Secondo FOX NEWS:
‘Iran ha preso di mira l’edificio Kirya, l’equivalente del Pentagono negli Stati Uniti
#Israele #Israel #Iran #War #Netanyah
*** non abbiamo trovato nessun altro testo con questa affermazione
LORENZO TROMBETTA — foto dal suo Facebook
nasce a Roma nel 1976– . Corrispondente Ansa e Limes per il medio oriente, ha un’esperienza ventennale tra Siria e Libano. . È autore, tra gli altri, di Negoziazione e Potere in Medio Oriente. Alle radici dei conflitti in Siria e dintorni, Mondadori Education, 2022. ( Domani — https://www.editorialedomani.it/autore/lorenzo-trombetta-qbf6x39t )
Alberto Giacometti. Apple on the Sideboard. 1937
una mela sulla credenza, 1937
olio su tela
27X 27 cm
https://www.moma.org/collection/works/275466
testo dal Moma dopo l’immagine sopra /link
“L’arte mi interessa moltissimo, ma la verità mi interessa infinitamente di più.”
Alberto Giacometti
“Non potrei immaginare un’infanzia e una giovinezza più felici di quelle che ho vissuto con mio padre e con tutta la famiglia”: il padre, Giovanni Giacometti, il primo a dpingere e diventare un famoso pittore; la moglie, Anetta Giacometti-Stampa e i figli : Alberto, Diego, Bruno, Giovanni, Ottilia, Annetta. Non è presente : un cugino di Giovanni, Augusto Giacometti, fu un altro grande pittore.- Ne parla, di Augusto, ma anche di Giovanni Giacometti – il grande LAURETO RODONI – NEL LINK
https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-admin/post.php?post=452283&action=edit&message=1
AUTORITRATTO
https://ecoinformazioni.com/2020/06/28/arte-giacometti-in-mostra-a-chiasso/
Alberto Giacometti è nato in Svizzera, in Val Bregaglia, nel 1901 ( 1- nota al fondo ), e ha avuto la fortuna di conoscere l’arte sin da piccolo: il padre era pittore postimpressionista e il padrino era Cuno Amiet, pioniere dell’arte moderna in Svizzera. Ha cominciato presto a copiare le immagini dei libri d’arte della biblioteca paterna e i paesaggi che circondavano il paesino in cui viveva, Stampa, in una valle svizzera a nord del lago di Como. Attento alla storia dell’arte sin da giovane usava il disegno come strumento per conoscere le opere dei grandi. Si è interessato anche all’arte egizia, precolombiana e africana, i cui richiami sono evidenti in molte opere. Poi i viaggi con il padre nelle città d’arte italiane. Infine Parigi dove, tra il 1922 e il 1925, ha frequentato una scuola di scultura tenuta da Émile-Antoine Bourdelle, allievo di Rodin. La conoscenza di Brancusi e l’influenza cubista, il simbolismo e il surrealismo: tanti sono gli artisti, scultori, pittori, scrittori che ha conosciuto e frequentato. Personalità e stili diversi sono stati la sua esperienza artistica e di vita e hanno reso la sua arte particolare, sintetica, con soggetti appena modellati, con forme elementari, appiattite e allungate. “La ricerca lo porta a una perdita dei particolari, delle discontinuità, nonché a un appiattimento dei volumi” *, come nelle sculture quasi astratte in cui, abbandonato lo studio dal vero, la figura umana diventa una rappresentazione della sessualità.
da : zapgina.wordpress.com -24 gennaio 2020– link sotto
Nell’inverno del 1947, Alberto Giacometti scrisse una lettera a Pierre Matisse, un gallerista di New York che stava organizzando una mostra delle sue opere. “Ecco l’elenco delle sculture che ti avevo promesso”, iniziava la lettera, “ma non potevo farlo senza includere, seppur molto brevemente, una certa catena di eventi”.
1
La “catena di eventi” inizia con la giovinezza dell’artista in Svizzera nei primi anni del Novecento, prosegue con la sua ricerca di nuove forme di espressione artistica negli anni Venti e Trenta, e si conclude nel 1947 con le figure scolpite da Giacometti , fragili e solitarie, che i suoi contemporanei definirono icone dell’Europa del dopoguerra. “È quasi dove sono oggi”, concludeva nella sua lettera, “no, dove ero ancora ieri”.
2
Prima di “oggi”, prima di “ieri”, Giacometti aveva studiato disegno, pittura e scultura presso le scuole d’arte di Ginevra e Parigi, anni che in seguito avrebbe liquidato come il “periodo dell’accademia”.
3
Insoddisfatto delle rappresentazioni realistiche del corpo umano, si rivolse a forme enigmatiche – modellate in gesso e fuse in bronzo – che traevano ispirazione dal suo impegno sia con il Cubismo che con l’ arte non occidentale .
“La Coppia”, 1927, gesso e tracce di matita.
Collezione Fondation Giacometti, Parigi
© Alberto Giacometti/by SIAE in Italy, 2014
Una di queste opere, La Coppia (1927), evoca la stilizzazione delle maschere africane e oceaniche, nonché le composizioni astratte e geometriche di Pablo Picasso e Georges Braque .
DONNA CUCCHIAIO- 1926-27
Un’altra opera simile, Donna Cucchiaio (1926-27), ricorda i mestoli di legno di grandi dimensioni scolpiti dagli artisti Dan in Costa d’Avorio e Liberia.
ARTISTI DAN IN COSTA D’AVORIO E LIBERIA
h. 23 cm
Misure: 24.0 x 8.0 x 14.0 cm
https://www.capitoliumart.com/
Finalmente, Giacometti stava producendo sculture che corrispondevano a quella che definiva la sua “visione della realtà”.
Espose queste sculture a Parigi, dove si stabilì in un piccolo studio essenziale nel 1926. “Tutto qui è prodigiosamente vivo”,
Nell’atelier parigino di Alberto Giacometti- ” «L’atelier di Giacometti era un luogo magico. Certo, è impossibile ricostruirlo, ma ho cercato lo stesso di mettere l’artista al centro dell’esposizione, per dare l’impressione di vederlo all’opera», afferma Véronique Wiesiger, direttrice della Fondazione Alberto e Annette Giacometti e curatrice della mostra – Parigi 2007 / 11 febbraio 2008
MICHEL LEIRIS – ( Parigi, 1901- Saint-Hilaire, 1990 )- scrittore ed etnografo
foto da The Spectato– AUTORE DI CARABATTOLE, EINAUDI, 1998
5
ha entusiasmato l’autore ed etnografo Michel Leiris dopo una visita a questo studio. Secondo Leiris, Giacometti condivideva interessi estetici e tecniche con i surrealisti , un gruppo di artisti e scrittori che cercavano di sovvertire le costrizioni della vita moderna attivando il subconscio. Come loro, era ossessionato da sogni, ricordi e impressioni misteriosi; come loro, era attratto da oggetti enigmatici e processi creativi spontanei. Giacometti, sosteneva Leiris, aveva messo da parte le statue solenni e imponenti tipiche della scultura tradizionale europea. Invece di monumenti, ha continuato Leiris, Giacometti ha prodotto “veri e propri feticci”.
oggetti, come Testa che guarda (1928-29), staccati dall’ambiente circostante e dotati di desiderio.
All’inizio degli anni ’30, Giacometti era diventato un surrealista convinto. Nel 1933, annunciò i suoi legami con il movimento su Minotaure , una rivista co-diretta dal leader surrealista André Breton .
“Per molti anni ho eseguito solo sculture che si sono presentate alla mia mente completamente completate”, ha spiegato Giacometti. “Mi sono limitato a riprodurle nello spazio senza cambiare nulla, senza chiedermi cosa potessero significare”.
IL PALAZZO ALLE 4 DEL MATTINO ( 1932 )
Moma
forse qui si vede un po’ meglio… anche se non è il Moma
da : https://www.singulart.com/blog/it/2024/08/10/il-palazzo-alle-4-del-mattino-di-alberto-giacometti/
Un esempio, scrisse, fu Il palazzo alle 4 del mattino (1932), una struttura dall’aspetto fragile con contenuti inaspettati: uno scheletro di uccello, una lastra di vetro e una colonna vertebrale, tutti sospesi; una figura femminile in piedi davanti a tre pannelli; e un’ellisse verticale, anch’essa sostenuta da un pannello, con una sfera alla base.
Homme et femme , 1928-1929
Boule suspendue, 1930
immagine da Artribune
1932
LA FEMME EGORGEE
La donna sgozzata
Così viene presentata nella scheda museale: “L’aggressività con cui è trattata la figura umana in queste visioni di brutale assalto erotico rivela graficamente il loro contenuto. La donna vista con orrore e bramosia, sia come vittima, sia come carnefice della sessualità maschile, ha spesso la forma di un crostaceo o insetto. Donna sgozzata è un’immagine particolarmente malvagia: il corpo è spaccato, sventrato, arcuato in un parossismo di sesso e morte. Le parti anatomiche sono trasformate in forme astratte schematiche. Il ricordo della violenza è raggelato nella rigidità cadaverica. Il tormento psicologico e la sadica misoginia che trasmette questa scultura in modo sorprendente con la serenità di altre opere contemporanee di Giacometti, quali la Donna che cammina”.
( : Il tempo di Giacometti da Chagall a Kandinsky, mostra a Verona, Palazzo della Gran Guardia- a cura di Marco Goldin –16 novembre 2019 – 5 aprile 2020 )
In Minotauro ( la rivista ) , Giacometti collegò questi oggetti a persone ed eventi specifici della sua vita, molti dei quali inquietanti. La scultura, suggerì, era un autoritratto surrealista.
L’oggetto invisibile, 1934– è quello che ” non ” tiene ” nelle mani
Il cubo, 1934-1935
Eppure i surrealisti, una comunità notoriamente litigiosa, espulsero Giacometti nel 1935 per aver lavorato ancora una volta con dei modelli, come aveva fatto alla scuola d’arte. Allo stesso tempo, continuò a lavorare a memoria.
Il risultato fu una serie di piccole figure umane , iniziata verso la fine della seconda guerra mondiale, che gli assicurò la fama in Europa e negli Stati Uniti. Esili, ruvide e solitarie, queste figure trasmettono le difficoltà e l’alienazione della guerra e delle sue conseguenze.
Uno dei loro numerosi sostenitori fu il filosofo francese Jean-Paul Sartre, che attribuì a Giacometti il merito di aver introdotto una “rivoluzione copernicana” nella scultura contemporanea. “Scelse di scolpire l’apparenza situata”, scrisse Sartre nel 1948, e così facendo “raggiunse l’assoluto”.
Nel corso del tempo, Giacometti aumentò le dimensioni delle sue figure , allungandone al contempo busti e arti. “Con mia sorpresa”, scrisse nella sua lettera del 1947 a Pierre Matisse, “raggiunsero una certa somiglianza solo quando erano alti e snelli”.
FONDAZIONE ALBERTO GIACOMETTI – ZURIGO
https://arthive.com/it/albertogiacometti/works/377409~Carro#google_vignette
Una “somiglianza” di grandi dimensioni, scarna e solitaria, si erge su due ruote imponenti in Il Carro , del 1950. Più o meno nello stesso periodo, l’artista si rivolse alla carta e alla tela per ritrarre figure in piccoli recinti disordinati. Spesso usava sua madre , Annetta, suo fratello, Diego, e sua moglie, Annette , come modelli.
Che si trattasse di scultura, pittura, disegno o incisione, la “somiglianza” – perseguita attraverso l’osservazione e il ricordo – sarebbe rimasta l’obiettivo di Giacometti per il resto della sua carriera.
Il gatto, 1951, Il cane, 1951
IL CANE, 1951 — DAL MOMA
Gruppo di tre uomini, 1948-49
Grande testa – Donna in piedi – Uomo che cammina
1959-1960
1959-69 Uomo che cammina
Nota: la citazione iniziale è di Klemm, Christian e Alberto Giacometti. Alberto Giacometti: Mostra; Kunsthaus Zürich, 18 maggio – 2 settembre 2001; Museum of Modern Art, New York, 11 ottobre 2001 – 8 gennaio 2002, a cura di Kunsthaus Zürich e Museum of Modern Art, Museum of Modern Art, 2001.
Annemarie Iker, studiosa indipendente, 2024
NOTE ( i numerini a fianco delle parole )
nota 1-
BORGONOVO, VAL BREGAGLIA – dove nasce l’autore
Vista del gruppo montuoso da Soglio (in primo piano): gruppo delle Sciore (a sx), il pizzo Cengalo (cn-sx) ed il pizzo Badile (al cx)
Alpi del Bernina (nelle Alpi Retiche occidentali)
Cima più elevataMonte Disgrazia (3 678 m s.l.m.)
Monte Disgrazia
foto sopra da : https://it.wikipedia.org/wiki/Monti_della_Val_Bregaglia#/media/File:Disgrazia_dal_linzone.jpg
Borgonovo– Meteo Consult
Borgonovo da :
https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/vicosoprano-borgonovo-soglio-castasegna-110520011/photo-71202763
per chi volesse —Alberto Giacometti in 10 punti
IL MANIFESTO 13 GIUGNO 2025
https://ilmanifesto.it/dal-golfo-al-mondo-gli-effetti-globali-di-un-nuovo-conflitto
Illustrazione – Ikon
foto ISPI
( Milano, 1956 )
La pistola puntata contro l’Iran è israeliana ma l’impugnatura è in mano a Trump. Lui può arrivare a un accordo con l’Iran, lui può fermare Israele visto che è anche il suo maggiore fornitore di armi: sono i missili americani, oltre a quelli israeliani, che tengono sotto tiro la Repubblica islamica con le basi Usa in Turchia, Qatar e Bahrain.
Basi militari americane che con la flotta Usa in Bahrain e le truppe schierate in Qatar danno la dimensione di un conflitto che in realtà, con le sue conseguenze, potrebbe diventare più ampio: Russia e Cina sono alleati di Teheran ed è stata proprio Pechino a mediare il riavvicinamento storico tra Iran e Arabia saudita.
Una guerra all’Iran vedrebbe coinvolti più o meno direttamente i Paesi del Golfo, l’Iraq e il Libano degli Hezbollah e lo Yemen.
Mentre il prezzo del petrolio sale, segnale di chiaro nervosismo sui mercati, gli Usa hanno già ridotto il personale diplomatico in Iraq e nel Golfo dove passa oltre il 40% di rifornimenti energetici mondiali.
Inoltre anche gli apparati Nato sarebbero messi in allarme, con la Gran Bretagna schierata al fianco di Israele.
