22 -01-2023 — Donatella D’Imporzano racconta suo fratello :::: FRANCO D’IMPORZANO, IL 19 NOVEMBRE 2017 COMMEMORA, A NOME DELL’ANPI, I MARTIRI DI POGGIO UCCISI DAI NAZISTI NELL’AUTUNNO DEL 1944 –

 

 

 

 

POGGIO DI SANREMO (Frazione)

POGGIO AGLI INIZI DEL SECOLO

 

 

 

Festa religiosa al Santuario della Madonna della Guardia, 1910

 

 

 

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Poggio ai giorni nostri –

 

 

 

 

 

 

Risultati immagini per BANDIERA DELL'ANPI IMMAGINE

 

FRANCO D’IMPORZANO, Consigliere del Direttivo della Sezione della sezione ANPI “G. Cristiano Pesavento”

 

 

La preghiera del ribelle letta da Franco D'Imporzano - YouTube

FRANCO D’IMPORZANO, nato a Sanremo nel 1940 – 2019-
in questa foto  ( abbiamo pubblicato il video ), Franco celebra il 25 aprile dell’anno precedente la sua morte, si vede che è già malato..

 

 

 

 

 

Trascrivo un pezzo della commemorazione che ha fatto mio fratello Franco, a nome dell’ ANPI, dei Martiri di Poggio il 19 novembre 2017. E’ un pezzo di storia di Sanremo, che non abbiamo conosciuto direttamente ( per fortuna). Siamo a Poggio, nell’autunno del 1944, dove i miei genitori, mio fratello ed io piccolissima eravamo sfollati.

“… la situazione era piena di tensione, di ansia continua. I bandi di Graziani, che venivano appiccicati ai muri dallo stesso factotum addetto a ” battere la grida”, a fare il netturbino e a chissà quali altre mansioni, aveva convinto anche i più titubanti fra i giovani a raggiungere i loro compagni sulle montagne. I partigiani che gravitavano nei dintorni erano molti, ma la parola ” partigiani” nessuno, in particolare i bambini, la potevano pronunciare in pubblico. Se proprio scappava di farne cenno, bisognava chiamarli ” ribelli”.

Non dimentico i generi alimentari e di prima necessità razionati; certi avvisi tam-tam di rastrellamenti che costringevano gli uomini validi a lasciare casa e a fuggire nel pieno della notte per recarsi nei boschi; l’aereo ricognitore, Pippo o Pippetto che fosse, che di notte sorvolava la regione, ronzando misterioso e ossessionante; spari notturni; fame della gente; donne che, armate di damigiane, scendevano in città a prendere l’acqua del mare per potersi fabbricare il sale; il campo sportivo, allora detto ” del Littorio  “, che si vedeva in lontananza, spesso brulicante di moto, carri, sidecar e attorno un formicolio di uomini… alcuni militari che transitavano a gruppi di due, silenziosi, recando sulla schiena, a mo’ di zaini, certe grosse bobine di fili o cavetti destinati alla riparazione di linee telefoniche e telegrafiche saltate. A poco a poco i tedeschi diventarono feroci.

Si sentiva la gente mormorare:

” Hanno ucciso un uomo lì… hanno fatto un rastrellamento là… nel tale paese hanno massacrato donne, uomini e bambini… persino un prete!… nel centro di Sanremo, tra la farmacia Donzella e l’edicola della Scassa hanno fatto un rastrellamento grandissimo… alcuni uomini sono fuggiti sul campanile di San Siro, altri si sono nascosti al fondo della galleria, dietro ad alcune vecchiette. I tanti che sono rimasti sono stati caricati su un camion, a Upega un capo dei ribelli ferito in battaglia si è sparato per non cadere vivo nelle mani di quei brutessi… gli americani hanno bombardato Sanremo vecchia, un mucchio di persone sono rimaste sotto le macerie! “.

Si arrivò alla mattina del 20 ottobre 1944. Dopo un paio di bordate andate a vuoto, una nave francese riuscì a colpire il mercato dei fiori, dentro il quale c’erano circa cinquanta siluri tedeschi di nuovo modello, depositati giorni prima dai nostri ” camerati” germanici. Al bombardamento assistetti da un punto panoramico privilegiato. Avevo attorno una folla di donne piangenti e piansi anch’io nel vedere quel tremendo cinemascope di fuoco, fumo, cannonate e spezzoni incendiati che saltavano per ogni dove.

Altra notizia terribile: fucilato nei pressi di Oneglia, dopo torture, il conosciutissimo sarto sanremasco Pippo Anselmi, antifascista da sempre, organizzatore delle prime ” bande”. Si sentì anche mormorare:” Un generale inglese, no, americano, ha mandato a dire ai ribelli di smobilitare, di andare a trascorrere l’inverno a casa, ma i nostri gli hanno risposto di andare a prendersela…”.

” 24 novembre 1944. Altra mattinata di sole. Io sto giocando all’aperto, sul selciato della piazzetta del Dopolavoro, svogliatamente, perché, a differenza delle altre mattine, sono solo. Sento il rumore di un motore avvicinarsi. Mi affaccio dal parapetto e vedo arrivare un camion che arranca lentamente. L’automezzo entra nella stretta via che conduce alla piazza di Poggio ed sparisce al mio sguardo.
Dopo alcuni minuti rompe il silenzio un interminabile crepitio di mitraglia. Non faccio a tempo ad arrivare da mia mamma che si vede poco distante una spessa nube di fumo. In giro si sente un coro di urla e pianti. Si saprà poco dopo che i tedeschi hanno voluto, con quel gesto, vendicare l’uccisione di un loro commilitone, freddato pochi giorni prima non da un partigiano, ma da uno sbandato ubriaco. Questi, entrato nell’osteria della piazza, aveva compiuto la tragica bravata di sparare alle spalle del militare che stava giocando a carte o a bere. L’ucciso non apparteneva alle SS : era un graduato che non aveva mai mostrato crudeltà alcuna, addirittura ben voluto da tutti.

La popolazione organizzò subito un funerale solenne, sperando di scongiurare la rappresaglia. Ma il comando tedesco, aiutato dai fascisti, prelevati dei prigionieri da Villa Oberg o dal Castello Devachan, la rappresaglia la mise in atto. Gli assassini, dopo avere ucciso i dieci giovani prigionieri, diedero fuoco all’osteria dove tutto aveva avuto inizio; poi, entrati nell’alloggio dal cui balcone una donna aveva gridato qualche parola ad uno dei condannati, chiamandolo per nome, distrussero e incendiarono tutto quanto trovarono, senza dimenticarsi, prima di risalire sul camion e ripartire, di ordinare che nessun abitante di Poggio si azzardasse a toccare i cadaveri sanguinanti.

Gli incendi vennero domati, la piazza rimase devastata per un bel pezzo, con i buchi lasciati dalle pallottole ben visibili su una saracinesca e un muro. I corpi, dopo un giorno o due, vennero furtivamente non sepolti ma interrati provvisoriamente in un terreno vicino, ciascuno con attaccato a un piede un cartellino con le generalità. Tutto ciò fu organizzato dalle donne, guidate dal necroforo del paese.”

” Se vado con la memoria alle convulse e frenetiche giornate della Liberazione rivedo biancheggiare molte lenzuola dai terrazzi e da davanzali, mentre un aereo sorvola a bassa quota l’abitato. Rivedo uno stuolo di donne, le sfollate in prima fila, intente ad aiutare i gestori del Dopolavoro nella preparazione di un grande pranzo di festa. Vi era stato invitato, assieme ai più poveri del paese, un ragazzo sempliciotto, che nell’esprimere il suo grazie, eseguì un impeccabile saluto romano. Fu redarguito all’istante da un baffuto e barbuto comandante dalla cintura carica di bombe a mano: ” Fìu, da ancòi u se salùa cuscì, cu-u pùgnu serràu” ( Figliolo, da oggi si saluta così, con il pugno chiuso).

Cominciò allora la carriera della canzone “Fischia il vento” composta dal nostro Felice Cascione, finalmente cantata in pubblico da tutti e non soltanto dai pochi in montagna. Era intercalata, nel giubilo di quei momenti, tra una bevuta e l’altra, tra un ballo e l’altro, da ritmi americani fino ad un mese prima proibitissimi.

Avvenne il disseppellimento di quei poveri corpi martoriati, il loro funerale e, una volta contattati i parenti, la sepoltura definitiva nei paesi d’origine.
A distanza d’anni, mentre ancora ci commuove il ricordo di quei morti troppo spesso dimenticati, mi viene in mente una poesia di Marco Tobino, scritta come incipit al suo libro ” Il clandestino” ( Mondadori 1962) :

Fu un amore, amici,
che doveva finire;
credemmo che gli uomini fossero santi,
i cattivi uccisi da noi,
credemmo che diventasse tutta festa e perdono,
le piante stormissero fanfare di verde,
la morte premio che brulla
come sul petto del bambino
la medaglia alle scuole elementari.
Con pena, con lunga ritrosia,
ci ricredemmo.
Rimane in noi il giglio di quell’amore.

 

 

Mi sembra giusto ricordare, nome per nome, quei giovani torturati e uccisi dai nazi-fascisti, nostri ideali figli e nipoti:

Domenico Basso ( Vincenzo ) di Rocchetta Nervina (Imperia)
Giuseppe Castiglione ( Beppe) di Centuripe ( Enna )
Pietro Catalano- Ventimiglia ( Imperia)
Giovanni Ceriolo (Dino)- Bussana- Sanremo (Imperia)
Pietro Famiano ( Piero)- Sant’Agata (Imperia)
Michele Ferrara ( Magnin)- Pigna ( Imperia)
Aldo Limon- Olivetta San Michele ( Imperia)
Giobatta Littardi ( Giovanni)- Pigna ( Imperia)
Paolo Selmi ( Biancon)- Genova
Ignoto

 

Al ritorno dall’avere trucidato a Poggio quei dieci giovani, i nazifascisti si fermarono in località San Giacomo e ne assassinarono davanti alla chiesa altri tre:

Marco Carabalona
Filippo Basso
Stefano Boero
Tutti e tre erano contadini di Rocchetta Nervina.

 

Poco prima della Liberazione, il 22 aprile 1945, veniva fucilato il patriota milanese Gualtiero Zanderighi ( tenore). Poggio di Sanremo ha avuto un’altra giovane vittima, Andrea Grossi Bianchi.

 

 

 

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Zbigniew Herbert ::: Alcune poesie dal ” Rapporto dalla città assediata “- Adelphi – da : *** PAOLO GIRONI   2004-2005 / link sotto- i nostri ringraziamenti al bellissimo ” semplice taccuino “. + notizie sul poeta in fondo + Facebook/ link di Beata Elżbieta Lechnio

 

 

 

Copertina del volume: Rapporto dalla Città assediata

 

 

Zbigniew Herbert

Rapporto dalla Città assediata

A cura di Pietro Marchesani

Biblioteca Adelphi, 267
1993,
3ª ediz.,
pp. 269

IN COPERTINA
Alfeo. Illustrazione tratta da Jacobus Gronovius,
Thesaurus Graecorum Antiquitatum, vol. II,
Lugduni Batavorum, 1698.
SINOSSI

 

La crudele Natura, scrive Brodskij nella appassionata Lettera al lettore italiano che apre questo libro, «con un minimo intervallo di tempo ha affibbiato alla Polonia non solo Czesław Miłosz ma anche Zbigniew Herbert. Che cosa ha cercato di fare, che cosa aveva in mente? Preparare la nazione al suo fosco avvenire, in modo che i polacchi potessero reggerlo?». Di fatto, la compresenza di due poeti di tale altezza – un’altezza dove «non c’è più gerarchia» – in una terra devastata sembra accennare a qualcosa. Lo scoprirà il lettore italiano, incontrando in queste pagine per la prima volta l’essenziale dell’opera di Herbert. Ma che specie di poeta è Herbert? Nessuno può rispondere meglio di come ha fatto Brodskij nella sua introduzione:
«È un poeta di straordinaria economia. Nei suoi versi non c’è niente di retorico o di esortativo, il loro tessuto è quanto mai funzionale: è brusco piuttosto che “ricco”. La mia impressione complessiva delle sue poesie è sempre stata quella di una nitida figura geometrica (un triangolo? un romboide? un trapezio?) incuneata a forza nella gelatina della mia materia cerebrale. Più che ricordare i suoi versi, il lettore se li ritrova marchiati nella mente con la loro glaciale lucidità. Né gli succederà di recitarli: le cadenze del tuo linguaggio cedono, semplicemente, al timbro piano, quasi neutro, di Herbert, alla tonalità della sua discrezione».

 

 

 

 

SEGUE DA   ::

 

PAOLO GIRONI   2004-2005/ LINK

Un semplice taccuino, una raccolta dei versi che ho incontrato e, non volendo perdere, ho trascritto.
Ho finito il mio vecchio quaderno con la copertina verde e nera. Continuo qua.

 

 

 

Zbigniew Herbert

 

Il Signor Cogito medita sulla sofferenza

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

 

Tutti i tentativi di allontanare
il cosiddetto calice amaro —
con la riflessione
l’impegno frenetico a favore dei gatti randagi
gli esercizi di respirazione
la religione —
sono falliti

bisogna accettare
chinare mitemente il capo
non torcersi le mani
ricorrere alla sofferenza con misura e dolcezza
come a una protesi
senza falso pudore
ma anche senza inutile orgoglio

non sventolare il moncherino
sulle teste degli altri
non picchiare col bastone bianco
alle finestre dei sazi

bere l’estratto d’erbe amare
ma non fino in fondo
lasciarne avvedutamente
qualche sorso per l’avvenire

accettare
ma al tempo stesso
distinguere dentro di sé
e possibilmente
trasformare la materia della sofferenza
in qualcosa o qualcuno

giocare
con essa
ovviamente
giocarci

scherzare con essa
con grande cautela
come con un bambino malato
per strappare alla fine
con sciocchi giochetti
un esile
sorriso

 

*****

 

La nostra paura

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

La nostra paura
non porta camicia da notte
non ha occhi di civetta
non solleva il coperchio della bara
non spegne la candela

non ha neppure la faccia d’un morto

la nostra paura
è un biglietto
trovato in tasca
“avvertire Wójcik
il nascondiglio di via Dluga scotta”

la nostra paura
non vola sulle ali della tempesta
non si posa sulla torre d’una chiesa
è terraterra

ha la forma d’un fagotto
avvoltolato in fretta
con indumenti caldi
provviste
e un’arma

la nostra paura
non ha il viso d’un morto
i morti per noi sono benevoli

li portiamo sulle spalle
dormiamo sotto la stessa coperta
chiudiamo loro gli occhi
gli aggiustiamo la bocca

 

 

***********

 

 

Il ciottolo

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

Il ciottolo è una creatura
perfetta

uguale a se stesso
attento ai propri confini

esattamente ripieno
di senso pietroso

con un odore che non ricorda nulla
non spaventa nulla non suscita desideri

il suo ardore e la sua freddezza
sono giusti e pieni di dignità

provo un grave rimorso
quando lo tengo nel palmo
e un falso calore
ne pervade il nobile corpo

– I ciottoli non si lasciano addomesticare
fino alla fine ci guarderanno
con un occhio calmo e molto chiaro.

 

**************

 

 

Due gocce

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

I boschi bruciavano –
e loro
s’intrecciavano le mani intorno al collo
come mazzi di rose

la gente correva nei rifugi –
lui diceva mia moglie ha capelli
in cui ci si può nascondere

avvolti nella stessa coperta
sussurravano parole prive di vergogna
litania d’innamorati

Quando il pericolo era grande
si saltavano negli occhi
chiudendoli forte

così forte da non sentire il fuoco
che gli arrivava alle ciglia

fino alla fine coraggiosi
fino alla fine fedeli
fino alla fine somiglianti
come due gocce
sospese sull’orlo d’un viso.

 

 

 

Zbigniew Herbert - Wikipedia

(Leopoli29 ottobre 1924 – Varsavia28 giugno 1998)

è stato un poetasaggista e drammaturgo polacco e uno degli autori europei più noti del Novecento. Legato da legami di parentela con il poetapastore e oratore inglese George Herbert durante la seconda guerra mondiale prese parte alla Resistenza contro i nazisti invasori, arruolandosi nell’Armia Krajowa. Come autore, esordì nel 1950 e la sua opera più nota è forse Pan Cogito (Il signor Cogito), opera che ha saputo incarnare lo spirito della nuova e della vecchia Letteratura europea. Dal 1986 al 1992 visse a Parigi, collaborando con il giornale Zeszyty Literackie, poi tornò in Polonia, dalla quale si era allontanato per motivi politici. Nel 2007 è stato deciso di celebrarne l’opera nel 2008, in occasione del decennale della morte, con l’Anno di Zbigniew Herbert.

Di origini inglesi, come indica il cognome, era figlio di Bolesław Herbert, fante nelle Legiony Polskie nella prima guerra mondiale per la difesa di Leopoli (oggi Ucraina), avvocato e manager di banca, e di Maria Kaniaków.

Nacque nel 1924 e studiò regolarmente anche dopo l’invasione tedesca della Polonia (1939) – con la quale scoppiò la seconda guerra mondiale. In quel periodo, entrò in contatto con l’Armia Krajowa (AK), venendo impiegato come alimentatore di pidocchi nella produzione di vaccini presso l’istituto diretto da Rudolf Weigl e, successivamente, studiò filologia presso un’università clandestina.

Nel 1944, prima della seconda invasione di Leopoli da parte dell’Armata Rossa, si dovette trasferire a Cracovia e, successivamente, nella vicina Proszowice, dove rimase sino al gennaio 1945. In quei due anni, Herbert si dedicò allo studio dell’economia prima all’Università Jagellonica, poi presso l’Accademia di Belle Arti. Fu questo il periodo di maggiore collaborazione con l’AK. La guerra terminò nel 1945 e, sebbene si fosse dissolta la minaccia nazista, la storia della Polonia continuò ad essere – almeno sino al 1956 – tormentata.

Nel 1947, dopo tre anni di studi a Toruń, nel voivodato della Cuiavia-Pomerania, si laureò in legge, frequentando nello stesso tempo il corso di filosofia di Henryk Elzenberg. Nel 1948 si trasferì a Sopot, non molto lontano da Danzica, raggiungendo i genitori, che erano lì dal 1946.

SEGUE NEL LINK DI WIKIPEDIA

 

 

*********

 

 

 

dal link Facebook subito sotto::

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

FOTO E TESTO DAL FACEBOOK DI:

Post di Beata Elżbieta Lechnio– che ringraziamo  molto. 

TRADUZIONE DAL POLACCO DI GOOGLE

 

Zbigniew Herbert sulle sue poesie.

“Ho iniziato a scrivere abbastanza presto, ma per molto tempo ho trattato la scrittura come una questione unicamente personale. Ho fatto il mio debutto nel 1956 a 32 anni. Nel mio caso, non sono solo io, ma le circostanze hanno deciso che scrivo poesie da molti anni. Prima di tutto, la guerra. L’unicità di ciò che mi stava accadendo intorno, il senso dell’orrore e il pathos della storia mi hanno costretto a scrivere un possibile breve disco di riflessione. Ho iniziato a scrivere prosa. Dopo l’occupazione delle mie esperienze di guerriglia-cospirazione, ho scritto un ciclo, che ho chiamato “Non bruciare”. È stata una resa dei conti amara del passato. Posso soffrire, lottare per un ordine morale migliore con l’aiuto della cosa divertente di scrivere poesie – cerco di difendere cose che ritengo importanti. So abbastanza velocemente se una delle mie poesie ha successo o non ha successo di mio gradimento. Per scrivere qualcosa, devo prima leggere me stesso e poi guardare. Quando mi alzo la mattina non penso: oggi devo incidere una poesia. Deve essere un processo naturale, derivante da una necessità interna. Nel momento in cui ho finito e sono arrivato alla mia forma migliore, non mi interessa più la canzone. D’altra parte mi obbliga a non scrivere peggio. Non mi sento come se avessi realizzato nulla… Trovo sempre nei miei testi alcune possibilità di miglioramento, e soprattutto di riduzione. La poesia deve essere magra, ascetica. Non parlo mai dei piani possibili. Mi piace parlare solo di finito e pronto”.

Estratti della dichiarazione di Herbert sulla scrittura di poesie che ho preso dal libro – “Herbert. Conversazioni sconosciute

Credito fotografico: AZH e archivi domestici

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Vi illustriamo la Cascina Cuccagna, nella speranza che stando a Milano, possiate frequentarla.. è nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta Romana, attiva dal 1695 ( video in fondo sulla sua storia di 6 min.ca ), riaperta al pubblico nel 2012

 

 

 

VIA CUCCAGNA 2/4  ANGOLO VIA MURATORI

 

 

 

 

segue da :
Cascina Cuccagna

 

 

Servizi - Cascina Cuccagna

https://www.cuccagna.org/servizi/

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

Un posto a Milano

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

LAVORA CON NOI

 

 

 

 

 

sala ristorante

 

ALTRO:

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Sono già pronti il Panettone e la Veneziana dello Chef Nicola Cavallaro! È possibile assaggiarli da noi in cascina oppure acquistarli intero, da degustare a casa e da regalare per le feste.

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Il Rito del Jazz a ottobre: ogni martedì doppio concerto Jazz in salone, alle 19:30 e alle 21:30. L’ingresso è libero! Programma a cura di Musicamorfosi.

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Ogni seconda domenica del mese, una cena conviviale per conoscere nuove persone e chiacchierare davanti a un buon piatto. Il vino per brindare lo offriamo noi!

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Sportello lavoro

 

Presidio Lavoro presso gli spazi del Vivaio La Botanica Macramè: uno sportello per chi cerca lavoro, uno spazio per chi vuole offrire opportunità.

ORARI: lunedì e martedì, su appuntamento

 

 

 

 

 

 

Il Mercato Agricolo della Cuccagna

 

ORARI: ogni martedì dalle h 15:30 alle 19:30  –

La spesa sostenibile in cascina

Vivaio – La Botanica Macramè

 

 

In Corte Sud, più di un negozio: è uno spazio dove crescono piante, fiori, persone e relazioni. Piante da interni, fiori stagionali, complementi e arredi, servizi e allestimenti.

ORARI: dal martedì alla domenica, dalle h 10:00 alle 20:00

Orto didattico

 

All’interno del giardino di Cascina Cuccagna, c’è un pezzetto di terra dedicato all’orto didattico comunitario, dove organizziamo laboratori per adulti e bambini su temi dell’orticoltura. Tra le coltivazioni ci sono piante spontanee e autoctone, piante aromatiche tradizionali, piante comuni, autoctone, rare e dimenticate. L’orto è coltivato dal Gruppoverde Cuccagna.

ORARI: sempre visitabile negli orari di apertura della cascina.

Un posto a Milano

Cucina, Bar e Foresteria

In Corte Sud, il nostro bar e ristorante: dal 2012 chef Nicola Cavallaro prepara piatti buoni e genuini con materie prime selezionate da piccole e medie aziende agricole a “Kilometro Vero”. L’ostello offre piccoli e grandi alloggi dove fare sonni tranquilli dal 1695.

 

ORARI: da lunedì a domenica, dalle 9:00 alle 01:00

Il cucinista

All around food

 

In Corte Nord, una scuola di cucina, un laboratorio per catering, una location per eventi food.  Da Il Cucinista è possibile: partecipare a corsi di cucina, organizzare eventi food privati o aziendali, realizzare team cooking e showcooking.

 

Spazi WeMi

Cascina Cuccagna e Monteoliveto

 

 

 

Due nuovi punti di incontro e orientamento nei quali trovare soluzioni di welfare condiviso e partecipato, adatte ai bisogni di tutti: nascono gli spazi di WeMi Cascina Cuccagna e Monteoliveto. Una comunità di operatori e cittadini che condividono conoscenze, esperienze e occasioni per stare insieme.

MILANO INCLUSIVA

Lo Sportello Aiuto Energia negli spazi WeMi Cuccagna

 

 

 

 

 

 

L’obiettivo dello Sportello Aiuto Energia è di intervenire per contrastare la povertà energetica, nell’ottica di intercettare cittadini che, a causa di un problema di povertà energetica, potrebbero cadere al di sotto della soglia di povertà.

video, 6.03

Nel cuore di Milano, nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta Romana, si trova dal 1695 una delle più attive tra le cascine milanesi: la Cascina Cuccagna. La cascina è stata riaperta al pubblico nel 2012, a seguito di un attento restauro conservativo, realizzato e interamente finanziato da un gruppo di associazioni e cooperative sociali. Il progetto per questa cascina è nato grazie all’interesse dimostrato, a partire dal 1998 (quest’anno compie 20 anni!), da parte di un gruppo di cittadini e associazioni che hanno fondato la Cooperativa Cuccagna.

