni di distanza appare con chiarezza che, in occasione della quasi totalità delle celebrazioni e delle circostanze relative al contenuto della legge, ci si è riferiti unicamente ed esclusivamente alle due grandi tragedie delle foibe e dell’esodo con una ricostruzione ufficiale che spesso ha teso a delegittimare o addirittura a demonizzare qualsiasi contestualizzazione di tali tragedie, negando così lo spirito e la lettera della legge che esplicitamente richiama la memoria ‘della più complessa vicenda del confine orientale’ .

In base ad una presunta verità politica dichiarata come assoluta e incontestabile si è arrivati al punto di mettere all’indice associazioni, istituti di ricerca, singoli storici e ricercatori specificamente in merito alla tragedia delle foibe, con accuse di negazionismo o di riduzionismo con l’evidente scopo di soffocare la libera ricerca e il libero dibattito e così di impedire una oggettiva ricostruzione dei drammatici eventi di quegli anni.

In particolare, inoltre, si sono rimosse dal dibattito pubblico due circostanze storiche che hanno segnato in modo determinante la vicenda dell’attuale confine italo-sloveno.

La prima è il cosiddetto fascismo di confine che, nel 1919 e negli anni successivi, insanguinò quelle terre con distruzioni, violenze ed omicidi nei confronti in particolare delle minoranze slave (sloveni e croati) oltre che degli oppositori politici del fascismo nascente.

La seconda è l’invasione italiana di territori della ex Jugoslavia iniziata nell’aprile 1941, assieme all’invasione tedesca e ungherese. Gli occupanti italiani, agli ordini di comandi militari successivamente accusati di crimini di guerra, si resero responsabili per anni in tante circostanze di stragi efferate, internamenti mortali di civili in lager ed inenarrabili atrocità nei confronti delle popolazioni locali.

Riconoscere tali eventi ed approfondirne le dinamiche non significa affatto sminuire il dramma delle foibe o offendere la memoria delle vittime, né tanto meno ignorare il calvario dell’esodo, ma vuol dire contestualizzare tali eventi nella più generale tragedia originata dall’invasione italiana e conseguentemente individuare anche le gravissime responsabilità, oggi oscurate, della guerra fascista e dei suoi responsabili che sono rimasti impuniti.

Negazionista e riduzionista è esattamente chi rimuove tutto ciò e costruisce una narrazione faziosa, in palese contrasto con la tragica dinamica dei fatti del tempo e con la stessa legge sul Ricordo, con l’evidente obiettivo di riscrivere la storia ignorando, sminuendo o nascondendo i crimini del fascismo.

Per queste ragioni l’ANPI – che realizzerà iniziative di buona e piena memoria in tanti territori – fa appello affinché quest’anno quanto meno si avvii da parte delle istituzioni e delle forze politiche un’operazione di verità e di giustizia, nel pieno rispetto delle vittime delle foibe e dei protagonisti dell’esodo ed anche di tutte le altre vittime, italiane e slave di quei terribili anni, e nello spirito di un riconoscimento, seppur tardivo, delle responsabilità dal fascismo italiano. Lo si deve al popolo italiano, al popolo sloveno, al popolo croato”

La Segreteria nazionale ANPI

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Frasi dal Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry ( Lione, 29 giugno 1900 – Riou, 31 luglio 1944 ) + Goffredo Fofi, L’ingombrante solitudine del Piccolo principe – IL MANIFESTO 1 FEBBRAIO 2025 ++ Arianna Di Genova, Solo tra gli asteroidi, IL MANIFESTO 14 DICEMBRE 2013

 

 

Il Piccolo Principe - Antoine de Saint-Exupéry - copertina

Mondadori, 2015

 

 

Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).

 

 

***

 

“Mi disegni per favore una pecora?”

“Cosa?”

“Disegnami una pecora”.

Balzai in piedi come fossi stato colpito da un fulmine. Mi strofinai gli occhi più volte guardandomi sempre intorno. E vidi una straordinaria personcina che mi stava esaminando con grande serietà. (…)

Feci il disegno. Lo guardò attentamente, e poi disse: “No! Questa pecora è malaticcia. Fammene un’altra”. Feci un altro disegno. Il mio amico mi sorrise gentilmente,con indulgenza. “Lo puoi vedere da te che questa non è una pecora. E’ un ariete. Ha le corna”. Rifeci il disegno per la terza volta, ma fu rifiutato come i precedenti. Buttai giù un quarto disegno. E tirai fuori questa spiegazione: “Questa è soltanto la sua cassetta. La pecora che volevi sta dentro”.

 

***

 

“Cosa vuol dire addomesticare?”

“E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare legami”.

“Creare dei legami?”

“Certo. Tu fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”

 

***

 

Ma se vivessimo in una dimensione al di là di tutto questo? Se vivessimo senza l’ossessione del tempo e dei mezzi attraverso cui comunicare?

“Che cos’è un rito?”

“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata. E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore”

 

 

****

“Gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino, e non trovano quello che cercano. E tuttavia, quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua.

Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore!

 

I BRANI DEL PICCOLO PRINCIPE SCRITTI ALL’INIZIO SONO DA:
LA CHIAVE DI SOFIA–testo scritto da CECILIA COLETTA,  che ringraziamo di averli pubblicati oltre che commentati.

 

 

Il piccolo principe

 

 

****

 

 

Antoine de Saint-Exupéry nel 1942

Antoine de Saint-Exupéry nel 1942  ( Lione, 29 giugno 1900 – Riou, 31 luglio 1944 )– © Coll. Succession Saint Exupéry-d’Agay

segue in  Wikipedia

 

 

 

 

IL MANIFESTO 1 FEBBRAIO 2025
https://ilmanifesto.it/lingombrante-solitudine-del-piccolo-principe

 

 

 

L’ingombrante solitudine del Piccolo principe

 

 

 

 

L’ingombrante solitudine del Piccolo principe

il piccolo principe e la volpe

 

Goffredo Fofi

 

Ho sempre considerato Il piccolo principe di Saint-Exupéry uno squisito libro antipatico. È un long-seller di enorme successo, da quando fu pubblicato la prima volta nel 1943. Di Saint-Exupéry mi piacquero molto i libri di aviazione e ho sempre pensato che doveva essere una persona simpatica e generosa. Se non sono un fanatico del Piccolo principe è per il successo che ha avuto, spia di qualcosa che detesto: l’elogio della solitudine. Il piccolo principe ha un pianeta a disposizione di cui è re e unico cittadino, e ci si trova bene. E ora è uscito per l’editore Orecchio acerbo un album per bambini che ne segue le orme,Solo con sé stesso di Geoffrey Hayes, un piccolo gioiello illustrato dall’autore con un testo essenziale, con una breve riga a commento di ogni immagine.