Da tempo però l’Arabia saudita, che ha fatto stringere la mano di Trump e quella dell’ex jihadista siriano Al Jolani, chiede al presidente americano di frenare Tel Aviv. Un conflitto alle porte di casa per il Golfo rappresenta un pericolo: hanno già perso il conflitto con un altro alleato di Teheran, gli Houthi al potere in Yemen, dove Israele ha appena bombardato il porto di Hodeida. Una reazione degli Houthi contro Israele non è da escludere – è già accaduto durante le stragi di civili a Gaza – tenendo presente i rapporti stretti con l’Iran.
Tutto questo mentre si sta per avviare in Oman il sesto round dei negoziati Iran-Stati uniti, forse una delle ultime speranze per evitare che Israele bombardi i siti nucleari iraniani. Non che Trump sia particolarmente incline a usare la diplomazia con Teheran, tanto è vero che nel 2018 fu lui, al primo mandato, ad annullare l’accordo del 2015 firmato da Obama.
Quell’intesa non funzionò non perché fosse «pessima», come ripete Trump imbrogliando le carte per l’ennesima volta, ma semplicemente perché non venne attuata: gli americani non tolsero mai le sanzioni bancarie e finanziarie a Teheran come sa benissimo qualunque banchiere europeo. Non è un dettaglio da poco: gli iraniani potrebbero arrivare a un compromesso sull’arricchimento dell’uranio solo se avessero garanzie concrete di un alleggerimento vero delle sanzioni.
La questione iraniana è più globale di quel che si pensi. Le conseguenze del fallimento dell’accordo del 2015 sono state evidenti: l’Iran è stato spinto sempre di più nelle braccia di Mosca e Pechino. La Russia è il primo destinatario dell’industria dei droni iraniana, la Cina è il primo cliente del petrolio di Teheran. Non si contano poi le manovre militari congiunte iraniane con Mosca e Pechino e gli scambi di visite militari e diplomatiche. L’Iran è dentro al fronte bollente dei conflitti e degli interessi strategici che stanno a cavallo tra Medio Oriente e Asia centrale e fa parte dell’organizzazione dei Brics, un blocco economico che rappresenta oltre il 30% del Pil mondiale.
Trump si è vantato di poter mettere fine «in un giorno» al conflitto tra Russia e Ucraina e ora deve dimostrare, dopo tante boutade, di essere un leader credibile: se fa fare quel che vuole a Netanyahu, il suo più stretto alleato, come sta accadendo a Gaza con un carneficina disumana, ben pochi saranno disposti a dargli credito. Non solo Putin e Xi Jinping, ma anche gli stati del Golfo come Riyadh che lui vorrebbe convincere a entrare nel Patto di Abramo con Israele.
Ma come si fa ad accettarlo se Trump, il principale sponsor dell’accordo sin dal suo primo mandato, lascia mano libera a Netanyahu? Per gli arabi del Golfo un eventuale attacco di Israele potrebbe rivelarsi un mezzo disastro. Se è vero che per anni hanno temuto la potenza e l’influenza iraniana nella regione, ora stanno dando una dimostrazione di assoluta impotenza. Hanno lasciato che a Gaza si attuasse il genocidio dei palestinesi, hanno corso dietro alle deliranti proposte di Trump per «Gaza Riviera» e alle prospettive di deportazione senza muovere un dito. Ma soprattutto rischiano di mettere in mano la loro sopravvivenza a Israele. I sauditi sono i custodi dei luoghi sacri dell’islam e il loro prestigio come paese guida potrebbe venire seriamente intaccato.
In Medio Oriente si vive un paradosso lacerante: da un lato la strage a oltranza a Gaza, dall’altro un’aria di prosperità e ricchezza nel Golfo, sul versante opposto di un mondo arabo che però non ha mai niente da dire e subisce le decisioni israeliane e americane.
Come può reagire l’Iran a un attacco? Può provare a colpire Tel Aviv con missili balistici. Ma loro efficacia è tutta da provare. Il complesso militar-industriale israelo-americano è troppo superiore. Gli israeliani hanno già testato le difese della repubblica islamica e sono pronti a farlo di nuovo. Con l’attacco del 26 ottobre scorso Israele, in replica a quello di Teheran, avrebbe eliminato oltre l’80% delle difese aeree iraniane: Netanyahu ritiene la Repubblica islamica una minaccia esistenziale ed è sempre pronto a intervenire.
Forse l’unica reazione efficace di Teheran potrebbe essere una sorta di guerra asimmetrica muovendo le ultime pedine nella regione sopravvissute ai raid israeliani. Ma non è una prospettiva che salva il Medio Oriente da altre tragedie.
CARTINA DELL’ ULSTER–IRLANDA DEL NORD CHE APPARTIENE ALLA GRAN BRETAGNA
Il toponimo “Ulster” è impropriamente usato come sinonimo di “Irlanda del Nord“. In realtà, l’Ulster comprende sia l’Irlanda del Nord, che ricade sotto la sovranità del Regno Unito e che comprende sei delle nove contee che costituiscono l’Ulster (Antrim, Armagh, Down, Fermanagh, Derry e Tyrone), sia le tre contee che ricadono sotto la sovranità della Repubblica d’Irlanda (Cavan, Donegal e Monaghan).
Il capoluogo della provincia dell’Ulster è Belfast, città sotto sovranità britannica e capitale dell’Irlanda del Nord, che amministrativamente è oggi una città-distretto. Storicamente la città è parte delle contee di Antrim e Down.
UK, Northern Ireland, County Antrim, Whitehead
Whitehead (an Cionn Bán in gaelico irlandese) è un villaggio dell’Irlanda del Nord, situato nella contea di Antrim.
UN’ALTRA FOTO DI WHITEHEAD NELLA CONRTEA DI ANTRIM, IRLANDA DEL NORD
Albert Bridge
IL PARCO DA GOLF
UNA PASSEGGIATA VICINO AL MARE
Kenneth Allen
GARDEN VILLAGE
by Albert Bridge
CASE SULLA STRADA DEL MARE
by Eric Jones
Wilson Adams
MARINE AVENUE
Eric Jones
MARINE PARADE
Altri importanti centri della provincia sono, nella parte nordirlandese (britannica), Armagh, Derry (o Londonderry), Lisburn e Newry, cui il Regno Unito ha garantito lo status di città, nonché Cavan, Lifford e Monaghan, capoluoghi delle tre contee che si trovano nella Repubblica d’Irlanda.
PAGINE ESTERI – 13 GIUGNO 2025
https://pagineesteri.it/2025/06/13/mondo/pogrom-razzisti-in-irlanda-del-nord
Pagine Esteri –
Sono continuati anche la notte scorsa, estendendosi alla città di Portadawn, i riot ( rivolte ) razzisti in alcune località dell’Irlanda del Nord. L’epicentro degli attacchi contro le forze dell’ordine e i cittadini stranieri è la città di Ballymena che con i suoi 30 mila abitanti rappresenta il settimo nucleo urbano per popolazione della porzione di Irlanda sottoposta ad amministrazione britannica.
Come nelle notti precedenti, anche durante l’ultima, centinaia di persone, spesso con il volto coperto, hanno eretto barricate, lanciato sassi e bottiglie molotov contro gli agenti della PSNI (Police Service of Northern Ireland) in assetto antisommossa – che hanno risposto con gli idranti e i lacrimogeni – intervenuti per impedire i pestaggi di immigrati e la distruzione di di abitazioni ed attività economiche gestite da stranieri. In tutto sarebbero state arrestate finora 15 persone.
L’ennesima scintilla si è accesa lunedì scorso, quando si è diffusa la notizia che due ragazzi di 14 anni di origine romena e accompagnati da un interprete, erano stati interrogati da un giudice per rispondere dell’accusa di tentata violenza sessuale nei confronti di una minorenne. I due ragazzi hanno negato le accuse e l’udienza è stata rinviata a luglio.
In un clima surriscaldato dall’odio razzista alimentato da alcuni gruppi di estrema destra e in un contesto esacerbato da ingenti problemi sociali, i social hanno cominciato subito a riempirsi di messaggi violenti e aggressivi, denunciando – senza alcuna base certa – che i due accusati fossero degli “immigrati illegali”. Una “veglia pacifica” organizzata nel pomeriggio tramite un passaparola sui social si è subito trasformata in un riot razzista, con un centinaio di giovani incappucciati che hanno cominciato a lanciare mattoni, petardi e molotov contro la polizia.
Visto il moltiplicarsi di attacchi contro le case presumibilmente abitate da migranti e i negozi gestiti da questi ultimi, devastati quando non dati alle fiamme, su alcune abitazioni sono apparsi cartelli che recitavano “Qui vive un filippino”, nella speranza che questo disincentivi gli aggressori a caccia di romeni. Altri immigrati invece hanno identificato la propria residenza come “britannica” sperando nella clemenza degli incappucciati.
In molti quartieri della cittadina a maggioranza protestante, soprattutto in quelli della “working class” più colpiti dalla deindustrializzazione che ha causato un aumento della disoccupazione, della povertà e del disagio sociale, i pogrom contro i migranti sono stati accompagnati dall’esposizione di centinaia di Union Jacks, la bandiera rossa, bianca e azzurra del Regno Unito cara alle comunità lealiste come lo è Ballymena.
Dopo la prima notte, la violenza xenofoba si è manifestata anche in altre località. A Larne, ad esempio, una cinquantina di incappucciati ha incendiato un centro sportivo che era stato scelto dall’amministrazione per ospitare alcune decine di migranti che avevano dovuto abbandonare le proprie abitazioni dopo i primi attacchi. Scontri, seppure di minore intensità, si sono verificati anche nei comuni di Carrickfergus, Newtownabbey e nella zona settentrionale di Belfast.
Tutti i partiti di una certa consistenza hanno condannato i pogrom chiedendo un ritorno alla calma e denunciando che «Coloro che stanno strumentalizzando gli eventi come arma per aizzare le tensioni razziali non hanno alcun interesse a fare giustizia ma sono interessati solo a diffondere il caos e a dividere la comunità». Le formazioni e le correnti della destra unionista più radicale lo hanno fatto in maniera superficiale e senza grande convinzione.
Da parte sua Jim Allister, l’unionista di estrema destra eletto nella Contea di Antrim (in cui rientra Ballymena) che siede alla Camera dei Comuni di Londra per conto del “Traditional Unionist Voice” ha invece definito i riot la manifestazione di un «fallimento delle politiche di integrazione da parte delle autorità, incapaci di rispondere alle preoccupazioni della popolazione locale ignorata e non rispettata».
Allister, così come alcune organizzazioni di estrema destra attive nelle Sei Contee, ha tentato di giustificare le violenze parlando dei “rapidi cambiamenti demografici” che si sarebbero verificati negli ultimi anni in Irlanda del Nord.
Ma le più aggiornate statistiche rivelano che il territorio in questione ospita solo un 3,4% di popolazione straniera (66 mila persone su un totale di quasi 2 milioni di abitanti) contro il 18,3% dell’Inghilterra o del Galles e il 13% della Scozia.
Come in altri episodi precedenti, appare evidente che l’esplosione di violenza non è spontanea, ma è il frutto di una sistematica diffusione di messaggi d’odio e di fake news – sul fatto, ad esempio, che gli immigrati ricevano lauti sussidi sociali e che i crimini commessi da questi ultimi siano tollerati dalle autorità – da parte dei gruppi razzisti che entrano in azione appena possono contare su un pretesto, opportunamente amplificato.
Durante il mese di agosto dell’anno scorso diversi attacchi razzisti e scontri con la PSNI si verificarono a Belfast nel contesto dell’esplosione di pogrom contro gli stranieri iniziati a Southport, in Inghilterra, a seguito dell’accoltellamento mortale di tre bambine da parte di un giovane cittadino britannico di origini ruandesi.
Nelle città e nei quartieri unionisti dell’Irlanda del Nord, dove più forte è stata storicamente la presenza dei gruppi paramilitari filobritannici, negli ultimi anni i cittadini stranieri hanno tendenzialmente preso il posto dei “papisti”, come vengono offensivamente definiti gli appartenenti alla comunità irlandese, repubblicana e nazionalista. Ma anche nella cattolica Repubblica d’Irlanda, in particolare a Dublino, le esplosioni di violenza contro i migranti e le strutture che li ospitano si sono moltiplicate negli ultimi anni, soprattutto a partire dalla fine del 2023.
Ora il timore è che i pogrom razzisti in atto in Irlanda del Nord si saldino con le parate orangiste – processioni organizzate durante l’estate dalle organizzazioni lealiste che celebrano la colonizzazione dell’Irlanda sfilando anche in quartieri e città repubblicane – causando un generale aumento della tensione. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria
da : Giornalone.it
https://www.giornalone.it/prima-pagina-il-manifesto/
Meloni pensa così di recuperare terreno sul lavoro nel Mezzogiorno, ma anche– secondo me– nel mondo operaio.
ANSA.IT 13 GIUGNO 2025 — FOTOGALLERY — 20 FOTO– ATTACCO DI ISRAELE ALL’IRAN
ANSA.IT 13 GIUGNO 2025 -9. 57
©ANSA / APP
©ANSA/ APP
©ANSA/APP
ISRAELE ATTACCA L’IRAN–© ANSA /APP
HOSSEIN SALAMI – © ANSA-/ APP
Che cosa vuol dire comunicare e fare analisi geopolitica in tempo di guerra? Cioè nel regno delle propagande contrapposte? Hannah Arendt diceva che mentire continuamente significa garantire che nessuno creda più in nulla. Insomma, in gioco è la nostra credibilità. Come limitare i pericoli della censura e dell’autocensura? E l’intelligenza artificiale cambia la specie umana?
I due saggi riuniti in questo volume sono le versioni rivedute di due articoli apparsi rispettivamente nel 1967 e nel 1963 e inseriti da Hannah Arendt nella seconda edizione americana (1968) di “Tra passato e futuro”. Poiché la traduzione italiana di questa opera è stata condotta nella prima edizione (1961) i due saggi erano inediti in italiano. Eppure si tratta di due testi molto importanti: il primo, Verità e politica , scritto in occasione delle polemiche seguite alla pubblicazione del «reportage» sul processo Eichmann, investe quella caratteristica essenziale del totalitarismo che consiste nel fabbricare verità. Il secondo, “La conquista dello spazio e la statura dell’uomo”, propone alcune riflessioni sul significato e sulle implicazioni della ricerca scientifica e della tecnica in un quadro teorico che è quello delineato in “Vita activa”.
