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CASTELVECCHI, 2024
pp. 164

 

RECENSIONE CON CITAZIONI DI ALTRI LIBRI

 

DA:

DOPPIOZERO   28 GENNAIO 2025

https://www.doppiozero.com/trump-e-musk-in-principio-e-lazione

 

 

 

Trump e Musk: in principio è l’azione

Nel film Un volto nella folla (Elia Kazan, 1957) assistiamo all’inarrestabile ascesa di Larry “Lonesome” Rhodes, ex cantante country interpretato da Andy Griffith che, scoperto dalla conduttrice di una trasmissione radio, diventa presto un idolo delle folle, un influencer (allora si diceva testimonial), nonché un aspirante politico. Ma quando Marcia, la produttrice che purtroppo si è innamorata di lui, decide di punirlo dei suoi tradimenti, non deve far altro che lasciare acceso il microfono alla fine di un programma televisivo e poi diffondere la registrazione in cui Lonesome Rhodes, il campione del popolo, dà degli idioti a coloro che lo seguono. Il suo indice di gradimento crolla e la sua carriera politica è finita.

Questo nel 1957, ma oggi non è più così. Il nuovo populista non teme affatto di far sapere al suo elettorato quello che pensa di loro. Quando Trump ha detto: “Amo gli ignoranti” (“I love the uneducated”) non ha perso voti, anzi ne ha guadagnati. Il populista che disprezza il popolo viene osannato da un popolo che a quanto pare disprezza soprattutto se stesso. Ma è proprio così?

Michael Sandel, filosofo della politica e autore di La tirannia del merito (2020), ha argomentato che i recenti movimenti populisti, negli Stati Uniti e altrove, sono una rivolta delle masse contro le élites di coloro che si ritengono, per nascita e censo, “la metà migliore” (è un’espressione che userò ancora, in un contesto più preciso). Ma non sono sicuro che questo sia ancora vero. Il 20 gennaio 2025, durante l’inaugurazione della sua seconda presidenza, accanto a Trump non c’erano gli ex minatori della Pennsylvania o gli operai del Michigan; c’erano gli amministratori delegati delle grandi tech companies, gli uomini più ricchi e potenti del pianeta, nessuno dei quali ha mai nascosto la propria politica antisindacale e l’assunto in base al quale il miglior amministratore è quello che licenzia di più. Come si è realizzata questa unholy alliance ( OSCENA ALLEANZA ), questo matrimonio osceno di populismo, tecnocrazia e sovranismo?

 

Una risposta non effimera, anzi seriamente filosofica, la troviamo in un recente libro di Rocco Ronchi, Populismo / Sovranismo. Una illustre genealogia (pp. 164, Castelvecchi 2024).

È un testo dal peso specifico troppo alto per essere semplicemente recensito; un breve riassunto delle sue tesi non gli farebbe giustizia. Di fatto, ogni capitolo potrebbe essere l’inizio di un libro a sé. Entrerò quindi in discussione con Ronchi cercando di esporre le sue idee principali e avvertendo il lettore dove aggiungerò del mio. Mi riferirò alla realtà americana perché è quella che conosco meglio, anche se il testo di Ronchi si rivolge soprattutto ai sovranismi/populismi europei.

 

La tesi iniziale è che populismo e sovranismo hanno la stessa genealogia, la quale non è poi così lontana da quella della democrazia. Ciò che i tre regimi hanno in comune è che non mettono mai in discussione la sovranità del “popolo”. Come poi articolano questa sovranità e che cosa intendono per “popolo” resta da vedere, ma la loro comune genesi sta nella “metafisica moderna della libertà” (p. 8) che li tiene insieme più di quanto sembri.

Innanzitutto, sostiene Ronchi, la critica della sinistra al populismo manca il suo obiettivo nel momento in cui “semplifica” il successo che il populismo sta avendo su scala planetaria, riducendolo ad un inganno di cui le masse sarebbero vittime. È un errore già commesso in passato, quando liberali, socialisti e comunisti avevano sottovalutato la portata “filosofica” del fascismo, che non era un’aberrazione del liberalismo bensì una vera e propria metafisica.

Una metafisica del potere? Dello Stato? Mi azzarderei a dire: dell’azione. Ronchi fa entrare qui la categoria del mito, o la politica del mito, che riprende da Georges Sorel (il pensatore le cui tesi potevano essere piegate a destra come a sinistra, e che forse più di ogni altro ha influenzato il giovane Mussolini). È il “mito dell’azione” a costituire allora la metafisica del fascismo, e troverei la sua prima radice nell’interpretazione che il Faust di Goethe dà del primo verso del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo”. No, dice Faust: “In principio era l’azione!”.

Con questa traduzione, azzardata ma non troppo (perché il Lógos / Verbum di Giovanni può essere inteso come performativo, come ciò che crea letteralmente – attraverso lettere – il mondo), si aprono i secoli dell’ingegneria sociale o, come si direbbe oggi, della biopolitica. Pare che una volta Joseph Goebbels abbia affermato: “Non amo affatto Goethe ma gli perdono molte cose per aver detto: ‘In principio era l’azione’”. Mussolini avrebbe potuto esprimersi nello stesso modo. Anche Lenin. Anche Fidel Castro o Mao. L’importante è agire; le conseguenze si vedranno dopo.

Il fascismo, sostiene Ronchi, non è stato un archetipo ma un “prototipo”, lo schema operativo di modelli a venire, anche molto diversi dal modello iniziale, ma che non possono ripudiarlo del tutto. Se oggi parliamo ancora di fascismo, direi allora che dobbiamo indicarlo come si farebbe con le automobili: come esiste una Bugatti 1932 o una Jaguar 1966, così esistono una democrazia 1945, una demagogia 1994 e un fascismo 2025. E il motore di quest’ultimo fascismo è l’insofferenza nei riguardi del sapere.

Ronchi riprende qui un’analisi condotta altrove del motto “Me ne frego!”, nato in una canzone del 1920, inno degli Arditi di Fiume, e poi divenuto passaparola fascista. Ricordo una scena di Anni difficili (Luigi Zampa, 1948): in un teatro d’opera, un gerarca fascista si scandalizza perché ci sono versi, nel libretto della Norma di Bellini, in cui si inneggia alla distruzione di Roma. Gli fanno notare che è stato scritto cent’anni prima. “Me ne frego!” tuona il gerarca. “Io l’ho sempre detto che gli intellettuali italiani sono degli sporchi antifascisti!”.

kLa ragione filosofica del “me ne frego del sapere”, che può toccare tanto Vincenzo Bellini quanto i vaccini contro il Covid, non sta tanto nell’ignoranza della plebe, sostiene Ronchi, quanto in una “metafisica della libertà” le cui radici vanno cercate nell’illuminismo kantiano e, aggiungerei (ma è scontato), nell’empirismo inglese. A mo’ di postilla, osserverò che l’ignoranza della plebe come fattore politico non è però da sottovalutare. Le recenti elezioni americane sono state un’orgia di disinformazione come non se n’è mai vista, e che è solo un preludio ad orge ancora più devastanti. Ma oltre alla disinformazione c’è, potentissima e ignorata da tutti, la totale mancanza di informazioni. Il giorno prima delle elezioni, la domanda più frequente rivolta a Google negli Stati Uniti è stata: “È vero che Biden non si ripresenta?”.

Il senso dell’argomentazione di Ronchi però non cambia. L’illuminismo vuole che l’essere umano si faccia soggetto autonomo, che metta in discussione l’autorità, ogni autorità, tranne quella della ragione scientifica. Se però qualcuno si alza a dire che anche sottomettersi all’autorità della ragione scientifica non è diverso dal sottostare a una tirannia, ecco che l’edificio della razionalità comincia ad incrinarsi e, quel che è peggio, si incrina proprio grazie alle armi fornite da quella libertà nata per difendere la ragione.

Il profeta di questa demolizione è l’uomo del sottosuolo di Dostoevskij (1864), il risentito contro il mondo che dalla sua topaia (perché la vera traduzione del titolo, come aveva fatto notare Nabokov, non è tanto Memorie dal sottosuolo quanto Memorie da una topaia) argomenta “filosoficamente” che non c’è vera libertà se non c’è il diritto di dire che 2+2=5. Se io voglio che 2+2=5, la mia volontà (che è altrettanto infinita quanto quella di Dio, e lo dice Cartesio nel Discorso sul metodo) deve esercitare sovranità assoluta. Non c’è libertà se non nell’errore (o nel Peccato Originale, aggiungerei), ma se l’errore è un diritto assoluto, anzi se coincide con la capacità dell’essere umano di trascendere se stesso e le proprie limitazioni, come possiamo ancora chiamarlo errore?

Quando Kellyanne Conway, consigliere della Casa Bianca durante la prima presidenza Trump, il 22 gennaio 2017 dichiarò davanti ai giornalisti stupefatti che il numero di persone che avevano assistito alla prima inaugurazione di Trump, quale era stato fornito dalla Casa Bianca, non era fasullo, era solo un “fatto alternativo”, non sapeva di portare a conclusione un discorso filosofico che, stando all’analisi di Ronchi, era iniziato ancora prima di Dostoevskij; per la precisione con Max Stirner, L’unico e la sua proprietà (1844), nel quale il diritto all’errore in quanto errore viene rivendicato come assoluto.

Elaboriamo: in quel giorno, 22 gennaio 2017, il mondo è cambiato. D’un tratto, non era più vero che “non esistono fatti, ma solo interpretazioni” (Nietzsche), perché Nietzsche intendeva dire che le interpretazioni sono esse stesse dei fatti. Non era più vero che la realtà avesse ceduto il posto al suo simulacro (Baudrillard), perché nessuno intendeva simulare niente. Non era più nemmeno vero che esistessero una scienza dei fatti “conservatrice” e una scienza dei fatti “rivoluzionaria”, come si sarebbe detto ai tempi del maoismo. No: da quel giorno cominciò a esistere la realtà fai-da-te. La Casa Bianca non perse neanche tempo a difendere la verità dei suoi numeri rispetto a quelli verificati dai media. Voi dite che alla mattina solo 193.000 persone hanno preso la metropolitana per andare all’inaugurazione? Benissimo, e io dico che erano 420.000. È il mio fatto alternativo, e non è nemmeno l’errore in quanto errore di cui andava fiero Stirner. No, il mio fatto è tanto “vero” quanto il vostro. (Negli anni della sinistra extraparlamentare, Lotta Continua raddoppiava di regola il numero dei partecipanti alle manifestazioni; si chiamava “raddoppio rivoluzionario”, ma Lotta Continua non è mai arrivata alla Casa Bianca, tutt’al più è arrivata a fornire dei quadri a Mediaset. Dopo l’invenzione dei “fatti alternativi” viviamo tutti in un romanzo di Philip K. Dick, possibilmente L’uomo nell’alto castello, altrimenti conosciuto come La svastica sul sole.)