 

 

Solo con sé stesso - Orecchio Acerbo editore | libri illustrati

Solo con sé stesso

illustrazioni di Geoffrey Hayes

Area tematica: Grandi temi

 

 

 

15  IMMAGINI DELLO STESSO AUTORE DELLA FAVOLA SCRITTA- premi qui sotto all’estrema destra, segno di maggiore o minore

 

 

LINK:   ISSUE 

 

 

 

 

Seguiamo un orsetto quando riesce a stare solo con sé stesso, in casa o nella natura, e perfino i suoi sogni lo vedono, solo, godere della sua solitudine. Nella quarta di copertina dell’albo si dice che Hayes ci «fa riflettere su quanto sia importante convivere bene con chi abita sempre con noi: noi stessi». Giustissimo, sacrosanto. Ma intorno c’è tuttavia il mondo, che l’orsetto non frequenta e che l’autore evidentemente vede senza simpatia.

Via dalla pazza folla - Thomas Hardy - copertina

Quest’elogio della solitudine mi pare assai ambiguo: altro è dire (cito Francesco d’Assisi) «sola beatitudo, beata solitudo», o «via dalla pazza folla» come nel grande romanzo di Thomas Hardy, e altro è vivere in solitudine, nel rifiuto del mondo. Invitando l’infanzia alla solitudine, al rifiuto dell’altro. Non mi sembra una proposta molto educativa, oggi in particolare, e tra i classici per l’infanzia penso si debba senz’altro prediligere

 

 

Peter Pan. Ediz. a colori - James Matthew Barrie - copertina

Peter Pan. Ediz. a colori

 

Peter Pan con la sua banda di amiche e di amici sull’«Isola che non c’è» – che ospita anche pirati contro cui lottare, e piante e animali, e permette il confronto con la natura e soprattutto una vita comunitaria. Viva le esperienze fatte in comune, bambini con adulti, piante animali, e abbasso la solitudine, si dovrebbe dire specialmente oggi quando i nuovi nati sono destinati a molta solitudine, nonostante i loro telefonini. E viva, tra i libri da mettere in mano ai bambini, viva sempre, insieme a PinocchioGian Burrasca! Godendo la solitudine tra un’azione e l’altra come un modo per pensare e ricaricarsi, verso nuovi incontri e nuove avventure.

 

 

 

PRESENTAZIONE DELL’EDITORE

 

Solo con sé stesso

Con il suo maglione verde a collo alto e la sua salopette a righe, l’orsetto esce di casa e, tutto solo, prende il viottolo segreto e passeggia tra gli alberi, canticchia e si guarda intorno. Di nuovo a casa, tutto solo assapora il silenzio, il rumore della pioggia e, passato il temporale, corre di nuovo fuori con il suo aquilone. Tutto solo, si sdraia nell’erba, o va in città a guardare le vetrine, oppure si gode il freddo della neve oppure il caldo davanti al camino o ancora, a notte fonda, si mette sotto le coperte nel proprio letto con un bel libro in mano prima di prender sonno: questi sono i suoi momenti preferiti in cui è proprio bello e necessario stare solo con sé stesso.

Una storia che nella sua particolarità sa essere universale. E che ci fa riflettere su quanto è importante convivere bene con chi abita sempre con noi: noi stessi.

Età di lettura: da 3 anni.

 

 

 

IL MANIFESTO 14 DICEMBRE 2013
https://ilmanifesto.it/solo-fra-gli-astereoid

 

 

Solo fra gli astereoidi

 

immagine tratta da Google Immagine

I viaggi avventurosi di Jules Verne e la Sirenetta malinconica di Andersen, il teatrino improvvisato con i fratelli e il calore della voce di Marie, sua madre, ad accompagnarlo nel sonno. Su tutto, la stessa riluttanza di Peter Pan, quello scalcitrare furioso di fronte al mondo adulto. «Non sono sicuro di essere mai uscito dall’infanzia» si sorprenderà a confessare lo scrittore francese. Il Piccolo Principe di Antoine Saint-Exupéry nacque molti anni dopo, in esilio, quando lo scrittore-aviatore era in America e stava per terminare la sua vita sulla terra, perdendosi misteriosamente nei cieli estivi, a bordo del suo aereo. Si inabissò a largo di Marsiglia il 31 luglio del 1944, forse abbattuto dai tedeschi (i rottami del suo aereo sono stati ritrovati dopo decenni di ricerche, ma sul velivolo non c’era neanche un buco a testimoniare la battaglia), lasciando dietro di sé la pubblicazione, presso l’editore Reynal & Hitchcock di New York, di quel capolavoro della letteratura di tutti i tempi. Il Piccolo Principe uscì il 6 aprile del 1943 in inglese e poco dopo in francese, ma Gallimard lo riportò in patria solo nel 1946, postumo e a guerra finita.

Saint-Exupéry lo aveva già abbandonato e non seguì i suoi successi: il 13 aprile aveva salutato l’America per raggiungere le forze francesi in Algeria. Un viaggio da cui non fece mai ritorno. Si può dire che il suo romanzo filosofico, che traccia le linee eterne dell’esistenza umana, fosse nato molto prima, in quel «secondo letto» della camera della madre cui aveva libero accesso ogni figlio nel momento della malattia e febbre. Carattere esuberante, accentratore e votato a spettacolarizzare il quotidiano, Antoine adulto cominciò a convivere con un mini saltimbanco, un ragazzino nomade, avvolto in una sciarpa sempre al vento che poggiava in piedi direttamente nell’aria: lo disegnava spesso sui tovaglioli dei ristoranti. Fu così che l’editore Reynal, anzi sua moglie Elisabeth, lo incoraggiarono: «Scrivi un racconto per bambini con il tuo petit bonhomme, lo pubblichiamo per Natale». A quel progetto, Saint-Exupéry lavorò nell’estate e autunno del 1942 con una dedizione quasi pazza, stando sveglio intere notti, ingurgitando caffè nero e fumando un numero smodato di sigarette condite dal gin. Ogni tanto crollava sulla scrivania, ma poi si risvegliava per chiamare a ore impossibili qualche amico, che usava come cavia, sottoponendogli brani del manoscritto. Era assetato di pareri, posseduto dalla favola.