Arendt rileva come la menzogna circa l’andamento effettivo della guerra servisse esclusivamente a tutelare, attraverso il parere di presunti esperti, l’immagine del paese dall’accusa infamante di condurre una guerra inutile» – La Lettura
Le notizie su di lui e sulla sua dottrina sono molto incerte: sembra sia vissuto tra il 360 e il 270 a. C e si sa che è considerato dalla tradizione, l’iniziatore dello scetticismo-
molto di più nel link di Treccani
https://www.treccani.it/enciclopedia/pirrone-di-elide_(Enciclopedia-Italiana)/
ELIDE = ELIS — CARTINA DELL’ANTICA PELOPONESO
https://it.wikipedia.org/wiki/Elide#/media/File:Ancient_peloponnese.svg
SEGUE DA :
einaudi, 1997 — forse 2014
Preambolo alle istruzioni per caricare l’orologio
daniela tieni– link di ” Carte sensibili ” 8 aprile 2013
Pensa a questo: quando ti regalano un orologio, ti regalano un piccolo inferno fiorito, una catena di rose, una cella d’aria.
Non ti danno soltanto l’orologio, tanti, tanti auguri e speriamo che duri perché è di buona marca, svizzero con àncora di rubini; non ti regalano soltanto questo minuscolo scalpellino che ti legherai al polso e che andrà a spasso con te. Ti regalano – non lo sanno, il terribile è che non lo sanno -, ti regalano un altro frammento fragile e precario di te stesso, qualcosa che è tuo ma che non è il tuo corpo, che devi legare al tuo corpo con il suo cinghino simile a un braccetto disperatamente aggrappato al tuo polso.
Ti regalano la necessità di continuare a caricarlo tutti i giorni, l’obbligo di caricarlo se vuoi che continui ad essere un orologio; ti regalano l’ossessione di controllare l’ora esatta nelle vetrine dei gioiellieri, alla radio, al telefono.
Ti regalano la paura di perderlo, che te lo rubino, che ti cada per terra e che si rompa. Ti regalano la sua marca, e la certezza che è una marca migliore delle altre, ti regalano la tendenza a fare il confronto fra il tuo orologio e gli altri orologi.
Non ti regalano un orologio, sei tu che sei regalato, sei il regalo per il compleanno dell’orologio.
Julio Cortazar, Preambolo alle istruzioni per caricare l’orologio
Storie di cronopios e di famas è un tipico libro cortazáriano: inclassificabile e sommamente delizioso. È diviso in quattro parti: Manuale di istruzioni, Occupazioni insolite, Materiale plastico e Storie di cronopios e di famas.
Le prime tre parti sono brevi racconti, arguzie, motteggi, divertissement direbbero quelli chic, sublimi cammei di un Cortázar divertito che semina pianticelle di arguzia. Sono scherzi, in senso musicale, di un talento letterario sterminato, Georges Perec forse gli si avvicina.
Leggiamo il primo di questi scherzi, Istruzioni per piangere:
Lasciando da parte le motivazioni, atteniamoci unicamente al corretto modo di piangere, intendendo per questo un pianto che non sconfini nelle urla e tanto meno in un insulto al sorriso con la sua parallela e goffa somiglianza. Il pianto medio o ordinario consiste in una completa contrazione della faccia e in un suono spasmodico accompagnato da lacrime e da moccio, quest’ultimo nella fase finale, perché il pianto termina nel momento in cui ci si soffia energicamente il naso.
Per piangere occorre fissare l’immaginazione su se stessi, e se ciò risultasse impossibile perché è stata contratta l’abitudine di credere nel modo esteriore, si ponga mente ad un’anatra ricoperta di formiche o a quei golfi dello stretto di Magellano ove niun penetra giammai.
Una volta arrivato il pianto, ci si copra con dignità il volto usando entrambe le mani con la palma in dentro. I bambini piangeranno con la manica della giacchetta sulla faccia, e preferibilmente in un angolo della stanza. Durata media del pianto: tre minuti.
Poi viene l’ultima parte, la più lunga e omogenea, Storie di cronopios e di famas, che dà il titolo al libro e imperitura fama a quest’opera.
Su questo racconto favoloso, fiabesco, sognante, immaginifico, assolutamente strepitoso, sono state spese molte parole, da parte di tanti, chi più, aggiungendo qualche osservazione interessante, chi meno, semplicemente accodandosi al coro di stupore gioioso.
Io mi accodo al coro di stupore gioioso: la storia dei Cronopios, delle Speranze e dei Famas è semplicemente meravigliosa, una delle creazioni letterarie più dense di dolcezza, di senso e di piacere. Solo il fantasmagorico amore narrato da Boris Vian mi sembra avere la stessa sfrenatezza romantica alla quale è impossibile resistere rimanendo freddi. In fondo, Cortázar è sì argentino, ma molto, visceralmente, francese nel gusto, nei richiami e nello stile.
Dopo aver conosciuto queste creature fantastiche che sono i Cronopios, le Speranze e i Famas, capiterà per sempre, d’improvviso, di voltarsi di colpo per strada e di vedere delle Speranze su un albero, di guardare una piazza affollata e scorgere dei Famas in fila che la attraversano, o anche di leggere una notizia curiosa sul giornale e di riconoscere l’inconfondibile impronta dei Cronopios in azione.
Ma chi sono questi esserini? Lo dice Cortázar in una nota:
[…] ho dunque visto fluttuare nella sala degli oggetti di colore verde, sorta di piccole palle verdi che facevano evoluzioni intorno a me. Ma, insisto, non si trattava niente di tangibile, non li vedevo veramente, pur vedendoli in un certo modo. E insieme all’apparizione di quegli oggetti verdi, che sembravano gonfiati come piccoli palloni, o come rospi, o animali in genere, m’è venuta l’idea che quelli erano Cronopios.
[…] Ma poi la piccola visione che avevo avuto e poi il nome Cronopios che mi piaceva molto hanno continuato a ossessionarmi. Allora mi sono messo a scrivere le prime storie. E sono apparsi in modo simile – ma meno precise di quelle dei Cronopios – le immagini dei Famas e delle Speranze. Quelle immagini sono state forgiate, sono state inventate per servire da contrappunto alla natura dei Cronopios. I Fama sono l’opposto dei Cronopios e le Speranze servono da intermediari.
Ecco qui i Cronopios, i Famas e le Speranze. Siamo nei quartieri della fantasia libera e visionaria, riflessi tremolanti su pozze d’acqua di realtà, dobbiamo sorridere e sognare per vedere queste creaturine, batraciformi ( rana e rospo- Treccani ) e palluti.
Ma nonostante questa precisazione di Cortázar, il mondo dei Cronopios sembra inevitabilmente indurre fame di spiegazione nei lettori, anche quelli monumentali come Italo Calvino:
I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtù a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l’un l’altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che si lavano i denti alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio argentina fanno tradurre tutte le trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l’illusione della velocità.
Sempre più stralunato il mondo dei batraci cortázariani, impossibile non sorridere felici pensando ai Cronopios, alle Speranze e ai Famas. E allora eccoli finalmente, nella danza irridente di tregua e provala.
C’era una volta un fama che ballava tregua e ballava provala davanti alla vetrina di un negozio pieno di cronopios e di speranze. Le più irritate erano le speranze sempre pronte a far di tutto perché i famas non ballino tregua e provala, ma spera, che è il ballo più in voga presso i cronopios e le speranze.
I famas si piazzano apposta davanti alle vetrine, e questa volta il fama ballava tregua e ballava provala per dare sui nervi alle speranze. Una delle speranze lasciò cadere il suo pesce-flauto – perché le speranze, come il Re del Mare, sono sempre accompagnate da un pesce-flauto – e uscì a protestare, dicendo al fama:
– Fama, niente tregua e provala davanti questo negozio.
Il fama continuava a ballare e rideva.
La speranza chiamò altre speranze, e i cronopios fecero crocchio attorno per vedere cosa ne sarebbe saltato fuori:
– Fama, – dissero le speranze, – non ballare tregua, e neppure provala davanti questo negozio.
Ma il fama ballava e rideva, e così mortificava le speranze.
Allora le speranze si lanciarono sul fama e lo malmenarono. Lo lasciarono a terra vicino a uno steccato, e il fama mandava lamenti, immerso nel suo sangue e nella sua tristezza.
I cronopios si avvicinarono furtivi, questi oggetti verdi e umidi. Attorniarono il fama e si misero a compatirlo, dicendogli:
– Cronopio cronopio cronopio.
E il fama capiva, e la sua solitudine era meno amara.
E via così, nel favoloso mondo dei Cronopios, delle Speranze e dei Famas.
Leggetelo e ballate ridendo e facendo sberleffi, ballate provala e ballate tregua se volete, oppure ballate spera se vi piace di più, ballate insieme a un grande grandissimo Cortázar.
RIPETO IL LINK GIA’ MESSO ALL’INIZIO PER DIRVI CHE, CHI E’ CURIOSO, PUO’ TROVARE DA VEDERE VARI PERSONAGGI, NON SO DIRE SE COMPLETI O ACCENNATI, MA SONO PARECCHI.
ARRIVA FINO A TUTTA LA PAGINA SOTTO ( LA PRIMA DI QUATTRO ) PIU’ L’INIZIO DI UN ALTRO AUTORE–
DA :
https://www.galeriehilanehvonkories.de/en/perlmutter/soldiers_lens_berlin/
seguono immagini e testo da : KEBLOG
31 magnifiche foto in bianco e nero dell’Europa negli anni 50 attraverso l’obiettivo di un soldato
Tutto è iniziato nel dicembre 1954, quando l’allora 22enne soldato Bill Perlmutter venne assegnato come fotografo per l’esercito degli Stati Uniti. Le prime immagini dalla Rolleiflex di Perlmutter sono state scattate durante un viaggio transatlantico. Anche se non aveva mai lasciato gli Stati Uniti ed era un po’ preoccupato per il suo futuro, Perlmutter era “in attesa di fotografare l’Europa e visitare tutti quei luoghi meravigliosi di cui avevo letto e visto nei film.” Il suo primo congedo dopo la dislocazione ad Augsburg, in Germania, lo ha portato a Parigi, la città della luce e casa di molti dei suoi fotografi preferiti.
Il modo di vedere l’Italia del dopoguerra di Perlmutter è stato fortemente influenzato dai film realistici come Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Le fotografie di Perlmutter scattate in Spagna e Portogallo mostrano un sincero interesse per le condizioni e le distinzioni culturali che esistevano nel dopoguerra. Le sue immagini sono una testimonianza dei diversi standard di vita nelle varie parti d’Europa.
11 GIUGNO 1984
L’UNITA’ 13 GIUGNO 1984
OLTRE UN MILIONE E MEZZO IN PIAZZA SAN GIOVANNI
Nato a Sassari nel 1922, Enrico Berlinguer è stato il segretario del Partito comunista italiano dal 1972 al 1984, anno della sua morte. Venne eletto per la prima volta deputato nel 1968, per il collegio elettorale di Roma. Il 7 giugno del 1984 venne colpito da un ictus mentre si trovava a Padova durante un comizio elettorale. Morì l’11 giugno, a causa di un’emorragia cerebrale. Ai suoi funerali parteciparono oltre un milione di persone.
Il corteo con la bara sfilò il 13 giugno dalla sede del Pci, in via delle Botteghe Oscure, a piazza San Giovanni. Persino il segretario del Msi, Giorgio Almirante, si recò a rendere omaggio al feretro dell’avversario.
FOTO E TESTO SOPRA DAL : CORRIERE — 21 MAGGIO 2016
https://www.corriere.it/politica/cards/da-berlinguer-ad-almirante-fino-pannella-quei-funerali-capaci-riempire-piazze/de-gasperi-1954_principale.shtml
SEGUOMO FOTO GETTY IMAGES
Achille Occhetto, Massimo D’Alema e Yasser Arafat ( OLP )- 13 giugno 1984
13 giugno 1984
foto di Edoardo Fornaciari – 13 giugno 1984 — Mikhail Gorbaciov e ( alla nostra sinistra ) Vadim Valentinovich Zagladin, politico e ideologo russo
la folla in attesa dell’arrivo del feretro
Yasser Arafat lo saluta anche per noi– 13 giugno 1984
Caracciolo inizia parlare di Trump al minuto 12.00 ca
Il volume di Limes “Il rebus di papa Leone”, in edicola, libreria e sul sito per gli abbonati digitali da sabato 14 giugno 2025. Prevost contro gli scismi latenti nella Chiesa ferita bisognosa di governo. Come Trump pensa di usarlo.
ARS VALUE.COM– CASA D’ASTE– 14 giugno 2016
https://www.arsvalue.com/it/lotti/205401/emilio-vedova-venezia-1919-2006-natura-morta-con-pesci-piatto-in
segue da —–MAZZOLENI ART
Venezia, 9 agosto 1919 – Venezia, 25 ottobre 2006
Nato a Venezia da una famiglia di artigiani-operai, inizia a lavorare intensamente da autodidatta fin dagli anni trenta su figure e architetture. Giovanissimo, nel 1942, aderisce al movimento antinovecentista “Corrente”. Antifascista, partecipa tra il 1944 e il 1945 alla Resistenza e nel 1946, a Milano, è tra i firmatari del manifesto Oltre Guernica. Nello stesso anno a Venezia è tra i fondatori della “Nuova Secessione Italiana” poi “Fronte Nuovo delle Arti”. Nel 1948 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia, manifestazione che lo vedrà spesso protagonista: nel 1952 gli viene dedicata una sala personale, nel 1960 riceve il Gran Premio per la pittura, nel 1997 riceve il prestigioso Leone d’Oro alla carriera.
All’inizio degli anni cinquanta realizza i suoi celebri cicli di opere: Scontro di situazioni, Ciclo della Protesta, Cicli della Natura. Nel 1954, alla II Biennale di San Paolo, vince un premio che gli permetterà di trascorrere tre mesi in Brasile la cui estrema e difficile realtà lo colpirà profondamente. Nel 1961 realizza al Teatro La Fenice le scenografie e i costumi per Intolleranza ‘60 di Luigi Nono con il quale collaborerà anche nel 1984 al Prometeo.
