https://en.m.wikipedia.org/wiki/File:Gauguin_1888_Bretonne_%C3%A0_la_cruche.jpg
*** LE FOTO SI APRONO CON UN CLIC E TROVATE ANCHE UNA DIDASCALIA
IL SERVIZIO SULLA REGGIA NORMANNA E’ NEL LINK SOTTO A NOME GHICO ROLI +
2.*** LE FOTO SI APRONO CON UN CLIC E TROVATE ANCHE UNA DIDASCALIA
https://www.ghigoroli.com/archivio-foto-arte/ricerca?ric=Palazzo+reale+a+Palermo
GHIGO ROLI – GIOVANE E ASSAI BELLO ( Modena, 1956 )
Fotografia orbicolare ::
Essa permette di rivisitare le città e i comprensori più belli del mondo da angoli visuali inconsueti e affascinanti, riproponendo anche le vedute più note in un modo nuovo e coinvolgente.
Ho visto che c’è una casa editrice che si chiama ” L’orbicolare ” e pubblica libri di paesaggi ..
Forse è quacosa legata alla :
Con fotografia panoramica (o panoramic mosaic) si intende la tecnica che permette di creare un’immagine che copra un ampio angolo visivo, tra 180° e 360°, tramite la composizione di un mosaico di foto adiacenti, in genere con lo scopo di visualizzare un panorama naturalistico o la vista di un ambiente in modo più simile a come viene percepita dal vivo.
per esempio questa :
panorama di Sydney
ant. orbiculare – etimologicamente deriva (dal lat. tardo orbicularis, der. di orbicŭlus «cerchietto»]. –- Treccani
desisto –+++ un giorno scopriremo perché la fotografia è ” un cerchietto ! chiara
mosaici / guerra —
*** I più preziosi reperti sono tuttavia stati messi al riparo dalle intemperie e dalle razzie e si trovano ora al Museo di Gerusalemme.
se vuoi, apri qui :
dove si trova Gerico
Il mosaico della cattedrale di Otranto fotografato da un’insolita prospettiva: è lo scatto dall’alto pubblicato dalla pagina Due Sicilie nel mediterraneo. O nostos che immortala una parte dell’immenso pavimento a mosaico, articolato nelle tre navate della chiesa di Santa Maria Annunziata. L’immagine infatti rappresenta la parte centrale dell’opera, che ha come figura dominante l’albero della vita, lungo il quale si articolano varie rappresentazioni. Eseguita tra il 1163 e il 1165 dal monaco Pantaleone, l’opera costituisce uno dei più importanti cicli musivi del Medioevo italiano e non sembra trovare corrispettivi per complessità e livello di elaborazione tra mosaici coevi.
altra prospettiva
foto e testo da Leccesette + Pinterest
da : foodismo.it e Pinterest: miniguida ai Mosaici della cattedrale di Otranto
ANSA.IT — 28 NOVEMBRE 2023
https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/guerra-in-medio-oriente/2023/11/28/hamas-si-addestrava-sotto-il-naso-di-israele_5d1abb40-63d0-4623-bf42-f3a53e66fc17.html
Un finto kibbutz a 800 metri dal muro e non lontano da una postazione militare israeliana: è qui che Hamas e le altre fazioni palestinesi armate di Gaza hanno addestrato i miliziani protagonisti della strage del 7 ottobre in Israele.
Nella struttura, costruita in un terrapieno per non renderla visibile, oltre agli edifici si stagliava anche un finto carro armato israeliano per imparare come assaltarlo.
Un’inchiesta della Bbc su filmati vecchi e nuovi pubblicate dalle stesse fazioni palestinesi dimostra che perlomeno dal dicembre del 2020 le forze speciali, nelle quattro esercitazioni sotto comando congiunto a Gaza – l’ultima solo 25 giorni prima del 7 ottobre – si sono addestrate a catturare ostaggi, ad attaccare edifici e complessi, ad aprire varchi nelle difese e nella sorveglianza israeliane.
La prima maxi esercitazione, il 29 dicembre del 2020, venne annunciata direttamente dal capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, che parlò di “forte messaggio al nemico e un segnale di unità”.
In quell’occasione, i droni ripresero dal cielo gli sviluppi dell’addestramento delle esercitazioni rilanciando le immagini sul web. Fotogrammi che oggi fanno venire i brividi: in uno si assiste all’assalto a un tank che viene neutralizzato e i carristi a bordo fatti prigionieri, in un altro al sequestro di ostaggi civili. Le stesse immagini viste in quel tragico sabato di ottobre.
Le uniche sequenze degli addestramenti che non vennero rivelate sono quelle degli attacchi dall’alto con i parapendii e lo sfondamento delle recinzioni israeliane per aprire il varco agli uomini armati a bordo di pick up e motociclette. Queste immagini sono state pubblicate solo a partire dal 7 ottobre, e secondo la ricostruzione della Bbc risalgono al 25 agosto del 2022.
La cartella di file a cui fanno riferimento si chiama ‘Squadrone aquila’, l’appellativo della forza aerea di Hamas, a conferma che anche l’attacco con i parapendii contro i kibbutz è stato ampiamente testato per oltre un anno.
Le esercitazioni si svolgevano “con il ritmo di una al giorno, anche due al giorno, abbiamo anche visto come si addestravano a prendere il controllo di un carro armato”, ha raccontato una delle due ragazze sopravvissute.
Altre tredici sono state massacrate, ulteriori 5 risultano disperse o nelle mani di Hamas e delle altre fazioni armate.
ARTRIBUNE – 27 NOVEMBRE 2023
Al Museo Prado di Madrid la mostra che espone il retro delle opere d’arte
Rembrandt Harmensz. van Rijn, Artista en su estudio, 1628, Boston, Museum of Fine Arts. Zoe Oliver Sherman Collection given in memory of Lillie Oliver Poor
Visitare la mostra Reversos, al Museo del Prado, è come oltrepassare lo specchio di Alice nel Paese delle Meraviglie. Si entra, infatti, in un’altra dimensione, diversa rispetto alla fruizione tradizionale della pittura, accedendo a una serie di immagini e di informazioni normalmente riservate agli addetti ai lavori. Le immagini occulte, enigmatiche o curiose, talvolta anche sorprendenti e misteriose che appaiono sul retro dei dipinti.
LA MOSTRA ” REVERSOS ” AL MUSEO DEL PRADO– NOVEMBRE 2023
Photo@Museo Nacional del Prado
foto come sopra
Nella storia dell’arte, molti hanno dipinto su entrambi i lati della superficie pittorica, per ragioni di economia di mezzi, oppure solo come prova o semplice studio. In generale, il lato B di una tavola o di una tela porta impressi sigilli, etichette o scritte che permettono di identificarne le proprietà, le vendite, i prestiti, gli inventari, i trasporti; ma anche note dell’autore o segni più o meno evidenti del processo creativo. Il progetto di Miguel Ángel Blanco (Madrid, 1958) – artista naturalista spagnolo al quale il Prado ha affidato la cura della mostra – non è solo quello di svelare al pubblico il retro di un centinaio di opere, dall’antichità ai giorni nostri. “Mettere a nudo” i quadri della collezione e dei depositi del museo ed esporre alcuni importanti prestiti internazionali – come l’Autoritratto come pittore di Van Gogh del Museo di Amsterdam o la celeberrima Maschera vuota di René Magritte, proveniente da Düsseldorf, mai esposti prima in questa sede – serve per dimostrare che il recto di un’opera d’arte può avere un valore estetico, semantico e documentario pari, se non talora persino superiore al suo verso.
Vik Muniz, Verso ( Las Meninas ), 2018 – Cortesia dell’artista Elba Benitez
Annibale Caracci e allievi, L’estasi di Maria Maddalena, 1585-1600- Museo delle Belle Arti di Coruña, deposito del Museo Nazionale del Prado
Il concept è frutto di un’indagine durata sette anni, il cui punto di partenza è Las Meninas di Velázquez, icona del museo. Una buona porzione del celebre capolavoro è infatti occupata dal dorso di una tela che l’autore stesso sta dipingendo. La mostra si apre proprio con la copia contemporanea del retro de Las Meninas – Verso (las Meninas) – opera concettuale firmata dal brasiliano Vik Muñiz nel 2018. Strutturata per capitoli tematici, prosegue con una serie di ritratti o autoritratti di pittori dietro alla tela, fra i quali spiccano un piccolo Rembrandt, Artista nel suo studio (dal Museum of Fine Arts di Boston), che ricorda per atmosfera il quasi coevo Velázquez de La Meninas; agli antipodi temporali, il bellissimo Cavalletto con tela che Michelangelo Pistoletto applica a uno dei suoi celebri specchi (prestito del Museo Reina Sofia). L’opera più antica in mostra è una tavoletta quattrocentesca di Beato Angelico del Prado, Il Funerale di Sant’Antonio Abate, il cui retro è tappezzato di antichi timbri ed etichette; la più recente, invece, sono tre libri-scatole (della serie La Biblioteca del Bosco) realizzati dallo stesso curatore Miguel Angel Blanco nel 2020, raccogliendo la polvere accumulata sul dorso della Trasfigurazione del Signore, opera di Penni e Giulio Romano. Nel mezzo, senza ordine cronologico né gerarchie di autori, si susseguono e dialogano tra loro tele, tavole, fotografie e opere di epoche e materiali diversi, firmate anche da grandi artisti come Tiziano, Albani, Tiepolo, Mengs, Bronzino, Annibale Carracci; e ancora Goya, Kirchner, Fontana, Mirò, Tàpies e Sophie Calle, alcune delle quali mai viste prima al Prado.