Il mondo è cambiato un’altra volta, e forse ancora di più, il 6 ottobre 2024, quando Elon Musk è apparso sul palco di un comizio elettorale di Donald Trump facendo salti di gioia, mentre il giorno della seconda inaugurazione di Trump, il 20 gennaio 2025, tutti hanno visto anche il suo para-saluto romano, preludio a un prossimo remake di Fascisti su Marte. In quel momento si è incarnata quella che Ronchi chiama “la convergenza tra populismo anti-istituzionale e la forma più pura del liberalismo: l’anarco-capitalismo”. E aggiunge: “Per quanto la propaganda populista sia infarcita di retorica anticapitalista, l’anarca, vale a dire il soggetto della libertà infinita, è veramente il soggetto neoliberale. Il grande teorico liberale Isaiah Berlin (che certo non può essere ascritto all’anarco-capitalismo) lo ha dovuto francamente riconoscere. A fondare il diritto assoluto di una convinzione, scrive [in La libertà e i suoi traditori, pubblicato nel 2002 ma basato su conferenze del 1952], è il solo fatto di essere una mia convinzione. La sua verità e fondatezza è del tutto inessenziale” (p. 23).

kLa questione della libertà si lega al cuore di quella che è la ricerca fondamentale di Ronchi come filosofo teoretico, la relazione tra potenza e potere (è l’argomento del suo libro immediatamente successivo, La rana e lo scorpione. Il canone della potenza, Castelvecchi 2025). La filosofia non manca mai al suo compito quando si occupa del potere. Il binomio potenza-potere è il suo argomento più prossimo, e se il filosofo descrive o appoggia sistemi illiberali o decisamente orrendi è perché vuole che la sua teoria del potere si faccia immediatamente pratica. Il che non è una scusa, ma serve a far capire che il filosofo non è mai stato un’anima bella. Il potere attira il filosofo come un teorema irrisolto attira il matematico, e nessuno dei due sopporta volentieri che un’equazione finale non lo risolva.

Ma che dire allora dei filosofi che hanno teorizzato, seguendo in questo il IX libro della Metafisica di Aristotele, la natura duale della potenza, il suo darsi e il suo sottrarsi? Non sarebbe forse questa la chiave per liberarsi dall’ossessione di agguantare il potere con le armi del pensiero? Quando Aristotele era ancora in vita, il dibattito iniziò ad opera di alcuni riottosi discepoli di Socrate, i non molto conosciuti “megarici” (il “canone minore” dell’epoca, per usare un termine che a Ronchi è familiare), i quali non riponevano molta fiducia nella categoria della potenzialità: una cosa, qualunque cosa, non è “possibile”; o è o non è (e se a qualcuno viene in mente l’ontologia di Emanuele Severino, ebbene, ci sta).

Nel Medioevo, specifica Ronchi, si sarebbe parlato di potenza divina “assoluta” oppure “ordinata”. Dio può violare le leggi della natura che ha creato lui stesso, altrimenti non sarebbe onnipotente; non è detto però che lo faccia, se non in casi eccezionali. Ma con questa oscillazione tra ordine assoluto e ordine relativo, determinato da specifici “stati di eccezione”, si sono poste le basi per quella che poi sarebbe diventata la sovranità dello stato moderno. Le leggi sono sacre, tranne quando lo stato di eccezione, che è più sacro ancora, ci costringe a metterle da parte. Ci dovrebbe essere una via d’uscita: se l’essere umano (mettiamo da parte per ora i megarici) è un aristotelico “essere del possibile”, vuol dire che può volere, o fare, come può anche decidere di non volere, o non fare. Il suo potere è anche un potere-di-non, che non è affatto un non-potere o un’impotenza; il potere-di-non è pur sempre un potere. Ma è una via praticabile?

Da Gilles Deleuze a Giorgio Agamben, la figura simbolica del potere-di-non è stata individuata nel Bartleby di Melville, il misterioso scrivano che ad ogni richiesta del suo capufficio risponde invariabilmente “I would prefer not to” (“Avrei preferenza di no”, come ha tradotto Gianni Celati, o “Preferirei di non”, come tradurrei io, per lasciare la frase sospesa come lo è in inglese). Agamben è un grande apologeta del “potere-di-non” bartlebyano. Ma con ciò si espone, come fa notare Ronchi, a un’autocostrizione: per poter essere fedele alla sua feroce critica dello stato d’eccezione e per difendere il suo “passivismo”, Agamben “non poteva non dire” ciò che ha detto sulla pandemia (che le misure per contenerla erano una forma di dominazione biopolitica artatamente imposta dal Potere ecc.), mettendosi così in strana compagnia con gli ultralibertari che consideravano l’obbligo della mascherina in pubblico come l’equivalente di una dittatura orwelliana. In altre parole, il teorizzatore del potere-di-non-fare si è trovato nella situazione di non-poter-non-fare ciò che ha fatto. La singolare concordanza verificatasi negli ultimi anni tra sinistra “radicale” (se il termine ha ancora un senso) e populismo “radicale” (termine che ha sempre più senso) ha, come si vede, “radici” molto antiche, e che forse non si possono estirpare.

Devo tralasciare altri capitoli (compreso quello di critica a Pasolini e all’“ideologia italiana”, che mi trova d’accordo) per giugere a quelli che mi premono di più: la virtù politica, sostiene Ronchi sulla base delle sue letture di Nietzsche, Brecht, Deleuze e Guattari, è quella dell’opportunismo strategico e non semplicemente tattico. Sia la Grande Politica di Nietzsche sia il Grande Metodo di Brecht sono interpretati da Ronchi come un “Grande Riformismo” che non dà nulla per immutabile, perché il divenire è un processo e non solo un voler raggiungere l’obiettivo. Quando l’obiettivo è raggiunto, non siamo gli stessi che eravamo quando l’abbiamo concepito, e nemmeno l’obiettivo è più lo stesso. Come già la intendeva Platone nell’Alcibiade I, la virtù politica è quella del timoniere che conduce la nave in porto, conoscendo le correnti e scivolando sulle onde senza mai sfidare apertamente il mare. Il riformismo radicale (mi verrebbe da dire “processuale”) è l’unica strategia che sia rimasta alla democrazia, e se viene così raramente tentata è perché è la più difficile.

Nessuno è così odiato, dal populista come dal sovranista, come il riformista vero. La riforma rende superfluo lo stato di eccezione in cui sguazza il sovrano, così come smorza la furia di chi sente il grido della canaille. Prova ne sia che un riformista serio come Joe Biden oggi è la persona più odiata da mezza America, al punto che gli stessi democratici non sanno più come difenderlo e sperano solo che la storia sia pietosa con lui almeno come lo è stata con Jimmy Carter. Se nei confronti di Kamala Harris c’è disprezzo (iena ridens, la chiamano i social media), nei confronti di Biden c’è una rabbia in tutto e per tutto sproporzionata anche rispetto agli errori che può aver commesso. Ma dal punto di vista sovranista/populista è una rabbia che ha la sua giustificazione. Se Biden fosse stato in grado di reggere il timone per altri quattro anni, molte delle istanze populiste si sarebbero dissolte e Trump sarebbe tornato a costruire alberghi.

O forse no, o non del tutto, perché il timoniere è troppo intento ad evitare gli scogli per tener conto del fatto che i passeggeri della sua nave non provano alcun godimento in un viaggio che si annuncia sicuro. Citando un distico brechtiano, da Ascesa e rovina della città di Mahagonny, Ronchi osserva: “Cos’è la furia del ciclone / a paragone dell’uomo che cerca di godere?” (p. 25). Ebbene, l’uomo del sottosuolo sa poche cose, ma sa con certezza che in democrazia si può provare qualche piccolo piacere, ma raramente si gode. E l’essenza dell’umano non è né il piacere né la soddisfazione, insiste Ronchi, bensì der Genuß, la jouissance, il piacere indistinguibile dal dolore, la trasgressione rischiosa, la pulsione di morte che ci fa sentire vivi solo quando mettiamo a repentaglio la vita. I democratici possono portare sul palco Taylor Swift, Oprah Winfrey e Beyoncé, ma non c’è competizione se l’avversario porta sul palco Elon Musk, un puro shot di pulsione di morte, la più convincente incarnazione del Dottor Stranamore che si sia mai vista (ricordate la scena in cui Peter Sellers non riesce a controllare il braccio che parte in un saluto nazista e chiama Mein Führer il Presidente degli Stati Uniti?).

La piccola economy of opportunity di cui parlava Kamala Harris fa venire il latte alle ginocchia se davanti a noi abbiamo L’Uomo-Più-Ricco-Del-Mondo a prometterci che andremo su Marte. Perché? “Perché è lì” (“Because it’s there”), come disse George Mallory a chi gli chiedeva perché volesse scalare l’Everest. Morì nel tentativo, ma questo non importa, fa parte del patto. E i sovrano-populisti non hanno siglato un patto con il Dottor Stranamore e il suo Presidente solo per l’abbassamento dell’inflazione o la diminuzione dell’immigrazione clandestina, bensì per il godimento che provano quando comprano i bitcoin dai distributori automatici che in Texas, dove vivo io, già pullulano nei supermercati e nelle stazioni di benzina.

Davanti alla teofania della ricchezza assoluta non c’è opportunity che tenga, e nemmeno democracy, Il modello americano ha portato alle estreme conseguenze l’homo oeconomicus, progettato fin dai tempi dall’empirismo inglese. Qui mi riferisco al Foucault nella Nascita della biopolitica: si può concepire la libertà del cittadino a partire dai diritti dell’uomo oppure dal grado di indipendenza da concedere a chi è governato, che però resta intoccabile nel suo diritto alla proprietà privata. La prima libertà è quella dell’homo juridicus che deve armonizzare i diritti individuali con i diritti della collettività; la seconda è quella dell’homo oeconomicus che nella sua “volontà di possesso” (introduco questo termine come sottospecie della “volontà di potenza”) non conosce limiti.