Disegnava incessantemente il bambino biondino ed esile abitante di altri mondi, forse ricordando suo fratello François, scomparso prematuramente e, nella realtà, prendendo spunto – per le pose e i comportamenti – dal figlio del filosofo Konnick.

Pativa moltissimo la difficoltà di rappresentarlo come desiderava: i suoi acquerelli furono la causa del ritardo per l’uscita del libro, che non vide la luce per le feste natalizie. Anche la famosa pecora che il petit prince fissa sui fogli ha un antenato in carne ed ossa sulla terra: è il barboncino di Silvia Hamilton, la giovane giornalista newyorkese che fu l’ultima amante dell’autore, la stessa a cui regalò il manoscritto (oggi conservato alla Pierpont Morgan Library di New York, 132 pagine scritte fittissime, con molte cancellature, 35 solo illustrate).

Da allora, Il Piccolo Principe – in Italia «importato» fin dal 1949 da Bompiani – ha avuto una vita autonoma dal suo autore e ha conosciuto infinite ristampe e traduzioni (in almeno 257 lingue, è il libro più tradotto e letto dopo la Bibbia e il Corano):

adottato come testo nelle scuole giapponesi per l’insegnamento del francese (qui, nel sol Levante, è stato realizzato anche un museo dedicato al personaggio), «parla» anche lappone, tuareg, khmer e toba, la lingua amerindiana del nord dell’Argentina.

La sua traduzione sul grande schermo, invece, nacque sotto non buoni auspici. Fu Orson Welles fra i primi ad interessarsi alla storia del principino solo tra gli asteroidi: ne preparò un adattamento che propose a Walt Disney per un film che mescolasse animazione e personaggi dal vivo, ma la collaborazione non andò in porto. Un colloquio di mezz’ora fra i due mise fine al sogno: i geni evidentemente lavorano in solitudine, difficile farli intendere. Andrà meglio forse al regista di Kung Fu Panda, Mark Osborne, che proporrà per il 2014 un film animato in 3D, targato Universal e con un cast vocale di tutto rispetto (Jeff Bridges, James Franco, Marion Cotillard, Benico Del Toro, Paul Giamatti).

Nel 2011, intanto, in vista della celebrazione dei settant’anni del Piccolo Principe, è stata tratta dal romanzo una serie televisiva in animazione e in 3D, 52 episodi con una potente coproduzione internazionale (Rai fiction, le\ emittenti pubbliche francese, svizzera, tedesca, il gruppo indiano Dq) e la distribuzione Sony Pictures. Realizzata dallo studio francese Method Animation – insieme alla succession Saint Exupéry d’Agay, garante del rispetto dell’opera e della memoria dell’autore – la serie ha potuto contare su una regia costata 18 milioni di euro, affidata a Pierre Alain Chartier, un team al lavoro di quattrocento persone, il coinvolgimento di scrittori come Daniel Pennac e disegnatori come Moebius

 

 

Il piccolo principe e la rosa video,

4 min. ca

 

secondo me è un ideale alto, molto alto, a cui conviene ( per noi stessi ) non rinunciare, così come non si può rinunciare al socialismo e al  vivere bene e alla giustizia per tutti. ch.

 

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento

Gabriele Corno @Gabriele_Corno 8.36 9 febbraio 2025 –infinite grazie ! una mammina con le sue grandi ali protegge dalla pioggia i suoi piccoli appena nati

 

 

 

 

link Gabriele  Corno
Gabriele Corno @Gabriele_Corno

 

Immagina il calore, la protezione e l’amore di essere sotto l’ala di una madre uccello– trad. Google

 

 

 

apri qui 

https://x.com/i/status/1888492260716691772

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

JUDITH BUTLER, Alle passioni fasciste del tycoon opponiamo le nostre. Mentre Donald Trump emana ogni giorno una serie di ordini esecutivi devastanti e dichiarazioni pubbliche spaventose, non è mai stato così importante evitare di restare intrappolati nella sua oscenità, e — IL MANIFESTO  8 FEBBRAIO 2025

 

 

IL MANIFESTO  8 FEBBRAIO 2025
https://ilmanifesto.it/alle-passioni-fasciste-del-tycoon-opponiamo-le-nostre

 

Alle passioni fasciste del tycoon opponiamo le nostre

 

 

*In traduzione da The Guardian

 

Manifestazione contro il governo Trump in California foto Ap

Immagine

Judith Butler ( Cleveland, Ohio, 24 febbraio 1956  ) ,  nasce da una famiglia russo-ungherese di origine ebraica. La maggior parte della famiglia materna morì nell’Olocausto.  Si occupa di filosofia politicaeticateoria letterariafemminismo e teoria queer (nota al fondo ). Dal 1993 insegna al dipartimento di retorica e letterature comparate all’Università di Berkeley, dove dirige il programma di teoria critica. Tiene lezioni alla European Graduate School.

 

 

 

Mentre Donald Trump emana ogni giorno una serie di ordini esecutivi devastanti e dichiarazioni pubbliche spaventose, non è mai stato così importante evitare di restare intrappolati nella sua oscenità, e concentrarsi su come le questioni siano interconnesse. È facile dimenticare o mettere da parte gli ordini esecutivi della settimana precedente.

Divieti ai programmi e ai discorsi su diversità, giustizia e inclusione (Dei), così come alla cosiddetta «ideologia di genere» in tutti i programmi finanziati a livello federale – mentre nuove oscenità inondano il ciclo delle notizie. Minacce di deportazione per studenti internazionali che partecipano a proteste legittime; mire espansionistiche su Panama e Groenlandia e proposte di trasferimento totale e forzato dei palestinesi di Gaza dalla loro terra sono state annunciate in rapida successione. In ciascun caso, Trump fa queste dichiarazioni come dimostrazione di potere, testando la possibilità che le misure entrino in vigore. Gli ordini esecutivi possono essere fermati dai tribunali, ma le deportazioni di immigrati sono già iniziate, così come la riapertura degli orrendi campi di Guantánamo.