Martin van Meytens, Monja arrodillada (anverso), 1731, National Museum, Stoccolma
Impossibile enumerare le tante curiosità e le sorprese di questa mostra davvero appassionante. Graziosi trompe l’oeil, come Il gatto goloso che attraversa la tela per mangiarsi le aringhe, olio su tela di Luis-Leopold Boilly del 1800; intense istantanee come Georgia O’Keeffe di spalle che carica due tele, fotografata nel 1921 da Alfred Stieglitz; immagini proibite, come la Monaca inginocchiata del pittore barocco Martin van Maytensche, sul retro della tavoletta la dipinge di spalle con le natiche nude; o il caso di duplicazioni fantasma come quella sul retro dell’autoritratto attribuito all’italiano Orazio Borgianni (1600-10), immagine del catalogo. E, infine, per dimostrare che anche la scultura può avere un lato B, il Prado espone l’interno dell’armatura estraibile di Carlos V y el furor, bronzo di Leone Leoni (1551-55) che campeggia nella sala antistante la Galleria Centrale.
MARTIN VAN MEYTENS
NOTA :
autore e link sotto
Martin van Meytens realizza questo ritratto di una suora in preghiera. Sul suo volto appare un sorriso. In linea di massima siamo di fronte ad un dipinto religioso di grande devozione, quasi come un riflesso della felicità della preghiera, anche se ovviamente non tutto è come sembra… Dietro di lei, un personaggio la guarda con interesse. E non vede come prega la suora, appunto.
Se vogliamo sapere cosa vede quella figura lussuriosa alla finestra, dobbiamo girare la tela. Se facciamo così, vediamo con sorpresa sul retro del dipinto le natiche nude della monaca.
Un dipinto erotico e divertente, caratteristico di un’epoca frivola e lussuriosa come il rococò.
Martin van Meytens arrivò in Austria e divenne uno dei ritrattisti alla moda dell’era “mariateresiana”. I suoi modelli erano persone come Maria Antonietta, Maria Teresa d’Austria o Francesco I, ognuno dipinto con una parrucca più eccentrica.
Ma l’artista si è permesso di tanto in tanto di realizzare anche quadri come questo, dove prende in giro un po’ il cattolicesimo. E Meytens fu un protestante convinto per tutta la vita.
https://historia-arte.com/obras/monja-arrodillada
foto da : https://cultura.tiscali.it/
Il tema trattato, così come il percorso di visita libero e aperto, la presenza di autori contemporanei e il tipo di allestimento immerso nell’oscurità, tra pareti dipinte di nero, sono inusuali per il Prado. Una serie di piedestalli ben illuminati permette di ammirare i tanti dipinti bifronti, così come ogni recto e il suo corrispondente verso, valorizzando anche il tipo di supporto delle opere. Si scopre, infatti, che la tela e il legno sono solo due dei tanti materiali naturali usati per dipingere insieme a lavagna, rame, vetro, ceramica, cera, terracotta e persino il sughero.
In questa esplorazione intima del quadro come oggetto tridimensionale non poteva mancare un’attenzione al telaio, sia come supporto sia come simbolo di Cristo, per i frequenti incroci di asticelle. E tra i telai, colpisce un frammento piuttosto ammalorato (mal ridotto, in pessime condizioni ) del supporto originale pieghevole di Guernica, di Picasso, ritrovato negli ultimi anni e oggi conservato al Reina Sofia.
Federica Lonati
Madrid//fino al 3 marzo 2023
Reversos
Museo del Prado
www.museodelprado.es
NOTA ULTIMA:
IL PALAZZO MUNICIPALE DELLA CITTA’ DI CORUNA (La Coruña )
Diego Delso
da : https://it.wikivoyage.org/wiki/Provincia_della_Coru%C3%B1a
La Coruña è la regione nord-ovest della GALIZIA, che a sua volta rappresenta la zona a nord-ovest della Spagna
mappa da Alamy
La capitale della Galizia è Santiago di Campostela
Le città ( dove c’è il pallino o quadrato ) con le regione relative
da : /it.123rf.com/
IL MANIFESTO 2 DICEMBRE 2023
https://ilmanifesto.it/netanyahu-non-si-ferma-cera-una-volta-gaza
Ma che sorpresa… Alla fine spunta il documento che aspettavamo: come riportava ieri il New York Times il governo israeliano da oltre un anno sapeva dei piani di Hamas persino nei dettagli (40 pagine esaustive denominate “Muro di Gerico”). Ma li hanno ignorati.
È così particolareggiato da sembrare fabbricato ex post.
In sintesi: la guerra ad Hamas Netanyahu poteva farla prima ma hanno lasciato che cominciassero gli altri.
E ora, come ci informa il Wall Street Journal, inizierà anche la campagna all’estero per uccidere i leader di Hamas ospitati in Qatar, Libano, Turchia, così come sono stati eliminati in questi decenni leader dei palestinesi, dei libanesi Hezbollah e ufficiali dei pasdaran iraniani.
Useranno tutti i mezzi, da quelli più sofisticati ad altri tradizionalmente insidiosi: nel 1997 il Mossad, ad Amman, tentò di far fuori con il veleno il capo Hamas Khaled Meshal.
«Hanno i giorni contati», aveva avvisato il premier Netanyahu il 22 novembre riferendosi a loro e anche ai tre capi di Hamas a Gaza (Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Marwari Issa).
Cosa significa questo? Che il futuro di Gaza e del Medio Oriente potrebbe essere ancora peggiore di questo tragico presente.
In mezzo alle tregue, l’offensiva israeliana ora riprende – « la guerra deve continuare», insiste il gabinetto di guerra a Tel Aviv – puntando decisamente su Gaza Sud dove sono affluiti capi e militanti di Hamas insieme a oltre un milione e mezzo di profughi dal Nord della Striscia.
Significa, scrive il Financial Times, citando fonti israeliane, che continueranno le operazioni militari – un eufemismo per dire i bombardamenti – almeno fino all’inizio del 2024, se non oltre.
Sarà una strategia «flessibile», sostengono i vertici militari di Tel Aviv, dettata da molteplici condizionamenti: l’andamento delle operazioni sul terreno, i negoziati per la liberazione degli ostaggi, le pressioni internazionali, soprattutto americane perché le altre contano ben poco.
E anche le pressioni di Washington sono accompagnate dalla usuale e mortale ambiguità: nelle ultime settimane il Pentagono ha inviato un flusso costante di armi e munizioni a Israele, cui la Casa Bianca ha promesso 14 miliardi di dollari di aiuti.
Insomma siamo alle solite: qui si prendono lupi per agnelli.
«Niente ci fermerà», ha detto il premier Netanyahu, alle prese con i suoi guai giudiziari, nel suo ultimo incontro con il segretario di stato Usa Antony Blinken.
La guerra sarà lunga, secondo i generali israeliani, perché non sono stati raggiunti «neppure la metà degli obiettivi».
Ma alla fine, tentano di rassicurare, arriverà una fase di «transizione e stabilizzazione» i cui obiettivi non sono ben chiari ma tra questi ci potrebbe essere anche una pulizia etnica di Gaza su larga scala, oltre allo sbandierato «sradicamento» di Hamas, un piano che l’ex capo del Mossad Efraim Halevy ha definito «mal consigliato» e che potrebbe ulteriormente radicalizzare Gaza e la Cisgiordania con scenari ancora peggiori degli attuali.
Mentre a Gaza Nord si prevede nei documenti israeliani una sorta di «fascia di sicurezza» senza entrate e uscite, lo «svuotamento» del sud della Striscia, almeno dei militanti e delle famiglie, dipende dai negoziati dietro le quinte con l’Egitto che finora ha respinto ufficialmente e con forza l’insediamento di una parte dei gazawi in Sinai.
Ma dopo le elezioni presidenziali egiziane (10-12 dicembre) qualcosa potrebbe cambiare.