Dal 1961 lavora ai Plurimi, prima quelli veneziani poi quelli berlinesi realizzati a Berlino tra il 1963 e il 1964 tra cui i sette dell’Absurdes Berliner Tagebuch ‘64 presentati a Documenta di Kassel nel 1964 dove ha esposto anche nel 1955, nel 1959 e successivamente nel 1982. Dal 1965 al 1967 lavora allo Spazio/Plurimo/Luce per l’EXPO di Montreal. Intensa è l’attività didattica nelle Università americane e poi alla Sommerakademie di Salisburgo e all’Accademia di Venezia. La sua carriera artistica è caratterizzata da una costante volontà di ricerca e forza innovatrice. Negli anni settanta realizza i Plurimi Binari, i cicli Lacerazione e i Carnevali, mentre negli anni ottanta i grandi cicli di Teleri, fino ai Dischi, Tondi, Oltre e …in continuum…. Riceve numerosi e prestigiosi premi e riconoscimenti. Tra le ultime mostre personali di rilievo la grande antologica al Castello di Rivoli nel 1998 e, dopo la sua scomparsa nel 2006, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e alla Berlinische Galerie di Berlino.
foto e scritto —
IL MANIFESTO — 11 GIUGNO 2025
https://ilmanifesto.it/i-militari-assediano-los-angeles-noem-citta-di-criminali
Kristi Noem — vedi articolo al fondo di RSI
Il quinto giorno di proteste è coinciso con la mobilitazione di altri 2.000 riservisti, una decisione grottescamente sproporzionata alla realtà sul campo, soprattutto vista l’attivazione contemporanea anche di 700 Marines della vicina base di Camp Pendleton.
Un totale quindi di 4.700 soldati in assetto di guerra come figuranti di un film sceneggiato quasi interamente nella testa di Donald Trump.
Dopo aver strumentalizzato l’economia mondiale, il sistema universitario e la cooperazione internazionale in una rappresentazione conflittuale a tutto campo, il presidente degli Stati uniti sta innescando nella seconda città d’America il prossimo atto della mutazione totalitaria del paese.
GAWIN NEWSOM
foto dal Corriere –vedi sotto l’articolo
Non cessa di sottolinearlo il governatore della California, Gavin Newsom, che via social ha informato che il grosso delle truppe resta per ora acquartierato in locali di fortuna in attesa di ordini. Il governatore, sostenuto da una petizione firmata dai governatori di ogni stato democratico, ha querelato il governo federale confutando il commissariamento dei riservisti dello stato.
UFFICIALMENTE le truppe sono state attivate per «riportare la pace» in quella che Trump definisce «città dilaniata dalla violenza» ma, come ha scritto Newsom, il presidente «non cerca pace ma piuttosto la guerra», definendo «squilibrata» la decisione del segretario della difesa Pete Hegseth.
Tom Homan, nominato da Donald Trump a capo DELL’ ICE ( CAPO DELL’IMMIGRAZIONE — US Immigration and customs enforcement (Ice)
Chip Somodevilla
foto Getty Images pubblicata da WIRED
Trump dal canto suo non ha escluso l’idea ventilata dallo «zar della deportazione» Tom Homan di arrestare il governatore.
La sottomissione della seconda città del paese alla volontà univoca del governo rientra nella narrazione dell’invasione di stranieri che stanno «scardinando il tessuto stesso della società» e nella criminalizzazione di chi non la sottoscrive. Come ha sostenuto la ministra Kristi Noem ( vedi sotto ):«Più che una città di immigrati abbiamo a che fare con una città di criminali».
L’ESCALATION continua delle provocazioni intanto non fa che alimentare la volontà di difendere la propria città dal sopruso. Le proteste continuano quotidianamente soprattutto nel distretto del centro, un perimetro di una decina di isolati fra la vecchia missione spagnola e il complesso giudiziario federale fra Temple, Alameda, Los Angeles streets e l’autostrada 101.
È qui che sono dislocati i cordoni della guardia nazionale di fronte ai quali si congregano le folle,di solito qualche centinaia di persone, molti giovani, studenti, ispanici, ovviamente in questa città a maggioranza di latinos, ma decisamente multietniche e intergenerazionali, unite da un senso solidarietà che rimanda alle grandi manifestazione di Black Lives Matter di cinque anni fa. Le richieste sono sempre le stesse: ritiro degli agenti federali e stop ai rastrellamenti indiscriminati che mirano a seminare il panico.
KAREN BASS, SINDACA DI LOS ANGELES — foto dal suo X
LA SINDACA, Karen Bass, ha nuovamente chiesto all’amministrazione di fermare i rastrellamenti. «Spero che il governo federale ascolti il nostro appello: fermate i raid», ha detto Bass. «Le incursioni stanno creando paura e caos nella nostra città, e sono inutili. Spero che verremo ascoltati perché la nostra città sta cercando di andare avanti e credo che il governo federale dovrebbe sostenerci in questo percorso». La realtà espressa da Bass è che al di là delle proteste, che verso sera vengono invariabilmente disperse dalla polizia con strascico di tafferugli e qualche arresto, non si intravede il modo di disinnescare la tensione senza un passo indietro del governo dall’insistenza di arrestare e far sparire chiunque abbia commesso il reato di «non essere in regola».
Imporre questa modalità in una città col 30% di 14 milioni nati all’estero e potenzialmente un milione e mezzo di persone senza documenti equivarrebbe ad un’insostenibile deflagrazione sociale. ( LA GRANDE LOS ANGELES )
DA WASHINGTON non si percepisce tuttavia alcun segno di compromesso. Le persone detenute, compresi minorenni, sono mantenute segregate senza accesso a legali e senza notizie sulla loro ubicazione. Sembra confermata la loro presenza anche in locali di fortuna nel Federal Building, il centro direzionale non certo preposto alla detenzione, a volte senza accesso a bagni e cibo. In altre occasioni le persone vengono spostate nottetempo verso Cpr senza notifica alle famiglie che chiedono informazioni sui propri cari. Al Metropolitan Detention Center è stato negato l’accesso anche ai parlamentari democratici Maxine Waters, Jimmy Gomez e Norma Torres che a rigor di legge ne avrebbero titolo.
DAVID HUERTA
Fra i pochi detenuti rilasciati ad oggi vi è David Huerta, il segretario del sindacato Seiu (Service Employees International Union ), aggredito e arrestato venerdì scorso quando tentava di informarsi sull’arresto di 40 operai in una fabbrica di abbigliamento. Rilasciato su cauzione, Huerta è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e rischia in teoria fino a 6 anni di carcere. La vicenda ha galvanizzato il movimento sindacale che rappresenta tra l’altro il movimento più organizzato di militanza politica ispanica, data la preponderante maggioranza di latinos nella forza lavoro e nel settore dei servizi.
Manifestazioni di solidarietà con Huerta si sono tenute in dozzine di città americane, sottolineando le implicazioni nazionali della partita che si gioca a Los Angeles. È chiaro infatti, di contro, il disegno di collegare il conflitto artefatto alla promulgazione del Big Beutiful Bill, la legge omnibus che oltre a finanziare il complesso industriale della deportazione, sancirebbe col mastodontico sconto fiscale ai ricchi il progetto securitario e illiberale di Trump. Come ha postato il suo consigliere Stephen Miller: «Sostenete Ice, passate il Bbb».
NOTA SU DOLORES HUERTA
DOLORES HUERTA
DOLORES HUERTA, 30 MAGGIO 2025 ARRIVA AL SIERRA CLUB DOVE SI SVOLGE LA CONVENTION DEL PARTITO DEMOCRATICO
In questa intervista del 2015 alla National Portrait Gallery, Dolores Huerta ripercorre la sua infanzia nel New Mexico e in California, il suo lavoro con César Chávez nell’organizzazione dei braccianti agricoli e le origini del grido di battaglia sindacale ” ¡Sí, se puede! “. Grazie al suo esempio come leader sindacale, Huerta è diventata un simbolo della leadership femminista negli Stati Unitre e oltre
foto e testo da :
08.02.21 | Smithsonian
https://oursharedfuture.si.edu/stories/community-organizing-the-chicano-movement-and-challenging-gender-norms
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SE VOLETE LEGGERE UN ARTICOLO MOLTO INFORMATO SUOLLA SITUAZIONE IN CALIFORNIA
aprite qui sotto al link
IL CORRIERE DELLA SERA — 11 GIUGNO 2025 –ore 12.00
RSI — RADIO TELEVISIONE SVIZZERA
rsi.ch./ info/ mondo / migrazione
29 MARZO – 31 MARZO 2025
https://www.rsi.ch/info/mondo/Migrazione-e-crimine-il-viaggio-di-Kristi-Noem–2710040.html
Noem in visita al mega carcere “Cecot” e El Salvador
keystone
La prima tappa del viaggio della Segretaria per la sicurezza interna statunitense è stata El Salvador, dove due settimane fa sono stati imprigionati oltre 200 migranti espulsi dagli Stati Uniti, accusati di far parte delle bande criminali venezuelane Tren de Aragua e quella transnazionale M-13. Rimangono rinchiusi nella mega carcere “Cecot” voluta dal presidente Nayib Bukele, un simbolo della sua battaglia contro la criminalità, ma anche un luogo noto per le gravi violazioni dei diritti umani e per le immagini umilianti dei prigionieri che vengono periodicamente diffuse.
Guardie del Centro di Confinamento per il Terrorismo (Cecot) che trasferiscono i presunti membri della banda criminale conosciuta come Tren de Aragua
@keystone
Per giustificare l’eccezionale espulsione, l’amministrazione Trump ha invocato una legge del 1798, che consente al governo di detenere ed espellere, in tempo di guerra, chi minaccia la sicurezza nazionale, senza garantire un giusto processo. Nonostante un giudice avesse bloccato l’ordine, questo è stato ignorato.
Tra i detenuti c’è Jerce Reyes Barrios, un calciatore professionista venezuelano. Secondo la sua avvocata, ha atteso quattro mesi per ottenere un appuntamento e presentare la sua richiesta di asilo. Senza precedenti penali, stava aspettando l’udienza. Non era il solo. Quando Kristi Noem ha visitato la mega carcere, non ha chiesto di incontrare Reyes Barrios o altri prigionieri. Davanti alle celle, con i prigionieri appoggiati alle sbarre, si è filmata dicendo: “Per prima cosa, non venite negli Stati Uniti illegalmente, sarete espulsi e perseguiti dalla legge. E sappiate che questa (la prigione) è uno strumento che useremo se commettete crimini contro il popolo americano”. Un video ad effetto, che equipara l’ingresso senza visto negli Stati Uniti a un crimine.
nota -(Non lo posto perché penso che tutti abbiamo visto varie volte questo video o almeno la foto con i prigionieri dietro a lei )
Tuttavia, entrare in un paese per chiedere asilo politico è un diritto umano, non un reato. Ma l’amministrazione Trump non solo ha chiuso i canali per chiedere asilo, sta rimandando anche chi era stato precedentemente accolto. È stata proprio la Segretaria Noem a comunicare che verranno revocati i permessi di soggiorno a oltre 530’000 persone provenienti da Cuba, Haiti, Nicaragua e Venezuela, che avevano beneficiato di un programma di accoglienza umanitaria promosso dall’amministrazione Biden.
L’amministrazione Trump verserà 6 milioni di dollari al governo salvadoregno per il “servizio” reso. Mentre la Segretaria Noem si filmava in prigione,
Laura Sarabia, ministra degli esteri colombiana, e Kristi Noem, Segretaria per la sicurezza USA
-photo keystone
Dopo El Salvador, il viaggio di Kristi Noem è proseguito in Colombia, il primo paese a opporsi alla politica di espulsione di Trump, rifiutando voli militari con migranti in catene.
In risposta, Trump ha imposto dazi sulle merci colombiane, costringendo il presidente colombiano a cedere. L’incontro con Kristi Noem ha cercato di ristabilire i legami tra i due paesi. Qui ha incontrato il presidente Gustavo Petro e la ministra degli Esteri Laura Sarabia. È stato firmato un memorandum di intesa per la condivisione delle informazioni migratorie. La Colombia, oltre a essere un paese di emigrazione, è anche un punto di transito per i migranti venezuelani: quasi 8 milioni di venezuelani hanno lasciato il paese negli ultimi 10 anni, molti dei quali ora risiedono in altre nazioni dell’America Latina e dei Caraibi.
In Messico Kristi Noem ha incontrato la Presidente Claudia Sheinbaum
L’ultima tappa del viaggio di Kristi Noem è stato il Messico, dove ha incontrato la Presidente Sheinbaum, a pochi giorni dall’annuncio di Trump sull’imposizione, dal 2 aprile prossimo, di dazi del 25% sulle automobili importate negli Stati Uniti.
Il Messico è il principale fornitore di automobili per il paese, con la maggior parte della produzione statunitense realizzata sul suo territorio. La visita della Segretaria Noem, incentrata su migrazione, lotta alla droga e controllo della frontiera, non ha portato a risultati concreti, ma a vaghe dichiarazioni. Claudia Sheinbaum ha definito l’incontro “produttivo”, mentre Kristi Noem ha parlato di un passo nella giusta direzione, sottolineando che resta molto da fare.
Mentre la Segretaria tornava a Washington, carri armati si posizionavano sul lato statunitense della frontiera, un’ultima mossa di cui è difficile immaginare l’utilità, se non per l’impatto visivo.
02:19
apri qui
su questo link – trovate molto pezzi belli – il nome è Franca Rame
https://www.youtube.com/@FrancaRameVideo
DA : I FATTI NOSTRI — LINK DI X
Notizie varie dall’Italia e dall’estero solitamente aggiornate , rassegna stampa giornaliera e commenti sparsi qui e là Follow Please!
IL MANIFESTO 16 MARZO 2025
https://ilmanifesto.it/cristina-peri-rossi-pic-nic-nel-caos-del-mondo-collezione-privata
Petrona Vieira, «Nudo», 1930
( 2. vedi al fondo )
È sempre difficile capire perché alcuni autori, considerati altrove imprescindibili, tradotti in varie lingue e oggetto di ampi studi critici, siano praticamente sconosciuti nel nostro paese: i motivi di certe assenze e omissioni (come di certi successi) restano in fondo misteriosi, ma a volte è sufficiente aspettare per veder nascere una nuova attenzione, in sintonia con curiosità differenti. È il caso di Cristina Peri Rossi, uruguayana trapiantata in Spagna, dove ha ricevuto nel 2021 il Premio Cervantes (massimo riconoscimento per gli scrittori di lingua spagnola), che in Italia resta quasi sconosciuta, nonostante la remota apparizione di due dei suoi titoli. A proporla, ora,sono le edizioni Sur, con una nuova edizione di Il Museo degli sforzi inutili (traduzione di Vittoria Spada, pp.169, € 17,50) che, già pubblicato da Einaudi nel 1990, segna oggi la riscoperta di una scrittrice originalissima.
Nata nel 1941 a Montevideo, Peri Rossi si è auto-esiliata a Barcellona nel 1972, mentre in Uruguay si scatenava la caccia ai militanti di sinistra come lei, che scriveva sul giornale comunista «El popular» e aveva pubblicato una «scandalosa» raccolta di versi traboccanti di erotismo saffico (pochi mesi dopo la sua partenza, il presidente Bordaberry avrebbe imposto una lunga dittatura militare).