 

L’ACCUMULO  di potere autoritario dipende in parte dalla disponibilità delle persone a credere nel potere esercitato dal presidente. In alcuni casi, le dichiarazioni di Trump servono a tastare il terreno, ma in altri l’affermazione oltraggiosa è di per sé il risultato. Sfida la vergogna e i vincoli legali per dare prova della sua capacità di farlo, facendo mostra davanti al mondo di un sadismo senza vergogna.

L’esaltazione di questo sadismo senza vergogna incita altre persone a celebrare questa versione della mascolinità, che non solo è disposta a sfidare le regole e i principi che governano la vita democratica (libertà, uguaglianza, giustizia), ma che mette in pratica questa sfida come una forma di “liberazione” da false ideologie e dai vincoli legali. Un odio esaltato ora si presenta come libertà, mentre le libertàper cui molti di noi hanno lottato per decenni vengono distorte e osteggiate in quanto moralismo repressivo woke.

 

La gioia sadica non appartiene solo a lui; per esistere essa dipende dall’essere comunicata e ampiamente goduta – è una celebrazione comunitaria e contagiosa della crudeltà. Infatti, l’attenzione che riceve dai media alimenta questa follia sadica. Deve essere conosciuta, vista e udita, questa parata oltraggiosa, reazionaria e provocatoria. Ed è per questo che ormai non può più bastare il semplice smascheramento dell’ipocrisia. Non c’è alcuna facciata morale da strappare via. No, la richiesta pubblica di una parvenza di moralità da parte del leader è stata ribaltata: i suoi seguaci si esaltano davanti alla sua ostentazione di disprezzo per la moralità, e la condividono.

 

L’ESIBIZIONE sfacciata dell’odio, il disprezzo per i diritti, la volontà di privare le persone dei loro diritti di uguaglianza e libertà vietando il concetto di “genere” e le sue sfide al sistema binario del sesso (negando l’esistenza e i diritti delle persone trans, intersessuali e non binarie), la distruzione dei programmi pensati per dare potere a chi ha subito discriminazioni sistemiche e durature; le deportazioni forzate degli immigrati, e gli appelli alla totale spoliazione di chi è sopravvissuto, traumatizzato, alle azioni genocidarie a Gaza.

Raphael Lemkin, l’avvocato ebreo polacco che coniò il termine «genocidio», chiarì che esso include «un piano coordinato volto alla distruzione delle fondamenta essenziali della vita di gruppi nazionali… Può essere realizzato eliminando ogni fondamento di sicurezza personale, libertà, salute e dignità».

Proprio il trasferimento forzato di bambini è il quinto atto punibile secondo la Convenzione sul Genocidio adottata nel 1948.

 

NON TUTTE le privazioni di diritti operate da Trump rientrano nella categoria del genocidio, ma molte di esse esprimono passioni fasciste. Negare alle persone trans, intersessuali e non binarie il diritto all’assistenza sanitaria, al riconoscimento legale e alla libertà di espressione attacca le fondamenta stesse della loro vita.

Persino la Corte suprema conservatrice ha stabilito che la discriminazione contro le persone trans e gender non-conforming costituisce una discriminazione su base sessuale (Bostock v. Clayton, 2020). Pertanto, non ha senso affermare che i diritti trans minaccino la legislazione contro la discriminazione sessuale: ne fanno parte e devono essere protetti da essa.

Rastrellare immigrati da scuole e case, deportarli con la forza nei centri di detenzione e privarli del diritto a un giusto processo non dà solo prova di un evidente disprezzo per quelle comunità, ma per la stessa democrazia costituzionale. La minaccia allo ius soli sfida una protezione costituzionale fondamentale e colloca Trump al di sopra dello stato di diritto e dell’equilibrio dei poteri.

 

SE CONTINUIAMO a essere sopraffatti dall’indignazione e paralizzati dallo sconcerto per ogni sua nuova affermazione quotidiana, non riusciremo a vedere cosa le lega tutte insieme. L’essere sopraffatti dalle sue dichiarazioni è precisamente l’obiettivo della loro enunciazione. In un certo senso, quando ne siamo sopraffatti e paralizzati, siamo loro ostaggio. Sebbene ci siano tutte le ragioni per essere indignati, non possiamo lasciare che questa indignazione ci sommerga e paralizzi il nostro pensiero. Perché questo è il momento di comprendere le passioni fasciste che alimentano questa sfacciata presa di potere autoritario.

Coloro che celebrano le sue provocazioni e il suo sadismo sono intrappolati nella sua logica tanto quanto coloro che restano pietrificati dall’indignazione.

 

FORSE È IL MOMENTO di prendere le distanze da queste passioni per capire come funzionano, ma anche per trovare passioni nostre: il desiderio di una libertà condivisa equamente; di un’uguaglianza che realizzi le promesse democratiche; di riparare e rigenerare i processi vitali della Terra; di accettare e affermare la complessità delle nostre vite all’interno dei nostri corpi; di immaginare un mondo in cui il governo sostenga la salute e l’istruzione per tutti, in cui tutti possiamo vivere senza paura, sapendo che le nostre vite interconnesse hanno ciascuna uguale valore.

 

 

 

NOTA : La teoria queer è una teoria sociologica, incentrata sulla critica e il riesame dei concetti di sesso e genere, emersa all’inizio degli anni novanta negli Stati Uniti e in Europa.

La teoria queer mette in discussione la naturalità dell’identità di genere, dell’identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando invece che esse sono interamente o in parte costruite socialmente, e che quindi gli individui non possono essere realmente descritti usando termini generali come “eterosessuale” o “donna“. La teoria queer sfida pertanto la pratica comune di dividere in compartimenti separati la descrizione di una persona perché “entri” in una o più particolari categorie definite.

SEGUEhttps://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_queer

 

 

 

*********

 

 

video di Paulo Pagliaro – durata, 1.36 min.