Ma, se l’homo oeconomicus non può contenere la sua urgenza di accumulazione, è anche vero che questo lo rende assolutamente prevedibile, e dunque assolutamente governabile. Il singolo non viene “represso”. Non ce n’è bisogno, se non per contingenti ragioni demagogiche. Anzi, viene “accompagnato” nel suo desiderio di possesso, così come oggi veniamo “accompagnati” dagli algoritmi a desiderare ciò che ci viene offerto da desiderare. Foucault vi allude quando parla di intervento “ambientale”. Nessuno mi costringe a fare nulla, ma è l’ambiente in cui mi muovo (i rapporti di produzione più la semiosfera) a determinare ciò che posso fare o non-posso-non-fare. Si situa qui il passaggio dal lassez-faire alla “governamentalità”. Tra il soggetto giuridico e il soggetto d’interesse prevale il soggetto d’interesse (homo oeconomicus), ma il soggetto d’interesse non vince rispetto all’ambiente. Potrei aggiungere che, se la volontà di possesso è infinita, la volontà di governo, che è un’altra forma di possesso, è altrettanto infinita. E la Cina ne è il modello: ampia libertà d’impresa, ma legata un controllo politico capillare. Nessun “valore” che non sia fondato sulla volontà di possesso o sulla volontà di controllo “ambientale” sopravvive a questa stretta. La sfilata dei megaricchi e dai loro stramiliardi all’inaugurazione del secondo mandato di Trump è l’incarnazione di questo assioma. Per alcuni è uno schiaffo alla miseria, per altri è la mano tesa al blue-collar worker che si sente Elon Musk mentre compra i bitcoin nel supermercato di quartiere. E bisogna capire che tutt’e due le cose sono “alternative” e insieme tutt’e due vere.

kImpossibile qui non citare Benjamin, la Postilla al saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica: “Il fascismo cerca di organizzare le recenti masse proletarizzate senza però intaccare i rapporti di proprietà la cui eliminazione esse perseguono. Il fascismo vede la propria salvezza nel consentire alle masse di esprimersi (non di veder riconosciuti i propri diritti). Le masse hanno un diritto a un cambiamento dei rapporti di proprietà; il fascismo cerca di fornire loro una espressione nella conservazione degli stessi”. Cito anche il commento di Robert Zaretsky apparso in un recente articolo di “Forward” (la rivista storica della sinistra ebraica americana), qui nella mia traduzione: “La proprietà non consiste più in ferrovie o acciaierie; è fatta di piattaforme social e intelligenza artificiale (…) Quando [Musk] ha menzionato il futuro della civiltà, ha suggellato le sue parole con un gesto che ha lanciato mille meme e una cacofonia di messaggi (…) Ironicamente, questo va bene sia a coloro che appoggiano la nuova amministrazione sia a coloro che le resistono, per non dire all’amministrazione stessa. Dà a tutti noi la sensazione di essere parte del processo, mentre la realtà dietro le quinte dello spettacolo si fa più cupa e più buia…” (It’s not Musk’s gesture that matters; it’s the fascism – The Forward). Il fascismo (ancora Benjamin) permette all’umanità “di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim’ordine”. Era fascista il gesto di Musk? Lui l’ha negato, ma che importa? I fascisti di tutto il mondo l’hanno riconosciuto come cosa loro, ed è il “percepito” che conta, non è così che ci avete insegnato, voi signori dei social media? Che per lui non lo fosse è solo un “fatto alternativo”.

Per l’homo oeconomicus, però, la vera estetica è il triumphus pecuniae, la parata trionfale del denaro. Negli Stati Uniti, ma non solo, chi appartiene alla classe medio-alta, se ha un buon stipendio e la possibilità di investirne gradualmente una parte, con un po’ di accortezza e di fortuna può trovarsi benestante all’età della pensione. Questa democrazia della ricchezza tocca una percentuale minoritaria della popolazione, e solo in pochi e privilegiati paesi, ma non può essere trascurata, come invece lo è stata in tutte le recenti analisi politiche, nessuna esclusa. Perché contribuisce a una “trasvalutazione di tutti i valori” al termine della quale l’unico valore che rimane è appunto la ricchezza. Non la ricchezza di chi possiede 7.500 satelliti, ma una “benestanza” che abbaglia Mr. Smith il quale, quando vede il suo vicino Mr. Jones avviarsi verso una confortevole vecchiaia, scopre che la democrazia e i diritti umani non fanno aumentare i suoi fondi d’investimento, e allora a che servono? Il punto di vista non è poi così abissalmente diverso da quello di un operaio stalinista degli anni Cinquanta che magari avrebbe scelto un lavoro sicuro nell’Unione Sovietica anche se poco pagato e un appartamento in un orrendo casermone rispetto all’inutile “libertà di pensiero” garantita dalla democrazia occidentale, e che sul tavolo non gli portava niente. Poi naturalmente non lo faceva, perché non era possibile, e perché avrebbe perso il godimento di poter dire: “’Ha da venì Baffone!”.

Il capitalismo avanzato è riuscito nell’impresa di rendere sua complice la classe lavoratrice. Molti hanno salutato con gioia maligna l’uccisione il 4 dicembre 2024 di Brian Thompson, amministratore delegato di UnitedHealthcare, ditta di assicurazioni ben nota (come molte altre) per il numero di rimborsi che nega agli assicurati. Ma quanti di coloro che hanno scritto messaggi di simpatia per Luigi Mangione (l’assassino) sanno che magari i loro fondi pensione sono investiti proprio nella ditta dell’amministratore ucciso? Se la mia assicurazione decide di non rimborsarmi perché deve assicurare il profitto più alto possibile agli azionisti, e se tra quegli azionisti, indirettamente, ci sono anch’io, contro chi dovrei protestare? Chi dovrei uccidere?

Il timoniere platonico, che in Ronchi incarna il riformista radicale, non ha molte scelte a disposizione. La sua radicalità consiste nel fare solo ciò che è necessario, e con l’accortezza di non farlo neanche apparire come una riforma. “Non cercate la libertà, dicevano [Bergson e Nietzsche], dove credete sempre di trovarla, vale a dire nell’alternativa tra possibilità date e nel principio della libera scelta. Se frugate in quell’arsenale quello che alla fine vi resterà nelle mani saranno ancora le catene dalle quali volevate liberarvi. Piuttosto imbarcatevi e procedete in mare aperto. Sperimentate il non-poter-non, la volontà di potenza, affidatevi alla creativity del reale! Allora la libertà di cui farete esperienza sarà una libertà sui generis, una libertà del terzo tipo rispetto alla frigida libertà dell’intelletto e alla irrazionale libertà della volontà. Questa libertà non discende dal possibile ma lo crea ricavandolo dall’impossibile, apre un sentiero dove c’era una selva. Il possibile di nuovo genere creato da questa libertà ha il senso del praticabile volta a volta, situazione per situazione, caso per caso, e guai a girare indietro lo sguardo…” (p. 144).

C’è qualche riformista che vorrà seguire questa esortazione? Lo spero, ma mi permetto di tornare a quella “metà migliore” alla quale avevo accennato all’inizio. In Titanic, proprio il polpettone di James Cameron (1996), quando all’arrogante harvardiano elitista Caledon Hockley dicono che non ci sono scialuppe a sufficienza e che metà dei passeggeri dovrà morire, il suo commento è: “Non la metà migliore” (“Not the better half”).

Significa che il timoniere non deve solo guardarsi da bonacce e tempeste; deve anche tener presente che “la metà migliore” dei suoi passeggeri magari intende sfasciare la nave sugli scogli e poi vedere cosa succede. Loro si salveranno in ogni caso, gli altri faranno da cavia. È accaduto nel 2008 con il crollo dei mutui subprime, può accadere ancor e su più larga scala perché ora è presente la variabile dell’intelligenza artificiale. La stabilità, o l’arrivo in porto della nave, non è tra gli scopi dei tecnocrati più decisi, i quali sanno che con il caos si guadagna di più che con l’ordine. Quella che hanno messo in moto è una rivoluzione economico-culturale che causerà sangue, sudore e lacrime, finché non finirà in un mare di fango, con un crollo finanziario o una guerra finanziaria o militare che nessuno poi dirà di aver voluto, mentre la democrazia, come sempre, sarà chiamata a raccogliere i cocci.

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video, 4 min. ca –Voces para la Paz- – 5a Sinfonia / Mambo n. 5 — beethoven – perez prado— Arr.: Miyagawa / Rafael Vizcaíno Cambra.– Director: Rafael Sanz Espert–Auditorio Nacional de Música de Madrid, 2018

 

 

***Proyecto: Construcción de pozos de agua para 5.000 personas en Ghana.

http://www.vocesparalapaz.com “Voces para la Paz”
La Fuerza de la Música por un Mundo más Justo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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ANDREA CAPOCCI ( Roma, 1973 ), Cavallucci marini, rovesciamenti di ruoli sessuali in fondo al mare. Nei singnatidi, la famiglia di pesci a cui appartengono i cavallucci marini, i pesci pipa e i draghi di mare è il maschio a portare avanti la gravidanza.. IL MANIFESTO  14 novembre 2025 — agg.  17.33

 

 

 

IL MANIFESTO  14 novembre 2025 — agg.  17.33
https://ilmanifesto.it/cavallucci-marini-rovesciamenti-di-ruoli-sessuali-in-fondo-al-mare

 

 

Cavallucci marini, rovesciamenti di ruoli sessuali in fondo al mare

 

Andrea Capocci – (Roma, 1973) è fisico, insegnante e giornalista. Ha lavorato all’università di Fribourg (Svizzera) e di Roma.
https://x.com/andcapocci– link X

 

 

 

 

 

Cavalluccio marino

Partorire invece di deporre le uova presenta molti vantaggi per una specie. Le uova possono essere mangiate da un predatore, seccarsi al sole o cadere da un nido. Per questo molte specie ovipare – non solo tra i mammiferi – si sono convertite al viviparismo nel corso dell’evoluzione. Si sopravviveva di più.

viviparismo– Treccani
https://www.treccani.it/enciclopedia/viviparita_(Enciclopedia-Italiana)/

In tutte le specie il compito di partorire è toccato alla femmina, con le (poche) gioie e i (molti) dolori che comporta l’incarico. Con una sola eccezione: i singnatidi, la famiglia di pesci a cui appartengono i cavallucci marini, i pesci pipa e i draghi di mare.

In queste specie è infatti il maschio a portare avanti la gravidanza, in una sacca interna simile all’utero in cui gli embrioni vengono nutriti e accuditi fino al parto.

Seahorse head (Hippocampus guttulatus).

Getty Images

 

FINORA QUESTA STRANISSIMA inversione dei ruoli era poco compresa e poneva diversi enigmi ai biologi. Affidare a un sesso o all’altro la gravidanza infatti non è solo una questione di equità sociale ma soprattutto di fisiologia.

L’organismo viviparo che ospita l’embrione deve avere un sistema immunitario assai sofisticato in grado di distinguere il nascituro da altre minacce esterne e non ucciderlo prima ancora della nascita – è una delle scoperte al centro dell’ultimo Nobel per la medicina.

Questa straordinaria capacità di modulare la reazione immunitaria solitamente è basata su un gene denominato foxp3 presente sul cromosoma X, che non a caso è uno di quelli che determina il sesso.

In una specie vivipara come la nostra, portare avanti una gravidanza nel corpo maschile pone dunque barriere biologiche difficilmente sormontabili. E allora come fanno i cavallucci marini?

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bibliografia:

nature ecology & evolution, 11 novembre 2025
Meccanismi cellulari e molecolari della gravidanza maschile del cavalluccio marino ( traduz. automatica )
https://www.nature.com/natecolevol/


CON UNO STUDIO PUBBLICATO sull’ultimo numero della rivista Nature ecology & evolution, una collaborazione di diverse università cinesi e dell’università di Costanza (Germania) ha illuminato molti misteri che circondano la gravidanza maschile.