All’Egitto sono già arrivati dalle istituzioni internazionali (Fmi, Banca Mondiale, Ue, Afriexibank) impegni per prestiti da 26 miliardi di dollari che potrebbero servire nel tempo come un incoraggiamento a ricollocare una parte dei palestinesi in Sinai.
Strozzato da un debito estero di 165 miliardi di dollari, l’Egitto potrebbe considerare anche l’offerta israeliana di abbonare 20 miliardi di indebitamento.
Sulla stampa araba se ne parla, i governi occidentali e del Medio Oriente per ora stanno zitti perché quando verrà il momento diranno che non lo sapevano.
Certo sulla guerra di Gaza pesano le divisioni interne a Israele, la mobilitazione di 360mila riservisti che sta azzoppando l’economia, e soprattutto i rapporti tra Tel Aviv e Washington.
Gli Stati uniti fanno già i conti con il conflitto in Ucraina, dove per un altro anno non ci sarà una fine secondo le previsioni della Nato, e forse non posso permettersi, con l’avvicinarsi dell’appuntamento cruciale delle presidenziali, che in Medio Oriente scorra un altro fiume di sangue. Sono americane le bombe da 900 chili che stanno spianando Gaza, quattro volte più potenti di quelle sganciate da Washington e dai loro alleati su Mosul assediata contro l’Isis.
Il numero di donne e bambini uccisi a Gaza dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre ha superato quello di qualunque altra guerra recente: in 20 anni di conflitto in Afghanistan americani e Paesi Nato non hanno ammazzato in proporzione così tanti civili come in questi due mesi nella Striscia. Gaza è diventata un poligono di tiro per la vendetta israeliana.
Deve finire presto, con un cessate il fuoco permanente, ma i nostri governi qui in Italia e in Europa (e tanto meno gli Usa) non hanno il coraggio di chiederlo. Un giorno non potremo raccontare senza rimorsi: c’era una volta Gaza…
Fonti palestinesi (1/12/23), nella sola Gaza (365kmq) uccisi 14.800 civili.
Guerre e crisi intorno all’Italia ci impongono sguardo sobrio e volontà di partecipare a sedarle per non esserne travolti. La stagione dell’irresponsabilità è scaduta, il rientro nella storia è obbligato. Ma come?
Si stringe da sola con un cappotto rosso addosso, un colore non scelto a caso perché da sempre è l’emblema della battaglia contro la violenza sulle donne.
Sulla borsa appare una scritta: “Volevo solo scomparire in un abbraccio”.
L’artista Fabio Ingrassia, che sui suoi social ha condiviso le immagini con il commento: “Guariremo forse un giorno dall’essere, esseri umani”.
Un dettaglio del murale dedicato a Giulia Cecchettin – Foto Andrea Cherchi-
notizie e foto da :
da MilanoToday, 2 dicembre 2023
***
https://www.facebook.com/FabioIngrassiaofficial_
L’AUTORE : FABIO INGRASSIA
foto dal suo Facebook
Fabio Ingrassia, nato a Marsala nel 1989, dove vive e lavora.
Il Natangelo che racconta la vita resta il mio Natangelo preferito
27 giugno 2021
https://unaparolaalgiorno.it/significato/blandire
blan-dì-re (io blan-dì-sco)
SIGNIFICATO Carezzare, sfiorare; lusingare, ammansire
ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino tardo blandire, blandiri nel latino classico, derivato di blandus ‘carezzevole’.
Di questo verbo, che si colloca nella piacevole e utile famiglia delle parole ricercate ma non troppo, abbiamo quasi perso il riferimento fisico. Non diremmo abitualmente che distesi sul divano blandiamo il nostro cane o che io blandisco i tuoi capelli, ma nemmeno che una dolce brezza blandisce le fronde degli alberi, o che il tepore del fuoco blandisce i nostri corpi infreddoliti.
Intendiamo il blandire come un lusingare, vezzeggiare per indurre a fare qualcosa — in una certa misura, sedurre. Ma non dobbiamo scordare che il nucleo originale del blandire è l’accarezzare, lo sfiorare
In latino blandus nasce come voce espressiva, fonosimbolica; con la sua morbida dolcezza descrive esattamente il carezzevole — qualità che si traduce nel tardo blandire, recuperato nel Trecento come latinismo.
Ma va detto che ha sempre avuto una chiara inclinazione ai significati figurati; e se questi si sono spinti fino ai significati del lenire (blandisco il tuo dolore), in ultima analisi, nell’uso corrente, lo portano principalmente ad essere un lusingare sì, ma un lusingare che ha il profilo di un trattare amorevolmente, di un assecondare, di un ammansire, un rabbonire con striature di guida. Non è solo servile e adulatorio, ma soprattutto rassicurante, compiacente.
Così possiamo criticare il modo in cui la diplomazia blandisce un dittatore ributtante, possiamo squadernare la politica atta a blandire una categoria capace di creare rogne, possiamo parlare di come il regista dello spettacolo blandisca un pubblico che evidentemente conosce molto bene, o possiamo raccontare di come l’amico blandisca due che stanno litigando per disinnescare un esito minaccioso.
È un verbo che coglie un tratto psicologico profondo, un’intenzione articolata, non priva di una vena strategica — ora mossa da una volontà limpida e affettuosa di paciere, ora da una machiavellica viscida volontà volta al conveniente più che al giusto.
Un termine di grande finezza, che schiude le complessità del gesto di una carezza.
Parola pubblicata il 27 Giugno 2021
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/blandire
IL POST — 02 – 11 — 2017
https://www.ilpost.it/2017/11/02/blandire-significato/
Blandire vuol dire innanzitutto “accarezzare” o “lambire”, ma con questo significato il verbo suona a un orecchio moderno come antico o fortemente letterario. Lo usò in questo senso Giuseppe Parini nel suo capolavoro, il poema satirico Il giorno:
e l’aura estiva del cadente rivo
e dei clivi odorosi a lui blandisce
le vaghe membra
(Il meriggio, vv. 278-280).
L’aria estiva, allietata da un fiume che scorre e dalle odorose colline (clivi) di un ridente paesaggio, accarezza, in questo passo, le belle (vaghe) membra del Piacere, il protagonista dell’episodio versificato dal poeta (e abate) lombardo.
È intriso di letteratura anche un secondo significato di blandire, “mitigare”, “lenire”, “temperare”, meno antico del precedente, e si può allora voler blandire un affanno, un dolore o una qualunque altra forma di sofferenza o disagio. È assai prossimo a quelli appena elencati il significato che avvicinablandire a confortare, oppure a vezzeggiare. Come quando si blandisce, parlandole amorevolmente o trattandola con dolcezza, una persona bisognosa di aiuto, di affetto, di sostegno morale, e magari si accompagnano le proprie parole o azioni con una carezza, per l’appunto, o una moina o un gesto analogo.
Oggi, se pensiamo a blandire, ci viene da accostarlo piuttosto a un terzo significato, sempre letterario ma di una letterarietà più tenue rispetto a quella dei due illustrati; è lo stesso significato di lusingare, che ne è un sinonimo quasi perfetto, e può evolvere in direzione del significato di ammansire.
Adulare o allettare non sarebbero sostituti ottimali del nostro verbo:blandire qualcuno, oppure il suo animo, è elogiarlo usando toni, modi, parole carezzevoli, quasi a volerlo solo sfiorare per non oltrepassare la misura, per non apparire falso o importuno. Anche in questo caso si potrebbe arricchire il quadro con l’aggiunta di una sfumatura di senso: blandire una passione (o una pulsione, un sentimento, un desiderio, ecc.) vuol dire assecondarla, solleticarla o favorirla. Vi indulgiamo con delicatezza, evitando (inutilmente) di resisterle e puntando a conviverci. Blandire si rivela qui, dunque, un moderato invito a godere.
L’origine di blandire è il latino tardo omonimo, derivato di un verbo deponente (blandiri) che aveva già sviluppato (“lenire” e simili a parte) gli stessi significati italiani prima spiegati. Alla base c’è l’aggettivo blandus, che oscillò fra i significati di “lusinghiero” e “insinuante”, “seduttivo” e “suasivo”, “invitante” e “piacevole”, “dolce” e “attraente”.
L’italiano blando li avrebbe ripresi un po’ tutti, anche se la stragrande maggioranza dei parlanti e degli scriventi attuali lo collega piuttosto, come abbiamo visto per blandire, all’idea di una moderatezza, una leggerezza, una mitezza, una contenutezza di modi, sostanze, proprietà dell’oggetto ritenuto tale: un medicinale blando; una blanda punizione; un intervento, un rimedio blando; usare maniere blande.