Per saperne di più leggi l’articolo: ok http://www.italiachecambia.org/2018/0…

 

Intervista: Alessandra Profilio e Paolo Cignini

Riprese e Montaggio: Paolo Cignini
Immagini di copertura:    • GOODESIGN / CASCINA CUCCAGNA FUORISALONE 2012   https://vimeo.com/55263369

Sigla: “L’Italia che cambia siamo noi” di Stefano Fucili.

Prossimi Eventi

 

 

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Tiziana Pesce si trova presso Cascina Cuccagna – ore 20.00 ca– 9 novembre 2025 –grazie ! + una bellissima foto di Milano all’alba

 

 

 

 

 

dal Facebook di :

TIZIANA PESCE :::

” Grande donna Licia ”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sempre dal link del Facebook di Tiziana Pesce:

MILANO ALL’ALBA DI OTTOBRE

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante uccello

28 ottobre 2025 alle 8.14

Tiziana Pesce

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da Marco Mauro ( Famiglia Sanremasca) e da Ernesto Porri ( Sanremo Storia ) / link sotto :: una ” foto ” di Sanremo del 1591 che pubblico ” con ardore ” per i tanti amici e non conoscenti esiliati da Sanremo dove c’è il mare e il sole : Donatella, Roberto, Salvatore.. se mai la vedranno.. è bellissima !

 

 

Famija Sanremasca-

https://www.facebook.com/groups/1023879401074361/

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

foto del dott. Marco Mauro, amministratore della Famiglia Sanremasca dal suo Facebook

 

 

scrive Mauro :

questa è l’immagine più antica che abbiamo della Città di Sanremo. Si trova in una pala di pittore ignoto che raffigura la Madonna con il Bambino e Sant’Antonio ed è situata nel Battistero di San Giovanni. La data è del 1591.

 

 

una prima foto– un’altra più in basso

 

 

 

segue:  *** nel link sg.

SANREMO STORIA- DI  ERNESTO PORRI Sanremo storia ( testo e immagini )

https://www.sanremostoria.it/it/la-citta/la-religiosita/chiese-di-rito-cattolico/285-battistero-di-san-govanni-battista.html#prettyPhoto

trovate tante notizie che non avevo mai sentito, per esempio quelle dagli scavi archeologici compiuti tra gli anni ’50 e ’60.

Cito:

” Nel prezioso volumetto “Scavi e scoperte nel Battistero di Sanremo” Rivista Ingauna ed Intemelia si trovano tante notizie e riferimenti che aiutano a fare capire il succedersi delle costruzioni nelle varie epoche
.. Da questa gran mole di tracce ed indizi possiamo affermare che sono oltre duemila anni che l’uomo frequenta e lascia tracce del suo operato in questi 150 metri quadrati di suolo matuziano.

– IV livello — Epoca imperiale romana ”

 

 

 

 

La prima chiesa di Piazza San Siro

Un luogo di culto con oltre duemila anni di storia

 

testo e molte immagini di :

ERNESTO PORRO

 

Battistero di San Giovanni a Sanremo

 

 

 

1895 – Il lato est del Battistero non ancora coperto dall’edificio Piccone

 

 

 

Il “resettu” in fondo alle canoniche

 

 

 

 

Il “resettu” dalla parte del Battistero

 

 

 

Vista da campo lungo

 

 

 

 

 

Quadro sulla parete di destra

 

 

 

 

Veduta di Sanremo sul basso del dipinto del quadro con la Madonna- vedi sotto

 

 

Il quadro sulla parete di sinistra.

 

 

 

Pareti laterali con quadri

 

 

 

La Teca col Cristo Deposto

Una presenza che però non fa parte dell’antichità dell’edificio ma che si nota bene è a Teca col Cristo Deposto scolpito nel legno, di scuola altoatesina, è invece degli anni ’50 del ‘900 e fu acquistata  dal Parroco Pasquale Oddo  in Val Gardena.

 

 

(fonti: testo Ernesto Porri; fonti immagini: archivi personali)

 

 

da : 
https://www.sanremostoria.it/it/la-citta/la-religiosita/chiese-di-rito-cattolico/285-battistero-di-san-govanni-battista.html#prettyPhoto/0/

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Musei di Asti, PAOLO CONTE ORIGINAL–dal 5 Novembre 2025 al 1 marzo 2026–Palazzo Mazzetti- La prima mostra interamente dedicata all’attività pittorica del celebre cantautore astigiano.

 

 

**** Le immagini non sono messe bene, mi scuso.

 

 

Paolo Conte, Supercharleston al piano

Paolo Conte, Supercharleston al piano

 

 

 

ANSA.IT / PIEMONTE / 4 novembre 2025 —

https://www.ansa.it/piemonte/notizie/2025/11/04/apre-domani-ad-asti-la-mostra-dedicata-a-paolo-conte_2687eed8-2faf-42a7-8ac0-bd24c8df3b3b.html

 

 

Apre domani ad Asti la mostra dedicata a Paolo Conte pittore.

 

Paolo Conte, original” a Palazzo Mazzetti con 143 opere

 

 

PAOLO CONTE ORIGINAL - Mostre ed Eventi ai Musei di Asti

 

 

” Paolo Conte, Original ”

Aprirà domani, 5 novembre, a Palazzo Mazzetti ad Asti, la prima grande mostra dedicata al poeta, cantautore e compositore italiano e alla sua espressione artistica nata ancora prima della musica, la pittura, con 143 lavori su carta, eseguiti con tecniche diverse e in un arco di tempo di quasi settant’anni.

Paolo Conte ha coltivato per tutta la vita la passione per l’arte visiva.

Dopo aver  esposto nel 2000 al Barbican Hall di Londra e in diverse città italiane fino al 2007, nel 2023 Paolo Conte è invitato a esporre alla Galli Uffizi. I suoi lavori conducono lo spettatore al centro stesso della sua poetica: elegante, malinconica, jazzata e ironica. In mostra ad Asti, opere mai esposte, tra cui Higginbotham del 1957, a tempera e inchiostro, dedicata a uno dei primi grandi trombonisti jazz.

Altro nucleo importante della mostra è costituito dalla selezione di tavole tratte dalle oltre 1.800 di Razmataz, l’opera interamente scritta, musicata e disegnata da Paolo Conte.

Infine una terza sezione di opere su cartoncino nero in cui Paolo Conte si affida alla suggestione delle linee e dei colori in un omaggio garbato, talvolta venato di ironia, alla musica classica, al jazz, alla letteratura, all’arte. Le opere si susseguono secondo una scelta scrupolosa, espressione del suo universo poetico. E questo non poteva che avvenire sotto la guida stessa del maestro Paolo Conte, con una sola avvertenza: «Lasciare al pubblico la possibilità di immaginare con libertà massima».

 

 

 

Visita le principali piazze della città di Asti

Piazza Alfieri, Asti

La piazza fu realizzata in due tempi differenti: la prima parte nel 1856 e poi nel 1869, al centro si rova il monumento a Vittorio Alfieri  (Asti, 16 gennaio 1749 – Firenze, 8 ottobre 1803)-
Nel primo capitolo della Vita, l’autobiografia di Alfieri, uno dei romanzi più appassionanti del Settecento, si legge “Nella città d’Asti in Piemonte, il dì 17 di gennaio dell’anno 1749, io nacqui di nobili, agiati, ed onesti parenti”, con evidente errore nell’indicazione della data, essendo egli nato il giorno 16 gennaio. Suo padre, il conte Antonio Amedeo, morì quando il piccolo Vittorio non aveva ancora compiuto un anno. Alfieri legò alla città di Asti i ricordi più vividi della propria infanzia: la scoperta dei sentimenti e delle passioni, l’intenso legame con la sorella Giulia, la formazione del proprio carattere malinconico e orgoglioso.

 

segue nel link: https://visit.asti.it/scopri-asti/artecultura/personaggi/vittorio-alfieri/

 

 

Piazza San Secondo

Piazza San Secondo, Asti

entrambe le foto sono del link ::Visit Asti 

 

 

ALTRE IMMAGINI DELLA MOSTRA DI PITTURA E PAOLO CONTE

 

 

Asti omaggia il Paolo Conte pittore, in mostra le sue opere - Notizie - Ansa.it

 

 

 

Fonte: arthemisia.it

 

DUE FOTO SOPRA DA ANSA.IT

 

 

 

 

DA : GLOBALIST

 

 

 

 

Asti omaggia il Paolo Conte pittore, in mostra le sue opere - Notizie - Ansa.it

 

 

 

Asti omaggia il Paolo Conte pittore, in mostra le sue opere - Notizie - Ansa.it

 

DUE FOTO SOPRA DA ANSA.IT

 

 

 

 

 

ROCKOL

 

 

 

E il Paolo Conte pittore sbarca agli Uffizi. Con un boxeur, un'auto e...

FOTO  RAINEWS

 

 

 

paolo conte uffizi

 

Paolo Conte espone 69 disegni agli Uffizi, 50 anni d’arte del Maestro

 

 

 

 

UFFIZI

 

 

 

Blue Tango, Pittura da Etzi | ArtMajeur

ArtMajeur

 

 

 

 

 

 

 

Asti: Paolo Conte Original - Mostre tematiche in Piemonte - Palazzo Mazzetti

Itinerari nell’Arte

 

L’arte grafica di Paolo Conte in mostra agli Uffizi 

 

 

 

 

Paolo Conte, la più grande mostra dedicata al Maestro nella sua Asti

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video, 7 min. ca — “Voces para la Paz” (Músicos Solidarios)- Concierto 17 nocembre 2024 per l’alluvione a Valencia :: MARCHA RADETZKY ( 1848 ) di Johann Strauss Padre— Director: Andrés Salado, – Percusión: Raúl Benavent. *** mai sentita un’edizione così allegra, è una festa per tutti, non una marcia.

 

 

 

La marcia di Radetzky è una marcia militare composta da Johann Strauss padre. Fu composta in onore del maresciallo Josef Radetzky per celebrare la riconquista austriaca di Milano dopo i moti rivoluzionari in Italia del 1848.

 

 

“Voces para la Paz”

http://www.vocesparalapaz.com 

 

 

 

 

Concierto celebrado el 17 de noviembre de 2024 en el Auditorio Nacional de Música de Madrid con la finalidad de recaudar fondos para ayudar de los damnificados de la DANA en Valencia.

Gracias a los conciertos organizados por “Voces para la Paz” desde 1998, se han construido carreras, puentes, escuelas, bibliotecas, dispensarios sanitarios, orfanatos, pozos de agua, sistemas de regadío, etc. en países de África, Asía y América Latina. “Voces para la Paz” La Fuerza de la Música por un Mundo más Justo.

 

 

Provincia di Valencia - Wikipedia

Provincia di Valencia – Wikipedia

 

 

 

The skyline of Valencia, Spain

 

 

Scenic view of Alicante city from day to night

 

 

 

City of Arts and Sciences

L’Hemisfèric è uno degli edifici che fanno parte della Ciutat de les Arts i les Ciències di Valencia, è stato progettato dal grande architetto Santiago Calatrava

 

 

*******************

 

 

 

Peñíscola – Veduta

 

 

 

Spain, Valencian Community, Peniscola, Town with fortified wall by sea

 

 

 

 

Peñíscola  (in valenciano Peníscola, ufficialmente Peñíscola/Peníscola) è un comune spagnolo di 6 149 abitanti situato nella comunità autonoma Valenciana.

In quanto residenza dei papi Benedetto XIII e Clemente VIII, questa località valenzana è stata al centro del cosiddetto Scisma aragonese, conclusosi nel 1429 in seguito agli accordi presi durante il concilio tenutosi a Pavia e a Siena cinque anni prima.

Nel 1956 ha ospitato le riprese del film italo-spagnolo Calabuig ed è anche il sito della famosa “Meereen” ne Il Trono di Spade.

 

 

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Casa de las Conchas ( conchiglie che ricoprono i muri )

 

 

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Il castello dei Templari (detto anche castello di Papa Luna), il Papa dello Scisma d’Occidente che qui risiedette.

 

 

testo e alcune foto da:

WIKIPEDIA PENISCOLA

https://it.wikipedia.org/wiki/Pe%C3%B1%C3%ADscola#

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lucio caracciolo- Limes- Mappa Mundi- 5 novembre—video, 16 min. ca — Tutti contro tutti 1/a parte. Il cambio di regime in America -Presentazione del volume che esce oggi, 8 novembre–2/ parte di Mappamundi con Caracciolo, AL FONDO, video, 17.27 min.

 

 

video, 16 min. ca

 

 

 

Tutti contro tutti

Il sommario del numero 10/25 di Limes, dedicato alla rivoluzione geopolitica globale in corso.

Da sabato 8 novembre in edicola e in libreria
Ora su app
Presto disponibile in eBook su Amazon Bookrepublic

 

 

E’ DIVISO IN DUE PARTI:

Ia– GLI ALTRI PAESI DEL MONDO
2a — L’AMERICA

 

 

Articoli di questo volume

Carta di Laura Canali - 2025

 

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

PER LA CINA LA POTENZA NON È PIÙ TABÙ

Pechino ha ormai una forza sufficiente a contrastare l’antagonismo americano. Non ne fa mistero e non esita a usarla per i propri interessi. I precedenti storici, da Attila agli ottomani. La lezione del Giappone. La pace è inevitabile, ma va aiutata.

Carta di Laura Canali - 2025

 

PECHINO SI ARMA PER NON FARE LA GUERRA

 

Messa alle strette da Washington, la Cina accelera la modernizzazione dell’Epl e punta sulla ‘mutua distruzione assicurata’, prima che sia troppo tardi. L’eredità di Deng e il sogno di Xi. Il vertice con Trump serve, ma non risolverà nulla.

Carta di Laura Canali - 2025

PER MOSCA L’ARTICO È RUSSO

Il progetto del Corridoio di trasporto transartico intende sviluppare regioni polari e orientali, rafforzando la svolta verso est. La Russia ha bisogno di capitali esteri e cooperazione, per ora garantiti da Cina e India. Il problema dello scioglimento del permafrost.

Carta di Laura Canali - 2025

LA CINA METTE LA RUSSIA IN GHIACCIO

Nell’Artico Pechino cerca risorse e rotte verso Occidente, con in mente l’avvicinamento alle coste dell’America e l’immobilizzazione di Mosca. L’importanza del Profondo Nord nella deterrenza nucleare cinese. Xi non lascerà la Corea del Nord a Putin.

Carta di Laura Canali - 2025

LE AFRICHE CHE NON VOGLIONO DIVENTARE GIALLE

La fascinazione africana per la Cina resta profonda ma gli alleati non credono più all’immagine dell’egemone benevolo e disinteressato. Gli esempi di Kenya, Congo ed Etiopia. Perché Pechino deve restare nel continente. E perché non sarà facile.

Carta di Laura Canali - 2025

 

NELLO SPAZIO VINCERÀ LA CINA

La corsa alla Luna vede gli americani in ritardo rispetto ai cinesi. Prevalgono gli immediati interessi privati, mentre Pechino ragiona in termini geopolitici di lungo periodo. La crisi della Nasa. Ciò che accade nel cosmo è il riflesso di quanto avviene sulla Terra.

Carta di Laura Canali - 2025

LO SFASCIO

Rapporto dalla triste Washington. Così i trumpiani si dividono sulla strategia che non c’è. Salvare la nazione è la priorità. Ma come? Riaccentrando l’impero su Panamerica o concentrandolo sulla sfida con la Cina? Come cavarsela senza alleati affidabili.

 

Motel lungo la Historic Route 66 (Foto: Nik Wheeler/Corbis via Getty Images).

ROUTE 66: LA STRADA SMARRITA D’AMERICA

Viaggio sulla via che unisce Est e Ovest. Tra indiani, cowboy, pazzi e mendicanti, degli Usa restano solo i sintomi. Perché Alex, repubblicano texano, è contento che la violenza politica sia diventata la norma. Dopo 2.450 miglia, la California: l’inferno.

 

Carta di Laura Canali - 2021

 

CAMBIO DI REGIME

Negli Usa è in corso una rivoluzione che vuole rifondare la nazione. La tribù trumpiana è in guerra contro i ‘nemici di dentro’, le élite liberal che hanno aperto agli immigrati, svenduto l’industria e favorito la Cina. Per questo i poteri vanno concentrati nella Casa Bianca.

Carta di Laura Canali - 2025

RUSSKIJ URAGAN, SCACCO ALLA NATO

Gli scenari di attacco russo all’Europa nella (fanta)pianificazione di un ipotetico generale. Le opzioni operative, con pro e contro. Le direttrici di penetrazione e gli assetti impiegati. L’incognita Trump. La scelta migliore è non scegliere.

Carta di Laura Canali - 2025

 

COME ATTACCARE LA RUSSIA E PERDERE TUTTO

Un doppio scenario per saggiare la follia degli europei, incapaci di comprendere la guerra e dunque destinati a diventarne vittime. La narrazione bellicista è contraddittoria, quindi seguire i volenterosi potrebbe condurre al disastro. La realtà non è un war game.

 

Carta di Laura Canali - 2024

BERLINO PREPARA LA GUERRA CHE NON PUÒ COMBATTERE

Il conflitto è tornato nella grammatica del potere della Germania, che però resta impreparata ad affrontarlo. La vera incognita non è Mosca, ma Washington. Il consenso al riarmo cela le linee rosse dei tedeschi, tra cui inviolabilità del welfare e indisponibilità al sacrificio.

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

LASCIATE LA RUSSIA A NOI NORDICI

L’invasione dell’Ucraina ha ridotto le attività russe nell’Artico. Gli Usa hanno avanzato la linea di contenimento alle Svalbard. E l’Alleanza Atlantica ha guadagnato un blocco nordico. Ma l’inaffidabilità americana impone di ascoltare la cautela di Norvegia e Finlandia.

 

Carta di Laura Canali - 2017

LA SVEZIA SI RIARMA PER NON MORIRE RUSSA

Stoccolma mobilita la società, ricostruisce le Forze armate e torna nell’ex spazio imperiale. Dove Nato e Ue servono per difendersi da Mosca. Scandinavi e Usa i partner fondamentali, Ucraina e baltici le frontiere avanzate. Criminalità e immigrazione le faglie interne.

 

Dettaglio della copertina a cura di Laura Canali

Autori

Gli autori del numero di Limes 10/25, ‘Tutti contro tutti’.

 

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SECONDA PARTE DEL VIDEO DI PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO NUMERO DI LIMES:

 

video, 17.24 min.

Caracciolo a Mappa Mundi: Tutti contro Tutti /2. La rivoluzione mondiale e i piani di Cina e Russia

5 novembre 2025

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Dove va la scuola? Alla guerra– Il libro inchiesta di Antonio Mazzeo + UN’INTERVISTA AD ANTONIO MAZZEO DI OLIVIER TURQUET DI PRESSENZA SULLA LEONARDO E LE GUERRE IN CORSO OGGI- GAZA E ALTRE + altro di novembre

 

 

 

BLOG DI ANTONIO MAZZEO

gennaio 29, 2024
https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2024/01/come-fa-la-leonardo-dire-che-non-e.html

 

 

 

COME FA LA LEONARDO A DIRE CHE NON È IMPLICATA NEI TEATRI DI GUERRA?

 

 L’ospedale Bambin Gesù ha rifiutato una donazione natalizia di Leonardo ritenendola “inopportuna”. La Società ha commentato dicendo “In tutti i teatri di guerra in corso non c’è nessun sistema offensivo di nostra produzione” (La Repubblica, 12 gennaio 2024).

 

Abbiamo fatto su questo alcune domande a Antonio Mazzeo, giornalista pacifista specializzato in questioni militari ed editorialista di “Pressenza”.

 

Antonio, sulla base di cosa Leonardo può fare un’affermazione del genere?E con quale credibilità?

Beh, bisognerebbe chiedere ai manager di Leonardo perché si siano inventati una risposta che non trova alcun fondamento né tra i comunicati stampa emessi in tutti questi anni dalla holding armiera a capitale pubblico, né tra le relazioni ufficiali periodiche delle autorità governative sulle attività di esportazione delle aziende belliche italiane. Israele è uno dei partner strategici di Leonardo Spa o delle società controllate interamente o parzialmente che hanno sede sociale in paesi terzi (in particolare negli Stati Uniti d’America). Sono stati realizzati negli stabilimenti di Alenia Aermacchi (Leonardo) di Venegono Inferiore (Varese), i caccia-addestratori M-346 “Master” dove si formano i top gun dell’Aeronautica militare israeliana, prima di operare nei cacciabombardieri di IV e V generazione (come i famigerati F-35 che sono stati predisposti per l’uso di armi nucleari tattiche) che stanno sterminando morte e distruzione a Gaza, Libano meridionale e Siria. Negli stabilimenti AgustaWestland di Leonardo sono stati realizzati gli elicotteri d’addestramento che le forze armate israeliane hanno acquistato un paio di anni fa per “formare” i reparti elicotteristici destinati alle operazioni di guerra. E a bordo dei carri armati che hanno raso al suolo tanti quartieri di Gaza sono stati predisposti sofisticati sistemi di “autoprotezione” realizzati in joint venture dalla controllata USA di Leonardo (DRS) e aziende israeliane leader nel settore bellico. Questo per quello che riguarda solo il caso di Israele. Ma possiamo dimenticare l’apporto di Leonardo al potenziamento bellico delle forze armate turche? Al regime di Erdogan è stato fornito il know how per realizzare in Turchia gli elicotteri d’attacco “Atak”, la versione nazionale degli Agusta Westland A129 “Mangusta” di Leonardo, costantemente impiegati dalle forze armate di Ankara per bombardare i villaggi kurdi in territorio turco, iracheno e siriano. Ed oltre a questi sistemi di morte, Leonardo SpA, attraverso la controllata Telespazio, ha fornito alla Turchia componenti vitali per la realizzazione del programma aerospaziale militare “Göktürk-1”, basato su un satellite di osservazione della Terra con un sensore ottico ad alta risoluzione, un centro per l’integrazione satellitare e i test (costruito ad Ankara) e un segmento terrestre responsabile del controllo missione, della gestione in orbita, dell’acquisizione e processamento dati. Il satellite “Göktürk-1” è stato lanciato in orbita il 5 dicembre 2016 dallo spazioporto europeo di Kourou, in Guyana francese, con un lanciatore italiano VEGA, sotto il controllo del Centro Spaziale del Fucino di Telespazio.

 

SEGUE NEL LINK DEL BLOG CHE RIPETO:

gennaio 29, 2024
https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2024/01/come-fa-la-leonardo-dire-che-non-e.html

 

OPPURE, SE PREFERITE QUI

Intervista a cura di Olivier Turquet, pubblicata in Pressenza, il 18 gennaio 2024, https://www.pressenza.com/it/2024/01/antonio-mazzeo-come-fa-la-leonardo-a-dire-che-non-e-implicata-nei-teatri-di-guerra/

 

 

 

Immagine

Antonio Mazzeo @mazzeoantonio
foto dal suo X

insegna in una scuola di Messina

 

 

Dove va la scuola? Alla guerra

Il libro inchiesta di Antonio Mazzeo

Antonio Mazzeo fa l’insegnante, ma è uno tra i più attivi peace-researcher e saggista impegnato nei temi della pace, del disarmo, dell’ambiente, dei diritti umani e della lotta alle criminalità mafiose.

Esce in questi giorni una sua inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia da dove emerge che la direzione imboccata dalla scuola italiana è inquietante. Dove va la scuola italiana? Va alla guerra.

 

”Contemporaneamente alla privatizzazione e precarizzazione del sistema educativo, stiamo assistendo a un soffocante processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi. Come accadeva ai tempi del fascismo, le scuole tornano a essere caserme mentre le caserme si convertono in aule e palestre per formare lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua” scrive Mazzeo.

Manifesto Libri 2023

 

Alle città d’arte, ai musei e ai siti archeologici, presidi e docenti preferiscono sempre più le visite alle basi Usa e Nato “ospitate” in Italia in barba alla Costituzione o quelle alle caserme, agli aeroporti, ai porti militari, alle installazioni radar e alle industrie belliche. Si moltiplicano anche le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli docenti, gli stage formativi su cacciabombardieri, carri armati e fregate di guerra o l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’élite delle forze armate o nelle aziende produttrici di armi.

”Questo lavoro vuole contribuire alle campagne nazionali che puntano al disarmo e alla smilitarizzazione dell’istruzione a sostegno della pace, delle libertà di espressione e insegnamento, della scuola pubblica e dei valori fondamentali di uguaglianza formale e sostanziale e di giustizia sociale” scrive Mazzeo.

L’autore collabora con Il Manifesto e altre testate giornalistiche nazionali e nel 2020 è stato premiato dall’Archivio Disarmo con la “Colomba d’oro per la Pace” quale riconoscimento “per aver interpretato per anni il giornalismo e la scrittura come una missione di difesa dei diritti umani e di denuncia delle ingiustizie”. È tra i promotori dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.

www.giornalesentire.it

 

da:

Giornale Sentire

30 gennaio 2024
https://www.giornalesentire.it/it/libro-inchiesta-antonio-mazzeo-la-scuola-va-alla-guerra

 

 

********

 

 

X

Antonio Mazzeo  @mazzeoantonio

Giornalista e peace-researcher ecopacifista ed antimilitarista, ha pubblicato saggi sui temi della pace e dei diritti umani e sulla criminalità mafiosa.