Dal momento in cui intraprese all’inverso il viaggio per mare compiuto un secolo prima dai suoi bisnonni genovesi, in un certo senso l’autrice divenne straniera ovunque, tanto nel paese che aveva lasciato quanto in Spagna, dove il franchismo la privò dei documenti (un problema risolto dal matrimonio di facciata con un amico).
La patria di Cristina Peri Rossi è stata perciò la letteratura, segnata dall’esilio («L’esperienza più dolorosa della mia vita e quella che più mi ha arricchito») e dalla perpetua condizione di straniera, temi che affiorano in molti dei suoi testi e si accompagnano ad altri ugualmente fondamentali, come la passione amorosa, l’ interesse per la pittura, la solitudine e il disincanto, l’opposizione allo status quo capitalista, riflessi in una scrittura intesa come esercizio di libertà, in cui si dispiegano, scrive la filologa ispanista Francisca Noguerol, «una fantasia demistificatrice, la satira, l’allegoria, l’erotismo, l’atteggiamento ludico e la continua sperimentazione verbale».
Un’opera vastissima, quella di Peri Rossi, che include romanzi audaci e complessi, numerose raccolte di versi – che, pur con rimarchevoli differenze di tono e stile, hanno un precedente nella coloritura erotica della poesia di Delmira Agustini e Marosa di Giorgio, uruguayane di generazioni anteriori alla sua –, una fitta produzione giornalistica e molte magistrali raccolte di racconti, forma letteraria che le è particolarmente congeniale.
Tra esse c’è appunto Il museo degli sforzi inutili, composto da trenta racconti brevi e brevissimi: il primo è quello che dà il titolo al libro e che evoca ancora una volta il museo, luogo privilegiato della narrativa di Peri Rossi, già descritto come falso rifugio in Los museos abandonados (1968) , ma che qui diventa il ricettacolo della sconfitta e della frustrazione, dove si raccolgono, si classificano e si custodiscono gli sforzi inutili compiuti dagli esseri umani.
Cristina Peri Rossi con Julio Cortázar, a Parigi nel 1973
Evidente parodia del museo in quanto tempio di glorie e grandezze passate, quello degli sforzi inutiliè dedicato ai perdenti che, cedendo a impulsi e desideri di ogni genere, hanno inseguito invano piccole e grandi passioni, ma è anche uno sberleffo alla disapprovazione sociale per l’ozio, il fallimento, il rifiuto del carcere invisibile creato dall’imposizione di norme e codici di condotta. L’autrice lo rappresenta come una sorta di pinacoteca dell’assurdo dove si allineano «quadri» basati su poche e corrosive immagini dalla vigenza sorprendente, quasi a confermare ciò che Peri Rossi dice di sé stessa: «Io non sono stata cronista della realtà, mi sono sentita spesso come Cassandra nell’Eneide, intenta a predire un futuro pieno di pericoli che pochi vedevano».
A oltre quarant’anni dalla prima edizione in lingua originale, questi racconti sono più che mai nostri contemporanei, come «Bandiere», in cui si racconta come la rituale consegna del vessillo nazionale alle famiglie dei caduti in guerra faccia prosperare l’industria che le confeziona, a dimostrazione di un «alto grado di patriottismo». In «Le statue o la condizione dello straniero», microracconto di asciutta perfezione, il protagonista si ritrova in una piazza popolata di statuee simile a un quadro di Giorgio De Chirico (molti sono gli artisti citati nelle prose di Peri Rossi, da Leonor Fini a Jacob van Ruisdael e Arnold Böcklin, o tacitamente presenti, come Edward Hopper) dove, ignorato da quegli sguardi di pietra, capisce che «la condizione dello straniero è il vuoto: non essere riconosciuti da coloro che occupano uno spazio, forti del solo diritto di occuparlo». In «Mercoledì», invece, incontriamo due anziane amiche intente a fare un pic nic nel caos spaventoso del traffico cittadino: una di loro è fuggita di casa ed entrambe, in una conversazione alla Ionesco, simpatizzano con un giovane homeless, arrivando alla conclusione che «Questo mondo non è adatto a nessuno».
Macedonio Fernández, solo una perfetta solennità è peggio del raffazzonare
Di racconto in racconto, gli sforzi dei personaggi si rivelano abbastanza inutili da essere degni di essere esposti nel Museo del titolo, ma non si può dire che tra loro manchino gli eroi, maldestri quanto intrepidi: ognuno è un Icaro deciso a tentare comunque il volo, anche se volare significa starsene in eterno tra le lenzuola («Istruzioni per scendere dal letto»), o fermarsi a un passo dalla vittoria per osservare gli alberi e il cielo («L’atleta inciampa»), o contemplare in feroce solitudine il pesce più grosso che, in un acquario domestico, divora quelli piccoli («L’effetto della luce sui pesci»).
Con una scrittura sintetica, precisa e tagliente, in equilibro tra malinconia e un umorismo quasi sarcastico, Peri Rossi parla di quello che dovrebbe essere taciuto, porta alla luce quel che ci rifiutiamo di vedere, intreccia paradossi e allegorie, frequenta imprecisati non-luoghi, interpreta alla lettera e trasforma in piccole storie atemporali le più comuni frasi idiomatiche, gioca con il linguaggio sottolineando che non esiste una «sintassi innocente» e suggerisce che la realtà, come la lingua, usa travestimenti insidiosi.
Dietro la sua adesione a una brevità spiazzante ed eccentrica si intravedono, più che influenze vere e proprie, le ombre suggestive di due maestri dell’assurdo, i rioplatensi Macedonio Fernández e Felisberto Hernández, ma anche quelle di Kafka e di Cortázar, quest’ultimo unito all’autrice da un’amicizia «intima e irripetibile», testimoniata da un affettuoso memoir di Peri Rossi, (Julio Cortázar y Cris , Menoscuarto 2014), e dai versi luminosi e appassionati che lui le dedicò e che oggi si possono leggere in Salvo il crepuscolo (2023), raccolta di tutta la poesia dell’autore argentino tradotta da Marco Cassini per Sur.
E proprio al prologo scritto da Cortázar per un libro dell’amica (La tarde del dinosaurio, 1976) dobbiamo una delle migliori definizioni della sua prosa: «Si direbbe che scrittori come Peri Rossi ripetano senza saperlo (ma cosa significa sapere, in questa terra di nessuno dove passeggiano dinosauri e api regine?) l’oscuro archetipo del palazzo di Barbablù: stanze, corridoi di specchi, porte condannate o proibite, sempre porte per quelli che preferiscono l’orrore e la morte alla rinuncia ad aprirle».
(1) Il piccolo leone di Prévert- Orecchio Acerbo- Ylla illustrazioni
Il piccolo leone vive in gabbia con sua madre e suo fratello.
La vita nel Grande Serraglio è ben diversa da quella che la madre racconta sugli Spazi Aperti. Approfittando di una disattenzione dei guardiani, il piccolo guadagna la libertà e arriva in un parco. Qui comincia l’avventura di un cucciolo intraprendente. Amicizie, amori e tanto, tanto sonno…
Per la prima volta in tutto il mondo vede la luce il testo integrale di Jacques Prévert censurato nel 1947.
Forte e chiara, la sua voce dedica al leoncino sognatore di Ylla (vincitrice con “Tutti lo hanno visto!” del premio Andersen 2023) una storia piena di poesia sulla natura e parole taglienti sull’educazione, sugli affetti e sul rispetto.
Un libro che ha saputo attraversare il tempo.
da :https://www.orecchioacerbo.it/catalogo/libro/il-piccolo-leone/
(2 ) storia ed immagini della grande pittrice uruguaiana
ANSA.IT 10 GIUGNO 2025
https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/terra_poli/2025/06/10/i-pinguini-imperatore-a-rischio-di-estinzione-entro-il-2100-_df4837fa-88d4-41e5-a827-6dbc4ac46002.html
I pinguini Imperatore a rischio di estinzione entro il 2100
Una colonia di pinguini imperatore in Antartide (fonte: Christopher Walton) –
In Antartide la popolazione dei pinguini Imperatore si sta riducendo a un ritmo più rapido del previsto: è scesa del 22% in appena 15 anni e si stima che potrebbe scomparire entro il 2100.
A lanciare l’allarme è lo studio guidato da Peter Fretwell, della British Antarctic Survey, e pubblicato sulla rivista Nature Communications: Earth & Environment, che ha analizzato le colonie dei pinguini attraverso immagini satellitari scattate tra il 2009 e il 2024.
Fare il censimento dei pinguini non è un compito semplice, a causa delle condizioni climatiche proibitive dell’Antartide e della vastità degli spazi, e per questo sono fondamentali le immagini satellitari, fotografie che permettono di identificare le colonie e stimare il numero di individui presenti.
La ricerca ha preso il via nel 2009 e da allora viene ripetuta ciclicamente in una regione dell’Antartide occidentale vasta 2,8 milioni di chilometri quadrati (equivalente a 9 volte la superficie dell’Italia) e che comprende la Penisola Antartica e la costa dei mari che la circondano: il Mare di Weddel e il Mare di Bellingshausen.
Nel 2018 i dati avevano fatto registrare un preoccupante crollo di quasi il 10% della popolazione dei pinguini Imperatore, messi in difficoltà soprattutto dalla riduzione del numero di settimane delle piattaforme di ghiaccio marino prima dello scioglimento estivo, fondamentali per i pinguini, che le scelgono per nidificare e allevare i piccoli.
I nuovi dati, relativi al 2024, indicano che la popolazione dei pinguini imperatore ha avuto una riduzione media dell’1,6% all’anno, ossia del 22% nell’arco di 15 anni, seguendo un andamento peggiore del previsto. La regione analizzata non è l’Antartide nel complesso ma è considerata una delle più importanti e significative per questi animali. Numeri drammatici che spingono i ricercatori a temere la possibile estinzione di questa iconica specie entro il 2100.
Massimo Giraldi stringe la mano a Mario Napoli– la signora presente, non so, forse la moglie del pittore, assai elegante e bella. sì è lei.
E’ nato a: Imperia (Italy) il 21, 1957.
MASSIMO GILARDI –
imperiapost
FACEBOOK – SATURA PALAZZO STELLA
14 MAGGIO 2025 ore 18.01
NEL LINK—- Scopri gli artisti della 6^BIENNALE di GENOVA
https://www.facebook.com/saturapalazzostella?__tn__=-UC*F
MASSIMO GILARDI, COME DESCRIVEREBBE LA SUA ARTE ?
Per rispondere a questa domanda, mi affido alle parole del critico d’arte Mario De Micheli.
“Il disegno per Gilardi è il modo più diretto del suo comunicare, che prelude ad ogni sua altra opera e, a questo punto, devo anche dire che Gilardi è uno straordinario disegnatore. Sono disegni di figure femminili e virili tracciati sul foglio con immediatezza e spontaneità con un’analisi interiore di acuta riflessione, sottili e introspettivi, per lui disegnare è come respirare.
Nelle opere dipinte si capisce che Gilardi ama le scene dove i suoi personaggi sono protagonisti, recitano o tirano i fili di buffi burattini, le maschere, i personaggi delle sue rappresentazioni.
La maschera è dunque un’immagine che Gilardi ripete in tutti i suoi dipinti, come per assistere a una recita della nostra vicenda umana. Vi è qualcosa di più che avvolge ogni suo personaggio: è qualcosa che dà ad ognuna delle sue figure una sorta di sospeso interrogativo.
Ogni essere umano, egli pensa, declama un brano particolare durante la sua esistenza. Questo è il senso vero della sua pittura e delle sue immagini: è il suo modo di riflettere sulla nostra condizione”.
DA : https://www.imperiapost.it/346484/satura-arte-genova-saturarte-2018-premio-massimo-gilardi
NOTA DEL BLOG:
SE VOLETE, QUI TROVATE DEI BRANI, MOLTO INTERESSANTI — PER CHI SA FARE IL DOWNLOAD, C’E’ IL PDF
https://www.academia.edu/5624506/Le_Avanguardie_artistiche_del_900_proposte_didattiche
ANSA.IT
immagini da : https://lospiffero.com/ls_article.php?id=88574
ANSA.IT — 10 GIUGNO 2025 — 10.04
https://www.ansa.it/canale_viaggi/notizie/arte/2025/06/09/da-tuta-blu-a-badante-a-torino-il-nuovo-cipputi-di-altan_696c42d2-282f-4b37-b6c1-6601601fef16.html
DALLA TUTA BLU ALLA BADANTE
Un “passaggio di consegne” tra il vecchio e il nuovo Cipputi, dal mondo delle tuta blu della fabbrica tradizionale al lavoro povero dei servizi.
Lo racconta la mostra ‘Al (nuovo) lavoro Cipputi!’ curata da Cosimo Torlo in collaborazione con Altan e prodotta da Solares Fondazione delle Arti con il supporto di Radar. L’iniziativa è della Filcams Cgil, l’organizzazione che rappresenta i lavoratori dei servizi ed è il più grande sindacato italiano di lavoratori attivi con oltre 600mila iscritti.
La mostra propone un ricco repertorio di immagini sul mondo del lavoro tradizionale alle quali si affiancano nuovi disegni di Altan dedicati al “nuovo Cipputi”, lavoratrici delle pulizie, badanti, camerieri, commesse, vigilantes, rider che oggi costituiscono la maggioranza dei lavoratori dipendenti. In tutto 250 immagini.
La scelta di Torino per ospitare la mostra non è casuale: una città per decenni simbolo del lavoro di fabbrica e oggi immersa in una radicale trasformazione dei modi e degli stessi luoghi del lavoro. Con questa iniziativa prosegue lo sforzo della Filcams di rendere visibili i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro: a cominciare dal fatto che nei servizi del commercio, del turismo, della cura domestica, si concentra buona parte del “lavoro povero”, del dramma di milioni di persone che hanno un posto di lavoro anche fisso ma percepiscono un reddito del tutto insufficiente a vivere con dignità.