Alla vigilia del Festival “Parole in cammino” che si è tenuto ad aprile a Siena, il suo direttore Massimo Arcangeli – linguista e critico letterario – ha raccontato pubblicamente le difficoltà che hanno i suoi studenti dell’università di Cagliari con molte parole della lingua italiana appena un po’ più rare ed elaborate, riflettendo su come queste difficoltà si estendano oggi a molti, in un impoverimento generale della capacità di uso della lingua. Il Post ha quindi proposto ad Arcangeli di prendere quella lista di parole usata nei suoi corsi, e spiegarne in breve il significato e più estesamente la storia e le implicazioni.
Il nuovo libro di Massimo Arcangeli, “La solitudine del punto esclamativo“, è uscito il primo giugno per il Saggiatore.
Massimo Arcangeli ( Roma, 1960 )
È linguista, sociologo della comunicazione, critico letterario, scrittore. Insegna Linguistica italiana e Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Cagliari dove è stato, dal 2008 al 2010 preside della Facoltà di Lingue e Letteratura Straniere. Dal 2010 è docente di teoria e tecnica del linguaggio giornalistico presso l’università LUISS – Guido Carli e nello stesso anno è divenuto responsabile mondiale del progetto PLIDA della Società Dante Alighieri, incarico coperto sino al 2013. Attualmente è direttore editoriale dell’area riviste della Dante.
È anche Garante per l’italianistica presso l’’Università di BanskaBystrica (Repubblica Slovacca) dirige, per l’editore Zanichelli, l’Osservatorio della Lingua Italiana e collabora con l’Istituto dell’Enciclopedia italiana. Numerose le collaborazione con testate nazionali quali La Stampa, Il Manifesto, L’Unità, Liberazione, L’Unione Sarda; per Repubblica ha curato la rubrica “Il linguista” con Alessandro Aresti, per “Il fatto quotidiano” con Sandro Mariani tiene il blog “Il giocabolario”.
Tra le ultime pubblicazioni Itabolario. L’Italia unita in 150 parole (2011), Cercasi Dante disperatamente. L’italiano alla deriva (2012), Biografia di una chiocciola. Storia confidenziale di @ (2015), La forma universal di questo nodo. La cultura di Dante (con Edoardo Boncinelli, 2015), Breve storia di Twitter (2016), All’alba di un nuovo medioevo. La comunicazione al tempo di internet (2016) e La solitudine del punto esclamativo (2017).
da : https://www.ilfestivaldellalinguaitaliana.it/speaker/massimo-arcangeli/
Le tematiche selezionate per l’edizione del 2023.
a) Lingua e genere, linguaggio inclusivo (o “ampio”) e forme di discriminazione linguistica
b) Linguaggi giovanili
c) Lingua e potere, politiche linguistiche
d) I linguaggi della politica
vedi sotto :
altri libri di questo autore :
Boringhieri, 2022
Fra i suoi ultimi libri,
La lingua scǝma. Contro lo schwa (e altri animali) (2022), Senza parole. Piccolo dizionario per salvare la nostra lingua (2020); L’avventurosa storia della stretta di mano. Dalla Mesopotamia al Covid-19 (2020), Sciacquati la bocca. Parole, gesti e segni dalla pancia degli italiani (2018)-
Per Bollati Boringhieri ha pubblicato, insieme a Edoardo Boncinelli, Le magnifiche 100. Dizionario delle parole immateriali (2017).
«Son lo spirito che nega
Sempre tutto: l’astro, il fior…
Il mio ghigno e la mia bega
Turban gli ozi al Crëator»
Mefistofele è un’opera in un prologo e cinque atti, poi ridotti a quattro e un epilogo, scritta e composta da Arrigo Boito ispirandosi al Faust di Goethe.
La prima rappresentazione avvenne a Milano, al Teatro alla Scala, il 5 marzo 1868, direttore lo stesso Boito, ma si risolse in un fiasco clamoroso, a causa forse, oltre che dell’eccessiva lunghezza dell’opera, del contenuto fortemente ideologico di alcuni episodi, poi soppressi. L’opera venne quindi ridotta e rielaborata dall’autore, che fra l’altro traspose per tenore la parte di Faust, originariamente per baritono; inoltre la figura di Margherita assunse un rilievo centrale nel contesto del dramma salvifico di Faust.
La nuova versione del Mefistofele andò in scena con successo al Teatro Comunale di Bologna il 4 ottobre 1875.
Nel giro di pochi anni l’opera fu rappresentata in numerosi teatri italiani ed europei, e da allora, sia pure con alterne fortune, ha sempre conservato un posto nel repertorio.
SEGUE : https://it.wikipedia.org/wiki/Mefistofele_(opera)
L’AUTORE
Arrigo Boito (Padova, 24 febbraio 1842 – Milano, 10 giugno 1918) è stato un letterato, librettista e compositore italiano.
Figlio di Silvestro Boito e Giuseppina Radolinska, fratello minore di Camillo, è noto soprattutto per i suoi libretti d’opera, considerati tra i massimi capolavori del genere, e per il suo melodramma Mefistofele.
segue :
https://it.wikipedia.org/wiki/Arrigo_Boito
ARRIGO BOITO INTORNO AL 1968
foto sconosciuto
È MORTO A 100 ANNI HENRY KISSINGER.
Gianni Agnelli ed Henry Kissinger a New York, 1991. Foto di Ron Galella, Ltd./Ron Galella Collection via Getty Images.
LIMESONLINE.COM — 25 GENNAIO 2023
https://www.limesonline.com/henry-kissinger-amicizia-avvocato-agnelli-juventus-italia-usa/130837
Henry Kissinger, cento anni a maggio, ricorda con emozione il suo amico Gianni Agnelli a vent’anni dalla scomparsa. Il più influente teorico e pratico della politica estera americana, tuttora attivo sulla scena pubblica internazionale con opinioni spesso controcorrente, ha fama di uomo freddo. Non lo è.
Certo non quando parla del presidente della Fiat, con il quale ha condiviso una lunga e profonda amicizia: “Gianni Agnelli era un uomo di visione, di grande umanità e apertura mentale. Aveva uno charme leggendario, a cui anche io – sulle prime – ho cercato di resistere. Ma non è stato lo charme a creare l’amicizia. È stata l’ampiezza dei suoi interessi. E così siamo diventati amici.”
CARACCIOLO: Quando?
KISSINGER Ci siamo conosciuti nel 1969, quando accompagnai il presidente Nixon durante una visita a Roma. Ci fu una meravigliosa cerimonia al Quirinale, con molti politici e uomini d’affari italiani. La nostra amicizia si è cementata nei due anni successivi. Ogni volta che veniva in America mi chiamava. Ci siamo sempre tenuti in contatto, ma non mi ha mai chiesto nemmeno un favore. Non mi ha mai chiesto aiuto per la Fiat. Mi chiedeva di come andasse il mondo in generale. Parlavamo delle nostre vite, di quello che ci succedeva.
CARACCIOLO Lei ha definito l’Avvocato “un uomo del Rinascimento”.
KISSINGER Ho usato quell’espressione perché Gianni era un uomo curioso di tutto. Era appassionato di arte, di sport, non solo di politica. Ovviamente, era anche molto interessato all’industria italiana e, aggiungerei, europea. Gianni era capace di appassionarsi a tutto. Per questo i suoi interessi erano così ampi e intensi.
CARACCIOLO Agnelli era pro-americano nel senso più ampio del termine, un atlantista convinto. Come vedeva il rapporto fra Italia e Stati Uniti?
KISSINGER Gianni pensava che il mondo stesse andando incontro a una profonda trasformazione. Era convinto che le nazioni atlantiche dovessero affrontare insieme quel cambiamento. Ma era anche convinto che fosse necessario cooperare con tutti i paesi. Gianni era molto orgoglioso delle sue origini italiane. Credeva che l’Italia fosse qualcosa di speciale. Allo stesso tempo, pensava che l’Europa dovesse essere unita e fortemente legata all’America.
CARACCIOLO Non tutti i leader italiani del tempo, specialmente se politici, erano così atlantici. Non le sembra che l’Italia della guerra fredda tendesse verso il neutralismo?
KISSINGER No. Secondo me l’Italia era un paese completamente atlantico, sia in termini industriali che politici. Anche perché l’evoluzione della storia europea ha dato all’Italia un indirizzo particolare. Gianni si interessava di politica ed era in contatto con i massimi politici italiani. Ma non si interessava tanto dei problemi immediati. Gli interessava di più capire come i problemi potessero svilupparsi e impattare sulla società nel lungo termine. È per questo che si è impegnato a formare giovani leader, alcuni dei quali sono diventati molto importanti. Gianni è sempre stato aperto a discutere con qualsiasi leader politico. Certo, aveva le sue idee. All’epoca l’Europa era divisa in due. Lui era a favore della Nato, ma credeva che bisognasse sforzarsi di tenere insieme paesi e società diverse. Ed era sicuro che con la Russia – allora Urss – si potesse collaborare.