I ricercatori hanno dimostrato infatti che nei cavallucci marini il gene foxp3 proprio non esiste e malgrado ciò l’embrione non scatena una reazione auto-immune. Secondo gli autori della ricerca, un meccanismo alternativo a quello utilizzato da tutti gli altri organismi tiene a bada il sistema immunitario nei singnatidi.

Harlequin Ghost Pipefish, Solenostomus paradoxus, Ambon, Moluccas, Indonesia

un pesce-pipa delle Molucche, in Indonesia

Axel Meyer | Radcliffe Institute for Advanced Study at ...

AXEL MEYER, è professore di biologia evolutiva presso l’Università di Costanza, in Germania. Radcliffe Institute

Questa funzione probabilmente è svolta da ormoni maschili detti androgeni, secondo Axel Meyer, uno degli autori dello studio: «gli androgeni hanno spesso un effetto immunosoppressivo, cioè frenano la risposta immunitaria. Ciò potrebbe contribuire a questa tolleranza immunitaria unica».

Robust Ghost Pipefish, Solenostomus cyanopterus, Lembeh Strait, North Sulawesi, Indonesia

un altro pesce-pipa

 

Gli stessi androgeni avrebbero favorito anche la formazione della «sacca» composta da tessuti diversi dalla placenta femminile, ma che hanno la stessa funzione.

È come se, al momento di imboccare (evolutivamente) la via del parto, le cavallucce marine abbiano detto «non guardate noi» e affidato la questione ai maschi. E quelli, con molti ormoni a disposizione ma senza utero, hanno pasticciato un po’ finché non hanno trovato il modo di farsene uno.

Si chiama «convergenza evolutiva»: lo sviluppo indipendente di strutture biologiche simili in organismi geneticamente lontani tra loro.

Il volo, emerso in modo autonomo in uccelli, insetti e pipistrelli, ne è un ottimo esempio.

 

 

Sea Dragon between rocks

un drago di mare in mezzo alle rocce

 

 

 

Sea Dragon

un altro drago di mare

 

 

Leafy seadragon

un altro ancora sempre ” drago di mare ”

 

LE FOTO SONO TUTTE E TRE DI GETTY IMAGES/ LINK:::
https://www.gettyimages.it/search/2/image?phrase=sea+dragon

 

Il rovesciamento dei ruoli dei singnatidi si associa anche a un diverso assetto sociale. Tra i pesci-pipa le abitudini sessuali sono infatti peculiari: mentre in ogni stagione riproduttiva i maschi vengono ingravidati da una sola partner, le femmine si accoppiano con un numero di maschi assai più variabile.

Si chiama poliandria e sulla terraferma si incontra di rado. Ma in fondo al mare la rivoluzione dei sessi è già realtà.

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una sola immagine del lago di Costanza in Germania… dove lavora Axel Meyer

 

Lindau Bodensee Lago Distance Alba Germania

un’altra..

Local Weather Germany

nel link trovate quasi 60.000 foto di questa regione  (59.995 )  :

https://www.gettyimages.it/search/2/image?phrase=constance

 

 

LA CARTINA: / link

 

Mappa del lago di Costanza illustrazione vettoriale ...

 

 

 

Uno di questi giorni, magari domani, veniamo in questa cittadina sul lago ( vedi sopra ) che si chiama Friedrichshafen:-

 

–siamo nel Baden-Wuttember.. che,  a quanto pare, è la zona dove finiamo sempre.. vero Donatella ?

 

View of buildings at waterfront during sunset,Friedrichshafen,Germany

 

 

Germany, Baden-Wurttemberg, Friedrichshafen, Coastline of city on shore of lake Bodensee at dawn

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Al Museo di Santa Giulia di Brescia, dal 8 novembre 2025 al 22 febbraio 2026, la mostra Material for an Exhibition. Storie, memorie e lotte dalla Palestina e dal Mediterraneo

 

 

 

 

Dina Mattar, Gaza, 2009, acrylic on canvas, cm. 90x90

Dina Mattar, Gaza, 2009, acrylic on canvas, cm. 90×90

da: ARTE.IT

 

 

Brescia, in mostra le opere del collettivo palestinese Eltiqa sopravvissute alle bombe su Gaza

 

 

 

 

Dina MattarThe Peace, opera rimasta sotto le macerie di Gaza durante i bombardamenti del 2023

 

 

 

 

 

Mohammed Al-Hawajri, Valley of the sheep, acrylic on canvas, 2018, 100 x 140 cm- Valle della pecora

 

 

 

 

 

 

Mohammed contempla la distruzione dalla casa di sua sorella. Foto: fornita

 

 

 

 

 

 “Miftaħ al-Hadaya” (La chiave dei doni), l’opera fa parte di una mostra del collettivo di artisti palestinesi Eltiqa.
Eltiqa (“incontro” in arabo) è un collettivo di artisti con sede a Gaza City, fondato nel 2000 soprattutto da Dina Mattar e Mohammed Al-Hawajri.

 

 

 

 

 

Il ritorno dal pascolo- 2021; acrilico su tela, 200 x 150 cm

Mohammed Al-Hawajri

 

 

La mostra è a cura di Sara Alberani che ricostruisce idealmente lo spazio artistico del collettivo Eltiqa Group for Contemporary Art, distrutto nel bombardamento di Gaza nel 2023. Promossa dal Comune di Brescia e dalla Fondazione Brescia Musei, con il patrocinio di Amnesty Italia, l’esposizione è uno degli appuntamenti centrali dell’ottava edizione del Festival della Pace. Il progetto nasce come risposta alla distruzione di Eltiqa, luogo simbolo per l’arte contemporanea palestinese fondato nel 2002 e punto di riferimento per gli artisti di Gaza. Due dei suoi fondatori, Mohammed Al-Hawajri (1976) e Dina Mattar (1985), sono tra i protagonisti della mostra insieme all’artista libanese Haig Aivazian (1980) e alla palestinese Emily Jacir (1970), Leone d’oro alla Biennale di Venezia 2007. Le loro opere, provenienti da zone segnate da guerra, esilio e frammentazione, si incontrano a Brescia per restituire una testimonianza collettiva sulla resistenza culturale e sulla capacità dell’arte di creare legami tra le diverse geografie del Mediterraneo.

 

 

L'immagine potrebbe contenere: Cortile Natura Esterno Cortile Giardino Architettura Edificio Casa Alloggiamento Villa e Sediail giardino dello studio di Mohammed Al-Hawajri

 

 

 

Il giardino di Mohammed.

il giardino dopo il bombardamento israeliano

 

 

 

I migliori artisti palestinesi che devi conoscere Mohammed AlHawajri.

Leone di Gaza, Mohammed Al-Hawajri. Foto: fornita

 

 

 

 

 

 

Brutto – Bello, Mohammed Al-Hawajri. Foto: Fornita- 1999

 

 

 

 

L'immagine potrebbe contenere Arte Arte moderna Persona adulta Dipinto Viso Testa Fotografia Ritratto Abbigliamento e maglietta

 

 

 

Mohammed AlHawajri.. I migliori artisti palestinesi che devi conoscere Arte per adulti Arte moderna Accessori per la pittura...

 

 

 

L'immagine potrebbe contenere arte moderna, viso, testa, persona, fotografia, ritratto, abbigliamento per adulti, maglietta e dipinto.

 

TITOLO DI CIASCUNAMaryam, 2015, Mohammed Al-Hawajri. Foto: fornita

 

foto sopra e testo da ::

AD
https://www.admiddleeast.com/story/palestinian-artist-mohammed-al-hawajri-i-dont-think-october-7-will-ever-leave-my-memory

 

 

 

“Esporre al Museo di Santa Giulia le opere di Eltiqa Group for Contemporary Art sopravvissute alla distruzione e proporre a Mohammed Al-Hawajri e Dina Mattar una residenza artistica nella nostra città”, dice Laura Castelletti, Sindaca di Brescia, “significa riconoscere che l’arte è testimonianza, costruzione di legami, strumento di conoscenza reciproca. Grazie ai loro lavori e a quelli di Haig Aivazian e di Emily Jacir possiamo comprendere come l’espressione creativa sia spazio di resilienza anche nei contesti più drammatici. Material for an Exhibition ci invita a guardare oltre le narrazioni semplificate per incontrare le storie e le vite di chi il conflitto lo vive quotidianamente, ricordandoci che la cultura è sempre ponte tra mondi diversi e che proprio per questo possiamo e dobbiamo, come città ma anche individui, agire per la tutela e la protezione del patrimonio culturale di tutte le comunità, in quanto preziosa eredità che unisce l’umanità travalicando confini geografici e temporali. La mostra rappresenta un momento cardine del Festival della Pace e testimonia la grande qualità del nostro sistema museale, capace di proporre iniziative di profilo internazionale, mettendosi al servizio di un’idea dell’arte come promozione della pace, del rispetto tra le persone e della scoperta di nuovi orizzonti culturali”.

 

Il titolo della mostra rende omaggio all’opera Material for a Film dEmily Jacir, dedicata alla memoria del poeta palestinese Wael Zuaiter.

 

Material diventa qui una parola chiave: indica sia la varietà dei linguaggi in mostra, installazioni, video, disegni, pittura, fotografia, sia la dimensione concreta e fragile in cui molti artisti operano, tra perdita di archivi, distruzione di opere e cancellazione di luoghi della memoria. In Palestina, l’archivio stesso è oggi uno strumento di sopravvivenza, un modo per affermare l’esistenza di una storia minacciata. Il percorso espositivo si apre con i lavori di Mohammed Al-Hawajri e Dina Mattar, che con Eltiqa hanno promosso per vent’anni la crescita dell’arte contemporanea a Gaza. Dopo il bombardamento del 2023, i due artisti sono riusciti a mettere in salvo alcune opere, ora custodite tra Sharjah e Dubai, e presentate per la prima volta in Europa.

Le opere salvate arrivano a Brescia come testimonianza di un’eredità che resiste alla distruzione. Il museo diventa così un luogo di ricostruzione simbolica: Eltiqa rinasce temporaneamente nei suoi spazi. Mohammed Al-Hawajri indaga nelle sue opere la relazione tra memoria storica e vita quotidiana palestinese. Le sue tele, caratterizzate da ironia e paradosso, trasformano immagini di guerra in racconti visivi che mescolano dolore e immaginazione. Serie come The Animal Farm (2011) o Maryam (2015) intrecciano simboli di resistenza e riferimenti culturali, con figure umane e animali che diventano testimoni di sopravvivenza.

 

 

 

EMILY JACIR

(Betlemme, 1970) è un’artista e produttrice cinematografica palestinese. Vive e lavora tra New York e Ramallah.

Palestinian Artist Emily Jacir Plans to Transform Her Family Home Into a West Bank Art Center

 

 

 

“Materiale per un film”: sulle tracce di Wael Zuaiter (Parte 1)

 

 

Dettaglio dell’installazione multimediale di Emily Jacir (in questo scatto una fotografia di Wael Zuaiter) attualmente esposta alla Biennale di Venezia del 2007.