*** LO PUBBLICO PER VEDERE CHE, PUR AGLI INIZI, C’E’ PARECCHIA GENTE CHE VORREBBE FARE COME TRUMP, NON SOLO DELLA  LEGA ANCHE SE  QUESTA E’ MAGGIORITARIA

IL PUNTO DI PAULO PAGLIARO- OTTO E MEZZO-LA 7-VENERDì 7 FEBBRAIO 2025

https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/il-punto-di-paolo-pagliaro-del-7-febbraio-2025-07-02-2025-579101

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Per la serie ” Maschere allegre (sic)”————————–bardelli

 

 

 

 

 

bardelli, maschera 2, 2025,  computer graphics

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Roberto Rododendro- Facebook sotto –lugubre assai, ma bella ! grazie caro Robert– ( all’americana )

 

 

 

link Facebook di Roberto
Roberto Rododendro

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone e il seguente testo "QUA STANNO E,AL POSTO, SMANTELLANDO UN RESORT DEMOCRAZIA. CON AISCINA E MASSAGGI. ALTAN."

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Alexandre Blaineau @AlBlaineau- link sotto – 22.38 — Saisissant Rembrandt, avec ce visage qui sort de l’ombre + altro

 

 

 

 

link X di Alexandre Balineau, scrittore
Alexandre Blaineau @AlBlaineau

 

 

traduz. Google

Colpisce Rembrandt, con quel volto che emerge dall’ombra

 

 

Immagine

Rembrandt van Rijn, Autoritratto, c. 1629. Olio su tavola, 44,5 x 34,2 cm. Indianapolis Museum of Art a Newfields, per gentile concessione del Clowes Fund, C10063. ScopriNewfields.org

 

Rembrandt van Rijn aveva diciannove anni quando, intorno al 1625, tornò nella sua città natale, Leida, come giovane maestro indipendente.
Nei sei anni successivi definì i soggetti, gli stili e le tecniche più significativi che avrebbero consolidato la sua reputazione di grande maestro della pittura olandese del Secolo d’oro.
Nell’Autoritratto di Rembrandt, dipinto intorno al 1629, vediamo un giovane di circa 22 anni, inesperto ma ambizioso. Metà del suo viso è in ombra e, cosa abbastanza divertente, ha dei brufoli sul mento. Per riprodurre le ciocche di capelli, il giovane artista ha graffiato la vernice fresca per far emergere lo strato sottostante. In quest’opera sperimentale e atipica, è interessante notare elementi che avrebbero definito lo stile maturo di Rembrandt, come l’espressione facciale teatrale e il fascino per la luce e l’ombra.

Nel corso della sua vita, il pittore ha riprodotto il suo ritratto circa 75 volte.

 

 

testo da :

MUSEE DES BEAUX ARTS DU CANADA
1 novembre 2019

Rivista

MOSTRA DI REMBRANDT A KINGSTONE

all’Agnes Etherington Art Centre – ONTARIO- CANADA


https://www.beaux-arts.ca/magazine/sous-les-projecteurs/dans-latelier-avec-le-jeune-artiste-rembrandt-a-kingston

 

 

ONTARIO

 

 

 

 

KINGSTONE
da- https://www.nature.com/articles/s41598-019-47740-1

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Gabriele Corno @Gabriele_Corno – 9.42 — 8 febbraio 2025 — grazie caro Gabriele — ” Un agnellino nella neve ” … con un dolce ninna nanna

 

 

 

link X di Gabriele

Gabriele Corno @Gabriele_Corno

 

aprite qui

https://x.com/i/status/1888146300765417693

 

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Maschera —————————————————-bardelli

 

 

Cara Chiara, volevo farti un’allegra maschera per il prossimo carnevale. Ma mi è venuta drammatica e minacciosa. Pazienza. Sarà per un’altra volta.
mario


bardelli, maschera, 2025, computer graphics

 

 

 

Pubblicato in GENERALE | 3 commenti

SPAGNA – CHIESA DI SANTA MARIA LA BLANCA DE VILLACAZAR DE SIRGA– PROVINCIA DI PALENCIA – REGIONE DI CASTIGLIA E LEON

 

 

 

 

undefined

Sta. María la Blanca de Villalcázar de Sirga – provincia di Palencia
Rabespierre – Trabajo propio

 

 

Provincia di Palencia - Localizzazione

provincia di Palencia

 

 

 

 

undefined

Portale meridionale
RAntonio – Trabajo propio

 

 

La chiesa di Santa María la Blanca a Villalcázar de Sirga,  è un tempio-fortezza la cui costruzione iniziò alla fine del  XII secolo, nel periodo di transizione dal romanico al gotico, e fu completata , nella sua struttura fondamentale, all’inizio del  XIII secolo.  Punto di riferimento del Cammino di Santiago , è stato uno dei centri religiosi più importanti ed è legato all’Ordine del Tempio  ( i Templari ).
Nel 2015,  l’UNESCO approvò l’estensione del Cammino di Santiago in Spagna a ” Cammini per Santiago de Compostela: Cammino francese e strade del nord della Spagna.

 

altro sulla chiesa nel link:
https://es.wikipedia.org/wiki/Iglesia_de_Santa_Mar%C3%ADa_la_Blanca_(Villalc%C3%A1zar_de_Sirga)#

 

 

 

Castiglia e León - Localizzazione

Palenica si trova nella Regione di Castllia e Léon

 

 

 

 

Archivo:Provincias de Castilla y León.svg

9 province della Regione Castiglia e Leòn
con le capitali

 

 

 

 

Friso de la portada meridional.

Fregio del Portale meridionale- Santa Maria La Blanca- Palencia
Adolfo – Trabajo propio

 

 

 

 

Doble portada meridional.

Doppio portale meridionale
Julius2043 – Trabajo propio

 

immagini di sopra da :
https://es.wikipedia.org/wiki/Iglesia_de_Santa_Mar%C3%ADa_la_Blanca_(Villalc%C3%A1zar_de_Sirga)#/media/Archivo:Villalcazar_de_Sirga.jpg

 

 

 

 

 

Iglesia de Santa María la Blanca | Portal de Turismo de Castilla y León

Turismo Castilla y Lèon

 

 

 

 

 

dove si trova il paese dove è stata costruita la Chiesa

 

Villalcázar de Sirga en la prov. de Palencia

 

 

 

 

 

 

 Villalcazar de Sirga

 

Villalcazar de Sirga

A soli 6 chilometri da Carrión de los Condes troverete questa cittadina con la sua imponente chiesa templare del XIII secolo.