CARACCIOLO Viviamo un’epoca totalmente diversa. Come pensa che l’Avvocato avrebbe giudicato questo mondo in guerra?
KISSINGER Gianni pensava ieri e penserebbe oggi che ogni nazione ha un impatto sulle altre. È molto importante non troncare mai il dialogo per far sì che ciascun paese, anche se coinvolto in un conflitto, abbia la certezza di poter tornare ad essere considerato buono.
CARACCIOLO Varrebbe anche per la Cina?
KISSINGER Credo di sì. Alla fine della sua vita Gianni stava esplorando la possibilità di entrare in Cina. Vi aveva anche aperto qualche stabilimento. Ma non mi ha mai chiesto aiuto, nonostante io abbia ottime relazioni da quelle parti.
CARACCIOLO Forse è per questo che i cinesi alla fine degli anni Novanta hanno deciso di guidare Volkswagen (Kissinger ride e non commenta). Lei ha detto che Agnelli è stato “un leader che ha sempre tenuto conto delle relazioni internazionali”. Un’eccezione nel mondo dell’industria?
KISSINGER Gianni si è dedicato molto alla causa atlantica e a quella europea, ma credeva davvero nell’industria e nella nazione italiana. Una volta stavamo parlando delle grandi istituzioni internazionali. Eravamo d’accordo sul fatto che fossero utili, ma lui mi disse: “Io sono un’istituzione nazionale”. Voleva che la sua impresa industriale avesse anzitutto un impatto nazionale. Italiano.
CARACCIOLO Oggi noi occidentali in Europa siamo in guerra con la Russia.
KISSINGER Al tempo della nostra amicizia, l’Europa era ancora divisa in occidentale e orientale. E c’era meno contatto fra quelle due parti. Gianni aveva degli interessi in Russia sovietica e pensava che la Russia fosse a tutti gli effetti parte dell’Europa. Siamo stati anche qualche giorno insieme in Russia. Sfortunatamente oggi c’è la guerra in Ucraina a mettere insieme Europa orientale e occidentale. Io spero che questa cooperazione continuerà dopo la guerra.
CARACCIOLO Per lei la Russia è o non è parte dell’Europa?
KISSINGER Il problema delle relazioni tra Russia ed Europa è dato dal fatto che la Russia ha sempre ammirato l’Europa, suo modello culturale, ma allo stesso tempo è sempre stata spaventata dall’Europa e dall’Occidente in generale, perché ne è stata invasa più volte. La Russia non è riuscita a decidere una volta per tutte se vuole vivere nella speranza o nella paura. Io credo che, comunque finisca in Ucraina, la Russia debba essere senza dubbio inclusa nel quadro europeo. So che in questo momento non sembra molto probabile, ma penso che il futuro sarà questo. E credo che Gianni avrebbe detto la stessa cosa.
CARACCIOLO Lei crede che oggi, nel mondo di Internet e dell’intelligenza artificiale abitato da oltre otto miliardi di umani, sia possibile costruire un nuovo ordine europeo e mondiale? Non è utopia?
KISSINGER L’intelligenza artificiale cambierà il mondo. Siamo solo agli inizi. L’impatto sarà enorme. È come se fossimo nell’età dell’illuminismo: sta emergendo un nuovo concetto di realtà. Il problema, e la differenza con il XVIII secolo, è che l’intelligenza artificiale è totalmente distruttiva. Non ci sono più limiti alla capacità umana di distruggere. Ma ciò significa che, in un modo o nell’altro, l’umanità dovrà rendersi conto che la pace è necessaria. Duecentocinquanta anni fa, Kant disse che la pace sarebbe stata raggiunta o grazie alla coscienza umana della sua inevitabilità o a causa di catastrofi tali da non lasciare ulteriori opzioni. Lo penso anch’io. Gianni sarebbe stato meno filosofico e più pratico. Io ero più filosofico, ma penso che i nostri approcci fossero paralleli. Avremmo avuto lo stesso obiettivo.
CARACCIOLO Parlando della sua amicizia con Gianni Agnelli, è inevitabile ricordare la vostra comune passione per il calcio. Lei ha scritto che ogni Nazionale gioca seguendo il carattere della sua nazione. Ne resta convinto?
KISSINGER La pensavo così, ma ormai il calcio ha trasceso la dimensione nazionale. Ci sono squadre di diversi paesi che comprano i giocatori migliori, sicché la dimensione puramente nazionale del gioco è più labile. Nel 1970 ero presente alla finale del Mondiale tra Italia e Brasile, giocata all’Azteca di Città del Messico. Il Brasile fu incredibile, ma l’Italia aveva un’organizzazione difensiva magnifica. Difensiva nel senso buono: il modo di giocare dell’Italia era puro Machiavelli! E penso che sia grazie a quel gioco che l’Italia ha vinto il Mondiale del 1982. Ero a Madrid quel giorno, e il presidente italiano voleva che io tornassi in Italia con lui per i festeggiamenti. Purtroppo non potevo. Ma fu un gran giorno. Però, guardi l’ultimo mondiale: i giocatori vanno da un paese europeo all’altro, sicché la tecnica di gioco è ormai universale. Tutte le grandi Nazionali giocano allo stesso modo. Non vincono per il loro carattere nazionale. È solo questione tecnica.
CARACCIOLO Perché agli americani il calcio interessa poco?
KISSINGER Ospiteremo la prossima Coppa del Mondo, quindi spero che gli americani si appassionino al calcio. In generale, se guardi gli sport americani, ti accorgi di come ogni giocata, ogni azione, possa essere analizzata nel dettaglio. Puoi disporre di ogni tipo di statistica. Gli americani amano questa cosa. Il calcio europeo è più fluido. La bellezza del calcio europeo sta proprio nella sua fluidità e nell’impossibilità di fare qualsiasi tipo di previsione. Io e Gianni siamo andati a vedere molte partite insieme. In qualunque posto ci trovassimo, controllavamo le partite che vi si giocavano e andavamo a vederle.
CARACCIOLO Dottor Kissinger, lei è juventino?
KISSINGER Certamente. Io tifo Juventus. Sono andato due volte a vederla giocare la finale di Coppa dei Campioni. La Juve era parte della vita di Gianni. Io ancora oggi ne parlo con John Elkann, suo nipote, mio caro amico e, ovviamente, grande juventino.
Intervista originariamente pubblicata su La Stampa il 25/1/2023.
Il lemure chiede ancora un grattino alla schiena
Lemur Asks For Back Scratch pic.twitter.com/GAgLpq3fSn
— Gabriele Corno (@Gabriele_Corno) December 1, 2023
foto da Oxfam Italia
foto da Ansa.it di oggi
foto da Il sole 24 ore
oxfamitalia.org/documento/deci
è il portavoce per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia: “Negli ultimi giorni la distribuzione degli aiuti alimentari, di coperte, di forniture di acqua potabile e carburante per cucinare ha raggiunto solo una piccola parte della popolazione. Al momento, 1,8 milioni di persone ossia l’80% della popolazione è sfollata e allo stremo. Gaza è un inferno in questo momento e la speranza di arrivare ad un cessate il fuoco duraturo si sta allontanando. A questo si aggiunge lo spettro di un ulteriore trasferimento forzato di massa degli sfollati da Khan Younis, che aggraverebbe notevolmente la catastrofe umanitaria in corso”.
News oxfamitalia.org/documento/deci
LINK SOTTO, MAURO PRESINI
foto sopra da :
ANSA.IT –01 DICEMBRE 2023 — 9.26
https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/frontiere/2023/12/01/costruiti-i-primi-bio-robot-fatti-di-cellule-umane-video_b540a449-eefd-4f56-b38a-639388ad8db5.html
Un Anthrobot, costruito a partire da una cellula umana della trachea (fonte: Gizem Gumuskaya, Tufts University) –
Sono pronti i primi ‘bio-robot’ fatti di cellule umane, costruiti a partire da quelle della trachea: si chiamano Anthrobot, sono in grado di muoversi autonomamente, di assemblarsi in strutture più grandi e, in un esperimento fatto in laboratorio, hanno anche dimostrato di poter riparare il tessuto nervoso danneggiato.
Il risultato, pubblicato sulla rivista Advanced Science, è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori guidati dalle Università americane Tufts e Harvard. Lo studio segna il proseguimento di una ricerca condotta con cellule embrionali di rana. La scoperta costituisce un punto di partenza che punta ad utilizzare le cellule stesse dei pazienti come nuovi strumenti terapeutici personalizzati, per riparare i tessuti danneggiati, segnando un nuovo passo in avanti per la medicina rigenerativa.