8 NOVEMBRE 2025  – 9.11

#norearmeurope APPUNTAMENTI IN #SICILIA CON

@Altreconomia

Presentazione dell’inchiesta RIARMO ACCADEMICO con Luca Rondi #leonardo #PALERMO 8 novembre h. 17:30 // ExKarcere // Via San Basilio, 17 #CATANIA 10 novembre h. 17:30 // Monastero dei Benedettini (UniCt)

 

 

Green flyer background with white text announcing events in Sicily for Altreconomia presentation of Riarme Accademico investigation with Luca Rondi. Details Palermo event on November 8 at 17:30 at ExKarcere Via San Basilio 17. Lists Catania event on November 10 at 17:30 at Monastero dei Benedettini UniCt. Includes Messina event on November 17 at 19:00 at COSPECS UniMe Via Concezione 6. Features book cover with camouflage pattern and title Altreconomia.

 

 

 

link di X

Antonio Mazzeo  @mazzeoantonio

#nocpr #Messina, martedì 11 novembre ore 19:30, – Libreria Colapesce , via Mario Giurba 8/10, ospiterà la presentazione del libro “Gorgo CPR” inchiesta scritta da Lorenzo Figoni e Luca Rondi che illumina uno dei capitoli più controversi delle politiche migratorie italiane: i CPR

Promotional flyer for Altraconomia Eventi with green border text in Italian announcing presentation of book Gorgo CPR by Lorenzo Figoni and Luca Rondi on November 10 at Libreria Colapesce via Mario Giurba 8/10 Messina interveners Tania Poggesi sociologist Luca Rondi Yasmina Accord telephone SOS CPR Korba Bari Association Terria image of hand holding book cover with title Gorgo CPR and authors names

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FACEBOOK PHILIPPE DAVERIO, 23 ottobre, ore 17:00 :: Dipinto di Ann Held Audette ( Stati Uniti d’America 1938–2013 ) + altri link

 

 

*** questo link vi consiglio di frequentarlo perché ha l’abitudine di pubblicare cose belle, alcune molto belle, non facilmente accostabili diversamente.

 

 

 

da :

Fan di Philippe Daverio– 23 ottobre  ore 17:00

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1266524422184216&set=pb.100064800093673.-2207520000

 

 

 

The Art of Anna Held Audette

foto di Anna Held Audette

dal link:  https://americanprecision.org/events/the-art-of-anna-held-audette/

 

 

 

Anna Held Audette

(Stati Uniti d’America 1938–2013)

 

“Intorno al 1980, Audette rimase affascinata dalle forme e dai colori delle auto rottamate in uno sfasciacarrozze rurale. Dopo essersi presentata al proprietario e aver mostrato alcuni esempi delle sue opere, le fu concesso l’accesso alla proprietà. Vagando tra le cataste di veicoli rottamati, fu attratta da come le loro forme diventassero astratte, da come l’esposizione agli agenti atmosferici ne influenzasse i colori e da come il tempo ne causasse il deterioramento superficiale. Il suo interesse per le automobili rottamate si estese presto alle navi rottamate”

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto artistico raffigurante silo

 

 

 

Facebook – 23 ottobre , h 21:00

 

Anna Held Audette

“Audette esplorò costantemente la forma e la decostruzione attraverso un’ampia varietà di soggetti, dalla figura umana ai macchinari pesanti.
Realizzò dipinti e disegni di automobili, aerei, navi, treni abbandonati e interni di fabbriche

 

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

Fan di Philippe Daverio / Link Facebook

23 ottobre – h. 19.01

 

“Audette crebbe in un ambiente artistico raffinato. La cerchia sociale dei suoi genitori includeva importanti storici dell’arte, critici e intellettuali dell’epoca, da Erwin Panofsky, noto per i suoi studi di iconografia, a Charles Scribner, editore di opere di Hemingway e Fitzgerald. Le pareti dell’appartamento degli Held erano tappezzate, come in una galleria, di dipinti e disegni di varia provenienza.” “Audette iniziò le sue stampe, e in seguito i suoi dipinti, con schizzi dettagliati. Il disegno fu sempre la spina dorsale del suo lavoro” “I suoi dipinti di rovine industriali e macchinari obsoleti raccontavano il declino dell’industria americana”

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto artistico

 

 

 

NOTA FINALE SULL’ARTISTA AUDETTE

DA:

https://www.annaheldaudette.com/art/

 

 

nel link sotto, trovate altre opere dell’artista esposte nel Museo Florence Griswold dal 30 settembre 2023 al 28 gennaio 2024.

 Florence Griswold Museum,link

 

 

Anna Held Audette (1938–2013), Scrap Metal V , 1990. Olio su tela, 70 ½ x 80 pollici, Florence Griswold Museum, dono di Louis G. Audette, 2022.24

 

il commento all’esposizione dello stesso Museo::

Nota per i suoi monumentali dipinti policromi di rovine industriali, Anna Held Audette era una pittrice americana di precisione, nella tradizione di Charles Scheeler, Walter Murch e Charles Demuth. Utilizzando colore, forma e scala con effetti drammatici, Audette ha ritratto il tempo e l’incuria su depositi di rottami, aerei, navi, treni, fabbriche e macchinari abbandonati.

All’inizio della sua carriera, Audette si concentrò sul disegno e sulla stampa d’arte. Fu solo più tardi, verso la mezza età, che Audette abbracciò la pittura. Eppure, nonostante i suoi mezzi espressivi preferiti cambiassero nel tempo, Audette esplorò costantemente la forma e la decostruzione. Attraverso un’ampia varietà di soggetti, dalla figura umana ai macchinari pesanti, questi temi di fondo rimasero evidenti in tutta la vasta opera di Audette.

Oggi i dipinti, le stampe e i disegni di Audette si trovano in collezioni private e in musei, come la National Gallery of Art,  il Rijksprentenkabinett, il Rijksmuseum, il Museo de Arte de Ponce, la Yale University Art Gallery e il Metropolitan Museum of Art.  

Le sue opere variano per soggetto, dimensione e tecnica, ma condividono un filo conduttore: nelle parole di Audette, “costituiscono un requiem visivo per l’era industriale”.    

 

 

 

 

Quest’opera è da Christe’s  / link 

 

 

Rottami metallici XVII

 

 

COMMENTO DI CHRISTIE’S:

 

Sembra naturale che la figlia del professor Julius Held, uno dei più eminenti storici dell’arte del XX secolo, abbia intrapreso una carriera nel mondo dell’arte. Anna Held Audette ha iniziato la sua carriera come incisore prima di dedicarsi alla pittura a olio, la sua tecnica preferita. Come l’americano Charles Sheeler, i cui temi urbani e industriali hanno definito un’iconografia dell’estetica dell'”era delle macchine”, le composizioni di Anna Audette riflettono e commentano la nostra era industriale. Con soggetti che spaziano da navi e aerei a macchine, edifici e rottami metallici, le sue tele di grandi dimensioni ci ricordano che, come lei stessa afferma, “i trionfi della tecnologia sono a un passo dall’obsolescenza”. Anna Audette cita diversi artisti come influenti nello sviluppo del suo stile, tra cui Giovanni Battista Piranesi, Piet Mondrian, Walter Murch e Franz Kline. Certamente, la sobria eleganza geometrica di un Mondrian si può ammirare in un’opera come Factory Wall (2005) di Audette, con la sua rappresentazione quasi astratta di una finestra di fabbrica a più vetri. Anche la presenza di Sheeler si fa sentire in Sloss Iron Furnaces (2002), un tipico soggetto di Sheeler, le ciminiere sui tetti. E Audette’s Factory (2005) potrebbe, a prima vista, essere un’opera caratteristica di Edward Hopper: l’esterno in mattoni rossi, le fredde ombre blu oltremare e il travolgente senso di solitudine e isolamento sono tutti tratti distintivi di quell’artista. Per adottare una prospettiva più storica, si possono persino considerare i dipinti architettonici di Anna Audette attraverso il filtro dei vedutisti del Settecento come Giovanni Paolo Panini e Hubert Robert, artisti i cui eleganti capricci di rovine romane commentano la grandezza di un’antica civiltà e la malinconia del suo successivo declino e decadenza. L’artista stessa osserva una stretta relazione tra la sua Demolition (1993) e uno schizzo di Robert. Spesso, grazie alla prospettiva estremamente ravvicinata di molte opere – come nel caso di “Scrap Metal XVII” di Audette ( immagine sopra ) , lotto 67 della presente asta – esse trasmettono un’intensa sensazione tattile e scultorea, con le superfici contorte e lucenti di un’opera di John Chamberlain. Dipinti di Anna Audette si trovano in collezioni prestigiose come il Metropolitan Museum of Art di New York, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, Regno Unito, e la Yale University Art Gallery di New Haven.

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Mina – 1963 / 1967 — album completo– lista delle canzoni sotto.

 

 

 

 

 

Tracklist:

1. CITTÀ VUOTA 2’39’’ (2025 Remaster)

2. È L’UOMO PER ME 2’23’’ (2025 Remaster)

3. UN BUCO NELLA SABBIA 2’21’’ (2025 Remaster)

4. UN ANNO D’AMORE 3’11’’ (2025 Remaster)

5. E SE DOMANI 3’05’’ (2025 Remaster)

6. IO SONO QUEL CHE SONO 2’11’’ (2025 Remaster)

7. TU FARAI 2’27’’ (2025 Remaster)

8. UN BACIO È TROPPO POCO 3’11’’ (2025 Remaster)

9. BRAVA 1’45’’ (2025 Remaster)

10. SOLI 3’00’’ (2025 Remaster)

11.L’ULTIMA OCCASIONE (Uno come te) 2’45’’ (2025 Remaster)

12.ORA O MAI PIÙ 2’24’’ (2025 Remaster)

13.ADDIO 2’28’’ (2025 Remaster)

14.PIÙ DI TE 2’31’’ (2025 Remaster) ù

15.UNA CASA IN CIMA AL MONDO 3’00’’ (2025 Remaster)

16.SE TU NON FOSSI QUI 3’00’’ (2025 Remaster)

17.TA-RA-TA-TA 2’08’’ (2025 Remaster)

18.BREVE AMORE 2’33’’ (2025 Remaster)

19.SE TELEFONANDO 2’56’’ (2025 Remaster)

20.SONO COME TU MI VUOI 3’33’’ (2025 Remaster)

21.MAI COSÌ 2’50’’ (2025 Remaster)

22.MI SEI SCOPPIATO DENTRO IL CUORE 3’04’’ (2025 Remaster)

23.L’IMMENSITÀ 2’35’’ (2025 Remaster)

24.CONVERSAZIONE 2’19’’ (2025 Remaster)

25. SABATI E DOMENICHE 2’44’’ (2025 Remaster)

26.SE C’È UNA COSA CHE MI FA IMPAZZIRE 2’39’’ (2025 Remaster)

27.LA BANDA 2’35’’ (2025 Remaster)

28.SE TORNASSE, CASO MAI 2’52’’ (2025 Remaster)

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da DONATELLA, grazie di avercene parlato ! — CLAUDIO TROTTA PARLA A REPORT — LO STADIO DI SAN SIRO… + IL GIORNO, 6 novembre 2025/ link sotto — MASSIMILIANO MINGOIA intevista CLAUDIO TROTTA : ” “Bando durato troppo poco, impossibile partecipare”

 

 

video :  pochi minuti

https://www.facebook.com/reel/1148522733598458

 

 

IL GIORNO – 6 novembre 2025

https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/claudio-trotta-san-siro-e04mjq7i?fbclid=IwY2xjawN7GMNleHRuA2FlbQIxMABicmlkETFxN05m
SkpOOENFdnY1MUxWc3J0YwZhcHBfaWQQMjIyMDM5M
Tc4ODIwMDg5MgABHs

 

 

Vendita di San Siro, Claudio Trotta: “Bando durato troppo poco, impossibile partecipare”

Il promoter, fra i fondatori del Comitato Sì Meazza, ascoltato dai pm dopo la presentazione dell’esposto sulla Scala del calcio: “Ci voleva una gara sullo stadio, non sull’intera area. Così diventa un’operazione immobiliare

 

MASSIMILIANO MINGOIA

 

 

Claudio Trotta; a destra, Bruce Springsteen, artista con il quale il promoter ha stretto un legame decennale- foto de Il Giorno

 

Milano, 6 novembre 2025 – “Sono stato convocato dalla Procura sulla base dell’esposto presentato dal Comitato Sì Meazza, di cui sono uno dei fondatori, sul caso San Siro. Sono stato ascoltato dai pm per tre ore e mezzo”.

Claudio Trottafondatore di Barley Arts, uno di promoter di concerti più noto a Milano e in Italia, organizzatore di decine di show di Bruce Springsteen nel Belpaese, è un fiero oppositore dell’accordo tra Comune e club sull’area di San Siro.

Quali sono stati gli argomenti del confronto con i pm?

“Su questo, naturalmente, non posso svelare nulla. Non sono stato io a parlare di turbativa d’asta come ipotesi di reato”.

Qual è il contenuto dell’esposto del Comitato Sì Meazza?

“L’esposto contesta le modalità dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse per stadio Meazza e l’area limitrofa. Un avviso nato dal progetto proposto da Milan e Inter al Comune sulla realizzazione di un nuovo stadio nell’area di San Siro e sulla demolizione e rifunzionalizzazione del Meazza. La prima critica riguarda i tempi previsti per l’avviso: appena 37 giorni – dal 24 marzo al 30 aprile 2025 – per presentare una proposta, dopo sei anni goduti dalle proprietà di Milan e Inter per dialogare con il Comune. Molti operatori, me compreso, confidavano in almeno 120 giorni, il minimo per elaborare un piano serio. Non è stato così. Ma c’è anche un’altra critica rilevata nell’esposto”.

Quale?

Il perimetro dell’operazione: non si parla più solo dello stadio Meazza ma di un’area tre volte più grande dell’impianto. Non si sta più parlando di valorizzare un bene pubblico iconico, ma di una vera e propria operazione immobiliare”.

Avrebbe preferito un bando solo sulla riqualificazione dello stadio Meazza?

“Ben prima del progetto presentato da Milan e Inter, il Comune avrebbe dovuto lanciare un bando per il futuro dell’attuale impianto. Una richiesta che già il 9 novembre 2022 avevo fatto al sindaco Giuseppe Sala, durante un incontro al quale aveva partecipato il general manager di Asm Global Giuseppe Rizzello, interessato a valutare un restyling e la successiva gestione dell’attuale stadio con o senza Milan e Inter presenti. Ma il bando sul Meazza non c’è mai stato. Noi avevamo profilato al sindaco una ristrutturazione dello stadio che prevedesse una copertura retrattile e portante, la realizzazione di un nuovo terreno di gioco che potesse permettere in maniera dinamica ed economicamente sostenibile, un utilizzo polivalente e rapido aperto a tutti i generi di spettacolo, di intrattenimento e di disciplina sportiva in ogni stagione dell’anno, nel pieno rispetto del contesto”.

SANX

Il rendering del progetto per il nuovo stadio: sulla sinistra, quello che resterà di San Siro

Nel frattempo Milan e Inter hanno presentato il progetto e si è aperto l’avviso durato 37 giorni…

“Un tempismo quantomeno curioso, che sembra costruito per scoraggiare – se non escludere – ogni proposta alternativa”.

 

Un avviso su misura per Diavolo e Biscione?

“Non ho motivi reali per sostenere una cosa del genere. Ma purtroppo viviamo in un Paese in cui i bandi e gli avvisi pubblici appaiono precostituiti. Sottolineo: appaiono. Ho 68 anni, sono un promoter, ho partecipato a centinaia di bandi. So come funziona. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Mi preme aggiungere un’ultima cosa”.

Prego.

“Dov’è l’interesse pubblico in tutta questa vicenda di San Siro? Si vuole abbattere lo stadio di Milano ma non si pensa minimamente ai cittadini e agli spettatori. Solo ai ricavi. O qualcuno crede ancora alla favola che per vincere la Champions bisogna avere uno stadio di proprietà?”.

 

altri articoli del quotidiano ” IL GIORNO ” SULL’ARGOMENTO:: puoi aprire, c’è il link nel titolo

 

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Il favoloso Museo Nazionale Archeologico di Taranto (MArTA) istituito nel 1887– due maschere della farsa ” fliacica ” ( vedi sotto ) in terracotta della Magna Grecia + una, fatta dalla natura postata da Gino Caffarelli / link sotto

 

 

 

 

 

logo MArTA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maschera in terracotta  conservata nel Museo archeologico nazionale (Taranto).
Museo MArTA
via Cavour, 10

Autore: Livioandronico2013

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Greek_mask_in_terracotta_in_Museo_archeologico_nazionale_(Taranto).jpg

 

 

segue da : 

ARTE.IT

Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto (MArTA) è fra i più importanti d’Italia e fu istituito nel 1887. Il Museo occupa fin dalle origini l’ex Convento dei Frati Alcantarini, costruito a metà del XVIII secolo e, in seguito ad interventi di ingrandimento a metà del XX secolo, l’adiacente corpo settentrionale dell’Ala Ceschi. A partire dal 1998 sono iniziati i lavori di ristrutturazione che hanno portato alla parziale riapertura al pubblico del Museo, avvenuta nel dicembre 2007.

Dal 2013 sono state riaperte al pubblico le nuove sezioni espositive del Museo dedicate alla città romana, alla città tardoantica e altomedievale fino alla rifondazione bizantina dell’XI secolo d.C

.
Oltre agli spazi già visitabili, in tutti i casi integrati con l’esposizione di nuovi reperti (monumenti funerari, vasi figurati, mosaici, intonaci dipinti, arredi), sono fruibili nuove sale dedicate alla ricca documentazione delle produzioni tarantine e delle importazioni di età romana, dei variegati corredi della necropoli della città, a partire dalla conquista di Q. Fabio Massimo del 209 a.C. fino al III secolo d.C.

Nelle vetrine risaltano le bellissime oreficerie, arricchite da paste vitree e pietre colorate, le terrecotte policrome ancora di tradizione greca, ossi, avori, e soprattutto vetri colorati importati che caratterizzano le sepolture ad incinerazione di età imperiale, fino ai frammenti di eccezionale eleganza di un sarcofago in marmo con scena di assalto alle navi.

La sezione dedicata alla città dal tardoantico all’età bizantina offre una vasta documentazione dei pavimenti musivi dell’edilizia pubblica e privata, con motivi geometrici e figurati policromi e materiali da scavi stratigrafici recenti (Villa Peripato, Palazzo delli Ponti, Cattedrale di San Cataldo) che hanno fornito dati rilevanti per la ricostruzione del centro antico in tali fasi cronologiche. Nell’ultima sala sono anche inserite epigrafi funerarie di Ebrei, Cristiani e Musulmani, che documentano la presenza a Taranto di genti di cultura e religione diverse fra il IV e l’XI secolo d.C.

La sezione dedicata alla storia del Museo è stata completamente rinnovata, con la ricostruzione di ambientazioni d’epoca del periodo di Q. Quagliati e C. Drago e con l’esposizione di acquisti e donazioni pervenute al Museo dalla fine dell’Ottocento ad oggi, con i vasi figurati di importazione e di produzione locale, trafugati dai siti archeologici del territorio apulo, confluiti in musei stranieri e oggi restituiti alla fruizione pubblica nel MArTA.

Una nuove veste espositiva è stata inoltre riservata ai quadri donati da Monsignor Ricciardi al Museo agli inizi del ‘900, in uno spazio a piano ammezzato che prospetta sulla Sala IX.

 

TARANTO ● MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI TARANTO MARTA

 

 

 

dal::

FACEBOOK DEL MUSEO  DI TARANTO

 

 

 

 

 

Questa maschera teatrale di terracotta riproduce le fattezze di uomo dal volto deforme e calvo.
I fori sugli occhi e sulla bocca ne consentono un’identificazione come maschera teatrale relativa alla farsa fliacica, un particolare genere diffuso a Taranto e in Magna Grecia su ispirazione della commedia attica.

La maschera è stata rinvenuta all’interno di una sepoltura a incinerazione databile tra la fine del II sec. a.C. e il I sec. a.C. a Taranto in contrada Corti Vecchie, via Regina Elena nel 1932
Venite ad ammirarla, si trova al MArTA nella sala XXII, vetrina 58A

 

commento alla maschera sopra nel link del Museo Facebook:

Bellissima opera di tempi passati mi viene in mente questa, opera creata da madre natura

*** Gino Caffarelli è un illustre artista, forse scultore, di Potenza o dintorni.. Taranto? Sul suo Facebook non l’ho trovato.

 

 

 

 

https://www.facebook.com/gino.cafarelli.3?__tn__=-UC*F

 

 

 

I reperti del passato incontrano il design del presente, in uno scambio continuo.
Come in questo attualissimo boccale attico a vernice nera ritrovato a Rutigliano (BA), Contrada Purgatorio, che risale al 430-400 a.C.

Vi aspetta al MArTA, sala VI, vetrina 47

 

 

+++++++

 

 

 

*** per chi si occupa di bellezza e di arte, anche antica o anche moderna ( vedi sopra )– visitate senz’altro il Facebook del Museo MARTA DI TARANTO di cui riporto un’altra volta il link:

 

basta fare clic qui sotto e si apre !
https://www.facebook.com/MuseoMARTA/?locale=it_IT

 

 

NOTA : link sotto

*** Farsa fliacica

 

Nel teatro classico non esistono solo due forme teatrali (cioè tragedia e commedia) ma anche esiste una terza che si chiama farsa fliacica.

Con Aristofane comincia un teatro nuovo che si chiama farsa fliacica. E questo teatro si sviluppa in Magna Grecia, Sicilia Salento ecc.

I Fliàci erano una sorta di saltinbanchi girovaghi, che allestivano semplici palchi su pali di legno in giro per la Magna Grecia e nell’isola di Sicilia. Fliaci è un epiteto dello stesso Dioniso del suo seguito deriva dal verbo φλύω in greco antico cioè scorro. Dato che, Dioniso era originariamento la linfa vitale che scorre nel mondo vegetale e determina la riproduzione.

Nella loro prima fase (V secolo a.C.) tali attori non usavano testi scritti, ma un canovaccio col quale aiutarsi improvvisando dialoghi in dialetto dorico. Il loro lavoro contribuiva ad esaltare l’atmosfera gioviale e sconcia delle feste dedicate a Dionisio. Gli attori indossavano dei costumi buffi, rigonfi, e addobbati con riferimenti all’organo genitale maschile. Farsa fliacita recita tata cioè da fliaci, autori travestiti con enormi pancioni e muniti di gigantesco fallo.

Fissata in forma letteraria da Rintone di Siracusa, tutto quello che ne è rimasto sono le raffigurazioni su vasi, ritrovate nei pressi di Taranto, il cui studio ha permesso solo una parziale ricostruzione del genere. Rintone di Siracusa fliacografo e poeta diede al genere una maggior eleganza e finezza letteraria: cosa non semplice considerando lo scopo che si prefiggeva tal genere di farsa.

Della produzione scenica di Rintone, che probabilmente era formata da 38 drammi ilari, ci rimangono nove titoli (Dulomeleagro, Eracle, Anfitrione, Ifigenia in Aulide, Ifigenia fra i Tauri, Medea, Meleagro schiavo, Oreste, Telefo) e 28 frammenti, scritti tutti in dialetto dorico di Taranto.

—  E’ sicuro che la forma espressiva del mimo abbia avuto la sua origine in Sicilia..e secondo Aristotele, che nella Poetica attribuisce ai siciliani Formide ed Epicarmo i primi testi teatrali comici, la commedia siracusana precedette quella attica.  Cosi la commedia nacque prima in Italia (Magna Grecia) e poi abbiamo la forma della commedia con un’altra struttura ad Atene.

Apostolos Apostolou
Docente di filosofia

 

 

dramma.ithttps://www.dramma.it/index.php?option=com_content&view=article&id=25026&catid=51&Itemid=28

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Da Brest— Ai bombardamenti di Milano nel ’43 / e la Ricostruzione — Da : STORIE MILANESI.ORG / APPROFONDIMENTO/I BOMBARDAMENTI- RICOSTRUZIONE /link + altro

 

 

 

DA :

STORIE MILANESI.ORG / APPROFONDIMENTO/I-BOMBARDAMENTI- RICOSTRUZIONE
https://www.storiemilanesi.org/approfondimento/i-bombardamenti-ricostruzione/

 

 

I bombardamenti e la ricostruzione

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale Milano subì danni gravissimi al tessuto urbano e al suo patrimonio monumentale. Obiettivo strategico dell’alleanza anglo-americana per il suo ruolo industriale e di snodo commerciale, insieme a Torino e Genova, la città fu ripetutamente colpita dai bombardamenti aerei tra il 1940 e il 1944.