Wael Zuaiter (Nablus, 2 gennaio 1934 – Roma, 16 ottobre 1972) è stato un traduttore e politico palestinese con cittadinanza giordana.  

Fu la prima vittima in Europa di una serie di omicidi di artisti, intellettuali e diplomatici palestinesi perpetrati da agenti israeliani, già in corso in Medio Oriente. Zuaiter fu ucciso a colpi di arma da fuoco da 12 proiettili fuori dal suo appartamento in Piazza Annibaliano, a Roma, il 16 ottobre 1972.

Nel 1979, la compagna di Zuaiter per otto anni, l’artista nata a Sydney Janet Venn-Brown, pubblicò ” For a Palestinian: A Memorial to Wael Zuaiter “.

Un capitolo, intitolato “Material for a film” di Elio Petri e Ugo Pirro, è composto da una serie di interviste condotte con le persone che hanno fatto parte della vita di Zuaiter in Italia, tra cui la stessa Venn-Brown. Avrebbero dovuto realizzare un film, ma Petri morì poco dopo e il film non fu mai realizzato. Questo capitolo è stato il punto di partenza del mio progetto.

 

SEGUE NEL LINK: 
https://electronicintifada.net/content/material-film-retracing-wael-zuaiter-part-1/7054

 

 

 

“Materiale per un film”: una performance (Parte 2)

https://electronicintifada.net/content/material-film-performance-part-2/7053

 

 

Uno dei 13 proiettili sparati a Wael Zuaiter colpì il secondo volume delle Mille e una notte, che Zuaiter portava con sé quando fu assassinato dal Mossad israeliano a Roma, in Italia, il 16 ottobre 1972.

Zuaiter concluse un articolo scritto due o tre settimane prima per il quotidiano L’Espresso citando il mistico inglese Francis Thompson:

“Che non puoi muovere un fiore
senza turbare una stella”

Il sogno di Zuaiter era tradurre Le mille e una notte direttamente dall’arabo all’italiano. Lavorava a questo progetto fin dal suo arrivo in Italia nel 1962. Ad oggi non esiste una traduzione italiana dall’arabo; tutte le traduzioni italiane provengono da altre traduzioni.

 

L’artista Emily Jacir spara a 1.000 libri bianchi in un poligono di tiro a Sydney, in Australia. Jacir ha sparato ai libri con una pistola calibro .22, la stessa usata dagli agenti del Mossad israeliano quando hanno assassinato Zuaiter.

 

 

 

Parte dell’installazione e performance di Emily Jacir alla Biennale di Sydney del 2006. L’opera di Jacir comprendeva 1.000 libri bianchi, fotografati dall’artista , tecnica mista e 67 stampe fotografiche.

 

 

 

 

un’altra immagine dell’installazione di Emily Jacir

da :

FINESTRE SULL’ARTE
https://www.finestresullarte.info/opinioni/koons-hirst-murakami-kaws-jr-cinque-superstar-che-non-convincono-piu

 

 

WAEL ZUAITER

Wael Zuaiter, Fatah e le ragioni della Palestina: una cartolina dagli anni ’70

FOTO DA IL MANIFESTO

Wael Zuaiter, Fatah e le ragioni della Palestina: una cartolina dagli anni ’70

 

 

 

 

 

Dina Mattar, Images from Gaza (2005; disegno su fotografia, acrilico su carta, 17 X 11 cm)

 

 

EMILY JACIR

 

 

 

 

Emily Jacir, Memorial to 418 Palestinian Villages Which Were Destroyed, Depopulated, and Occupied by Israel in 1948 ( Paesi della Palestina distrutti, sfollati,e occupati da Israele nel 1948-
Una tenda per rifugiati dove sono cuciti i nomi di tutti gli «scomparsi». Un monumento vulnerabile, un testamento di una tragedia che evoca – data la leggerezza del suo materiale – anche la fragilità e gli strappi possibili della memoria. ( da: Il Manifesto )

Emily Jacir, tra le voci più significative dell’arte contemporanea palestinese, utilizza invece media diversi per indagare i movimenti personali e collettivi nello spazio e nel tempo. 

 

 

IMMAGINE E DATI DA ARTE.IT

 

 

HAIG AIVAZIAN -Beirut, Libano, 1980

Haig approfondisce i modi in cui il potere radica, influenza e muove persone, oggetti, animali, paesaggi e architettura. Esplora i dispositivi di controllo e sovranità nello sport, nei musei, in ufficio, nella musica e in qualsiasi altro luogo in cui possano essere impiegati.

SEGUE NEL LINK SOTTO LA FOTO

 

Haig Aivazian | Prince Claus Fund

https://princeclausfund.nl/people/haig-aivazian

 

 

VIDEO::  12 minuti

Haig Aivazian – Video Sound Art XI edizione – Rythmòs

Video Sound Art Festival

in inglese, si vedono i lavori oltre a lui che parla–

https://www.google.com/search?q=Haig+Aivazian+(1980)%3F&oq=Haig+Aivazian%C2%A0(1980)%3F&gs_lcrp=EgZjaHJvbWUyBggAEEUYOTIHCAEQIRigATIHCAIQIRigATIHCAMQIRigATIHCAQQIRigAdIBCDI4MzRqMGo3qAIAsAIA&sourceid=chrome&ie=UTF-8#fpstate=ive&vld=cid:ed77c5a2,vid:OBnDRMP7S44,st:0

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frontezero/ link sotto 6 novembre 2025 –Ilan Pappé: ” Ecco come avverrà la fine di Israele ” – video, 32.07 – traduzione dell’intervista, penso, sia di ” fronte zero ” + intervista originale + il libro

 

 

In questa estratto dell’intervista con Chris Hedges, lo storico israeliano Ilan Pappé analizza le dinamiche politiche, sociali e militari che potrebbero condurre Israele verso una profonda crisi e disgregazione interna. Dallo Stato di Giudea alla guerra a Gaza, dalle tensioni religiose alla crisi dell’IDF, Pappé spiega perché il progetto sionista sta raggiungendo il suo limite storico e come potrebbe nascere una nuova realtà in Medio Oriente.

 

*** video originale 🎞   • Is Israel ‘On the Brink? ( vale vederlo per chi sa l’inglese )

 

 

 

 

L’ULTIMO LIBRO DI ILAN PAPPE’ – LA FINE D’ISRALE

– ottobre 2025, se volete, nel link:

 

ILAN PAPPE’ -La fine d’Israele– Nazzareno Mataldi ( Traduttore ) — Fazi, 2025–+ Il collasso è inevitabile, la transizione violenta no–  in anteprima, estratto, IL MANIFESTO  7 ottobre 2025; + Michele Giorgio, intervista a Ilan Pappé- IL MANIFESTO 12 ottobre 2025

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14,41 minuti :: video ::: YAKUTSK : UN VIAGGIO VELOCISSIMO NELLA GRANDE SIBERIA RUSSA…–dopo le cartine –attenzione : — 50 gradi ! + altro

 

 

 

 

Risultati immagini per siberia cartina

 

 

 

Britannica 

 

 

Yakutsk, è una città della Russia situata nel nord-est della Siberia. È il capoluogo della Repubblica Autonoma della Sacha-Jacuzia e la sua maggiore città con 326 766 abitanti (2024); è inoltre il maggiore porto sul fiume Lena. È la città più popolosa al mondo ad essere costruita interamente sul permafrost, il suolo perennemente ghiacciato, nonché una delle località più fredde del Pianeta. Per tale ragione, le case sono edificate su palafitte per evitare che il calore degli edifici sciolga il terreno sottostante, con conseguenti problemi strutturali, e le tubature ed i cavi elettrici sono tutti esterni e coibentati per evitare il congelamento. Infatti nel folklore russo, è spesso chiamata “città sulle gambe di pollo”, per i sostegni esterni profondi circa 6 metri su cui sono basati gli edifici. É la città più antica della parte nord-orientale della Russia asiatica. Ha 261 anni più di Novosibirsk e 29 anni più di Irkutsk.

La repubblica che fa capo alla città di Jakutsk è immensa e poco popolosa (densità di 2 abitanti per chilometro quadrato) e fonda la propria economia sullo sfuttamento delle numerose miniere di metalli e sull’estrazione di petrolio, carbone e gas naturale.
Nelle zone più remote l’unica risorsa è l’allevamento della renna e la produzione di legname ricavato dalle foreste.
Il clima è continentale freddo con inverni lunghi e rigidissimi ed estate brevi, fresche e piovose.

 

 

Yakutsk Oblast - Wikipedia

oblast di Yakutsk

 

 

 

Yakutsk, in Siberia, è il posto più freddo del mondo

 

Risultati immagini per yakutsk

Yakutsk

 

 

Intorno al 1730 la regione di Jakutks venne assorbita dallo Stato russo.

Dalla metà del XVII secolo, il governo dell’Impero russo scelse la Jakuzia come luogo adatto all’esilio dei rivoluzionari, poiché era considerata “una prigione senza sbarre” a causa del suo clima rigido. A Jakutsk furono esiliati i rappresentanti di tre generazioni di rivoluzionari russi, dai Decabristi ai Marxisti-Leninisti, e alcuni dei loro discendenti vivono ancora oggi a Jakutsk.

 

 

 

An industrial chimney emits vapor into the sky at night in Yakutsk

il fumo di una fabbrica nella fine del giorno a Yakusk+

 

 

La vita economica di Jakutsk decollò grazie allo sviluppo industriale della Jakutia nei secoli XIX-XX, in particolare dopo l’estrazione dell’oro lungo il fiume Vitim, affluente di destra della Lena, ed i suoi emissari e grazie allo sfruttamento delle ingenti miniere di carbone. A dare un forte impulso alla crescita economica della regione furono membri di gruppi religiosi, esiliati in Jakuzia nella seconda metà del XIX secolo. Skoptsi, dukhobor e vecchi credenti iniziarono a coltivare grano, avena e patate, stimolando la crescita della produzione agricola. Il commercio di pellicce stabilì relazioni merce-denaro, che si svilupparono nel settimo decennio del XVIII secolo, dopo l’abolizione della tassa sul commercio di pellicce.

 

 

 

FAUNA

Nei bacini idrici e lacustri adiacenti e interni all’area urbana sono presenti circa 50 specie di pesci, principalmente salmoni e cisco. La Jacuzia è anche nota per essere un sito di nidificazione di massa per oltre 250 specie di uccelli, tra cui uccelli rari come il gabbiano di Ross, la gru bianca e nera, i chiurli minori e i girifalchi, inseriti nel Libro Rosso Internazionale.

 

Gabbiano di Ross - eBird

GABBIANO DI ROSS

da: https://ebird.org/species/rosgul?siteLanguage=it

 

 

se  aprite, vedete un gabbiano di Ross adulto in volo

https://ebird.org/species/rosgul?siteLanguage=it

 

 

 

 

 

La gru siberiana bianca e nera : uno spettacolo !