Ogni Anthrobot, che ha dimensioni che variano dallo spessore di un capello umano a quello della mina appuntita di una matita, inizia come una singola cellula proveniente dalla superficie della trachea. Le cellule tracheali hanno strutture simili a ciglia, che aiutano a espellere le minuscole particelle che penetrano nelle vie aeree, ma nei ‘biobot’ diventano mezzi per muoversi in maniera autonoma.
I ricercatori guidati da Michael Levin e Gizem Gumuskaya non hanno modificato il Dna, ma hanno semplicemente riprogrammato le interazioni tra cellule, in modo da consentire loro di assemblarsi in nuove strutture, diverse da quelle che assumono nel corpo umano.
I risultati ottenuti, dunque, gettano nuova luce su quali sono le regole che governano il modo in cui le cellule si assemblano e lavorano insieme nel corpo, e cosa succede quando vengono tolte dal loro ambiente naturale e ricombinate per svolgere nuove funzioni.
video, 0.25 min.
Uno sciame di Anthrobot
Per testare le eventuali proprietà terapeutiche degli Anthrobot, gli autori dello studio hanno coltivato in laboratorio un semplice strato bidimensionale di neuroni, graffiandolo poi con una bacchetta di metallo per generare una ‘ferita’. Una volta ricoperta con un’elevata concentrazione di biobot, questi ne hanno innescato la guarigione, facendo ricrescere i neuroni persi. Questa capacità degli Anthrobot è stata una sorpresa anche per i ricercatori e non è ancora chiaro il meccanismo alla base di questo fenomeno.
Secondo gli autori dello studio, i robot-cellula potrebbero svolgere molti compiti diversi: dall’eliminazione delle placche che si accumulano sulle pareti delle arterie nei pazienti affetti da aterosclerosi, alla riparazione del midollo spinale o dei danni ai nervi della retina, dall’individuazione di batteri o cellule tumorali fino alla somministrazione di farmaci in maniera mirata.
I vantaggi dell’utilizzo di cellule umane come strumenti terapeutici includono la possibilità di usare le cellule del paziente stesso, annullando il rischio di innescare una risposta immunitaria o la necessità di assumere farmaci immunosoppressori.
I bio-robot sopravvivono solo poche settimane prima di decomporsi, e potrebbero poi essere facilmente riassorbiti nel corpo una volta terminato il loro lavoro. Inoltre, al di fuori del corpo gli Anthrobot possono vivere solo in condizioni di laboratorio molto specifiche: non vi è, quindi, alcun rischio di una diffusione involontaria al di fuori dei laboratori.
video, 0.12
Heinz ‘Henry’ Kissinger è morto all’età di 100 anni. Uno dei personaggi più rilevanti e controversi della politica internazionale contemporanea. Considerato uno degli alfieri della ‘realpolitik’, era in realtà ben altro. Il consigliere, lo stratega, il tattico, lo studioso.
Henry Kissinger a Washington , 27 settembre 1973, ( Jim Palmer, Ap/ La Presse )
da : https://www.internazionale.it/ultime-notizie/2023/11/30/morto-henry-kissinger-100-anni
foto dal suo X
pp. 192
Un testo utile a capire cosa sia la Cina oggi e cosa voglia nell’immediato futuro.
«Un libro informato e profondo, privo di pregiudiziali o di intenzioni politiche, specialmente utile a districarci nel labirinto di Xi.» – Dalla prefazione di Lucio Caracciolo
Chi è Xi Jinping? Che storia ha e di quali idee, interessi nazionali, economici e geopolitici è portatore? La lunga marcia di un ragazzo diventato adulto in fretta, figlio di un importante collaboratore di Mao Zedong caduto in disgrazia e poi riabilitato. Dalla rivoluzione culturale nelle campagne, vissuta come un trauma, all’incontrastata ascesa allo scranno più alto del Partito comunista cinese: i sogni, le ambizioni e i progetti del nuovo “grande timoniere”. Negli ultimi dieci anni, Xi ha accentrato su di sé il potere decisionale in maniera schiacciante, al punto di diventare ufficialmente «nucleo» (hexin) del Partito ed essere considerato il terzo politico cinese più importante di sempre dopo Mao e Deng Xiaoping. Xi si è intestato il compito di riportare la Repubblica Popolare ai fasti dell’era imperiale e di elevarla al medesimo scalino geopolitico dell’America, se non più in alto. Questo è un libro ricco di informazioni e aneddoti su un uomo temuto e ammirato, ma certamente ancora poco conosciuto in Occidente. Una ricca analisi politica, sociale ed economica da parte di uno dei più promettenti studiosi italiani di geopolitica cinese.
Federico Petroni —foto dal suo X
Sono analista geopolitico a Limes. Curo «Fiamme americane», osservatorio sugli Stati Uniti. Coordino la didattica della Scuola di Limes. si occupa di politiche militari statunitensi, Nato e Artico.
il gruppo di LIMES – foto pubblicata da Federico Petroni dal suo X
video carino, 17 min.
L’uccello riesce a scappare da un gruppo di gatti giocando a fare la bella statuina..
Guarda fino alla fine. ( traduz. Google )
Kuş, heykelcilik oynayarak bir grup kediden kaçmayı başarıyor…
Sonuna kadar izleyin. pic.twitter.com/lEcAXu0lcE
— Belgesel Dünyası (@belgeseIdunyasi) November 30, 2023
1981
JANNACCI, QUELLI CHE.. LIVE, 1986
27 DICEMBRE 1986
da : Google.com
L’incredibile momento in cui un bradipo sorride e
saluta l’uomo che lo ha salvato dalla strada
( traduz. Google )
The incredible moment a sloth smiles and waves back at the man who rescued it from the road pic.twitter.com/s3FlFk0yeO
— Gabriele Corno (@Gabriele_Corno) November 30, 2023
Il Fiordaliso, con il suo nome botanico Centaurea, trae origine dalla figura mitologica del centauro Chirone. Questo leggendario essere, metà uomo e metà cavallo, era un caro amico di Zeus, il re degli dei, nonché un maestro per molte divinità.
Secondo l’antica leggenda, Chirone ricevette l’immortalità da Zeus. Tuttavia, un giorno fu colpito da una freccia avvelenata scagliata da Eracle (Hercules). Non potendo morire a causa della sua immortalità, Chirone soffrì terribilmente poiché non poteva rimettersi in piedi a causa del veleno nel suo corpo.
Dopo una lunga e dolorosa esperienza, grazie alle sue vastissime conoscenze, Chirone riuscì a guarire verso la fine della primavera. Preparò un impacco utilizzando i fiori di Fiordaliso appena sbocciati, che contribuirono alla sua guarigione.
Salute
Blefarite, congiuntivite, arrossamenti e infiammazioni agli occhi di vario genere, catarro nei bronchi e nei polmoni, raffreddore e tosse persistenti, infiammazioni e infezioni alle mucose della bocca e della gola, per stimolare la diuresi e come astringente intestinale.
da :
ANTICA FARMACIA SANT’ANNA
DEI FRATI CARMELITANI SCALZI :
LINK :
Questa leggenda mitologica conferisce al Fiordaliso un significato speciale, associato alla guarigione, alla forza interiore e alla conoscenza. Il potere curativo che gli antichi attribuivano ai fiori di Fiordaliso si riflette ancora oggi nella sua reputazione come pianta dalle proprietà terapeutiche.
Il Fiordaliso, dunque, non solo è un simbolo di purezza e bellezza, ma porta con sé anche la storia di Chirone, un essere immortale che ha affrontato la sofferenza e ha trovato la guarigione grazie ai fiori di questo magnifico fiore azzurro.
Che tu lo consideri un simbolo mitologico o una semplice pianta dalle proprietà curative, il Fiordaliso continua ad affascinare e a incantare con la sua storia e il suo splendore.
Da : www.etsy.com/
da : https://www.ebay.it/
da: Cascina Cabasse
fiordaliso doppio di vari colori
ANSA.IT — 30 NOVEMBRE 2023 – 12.52
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/11/30/hamas-rivendica-lattentato-a-gerusalemme_40527c6d-e519-4e07-9c25-f9b95f0c6eba.html
Hamas invoca “un’escalation della resistenza” contro Israele nel comunicato con il quale rivendica la responsabilità dell’attentato a Gerusalemme nel quale sono state uccise tre persone.
“Questa operazione è una risposta naturale ai crimini senza precedenti dell’occupante nella Striscia di Gaza e contro i bambini a Jenin”, si legge nella nota della fazione islamica palestinese.
ANSA.IT — 30 NOVEMBRE 2023 -10.00
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/11/30/attentato-a-gerusalemme-tre-israeliani-uccisi-e-4-feriti-gravi_61a607b9-e332-4a47-9e98-9b0cfef616ee.html
Attentato a Gerusalemme, 3 israeliani uccisi e 4 feriti gravi
Tre israeliani sono rimasti uccisi ed altri otto sono stati feriti di cui quattro gravi, nell’attentato avvenuto oggi a Gerusalemme.