Se le prime incursioni provocarono danni circoscritti, i bombardamenti dell’ottobre 1942, i più tragici dell’agosto 1943, e del 1944 mutarono profondamente, e per sempre, l’aspetto della città che abitiamo oggi.

 

 

 

1943: la zona compresa tra San Babila e Largo Augusto dopo un bombardamento aereo; sullo sfondo è visibile la guglia del duomo

da : https://it.wikipedia.org/wiki/File:Bombard_milano.jpg

 

 

 

Piazza Fontana, 1943
[Fonte: ANPI di Lissone]

 

 

 

Dal 1940 al 1945 Milano, importante centro industrializzato d’Italia, fu oggetto di ripetuti bombardamenti ad opera degli aerei inglesi e statunitensi. Notevoli i danni al patrimonio artistico. Particolarmente, in occasione delle incursioni del mese di agosto dell’anno 1943, vennero danneggiati il Duomo, la Basilica di Sant’Ambrogio, le Chiese di Santa Maria delle Grazie (l’Ultima cena di Leonardo da Vinci fortunatamente non subì danno), Sant’Eustorgio, San Satiro, San Tommaso, San Sebastiano, San Bernardino e San Carlo. Subirono altresì danni il Castello Sforzesco, la Galleria Vittorio Emanuele II, la Scala, la Ca’ Granda, Palazzo Reale, Palazzo Sormani e molti altri edifici d’interesse storico od artistico.

185.000 iscritti

 

 

da :   wikiwand::

”  Bombardamento a tappeto “
https://www.wikiwand.com/it/Bombardamento_a_tappeto

 

 

 

Distruzione Sant'Ambrogio.jpg

la distruzione di Sant’Ambrogio nel ’43

 

 

 

Il cortile dell’Ospedale maggiore di Milano (Ca’ granda), oggi sede dell’Università degli Studi di Milano, dopo i bombardamenti del 1943
[Fonte: Wikimedia Commons]

 

 

 

 

Milano, via Olmetto, dopo un bombardamento aereo  ( 1943 )
Mario Rossi – mio archivio digitale
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Via_Olmetto_devastata_dai_bombardamenti_bellici_del43.jpg

 

 

 

Santa Maria delle Grazie dopo i bombardamenti del 1943
[Fonte: Wikimedia Commons]

 

 

 

 

Teatro alla Scala, 1943
[Fonte: Storia di Milano]

 

 

 

 

La Galleria dopo i bombardamenti dell’agosto 1943
Foto Pessina

 

 

Visone della Galleria dall’ottagono verso piazza Duomo dopo i bombardamenti dell’estate del ’43.
ignoto – Archivio

 

 

 

“Ma noi ricostruiremo”. La Milano bombardata del 1943 nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

SOTTO LINK-

ARTE.IT

© Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo | “Ma noi ricostruiremo”. La Milano bombardata del 1943 nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

 

 

 

MILANO 1955

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

MILANO, 1948

Palazzo Resta in via Conservatorio, primavera 1948
[ Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti ]

 

 

 

 

Palazzo Resta in via Conservatorio, primavera 1948
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

Palazzo Resta in via Conservatorio, primavera 1948
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

 

MILANO, 1955

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

I bombardamenti e la ricostruzione

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale Milano subì danni gravissimi al tessuto urbano e al suo patrimonio monumentale. Obiettivo strategico dell’alleanza anglo-americana per il suo ruolo industriale e di snodo commerciale, insieme a Torino e Genova, la città fu ripetutamente colpita dai bombardamenti aerei tra il 1940 e il 1944. Se le prime incursioni provocarono danni circoscritti, i bombardamenti dell’ottobre 1942, i più tragici dell’agosto 1943, e del 1944 mutarono profondamente, e per sempre, l’aspetto della città che abitiamo oggi.

I sessanta raid aerei che si concentrarono sul capoluogo lombardo causarono decine di migliaia di morti e furono spesso all’origine della trasformazione urbanistico-architettonica della città nei decenni successivi al conflitto. Un terzo delle costruzioni milanesi edificate andò distrutto dai bombardamenti, dagli incendi che ne divamparono, o dalle demolizioni, necessarie o avventate, intraprese con la ricostruzione. Oltre il 65% degli edifici sottoposti a tutela dalla Soprintendenza furono danneggiati nonostante le misure di difesa nazionale del territorio e le disposizioni di salvaguardia che la stessa Milano, con grande lungimiranza e tecnica, dettò al ministero dell’Educazione Nazionale, al tempo dicastero dei beni e delle attività culturali del governo fascista. Chili di sabbia, armature e puntellamenti salvarono il Cenacolo vinciano e il ciborio di Sant’Ambrogio ma molte opere architettoniche, sia pubbliche che private, scomparvero per sempre nella loro versione originaria: i teatri Dal Verme, Verdi e Filodrammatici, Casa Velasco e Palazzo Melzi di Cusano in Porta Romana, le scuderie di Villa Reale, Palazzo Ponti di fronte a Brera o i Palazzi Arcimboldi, Cicogna (Via Unione) e Cramer (Via Fatebenefratelli), per citarne solo alcuni.

 

Il prestito di un miliardo di allora, ottenuto dal Comune nel 1944, servì a malapena a sgomberare la città dalle macerie. I

Il Montestella, collina artificiale nel nuovo quartiere sperimentale QT8 progettatato da Piero Bottoni (1947) fu eretto proprio grazie al riutilizzo dei detriti di guerra a perenne memento della città perduta.

Gli effetti della guerra, e insieme la speculazione edilizia aggravata dalla domanda di una popolazione più che raddoppiata già nel decennio precedente la Guerra, annullarono l’intersecarsi di vie popolari e quartieri ricchi e intere aree furono modificate nell’assetto planimetrico. Questo, per esempio, il destino del malfamato Bottonuto, quartiere “rosso” dietro Piazza Diaz, e di molte altre zone, almeno fino al piano regolatore del 1953.

 

 

 

 

11 maggio 1946 — ARTURO TOSCANINI RIAPRE LA SCALA DI MILANO

concerto : 1h 50 min. ca

 

L’11 maggio 1946 riaprì trionfalmente il Teatro alla Scala mentre i vuoti della città ferita alimentarono l’acceso dibattito tra ricostruzione in stile e libertà progettuale. Gli esiti più felici di questa dialettica diedero il via alla costruzione di edifici simbolo della modernità: Torre Velasca (BBPR, 1956-8), grattacielo Pirelli (Giò Ponti, 1956-61) e Padiglione d’arte Contemporanea (Ignazio Gardella, 1951-4) sono alcune delle architetture che, per destinazione d’uso, andranno a qualificare il volto della Milano contemporanea.

 

 

testo e molte foto da ::
http://www.storiemilanesi.org/approfondimento/i-bombardamenti-ricostruzione/

 

 *****

 

 

 

video, 2.23 min.
GIORNALE LUCE, 1  settembre 1943
Archivio Luce Cinecittà

 

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Un primo incontro ( o forse, secondo ) incontro con la Famiglia Floz– notizie sotto

 

 

video, 4.34 min.

 

Famiglia Floz, Teatro Delusio, stagione 2019 / 2020

 

 

 

 

 

video, 7  min. ca

apri qui

INFINITA di Familie Flöz @ Teatro Valle Occupato | 6-8 marzo 2014

 

 

Familie Flöz, o Familie Floez, è una compagnia di teatro internazionale residente a Berlino.

Gli spettacoli che la compagnia realizza e produce prendono vita da un lungo processo introspettivo e collettivo che attraversa differenti discipline teatrali fra le quali il teatro di figura, il teatro di maschera, la danza, la clownerie, l’acrobazia, la magia e l’improvvisazione.

 

Nel suo lavoro teatrale la compagnia utilizza un linguaggio del corpo non convenzionale che attraverso l’uso di maschere e travestimenti rivela ciò che è nascosto nell’animo dell’essere umano.

La Familie Flöz si avvale di mezzi definiti “antelinguistici” poiché le maschere non hanno solo una forma, ma anche un contenuto, che si sviluppa con la maschera e la recitazione, fino all’atto simbiotico con l’attore come risultato finale.

Gli spettacoli della Familie Flöz sono stati rappresentati in 34 nazioni.

 

 

se vuoi, apri qui

Storia della Compagnia- link

 

da : 
https://it.wikipedia.org/wiki/Familie_Fl%C3%B6z

 

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Qualche foto di Gubbio ( Iguvium ) .. in cerca del lupo ! — + altro + altro

 

 

 

 

 

Old Roman Theater and the biggest Christmas tree of the world by night, Gubbio, Italy

Gubbio:  il teatro romano e un enorme albero di Natale ..

 

 

 

Gubbio, Perugia - Umbria, italy

Gubbio, in provincia di Perugia, in Umbria

 

 

 

cartina delle città dell’Umbria:

 

La cartina dell'Umbria. Dove trovare i luoghi più belli e importanti

una cartina delle città principali dell’Umbria- Gubbio si trova al nord-est

https://www.umbriaconme.com/it

 

 

 

 

 

Teatro romano di Gubbio nel Parco Archeologico– notizie nel link
https://cultura.gov.it/luogo/parco-archeologico-del-teatro-romano-di-gubbio

 

 

 

 

Italy, Umbria, Province of Perugia, Gubbio, Christmas tree on mount Ingino, fireworks

Natale a Gubbio– di nuovo..

 

 

 

Fontana del Bargello in Gubbio - historic square with the "Fountain of Madmen" in Umbria

 

 

 

 

Medioeval buildings, Gubbio

 

 

 

 

Town from below.

 

 

 

 

 

Palazzo dei Consoli

 

 

 

 

fields with bales, gubbio, umbria, italy - gubbio foto e immagini stock

 

 

 

 

 

Italy, Umbria, Gubbio, Countryside fields shrouded in thick morning fog

 

 

 

 

Primo piano di ceramica decorativi

ceramica caratteristica della zona

 

 

nota sulla ceramica di Gubbio, da:

https://www.umbriatourism.it/it/-/la-ceramica-di-gubbio

 

A  Gubbio dei documenti d’archivio fanno risultare l’opera di mastri ceramisti fin dal 1300.
Le testimonianze medioevali mostrano una maiolica arcaica con decorazioni geometriche o vegetali di verde e bruno. Ma la fama della tradizione ceramica di questa città è legata al grande ceramista Giorgio Andreoli detto Mastro Giorgio, che giunge a Gubbio nel 1489 proveniente da Intra, sul Lago Maggiore. Fu l’arte di applicare il  lustro, di cui Mastro Giorgio fu maestro indiscusso, a render famosa la ceramica eugubina: oro, argento, verde e soprattutto un bel rosso rubino di tonalità intensa.

Dopo un lungo periodo di decadenza, la ripresa della produzione ceramica si ebbe nella seconda metà dell’Ottocento all’interno di un movimento culturale che investì l’Umbria con lo scopo di recuperare la tradizione rinascimentale.
Nei primi del Novecento, periodo a cui risalgono le prime esperienze di Aldo Ajò, il cui stile fu imitato da allievi ed epigoni; di Baffoni, Cavicchi, Faravelli, Monarchi, Notari, dei fratelli Rossi …,  i ceramisti eugubini hanno intrapreso anche altre strade, oltre a quella della produzione di maioliche riverberate, come la lavorazione dei  buccheri, lucidati e poi decorati a graffito o con smalti policromi e con oro oppure ceramiche di ispirazione medioevale in cui predomina il blu cobalto.

 

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Piatto lustrato da mastro Giorgio (1525Museo internazionale delle ceramiche in Faenza)

 

 

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Piatto lustrato con “la metamorfosi di Ciparisso” (1525/30) di Mastro Giorgio
WGA – Image from Web Gallery of Art

 

 

 

nota su:

 

Il lustro è una particolare tecnica decorativa che consente di ottenere un tono metallico con sfumature cangianti o iridescenti.

Il procedimento è particolarmente sofisticato e venne acquisito dalla lavorazione della ceramica, nella seconda metà del XV secolo, quasi certamente attraverso la mediazione dei lustri ispano-moreschi provenienti dalla Spagna attraverso il porto intermedio di Maiorca, da cui prese il nome di maiolica.

 

se vuoi, segue nel link : https://it.wikipedia.org/wiki/Lustro_(tecnica)

 

 

 

Coppa di terracotta con lustro, da SusaIranX secolo- Louvre
Sconosciuto – Marie-Lan Nguyen (2006)

 

 

 

 

Piatto ispano- moresco, Manises, 1400-60
Sailko – Opera propria

 

 

definizione e immagini da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Lustro_(tecnica)

 

 

 

altra e ultima nota da:

https://en.wikivoyage.org/wiki/Manises

 

 

MANISES…

 

..  è una piccola città di 31.000 abitanti (2018) nella provincia di Valencia . È la sede dell’aeroporto di Valencia ed è un importante centro per la ceramica, praticata da almeno 700 anni.

Manises fu fondata dagli arabi, che la trasformarono in un centro per la produzione di ceramiche. Nel 1237 la città fu conquistata da re Giacomo d’Aragona, che permise ai residenti musulmani di rimanere e di insegnare ai nuovi arrivati ​​cristiani l’arte della ceramica. Nel Medioevo, le ceramiche di Manises divennero molto apprezzate nelle corti reali di tutta Europa, soprattutto quelle con il caratteristico stile blu e oro, sviluppato per la prima volta dagli artigiani mori.

A differenza di altre città vicine, dove la tradizione della ceramica si è estinta, Manises è ancora oggi nota per la sua ceramica. È il più grande centro di produzione della Spagna, con oltre 100 laboratori e fabbriche situati in città e altri 50 nei comuni limitrofi.

 

 

Manises – Travel guide at Wikivoyage

Questa ex fabbrica di ceramiche ospita l’ufficio informazioni turistiche

 

 

Museu de Ceramica de Manises- link Tripadvisor

 

 

 

Manifestazione a Valencia, 1932
Sconosciuto – Ombra i claror

come si sa, la guerra civile spagnola è del 1936/ 39

 

Visca/ Vixca- nella foto  ( = Viva ) Valencia —

 

video, 0.47 min. — durante la terribile alluvione  del novembre 2024

https://www.youtube.com/shorts/9uH4s0dVmaE?feature=share

 

 

 

 

Provincia di Valencia - Wikipedia

Valencia provincia
Wikipedia

e infine..

Galinka Zlatà Palz, la bellissima

 

Annuncio con vero piacere che il mio Amico GERMANO MASCI stà per avere la sua prima cucciolata con i LUPI DI GUBBIO, ovvero tra il suo pluri campione Wakan Big Wolf e la bellissima Galinka.

 

 

 

Wakan Big Wolf

Sia Wakan che Galinka hanno già riprodotto in passato, ma questa per loro è la prima cucciolata insieme e tra pochi giorni nasceranno i piccoli.

 

 

 

*** per chi proprio volesse passare qui  con noi la serata..:

 

VALENCIA: I

video, 7 min. — “Voces para la Paz” (Músicos Solidarios)- Concierto 17 nocembre 2024 per l’alluvione a Valencia :: MARCHA RADETZKY. Johann Strauss. Director: Andrés Salado, – Percusión: Raúl Benavent. *** mai sentita un’edizione così allegra, è una festa per tutti, non una marcia.

 

 

VALENCIA II.

Se qualcuno vuole restare in Spagna con noi, andiamo a Valencia nei giorni de ” Las Fallas ” ( 2023 )- tra un po’ iniziano le feste di quest’anno — dal 1 al 19 marzo 2025- queste feste tradizionali sono del patrimonio immateriale dell’Unesco+ Valencia, qualche foto ed altro

 

*** las fallas- feste, grandi feste

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Donatella D’Imporzano, pochi versi del marzo ’24 – + mario bardelli, Volto, 2024, acrilico su tela, cm 50×50

 

 

 

 

 

 

Quei volti parlano
come le pietre.
Contro cieli infiniti
sopportano i giorni.
Come le pietre
dei loro sentieri
sorreggono la vita,
quei passi
che portano
ad un cielo indifferente.

 

 

 

 

 

bardelli, volto, 2024, acrilico su tela, cm 50×50

 

 

 

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Ignoto. San Francesco e il Lupo. Mostra a Gubbio fino all’11 gennaio 2026 : ” Francesco d Frate Lupo ” al Museo Civico, il Museo Diocesano e le Logge dei Tiratoi + altro

 

 

 

 

Ignoto, Francesco ammansisce il lupo di Gubbio
sec. XV; carta, 34 x 25 cm;
Assisi, Santa Maria degli Angeli,
Biblioteca Porziuncola,
Specchio dell’Ordine dei Minori o Franceschina

 

 

 

nel link sotto, altre immagini dei quadri della Mostra:

https://www.finestresullarte.info/recensioni-mostre/recensione-mostra-beato-angelico-palazzo-strozzi-museo-di-san-marco– 27 settembre 2025

*********

 

 

 

FIORETTI DI SAN FRANCESCO,  capitolo  XXI

 

Il lupo di Gubbio“Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio, nel contado d’Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini; in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura, però che spesse volte s’appressava alla città; e tutti andavano armati quando uscivano della città, come s’eglino andassono a combattere, e con tutto ciò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo. E per paura di questo lupo e’vennono a tanto, che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra. Per la qual cosa avendo compassione santo Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, bene che li cittadini al tutto non gliel consigliavano; e facendosi il segno della santissima croce, uscì fuori della terra egli co’suoi compagni, tutta la sua confidanza ponendo in Dio. E dubitando gli altri di andare più oltre, santo Francesco prese il cammino inverso il luogo dove era il lupo.
Ed ecco che, vedendo molti cittadini li quali erano venuti a vedere cotesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed appressandosi a lui santo Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sé e disse così: “Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona”. Mirabile cosa a dire!Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere. E santo Francesco gli parlò così: “Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, e hai fatti grandi malifici, guastando e uccidendo le creature di Dio sanza sua licenza, e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere uomini fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu se’degno delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro, sicché tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e né li uomini né li cani ti perseguitino più”. E dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di orecchi e con inchinare il capo mostrava d’accettare ciò che santo Francesco dicea e di volerlo osservare.
Allora santo Francesco disse: “Frate lupo, poiché ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto ch’io ti farò dare le spese continuamente, mentre tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicché tu non patirai più fame; imperò che io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’accatto questa grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana né ad animale: promettimi tu questo?”. E il lupo, con inchinare di capo, fece evidente segnale che ‘l prometteva. E santo Francesco sì dice: “Frate lupo, io voglio che tu mi facci fede di questa promessa, acciò ch’io me ne possa bene fidare”. E distendendo la mano santo Francesco per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sopra la mano di santo Francesco, dandogli quello segnale ch’egli potea di fede. E allora disse santo Francesco: “Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo, che tu venga ora meco sanza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio”. E il lupo ubbidiente se ne va con lui a modo d’uno agnello mansueto; di che li cittadini, vedendo questo, fortemente si maravigliavano. E subitamente questa novità si seppe per tutta la città; di che ogni gente, maschi e femmine, grandi e piccioli, giovani e vecchi, traggono alla piazza a vedere il lupo con santo Francesco.Ed essendo ivi bene raunato tutto ‘l popolo, levasi su santo Francesco e predica loro, dicendo, tra l’altre cose, come per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze, e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ci ha a durare eternalemente alli dannati, che non è la rabbia dello lupo il quale non può uccidere se non il corpo: “quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d’un piccolo animale. Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de’vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale”. E fatta la predica, disse santo Francesco: “Udite, fratelli miei: frate lupo che è qui dinanzi da voi, sì m’ha promesso, e fattomene fede, di far pace con voi e di non offendervi mai in cosa nessuna, e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui che ‘l patto della pace egli osserverà fermamente”. Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo continovamente. E santo Francesco, dinanzi a tutti, disse al lupo: “E tu, frate lupo, prometti d’osservare a costoro il patto della pace, che tu non offenda né gli uomini, né gli animali, né nessuna creatura?”. E il lupo inginocchiasi e inchina il capo e con atti mansueti di corpo e di coda e d’orecchi dimostrava, quanto è possibile, di volere servare loro ogni patto. Dice santo Francesco: “Frate lupo, io voglio che come tu mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, che tu non mi ingannerai della mia promessa e malleveria ch’io ho fatta per te”. Allora il lupo levando il piè ritto, sì ‘l puose in mano di santo Francesco. Onde tra questo atto e gli altri detti di sopra fu tanta allegrezza e ammirazione in tutto il popolo, sì per la divozione del Santo e sì per la novità del miracolo e sì per la pace del lupo, che tutti incominciarono a gridare al cielo, laudando e benedicendo Iddio, il quale sì avea loro mandato santo Francesco, che per li suoi meriti gli avea liberati dalla bocca della crudele bestia. E poi il detto lupo vivette due anni in Agobbio, ed entravasi dimesticamente per le case a uscio a uscio, sanza fare male a persona e sanza esserne fatto a lui, e fu nutricato cortesemente dalla gente, e andandosi così per la terra e per le case, giammai nessuno cane gli abbaiava drieto. Finalmente dopo due anni frate lupo sì si morì di vecchiaia, di che li cittadini molto si dolsono, imperò che veggendolo andare così mansueto per la città, si raccordavano meglio della virtù e santità di santo Francesco. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.Fioretti, capitolo XXI

 

Preghiera:

O Signore, il mondo è pieno di violenza e di guerre, come lo era la società in cui Francesco d’Assisi viveva. La gente spesso vive nella paura e senza speranza per il proprio futuro e quello del suo popolo. Libera, Signore, il mondo dalla guerra, dalla violenza e dalle ingiustizie, concedi a tutti quella pace che tu solo puoi dare. Dona la pace in particolare a quella terra, che tu hai percorso e dove hai annunciato il Vangelo del regno, Tu che sei Dio e vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

 A cura della Comunità di Sant’Egidio

 

 

 

da :

 

VATICAN.VA/ SPIRIT/ DOCUMENTS / SPIRIT  20001124  FIORETTI.IT

https://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20001124_fioretti_it

 

 

nota :

 

FIORETTI DI SAN FRANCESCO

-Illustrazioni di p. Leone Bracaloni

 8,55 €

editore Porziuncola, 2014

** ci sono altre edizioni… 

 

 

ULTIMISSIMA :

 

El lobo de Gubbio.

 

opera sopra ultima:

José Benlliure y Gil  (Valencia, 1º ottobre 1855 – Valencia, 5 aprile 1937) è stato un pittore spagnolo.

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MARIO DI VITO, Il memorandum con la Libia si rinnova nel nome di Almasri– IL MANIFESTO  2 ottobre 2025 — aggiornato oggi- 17.40

 

 

IL MANIFESTO  2 ottobre 2025 — aggiornato oggi- 17.40
https://ilmanifesto.it/il-memorandum-si-rinnova-in-silenzio-nel-nome-di-almasri

 

 

 

Il memorandum con la Libia si rinnova nel nome di Almasri

 

 

 

 

 

Giorgia Meloni con Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh foto LaPresse

Mario Di Vito

Si trattava di non fare niente, e il governo è riuscito a svolgere questo compito alle perfezione: oggi si rinnova in automatico il memorandum tra Italia e Libia «sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere».

 

SCATTA in sostanza la clausola inserita all’articolo 8: le parti possono chiedere di rivedere gli accordi solo in forma scritta e con un preavviso almeno di tre mesi sulla scadenza.

 

Il patto venne stipulato il 2 febbraio del 2017, si intenderà tacitamente confermato il 2 febbraio del 2026 e oggi è l’ultimo giorno utile per poterlo disdire o modificare. Se ne riparlerà tra tre anni.

 

Nessuna sorpresa: il dibattito sul memorandum non è esistito in parlamento e nel paese soltanto poche tra associazioni umanitarie e ong hanno provato, vanamente, ad alzare la voce. Dunque la collaborazione continuerà, i lager per migranti in Libia non interromperanno il loro lavoro e la famigerata guardia costiera di Tripoli proseguirà la sua sanguinaria opera di limitazione delle partenze verso le coste italiane. Tutto questo in cambio di soldi, mezzi e addestramento. Un affare.

 

IERI, intanto, la Corte penale internazionale ha reso pubblica l’ultima risposta di Roma alle domande della prima pre-trial chamber sul caso Almasri, nome simbolo dello stretto rapporto che c’è tra Italia e Libia.

 

Le due paginette, firmate dall’ambasciatore italiano nei Paesi Bassi Augusto Massari e consegnate all’Aja venerdì, sono l’estremo tentativo di evitare un deferimento di fronte al consiglio di sicurezza dell’Onu per mancata cooperazione giudiziaria.
E i toni, rispetto al passato quando si parlava di «mandato d’arresto confusionario» e si concionava di «interessi strategici» e «sicurezza nazionale», sono molto più bassi.