 

 

 

Carrión de los Condes, un paese famoso per le sue opere d’arte–

Gallery image

monastero di San Zoilo a Carrión de los Condes
https://www.wikiwand.com/

 

 

El Monasterio de San Zoilo en Carrión de los Condes, de Palencia, a lo largo de su historia

El Monasterio de San Zoilo en Carrión de los Condes, de Palencia
da : Viajar con el Arte

 

*** solo per i curiosi, Zolio è stato un giovane martirizzato con diciannove altri a Cordova, in Spagna , durante la Grande persecuzione sotto Diocleziano .

 

 

seguono foto da :

Villalcázar de Sirga.es
municìpio di Villacàzar de Sirga
https://villalcazardesirga.es/multimedia/fotos-iglesia-santa-maria-la-blanca/

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 19

Santa Maria La Blanca- 29

 

 

 

undefinedCappella di Santiago
Guu – Trabajo proprio
https://es.wikipedia.org/wiki/Iglesia_de_Santa_Mar%C3%ADa_la_Blanca_(Villalc%C3%A1zar_de_Sirga)#/media/Archivo:Sta_Maria_la_blanca-5.jpg

 

 

altro sulla cappella e sulle tombe dei reali
Capilla de Santiago y sepulcros

 

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 23

n. 23

Particolare della tomba di Inés de Guevara

 

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 24

24

Particolare della tomba di Filippo di Castiglia, fratello di Alfonso X.
Nicolas Perez – Opera propria

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 25

25

Tombe gotiche del principe Filippo di Castiglia e Svevia, figlio di Ferdinando III il Santo , e della sua seconda moglie, Inés de Guevara. Si trovano nella Cappella di Santiago.

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 26

26

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 1

n. 1

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 3

n. 3

 

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 4

foto n. 4

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 6

n. 6

 

 

Camino De Santiago Pilgrims

getty images – Xurxu Lobato

 

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 7

n. 7

 

 

 

Villalcázar de Sirga - Santa Maria la Blanca 8

foto n. 8

La Pala dell’altare maggiore integra pezzi ed elementi realizzati in periodi diversi.
altro sulla Pala  nel link: Pala dell’altare maggiore

 

 

 

 

foto sopra dal link all’inizio che ripeto:

Villalcázar de Sirga.es / 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Cats & Dogs Universe @CatsandDogsmem — 11.30 — 6 febbraio 2025 — mamma koala attraversa la strada con il suo piccolo — grazie, bellissimi tutti e due !

 

 

 

Cats & Dogs Universe @CatsandDogsmem

 

 

apri qui

https://x.com/i/status/1887448846327828558

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

ADAM ELSHEIMER, FUGA IN EGITTO, 1609, ALTE PINAKOTHETK, MONACO — LETTURA DI TOMASO MONTANARI +++ LA VIA LATTEA / GALILEO – FUGA IN EGITTO -immagini- dettagli da LE TRE VENEZIE. NET/ link sotto + Vecchia Pinacoteca di Monaco e Nuova

 

 

 

Adam Elsheimer - Wikipedia

Autoritratto, 1606-1607

Adam Elsheimer (Francoforte sul Meno16 settembre 1578 – Roma11 dicembre 1610)

segue: https://it.wikipedia.org/wiki/Adam_Elsheimer#Opere_principali

 

 

 

Adam Elsheimer, Fuga in Egitto, Monaco, Alte Pinakothek, 1609

 

 

Il pittore Adam Elsheimer- morto in miseria a trentadue anni – è uno dei più grandi poeti
della pittura.

La notizia della sua scomparsa – avvenuta a Roma – colpì amaramente il grande Rubens, che il 14 gennaio 1611 scrisse : ” Certo che dovrebbe per una tale perdita vestirsi di lutto stretto tutta la nostra professione, la quale non ritroverà facilmente un par suo “.

 

Un altro contemporaneo descrisse così il capolavoro di Adam, cioè la nostra Fuga in Egitto:

” Maria è seduta sopra un asino che Giuseppe conduce lungo il ruscello circondato da erbetta, tenendo con l’altra mano un pezzo di legno acceso, come fiaccola per la notte. In lontananza si vedono i pastori con gli armenti presso un fuoco acceso, che si rispecchia e si riverbera sull’acqua. La scena si svolge davanti ad un fitto bosco, sopra il quale è raffigurato il sereno cielo stellato, e in particolare la Via Lattea, con dietro però anche la luna piena, straordinaria e chiara, che dall’orizzonte si innalza sopra le nuvole, gettando il suo perfetto riflesso sull’acqua. Nessuno ha mai realizzato qualcosa di simile “.

Ed era proprio vero: fino a quel momento la Via Lattea veniva rappresentata come la mitica scia di latte fuoriuscita dal seno di Era quando quest’ultima allontanò Eracle, figlio illegittimo del suo sposo  Zeus. Elsheimer, invece, la dipinge per quel che è: un insieme di corpi celesti. Un anno dopo, un grandissimo scienziato – Galileo Galilei – affermerà la stessa idea fondandola sull’osservazione del cielo attraverso il telescopio.

E anche nella Fuga in Egitto di Elsheimer il primato della natura si sposa perfettamente con una nuova capacità di osservarla, e di leggerne la luce: qualcosa che l’artista tedesco aveva imparato da Caravaggio, di sette anni più grande di lui. Qualcosa che ci fa sentire questo quadro moderno, amico.

Perché, proprio come per Caravaggio, questa rinnovata attenzione  per la natura non si risolve in una pittura ” scientifica “, bensì in un’altissima riflessione sulla condizione dell’uomo.

Maria, Giuseppe e Gesù non sono superuomini serviti dagli angeli, ma piccoli e inermi figure, letteralmente inghiottite da un fitto buio in cui è possibile procedere solo a tentoni. Grazie alla luna, quando c’è. E grazie agli uomini che accendono fuochi intorno ai quali possiamo scaldarci, per ripartir nel nostro cammino.

Proprio come accade in questo piccolo, grande quadro: che parla del mondo che c’è dentro di noi parlando del mondo che ci circonda.