Lo ha riferito il capo della polizia cittadina, Doron Turgeman.
I due attentatori, due palestinesi di Gerusalemme est, sono arrivati in automobile: sono subito scesi impugnando un fucile M-16 ed una pistola ed hanno aperto il fuoco. Turgeman ha aggiunto che sono stati uccisi dall’intervento immediato di due soldati che erano presenti sul posto e di un civile. La polizia resta in massima allerta a Gerusalemme est dove si nota grande fermento dopo la liberazione di detenuti palestinesi nel contesto della tregua con Hamas.
9.00
I due attentatori sono stati identificati in Murad Nimer (38 anni) ed Ibrahim Nimer (30 anni), residenti nel rione di Tsur Baher a Gerusalemme est e detentori di carte di identita’ israeliane. Secondo la radio militare entrambi hanno scontato detenzioni in Israele per ”attivita’ terroristiche”. Secondo il sito palestinese QudsNews sarebbero entrambi collegati a Hamas. Nella loro automobile, secondo la polizia, sono stati trovati centinaia di proiettili. I due progettavano dunque, a quanto pare, un attentato di grandi dimensioni.
08:17
E’salito a tre il numero degli israeliani uccisi all’ingresso di Gerusalemme in un attentato terroristico palestinese. Lo ha riferito il direttore del Magend David Adom (equivalente locale della Croce Rossa) Eli Bin. In precedenza aveva riferito dalla uccisione di una donna di 24 anni e di un uomo di 70. Quattro feriti sono in condizioni gravi.
08:13
L’attentato odierno a Gerusalemme e’ stato condotto, ”a quanto pare”, da Hamas. Lo ha affermato il ministro per la sicurezza nazionale Itamar ben Gvir, dopo un primo sopralluogo sul posto. ”Attivisti di Hamas hanno organizzato l’attentato. Hamas – ha aggiunto – ci parla a due voci: una e’ quella delle tregua, l’altra e’ quella del terrorismo”. ”Noi – ha proseguito – non dobbiamo mostrare alcuna debolezza. Con Hamas dobbiamo dialogare solo attraverso i mirini e mediante la guerra”.
Donovan Phillips Leitch, noto semplicemente come Donovan (Glasgow, 10 maggio 1946), è un cantautore e musicista scozzese.
La stampa lo descrisse come “Il Bob Dylan britannico” (The British Bob Dylan), attirando l’attenzione del cantautore americano durante il suo tour inglese del 1965.
segue : https://it.wikipedia.org/wiki/Donovan
https://lyricstranslate.com/it/colours-i-colori.html
CATCH THE WIND
DONOVAN & CRISTAL GAYLE
L’alba sul tempio Haedong Yonggungsa a Busan, Corea del sud
Busan nella Corea del Sud
Busan ( Pusan ) è sul mare al sud di fronte al Giappone, sulla punta sud-orientale della Corea del Sud.
vista del Terminal del porto di Busan
vista aerea dei boats che galleggiano nella baia di Busan
Busan, porto n. 1 in Corea del sud
ancora il porto, meno poetico della foto precedente: è il nuovo porto di Busan
profilo del distretto di Haeundae a Busan
il mercato del pesce di Jagalchi a Busan
Heaundae, ponte del diamante
Il villaggio della cultura di Gamcheon (감천문화마을?, 甘川文化마을?, Gamcheon munhwa ma-eulLR) è un piccolo centro abitato situato all’interno di Gamcheon-dong, nel distretto di Saha, Busan. È una delle maggiori attrazioni della Corea del Sud, grazie alla sua struttura e ai suoi vivaci colori.
Opera propria
–
Il villaggio di Gamcheon fu costruito tra gli anni 1920 e 1930 quando l’amministrazione della città di Busan decise di trasferire, in un’area isolata dal porto, la parte più povera della popolazione. Nel 1955, dopo la guerra di Corea, circa 800 famiglie si trasferirono nel villaggio e la popolazione raggiunse circa i 30000 abitanti. Nacque anche una comunità religiosa ascetica conosciuta come Taegeukdo, altro nome con cui è conosciuto il villaggio di Gamcheon. Alla crescita demografica non corrispose però uno sviluppo anche a livello economico e il villaggio si trovò ad affrontare condizioni di povertà e miseria. Il numero degli abitanti scese a circa 8000 a causa del trasferimento di molte famiglia in città, in cerca di condizioni migliori, e molte abitazioni furono abbandonate.
un vicolo
Opera propria
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Nel 2009, il Ministero della Cultura, dello Sport e del Turismo diede vita al progetto Sognando Machu Picchu a Busan, un’opera di ristrutturazione che ha convertito il villaggio in un centro culturale e artistico.
la vista del porto dal villaggio degli artisti
Opera propria
–
A questa operazione hanno partecipato studenti d’arte, artisti professionisti e residenti. Le vecchie abitazioni abbandonate sono state ristrutturate e colorate e in molti casi trasformate in piccoli musei o gallerie d’arte. Tra il 2009 e il 2012 sono stati aggiunti murales e diverse installazioni artistiche, come la statua del Piccolo Principe e della volpe, una delle maggiori attrazioni. Allo stesso tempo si è cercato di stimolare l’apertura di attività commerciali, come gallerie d’arte, ristoranti e hotel.
Opera propria
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il villaggio di notte
– https://www.flickr.com/photos/jeromezhan/10817922983/in/album-72157637591073725/
Il villaggio è diventato una delle maggiori attrazioni di Busan e della Corea in generale. Dal 2016 è stato inserito per tre volte consecutive nella lista dei 100 luoghi turistici da visitare in Corea; il numero dei turisti è nettamente aumentato dopo il progetto di rinnovamento del 2009. Secondo il sito dell’attrazione 2019 il numero dei turisti è stato più di 3 milioni, di cui il 60% erano stranieri.
entrata nel villaggio
Il villaggio della cultura di Gamcheon ha vinto l’International Award UCLG – Mexico City – Culture 21, premio internazionale che viene conferito a città o individui che contribuiscono alla cultura e alla sostenibilità.
甘川文化村, 甘川洞文化村, 釜山, 釜山廣域市, 韓國, 南韓, 大韓民國, Gamcheon Culture Village, Busan,
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甘川文化村, 甘川洞文化村, 釜山, 釜山廣域市, 韓國, 南韓, 大韓民國, Gamcheon Culture Village, Busan, Pusan, Busan Metropolitan City, South Korea, Republic of Korea, ROK, Daehan Minguk, 감천문화마을, 甘川文化마을, 부산, 광역시, 부산광역시, 대한민국
Opera propria
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settembre 1950– prigionieri
da wikipedia
La guerra scoppiò nel 1950 a causa dell’invasione della Corea del Sud, stretta alleata degli Stati Uniti, da parte dell’esercito della Corea del Nord comunista. L’invasione determinò una rapida risposta dell’ONU: su mandato del consiglio di sicurezza dell’ONU, gli Stati Uniti, affiancati da altri 17 Paesi, intervennero militarmente nella penisola per impedirne la conquista da parte delle forze comuniste nordcoreane.
Soldati statunitensi ( Marines ) alla conquis ta di Seoul
Naval History and Heritage Command: photo 96378 (U.S. Marines fighting in Seoul, Korea, Sept. 1950).
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CARTINA DELLA GUERRA — è un gif
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Corea#/media/File:Korean_war_1950-1953.gif
non spaventatevi, è se/movente
Mappa della guerra di Corea dal maggio 1950 al luglio 1951, rappresentante: Le forze cinesi e comuniste (Unione Sovietica) (rosso chiaro) Le forze nord-coreane (rosso) Le forze sud-coreane, degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite (verde).
Svolgimento della guerra. Si noti come all’inizio il confine era dato dal 38º parallelo, mentre alla fine il confine era stato fissato dalle forze in campo
Opera propria
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un soldato ucciso dai marines di nazionalità cinese, 1961– sembra un ragazzo
US Archiv ARCWEB ARC Identifier: 520794 NARA National Archives and Records Administration]
Dopo grandi difficoltà iniziali, le forze statunitensi, comandate dal generale Douglas MacArthur, respinsero l’invasione e proseguirono l’avanzata fino a invadere gran parte della Corea del Nord. A questo punto intervenne nel conflitto anche la Cina comunista (senza alcuna dichiarazione di guerra ma inviando la quasi totalità delle proprie forze come formazioni di “volontari”) mentre l’Unione Sovietica inviò segretamente moderni reparti di aerei, che contribuirono a contrastare l’aviazione nemica. Le truppe dell’ONU, colte di sorpresa, furono costrette a ripiegare sulla linea Suwon–Wonju–Samcheok sita a circa 80 chilometri a sud del confine iniziale tra i due paesi. In seguito a ciò la coalizione ONU tornò nuovamente all’offensiva, recuperando terreno ed espugnando nuovamente la città di Seul, che fu conquistata per quattro volte nel corso della guerra.
wikipedia:: https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Corea#/media/File:Korean_War_Montage_2.png
La guerra quindi si attestò attorno al 38º parallelo dove continuò con battaglie di posizione e sanguinose perdite per altri due anni fino all’armistizio di Panmunjeom che stabilizzò la situazione e confermò la divisione della Corea.