 

IL NOSTRO PAESE quasi ammette l’errore fatto con la mancata consegna dell’ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli, ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità. Scrive Massari: «L’esperienza maturata con il caso Almasri ha portato l’Italia, in tutte le sue articolazioni (parlamento, governo e magistratura), a intraprendere una revisione delle modalità con cui deve operare il sistema di cooperazione delineato dalla legge italiana».

 

 

IL RIFERIMENTO  è alla decisione presa giovedì dalla Corte d’appello di Roma di sollevare davanti alla Corte costituzionale una questione sulla parte della legge numero 237 del 2012 (quella che regola appunto la cooperazione con la Cpi) in cui si parla di obbligo da parte dell’autorità giudiziaria di interloquire con il ministero della giustizia.

La sponda al governo è evidente: il problema con Almasri – cioè proprio il motivo per cui il 21 gennaio il suo arresto non venne convalidato – risiedeva nel fatto che da via Arenula ( Sede del Min. Giustizia ) nessuno rispose alle sollecitazioni della Corte d’appello di Roma. Che ora dice: in fondo quella parte della legge forse era sbagliata.

Non basta per coprire l’inazione del ministro Carlo Nordio e dei suoi uffici (che nemmeno si sono degnati di interloquire con la Corte dell’Aja), ma i giudici di fatto concedono che la norma era da considerare quantomeno discutibile. Peccato che tutti i più importanti paesi europei prevedono nei casi del genere avvenga un dialogo tra i magistrati e l’esecutivo, che ha sempre l’ultima parola: in Francia il guardasigilli filtra tutte le richieste, in Germania il ministero federale della giustizia ha potere di veto, in Spagna il governo ha facoltà di bloccare tutto per motivi di politica estera, nel Regno Unito il segretario di stato ha il pieno controllo delle procedure.

 

AD OGNI MODO, Massari assicura che qualcosa stiamo facendo. Di più, l’ambasciatore spiega all’Aja che con il diniego opposto dalla Camera alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Nordio, Piantedosi e Mantovano non è affatto un colpo di mano, perché «la magistratura ha il potere di sollevare la questione del conflitto di attribuzione di poteri statali dinanzi alla Corte Costituzionale; inoltre, la questione può essere sollevata senza alcun termine prefissato. La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibili ricorsi analoghi in diverse occasioni».

Un ricorso c’è già, l’ha presentato a nome di Lam Magok, vittima di Almasri, l’avvocato Francesco Romeo. Ma proprio questa settimana il tribunale dei ministri ha disposto l’archiviazione dei due ministri e del sottosegretario in virtù dello scudo parlamentare.

 

MASSARI però insiste molto sul punto della libertà d’iniziativa della giurisdizione, e fa presente che esiste anche un’indagine aperta per false informazioni ai pm nei confronti di Giusi Bartolozzi, capa di gabinetto del ministero della Giustizia. «La procura è, ovviamente, indipendente e la durata del procedimento non è in alcun modo prevedibile», argomenta. Nessun accenno ovviamente al clima che si respira in Italia quando si parla di giustizia: ogni decisione presa da un giudice e sgradita al governo diventa casus belli; la premier ormai manco nasconde più che la riforma della separazione delle carriere è una vendetta contro le toghe; chi ha rinviato alla giustizia europea le leggi sull’immigrazione – a ragione, viste le sentenze – è stato additato e oggetto di linciaggio televisivo per mesi e mesi. E pure sul caso Almasri nello specifico non c’è mai stata alcuna vera ammissione di responsabilità da parte dell’esecutivo.

 

«L’ITALIA rinnova la sua ferma intenzione di collaborare positivamente con la Cpi», scrive Massari prima dei cordiali saluti. Da domani, però. Scordiamoci il passato. Nella speranza che il prossimo criminale internazionale che passa da queste parti non sia un pezzo fondamentale della nostra politica estera come l’ultimo.

 

 

 

NOTA  1:

Solo la fraternità ci può salvare. Interviste con don Mattia Ferrari e Lam Magok

foto articolo 21

Lam Magok

il manifesto, 17 ottobre 2025

Almasri, gli avvocati delle vittime chiedono il ricorso alla …

 

 

nota 2:

Mario Di Vito

Mario Di Vito è cronista giudiziario de “il manifesto”. Per Laterza è autore di Colpirne uno. Ritratto di famiglia con Brigate Rosse (2022) e La pista anarchica. Dai pacchi bomba al caso Cospito (2023).

 

 

Il nero dei giorni

Storia del giudice Amato, delle sue indagini e del suo omicidio

Mario Di Vito

€ 19,00
LATERZA 2025

PRESENTAZIONE DELL’EDITORE:

Dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, Roma è sconvolta dalla violenza politica. I Nar, i Nuclei armati rivoluzionari di Mambro e Fioravanti, espressione della galassia neofascista, si distinguono per l’efferatezza delle loro azioni e per i collegamenti con i servizi segreti e la banda della Magliana. A indagare su di loro è un magistrato, Mario Amato. Solo e isolato, verrà ucciso, perché aveva intuito molte verità scomode.

Roma, 23 giugno 1980. Il sostituto procuratore Mario Amato sta aspettando sotto casa sua l’autobus che dovrebbe portarlo al lavoro, in tribunale. La macchina è rotta, la scorta non è disponibile e lui non può fare altro che servirsi dei mezzi pubblici.
All’improvviso un ragazzo si avvicina a lui, gli punta una pistola alla testa e apre il fuoco. Amato muore così, in mezzo alla strada, da solo. A sparare è stato Gilberto Cavallini, mentre il suo complice, il giovanissimo Luigi Ciavardini, lo attende a bordo di una moto. I due fanno parte dei Nuclei armati rivoluzionari, la formazione terroristica di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che sta mettendo a ferro e fuoco Roma tra omicidi efferati, rapine e loschi traffici.

Su queste vicende Amato stava indagando, intuendo quella che lui stesso definì «una verità d’assieme». In procura però era isolato, i suoi capi lo ignoravano e alcuni colleghi addirittura cercavano di delegittimarlo e di sabotare il suo lavoro.

Mettendo insieme la biografia di questo sostituto procuratore e la storia delle sue indagini, andate avanti anche dopo la sua morte, il libro segue il percorso del filo che collega la lotta armata nera degli anni ’70 ai giorni nostri, tra personaggi ricorrenti, legami indissolubili e uno spirito che continua ad abitare le istituzioni ai suoi livelli più alti.

 

 

 

Scheda libro

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Certamente ve ne siete accorti, ma ogni mattina l’Ansa/ o i tg ci lasciano costernati, ieri era uguale ma le notizie diverse…possibile che diminuiscano sempre di più i soldi ( anche per le scuole ) sulla salute mentale… ?

 

 

 

 

segue da:

Ansa.it 3 novembre 2025 

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2025/11/03/

 

 

 

tutti i link–di stamattina :::

 

‘Mi hanno accoltellata’, grave una donna nel centro di Milano

 

 

Minore torturato a Torino, sequestrati telefoni e video

Potrebbero contenere immagini dei soprusi subiti dal ragazzo, la Procura indaga per sequestro di persona

 

 

Ciclista ucciso da un’auto pirata, è lo zio di Laura Pausini

 

 

Due alpinisti italiani dispersi in Nepal, in corso le ricerche

 

 

 

Napoli
Diciottenne ucciso a Boscoreale Si costituiscono due giovani

 

Roma, ore 12.35

Secondo una prima ricostruzione, una parte della struttura in muratura si sarebbe staccata durante le operazioni di intervento, travolgendo parte delle impalcature e causando il cedimento di alcune porzioni del ponteggio. Gli operai presenti hanno subito dato l’allarme e diversi testimoni hanno riferito di aver udito un forte rumore, seguito da una nuvola di polvere che ha invaso la strada.

 

In crescita i reati di strada, più colpite le grandi città

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video, 3.36 — Steve Cutts (1995 ) -” Uomo ” — un disegnatore che sta a Londra — musica di Edvard Grieg ( Bergen – Norvegia , 15 giugno 1843 – Bergen, 4 settembre 1907)

 

 

 

Steve Cutts è un illustratore e animatore attivista con sede a Londra, Inghilterra. Le sue opere d’arte fanno satira sugli eccessi della società moderna. Il suo stile si ispira ai cartoni animati degli anni ’20 e ’30, così come ai fumetti moderni e alle graphic novel.

 

 

 

 

 

Una foto di Bergen in Norvegia

da : Visit Norway

 

 

 

se mai voleste …

BRYGGEN -BERGEN — ANTICO QUARTIERE DI CASE DI LEGNO LUNGO LA BAIA– UNESCO –NORVEGIA

 

 

 

 

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“L’appuntamento” – Isabel Vinardell ( voce ) & Isabelle Laudenbach ( chitarra flamenca )–Roberto Carlos, Erasmo Carlos, Bruno Lauzi ( in italiano), Ornella Vanoni.

 

 

 

 

 

nota sulle artiste ( quello che abbiamo trovato ) 

 

Il mondo musicale della chitarrista francese Isabelle Laudenbach è vasto. Appassionata di flamenco, è stata la prima a diplomarsi in chitarra flamenca presso l’ESMUC – Escola Superior de Música de Catalunya. Oltre al flamenco, la sua curiosità la porta ad interessarsi a molti stili, dalla musica brasiliana al pop, passando per il folklore sudamericano, la canzone francese o la musica classica. Il suo linguaggio, sia negli arrangiamenti che nella composizione, si nutre naturalmente di queste influenze, sempre aperto a nuove sonorità e tecniche. È stata membro e fondatrice del gruppo Las migas, con il quale ha registrato due album e tenuto centinaia di concerti in Spagna e all’estero. Dal 2017 fa parte del progetto di flamenco sperimentale LaboratoriA, con il quale ha presentato gli spettacoli Una mujer fue la causa e Y perdí mi centro . Accompagna regolarmente la cantante catalana Maria Rodés e tende a muoversi in progetti interdisciplinari (teatro, circo, danza, poesia, colonne sonore).

Isabel Vinardell è una ballerina e cantante instancabile, che si dedica professionalmente al mondo della musica e della danza dal 2001 e che ha calcato i palchi di molti angoli del mondo con diverse formazioni della scena musicale. Ha registrato tre album con Cheb Balowski, che hanno avuto tournée internazionali. Ha collaborato con artisti come Calima o Morosito, ha partecipato a videoclip di Ojos de Brujo o DjVadim e il suo progetto musicale Alkut è stato selezionato da Rubén Blades nel Rubén Blades Show. Ha coreografato e partecipato a diversi spettacoli e spettacoli acquatici come Fonts Bessones in Plaça de Catalunya.

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video, 12.42 min. –LUCIO CARACCIOLO: “ L’EUROPA DI DOMANI ” – Forum Sant’Egidio 27 Ottobre 2025 +video, 8 min. Prof. Canfora, L’Europa è in coma, Tag 24

 

 

27 Ottobre 2025 - NEWS - COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO

 

 

 

A Roma per “Osare la pace”. Dal 26 al 28 ottobre 2025 l'Incontro Internazionale di dialogo e preghiera per la Pace - NEWS - COMUNITÀ DI SANT' EGIDIO

 

 

 

 

Pace - NEWS - COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO

 

 

foto sopra– da :;:Comunità di Sant’Egidio

 

 

 

 

 

 

 

Nel suo intervento al forum “L’Europa di domani”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nell’ambito dell’incontro internazionale “Osare la pace” (Roma, 27 ottobre 2025), Lucio Caracciolo riflette sul ruolo smarrito dell’Europa nella costruzione della pace e sulla necessità di riscoprire l’arte del dialogo e della diplomazia. Un’analisi lucida sul presente geopolitico del continente, tra crisi identitaria, dipendenza americana e transizione dell’ordine mondiale.

 

 

 

 

TAG 24 — video, 8.00 min.

Prof. Canfora : la diagnosi ::: L’Europa è in coma 

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ANSA.IT — 2 novembre  2025 -16.59– Netanyahu, ‘video carcere è il peggior danno d’immagine per Idf’. Premier a riunione se la prende per la sua divulgazione

 

 

 

 

ANSA.IT — 2 novembre  2025 -16.59
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2025/11/02/netanyahu-video-carcere-e-il-peggior-danno-dimmagine-per-idf_068fd4ef-047c-4a26-8bc6-ea72b5ef9241.html

 

 

 

Netanyahu, ‘video carcere è il peggior danno d’immagine per Idf’.

 

Premier a riunione se la prende per la sua divulgazione.

 

 

La pubblicazione del video sugli abusi nel carcere israeliano di Sde Teiman “ha arrecato danni immensi all’immagine dello Stato d’Israele e delle Forze di Difesa Israeliane (Idf), ai nostri soldati.

Forse si tratta dell’attacco d’immagine più grave che lo Stato d’Israele abbia subito dalla sua nascita.

Non ricordo nulla di altrettanto mirato e intenso”.

Così il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, secondo una nota ufficiale pubblicata sul sito del governo israeliano, ha commentato, all’apertura della riunione di governo, la divulgazione del video di sorveglianza sui gravi maltrattamenti subiti da un detenuto palestinese, diffuso da quella che era la principale avvocata dell’esercito, il maggiore generale Yifat Tomer-Yerushalmi.
“Questo richiede un’indagine indipendente e imparziale, e mi aspetto che venga compiuta”, ha detto.

 

 

 

SEGUE DALL’ESPRESSO::

https://lespresso.it/c/mondo/2025/10/31/israele-dimissioni-avvocato-esercito-idf-torture-detenuto-palestinese/57957

 

 

Yifat Tomer-Yerushalmi si è dimessa in seguito al congedo forzato imposto dal ministro della Difesa Israel Katz. Si è dichiarata responsabile della diffusione delle clip ai media.

 

Fece uscire un video sugli abusi dei soldati israeliani su un detenuto palestinese: silurata dall’Idf

 

 

SEGUE DA REPUBBLICA- 1 novembre 2025 — 11.03

https://www.repubblica.it/esteri/2025/10/31/news/yifat_tomer_yerushalmi_avvocata_israele_video_abusi_idf_palestinesi-424950662/

 

 

dalla nostra inviata 

 

 

Israele, silurata l'avvocata militare: ha diffuso video degli abusi dell’Idf su detenuti palestinesi

Yifat Tomer-Yerushalmi

 

 

Si è dimessa, dopo giorni di sospetti, accuse e indiscrezioni, con una lettera consegnata al capo di stato maggiore Zamir in cui si assume la responsabilità per la fuga di notizie che ha svelato gli abusi su un detenuto palestinese da parte di cinque riservisti. Parliamo dell’ormai famigerato video, mandato in onda da Channel 12 nell’agosto 2024, in cui si vedono i militari mentre circondano il prigioniero a Sde Teiman, carcere militare nel deserto del Negev, lo sottopongono a pestaggi e violenze. Il Jerusalem Post, quotidiano vicino alla destra israeliana e non sospettabile di antipatie per le Forze armate, scrive che «secondo quanto riportato» nelle carte dell’inchiesta ancora in corso, tre le accuse c’è anche quella di violenza sessuale: «il detenuto presentava gravi lesioni interne, tra cui costole rotte e lacerazione rettale».

Il ministro della Difesa Katz si è scagliato contro l’avvocato militare rea di calunniare l’esercito, ma secondo la stampa israeliana le accuse contro i cinque riservisti si basano su prove solide. Semmai, scrive il giornalista di Haaretz Amos Harel, «i critici sostengono che Tomer-Yerushalmi e il suo team abbiano mostrato troppa poca determinazione durante la guerra nell’indagare su ulteriori sospetti di crimini di guerra e abusi nei centri di detenzione e a Gaza».

 

Sde Teiman è una base militare nel deserto del Negev che è stata trasformata in un centro di detenzione durante il conflitto, ci finiscono i palestinesi arrestati in «detenzione temporanea» anche senza un ordine del tribunale. Diverse inchieste di stampa hanno denunciato abusi e violenze nella base, con i detenuti bendati, picchiati, lasciati senza cure mediche adeguate.

L’avvocato militare verrà rimpiazzato ma il caso può avere ripercussioni più ampie perché Tomer-Yerushalmi è stata il legale dell’esercito israeliano durante tutta la guerra a Gaza e aveva in carico la difesa dell’Idf dalle accuse per presunti crimini di guerra presso la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte Penale Internazionale.

Il Washington post ha diffuso in esclusiva i contenuti di un rapporto riservato dell’Ispettore generale del dipartimento di Stato Usa: rivela che unità militari israeliane a Gaza avrebbero commesso “centinaia” di potenziali violazioni della legge americana sui diritti umani, la Leahy, storica legislazione che vieta agli Stati Uniti di fornire supporto di sicurezza a eserciti stranieri che si macchino di gravi violazioni dei diritti umani.

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L’articolo intero nel link di Repubblica :
https://www.repubblica.it/esteri/2025/10/31/news/yifat_tomer_yerushalmi_avvocata_israele_video_abusi_idf_palestinesi-424950662/

 

 

 

Il video delle torture su detenuto palestinese, le dimissioni del generale e l'ira di Netanyahu

 

 

Il video delle telecamere di sorveglianza, trapelato e trasmesso già nell’agosto 2024.

https://www.rainews.it/articoli/2025/11/il-video-del-torture-su-detenuto-palestinese-le-dimissioni-di-un-generale-e-lira-di-netanyahu-33d25417-f91d-48f8-8dda-f574f8c5789d.html

 

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ANSA.IT/ ROMA – 2 novembre 2025 – 12.23 :: Reddito disponibile reale Italia nel 2024 inferiore al 2008.  Eurostat, meglio solo di Grecia. Ancora quattro punti in meno

 

 

ANSA.IT – 2 novembre 2025 – 12.23

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2025/11/02/reddito-disponibile-reale-italia-nel-2024-inferiore-al-2008_0c4fc296-8a73-42c4-b1d8-625bb50d31fe.html

 

 

Reddito disponibile reale Italia nel 2024 inferiore al 2008. 

 

Eurostat, meglio solo di Grecia. Ancora quattro punti in meno

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Il reddito disponibile lordo reale pro capite delle famiglie in Italia nel 2024 era in leggera crescita sul 2023 ma ancora inferiore a quello del 2008, unico caso in Europa insieme alla Grecia.

    E’ quanto emerge dal Report Eurostat appena pubblicato sui redditi reali secondo il quale fatto 100 il 2008 l’Italia nel 2024 si attesta per il reddito disponibile delle famiglie a 95,97 a fronte del 114,29 dell’Ue a 27 e del 109,40 dell’area euro.

In Germania l’indice nel 2024 è salito al 116,20, in Francia al 113,45 e in Spagna al 103,94.

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2. CICLADI ::: L’ISOLA DI TINOS ( dal gentile Alessio, che ringraziamo ) + Storia del Santuario della Madonna dell’Annunciazione ( Panagia Evangelistria ) + altro + altro — ci torneremo… ch.

 

 

 

 

Greece, Cyclades, Tinos, north island landscape

vista della parte settentrionale  dell’isola di Tinos- LINK GETTY IMAGES

 

 

 

Tino (in greco Τήνος?Tinos) è un’isola greca del Mar Mediterraneo appartenente all’arcipelago delle Cicladi vicino alle isole di AndroDelo e Micono. Dal punto di vista amministrativo è un’unità periferica nella periferia dell’Egeo Meridionale costituita unicamente dal comune omonimo con una popolazione di 8 636 abitanti al censimento 2011.
A differenza della sua rumorosa vicina Mykonos, questa tranquilla isola è nota per i suoi rilassati bar-caffetteria, le cene in taverna e gli antichi sentieri che collegano splendidi villaggi. E le sue chiese dalle cupole e campanili blu cielo

 

 

tinos - OCCASIONI VIAGGI

cartina dell’isola di Tinos — dal link:
occasioni viaggi.it
http://www.occasioniviaggi.it/tinos.html

 

 

 

 

LE PICCIONAIE DI TINOS  (  TARABANOS/ Tabanàs  )

 

 

pigeon house near tarabados, tinos, cyclades islands, greece - tinos foto e immagini stock

 

 

greece, cyclades, tinos, pigeon house - tinos foto e immagini stock

 

 

 

 

Le piccionaie sull’isola di Tinos…

A Tinos ci sono attualmente più di 600 piccionaie, anche se è probabile che ne siano state costruite più del doppio.

Si stima che la piccionaia sia comparsa a Tinos durante il periodo veneziano (1207-1715), anche se la prima testimonianza scritta di una piccionaia è legata a un patto stipulato da un ecclesiastico nel 1726.

I piccioni, che fornivano carne e fertilizzante, erano il principale prodotto di esportazione di Tinos quando il commercio iniziò a prosperare. Con l’arrivo dei Veneziani sull’isola furono costruite le prime colombaie e iniziò l’allevamento sistematico di piccioni.

Il luogo adatto per una piccionaia deve essere riparato per garantire protezione, aperto per favorire il volo libero dei piccioni e vicino a una fonte d’acqua.

Le colombaie sono edifici composti da due piani. Al piano inferiore si trovano i locali ausiliari (magazzini) e al piano superiore si trovano i piccioni.

Gli artigiani di Tinia utilizzavano l’ardesia come materiale da costruzione e la piccionaia come tela su cui imprimere eccellenti esempi di arte popolare e il loro personale punto di vista architettonico.

I lati decorati, che si trovano in prossimità dei piccioni, non sono mai rivolti a nord e presentano ricami che ricordano la pietra. Quadrati, triangoli, cerchi, rombi, soli, fiori, iniziali del proprietario o del fabbricante, sono alcuni dei motivi intagliati che rendono unica ogni piccionaia.

La colombaia era simbolo di nobili origini e potere economico. In passato, i diritti di proprietà e di utilizzo delle colombaie appartenevano ai signori veneziani. Dal 1715 in poi, quando Tinos fu occupata dai turchi, il diritto di proprietà e di utilizzo passò ai proprietari terrieri di Tinos.

 

 

TESTO E ULTIMA IMMAGINE ( DETTAGLIO ) SONO DEL LINK:

The Pigeon House

 

 

 

Greece, Cyclades islands, Tinos, Church near Aetofolia

 

La chiesa vicina a Aetofolia ( = nido d’aquila ), villaggio poco conosciuto di Tinos, che si trova a 7 km dalla costa

 

 

Aetofolia village - villages on Tinos | Tinosecret

Una casa del villaggio di Aetofolia

 

AETOFOLIA

un’altra

 

   

 

  • che faccino buono…

 

Il nome del villaggio Aetofolia deriva dal luogo in cui si trova, poiché è come un nido costruito in alta montagna.
Dopo l’insediamento di artisti provenienti da Sifnos (Cicladi), divenne un centro della ceramica. La chiesa di Ag. Ioannni, che domina il villaggio, fu costruita nel 1819.
Nel villaggio si trova un Museo della ceramica tradizionale e dell’arte popolare.

Le zone circostanti “Tis Koris o Pyrgos”, “Ellinikaria”, “Kammeni Spilia”, oltre alla loro
bellezza fisica, sono associate a varie versioni di leggende popolari-
Secondo la tradizione, nel “Pyrgos di Kori” viveva Persefone, figlia di Demetra, la mitica dea

da : tinosecret
https://tinosecret.gr/en/listing-item/aetofolia/

 

 

 

Tino costituisce una importante meta del turismo religioso grazie ad un santuario ove è custodita un’immagine della Madonna cui sono attribuite proprietà taumaturgiche. L’isola si è guadagnato l’appellativo di “Lourdes dell’Egeo” essendo frequenti nel mese di agosto i pellegrinaggi di devoti ortodossi provenienti da ogni parte della Grecia. Per il resto Tino rimane ancora relativamente fuori dalle rotte battute del turismo di massa, fatto che è stato apprezzato da una cerchia di artisti e intellettuali greci da sempre assillata dal problema di godersi le vacanze in un angolo tranquillo del proprio paese e il più lontano possibile dalle “orde” di turisti europei e americani che ogni anno invadono le isole dell’Egeo con tavole da surf e armatura da subacqueo al seguito.

da :  https://it.wikivoyage.org/wiki/Tino_(Grecia)

 

 

 

 

Santuario della Madonna dell’Annunciazione (Panagia Evangelistria in greco)
Hans Peter Schaefer, http://www.reserv-a-rt.de – Fotografia autoprodotta.

 

 

La Sacra Icona   –La Vergine di Tinos- Panagia Evangelistria-Madonna dell’Annunciazione

da : Altervista

 

 

 

una storia che sembra favola:

La scoperta della sacra icona nel 1823 fu considerata un presagio divino per la giusta causa e il successo della rivoluzione contro il giogo turco, mentre la costruzione del maestoso tempio fu la prima grande opera architettonica del nuovo stato greco.

Siamo nel mezzo della battaglia per l’indipendenza greca contro i turchi ottomani, nel 1822.

Tinos c’è una ormai anziana suora di nome Pelagia, la quale ha preso i voti più di cinquant’anni prima, quando suo padre morì. Con sé al monastero portò la dote del campo che la sua famiglia utilizzava per la sussistenza finché era bambina.