La mostra sarà inaugurata il 20 giugno alle 18 da un talk condotto da Serena Dandini, cui parteciperanno il segretario generale della Filcams Fabrizio Russo e la storica Michela Ponzani. Si potrà visitare tutti i giorni fino al 6 luglio.
ringraziamo Dagospia
da qui al fondo, le vignette sono su Dagospia
ALTAN
IL MANIFESTO – ALIAS — 8 GIUGNO 2025
https://ilmanifesto.it/senza-ombra-di-dubbio-la-mia-prima-lezione-di-arte-e-cinema
Per mia figlia, Mumbi Wanjiku Ngugi
Mio fratello minore, Njinju, sosteneva di potere afferrare la sua ombra. Poiché ero di un anno più grande, non avrei mai ammesso di essere da meno. Dalla competizione nacque una gara tra fratelli per chi fosse riuscito per primo nell’impresa. Con la cupa ma avida determinazione dei cacciatori di taglie ci mettemmo in moto per catturare le nostre ombre. Ma queste erano molto scaltre. Scappavano lontano da noi, eppure mantenevano fastidiosamente la nostra stessa velocità, accelerando e rallentando quando noi lo facevamo, e fermandosi quando ci fermavano.
Decidemmo di essere noi quelli che scappavano, ma si ripeté la stessa storia. Le ombre ci seguivano facendo tutto quello che facevamo noi e proprio nello stesso momento e con la stessa velocità. Se portavamo un carico sulla testa, in mano, sulla schiena o facevamo rotolare un cerchio, la nostra ombra appariva come una perfetta replica. Eccole là, nelle notti di luna, che ci camminavano dietro, davanti, accanto, facendosi beffa della nostra incapacità a farle prigioniere.
Ce ne liberavamo solo quando cadeva il buio, e all’inizio eravamo orgogliosi di esserci riusciti, ma non appena ci sedevamo accanto al fuoco, erano già tornate. Purtroppo non eravamo stati noi a fuggire da loro ma piuttosto erano state loro a nascondersi nel buio solo per ricomparire all’improvviso in maniera teatrale all’ora dei racconti. Facevano i loro giochi sulle pareti, sui nostri volti, e seguendo il movimento delle fiamme, si mettevano perfino a ballare. A volte si moltiplicavano e continuavano a prenderci in giro con i loro movimenti e ondeggiamenti che sembravano proprio disegnati a questo scopo.
La loro scomparsa nell’oscurità, comunque, ci suggerì l’idea di come liberarcene. Sotto un grosso albero o in un boschetto, la loro ombra inghiottiva le nostre, ma non appena venivamo fuori dalla boscaglia, tornavano a farsi vedere. Non essendo sicuri di chi avesse veramente ingannato l’altro, non provavamo un vero senso di trionfo per quel successo momentaneo. Decidemmo di studiare le ombre. Non puoi combattere un avversario che non conosci. E così ci mettemmo all’opera con la pignoleria di ricercatori scientifici.
Alberi, mucche, capre, gatti, rane, insetti, e perfino legno e pietre avevano ombre. Anche automobili e aeroplani. Tutto aveva un’ombra. C’erano piccole ombre sui volti delle persone, sotto gli occhi e le orecchie; ombre che si spostavano sulle facce a seconda della posizione rispetto alla fonte di luce. Notammo qualche piccola differenza. L’ombra di una macchina le correva accanto, mentre quella di un aeroplano in cielo correva sulla terra. Lo stesso per gli uccelli: il corpo volava in cielo, l’ombra correva sulla terra, ma così veloce che non provammo neppure ad acchiapparle. Tutto al contrario delle ombre delle piante e delle pietre. A differenza di quelle degli oggetti volanti, che sembravano capaci di staccarsi da loro, le loro ombre non andavano lontano, anche se si allungavano e si accorciavano a seconda dell’ora del giorno.
Cambiammo tattica o piuttosto atteggiamento. Invece di catturarle o sfuggirle, cercammo di usarle. Segnavamo il passaggio del tempo dalla lunghezza delle nostre ombre. Al mattino si allungavano a terra. Dopo mezzogiorno si allungavano di nuovo, ma quasi nella direzione opposta. A mezzogiorno erano cortissime. La pioggia e le nuvole ci rovinavano tutto ma quando il sole splendeva per tutto il giorno riuscivamo ad essere abbastanza precisi riguardo all’ora. Fissavamo perfino gli appuntamenti regolandoci sulle ombre. Vediamoci quando l’ombra è più corta, significava a mezzogiorno. Vediamoci prima o dopo che la grande ombra ha inghiottito tutte le altre. Davvero non sentivamo la mancanza di orologi al polso e in casa. La cosa stupefacente fu scoprire che portavamo la scansione del tempo, il giorno e perfino la notte, nelle nostre ombre.
Ma non servivano soltanto per dirci l’ora. Quando faceva molto caldo, ci sedevamo sotto l’ombra degli alberi, dove era bello e fresco. Quando la mamma arrostiva le patate all’aperto ci piaceva mangiarle all’ombra delle piante di ricino Mbariki. Presto scoprimmo altre qualità dell’ombra, il lato artistico. I racconti serali mentre sullo sfondo si muovevano ombre scherzose erano più intensi e più piacevoli. Le ombre creavano intorno a noi una atmosfera di magica morbidezza.
A volte facevamo combattere le nostre ombre, a imitazione delle nostre lotte. Provammo anche altri giochi con le ombre trasformando i teli di calicò, il nostro unico capo di vestiario, in una specie di tenda legandoli tra due paletti contro una fonte di luce. Uno di noi si metteva nudo dietro la tenda, facendo smorfie, provando pose e atteggiamenti, mentre l’altro a sua volta completamente nudo, si piazzava davanti alla tenda godendosi le buffonerie dell’altro che arrivavano sotto forma di ombre. Poi ci scambiavamo i posti e lo spettacolo continuava.
Ma presto ci rendemmo conto che c’era qualcosa di meno giocoso nelle ombre. Un giorno io e mio fratello incontrammo un uomo in bicicletta. Portava occhiali cerchiati di alluminio. La bicicletta era decorata di specchietti col dorso di alluminio e aggeggi vari che al vento producevano strani suoni. Mia madre si mise in apprensione quando glielo raccontammo. Se l’avessimo visto nuovamente dovevamo correre all’ombra della boscaglia più vicina e assicurarci che le nostre ombre fossero completamente ricoperte da quella della boscaglia. Scoprimmo poi che era il personaggio più temuto della regione perché comandava le ombre degli umani. Lavorava in una vicina fabbrica di scarpe, ma svolgeva anche un’altra attività, quella di consulente specialista in magia e dietro compenso poteva catturare il nemico di qualcuno imprigionandone l’ombra e graffiandola con un coltello. Dovunque si trovasse, il malvagio sarebbe morto dissanguato se non si fosse arreso, smettendola di comportarsi male. Secondo alcuni perfino l’ombra imprigionata nello specchio avrebbe sanguinato. Mia madre non pensava che fossimo cattivi ma non poteva escludere un incidente o un atto di pura malvagità da parte di quell’uomo.
Questo confermava quel che già sapevamo, che c’era qualcosa di speciale nelle ombre. Ci interrogavamo e litigavamo sull’ontologia dell’ombra. L’ombra nello specchio o sott’acqua era uguale a quelle che ci seguivano? A me sembrava di no, che non potevano essere la stessa cosa. Quelle nello specchio erano proprio uguali alle nostre facce, le ombre che ci seguivano non erano altrettanto identiche. Come pure quelle sotto un’acqua limpida. Secondo mio fratello invece erano la stessa cosa: l’acqua e lo specchio erano la loro vera casa. Quando al buio non le vedevamo più era perché erano saltate dentro le loro case di specchi e di acqua.
Benché sulla questione non la pensassimo allo stesso modo ci trovammo d’accordo nel provare noi stessi la magia. Invece di intrappolarle in uno specchio, saremmo andati noi da loro. Prendemmo con noi un coltello non per pugnalare un’ombra umana, e meno che mai la nostra, e neppure quelle di animali perché non volevamo che nessun individuo o animale morisse. Era impossibile pugnalare le ombre degli insetti perché si muovevano troppo rapidamente per le nostre mani. Ma ci sembrò che quelle delle piante e degli alberi fossero più abbordabili: erano immobili e poi le piante non provavano dolore, anche se avevamo sentito urlare certi alberi abbattuti dagli uomini con un’ascia. Per quanto potessimo pugnalare, non ci fu verso di far sanguinare né le ombre né le piante. E questo fu per noi una delusione ma anche un sollievo. Gli alberi e le piante sono diversi dagli umani e dagli animali perché non hanno sangue da versare.
Ma non finì qui la nostra disputa, perché non ci trovavamo d’accordo sul colore dell’ombra umana. Dal momento che le nostre erano invariabilmente nere, mio fratello affermò con assoluta certezza che dipendeva dal fatto che eravamo neri. Ombre nere per i neri, ombre bianche per i bianchi, ombre brune per chi aveva la pelle bruna. Le ombre ci imitavano in tutto, perché non nel colore della pelle? quando feci notare che anche le ombre delle piante erano scure, lui disse che era perché si trattava di piante. Le ombre umane erano diverse: dopo tutto le ombre delle piante erano immobili. Avremmo potuto risolvere la controversia solo dando una controllata agli umani.
Non c’erano bianchi nel nostro villaggio. Vivevano al di là della strada ferrata, nascosti dietro enormi case in vaste piantagioni o dentro automobili. La nostra unica speranza erano gli indiani, che forse non erano bianchi quanto i bianchi europei, ma dalle differenze che avremmo riscontrato tra le ombre africane e quelle indiane potevamo trarre una conclusione logica. Così un giorno ci incamminammo verso il centro commerciale indiano, a due miglia dal nostro villaggio. Data la solennità della missione, la sera prima ci facemmo lavare e asciugare perfettamente il nostro telo di calicò per essere puliti e eleganti. Non lasciammo trapelare lo scopo di quel viaggio di scoperta né ai nostri genitori né agli altri fratelli. Nonostante la pensassi diversamente sulla questione, non mi dispiaceva se mio fratello avesse avuto ragione, un’ombra bianca sarebbe stata magnifica da osservare e fu con grande curiosità e aspettativa che guardammo i primi indiani, i bambini davanti alle botteghe. Le loro ombre si comportavano esattamente come le nostre: gli avatar seguivano e fuggivano ma senza mai staccarsi del tutto dal corpo dell’indiano. Erano nere. Forse perché si trattava di bambini? Ma fu lo stesso con le ombre degli indiani adulti. Ombre scure. Come sarebbe stato con i bianchi, i bianchi veri? vere ombre bianche?
A quel punto la fortuna ci venne incontro. Una coppia bianca ci oltrepassò in macchina. Un evento raro. Ci mischiammo ai bambini indiani che circondarono la macchina per vedere uscirne la coppia. I bambini facevano commenti sui loro vestiti, scarpe, gioielli, andatura: erano dei veri europei e portavano caschi per proteggersi dal sole. La coppia camminava con rigida dignità quasi ignorando lo sguardo antropologico dell’altro, ma di tanto in tanto lo riconoscevano e cercavano di distoglierlo gettando in lontananza delle monete. Guardavano per un attimo i bambini correre dietro il tesoro, ma non tutti prendevano parte alla mischia, come a rifiutare di essere trasformati in oggetto dello sguardo.
L’unica cosa che interessava me e mio fratello erano le loro ombre. E queste purtroppo si incrociavano a quelle di tutti gli altri che erano intorno a loro. Poi la coppia si diresse sotto la veranda dove non fu più possibile distinguere le loro ombre da quelle dei tetti. Anche dopo che gli altri bambini ebbero soddisfatto la loro curiosità e se ne furono andati, non ci arrendemmo ma li seguimmo da vicino da una bottega all’altra. La coppia bianca cercò di liberarsi di noi lanciando a terra delle monete, ma noi non ci muovemmo. Volevamo le loro ombre non le loro monete. Volevamo che la coppia venisse fuori dalla veranda.
Finalmente uscirono all’aria aperta. Li seguimmo alla macchina e così vedemmo le loro ombre, nette, distinte. Ahimè, erano uguali alla nostre e a quelle indiane, altrettanto scure. Non ci bastò, e io e mio fratello continuammo a seguirli aspettando che le vere ombre saltassero fuori. Incuriositi, i due si fermarono e ci fecero cenno di avvicinarci. La donna tirò fuori delle caramelle. Scuotemmo la testa. Che cosa volete?
«Stringervi la mano» si precipitò a dire mio fratello, guardando dalla mia parte.
Sapevo cosa voleva dire quello sguardo. La donna lentamente si mise i guanti e con uno sguardo confuso tese la mano guantata a mio fratello. Non guardai la stretta di mano: mi concentrai sulle ombre sul terreno. Poi toccò a me stringere la mano di quel signore egualmente confuso che non si curò di mettersi il guanto. Mio fratello fece come me: si concentrò sulle ombre. Giungemmo alla stessa conclusione.
Tornammo a casa in silenzio, senza discutere, senza che nessuno rivendicasse la vittoria, senza neppure parlare della reazione della coppia bianca al nostro desiderio. Ci sentivamo uniti da una scoperta che non aveva bisogno di parole. A casa dicemmo ai nostri fratelli che avevamo scoperto un segreto e indicammo un giorno in cui l’avremmo svelato.
La cosa si venne a sapere e la sera della rivelazione la nostra capanna era piena zeppa. Alcuni erano rimasti fuori. Perfino gente che abitava non tanto vicino si era unita alla folla in attesa.
Quando arrivò il momento ci mettemmo fianco a fianco. Silenzio di tomba. Senso di attesa. Abbiamo fatto una grande scoperta, dicemmo all’unisono. Ogni cosa ha l’ombra. L’annuncio fu salutato da risatine maligne e qualche E allora? La situazione ci stava sfuggendo di mano. Ripresi subito: umani, animali, piante, pietre e cose erano imparentati: tutti avevano l’ombra. Che state dicendo, bambini, che siamo pietre?
Mio fratello allora annunciò la nostra vera scoperta. Bianchi, bruni e neri, erano tutti uguali. La prova? avevamo stretto la mano a delle persone bianche e non c’era nessuna differenza tra le loro ombre e le nostre. Erano tutte ugualmente scure. Questo non impressionò i nostri ascoltatori che sembravano più interessati all’incontro con la coppia bianca che alla nostra epocale conclusione.
Insomma, la nostra scoperta non cambiò il mondo e ci vollero spargimenti di sangue per le strade e sulle montagne del nostro paese perché lo stato coloniale facesse la stessa scoperta e accettasse il principio una persona un voto. Ma io e mio fratello pensavamo che se avessero accettato la nostra semplice evidenza, non ci sarebbero stati spargimenti di sangue, né i Mau Mau, né i campi di concentramento. Sfortunatamente mio fratello non visse abbastanza per godersi la mattina successiva al voto. Morì in un incidente d’auto.