 

 

CHINA-ANIMAL-CRANESche foto! questa e quella sotto- da :
https://www.gettyimages.it/search/2/image?phrase=gru+bianca+della+siberia

 

 

Nanchang Five-star White Crane Reserve

 

 

 

IL GIRIFALCO

 

Gyrfalcon posing

il girifalco che guarda incuriosito qualcosa di nuovo successo vicino a lui

 

 

 

Eagle landing on a branch, Indonesia

questo, però, non è siberiano ma dell’Indonesia

 

 

YAKUTSK

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La banca russo- asiatica della fine Ottocento
Унаров Максим владимирович – Fotografia autoprodotta

https://it.wikipedia.org/wiki/Jakutsk#/media/File:RusAsian_bank_Yakutsk.jpg

 

 

RUSSIA-ENVIRONMENT-CLIMATE-PERMAFROST

il permafrost – ghiaccio perenne

 

 

 

Orthodox Cathedral of the Transfiguration of Jesus Christ, Yakutsk, Sakha Republic (Yakutia), Russia, Eurasia

La chiesa della Trasfigurazione di Gesù

 

 

 

RUSSIA-YAKUTSK-DAILY LIFE

Vita quotidiana a Yakutsk  28 marzo 2025

 

 

 

 

Gastronomia

 

La dieta locale, ovviamente, non può essere non condizionata dalle proibitive condizioni climatiche, sia per la scarsità di coltivazioni che per la necessità di approvvigionarsi di molte calorie e sostanze nutrizionali per resistere al freddo estremo. I piatti tipici sulla tavola di Jakutsk includono lo stroganina (pesce crudo congelato tagliato a fette sottili e salato), che viene consumatoviene consumato crudo e tagliato a fette, carne di cervo (venison), salamata (a base di farina di miglio), polpettone e l’insalata tradizionale indigirka di farina di miglio. Il dolce più popolare è il Kourchah, a base di latte di cavalla, ingrediente quest’ultimo che, opportunamente fermentato, rientra anche nella preparazione della bevanda tradizionale: il Kumis. Il tutto accompagnato da grandi frittelle che costituiscono un elemento comune della gastronomia autoctona.

 

 

 

 

Cultura e tradizioni della Sacha-Jacuzia

  LINK DI WIKIVOYAGE

 

La Jacuzia prende il nome dal suo popolo autoctono, il popolo Yakut (in lingua jakuto “sacha” da cui il secondo nome). Gli jakuti sono una popolazione di origine turca, e anche se quasi tutti qui sono ormai cristiani ortodossi, non mancano le vestigia della loro ancestrale religione riconducibile allo sciamanesimo. In parecchie aree della regione si venerano il sole, la luna, il fuoco e molti altri elementi naturali con rituali a dir poco pittoreschi che stanno riscuotendo sempre maggior successo sia tra i turisti interessati a queste antiche religioni che tra molti abitanti del posto che stanno tornando all’antica religione sciamanica formando nuovi gruppi religiosi.

 

*****

 

 

 

Dagli sciamani allo sciamanesimo

CAROCCI, 2018

 

In breve ( Dall’Editore )

Lo sciamanesimo costituisce uno dei temi più controversi del panorama religioso contemporaneo. Sebbene la sua origine centro-asiatica lo caratterizzi come fenomeno culturalmente e storicamente distante, il termine indica ormai figure, credenze e pratiche dai contorni estremamente fluidi. Ma qual è il legame tra il mondo degli sciamani siberiani e quelle che oggi definiamo esperienze sciamaniche? Il volume ricostruisce la linea di continuità di queste realtà, mostrando come alcune delle più potenti immagini prodotte dalla cultura europea sin dall’età moderna abbiano contribuito a creare una produzione discorsiva che non solo ha delineato i contorni dello sciamanesimo come fondamentale categoria analitica nello studio delle religioni, ma ha dato espressione alle istanze innovative della spiritualità contemporanea, fornendo uno strumento per confrontarsi ancora oggi con le religioni dei popoli extra-europei.

 

 

 

 

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video, 6 min. ca — Silly Symphony – Egyptian Melodies– ” Sinfonie Allegre ” –1931 -Regista: Wilfred Jackson — Musica composta da: Frank Churchill + The Haunted House, 1929 Disney – di Ub Iwerks, musica di Carl Stalling- remastered

 

 

la prima parte fa veramente paura.

 

Melodie Egiziane, Disney 1931

 

 

 

Il mistero della Sfinge è un film del 1931 diretto da Wilfred Jackson. È un cortometraggio d’animazione della serie Sinfonie allegre, distribuito negli Stati Uniti dalla Columbia Pictures il 27 agosto 1931. È stato distribuito in DVD col titolo Melodie egiziane

 

 

 

 

THE HAUNTED HOUSE ( = la casa infestata.. dagli spettri ) — TOPOLINO E GLI SPETTRI- DISNEY– 1929
di Ub Iwerks


Music by Carl Stalling– HD remastered

video, 6 min. ca

 

quanta voglia di giocare hanno gli spettri..

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22 -01-2023 — Donatella D’Imporzano racconta suo fratello :::: FRANCO D’IMPORZANO, IL 19 NOVEMBRE 2017 COMMEMORA, A NOME DELL’ANPI, I MARTIRI DI POGGIO UCCISI DAI NAZISTI NELL’AUTUNNO DEL 1944 –

 

 

 

 

 

 

 

POGGIO DI SANREMO (Frazione)

POGGIO AGLI INIZI DEL SECOLO- 1908

 

 

 

 

 

 

 

Festa religiosa al Santuario della Madonna della Guardia, 1910

 

 

 

 

 

 

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Poggio ai giorni nostri –

 

 

 

 

 

 

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FRANCO D’IMPORZANO, Consigliere del Direttivo della Sezione della sezione ANPI “G. Cristiano Pesavento”

 

 

 

La preghiera del ribelle letta da Franco D'Imporzano - YouTube

FRANCO D’IMPORZANO, nato a Sanremo nel 1940 – morto nell’aprile 2019—
In questa foto  ( abbiamo pubblicato il video ), Franco celebra il 25 aprile dell’anno precedente la sua morte, si vede però che è già malato..

 

 

 

 

 

Trascrivo un pezzo della commemorazione che ha fatto mio fratello Franco, a nome dell’ ANPI, dei Martiri di Poggio il 19 novembre 2017. E’ un pezzo di storia di Sanremo, che non abbiamo conosciuto direttamente ( per fortuna). Siamo a Poggio, nell’autunno del 1944, dove i miei genitori, mio fratello ed io piccolissima eravamo sfollati.

“… la situazione era piena di tensione, di ansia continua. I bandi di Graziani, che venivano appiccicati ai muri dallo stesso factotum addetto a ” battere la grida”, a fare il netturbino e a chissà quali altre mansioni, aveva convinto anche i più titubanti fra i giovani a raggiungere i loro compagni sulle montagne. I partigiani che gravitavano nei dintorni erano molti, ma la parola ” partigiani” nessuno, in particolare i bambini, la potevano pronunciare in pubblico. Se proprio scappava di farne cenno, bisognava chiamarli ” ribelli”.

Non dimentico i generi alimentari e di prima necessità razionati; certi avvisi tam-tam di rastrellamenti che costringevano gli uomini validi a lasciare casa e a fuggire nel pieno della notte per recarsi nei boschi; l’aereo ricognitore, Pippo o Pippetto che fosse, che di notte sorvolava la regione, ronzando misterioso e ossessionante; spari notturni; fame della gente; donne che, armate di damigiane, scendevano in città a prendere l’acqua del mare per potersi fabbricare il sale; il campo sportivo, allora detto ” del Littorio  “, che si vedeva in lontananza, spesso brulicante di moto, carri, sidecar e attorno un formicolio di uomini… alcuni militari che transitavano a gruppi di due, silenziosi, recando sulla schiena, a mo’ di zaini, certe grosse bobine di fili o cavetti destinati alla riparazione di linee telefoniche e telegrafiche saltate. A poco a poco i tedeschi diventarono feroci.

Si sentiva la gente mormorare:

” Hanno ucciso un uomo lì… hanno fatto un rastrellamento là… nel tale paese hanno massacrato donne, uomini e bambini… persino un prete!… nel centro di Sanremo, tra la farmacia Donzella e l’edicola della Scassa hanno fatto un rastrellamento grandissimo… alcuni uomini sono fuggiti sul campanile di San Siro, altri si sono nascosti al fondo della galleria, dietro ad alcune vecchiette. I tanti che sono rimasti sono stati caricati su un camion, a Upega un capo dei ribelli ferito in battaglia si è sparato per non cadere vivo nelle mani di quei brutessi… gli americani hanno bombardato Sanremo vecchia, un mucchio di persone sono rimaste sotto le macerie! “.

Si arrivò alla mattina del 20 ottobre 1944. Dopo un paio di bordate andate a vuoto, una nave francese riuscì a colpire il mercato dei fiori, dentro il quale c’erano circa cinquanta siluri tedeschi di nuovo modello, depositati giorni prima dai nostri ” camerati” germanici. Al bombardamento assistetti da un punto panoramico privilegiato. Avevo attorno una folla di donne piangenti e piansi anch’io nel vedere quel tremendo cinemascope di fuoco, fumo, cannonate e spezzoni incendiati che saltavano per ogni dove.

Altra notizia terribile: fucilato nei pressi di Oneglia, dopo torture, il conosciutissimo sarto sanremasco Pippo Anselmi, antifascista da sempre, organizzatore delle prime ” bande”. Si sentì anche mormorare:” Un generale inglese, no, americano, ha mandato a dire ai ribelli di smobilitare, di andare a trascorrere l’inverno a casa, ma i nostri gli hanno risposto di andare a prendersela…”.

” 24 novembre 1944. Altra mattinata di sole. Io sto giocando all’aperto, sul selciato della piazzetta del Dopolavoro, svogliatamente, perché, a differenza delle altre mattine, sono solo. Sento il rumore di un motore avvicinarsi. Mi affaccio dal parapetto e vedo arrivare un camion che arranca lentamente. L’automezzo entra nella stretta via che conduce alla piazza di Poggio ed sparisce al mio sguardo.
Dopo alcuni minuti rompe il silenzio un interminabile crepitio di mitraglia. Non faccio a tempo ad arrivare da mia mamma che si vede poco distante una spessa nube di fumo. In giro si sente un coro di urla e pianti. Si saprà poco dopo che i tedeschi hanno voluto, con quel gesto, vendicare l’uccisione di un loro commilitone, freddato pochi giorni prima non da un partigiano, ma da uno sbandato ubriaco. Questi, entrato nell’osteria della piazza, aveva compiuto la tragica bravata di sparare alle spalle del militare che stava giocando a carte o a bere. L’ucciso non apparteneva alle SS : era un graduato che non aveva mai mostrato crudeltà alcuna, addirittura ben voluto da tutti.