 

da :

Tommaso Montanari, L’ora d’arte,  Einaudi, 2019, pag. 106-107

 

 

 

altra immagine della Fuga in Egitto

 da:

 

 

 

segue da

LE TRE VENEZIE

http://www.letrevenezie.net/pubblicazioni/GALILEO%20GALILEI/APOTEOSI%20DEL%20CANNOCCHIALE.html

 

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

 

” I pittori esaltarono sia il cannocchiale sia le scoperte fatte con questo. Appena si sparse la notizia che la Via Lattea era formate da tante deboli stelle visibili solo con il cannocchiale, Adam Elsheimer dipinse il capolavoro “La fuga in Egitto” dove il grandioso fenomeno celeste è realisticamente rappresentato con tanti puntini bianchi corrispondenti alle singole stelle. Il quadro è ricco di significati simbolici in quanto ciò che avviene sulla terra ha il suo corrispondente nel cielo, che occupa più di metà della scena. “

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

 

Adam Elsheimer (Francoforte sul Meno1578 – Roma,  1610) è stato un pittore e disegnatore tedesco, attivo per la maggior parte della sua vita a Roma.

 

 

 

 

DETTAGLI DELL’OPERA –dallo stesso link – Le tre Venezie

 

 

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

LA VIA LATTEA

 

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

 

 

 

Immagine correlata

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

 

 

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

LA VIA LATTEA

 

******

 

 

LA VECCHIA PINACOTECA DI MONACO

 

–ALTE PINAKOTHEK DI MONACO –

 

da:

https://www.pinakothek.de/en/alte-pinakothek

 

 

Vecchia Pinacoteca

La “Pinakothek” (oggi: Alte Pinakothek), commissionata da re Ludovico I, fu inaugurata nel 1836. L’architetto Leo von Klenze creò un edificio museale pionieristico che, con la sua sequenza di grandi sale illuminate da lucernari e le vetrine adiacenti sul lato nord, divenne un esempio per altri edifici museali. Sostanzialmente distrutta durante la seconda guerra mondiale, l’Alte Pinakothek fu ricostruita secondo i progetti dell’architetto Hans Döllgast entro il 1957. Le sezioni mancanti della facciata non furono ricostruite, ma sostituite con mattoni a vista in modo che rimanessero riconoscibili come “ferite”. In questo modo, fu creato un impressionante esempio di architettura della ricostruzione.

 

 

 

 

Alte Pinakothek, Munchen - Loreno Confortini Disegni/Drawings

 

LORENO CONFORTINI

 

 

Galleria superiore, Sala VII

Galleria Superiore – sala VII

 

 

Galleria superiore, Sala VGall. Sup. sala V

 

 

nel link – che riporto- — altre sale
https://www.pinakothek.de/en/alte-pinakothek

 

 

 

 

 

 

LA NUOVA PINACOTECA DI MONACO

 

 

Neue Pinakothek | Monaco di Baviera | Inexhibit

NEUE PINAKOTHEK

 

 

Foto di degas

 

 

 

Neue Pinakothek (Pinacoteca Nueva) - Guia de Alemania

PINACOTECA NUOVA DI MONACO

 

 

Foto

 

 

immagini sopra da :

Neue Pinakothek

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

Mario Napoli / link sotto — GENOVA 2025– Fiera d’Arte Moderna e Contemporanea ( 13 – 16 febbraio ) – SATURA Palazzo Stella, Genova, FuoriFiera 2025 – Sabato 8 febbraio 2025, ore 17:00

 

 

è con Mario Napoli e altri 5

 

FuoriFiera 2025

Sabato 8 febbraio 2025, ore 17:00

SATURA Palazzo Stella, Genova

 

In occasione di ArteGenova 2025 – Fiera d’Arte Moderna e Contemporanea (13 – 16 febbraio),  SATURA apre a Palazzo Stella il FuoriFiera 2025, progetto espositivo pensato per ampliare – e riscrivere – il concetto di fiera, permettendo così al pubblico di vivere in modo alternativo una delle Art Week più interessanti e di qualità del Nordovest. Gli artisti presenti al FuoriFiera 2025 sono: Salvatore Alessi, BonMa, Erick Centeno, Franco Dallegri, Ornella Gario, Danila Malatesta, Cristina Mantisi, Vincenzo Marino, Anna Marie Mighailidou, Silvia Ottobrini, Anna Rocco, Rossella Sartorelli, Serenella Sossi, Danilo Stefani, Sabrina Toppino, Silvia Zambon.

La mostra resterà aperta fino al 22 febbraio 2025 con ingresso libero con orario da martedì a venerdì 9:30–13:00 / 15:00–19:00, sabato 15:00–19:00.

 

SATURA Palazzo Stella

centro per la promozione e diffusione delle arti APS

 

 

Piazza Stella 5/1 – 16123 Genova

tel. 010 2468284 / cell. 338 2916243

 

e-mail: info@satura.it web: www.satura.it

 

 

Potrebbe essere un contenuto grafico raffigurante il seguente testo "FuoriFiera 4"

 

 

 

 

 

IMMAGINI DI SATURA – PALAZZO STELLA — GENOVA

 

 

 

SALA MAGGIORE

 

 

 

IL PALAZZO DI SATURA

 

 

 

 

SALA DELLE VOLTE

 

 

 

 

SALA POZZO

 

 

 

 

 

 

 

ALTRE SALE  NEL LINK DI SATURA:

https://www.satura.it/sale_espositive.php

 

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

TOMASO MONTANARI DICE NELL’INTERVISTA DI CORRADO FORMIGLI, PIAZZA PULITA- LA 7 -6 FEBBRAIO 2025 –video, 11 minuti ca– + opere di Tomaso Montanari, l’ultima in febbraio ’25, ” Bellezza “

 

 

video, 11 min. ca

LA 7 — PIAZZA PULITA — TOMASO MONTANARI – 6 FEBBRAIO 2025

https://www.la7.it/piazzapulita/video/i-cittadini-italiani-devono-reagire-lintervista-a-tomaso-montanari-06-02-2025-578893

 

 

Fratelli di chat. Storia segreta del partito di Giorgia Meloni - Giacomo Salvini - copertina

Fratelli di chat. Storia segreta del partito di Giorgia Meloni

 

 

 

 

 

Libri di Tomaso Montanari

foto Feltrinelli

 

 

 

Le ambizioni (e le delusioni) di Tomaso Montanari, il prof ...