Durante il conflitto coreano la guerra fredda raggiunse uno dei suoi momenti più critici e sorsero anche gravi contrasti politici all’interno delle stesse fazioni. Cina e Unione Sovietica entrarono in contrapposizione tra loro, ambendo entrambe all’egemonia sul mondo comunista, mentre i dissidi politici all’interno della dirigenza statunitense culminarono con la destituzione, da parte del presidente Harry Truman, del generale MacArthur a causa delle sue idee eccessivamente bellicose e dei suoi propositi di utilizzare bombe atomiche contro il territorio cinese e coreano.
Il numero delle vittime causate dal conflitto è stimato in 2 800 000 tra morti, feriti e dispersi, metà dei quali civili.
LA GUERRA DI COREA NELL’ARTE
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Korean_War_in_art?uselang=it
LIMESONLINE– 20 LUGLIO 2010
https://www.limesonline.com/a-sessantanni-dalla-guerra-di-corea/13890
Forse pochi lo sapranno, ma la Corea del Sud e la Corea del Nord sono (ancora) in guerra. Per la precisione lo sono da quel tragico 25 giugno del 1950, quando l’esercito nordcoreano invase il Sud, per poi vedersi ricacciato – con alterne vicende – di nuovo alla famigerata linea confinaria del 38° parallelo. Le Coree sono ancora in guerra perché formalmente non è mai stata firmato un trattato di pace, ma solo un armistizio, che il 27 luglio 1953 sistemò la situazione così come è adesso: il fatto che a sessant’anni dal conflitto questo trattato non vi sia ancora è un chiaro segnale di come la questione coreana sia ben lungi dall’essere risolta.
A sessant’anni di distanza ripercorrere i passi del primo conflitto post-seconda guerra mondiale non sembra facile, soprattutto alla luce delle recenti frizioni fra le due Coree. Non che negli scorsi anni siano mancate occasioni di tensione fra le due repubbliche, ma il recente affondamento di una corvetta sudcoreana ha indubbiamente “colorato” politicamente la celebrazione del sessantennale del conflitto, una delle grandi catastrofi belliche del XX secolo.
La guerra di Corea, svoltasi fra il 1950 ed il 1953 è stata per molti versi un conflitto che ha segnato la discontinuità fra la seconda guerra mondiale ed i successivi confronti militari. Nuovi fattori erano emersi nel mondo fra il 1945 ed il 1950, come la nascita dell’Onu e della Nato, mentre i principali vincitori della seconda guerra mondiale (Truman e Stalin) erano rimasti saldamente a capo delle proprie nazioni. Intanto la situazione in estremo oriente rimaneva complessa e delicata. La Cina era divenuta comunista (1949) mentre il Giappone si stava assestando nell’orbita filo-occidentale. La Corea, al pari della Germania, rimaneva divisa in due parti: dopo essere stata liberata dal giogo giapponese, al nord (dove erano giunti i russi) si stava formando un regime comunista, mentre al sud (liberato dagli americani) prevaleva un regime nazionalista filoccidentale.
Le scaramucce di confine non facevano presagire il desiderio del dittatore nordcoreano, Kim il Sung, di riunificare con la forza il paese; anzi, imprudentemente gli americani non armarono molto il neonato esercito sudcoreano, mentre invece il nord veniva pesantemente equipaggiato dai russi. Il 25 giugno del 1950, ottenuto l’avvallo di Stalin e Mao, l’esercito di Kim il Sung attaccava il Sud, scatenando il primo conflitto post-guerra mondiale.
Approfittando dell’assenza del delegato sovietico in Consiglio di Sicurezza dell’Onu (misura di protesta per la presenza di Taiwan come membro permanente nel Consiglio stesso) gli Stati Uniti riuscirono a far autorizzare in quella sede il primo intervento militare delle Nazioni Unite; in brevissimo tempo una vasta coalizione internazionale, guidata dal generale Mac Arthur, contrattaccò l’esercito nordcoreano, riuscendo a respingerlo quasi sino al confine cinese. Tuttavia la precipitosa ritirata dell’alleato coreano allarmò Pechino, che intervenì massicciamente con propri “volontari” i quali riuscirono a ricacciare gli alleati sino al 38° parallelo.
La guerra rimase cristallizzata così fino al 1953, quando, dopo il decesso di Stalin ed il cambio nell’amministrazione americana (con l’elezione di Eisenhower) venne firmato l’armistizio, che riportò il confine sul 38° parallelo. La Guerra di Corea si concludeva così con un ripristino dello status quo, a cui non seguì mai un formale trattato di pace. Il paese rimaneva diviso in due zone, nelle quali si consolidò il potere comunista di Kim il Sung (al nord) mentre al Sud si confermò un regime filoccidentale, successivamente evolutosi in democrazia.
Le conseguenze geopolitiche della Guerra di Corea furono rilevanti, ed alcuni effetti si vedono ancora oggi a sessant’anni di distanza. Innanzi tutto vi fu il concreto pericolo di utilizzo dell’arma nucleare, cosa che venne fortunatamente impedita da Truman; in secondo luogo fu la prima guerra che vide l’intervento dell’Onu, aprendo la via alle future operazioni militari delle Nazioni Unite.
Gli effetti sulla Guerra fredda furono rilevanti; mentre le nazioni occidentali si decisero a potenziare (anche in senso militare) la Nato, gli Stati Uniti si riavvicinarono al Giappone, e crearono anche le alleanze SEATO e ANZUS che “chiudevano” gli spazi del sud asiatico ai paesi filocomunisti. Per questi stati la guerra di Corea, inizialmente vista come un facile successo, fu invece deleteria, iniziando a corrodere il rapporto russo-cinese.
Ad ogni modo la Cina confermava uno stato-cuscinetto fra lei e la Corea del Sud, nonché si precostituì un forte ascendente su Kim il Sung. Sul lungo periodo gli effetti della guerra determinarono l’attuale divisione della penisola coreana ed il progressivo isolamento autocratico del regime nordcoreano. La sensazione di insicurezza di Pyongyang è oggi causa di tensioni nell’area, con ripercussioni su tutta la regione.
Infine non va sottovalutata l’importanza del conflitto per l’Italia, la quale partecipò militarmente alle operazioni con un ospedale da campo della Croce Rossa Militare. Non vi furono decessi, in quanto le truppe non erano combattenti, ma a tutt’oggi la partecipazione italiana è ricordata con affetto, come dimostra uno spazio allestito nel museo nazionale di Seul nonché le celebrazioni del sessantennale del conflitto tenutesi negli scorsi giorni a Roma fra l’Ambasciata coreana e la Croce Rossa Militare.
Joseph Mallord William Turner 1775–1851
TURNER, CHIARO DI LUNA, UNO STUDIO A MILLBANK, ESPOSTO NEL 1797
Pittura ad olio su mogano
Supporto: 314×403 mm
telaio: 507×602×115 mm
COLLEZIONE Tate
Turner dipinse quest’opera del Tamigi di notte da una posizione vicino a quella della Tate Britain. Risale all’anno successivo a quello in cui Turner mostrò il suo primo dipinto ad olio alla Royal Academy, anch’esso un dipinto notturno (o notturno) marino. A quel tempo era di moda mostrare gli effetti della luce lunare nelle immagini. Erano per lo più basati su pittori olandesi del XVII secolo come Aert van der Neer, allora popolare tra i collezionisti britannici. A differenza di quei dipinti altamente stilizzati, qui l’impressione è naturalistica.
Etichetta della galleria, luglio 2020– TATE; LONDRA
DA : https://www.tate.org.uk/subscribe
NOTA-
TATE
Tate è un complesso di quattro gallerie d’arte britanniche, due dei quali si trovano a Londra, uno a Liverpool e un altro a St Ives in Cornovaglia. La sede si trova nella ex Tate Gallery, edificio di Millband progettato da Sidney R. J. Smith
FONDAZIONE 1897
TATE MODERN -GETTY IMAGES
An unknown artist spray paints a mural on the outside of the Tate Modern art Gallery, in London on May 14, 2008. This is the first major public museum display of street art in London, presenting the work of six internationally acclaimed artists. AFP PHOTO/CARL DE SOUZA (Photo by CARL DE SOUZA / AFP) (Photo by CARL DE SOUZA/AFP via Getty Images)