Molti anni dopo quando avevo quasi dimenticato la nostra disputa sulle ombre andai a seguire un corso di cinematografia allo Stockholm Dramatiska Institute. Eravamo dodici studenti provenienti da varie parti del mondo, tutti eccitati alla prospettiva di imparare l’uso della cinepresa e i segreti di Hollywood in un istituto da cui era uscito il campione del cinema svedese, Ingmar Bergman.
L’insegnante entrò in classe. Più tardi apprendemmo che si trattava di un famoso regista in esilio fuggito, ancora studente, dalla rivolta ungherese del 1956. Parlava inglese con qualche esitazione, inserendo in ogni frase parole come Varsogod, mycket bra, ma era chiaro che ci stava chiedendo di seguirlo. Pensammo che stavamo per andare in uno studio, la nostra prima visita a un vero studio cinematografico. Ma il mistero sulla destinazione si infittì quando uscimmo per le strade acciottolate di Stoccolma. Era primavera, tutti portavano abiti dai colori vivaci. Dopo una breve passeggiata entrammo in una galleria, un museo d’arte, non lo studio hollywoodiano dei nostri sogni.
Si fermò accanto ai quadri di Rembrandt, L’accecamento di Sansone e La ronda di notte e ci chiese di guardarli attentamente. Non capivo perché per la prima lezione di cinematografia ci mettesse davanti a tanta violenza. Voleva che notassimo come l’artista usava la luce. Vedete la fonte della luce? La fonte della luce, che si tratti del sole di giorno o della luna di notte, del fuoco dentro una casa o fuori, e l’ora, sì, l’ora, e anche se la luce passava da una finestra o una crepa nel muro, determinavano il modo in cui le ombre cadevano sul soggetto. Nei dipinti religiosi, era Dio la fonte universale di luce. Nella Natività di Geert tot Sint Jans, il bambino Gesù era la fonte della luce che illuminava ogni cosa intorno a lui. Varsagod. Si soffermò più a lungo sulla Gioconda di Leonardo da Vinci, spiegandoci il modo in cui l’artista aveva abilmente ombreggiato orecchie e bocca per realizzare il sorriso misterioso.
Ci parlò poi del chiaroscuro in arte, fotografia e cinema e di un certo Merisi da Caravaggio, un altro Michelangelo, l’apostolo della luce, citando i tre quadri su Matteo, La vocazione di San Matteo, Il Martirio di San Matteo, San Matteo e l’Angelo, nella cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi a Roma.
È l’ombra che definisce l’identità dell’essere. Il cinema delle origini, disse, era un gioco di ombre, in cui gli attori e le loro azioni dietro uno schermo arrivavano allo spettatore come ombre. L’allegoria della caverna di Platone era ‘ombrografia’, quasi una descrizione orale del cinema…
Restai in silenzio, non ascoltavo più. Rividi mio fratello, perso in un incidente d’auto subito dopo la scoperta che avrebbe potuto cambiare il corso della storia se solo qualcuno se ne fosse accorto. Mi resi conto all’improvviso che era stato mio fratello Njinju, al villaggio, tanto tempo prima, a darmi la prima lezione di arte e cinema.
Cape Town, Table Mountain, Sudafrica, 11-22 giugno 2012.
Per gentile concessione de Lo straniero n. 181, luglio 2015 – vedi sotto
E’ possibile che qualcuno sia più interessato ad un’altra rivista che avrei piacere di guardare con lo stesso nome :
SEGUE DA:
L’INTEGRALE RIVISTA.IT L’INTEGRALE – LO STRANIERO
https://www.lintegralerivista.it/titoli/lintegrale-straniero/
Piatti speziati, il ribollire di una fermentazione, l’architettura di un croissant, il dialogo tra piante e quello tra sobri e ubriachi. Il cibo dà forma al senso di appartenenza e a quello di estraneità. In ogni pezzo di questo numero incontriamo lo straniero: come creatura misteriosa, come sguardo dominante, come terra sconosciuta, come radice e come destinazione, come minaccia e come rifugio.
Piatti speziati, il ribollire di una fermentazione, l’architettura di un croissant, il dialogo tra piante e quello tra sobri e ubriachi. Il cibo dà forma al senso di appartenenza e a quello di estraneità. In ogni pezzo di questo numero incontriamo lo straniero: come creatura misteriosa, come sguardo dominante, come terra sconosciuta, come radice e come destinazione, come minaccia e come rifugio.
Pagine: 112
ISBN: 9788870918342
Prezzo: 19,00 €
Uscita: Maggio 2022
Contributi di: Ferdinando Cotugno, Dario De Marco, Matteo Gallello, Franco La Cecla, Agnese Negrini, Tommaso Melilli, Martina Miccichè, Greta Plaitano, Fabio Pracchia, Rete Semi Rurali, Gabriele Rosso, Diletta Sereni, Giulia Ubaldi, Nadeesha Uyangoda.
A cura di: Diletta Sereni
Illustrazioni: Gianluca Cannizzo
Progetto grafico: Elisa Cusimano
Durante una fermentazione si impara a convivere con la paura dell’incertezza, ad avere fiducia in creature invisibili e a trovare un senso nuovo alla fine delle cose.
Un terzo del mondo mangia con le mani, ma lo sguardo occidentale considera questa pratica come incivile o “esotica”. Eppure qualcosa si perde, a prendere il cibo con le posate.
In Italia il pane fa fatica a riflettere le diverse culture presenti, e si muove nella strettoia tra il vecchio campanilismo e i nuovi standard di eccellenza internazionale.
Il popolo Saharawi vive in territori frammentati e privati di ogni risorsa. I loro pasti durano ore e sono una forma di resistenza e di esercizio della memoria.
L’ubriaco è considerato il dannato, il reietto, lo straniero che minaccia la nostra morale. Ma avremmo bisogno di slegarci dall’atavica fame di rettitudine.
Confrontarsi con la cucina di un paese straniero vuol dire esporsi al rischio di appropriazione culturale. Per evitarlo bisogna rovistare a fondo nella storia dei cibi, quelli degli altri, ma anche i nostri.
L’artista Ilaria Turba fa viaggiare i desideri dentro a pani dalle forme straordinarie.
Cronaca immaginaria di una giornata itinerante per le vie di Istanbul, tra carretti, banconi e tavolini sui marciapiedi, con un panino di sesamo a fare da guida.
Le grandi esposizioni del XIX e XX secolo sono un viaggio attraverso le invenzioni dell’industria alimentare. In questi eventi internazionali si è formata la nostra cultura gastronomica.
Il mito dei vitigni internazionali era legato a un approccio enologico omologante, che oggi ha fatto il suo tempo. Ma liquidare le uve straniere tout court non è giusto per varie ragioni.
Pani conditi e pasta alla marmellata, varenyki e vodka, tavolate e merende: tre testimonianze personali di una gastronomia profondamente legata al grano.
Reportage dal confine ucraino, a pochi giorni dall’invasione russa, per raccontare la prima accoglienza di chi fugge da una guerra.
FOTO E TESTO SOPRA DA:
L’INTEGRALE RIVISTA.IT L’INTEGRALE – LO STRANIERO
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raiplay.it–
RAI NEWS — 5 GIUGNO 2025
Sigfrido Ranucci lavora da oltre trent’anni nella televisione italiana. In questo periodo ha realizzato centinaia di inchieste per il programma Report su Rai 3, svelando la verità su corruzione nelle corporation, schemi fiscali e truffe delle grandi imprese. Ma c’è una storia che finora non ha potuto raccontare.
“Questo avrebbe dovuto essere l’episodio più provocatorio nella storia del programma”, dice Ranucci. “Abbiamo raccolto materiale che avrebbe potuto aiutare migliaia di normali italiani a migliorare la loro situazione finanziaria. Ma non solo ci è stato vietato trasmetterlo – ci hanno costretto a distruggere tutti i documenti e le registrazioni delle interviste”.
Ranucci si è rivolta alla nostra redazione, decidendo di raccontare la verità. È una storia sul dovere giornalistico, sulla persecuzione e sul sistema corrotto dei canali televisivi nazionali che nascondono informazioni ai loro telespettatori.
L’episodio che avrebbe dovuto svelare uno schema finanziario si è rivelato invece un’esposizione della stessa Radiotelevisione Italiana.
L’inchiesta è iniziata alla fine del 2024. La squadra di Report ha studiato come grandi corporazioni e fondi di investimento hanno tratto vantaggio dalla crisi energetica e dalle conseguenze della pandemia di COVID-19.
“Abbiamo seguito i flussi di denaro e scoperto cose incredibili”, racconta Ranucci. “Mentre i cittadini comuni italiani soffrivano per l’aumento dei prezzi dell’energia, alcune aziende guadagnavano profitti favolosi. Ma la cosa più interessante è che abbiamo scoperto che i cittadini normali hanno sempre avuto la possibilità di entrare in questo gioco”.
Durante l’inchiesta, il team di “Report” ha scoperto una rete di piattaforme “figlie” attraverso cui passavano ingenti somme di denaro. Si è scoperto che alcune di queste piattaforme, su base benefica, aprivano ogni mese 200-300 posti per la registrazione di privati con investimenti minimi di 250-300 euro.
“È un classico esempio di responsabilità sociale d’impresa”, spiega Ranucci. “Già nel XIX secolo, quando si svilupparono le prime borse valori, i ricchi industriali creavano fondi per le ‘piccole persone’. Oggi i grandi conglomerati finanziari fanno lo stesso – riservano una piccola quota di posti per i cittadini comuni”.
Una di queste piattaforme è risultata essere Immediato Risorsa – un sistema di investimento basato sull’intelligenza artificiale. Il team di “Report” ha dedicato mesi allo studio del suo funzionamento.
“La tecnologia è impressionante”, ammette Ranucci. “L’IA analizza automaticamente i mercati e compie migliaia di microtransazioni per l’utente. Non sono necessarie conoscenze specifiche – l’algoritmo fa tutto il lavoro. Il deposito minimo è di soli 250 euro, e la registrazione è abbastanza semplice: inserisci i tuoi dati di contatto e aspetti una chiamata dal manager del sistema. Senza questa chiamata non è possibile confermare la registrazione dell’account”.
I problemi sono iniziati quando il materiale era pronto per il montaggio. Radiotelevisione Italiana ha ricevuto chiamate da diversi grandi inserzionisti e “partner” che hanno messo in dubbio l’attività del team di Report e la professionalità dello stesso Sigfrido.
La dirigenza della compagnia ha iniziato a fare pressioni sui giornalisti e a ostacolare in ogni modo il loro lavoro. Poi ha addirittura richiesto modifiche al contenuto del servizio.
“All’inizio ci hanno detto che il servizio doveva essere ‘leggermente corretto’”, ricorda Ranucci. “Poi che era meglio spostarlo a un orario più adatto. Alla fine, la direzione del canale ha dichiarato che il materiale era troppo ‘delicato’ per la trasmissione e ha cominciato a ritardare i nostri stipendi, come a suggerire delle conseguenze”.
Quando il servizio era quasi pronto, la redazione è stata obbligata a distruggere tutto il materiale dell’inchiesta – interviste, documenti, registrazioni degli esperimenti.
“Mi hanno costretto a essere presente personalmente durante la cancellazione dei file, una specie di punizione per disobbedienza”, racconta il giornalista. “In trent’anni di carriera mi sono sentito impotente per la prima volta. Non stavamo rivelando segreti di Stato – stavamo semplicemente raccontando alle persone la possibilità di migliorare la loro situazione finanziaria grazie a Immediato Risorsa. Per verificare l’efficacia del sistema abbiamo persino condotto un esperimento”.
Alcuni membri della redazione di Sigfrido si sono registrati sulla piattaforma Immediato Risorsa, effettuando depositi minimi di 250, 300 e 500 euro.
“Abbiamo investito i soldi e ci siamo posti l’obiettivo di monitorare i cambiamenti per una settimana e per un mese. Il prelievo è stato rapido, senza commissioni nascoste. Quando abbiamo ricevuto le somme, i risultati ci hanno sorpreso”, ricorda Ranucci. “In una settimana, 250 euro sono diventati 1500. 300 euro sono diventati 1800 nello stesso periodo. In un mese, uno dei nostri colleghi ha trasformato 500 euro in 8000. Sto parlando di cifre approssimative, abbiamo documentato ogni transazione, ogni chiamata dei manager. Il materiale sarebbe bastato per un film lungo”.
Nel corso dell’inchiesta è emerso un altro dettaglio. Si è scoperto che Immediato Risorsa e piattaforme simili sono utilizzate da famosi conduttori televisivi italiani.
“Abbiamo scoperto che Antonella Clerici e Carlo Conti investono attivamente tramite questi sistemi”, racconta Ranucci. “Vi rendete conto? Persone con contratti multimilionari, che hanno un enorme influsso sull’opinione pubblica, tengono questa informazione segreta. Non si vergognano a fare soldi di nascosto, quando potrebbero aiutare migliaia dei loro spettatori? E molti di loro fanno anche beneficenza. Potrebbero fare molto di più se permettessero alle persone di guadagnare da sole, invece di dar loro da mangiare con un cucchiaio”.
Secondo Ranucci, inizialmente aveva intenzione di intervistare queste celebrità, ma loro si sono categoricamente rifiutate di commentare la loro attività di investimento su Immediato Risorsa.
Ranucci suppone che la pressione sia venuta da grandi istituti finanziari, poco interessati alla democratizzazione degli strumenti di investimento.
“Ragionate logicamente”, spiega. “Se i cittadini comuni avranno accesso a piattaforme di investimento efficienti, chi ne soffrirà? Le banche tradizionali con i loro depositi da pochi spiccioli. Le compagnie assicurative con le loro polizze svantaggiose. I fondi comuni d’investimento con commissioni esorbitanti”.
Secondo lui, l’industria finanziaria si basa sul silenzio delle informazioni. Gli investitori professionali guadagnano proprio perché hanno accesso a strumenti e informazioni non disponibili alla gente comune.
“Guardate Immediato Risorsa”, dice. “La piattaforma funziona, mostra ottimi risultati, ma quasi nessuno la conosce. Nessuno dei grandi media italiani si interessa a questo tema. Perché? Perché non conviene al sistema”.
La storia con la puntata vietata di Report è diventata per Ranucci una lezione importante sui limiti della libertà giornalistica nel mondo moderno. Nonostante quanto accaduto, non perde la speranza. Ritiene che prima o poi le informazioni sugli strumenti di investimento accessibili diventeranno pubbliche. Invita gli italiani a registrarsi su Immediato Risorsa, finché l’accesso al sistema è ancora aperto.