TOMASO MONTANARI– ( Firenze, 15 ottobre 1971 ) è uno storico dell’arte e saggista italiano, rettore dell’Università per stranieri di Siena dal 2021.
Foto Corriere della Sera

 

Per Einaudi ha scritto la postfazione ai due volumi de Le vite de’ pittori scultori e architetti moderni di Giovan Pietro Bellocchio (2009), A cosa serve Michelangelo? (2011), Il Barocco (2012), Costituzione incompiuta (2013, con Alice Leone, Paolo Maddalena e Salvatore Settis), La libertà di Bernini. La sovranità dell’artista e le regole del potere (2016) e Contro le mostre (2017, con Vincenzo Trione); per Minimum Fax, Le pietre e il popolo. Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane (2013); per Einaudi Velázquez e il ritratto del barocco (2018) e L’ora d’arte (2019).
Del 2021 Chiese chiuse, sempre edito da Einaudi, entrato nelle classfiche di vendita. Nel 2021 ha ricevuto il Premio De Sanctis per il Saggio breve.
Nel 2024 esce La terza ora d’arte (Einaudi).

 

Tommaso Montanari è uno storico dell’arte, giornalista e saggista. È presidente del Comitato tecnico scientifico per le Belle Arti del Ministero dei beni culturali e membro del Comitato scientifico degli Uffizi. Ha scritto per la Repubblica, il Corriere del Mezzogiorno, Huffpost Italia. Attualmente collabora con Il Fatto Quotidiano.
E per il giornale online ” Volere la luna “; https://www.facebook.com/volerelaluna.lapoliticapuntoacapo/

 

 

Disobbedienza profetica. La Firenze di Milani, Balducci, Borghi, Brandani, La Pira, Mazzi, Turoldo, Santoro - copertina

Disobbedienza profetica. La Firenze di Milani, Balducci, Borghi, Brandani, La Pira, Mazzi, Turoldo, Santoro

Questo volume raccoglie, intorno a un classico come la Lettera ai giudici di don Lorenzo Milani, testi meno noti del cattolicesimo profetico fiorentino scritti negli anni che precedono e seguono il Concilio Vaticano II. Ne emerge un’idea di Chiesa, ma anche un’idea di società civile e di democrazia, radicalmente alternativa a quella delineata dal potere costituito, e invece in profonda sintonia con la parola del Vangelo e con il progetto della Costituzione. Testi oggi terribilmente vivi, più che mai necessari.

 

 

ED. MAROTTA E CAFIERO,  FEBBRAIO 2025

 

Cos’è la bellezza? Qual è il rapporto tra uomo e bellezza? Tomaso Montanari mette a nudo una parola, mostrandoci la sua luminosa essenza. Prova a raccontarci la bellezza senza slogan. A lui l’arduo compito di declinare un vocabolo abusato, sfruttato e per questo poco compreso nel suo significato più profondo. Abbiamo affidato ad uno dei più importanti critici d’arte italiana il compito di smembrare un termine, attraverso gli occhi di chi, tutti i giorni, è immerso tra quadri, sculture e meraviglia. La bellezza è politica perché pubblica, non è un lusso ma è condivisione. Montanari prendendo in prestito la parole di Camus, Yourcenar, Orwell e tanti altri ci ricorda che la bellezza è un diritto dell’umanità.

 

 

 

 

in questo link di Feltrinelli trovate — credo – la maggioranza delle opere pubblicate dall’autore

https://www.lafeltrinelli.it/libri/autori/tomaso-montanari

Pubblicato in GENERALE | 1 commento

DONATELLA D’IMPORZANO CI RACCONTA UN FILM: L’ALTRA META’ DELLA STORIA – di Ritesh Batra, Gran Bretagna 2017.

 

 

milano, senza data– una volta che eravamo insieme !|

DONATELLA D’IMPORZANO

 

 

Risultati immagini per adam elsheimer flight into egypt

 

 

Sotto questo cielo stellato mi pare che ci stia bene un film che ho visto ieri: ” L’altra metà della storia”, di Ritesh Batra, Gran Bretagna 2017.

(per il dipinto, vedi post sg. )

 

 

 

 

Charlotte Rampling racconta "L'altra metà della storia" | Amica

 

 

 

 

TRAILER IN ITALIANO

 

 

 

 

clip –1.43

 

 

 

 

Il regista è di origine indiana e si è affermato con la sua prima opera “Lunchbox”, ambientata a Mumbai, nel mondo dei fattorini che portano nei vari posti di lavoro i cestini da pranzo.

 

Il film si svolge attorno alla figura di Tony Webster, divorziato ma in ottimi rapporti con la ex- moglie e la figlia incinta agli ultimi mesi di gravidanza. Pensionato, tiene aperto più che altro per passione un piccolo negozio a Londra di macchine fotografiche storiche.

 

La sua vita scorre tranquilla fino a quando gli arriva una lettera da uno studio di avvocati, che lo informa di un’eredità: il diario del suo amico più caro ai tempi dell’università, che era morto da giovane suicidandosi. Ai tempi il suo amico gli aveva ” soffiato” la ragazza, Veronica, e lui aveva scritto a tutti e due una lettera velenosissima.

 

Tony vuole entrare in possesso del diario a tutti i costi, ritrova la sua antica ragazza, che gli dice di avere bruciato quel diario.

Nello stesso tempo la donna gli consegna la lettera piena di odio che lui aveva spedito ai due innamorati decenni prima. Inevitabile che lui rinvanghi quel periodo della sua vita, pentendosi di ciò che aveva scritto in un momento di rabbia.

 

Crede inoltre che il ragazzo handicappato, che ha visto accompagnato dalla sua antica fiamma Veronica, sia stato il frutto disgraziato di quella unione che lui aveva maledetto nella lettera.

 

La vicenda, attraverso pentimenti, prese di coscienza, ironia, vita quotidiana vuole far comprendere come il passato ognuno di noi lo rivive in modo da poterlo accettare, per mantenersi rispettabile di fronte a se stesso.

 

Anche la Storia con la S maiuscola adotta questo procedimento, seleziona, taglia e compone i ricordi per renderli più accettabili ai popoli. Solo dopo decenni, nei casi migliori e frutto di una continua ricerca umana, si fa strada la verità. Tony Webster sceglie di movimentare la sua tranquilla esistenza andando alla ricerca della verità su di se’.

 

 

 

RAIPLAY.IT — FILM INTERO, ma non sono riuscita a vederlo–

L’ALTRA META’ DELLA STORIA

https://www.raiplay.it/programmi/laltrametadellastoria

Pubblicato in GENERALE | Lascia un commento