Una mattina del luglio 1822, le appare in sogno una donna di bellezza incommensurabile, la quale le chiede esplicitamente di volere che tutti gli isolani le costruissero una degna dimora.

Specificò anche chi doveva essere a portare avanti il lavoro e dove la voleva. Ma Pelagia, pensando che fosse il diavolo a tentarla, lasciò perdere il sogno.

Sette giorni dopo, la stessa cosa accade.

Pelagia lascia ancora perdere.

 

 

la panagia Evaggelistria di Tinos dall'alto

Accade una terza volta.

A questo punto la bellissima donna si fa riconoscere come la Vergine Maria e soprattutto minaccia una punizione tremenda nel caso in cui non venisse ascoltata.

Pelagia quindi va dall’abate che capisce subito che non c’è tempo da perdere e ordina l’inizio dei lavori. Il problema però è che il terreno identificato è di proprietà di un tiniota temporaneamente a Costantinopoli, quindi i lavori cominciano in ritardo.

I primi scavi rivelano l’esistenza di una chiesa paleocristiana e di una fonte.

I tempi erano assai complicati: in questo periodo, una nave da Instanbul porta con se una malattia che si allarga a macchia d’olio tra la popolazione, specialmente tra le migliaia di fuggitivi dal Massacro di Chios e dall’Asia Minore.

Ma i locali non si danno per vinti e, a fine gennaio 1823, riprendono gli scavi.

Il 30 gennario 1823, trovano proprio l’icona intatta della Panagia Evaggelistria (letteralmente, l’Annunziata).

Giorno che da quel momento è ovviamente diventato il prescelto per la celebrazione annuale.

 

nel link sotto  prosegue la storia con  i Fanarakia :

” La tradizione dei Fanarakia che si svolge a Tinos proprio il 30 gennaio di ogni anno”.

 

 

GRECIA VERA.COM

https://greciavera.com/blogs/blog/fanarakia-tinos?srsltid=AfmBOornyyoJv336pHtfZEhhUvmqlQsOvuBGGWVyj-Nq1wRE2Htb4m1H

 

 

 

SEGUE DA :  TINOS SEGRET

TINOS VILLAGES

 

 

 

 

Tinos Villages tinos xoria

Tinos è famosa per i suoi villaggi. È l’unico caso di un’isola delle Cicladi e forse della Grecia ad avere più di quarantacinque villaggi, tutti insediamenti tradizionali rimasti invariati nel tempo, nel rispetto assoluto dell’architettura tradizionale. Il tour nell’entroterra dell’isola e la scoperta dei segreti di ogni villaggio è un’esperienza unica per il visitatore di Tinos.

 

 

Il tipico  villaggio di Tinos 

La maggior parte dei villaggi è stata fondata in epoca medievale o bizantina. Sono rimasti inalterati e visitarli rappresenta per il viaggiatore un breve viaggio nel tempo.

Costruite sui pendii sottovento per proteggere i residenti dal vento, nascoste o arroccate sulle montagne per tenere lontani i pirati, spesso assomigliano a fortezze. Le case, costruite una accanto all’altra, “tagliano” il vento e uniscono le persone. Imbiancate e semplici, seguendo lo stile minimalista delle Cicladi, riflettono lo stile di vita puramente autentico del villaggio di Tinos.

La piazza, la fontana, i portici, gli archi, i vicoli, i sentieri acciottolati, le scale di marmo, tutti elementi comuni dei villaggi, sono opere artigianali e un caso di studio per gli architetti moderni.

 

 

GLI ARCHITRAVI DI TINOS

 

 

Gli architravi di Tinos…

 

Gli architravi (lucernari o fototiridi) sono elementi molto comuni negli edifici tradizionali di Tinia.

Collocati sopra porte e finestre, oltre alla loro funzione di migliorare l’illuminazione e la ventilazione della casa, sono rappresentativi dell’alto livello dell’arte popolare dell’isola.

Realizzati in marmo, sono solitamente semicircolari e i loro motivi variano. Pesci, uccelli, barche, barche a vela, fiori sono alcuni dei motivi più comuni. Le insegne sui portoni delle case dei funzionari veneziani e di altre famiglie benestanti erano elementi indicativi di potere e prestigio.

A seconda dell’epoca, presentano elementi dello stile bizantino o veneziano, dai quali sono stati influenzati i moderni artigiani del marmo.

Secondo la tradizione popolare, impediscono ai demoni di entrare in casa.

 

 

La casa di Tinos 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La casa tradizionale di Tinos…

La casa tradizionale di Tinos è semplice, sobria e funzionale.

La tipica casa di Tinia aveva due piani con una scala esterna. Il piano terra (seminterrato) ospitava i servizi, come il torchio, il magazzino, il forno o la stalla. Al primo piano (piano superiore) si trovavano il salotto con il camino, le camere da letto e la cucina.

Internamente, gli archi collegano le pareti interne e distribuiscono il peso del tetto, poiché non sono state utilizzate travi di sostegno in legno. Le nicchie nelle pareti fungono da vani portaoggetti.

Le pareti esterne sono bianche (nel Medioevo, le pareti mantenevano il colore della pietra, una sorta di mimetizzazione, per non far sì che le case risultassero facilmente individuabili dai pirati). Le porte e le finestre sono prevalentemente dipinte di blu, con traversi decorativi, lucernari e targhe in rilievo.

Il cortile antistante la casa non è mai rivolto a nord. È pavimentato e decorato con vasi di basilico e altre erbe aromatiche, con staccionate in pietra e tavoli in marmo.

 

 

 

LE FONTANE

 

La fontana tradizionale dell’isola di Tinos… 

Secondo una teoria, il soprannome dell’isola “Hydrousa” deriva dall’abbondanza di acque e sorgenti che vi si trovavano in passato.

Sull’isola ci sono 86 fontane, costruite per la maggior parte nel XVIII e XIX secolo.

Quelle all’aperto erano destinate a fornire acqua a interi insediamenti di case, chiese e monasteri, mentre quelle riparate venivano utilizzate per abbeverare i campi, il bestiame o per lavare tappeti e vestiti.

Le Xinaria sono decorazioni in marmo, situate attorno al punto in cui sgorga l’acqua, raffiguranti fiori, frutta, uccelli, pesci, ecc., e i cui temi si basano sulla tradizione e sulla religione.

Il profondo sentimento religioso è evidentemente rappresentato sulle fontane. Icone e candele sono collocate ai lati delle fontane affinché la Vergine Maria benedica l’acqua.

Fontane elaborate si trovano in tutta l’isola, nella chiesa di Panagia, nei villaggi di Pyrgos, Ysternia, Agapi, Arnados, Volax.

 

 

TUTTA L’ULTIMA PARTE (da : I villaggi di Tinos alle fontane, e forse altro che mi sfugge.. ) E’ DEL BELLISSIMO LINK ” TINOS SEGRETA ” dove trovate altro +++

Lo ripeto per gratitudine:

TINOSECRET

The Fountain

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L’ISOLA DI TINOS ( segnalata dal gentile Alessio ) IN GRECIA NELLE CICLADI– diamo uno sguardo prima alle Cicladi ( link sotto )–1 —

 

 

 

 

DA :

Viaggiando in Grecia —  /link
http://www.viaggiandoingrecia.it/tinos.htm

 

 

 

l’isola di Tinos ( in rosso ) nelle Cicladi, nella regione greca dell’ Egeo sud.
da : https://it.wikipedia.org/wiki/Tino_(Grecia)#/media/File:2011_Dimos_Tinou.png

 

 

SEGUE TUTTO DA QUESTO LINK::

Le Isole Cicladi

 

 

 

Mappa delle Isole Cicladi in Grecia.

MAPPA DELLE  CICLADI CON I NOMI DELLE ISOLE — NEL MAR EGEO- GRECIA

 

 

Questo arcipelago è composto da circa 220 isole e isolotti di varie dimensioni sparsi nel mar Egeo, di cui 24 abitate, avvolte da un incantesimo che rimane indelebile nella mente dei viaggiatori che le hanno scoperte.

Sarà per la particolare luce che le avvolge, per il candore delle case bianche o per il blu delle cupole delle chiese, per le romantiche stradine piene di fiori e di vita o per il divertimento che suscita l’intensa vita notturna… esplorare le Cicladi è sicuramente un viaggio da sogno.

Perché queste isole si chiamano così? Le Cicladi — il cui nome deriva dalla parola greca κύκλος  ( cerchio, anello )— sono il gruppo centrale di isole del Mar Egeo, così chiamate per il modo in cui sembrano essere disposte in circolo intorno all’isola sacra di Delos, patria degli dei Apollo ed Artemide e antico centro politico e religioso dell’Egeo.

 

Idealmente possiamo suddividere le Cicladi in quattro aree principali:

  • Cicladi settentrionali: Kea, Andros, Tinos, Kythnos, Syros, Mykonos, Delos, Rhenia.
  • Cicladi centrali: Serifos, Sifnos, Paros, Antiparos, Naxos.
  • Piccole Cicladi: Iraklia, Schinoussa, Koufonissi, Amorgos, Donoussa.
  • Cicladi meridionali: Milos, Kimolos, Folegandros, Sikinos, Ios, Santorini, Anafi.

 

 

Vediamo qualcosa di più su queste meravigliose isole:::

 

Kea

 

L’isola greca di Kea, conosciuta dai greci anche come Tzia, è una delle più settentrionali delle Cicladi e più vicina all’Attica, collegata con traghetti giornalieri dal porto di Lavrio in circa un’ora. Nell’architettura e nel paesaggio è piuttosto diversa dalle altre Cicladi, ma può vantare un ambiente naturale unico nel suo genere, splendide spiagge, panorami emozionanti e una ricca tradizione storica.

 

Il villaggio di Ioulida al centro dell'isola di Kea.
Il villaggio di Ioulida al centro dell’isola di Kea.

 

La breve distanza da Atene la rende facilmente accessibile durante tutto l’anno, per tanti ateniesi e anche altri viaggiatori che possono passare anche solo un fine settimana in una bella isola, senza allontanarsi troppo, ma è perfetta anche per vacanze più lunghe.

 

 

Andros

 

Andros è l’isola più settentrionale delle Cicladi e la seconda più grande, dopo Naxos, con una superficie di 380kmq. Grazie alla sua breve distanza dall’Attica e alla sua grande diversità, è un’isola adatta a tutti, dove rilassarsi e divertirsi, nuotare nelle bellissime spiagge ma trovare anche un lato spirituale in chiese, monasteri e una vasta natura.

Il villaggio di Chora Andros sulla costa orientale dell'isola.
Il villaggio di Chora Andros sulla costa orientale dell’isola.


Ha innumerevoli spiagge meravigliose
, alte montagne, molte gole, piccole valli fluviali, vigneti, boschi, sorgenti termali… è un’isola di grandi constrasti che combina il paesaggio più arido delle Cicladi con una ricca vegetazione e tanti corsi d’acqua.

 

Tinos

Tinos è una delle isole greche più incantevoli, con belle spiagge sabbiose, villaggi tradizionali e l’architettura minimalista delle Cicladi a creare un’atmosfera unica che non manca mai di affascinare i viaggiatori.

L'isola di Tinos in Grecia.
L’isola di Tinos in Grecia.

 

Ma Tinos ha anche una particolare aurea spirituale, profondamente rilassante, è una delle mete di pellegrinaggio più frequentate perché ospita il santuario di Panagia Evangelistria che ogni anno richiama migliaia di fedeli da tutta la Grecia per adorare l’icona miracolosa della Vergine Maria. Ma oltre al suo cuore spirituale e religioso, in questa bellissima isola ci sono tante cose da fare per divertirsi.

 

 

Kythnos

Kythnos è un’isola nelle Cicladi occidentali situata tra Serifos e Kea. I suoi abitanti la chiamano anche Thermia per le sorgenti termali, conosciute da secoli, che si trovano nella baia di Agia Irini e Loutra e che attirano molti visitatori.

La striscia di sabbia dorata della spiaggia di Kolona, in uno stupendo scenario paesaggistico a Kythnos.
La striscia di sabbia dorata della spiaggia di Kolona, in uno stupendo scenario paesaggistico a Kythnos. 

La maggior parte dei visitatori, naturalmente, viene sull’isola per le sue magnifiche spiagge sabbiose come quelle di Agios Sostis, Simousi o Kolona, che ha un sorprendente paesaggio naturale. Kythnos, isola della semplicità, è ancora un piccolo paradiso poco esplorato, con solo due villaggi, Chora e Dryopida, oltre a tre principali località balneari.

 

Syros

 

Syros si trova nel cuore delle Cicladi di cui è il centro amministrativo, commerciale, intellettuale e culturale, circondata da tante altre isole e raggiungibile in non più di 4 ore di traghetto dal porto del Pireo.

Ermoupoli, il suo capoluogo, è conosciuta come “la signora del Mar Egeo” ed è costruita ad anfiteatro sulle colline che circondano il suo porto. La sua architettura testimonia la storia dell’isola dai tempi antichi fino ai giorni nostri, combinando magistralmente il classico con il moderno.

La bellissima Ermoupoli, capoluogo dell'isola greca di Syros.
La bellissima Ermoupoli, capoluogo dell’isola greca di Syros.

La parte settentrionale e montuosa di Syros è chiamata Apano Meria, con uno splendido paesaggio roccioso costellato di grotte sulla costa, mentre le pianure delle parte meridionale ospitano la maggior parte dei villaggi e delle spiagge dell’isola, con un turismo molto sviluppato e infrastrutture con ogni servizio e comfort.

Mykonos

Nel bel mezzo del Mar Egeo, Mykonos è probabilmente la più conosciuta delle isole Cicladi. Ha un’atmosfera multiculturale ed un aspetto pittoresco, che non richiama solo i più giovani alla ricerca di divertimento, ma viaggiatori di ogni età interessati anche alla bellezza dei suoi paesaggi ed al patrimonio storico e culturale offerto da siti archeologici e musei.

Mykonos in Grecia.
Mykonos in Grecia.

Di giorno stupisce con i suoi 80 km di spiagge e insenature spettacolari, il mare blu e l’architettura di una miriade di casupole cubiche e bianchissime. Dopo il tramonto invece si trasforma nella regina delle notti greche, perla mondana delle Isole Cicladi e paradiso del divertimento.

 

 

Delos e Rhenia

 

Delos e Rhenia sono due piccole isole disabitate a breve distanza da Mykonos, da cui partono sempre dei tour per poterle visitare. Anticamente le due isole erano molto importanti per il culto religioso, per questo oggi offrono un immenso patrimonio archeologico da visitare, con antichi templi greci in un paesaggio intatto, rovine archeologiche e qualche piccola chiesetta molto pittoresca.

 

Scavi archeologici e templi sull'isola di Delos, vicino Mykonos.
Scavi archeologici e templi sull’isola di Delos, vicino Mykonos.

Una gita in barca verso queste isole permette anche di fare il bagno su spiagge incontaminate e solitarie, in un paesaggio naturale ancora inviolato.

 

 

Serifos

La piccola isola di Serifos si trova nell’arcipelago delle Cicladi, ma non è ancora invasa dal turismo di massa, riuscendo perciò a mantenere il suo aspetto autentico, con le strade non asfaltate ed il silenzio, pur avendo molti posti da visitare durante una vacanza.

Vista di Chora a Serifos, in Grecia.
Vista di Chora a Serifos, in Grecia.

Di spiagge ce ne sono tante e possono accontentare ogni preferenza, ma anche posti affascinanti da vedere per non limitare la propria vacanza esclusivamente al suo mare da sogno: siti archeologici, monasteri, fortezze e pittoreschi mulini a vento sparsi un po’ per tutta l’isola.

 

 

Sifnos

 

La combinazione di splendidi paesaggi delle Cicladi, pittoreschi villaggi bianchi, straordinarie prelibatezze locali e ricchi monumenti storici fanno dell’isola di Sifnos una destinazione di vacanza ideale per la maggior parte delle persone.

L'incantevole isola greca di Sifnos, meraviglia delle Cicladi.
L’incantevole isola greca di Sifnos, meraviglia delle Cicladi.

Né troppo grande né troppo piccola, è un’isola caratterizzata da grazia e raffinatezza. Il cibo a Sifnos è un ottimo motivo per visitare l’isola tutto l’anno, non solo perché è meraviglioso, ma perché ogni stagione ha le sue prelibatezze e ricette. Sifnos è anche un paradiso per gli amanti della natura, con un’enorme rete di sentieri per chi ama le escursioni, scavi storici e archeologici, perfetta anche per gli appassionati di immersioni e sport acquatici.

 

 

Paros e Antiparos


Paros si trova nel cuore del Mar Egeo
 e appartiene al popolare gruppo di isole greche delle Cicladi, è una miscela di architettura tradizionale cicladica, vivace vita notturna, spiagge magiche, affascinanti villaggi rurali e monumenti storici.

L'isola greca di Paros nelle Cicladi centrali.
L’isola greca di Paros nelle Cicladi centrali.

 

La vicina e piccola isola di Antiparos non è solo una destinazione eccellente per escursioni di un giorno da Paros, ma anche una meta ideale per una vacanza rilassante. Antiparos è famosa per le sue spiagge prevalentemente sabbiose e le acque cristalline, la maggior parte si trova a pochi passi da Chora, il piccolo capoluogo locale.

 

 

 

Naxos

 

L’isola di Naxos è la più grande delle Cicladi in Grecia, ha innumerevoli calette rocciose nascoste, ma anche grandi spiagge con la sabbia fine in cui lasciarsi meravigliare dal Mar Egeo.

La meravigliosa costa marina di Naxos in Grecia.
La meravigliosa costa marina di Naxos in Grecia.

 

In questa isola greca è facile respirare storia e mitologia, imbattersi in siti archeologici, tempi, castelli e monumenti storici di diverse epoche da visitare. Ogni angolo di quest’isola è diverso da quello vicino, per questo vale la pena visitarla il più possibile, scoprirne i luoghi e le tante spiagge dove trascorrere una magnifica vacanza.

 

 

Iraklia

 

Iraklia appartiene al gruppo insulare delle Piccole Cicladi e dista circa sei ore di traghetto dal Pireo. È un posto speciale per chi cerca tranquillità, la semplicità della vita dell’isola e zero stress. Quando scendi dal traghetto ti dimentichi del tempo e di tutto il resto, l’unica cosa da fare è abituarti alla sua bellezza senza pari, con la luce delle Cicladi che si diffonde ovunque.

La tranquillità e la bellezza semplice di Iraklia, nelle Piccole Cicladi.
La tranquillità e la bellezza semplice di Iraklia, nelle Piccole Cicladi.

Ha bellissime spiagge con acque turchesi, poiché fa parte della rete Natura 2000 è anche un santuario degli uccelli selvatici, comprende otto sentieri numerati e ha la settima grotta più grande della Grecia.

 

 

Schinoussa

 

Schinoussa è una delle piccole isole più belle dell’Egeo, nel complesso delle Piccole Cicladi, e fa parte del programma Natura 2000, poiché ospita molte piante endemiche ed è un’importante stazione migratoria per molti uccelli.

Il panorama dal villaggio di Schinoussa verso il mare.
Il panorama dal villaggio di Schinoussa verso il mare.

Ha una superficie di soli 9kmq con due villaggi, Chora e Messaria, con meno di 300 abitanti che si occupano di agricoltura, pesca e turismo. Il paesaggio dell’isola ha basse colline verdi e piccole valli tra loro, molte spiagge dalla sabbia dorata e possibilità di escursioni che la rendono una destinazione ideale nelle Cicladi per tanti viaggiatori.

 

Koufonissi

Koufonissi in realtà è costituita da due piccole isolette, Ano Koufonissi e Kato Koufonissi, e diversi altri isolotti nel cuore delle Piccole Cicladi greche. Sta gradualmente diventando una destinazione più popolare tra i viaggiatori, principalmente greci, soprattutto fra chi cerca una vacanza alternativa, come i campeggiatori che si accampano sulle spettacolari spiagge dell’isola.

La bellezza della costa dell'isola di Ano Koufonisi.
La bellezza della costa dell’isola di Ano Koufonisi.

 

A Koufonissi si respira un’atmosfera rilassata e autentica, sembra quasi di fare una vacanza in Grecia come una volta, tra meravigliose spiagge tranquille e un paesaggio naturale senza pari circondato dall’Egeo. Nelle isolette vicine non mancano importanti siti archeologici di epoca Cicladica.

 

 

Amorgos

 

Nell’arcipelago delle isole Cicladi, Amorgos è la più orientale, quasi interamente montagnosa, dal paesaggio aspro che si addolcisce sul versante meridionale, dove si possono trovare valli coltivate e spiagge da sogno con sabbia finissima.

Le spiagge nella magnifica baia di Kalotaritissa ad Amorgos.
Le spiagge nella magnifica baia di Kalotaritissa ad Amorgos.

 


Amorgos è la destinazione perfetta per chi cerca tranquillità e bellezza delle natura
, sia lungo la costa che nell’entroterra. L’isola è disseminata di chiese, monasteri, mulini a vento, mentre le sue spiagge dal mare blu intenso sono tra le più belle che si possano trovare in Grecia.

 

 

Milos

 

Milos è una piccola isola vulcanica delle Cicladi che richiama l’attenzione in maniera particolare per il suo paesaggio naturale, formato da montagne colorate che fanno da sfondo alle attraenti spiagge di acqua calma e cristallina.

Milos, isole greca delle Cicladi.
Milos, isole greca delle Cicladi.

 

Milos è un’isola ricca di storia e mitologia, piena di musei e monumenti da vedere (catacombe, un teatro romano, tanti siti archeologici) ma è famosa anche per le sue spiagge uniche e spettacolari, con baie incredibili che creano spiagge rocciose di origine vulcanica, circondate da scogliere in un paesaggio indimenticabile, ma anche belle spiagge di sabbia bianca.

 

 

 

Kimolos

 

A un passo da Milos, da cui è separata solo da uno stretto tratto di mare, Kimolos è un’isola molto meno mondana e decisamente autentica, dove gli abitanti dell’unico villaggio chiamato Chorio si occupano in prima persona di ogni aspetto della propria isola. Altre piccole località si trovano lungo la costa, ma sono abitate quasi esclusivamente d’estate.

 

Panorama sul porto di Kimolos da un appartamento per vacanze.
Panorama sul porto di Kimolos da un appartamento per vacanze.

Kimolos è ricca di cavità naturali ed è conosciuta fin dai tempi antichi per le cave di gesso da cui deriva il suo nome, che ancora oggi impegnano i pochi abitanti locali; questo materiale è utilizzato per il bianco delle case, delle strade e di tutta l’architettura, insieme al blu tipico delle Cicladi.

 

 

Folegandros

 

Folegandros è un’isola di incredibile bellezza naturale situata tra Milos e Sikinos, a breve distanza anche da Santorini. Nonostante la sua vicinanza ad altre isole più popolari, mantiene ancora uno stile di vita diverso ed un fascino quasi vergine.

Isola di Folegandros in Grecia.
Folegandros è un gioiello greco poco frequentato.


Folegandros ha l’architettura tradizionale delle Cicladi
, con i villaggi costituiti da piccole case bianche che sembrano ammassate una sull’altra, vicoli stretti e finestre colorate, dove ogni angolo sembra una cartolina delle Cicladi. Nel punto più alto dell’isola si trova la chiesetta di Panagia, ma non mancano tante viste mozzafiato sul Mar Egeo, con un mare blu in cui perdersi.

 

 

Sikinos

 

L’isola di Sikinos è una delle Cicladi meridionali situata tra Folegandros e Ios, con una superficie di 416kmq e poco più di duecento abitanti residenti. La parte meridionale dell’isola è più pianeggiante, mentre il nord-ovest su cui si trova il capoluogo omonimo arriva a circa 280 metri sul mare.

Panorama sull'Egeo dal monastero Zoodochos Pigi di Sikinos.Panorama sull’Egeo dal monastero Zoodochos Pigi di Sikinos.

La città di Sikinos è un eccellente esempio di architettura cicladica con al centro la chiesa di Pantanassa. Molto interessanti da vedere il castello, il monumento funerario romano dalla facciata monumentale del II secolo e le spiagge ideali per viaggiatori alla ricerca di una vacanza tranquilla.

Ios

 

L’isole greca di Ios è un piccolo gioiello nel Mar Egeo, nell’arcipelago delle Cicladi, che non ha nulla da invidiare ad altre isole vicine più conosciute: spiagge, scogliere e calette con splendide acque turchesi, oltre ad una vivacissima vita notturna.

Chora, il capoluogo dell'isola cicladica di Ios.
Chora, il capoluogo dell’isola cicladica di Ios.

Nella piccola Ios non mancano i divertimenti per i più giovani, ma questa pittoresca isola ha saputo preservare la sua essenza e il suo carattere tradizionale, ha molto da offrire anche a chi cerca un posto per rilassarsi e godersi una vacanza in questo piccolo paradiso della Grecia.