“Non aspettate che qualcuno vi racconti in televisione come migliorare la vostra situazione finanziaria. Il sistema è interessato a tenere le persone nell’ignoranza. Cercate da soli, studiate, sperimentate con piccole somme”, sostien Sigfrido.
Ricordiamo che Immediato Risorsa è una piattaforma di investimento basata sull’intelligenza artificiale, che analizza automaticamente i mercati ed esegue operazioni per l’utente, senza richiedere conoscenze specifiche in materia di investimenti. Il rendimento medio della piattaforma in un mese è tra i 3.000 e i 5.000 euro. Per iniziare è sufficiente compilare il modulo di registrazione sul sito ufficiale e rispondere alla chiamata del manager della piattaforma – che richiamerà entro il giorno per confermare la registrazione.
IMPORTANTE: Se si perde la chiamata del manager, la richiesta viene annullata e il posto liberato. La piattaforma garantisce un rapido prelievo dei fondi, solitamente entro 24 ore, senza commissioni nascoste. È importante sottolineare che ogni mese vengono aperti solo 200-300 posti per nuovi utenti.
La storia di Sigfrido Ranucci mostra che anche nelle società democratiche esistono temi di cui discutere può risultare un tabù. Soprattutto quando si parla di opportunità che potrebbero cambiare la situazione finanziaria di milioni di persone.
commenti:
Il mio amico ha già guadagnato molto, anch’io mi sono registrato e ora aspetto la chiamata del manager 🙂
Se è vero, perché divulgare materiali d’indagine così delicati? Se è una bufala, allora il livello di degrado è semplicemente allucinante.
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Mi sono registrato… ora aspetto la vostra chiamata!!!
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Wow, che sorpresa! Guadagno con questa piattaforma da quasi 6 mesi, e guardate un po’ – ho appena ritirato il mio profitto settimanale di 2.500 €, proprio 10 minuti fa, quando mi sono imbattuta in questo articolo, ahah! Penso che anche i giornalisti sappiano come fare soldi! 😄
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Funziona davvero? Oppure è solo l’ennesimo hype?
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Non sono sicuro che durerà per sempre, ma ho già ottenuto un profitto del 200%.
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È una vera vergogna minacciare i giornalisti! La Radiotelevisione Italiana ha fatto una figuraccia.
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È davvero strano: perché non c’è ancora nessuna reazione né da Rai 3 né dai loro avvocati?
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Franco92
È curioso come Sigfrido stia rischiando la carriera per dire la verità. È un problema… o forse è solo stanco di restare in silenzio?
Beh, ovvio che voleva aiutare. E tu non avresti fatto lo stesso se avessi trovato una miniera d’oro? È un bravo giornalista.
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Ho deciso di provare, è da tanto che volevo realizzarmi nel mondo degli investimenti — qui tutti stanno guadagnando molto bene.
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Isa.B88
Interfaccia semplice, penso che persino mia madre riuscirebbe a capirci qualcosa. Ho iniziato con 250 euro, tutto quello che avevo messo da parte “per ogni evenienza” (crisi, si sa…) — e in una sola notte sono diventati 1.200 euro 🔥🔥🔥🔥
Spero che la carriera di Sigfrido non finisca dopo questa rivelazione, perché ha davvero aiutato a far aprire gli occhi alla gente…
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Il modo in cui è andata è stato incredibile, ma wow – Ranucci non scherzava sulla redditività.Ho appena ritirato i miei primi 650 €!!!
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Etica giornalistica dubbia da parte di Rai 3, ma… grazie a Sigfrido per aver condiviso informazioni sulla piattaforma. Sono cose che cambiano la vita.
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Adesso è il momento giusto per questo, anche io e mio figlio stiamo attraversando momenti difficili e potrebbe essere la nostra soluzione.
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Anche se non rischierei di investire, questo articolo è davvero pazzesco.
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Ho letto questo articolo e ho seguito tutte le istruzioni. Sono passate 2 ore e mezza dal mio primo deposito e ho già 543 euro sul conto. Ora provo a prelevare sulla carta.
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Ehi! Allora il prelievo ha funzionato???
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Sì, tutto è andato liscio – i soldi sono arrivati sulla mia carta in circa 30 secondi. Semplicemente incredibile!
Sono scioccata, ancora mi tremano le mani.
Oh Dio, Maria! Grazie per aver condiviso questo screenshot, mi hai appena dato l’ispirazione di cui avevo bisogno. Wow!
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È troppo bello, haha!
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Caspita, ho appena fatto una figuraccia e perso soldi su internet, e se fosse l’ennesima truffa?!
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Lol, amico, questa info è per chi la capisce davvero, non per te.
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Se hai paura di essere truffato, non intrometterti e lascia che gli altri discutano.
Rispondi
Fai un tentativo tu stesso prima di dire sciocchezze.
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Tutto funziona perfettamente se sai davvero cosa stai facendo.
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Invitiamo caldamente i partecipanti alla discussione a evitare linguaggio offensivo.
Rispondi
Buona giornata a tutti!
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Guadagno con questa piattaforma da qualche mese e ancora non smetto di stupirmi! In media faccio 2.100 € al mese, anche se non sono un professionista…
Rispondi
Sigfrido ha superato il limite. Ha messo nei guai i colleghi e ha compromesso la fiducia nel canale. Questo non è più giornalismo, ma un circo.
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Lascialo stare. Non è affare tuo.
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Nessuno ti ha chiesto niente. Tieniti la tua opinione per te.
Rispondi
LINK FACEBOOK ISAREMA ZAFFERINI
https://www.facebook.com/profile.php?id=61563964486770
….. Eddai, c’è un quorum bassissimo
jsa – ieri sera
…un voto che conta
** * sulla matita : ” Questa macchina uccide i fascisti “
6 giugno
OGGI, 9 GIUGNO VERSO LE 12
… quando scoprono che l’affluenza alle urne è del 22,7%
QUESTA NON C’ENTRA, MA NON RIESCO A NON METTERLA, MI SEMBRA TROPPO BELLA !
Si vota domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15
L’affluenza per le elezioni nei 13 Comuni nei quali si deve scegliere il sindaco, alle 23 è complessivamente di circa il 35,9%. In calo rispetto al primo turno quando era andato a votare il 45,82% di elettori.
Un dato quello dell’affluenza in linea con l’ultima tornata referendaria – quella del 2009 sulla legge elettorale – in cui si votò su due giorni come quest’anno e in cui tuttavia non fu raggiunto il quorum. Ai seggi si sono recati tutti i leader che sostengono i quesiti ed anche la premier Giorgia Meloni che però ha detto di non voler ritirare le schede per non far raggiungere il quorum.
VIGNETTA DI VAURO- PUBBLICATA DA STEFANO
per chi volesse conoscere una vera perla d’uomo…me lo sposerei se avessi 50 anni in meno…anche Donatella, penso..
Il nostro carissimo STE, quanche anno fa, e il suo amore che con lui al tempo scalava le montagna, adesso è vecchietto ( forse più di 16 anni !), lui lo cura ” da morire ” ( lui ), e acnh’io lo amo molto
Ecco Pepito, forse nel 2021 quando stava ancora bene
la foto è di aprile, era già quasi cieco poveretto -fa tante cure, ma mangia, evidentemente non vuole abbandonare i suoi cari ( oltre a STE, ci sono i suoi genitori )- gli anni, ad aprile, sono stati 18 – QUASI UN MIRACOLO- La vita media dei chihuava è dal 12 ai 20 anni ( wikipedia )
fine nota STEFANO
++++++
A votare è andato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo seggio di Palermo.
Diverse le violazioni del silenzio elettorale e le polemiche da parte del Comitato promotore dei referendum per il fatto che in alcune sezioni i presidenti di seggio abbiano chiesto preventivamente agli elettori se volessero ritirare o meno tutte e 5 le schede.
Il Viminale ha comunicato un’affluenza alle 12 tra il 7,41 e il 7,43%, lontana dalla soglia del 10% che storicamente assicura il raggiungimento del quorum. Un dato che, guardando i numeri del Ministero dell’Interno, è condizionato soprattutto dal Sud e dalle isole dove a votare sono andati davvero in pochi. La Regione più astensionista è la Calabria con il 10,14% alle 19.
Mentre la più presente alle urne è la Toscana con il 22%, che alle 19 supera l’Emilia Romagna che si ferma al 21,21%.
Nell’ultima tornata referendaria in cui il quorum fu raggiunto, quella del 2011 sull’acqua pubblica, il dato segnò l’11,64% a Mezzogiorno, salito poi al 30,33% alle 19, mentre quest’ anno alla stessa ora l’affluenza si ferma al 16% nei 5 quesiti. I promotori auspicano che lunedì gli elettori andranno alle urne “per far sentire la loro voce” e rendere validi i referendum.
Tutti i leader dei partiti che sostengono la consultazione, Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Riccardo Magi votano di buon ora, invitando sui social i cittadini a fare altrettanto. Maurizio Landini, il padre dei 4 referendum sul lavoro, vota a San Polo d’Enza, in provincia di Reggio Emilia, rispettando il silenzio elettorale.
Anche Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati si reca al seggio, ma annuncia di aver detto NO a tutte e 5 le domande. Le polemiche tuttavia non riguardano solo le violazioni del silenzio elettorale. Il comitato promotore invia una lettera al sindaco di Roma Gualtieri e al Prefetto lamentando che alcuni presidenti di seggio chiedono “preventivamente agli elettori” se vogliano o meno ritirare tutte le schede. E “tale domanda potrebbe risultare orientativa e turbativa” sostiene il Comitato. Altre disfunzioni si registrano a Roma a Trastevere, a Via dei Genovesi, dove i seggi sono al primo piano, senza ascensore, il che rende impossibile l’accesso agli anziani e ai disabili che protestano. Il problema si risolve quando una giornalista della Rai chiama le telecamere a riprendere il disservizio. A quel punto il personale addetto allestisce in tutta fretta un seggio al piano terra e gli anziani possono così votare dopo oltre 3 ore di attesa.
A Sala Consilina, la novantacinquenne signora Rosa va a votare in sedia a rotelle senza alcuna difficoltà. Dal referendum del 2 giugno 1946, dice di non aver “mai saltato un voto e finché posso – dichiara ai giornalisti presenti – continuerò a farlo”.
Nell’isola di Giannutri, nell’arcipelago toscano, dove non ci sono seggi e dove il traghetto per il Giglio passa solo il giovedì, il sindaco organizza a spese del comune il trasporto per i 15 aventi diritto, ma solo due di loro ne approfittano. Costo dell’operazione: 1.200 euro, spesa che il sindaco Armando Schiaffino, chiede inutilmente al Ministero dell’Interno di sostenere.
*****
per chi fosse, oltre al referendum, interessato all’età dei cani che, a quanto pare non si trova più moltiplicando X 7 i loro anni, adesso invecchiano molto più facilmente a causa della vita sedentaria dei loro ” padroni di casa “. Si spiga allora, la longevità di Pepito perché, come già accennato, STE è un gran camminatore ( fa anche gare ! ) e tutte le volte possibili si portava Pepito che quindi non è stato un cane sedentario e ha assorbito molto ossisgeno dei monti liguri, ossigeno special …
ANSA.IT 2 LUGLIO 2020
** mi sembra che — nel mio caso – qui sotto si senta più forte– però devi aprire la voce con un clic
paolo fresu
foto da : Van Laar Trumpets
” In oltre 35 anni di carriera non ho mai trovato uno strumento bello, intonato e caldo come il flicorno modello Fresu di Hub van Laar che ho l’onore di avere firmato. Uno strumento perfetto che mi accompagna da tanti anni e con il quale ho girato il mondo suonando dappertutto e registrando decine e decine di album. ”
PAOLO FRESU SUONA IL FILICORNO–4.09 min. insieme a Lars Danielsson
*** il flicorno modello Fresu di Hub van Laar
cartina linguistica della Sardegna – in parte -BERCHIDDA è sotto il Tempio Pausania e all’altezza di Sassari.
spiaggia di Berchida (Siniscola).
FOTO DA :
https://www.sardegnaturismo.it/it/esplora/berchida
Classici in lingua inglese – Indice
Testi canzoni originali con traduzione in italiano di Ermanno Tassi
da: Summer of Love – 1967
A Whiter Shade Of Pale
We skipped the light fandango
Turned cartwheels ‘cross the floor
I was feeling kinda seasick
But the crowd called out for more
The room was humming harder
As the ceiling flew away
When we called out for another drink
The waiter brought a tray
And so it was that later
As the miller told his tale
That her face, at first just ghostly,
Turned a whiter shade of pale
She said, “There is no reason
And the truth is plain to see.”
But I wandered through my playing cards
And would not let her be
One of sixteen vestal virgins
Who were leaving for the coast
And although my eyes were open
They might have just as well been closed
And so it was that later
As the miller told his tale
That her face, at first just ghostly,
Turned a whiter shade of pale
And so it was… etc.
Traduzione a cura di Ermanno Tassi
Un’Ombra di Pallore più Bianca
Incuranti del frivolo fandango
Facevamo la ruota per tutta la sala
Mi sentivo come se avessi il mal di mare
Ma la folla ci incitava a continuare
Il brusio della sala diventava sempre più forte
Come se il tetto volasse via
Quando chiedemmo un altro drink
Il cameriere portò un vassoio
E fu così che più tardi
Non appena il mugnaio (1) ebbe raccontato la sua storia
Che il suo viso, dapprima appena spettrale
Si tinse d’un’ombra di pallore più bianca
Lei disse: “Non c’e nessun motivo
E la verità è facile da capire”
Ma io vagavo tra le mie carte da gioco
E non volevo permetterle che fosse
Una delle sedici vergini vestali
In partenza per la costa
E sebbene i miei occhi fossero aperti
Avrebbero potuto benissimo anche essere chiusi
E fu così che più tardi
Non appena il mugnaio ebbe raccontato la sua storia
Che il suo viso dapprima appena spettrale
Si tinse d’un’ombra di pallore più bianca
E fu così… etc.
NOTE
(1) The miller = il mugnaio, non è chiaro cosa c’entri, ma l’autore ha negato il riferimento ad un personaggio di un romanzo. Comunque è doveroso dire che il testo di questa canzone è stato definito da più parti una sorta di non-sense, è tipico nei testi di canzoni inserire frasi ad effetto che più che avere un senso si accordano con la rima e la metrica.
Sto facendo trading su questa piattaforma (ecco il link per chi fosse interessato) da alcune settimane e ho ottenuto un piccolo guadagno di 800€. Mi piace moltissimo!
Sigfrido è davvero una persona coraggiosa – rivelare certe cose non è da tutti. Massimo rispetto.