La popolazione organizzò subito un funerale solenne, sperando di scongiurare la rappresaglia. Ma il comando tedesco, aiutato dai fascisti, prelevati dei prigionieri da Villa Oberg o dal Castello Devachan, la rappresaglia la mise in atto. Gli assassini, dopo avere ucciso i dieci giovani prigionieri, diedero fuoco all’osteria dove tutto aveva avuto inizio; poi, entrati nell’alloggio dal cui balcone una donna aveva gridato qualche parola ad uno dei condannati, chiamandolo per nome, distrussero e incendiarono tutto quanto trovarono, senza dimenticarsi, prima di risalire sul camion e ripartire, di ordinare che nessun abitante di Poggio si azzardasse a toccare i cadaveri sanguinanti.

Gli incendi vennero domati, la piazza rimase devastata per un bel pezzo, con i buchi lasciati dalle pallottole ben visibili su una saracinesca e un muro. I corpi, dopo un giorno o due, vennero furtivamente non sepolti ma interrati provvisoriamente in un terreno vicino, ciascuno con attaccato a un piede un cartellino con le generalità. Tutto ciò fu organizzato dalle donne, guidate dal necroforo del paese.”

” Se vado con la memoria alle convulse e frenetiche giornate della Liberazione rivedo biancheggiare molte lenzuola dai terrazzi e da davanzali, mentre un aereo sorvola a bassa quota l’abitato. Rivedo uno stuolo di donne, le sfollate in prima fila, intente ad aiutare i gestori del Dopolavoro nella preparazione di un grande pranzo di festa. Vi era stato invitato, assieme ai più poveri del paese, un ragazzo sempliciotto, che nell’esprimere il suo grazie, eseguì un impeccabile saluto romano. Fu redarguito all’istante da un baffuto e barbuto comandante dalla cintura carica di bombe a mano: ” Fìu, da ancòi u se salùa cuscì, cu-u pùgnu serràu” ( Figliolo, da oggi si saluta così, con il pugno chiuso).

Cominciò allora la carriera della canzone “Fischia il vento” composta dal nostro Felice Cascione, finalmente cantata in pubblico da tutti e non soltanto dai pochi in montagna. Era intercalata, nel giubilo di quei momenti, tra una bevuta e l’altra, tra un ballo e l’altro, da ritmi americani fino ad un mese prima proibitissimi.

Avvenne il disseppellimento di quei poveri corpi martoriati, il loro funerale e, una volta contattati i parenti, la sepoltura definitiva nei paesi d’origine.
A distanza d’anni, mentre ancora ci commuove il ricordo di quei morti troppo spesso dimenticati, mi viene in mente una poesia di Marco Tobino, scritta come incipit al suo libro ” Il clandestino” ( Mondadori 1962) :

 

 

Fu un amore, amici,
che doveva finire;
credemmo che gli uomini fossero santi,
i cattivi uccisi da noi,
credemmo che diventasse tutta festa e perdono,
le piante stormissero fanfare di verde,
la morte premio che brulla
come sul petto del bambino
la medaglia alle scuole elementari.
Con pena, con lunga ritrosia,
ci ricredemmo.
Rimane in noi il giglio di quell’amore.

 

 

Mi sembra giusto ricordare, nome per nome, quei giovani torturati e uccisi dai nazi-fascisti, nostri ideali figli e nipoti:

Domenico Basso ( Vincenzo ) di Rocchetta Nervina (Imperia)
Giuseppe Castiglione ( Beppe) di Centuripe ( Enna )
Pietro Catalano- Ventimiglia ( Imperia)
Giovanni Ceriolo (Dino)- Bussana- Sanremo (Imperia)
Pietro Famiano ( Piero)- Sant’Agata (Imperia)
Michele Ferrara ( Magnin)- Pigna ( Imperia)
Aldo Limon- Olivetta San Michele ( Imperia)
Giobatta Littardi ( Giovanni)- Pigna ( Imperia)
Paolo Selmi ( Biancon)- Genova
Ignoto

 

 

 

 

San Giacomo e San Bartolomeo
https://it.wikiloc.com/

 

 

Al ritorno dall’avere trucidato a Poggio quei dieci giovani, i nazifascisti si fermarono in località San Giacomo

 

chiesa di San Giacomo

 

e ne assassinarono davanti alla chiesa altri tre:

Marco Carabalona
Filippo Basso
Stefano Boero
Tutti e tre erano contadini di Rocchetta Nervina.

 

Poco prima della Liberazione, il 22 aprile 1945, veniva fucilato il patriota milanese Gualtiero Zanderighi ( tenore).
Poggio di Sanremo ha avuto un’altra giovane vittima, Andrea Grossi Bianchi.

 

 

 

 

 

 

 

una cartina dove si possono vedere alcuni posti citati, per esempio : POGGIO– per chi mai volesse..

da : 
https://mappedelmondo.com/europa/italia/liguria/sanremo#google_vignette

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Zbigniew Herbert ::: Alcune poesie dal ” Rapporto dalla città assediata “- Adelphi – da : *** PAOLO GIRONI   2004-2005 / link sotto- i nostri ringraziamenti al bellissimo ” semplice taccuino “. + notizie sul poeta in fondo + Facebook/ link di Beata Elżbieta Lechnio

 

 

 

Copertina del volume: Rapporto dalla Città assediata

 

 

Zbigniew Herbert

Rapporto dalla Città assediata

A cura di Pietro Marchesani

Biblioteca Adelphi, 267
1993,
3ª ediz.,
pp. 269

IN COPERTINA
Alfeo. Illustrazione tratta da Jacobus Gronovius,
Thesaurus Graecorum Antiquitatum, vol. II,
Lugduni Batavorum, 1698.
SINOSSI

 

La crudele Natura, scrive Brodskij nella appassionata Lettera al lettore italiano che apre questo libro, «con un minimo intervallo di tempo ha affibbiato alla Polonia non solo Czesław Miłosz ma anche Zbigniew Herbert. Che cosa ha cercato di fare, che cosa aveva in mente? Preparare la nazione al suo fosco avvenire, in modo che i polacchi potessero reggerlo?». Di fatto, la compresenza di due poeti di tale altezza – un’altezza dove «non c’è più gerarchia» – in una terra devastata sembra accennare a qualcosa. Lo scoprirà il lettore italiano, incontrando in queste pagine per la prima volta l’essenziale dell’opera di Herbert. Ma che specie di poeta è Herbert? Nessuno può rispondere meglio di come ha fatto Brodskij nella sua introduzione:
«È un poeta di straordinaria economia. Nei suoi versi non c’è niente di retorico o di esortativo, il loro tessuto è quanto mai funzionale: è brusco piuttosto che “ricco”. La mia impressione complessiva delle sue poesie è sempre stata quella di una nitida figura geometrica (un triangolo? un romboide? un trapezio?) incuneata a forza nella gelatina della mia materia cerebrale. Più che ricordare i suoi versi, il lettore se li ritrova marchiati nella mente con la loro glaciale lucidità. Né gli succederà di recitarli: le cadenze del tuo linguaggio cedono, semplicemente, al timbro piano, quasi neutro, di Herbert, alla tonalità della sua discrezione».

 

 

 

 

SEGUE DA   ::

 

PAOLO GIRONI   2004-2005/ LINK

Un semplice taccuino, una raccolta dei versi che ho incontrato e, non volendo perdere, ho trascritto.
Ho finito il mio vecchio quaderno con la copertina verde e nera. Continuo qua.

 

 

 

Zbigniew Herbert

 

Il Signor Cogito medita sulla sofferenza

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

 

Tutti i tentativi di allontanare
il cosiddetto calice amaro —
con la riflessione
l’impegno frenetico a favore dei gatti randagi
gli esercizi di respirazione
la religione —
sono falliti

bisogna accettare
chinare mitemente il capo
non torcersi le mani
ricorrere alla sofferenza con misura e dolcezza
come a una protesi
senza falso pudore
ma anche senza inutile orgoglio

non sventolare il moncherino
sulle teste degli altri
non picchiare col bastone bianco
alle finestre dei sazi

bere l’estratto d’erbe amare
ma non fino in fondo
lasciarne avvedutamente
qualche sorso per l’avvenire

accettare
ma al tempo stesso
distinguere dentro di sé
e possibilmente
trasformare la materia della sofferenza
in qualcosa o qualcuno

giocare
con essa
ovviamente
giocarci

scherzare con essa
con grande cautela
come con un bambino malato
per strappare alla fine
con sciocchi giochetti
un esile
sorriso

 

*****

 

La nostra paura

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

La nostra paura
non porta camicia da notte
non ha occhi di civetta
non solleva il coperchio della bara
non spegne la candela

non ha neppure la faccia d’un morto

la nostra paura
è un biglietto
trovato in tasca
“avvertire Wójcik
il nascondiglio di via Dluga scotta”

la nostra paura
non vola sulle ali della tempesta
non si posa sulla torre d’una chiesa
è terraterra

ha la forma d’un fagotto
avvoltolato in fretta
con indumenti caldi
provviste
e un’arma

la nostra paura
non ha il viso d’un morto
i morti per noi sono benevoli

li portiamo sulle spalle
dormiamo sotto la stessa coperta
chiudiamo loro gli occhi
gli aggiustiamo la bocca

 

 

***********

 

 

Il ciottolo

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

Il ciottolo è una creatura
perfetta

uguale a se stesso
attento ai propri confini

esattamente ripieno
di senso pietroso

con un odore che non ricorda nulla
non spaventa nulla non suscita desideri

il suo ardore e la sua freddezza
sono giusti e pieni di dignità

provo un grave rimorso
quando lo tengo nel palmo
e un falso calore
ne pervade il nobile corpo

– I ciottoli non si lasciano addomesticare
fino alla fine ci guarderanno
con un occhio calmo e molto chiaro.

 

**************

 

 

Due gocce

da Rapporto dalla città assediata (Adelphi)

 

I boschi bruciavano –
e loro
s’intrecciavano le mani intorno al collo
come mazzi di rose

la gente correva nei rifugi –
lui diceva mia moglie ha capelli
in cui ci si può nascondere

avvolti nella stessa coperta
sussurravano parole prive di vergogna
litania d’innamorati

Quando il pericolo era grande
si saltavano negli occhi
chiudendoli forte

così forte da non sentire il fuoco
che gli arrivava alle ciglia

fino alla fine coraggiosi
fino alla fine fedeli
fino alla fine somiglianti
come due gocce
sospese sull’orlo d’un viso.