 

 

Santorini

 

Santorini è una delle isole più belle delle Cicladi ed è considerata una delle località turistiche più importanti del mondo, quindi è meta di migliaia di viaggiatori ogni anno. È rinomata per la sua magnifica Caldera, le sue spiagge colorate, le sue inestimabili antiche attrazioni, la sua vita notturna e il suo magnifico tramonto.

vacanza romantica a santorini in grecia.
Santorini è la meta perfetta per una vacanza romantica o la luna di miele.

A Santorini troverai spiagge uniche, scogliere rocciose di origine vulcanica, tutta la bellezza che un luogo così celebre può offrire, anche per questo è una delle mete più romantiche che ci siano al mondo. Quasi infinite le possibilità per chi decide di trascorrere qui una vacanza o un breve viaggio, nel blu cobalto delle sue cupole, del cielo e del mare.

 

 

Anafi

 

Anafi è una piccola isola ad est di Santorini, un luogo sereno, ideale per chi cerca tranquillità, spiagge idilliache con acque cristalline e sentieri escursionistici.

 

Anafi, un'immagine tipicamente greca con la chiesetta sul mare.
Anafi, un’immagine tipicamente greca con la chiesetta sul mare.

 

I viaggiatori sono attratti dal bianco abbagliante della sua architettura tradizionale, gli interessanti siti archeologici, i monasteri, le cappelle di campagna e naturalmente le magnifiche spiagge.

 

 

 

TUTTO IL TESTO E LE FOTO SOPRA SULLE ISOLE CICLADI SONO ( ripeto ) DA QUESTO LINK:

Le Isole Cicladi

 

 

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Un bel racconto ( un’interpretazione psicologica.. ? ) – GIUSEPPE ARCIMBOLDI – di DONATELLA D’IMPORZANO, la nostra Donatella ! + FINESTRA SULL’ARTE/ link sotto _  15 gennaio 2022: Giuseppe Arcimboldi, vita e opere ( immagini )

 

 

 

 

 

 

 

Bugie.

 

 

 

Giuseppe Arcimboldi, Autoritratto cartaceo (1575)
Grafite e inchiostro su carta, 23,1 × 15,7 cm;
Praga, Národní Galerie)

 

 

 

GIUSEPPE ARCIMBOLDI E LE SUE BUGIE

AUTORITRATTO

 

 

Era nato bugiardo, non ci poteva fare nulla, anzi nessuno ci poteva fare nulla. Era nella sua natura e se non avesse potuto dire bugie si sarebbe ammalato o qualcosa di peggio. Già nella pancia di sua madre si era provato a dire bugie : lui si girava da una parte e, mentre sua madre, estatica, diceva al padre: ” Guarda come il nostro piccolo muove i piedini”, lui in realtà muoveva i pollici delle mani. Appena nato sputò il latte materno,” per una incompatibilità congenita”- dissero i pediatri. In realtà era lui che fingeva di non volere quel latte naturale per attirare su di se’ l’attenzione e per gustare altre prelibatezze. Non crediate che lo facesse con malizia: lo faceva perché così gli veniva e non avrebbe concepito un modo di vivere  diverso: troppo noioso. All’asilo vi fu solo una maestra che lo capì a fondo: lei si limitava ad interpretare al contrario quello che lui diceva e tutto filò meravigliosamente. Le scuole successive furono più dolorose, soprattutto con quegli insegnanti che la mettevano sul piano morale e non capivano il lato puramente  creativo delle sue menzogne.  Avevano un gran spiegare i suoi genitori di come le sue bugie fossero innocenti: non c’era verso che  quei noiosi vedessero il lato paradossalmente giocoso di quelle storie e inchiodavano il piccolo bugiardo alle proprie responsabilità. Finalmente si concordò tra scuola e famiglia una soluzione: si sarebbe interpretato il contrario di quello che l’incorreggibile Pinocchio avesse detto o scritto: se diceva  a casa che gli insegnanti lo avevano interrogato, voleva dire che nessuno gli aveva chiesto niente, se diceva che non aveva avuto verifiche era perché ne aveva fatto almeno due nella mattinata. Insomma, non era facile vivergli accanto. I genitori si erano fatti una lista dei contrari e la consultavano quando erano un po’ incerti nella decifrazione.  Pinocchio ( ormai tutti lo chiamavano affettuosamente così e lui non se ne dispiaceva) diceva che la nonna era sul punto di morire? Semplicemente la nonna scoppiava di salute ed aveva appena prenotato una crociera ai Caraibi. Se diceva di non avere fame, avrebbe  ingoiato chili di roba, se diceva di non stare troppo bene, voleva dire che  sprizzava di gioia di vivere, se diceva di avere segnato due goal nella partita con la scuola avversaria voleva dire che  aveva sbagliato un  rigore; quando diceva di non avere sonno si addormentava di colpo sul letto. Insomma, avrete capito che in fondo si trattava semplicemente di decifrare quello che diceva e che non c’era malizia in lui: semplicemente il nero era bianco e il bianco nero. Quando cominciò l’età degli amori, ebbe la vita semplificata, perché, nelle schermaglie amorose, quando  le ragazze gli chiedevano se voleva loro bene e lui rispondeva di no, queste  si  innamoravano pazzamente di lui.  Una però  fiutò la preda e capì che c’era da divertirsi: quando Pinocchio le disse che l’odiava, non  lo lasciò più andare via e divenne la sua fata Turchina.  Anche nel lavoro ebbe grosse soddisfazioni: si mise molto presto in politica, perché aveva intuito che la verità interessava a ben pochi. Le storie che lui raccontava facevano bene alla gente. Le persone erano sfiduciate, oppresse dalle difficoltà della vita, preoccupate per il futuro? Bastava che lui sorridesse e dicesse che nei prossimi anni tutto sarebbe andato per il meglio, che il Paese aveva un rigurgito di ottimismo, l’indice della borsa saliva, i consumi si impennavano e la gente faceva più figli. Divenne l’idolo delle folle e durante gli anni del suo governo, che lasciò completamente vuote le casse dello Stato, ci fu una crescita demografica enorme, perché si investiva in figli, convinti che bisognasse far godere il più possibile la razza umana in quella nuova età dell’oro. Quando fu sul punto di morire annunciò in televisione che il medico gli aveva detto che sarebbe scampato ancora per cent’anni e che tutti quindi dovevano stare tranquilli e felici come sempre. Era così convinto di quello che diceva  che era già morto da qualche giorno e non se ne era accorto. Fu il suo segretario che lo vide particolarmente pallido a dare l’allarme.

 

 

 

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FINESTRA SULL’ARTE _  15 gennaio 2022

Categorie: AB Arte Base
https://www.finestresullarte.info/arte-base/giuseppe-arcimboldi-vita-opere-stile

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Arcimboldi (Milano, 1527 – 1593), noto anche come Giuseppe Arcimboldo ( l’artista utilizzò indistintamente entrambe le forme durante la sua carriera, oltre al latino “Arcimboldus” ), è stato uno dei pittori più estrosi, fantasiosi e bizzarri della storia dell’arte. È famoso soprattutto per le sue “teste composite”, ovvero ritratti dove le sembianze del soggetto vengono riprodotte con accumuli di oggetti, frutta, animali, tutti in linea con un tema (per esempio, la testa composita della primavera composta da diverse specie di fiori e foglie). Sono poi note altre sue stravanganti realizzazioni, come le “teste reversibili”, immagini che si possono leggere in sia con il quadro dritto che con il quadro capovolto, ma anche per i suoi studi sulla natura, alcuni dei quali condotti in collaborazione con Ulisse Aldrovandi, grande naturalista del Cinquecento. Ingegno multiforme al servizio di diversi imperatori del Sacro Romano Impero, Giuseppe Arcimboldi si divise tra Milano, Vienna e Praga e realizzò capolavori eccentrici, ma anche opere più “tradizionali”.

 

Con la figura di Arcimboldi, il Manierismo giunge alle sue conseguenze più estreme. L’artista, milanese, si era formato in un ambiente artistico particolarmente vitale come la Milano di metà Cinquecento, che aveva visto finire il dominio sforzesco e l’avvio del periodo spagnolo, che durò fino al Settecento: sotto il dominio spagnolo lo stato di Milano non conobbe particolari sconvolgimenti politici per diverso tempo, ma andò incontro a una decadenza progressiva che si fece sentire soprattutto intorno. La formazione di Giuseppe Arcimboldi prese però avvio in una Milano ancora vitale, una Milano dove l’interesse per le ricerche di Leonardo da Vinci era ancora vivo e dove avevano si erano da poco spenti i più grandi artisti del Rinascimento milanese, dal Bramantino a Bernardino Luini passando per Gaudenzio Ferrari, Marco d’Oggiono, il Bambaia, Cesare da Sesto e molti altri.

A questa temperie culturale andò a sostituirsi progressivamente quella degli artisti della Controriforma, che a Milano fu particolarmente viva, ma prima ancora si registra a Milano la presenza degli artisti cremonesi, su tutti Bernardino Campi, presente a Milano a partire dal 1550, oltre ad altri artisti come Antonio Campi e Giulio Campi che gravitavano diciamo nell’orbita del manierismo emiliano che si rifaceva ad artisti come il Parmigianino e Giulio Romano, ed erano ancora attivi tra anni Trenta e anni Quaranta del Cinquecento. Fu però fuori dall’Italia che Arcimboldi conobbe i maggiori successi: in particolare, alla corte dell’imperatore Rodolfo II a Praga fu maestro di cerimonie e poté lavorare con costanza alle sue teste composite. L’estro di Arcimboldi, del resto, non poteva prosperare nella Milano della Controriforma e di Carlo Borromeo, divenuta più austera, meno aperta nei confronti delle stravaganze raffinate, e più incline a un’arte pregna di severa religiosità.

 

 

La vita di Giuseppe Arcimboldi

 

Giuseppe Arcimboldi nasce a Milano nel 1527 da Biagio, di professione pittore, e Chiara Parisi. La famiglia è nobile e il giovane Giuseppe ha modo di compiere la sua formazione in un ambiente colto. Sulla base dei documenti, sappiamo che nel 1549 Giuseppe inizia a lavorare nel cantiere del Duomo di Milano insieme al padre Biagio per alcune decorazioni ma soprattutto per la realizzazione di due vetrate, una con le storie del Vecchio Testamento e una con le storie di santa Caterina d’Alessandria  ( vedi foto sotto, la prima ). L’opera sarà terminata da Giuseppe nel 1556 (ma vi aveva lavorato da solo fin dal 1551). Nel 1556, l’artista lavora all’affresco con l’albero di Jesse nel Duomo di Monza assieme a Giuseppe Meda. I lavori saranno terminati nel 1559. L’anno prima, nel 1558, è a Como dove lavora ad alcuni modelli per le vetrate del Duomo.

 

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L’Albero di Jesse o l’Albero della vita, Duomo di Monza– Giuseppe  Arcimboldi e Giuseppe Meda ( 1559 )

 

 

 

Nel 1562 l’artista viene chiamato a Vienna dall’imperatore del Sacro Romano Impero, Ferdinando I, che evidentemente l’aveva notato per alcune sue realizzazioni a Milano (secondo un’ipotesi recente, per una sua primissima serie delle Stagioni). Appena arrivato, realizza i ritratti della famiglia regnante. Nel 1563, il futuro imperatore Massimiliano II (divenuto tale nel 1564) gli commissiona il ciclo delle Stagioni, terminato nel 1566. Del ciclo originale si conservano solo l’Estate, l’Inverno (Vienna, Kunsthistorisches Museum) e forse la Primavera (Madrid, Museo della Real Academia de San Fernando). L’Autunno invece è noto solo da repliche successive. Giuseppe diventa poi ufficialmente ritrattista di corte nel 1564, succedendo in tale carica all’anziano pittore Jacob Seisenegger. L’artista compie nel 1566 un breve soggiorno in Italia e nello stesso anno dipinge il famoso Bibliotecario, una cui copia molto fedele all’originale e a esso vicina cronologicamente, è oggi conservata in Svezia nel castello di Skokloster. Nel 1568 engono presentati i due cicli delle Stagioni e degli Elementall’imperatore Massimiliano II (la presentazione è a cura del letterato Giovanni Battista Fontana, o Fonteo).

 

Risale invece al 1570 il disegno dell’antilope cervicapra conservato presso la Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna, uno degli studi naturalistici più famosi dell’artista. Nel 1571, Giuseppe Arcimboldi è incaricato di organizzare i festeggiamenti per le nozze tra Carlo d’Asburgo e Maria di Baviera, mentre risale al 1573 la serie delleStagioni oggi conservata al Louvre.

Nel 1576 Rodolfo II diventa imperatore in seguito alla scomparsa di Massimiliano II e conferma Giuseppe nel suo incarico. Nel 1582, per conto dell’imperatore, Giuseppe si reca in Baviera dove è incaricato di valutare l’acquisto di antichità e opere d’arte provenienti dalle raccolte dei Fugger, per le collezioni imperiali.

Al 1583 risale la collaborazione tra Giuseppe Arcimboldi e Ulisse Aldrovandi
(Ulisse Aldrovandi ) , con il primo che invia al secondo disegni per i suoi studi sulla natura. È invece del 1585 ilcarnet con i disegni per costumi e apparati da feste oggi conservato agli Uffizi e dedicato a Rodolfo II (https://issuu.com/artsolution/docs/custode_dell_orto/s/15580929 .

Attorno al 1590, il pittore realizza l’Ortolano, la sua più famosa “testa reversibile”, e sempre attorno allo stesso anno, Giuseppe Arcimboldi dipinge il ritratto di Rodolfo II come dio Vertumno (realizzato come una delle sue “teste composite”). Nel 1592 l’artista viene nominato conte palatino da Rodolfo II. Giuseppe Arcimboldi, tornato a Milano, si spegne nella sua città natale l’11 luglio.

 

 

Giuseppe Arcimboldi, Martirio di santa Caterina (1556; pannello di vetrata; Milano, Duomo, vetrata di santa Caterina d’Alessandria)
Giuseppe Arcimboldi, Martirio di santa Caterina (1556; pannello di vetrata; Milano, Duomo, vetrata di santa Caterina d’Alessandria) 

Giuseppe Arcimboldi, La Primavera (1555-1560 circa; olio su tavola, 68 × 56,5 cm; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen) Giuseppe Arcimboldi, La Primavera (1555-1560 circa; olio su tavola, 68 × 56,5 cm; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen)

 

Giuseppe Arcimboldi, L’Estate (1555-1560 circa; olio su tela, 68,1 x 56,5 cm; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen) Giuseppe Arcimboldi, L’Estate (1555-1560 circa; olio su tela, 68,1 x 56,5 cm; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen)

 

Giuseppe Arcimboldi, L’Autunno (1572; olio su tela, 91,4 x 70,2 cm; Denver, Denver Art Museum, lascito di John Hardy Jones) Giuseppe Arcimboldi, L’Autunno (1572; olio su tela, 91,4 x 70,2 cm; Denver, Denver Art Museum, lascito di John Hardy Jones)

 

Giuseppe Arcimboldi, L’Inverno (1563; olio su legno di tiglio, 66,6 × 50,5 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, inv. GG 1590) Giuseppe Arcimboldi, L’Inverno (1563; olio su legno di tiglio, 66,6 × 50,5 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, inv. GG 1590)

Opere, stile e capolavori di Giuseppe Arcimboldi

 

Figlio di un pittore, Biagio Arcimboldi, che era amico di Bernardino Luini, il giovanissimo Giuseppe fu dunque subito a contatto con gli ambienti leonardeschi (l’arte di Leonardo da Vinci sarebbe stata per lui fondamentale in quanto ispirò molti dei suoi studi maturi) e fu nella bottega paterna che cominciò a lavorare. La sua prima opera documentata sono due vetrate per il Duomo di Milano (sono del 1549: Arcimboldi tuttavia non realizzò da solo i cartoni da cui sarebbero state tratte queste vetrate bensì in collaborazione con il padre Biagio, e i cartoni poi sarebbero stati tradotti in vetro da un vetraio tedesco, Corrado Mochis, a lungo attivo nel cantiere del duomo di Milano). Si tratta di opere dalle quali si può evincere come Giuseppe Arcimboldi fosse aggiornato rispetto alle novità del manierismo, di cui l’artista riprende la grande vivacità innestandola però su di una base monumentale. Il primo manierismo di Arcimboldi si ritrova ancora in un’altra delle sue realizzazioni giovanili, un affresco nel duomo di Monza realizzato in collaborazione con Giuseppe Meda tra il 1556 e il 1559 circa (L’albero di Jesse: affresco monumentale e imponente, con figure cariche e una gamma cromatica fredda e tenue). Chiamato a Vienna nel 1562 da Ferdinando I d’Asburgo, Arcimboldi fu subito impegnato come ritrattista, tanto da venire nominato ritrattista di corte nel 1564 da Massimiliano II, che nutriva una grande predilezione nei confronti di Giuseppe Arcimboldi. Diversi suoi sono conservati al Kunsthistorisches Museum di Vienna: per esempio, il ritratto dell’arciduca Massimiliano (futuro imperatore Massimiliano II) assieme alla moglie Maria di Spagna e a tre figli, opera del 1563 dai toni “istituzionali”, distaccati e austeri.

 

 

La ritrattistica ufficiale era però un genere che stava stretto a Giuseppe Arcimboldi, che a partire dal 1563 inizia per la prima volta a lavorare alle sue teste composite, che gli garantiscono successo e fama di artista estroso ed ingegnoso. Il primo ciclo di teste composite è quello delle Quattro stagioni, realizzato tra il 1563 e il 1566 per Massimiliano II: degli originali rimangono soltanto l’Estate e l’Inverno, conservati al Kunsthistorisches Museum di Vienna, e una Primavera al Museo della Real Academia de San Fernando di Madrid che potrebbe essere il terzo originale ma non ci sono certezze in merito (l’Autunno invece è considerato perduto ed è noto solo da repliche successive, per esempio quella del ciclo del 1573 conservato al Louvre, quasi identico a quello originale).

Le “teste composite” sono così definite in quanto composte da diversi elementi, tutti attinenti a un tema, che formano un ritratto: la testa della primavera, per esempio, è composta da fiori e foglie (gli studiosi di botanica hanno contato circa ottanta specie diverse di piante e di fiori, segno dell’elevato interesse di Giuseppe Arcimboldi per il mondo della natura), l’estate ha la testa composta da frutta tipicamente estiva (la guancia è una pesca, il mento una pera, il naso è un cetriolo mentre i capelli sono formati da susine, ciliegie, lamponi e un grappolo d’uva ancora acerbo, l’orecchio è una pannocchia di granturco e il busto è formato da spighe di grano tutte intrecciate). In occasione della mostra sul pittore che si è tenuta a Milano nel 2011, alcuni studiosi hanno messo in dubbio che il ciclo viennese sia il primo sul tema realizzato da Giuseppe Arcimboldi, avanzando anche l’ipotesi che la corte imperiale abbia notato il giovane artista milanese in virtù del fatto che forse già a Milano avesse iniziato a realizzare dipinti di questo tipo, che avrebbero così stimolato l’interesse e la curiosità di Ferdinando I d’Asburgo che decise di chiamarlo a Vienna.

 

 

 

Quale il significato di questi dipinti? Forse non sarebbero altro che una celebrazione della corte asburgica: così pensava il letterato Giovanni Battista Fontana, attivo presso la corte asburgica negli anni Sessanta del Cinquecento. In un suo scritto, Fontana suggerisce di vedere elementi e stagioni come allegoria dell’impero: in particolare i dipinti sarebbero da leggersi in chiave aristotelica (secondo Aristotele, l’universo era assimilabile a un macrocosmo composto dai quattro elementi, e si trattava di una concezione che poggiava le sue basi su filosofie ancora più antiche, e sempre secondo questo modo di vedere la realtà, a ogni elemento corrispondeva una stagione diversa, che simboleggiano lo scorrere del tempo dell’univers). E dal momento che le teste sono assimilate a ritratti di cesari, la composizione di Giuseppe Arcimboldi sarebbe da intendersi come l’impero che regna e domina sia sul macrocosmo sia sul microcosmo, dal momento che l’imperatore assume le sembianze di componenti del macrocosmo e del microcosmo (altro ciclo famoso è quello dei Quattro Elementi, aria, acqua, terra e fuoco, che secondo alcuni studiosi sarebbe legato a quello delle Quattro Stagioni).

 

Tra le altre opere interessanti di Giuseppe Arcimboldi è possibile menzionare il Bibliotecario del 1566 (che probabilmente rappresenta un personaggio della corte di Massimiliano II che effettivamente faceva il bibliotecario: denota dunque l’interesse dell’artista nei confronti delle caricature di Leonardo, comune a tutto l’ambiente artistico milanese della prima metà del Cinquecento), e le teste reversibili, ovvero dipinti che da un lato sembrano nature morte, ma capovolgendoli diventano teste composite: e l’esempio più famoso è il celeberrimo Ortolano del 1590 circa, conservato al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona. Sembra una natura morta, una scodella ripiena di ortaggi, con cipolle, patate, funghi e quant’altro, ma capovolgendo il dipinto appare la raffigurazione caricaturale di un ortolano (il naso è la patata, la cipolla è la guancia, i funghi dànno forma alle labbra e la scodella diventa il cappello del personaggio). Come anticipato, infine, Giuseppe Arcimboldi nutrì forti interessi nei confronti del mondo naturale. Contemporaneo e anzi quasi coetaneo di Ulisse Aldrovandi, il grande scienziato bolognese, fu dagli studi di quest’ultimo fortemente ispirato, e viceversa Aldrovandi gradiva molto le opere e i disegni del pittore milanese, tanto che in qualche occasione i due collaborarono, con Arcimboldi che fornì ad Aldrovandi illustrazioni per i suoi studi. Si conserva una corrispondenza tra Aldrovandi e Francesco de Paduanis, studioso attivo alla corte di Praga, in cui De Paduanis fa sapere allo studioso bolognese di aver ottenuto da Arcimboldi alcune rappresentazioni di animali per gli studi di Aldrovandi e che glieli avrebbe inviati. Una delle illustrazioni più famose è l’antilope cervicapra conservata alla Biblioteca dell’Università di Bologna, che fu utilizzata per gli studi di Ulisse Aldrovandi. Esiste poi un codice conservato presso la Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna, conosciuto come il “bestiario di Rodolfo II”, in cui si conservano numerose rappresentazioni naturali di Arcimboldi (principalmente di animali: cervi, fagiani, lucertole, cinghiali, gru, e iin generale animali che Arcimboldi probabilmente vedeva nei giardini e nelle riserve di caccia imperiali). Giuseppe Arcimboldi dunque non fu solo un grande artista, ma era anche inserito molto bene negli ambienti scientifici dell’epoca.

 

 

Giuseppe Arcimboldi, L’Acqua (1566; olio su legno di ontano, 66,5 × 50,5 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, inv. GG 1586) Giuseppe Arcimboldi, L’Acqua (1566; olio su legno di ontano, 66,5 × 50,5 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, inv. GG 1586)

 

Giuseppe Arcimboldi (copia da), Il Bibliotecario (olio su tela, 97 x 71 cm; Svezia, Castello di Skokloster) Giuseppe Arcimboldi (copia da), Il Bibliotecario (olio su tela, 97 x 71 cm; Svezia, Castello di Skokloster)

 

Giuseppe Arcimboldi, L’Ortolano (Priapo) / Ciotola di verdure (1590-1593 circa; olio su tavola, 35,8 x 24,2 cm; Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”) Giuseppe Arcimboldi, L’Ortolano (Priapo) / Ciotola di verdure (1590-1593 circa; olio su tavola, 35,8 x 24,2 cm; Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”)

 

Giuseppe Arcimboldo, Alcefalo e Antilope cervicapra (1584; acquerello su carta; Ms. Aldrovandi, Tavole di Animali, V, c. 20, Bologna, Biblioteca Universitaria) Giuseppe Arcimboldi, Alcefalo e Antilope cervicapra (1584; acquerello su carta; Ms. Aldrovandi, Tavole di Animali, V, c. 20, Bologna, Biblioteca Universitaria)

 

Giuseppe Arcimboldo, Renna (1562; acquerello su carta, 158 x 222 mm; Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, KupferstichKabinett) Giuseppe Arcimboldo, Renna (1562; acquerello su carta, 158 x 222 mm; Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, KupferstichKabinett)

 

Dove vedere le opere di Giuseppe Arcimboldi

 

 

Artista che fece carriera tra le corti d’Europa e dunque presente in molti musei, Giuseppe Arcimboldi è poco rappresentato in Italia: le sue opere più famose, le “teste composite”, furono infatti realizzate per le corti di Vienna e Praga e si trovano dunque all’estero. In Italia, l’itinerario alla scoperta dell’Arcimboldo parte dal Duomo di Milano, dove si ammirano le sue due vetrate. Sempre in Lombardia si trova l’opera più famosa di Arcimboldi presente in Italia, ovvero l’Ortolano del Museo Ala Ponzone di Cremona. A Monza si osserva l’Albero di Jesse, affresco nel Duomo, e diversi suoi disegni si trovano nei Gabinetti delle Stampe degli Uffizi di Firenze e dei Musei di Strada Nuova di Genova, nonché alla Biblioteca Universitaria di Bologna, ma vengono esposti raramente data la loro delicatezza.

 

I cicli di teste composte più famosi si trovano all’estero, al Kunsthistorisches Museum di Vienna, presso la Bayerische Staatsgemäldesammlungen di Monaco di Baviera (quello di Monaco è completo, anche se l’Autunno, in condizioni precarie, è conservato in deposito), e al Denver Art Museum.

In Svezia, il Castello di Skokloster conserva una fedele copia del Bibliotecario (l’autografo non ci è noto). Altre opere si trovano al Nationalmuseum di Stoccolma, presso le collezioni dei principi del Liechtenstein a Vienna, al Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, al Museo de la Real Academia de San Fernando di Madrid.

 

 

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2 VIDEO // 1. video, 4.49 min. –ANSA.IT 30 ottobre 25 / 17.54 — Separazione carriere, Forza Italia manifesta davanti a Palazzo Madama in processione portando il Santo della Giustizia ! +++ 2. video, 3.46 -Marco Travaglio e la sentenza della Cassazione su Dell’Utri – e Berlusconi–

 

 

 

video,  4.49 

apri qui, se vuoi..

 

Le parole del senatore e viceministro Sisto e dei capigruppo Barelli e Gasparri

 

https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2025/10/30/separazione-carriere-forza-italia-manifesta-davanti-a-palazzo-madama_282a62eb-a291-4d6d-a4da-b80805312466.html

 

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LA 7    OTTO E MEZZO   28 ottobre 2025 –conduce Lili Gruber

 

Marco Travaglio spiega la bufala  che Berlusconi non ha avuto rapporti con la mafia. Travisata la sentenza della  Cassazione

 

apri qui::

https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/travaglio-berlusconi-ha-avuto-rapporti-con-la-mafia-lo-dice-la-cassazione-28-10-2025-617897

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Leonid Dobrokhotov, La battaglia di Poltava lega passato e presente dello scontro tra Europa e Russia — LIMESONLINE.COM  —  il 27 Marzo 2025 alle 18:11 + altro

 

 

chiara : fa bene Limes a pubblicare il pensiero russo sulla storia e l’invasione dell’Ucraina. Si capisce bene che sono due nazioni strettamente legate fin dalle origini.
Mi pare, però, che non sia dato sufficiente rilievo alla lotta per l’Indipendenza di questa regione … determinata, tra le altre cose, da comportamenti russi durante l’invasione tedesca e,  non  ultimo, da  quello che si chiama, HOLOMODOR ( = in ucraino significa : ” infliggere la morte mediante la fame”-  ) degli anni Trenta.

se vuoi, vedi:

 

 

 

 

 

LIMESONLINE.COM  il https://www.limesonline.com/articoli/russia-svezia-guerra-ucraina-battaglia-poltava-storia-18781719/

 

 

 

La battaglia di Poltava lega passato e presente dello scontro tra Europa e Russia.

 

 

Lo scontro di tre secoli fa assume oggi un cruciale significato geopolitico. La sconfitta ha lasciato un segno profondo su Stoccolma e un’ostilità permanente nei confronti di Mosca.

 

 

 

di Leonid Dobrokhotov- vedi sotto

 

 

La battaglia di Poltava lega passato e presente dello scontro tra Europa e Russia.

 

Lo scontro di tre secoli fa assume oggi un cruciale significato geopolitico. La sconfitta ha lasciato un segno profondo su Stoccolma e un’ostilità permanente nei confronti di Mosca.

 

 

 

di Leonid Dobrokhotov

Esperto in storia e politica degli Stati Uniti e relazioni russo-americane. Professore alla facoltà di Sociologia dell’Università Statale Lomonosov, Mosca ( DA LIMES )- vedi immagine e notizie dell’Università Lomosov a Mosca- al fondo

 

 

 

Dettaglio di una carta di Laura Canali. Per la versione integrale,clicca qui.

 

 

 

Il prossimo luglio ricorreranno i 316 anni dalla battaglia di Poltava, evento che oggi ricordano solo gli storici professionisti (e nemmeno tutti), mentre è ben conosciuto da svedesi, ucraini e chiaramente dai russi. Lo scorso anno nella Federazione si sono tenute diverse celebrazioni per l’anniversario dello scontro e alcuni anni fa la data della battaglia (8 luglio) è stata ufficialmente riconosciuta come Giorno della gloria militare russa. A Poltava, come sa qualsiasi scolaro russo, la Russia sconfisse gli svedesi.

 

Tuttavia, oggi questo evento assume un significato storico e geopolitico cruciale. Lo ottiene per la guerra in Ucraina che ha scosso la Russia e tutto il mondo. Ma anche perché la Russia uscita dalle macerie dell’impero sovietico ha acquisito con Putin i contorni del nemico principale, agli occhi dell’Occidente. Questi tratti incutono ancor più timore di quanto non facessero quelli del Novecento e si possono paragonare solo alla Cina comunista e forse ora all’America di Trump – consiglio a tal proposito la lettura dell’articolo di Martin Wolf, “The US Is Now the Enemy of the West”, uscito sul Financial Times lo scorso 26 febbraio. Tutto il contrario delle previsioni dei demolitori interni ed esterni dell’Urss e del socialismo.

 

 

Il motivo di tale importanza sono le coincidenze storiche che saltano agli occhi. Un potente imperatore russo, Pietro I figlio di zar, affascinato dall’Occidente già a partire dal quartiere tedesco della Mosca di fine Seicento, riceve un’istruzione e un’esperienza imprenditoriale in Europa occidentale, introduce con il pugno di ferro nella Russia asiatica riforme occidentali e improvvisamente si mette a far la guerra all’Occidente stesso.

 

 

Ora c’è Vladimir Putin, a suo tempo non meno affascinato dall’Ovest. Putin ha lavorato in Germania Est, è stato testimone della demolizione del socialismo, della DDR e dell’Urss ed è tornato in Russia, dove sognava un modello occidentale di capitalismo e l’amicizia con l’Occidente. Ora si è trasformato agli occhi di quell’Occidente in un nuovo imperatore russo, un acerrimo nemico simile a Stalin o a Trump.

 

 

C’è poi l’Ucraina, che ai tempi degli zar e dell’Unione Sovietica – ossia in totale per circa 340 anni, dal 1654 al 1991, senza considerare la coesistenza nella Rus’ di Kiev tra i secoli IX e XII – era volutamente la parte più consistente e sviluppata dell’impero dopo la Russia.

Mentre ora guidata dal presidente Volodymyr Zelensky svolge il ruolo di “Stato per procura” separato dalla Russia, che porta avanti una sanguinosa guerra con Mosca per la sopravvivenza, grazie al sostegno decisivo e negli interessi dell’Occidente.

 

 

 

Carta di Laura Canali - 2024

Carta di Laura Canali – 2024

 

 

Per risolvere la quadratura del cerchio, occorre almeno per un momento rivolgersi alla storia. Nel Settecento tutta l’Europa temeva il re di Svezia Carlo XII: aveva sbaragliato con successo e ripetutamente il re polacco Augusto, dopodiché aveva mosso verso Mosca. A quel tempo il giovane zar Pietro I, che nell’agosto del 1700 aveva dichiarato guerra alla Svezia – da qui ebbe inizio la Grande guerra del Nord – puntava a una rivincita, dopo essersi ripreso dall’onta della sconfitta subita in quel primo anno di conflitto contro le forze di Carlo presso la fortezza di Narva nel Nord Europa. Le forze russe conquistavano città dopo città in Curlandia (oggi parte della Lettonia).

 

 

L’atamano ( = capo militare dei Cosacchi )  ucraino Mazepa aveva inizialmente servito il re polacco Jan Kazimierz (Giovanni Casimiro), ma passò poi allo zar.

La massima autorità russa lo amava, lo aveva decorato con le onoreficenze più illustri e lui da parte sua eseguiva diligentemente gli ordini di Pietro I, inviando le sue truppe cosacche a prender parte alle guerre dello zar. Quest’ultimo si fidava senza riserva alcuna dell’atamano e non credeva alle innumerevoli delazioni sul suo conto. Tuttavia dopo l’inizio della campagna di Carlo XII in Russia Mazepa cambiò casacca a favore della corona svedese, promettendo sostegno in Ucraina e migliaia di uomini di rincalzo. Ciò convinse il re a muovere su Mosca da sud, proprio passando attraverso l’Ucraina.

 

 

Così come molti altri invasori prima e dopo di lui, è noto agli storici che Carlo intendeva smembrare lo Stato russo in frammenti indipendenti e ostili l’uno all’altro, cancellando così dalla scena storica internazionale questa grande entità autonoma. Dello stesso avviso e intenzioni erano Napoleone e Hitler, così come ora lo sono molti leader occidentali. Questi, quantomeno prima che l’esercito di Zelensky iniziasse ad accusare delle battute d’arresto, parlavano pubblicamente della necessità di imporre alla Russia una “sconfitta strategica”, che di fatto è la stessa cosa. Tuttavia al posto del sostegno promesso da Mazepa in Ucraina ad attendere il re svedese c’erano rappresaglie e una guerra partigiana da parte della popolazione che non voleva il dominio svedese. Lo stesso Mazepa riuscì a procurare a Carlo appena duemila baionette.

 

 

Nella storica battaglia svoltasi presso la città ucraina di Poltava l’esercito svedese fu distrutto dai russi guidati da Pietro: fino a novemila soldati svedesi rimasero sul campo; caddero stendardi militari, la maggior parte dei generali e la reputazione di “invincibilità”. Lo stesso successe nel 1812 in Russia all’esercito paneuropeo di Napoleone e nel 1945 in Urss all’esercito paneuropeo di Hitler.

 

 

Mazepa scappò nell’impero ottomano assieme al re svedese. Dopo il tradimento, in Russia venne scagliato un anatema su di lui e vi fu anche una simbolica condanna a morte. Inoltre, Pietro concepì anche un’ironica onorificenza che portò il nome del traditore biblico Giuda, pensando proprio a Mazepa. A Mosca si tenne una parata trionfale in onore della Vittoria sulla Svezia, durante la quale vennero gettati a terra i vessilli militari scandinavi conquistati in battaglia. Una simile cerimonia fu ripetuta da Stalin in Piazza Rossa il 24 giugno 1945, nel corso della Parata della Vittoria sulla Germania di Hitler.

 

 

Nella Russia di oggi è ben chiaro l’enorme significato della Grande guerra del Nord e del suo culmine, la battaglia di Poltava, per la storia del paese e del continente europeo. Infatti non si è trattato di una semplice guerra russo-svedese, il conflitto ha avuto dimensioni paneuropee. Sconfitta, la Svezia ha perso per sempre lo status di grande potenza, mentre la Russia al contrario è entrata nel club elitario dei vincitori mondiali, più volte poi riconfermandosi tale. All’epoca la battaglia di Poltava rivela a un’Europa sorpresa una nuova Russia a lei sconosciuta: un impero di grandezza mondiale potente, vigorosa e da rispettare – in quanto nemico forte, non come amico.

 

 

Molti esperti affermano che gli svedesi non considerano la sconfitta di allora una catastrofe, pur ritenendola una tragedia nazionale. Ciò perché a Poltava vengono sepolte le loro ambizioni imperiali: dopo la “brutta figura” la Svezia sembrerebbe essersi ravveduta, non ha preso posizione nei conflitti militari europei, comprese le due guerre mondiali, dichiara la propria neutralità, ha profuso tutti i propri sforzi nel migliorare il benessere della popolazione.

 

 

Chi scrive è però di un’altra opinione. Secondo le mie osservazioni nel corso degli anni, la sconfitta a Poltava ha lasciato un segno profondo nella coscienza nazionale svedese. Nonostante la sua dichiarata neutralità, nel corso della seconda guerra mondiale il governo e la stampa svedesi non nascosero le proprie simpatie per Berlino, secondo quanto riferito dall’ambasciatrice sovietica a Stoccolma Aleksandra Kollontaj e da altre fonti. Stoccolma intrattenne con la Germania un’intensa attività commerciale, fornendole anche materiale bellico e non mostrando alcuna simpatia per l’Armata Rossa in guerra contro i nazisti.

 

 

 

La nuova cortina di acciaio – settore nordico / APRI QUI

 

 

 

Dopo la guerra, gli svedesi hanno portato avanti una politica ostile nei confronti dell’Urss, poi mantenuta verso la Russia attuale. L’apice è stato raggiunto ora con l’adesione di Stoccolma alla Nato. Né l’Urss né la Russia hanno mai perseguito politiche di ostilità e nemmeno d’inimicizia nei confronti della Svezia. Prendiamo solo due esempi del comportamento antitetico dei due paesi. In dichiarazioni del loro governo e in accese pubblicazioni sui loro media, gli svedesi hanno accusato per decenni l’Urss e ora la Russia di inviare sottomarini militari nelle acque territoriali svedesi, senza che siano mai state presentate prove concrete e inconfutabili delle affermazioni. Per decenni invece in Urss/Russia le opere degli scrittori svedesi sono state pubblicate in grandi tirature e le pièce dei drammaturghi svedesi sono state messe in scena nei teatri. La scrittrice più amata da generazioni di bambini russi è stata Astrid Lindgren, per esempio: i personaggi del suo libro Karlsson sul tetto sono diventati protagonisti di un famoso cartone animato sovietico (al pubblico russo si teneva nascosto il fatto che Lindgren non celasse le proprie opinioni russofobe).

 

 

Anche oggi il destino dell’eterno confronto tra Occidente e Russia non lascia ben sperare, nonostante i tentativi di moderazione attuati dal nuovo presidente statunitense Trump – un confronto che, secondo il ricercatore svizzero Guy Mettan, è più che millenario: si veda il suo volume Russofobia. Mille anni di diffidenza.

 

 

Un ruolo particolare in tutto questo è oggi svolto dalla guerra in Ucraina e proprio per questo la città-fortezza di Poltava, scenario della battaglia che abbiamo descritto, acquisisce un significato particolare. Come sottolineano gli studiosi russi, emergono così tante coincidenze storiche e geografiche che è impossibile non farci caso. Così come oltre tre secoli fa, oggi l’esercito russo cerca di liberare le proprie terre storiche dall’essere di fatto incorporate economicamente, militarmente e politicamente dall’Occidente. Così come oltre tre secoli fa quando l’esercito svedese di Carlo XII, considerato il migliore del mondo, fu spazzato via a Poltava e la Grande guerra del Nord fu vinta dalla Russia. Così come nel 1812, quando l’esercito di Napoleone fu pressoché annientato nelle vaste distese dell’impero russo, pur avendo conquistato Mosca per un breve periodo. Così come nel 1945, quando l’Armata Rossa issò la bandiera della Vittoria su Berlino, avendo precedentemente liberato il territorio dell’Ucraina sovietica. Così oggi in Russia si ritiene che quantomeno il territorio dell’Ucraina non dovrebbe rappresentare una minaccia per la sicurezza della Federazione e soprattutto dovrebbe diventare un’entità amica dello Stato e del popolo russo.

 

 

 

Eppure, per ora in Ucraina gli eventi storici descritti sono interpretati in maniera del tutto diversa. Il governo che esiste a Kiev dal 1991 e che si sta radicalizzando sempre di più ha fatto del nazionalismo, dell’odio per la Russia, per tutto ciò che è russo e per la storia condivisa con il popolo russo il fondamento dell’ideologia che instilla nella sua popolazione. Di qui derivano l’odio per Pietro I e il culto dell’atamano Mazepa, presentato come un eroe nazionale e un guerriero immolatosi per l’indipendenza ucraina. Di qui derivano le descrizioni della battaglia di Poltava come un evento tragico della storia ucraina e della Grande guerra del Nord come una catastrofe nazionale che determinò per il popolo ucraino l’avvento di una schiavitù coloniale organizzata dai russi. Di qui derivano le tinte eroiche con cui si descrive Simon Petljura, capo dell’esercito nazionale in Ucraina durante la guerra civile e l’intervento militare portato avanti da quattordici potenze occidentali e dal Giappone contro la Russia sovietica nel periodo 1918-1922. Di qui deriva la trasformazione in eroi nazionali di Bandera e Šuchevič, capi degli eserciti nazionalisti ucraini che combatterono contro l’Urss al fianco della Germania nel 1941-1945.

 

 

 

Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022

 

 

 

Sempre seguendo questa ideologia a Kiev si è iniziato con la demolizione della famosa statua del fondatore dello Stato sovietico Vladimir Lenin – unione cui l’Ucraina aderì volontariamente nel 1922. Per poi continuare con la rimozione di tutti i monumenti dedicati a imperatori e scrittori legati alla Russia e agli eroi dell’Armata Rossa che liberarono l’Ucraina dall’occupazione nazista e nella quale combatterono sette milioni di ucraini, insieme agli altri popoli sovietici. Per arrivare infine alla cancellazione della toponomastica storica e all’annientamento della letteratura russa nelle biblioteche e nella mente degli ucraini. Tutto ciò non è iniziato con l’avvio delle azioni militari di Mosca contro l’Ucraina nel febbraio del 2022, ma trentacinque anni prima.

 

 

 

Chi scrive, passeggiando recentemente per Mosca, ha visitato una delle famose “sette sorelle”, la serie di edifici costruiti per volere di Stalin nella capitale sovietica dopo la guerra. Era l’albergo di lusso “Ucraina”. Così si chiama tuttora (“Ucraina-Radisson”). Accanto, su una collinetta, si erge una maestosa statua dell’iconico poeta e scrittore ucraino Taras Ševčenko. È rivolta verso il lungofiume sulla Moscova, via che prende il suo nome. Lasciato l’hotel, sono capitato in un bel viale alberato che si chiama Ukrainskij bul’var (boulevard ucraino). Qui tra le aiuole e le fontane ci sono monumenti dedicati ad altri famosi scrittori ucraini dell’Ottocento. Il viale porta alla stazione ferroviaria Kievskij che conserva tuttora il suo nome storico, sebbene i treni per la capitale ucraina non partano più da tempo. Accanto, c’è la stazione metro Kievskaja dove all’interno sono perfettamente preservati quadri pittoreschi legati alla storia ucraina. Di recente è stata visitata da Tucker Carlson, famoso giornalista televisivo americano e amico del presidente Trump. È rimasto piacevolmente stupito di questa pittoresca Ucraina nel centro di Mosca e lo ha mostrato ai suoi spettatori. Sempre di recente ho passeggiato per Mosca, dove ho fatto caso al ristorante ucraino “Korčma” (una catena diffusa in tutta Mosca), all’incrocio tra piazza Gagarin, che ospita l’enorme statua del primo uomo che è stato nello spazio, e il Leninskij prospekt, alla fine del quale si trova una statua di Lenin diversa da quella rimossa a Kiev. Accanto, ho notato un ristorante di cucina nazionale russa che porta il nome dell’eroe del folklore russo, Il’ja Muromec. I due locali erano pacifici l’uno accanto all’altro. Ho pensato che questo simbolismo non sia casuale. In ragione dello stesso Dio ortodosso e della loro grande storia e cultura comune, a Russia e Ucraina è dato non solo di vivere fianco a fianco ma anche di essere intimamente amiche, non di farsi la guerra. E così dev’essere.

(traduzione di Martina Napolitano)

 

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NOTA::

L’UNIVERSITA’ STATALE DI MOSCA

( costruita  con decreto del 25 gennaio 1775 ), la più grande della Russia intera

*** qualcosina sulla sua storia con immagini

 

 

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L’edificio centrale dell’università in via Mokhovaya (1798). Oggi decanato ( uffici del  rettore o anche ” ufficio delle parrochie ” – in ambito ecclesiastico)
Autore sconosciuto

 

 

 

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vista aerea

L’Università venne fondata dall’imperatrice Elisabetta di Russia, che, con decreto del 25 gennaio 1755, accolse le istanze di Ivan Šuvalov  e Michail Lomonosov . Le prime lezioni si tennero il 26 aprile dello stesso anno.

Situata originariamente sulla Piazza Rossa, fu trasferita nell’attuale sede neoclassica di via Mochovaja sotto il regno di Caterina II di Russia (17621796). L’edificio principale fu costruito tra il 1782 e il 1793, per poi essere interamente ristrutturato dopo l’incendio di Mosca del 1812 da Domenico Gilardi.

 

Nel XVIII secolo l’Università contava tre facoltàfilosofiagiurisprudenza
medicina. Quest’ultima fu articolata nel 1804 in tre distinte facoltà: medicina clinica, chirurgia e ostetricia. Tra il 1884 e il 1897 il Dipartimento di Medicina fece costruire un vasto campus Devič’e pole, che nel 1918 fu separato dall’Università e successivamente affidato all’Accademia medica di Mosca.

 

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L’edificio di via Mochovaja ospita oggi le facoltà di giornalismo e psicologia ( vecchio quartiere dell’Università )
Alexander Viktorovich Shipilin (Александр Шипилин)  – http://ashipilin.narod.ru/Galery.files//stuniver4.jpg

 

sopra::
TESTO E IMMAGINI DA IT.WIKIPEDIA.ORG

https://it.wikipedia.org/wiki/Universit%C3%A0_statale_di_Mosca#:~:text=L%27Universit%C3%A0%20venne%20fondata,medica%20di%20Mosca.

 

 

 

SEGUE DA : 

moscow-photos.com
https://www.moscow-photos.com/photo.phtml?e=2907

 

 

Distretto di Ramenki. Complesso residenziale Krylya.

Il quartiere Ramenki (in russo Район Раменки?) è un quartiere di Mosca sito nel Distretto Occidentale. Vi si trovano l’Università Statale di Mosca, gli studi della casa di produzione Mosfil’m e alcune presunte strutture sotterranee, tra cui il bunker della cosiddetta “Metro 2“.
Il nome deriva probabilmente dal termine ramen’e, che indica una foresta fitta.

Sull’area sorgeva l’abitato di Vorob’ëvo – che dà il nome all’altopiano delle Vorob’ëvy Gory, ex “colline Lenin” – di cui si ha menzione scritta nel 1453.

 

 

 

 

foto e scritto da : Wikipedia Ramenki
https://it.wikipedia.org/wiki/Ramenki

 

 

 

Ramenki District

foto 2025

 

 

 

Ramenki District

foto 2020

 

 

 

LA COLLINA DEI PASSERI, UNO DEI SETTE COLLI DI MOSCA-
da Wikipedia, link in fond0

 

La Collina dei passeri (in russo Воробьёвы горы?), o Vorob’ёvy gory’, è uno dei sette colli di Mosca. Dal 1924 al 1991 conosciuta con il nome di “Collina Lenin”, rappresenta uno dei punti più alti della capitale russa raggiungendo i 220 metri. È sita nell’area sud-orientale di Mosca, sulla riva destra del fiume Moscova. Classificata come riserva naturale, nelle sue immediate vicinanze sorge il maestoso edificio principale dell’Università statale di Mosca.

Questo nome, ” collina dei passeri ” appare anche nell’opera Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov ed è nominato in Guerra e Pace di Lev Tolstoj come “Monti dei Passeri “.

Tra il 1949 ed il 1953 nei pressi della collina fu costruito un complesso architettonico destinato ad ospitare l’Università statale di Mosca. Fu anche allestita una piattaforma d’osservazione capace di offrire la visione di un grandioso panorama di Mosca. Tale piattaforma rappresenta una meta turistica di notevole importanza. Nel 1953 fu installata anche una sciovia. La collina è inoltre luogo di gare di mountain biking e corse motoristiche. Nel 1958 fu costruito il metroponte Lužniki che collega la prospettiva Komsomol’skij alla zona dell’Università.

 

Nel 1998 la collina divenne ufficialmente riserva naturale statale e quindi area protetta. Ospita oltre cento specie di vertebrati, mentre gli alberi più comuni sono l’Acer platanoides, la Tilia cordata, la Quercus robur, la Betula pendula e il Fraxinus excelsior.

Nei pressi dell’area ha sede il grande complesso dell’ambasciata cinese.

 

 

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Edificio principale dell’Università

© Vyacheslav Argenberg / http://www.vascoplanet.com/

 

 

 

 

 

Chiesa della Trinità sulla Collina dei passeri ( 1811 )
Ludvig14 – Opera propria

 

 

Stazione della metro Vorob'ëvy Gory

Stazione del metro di Vorob’ëvy Gory
Serguei S. Dukachev

 

 

Vista dello stadio Lužniki

Vista dello stadio Lužniki

 

 

 

 

Bosco della Collina dei passeri

Bosco della Collina dei passeri
Sheptor – Opera propria

 

 

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L’autunno d’oro (Collina dei passeri) –  (Monti Vorob’ovy, Villa Noyev)Leonid Pasternak
1912. Pastello su carta.

Alex Bakharev

 

testo e foto da Wikipedia

https://it.wikipedia.org/wiki/Collina_dei_passeri

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