 

 

 

Zbigniew Herbert - Wikipedia

(Leopoli29 ottobre 1924 – Varsavia28 giugno 1998)

è stato un poetasaggista e drammaturgo polacco e uno degli autori europei più noti del Novecento. Legato da legami di parentela con il poetapastore e oratore inglese George Herbert durante la seconda guerra mondiale prese parte alla Resistenza contro i nazisti invasori, arruolandosi nell’Armia Krajowa. Come autore, esordì nel 1950 e la sua opera più nota è forse Pan Cogito (Il signor Cogito), opera che ha saputo incarnare lo spirito della nuova e della vecchia Letteratura europea. Dal 1986 al 1992 visse a Parigi, collaborando con il giornale Zeszyty Literackie, poi tornò in Polonia, dalla quale si era allontanato per motivi politici. Nel 2007 è stato deciso di celebrarne l’opera nel 2008, in occasione del decennale della morte, con l’Anno di Zbigniew Herbert.

Di origini inglesi, come indica il cognome, era figlio di Bolesław Herbert, fante nelle Legiony Polskie nella prima guerra mondiale per la difesa di Leopoli (oggi Ucraina), avvocato e manager di banca, e di Maria Kaniaków.

Nacque nel 1924 e studiò regolarmente anche dopo l’invasione tedesca della Polonia (1939) – con la quale scoppiò la seconda guerra mondiale. In quel periodo, entrò in contatto con l’Armia Krajowa (AK), venendo impiegato come alimentatore di pidocchi nella produzione di vaccini presso l’istituto diretto da Rudolf Weigl e, successivamente, studiò filologia presso un’università clandestina.

Nel 1944, prima della seconda invasione di Leopoli da parte dell’Armata Rossa, si dovette trasferire a Cracovia e, successivamente, nella vicina Proszowice, dove rimase sino al gennaio 1945. In quei due anni, Herbert si dedicò allo studio dell’economia prima all’Università Jagellonica, poi presso l’Accademia di Belle Arti. Fu questo il periodo di maggiore collaborazione con l’AK. La guerra terminò nel 1945 e, sebbene si fosse dissolta la minaccia nazista, la storia della Polonia continuò ad essere – almeno sino al 1956 – tormentata.

Nel 1947, dopo tre anni di studi a Toruń, nel voivodato della Cuiavia-Pomerania, si laureò in legge, frequentando nello stesso tempo il corso di filosofia di Henryk Elzenberg. Nel 1948 si trasferì a Sopot, non molto lontano da Danzica, raggiungendo i genitori, che erano lì dal 1946.

SEGUE NEL LINK DI WIKIPEDIA

 

 

*********

 

 

 

dal link Facebook subito sotto::

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

FOTO E TESTO DAL FACEBOOK DI:

Post di Beata Elżbieta Lechnio– che ringraziamo  molto. 

TRADUZIONE DAL POLACCO DI GOOGLE

 

Zbigniew Herbert sulle sue poesie.

“Ho iniziato a scrivere abbastanza presto, ma per molto tempo ho trattato la scrittura come una questione unicamente personale. Ho fatto il mio debutto nel 1956 a 32 anni. Nel mio caso, non sono solo io, ma le circostanze hanno deciso che scrivo poesie da molti anni. Prima di tutto, la guerra. L’unicità di ciò che mi stava accadendo intorno, il senso dell’orrore e il pathos della storia mi hanno costretto a scrivere un possibile breve disco di riflessione. Ho iniziato a scrivere prosa. Dopo l’occupazione delle mie esperienze di guerriglia-cospirazione, ho scritto un ciclo, che ho chiamato “Non bruciare”. È stata una resa dei conti amara del passato. Posso soffrire, lottare per un ordine morale migliore con l’aiuto della cosa divertente di scrivere poesie – cerco di difendere cose che ritengo importanti. So abbastanza velocemente se una delle mie poesie ha successo o non ha successo di mio gradimento. Per scrivere qualcosa, devo prima leggere me stesso e poi guardare. Quando mi alzo la mattina non penso: oggi devo incidere una poesia. Deve essere un processo naturale, derivante da una necessità interna. Nel momento in cui ho finito e sono arrivato alla mia forma migliore, non mi interessa più la canzone. D’altra parte mi obbliga a non scrivere peggio. Non mi sento come se avessi realizzato nulla… Trovo sempre nei miei testi alcune possibilità di miglioramento, e soprattutto di riduzione. La poesia deve essere magra, ascetica. Non parlo mai dei piani possibili. Mi piace parlare solo di finito e pronto”.

Estratti della dichiarazione di Herbert sulla scrittura di poesie che ho preso dal libro – “Herbert. Conversazioni sconosciute

Credito fotografico: AZH e archivi domestici

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Vi illustriamo la Cascina Cuccagna, nella speranza che stando a Milano, possiate frequentarla.. è nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta Romana, attiva dal 1695 ( video in fondo sulla sua storia di 6 min.ca ), riaperta al pubblico nel 2012

 

 

 

VIA CUCCAGNA 2/4  ANGOLO VIA MURATORI

 

 

 

 

segue da :
Cascina Cuccagna

 

 

Servizi - Cascina Cuccagna

https://www.cuccagna.org/servizi/

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

 

Un posto a Milano

 

https://www.unpostoamilano.it/

 

 

LAVORA CON NOI

 

 

 

 

 

sala ristorante

 

ALTRO:

PANETTONE E VENEZIANA DELLO CHEF

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Sono già pronti il Panettone e la Veneziana dello Chef Nicola Cavallaro! È possibile assaggiarli da noi in cascina oppure acquistarli intero, da degustare a casa e da regalare per le feste.

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NOVEMBRE 2025 @ CUCCAGNA JAZZ CLUB

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Il Rito del Jazz a ottobre: ogni martedì doppio concerto Jazz in salone, alle 19:30 e alle 21:30. L’ingresso è libero! Programma a cura di Musicamorfosi.

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A CENA: LA TAVOLATA BESTIALE

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Ogni seconda domenica del mese, una cena conviviale per conoscere nuove persone e chiacchierare davanti a un buon piatto. Il vino per brindare lo offriamo noi!

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Sportello lavoro

 

Presidio Lavoro presso gli spazi del Vivaio La Botanica Macramè: uno sportello per chi cerca lavoro, uno spazio per chi vuole offrire opportunità.

ORARI: lunedì e martedì, su appuntamento

 

 

 

 

 

 

Il Mercato Agricolo della Cuccagna

 

ORARI: ogni martedì dalle h 15:30 alle 19:30  –

La spesa sostenibile in cascina

Vivaio – La Botanica Macramè

 

 

In Corte Sud, più di un negozio: è uno spazio dove crescono piante, fiori, persone e relazioni. Piante da interni, fiori stagionali, complementi e arredi, servizi e allestimenti.

ORARI: dal martedì alla domenica, dalle h 10:00 alle 20:00

Orto didattico

 

All’interno del giardino di Cascina Cuccagna, c’è un pezzetto di terra dedicato all’orto didattico comunitario, dove organizziamo laboratori per adulti e bambini su temi dell’orticoltura. Tra le coltivazioni ci sono piante spontanee e autoctone, piante aromatiche tradizionali, piante comuni, autoctone, rare e dimenticate. L’orto è coltivato dal Gruppoverde Cuccagna.

ORARI: sempre visitabile negli orari di apertura della cascina.

Un posto a Milano

Cucina, Bar e Foresteria

In Corte Sud, il nostro bar e ristorante: dal 2012 chef Nicola Cavallaro prepara piatti buoni e genuini con materie prime selezionate da piccole e medie aziende agricole a “Kilometro Vero”. L’ostello offre piccoli e grandi alloggi dove fare sonni tranquilli dal 1695.

 

ORARI: da lunedì a domenica, dalle 9:00 alle 01:00

Il cucinista

All around food

 

In Corte Nord, una scuola di cucina, un laboratorio per catering, una location per eventi food.  Da Il Cucinista è possibile: partecipare a corsi di cucina, organizzare eventi food privati o aziendali, realizzare team cooking e showcooking.

 

Spazi WeMi

Cascina Cuccagna e Monteoliveto

 

 

 

Due nuovi punti di incontro e orientamento nei quali trovare soluzioni di welfare condiviso e partecipato, adatte ai bisogni di tutti: nascono gli spazi di WeMi Cascina Cuccagna e Monteoliveto. Una comunità di operatori e cittadini che condividono conoscenze, esperienze e occasioni per stare insieme.

MILANO INCLUSIVA

Lo Sportello Aiuto Energia negli spazi WeMi Cuccagna

 

 

 

 

 

 

L’obiettivo dello Sportello Aiuto Energia è di intervenire per contrastare la povertà energetica, nell’ottica di intercettare cittadini che, a causa di un problema di povertà energetica, potrebbero cadere al di sotto della soglia di povertà.

video, 6.03

Nel cuore di Milano, nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta Romana, si trova dal 1695 una delle più attive tra le cascine milanesi: la Cascina Cuccagna. La cascina è stata riaperta al pubblico nel 2012, a seguito di un attento restauro conservativo, realizzato e interamente finanziato da un gruppo di associazioni e cooperative sociali. Il progetto per questa cascina è nato grazie all’interesse dimostrato, a partire dal 1998 (quest’anno compie 20 anni!), da parte di un gruppo di cittadini e associazioni che hanno fondato la Cooperativa Cuccagna.

Per saperne di più leggi l’articolo: ok http://www.italiachecambia.org/2018/0…

 

Intervista: Alessandra Profilio e Paolo Cignini

Riprese e Montaggio: Paolo Cignini
Immagini di copertura:    • GOODESIGN / CASCINA CUCCAGNA FUORISALONE 2012   https://vimeo.com/55263369

Sigla: “L’Italia che cambia siamo noi” di Stefano Fucili.

Prossimi Eventi

 

 

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Tiziana Pesce si trova presso Cascina Cuccagna – ore 20.00 ca– 9 novembre 2025 –grazie ! + una bellissima foto di Milano all’alba

 

 

 

 

 

dal Facebook di :

TIZIANA PESCE :::

” Grande donna Licia ”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sempre dal link del Facebook di Tiziana Pesce:

MILANO ALL’ALBA DI OTTOBRE

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante uccello

28 ottobre 2025 alle 8.14

Tiziana Pesce

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da Marco Mauro ( Famiglia Sanremasca) e da Ernesto Porri ( Sanremo Storia ) / link sotto :: una ” foto ” di Sanremo del 1591 che pubblico ” con ardore ” per i tanti amici e non conoscenti esiliati da Sanremo dove c’è il mare e il sole : Donatella, Roberto, Salvatore.. se mai la vedranno.. è bellissima !

 

 

Famija Sanremasca-

https://www.facebook.com/groups/1023879401074361/

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

foto del dott. Marco Mauro, amministratore della Famiglia Sanremasca dal suo Facebook

 

 

scrive Mauro :

questa è l’immagine più antica che abbiamo della Città di Sanremo. Si trova in una pala di pittore ignoto che raffigura la Madonna con il Bambino e Sant’Antonio ed è situata nel Battistero di San Giovanni. La data è del 1591.

 

 

una prima foto– un’altra più in basso

 

 

 

segue:  *** nel link sg.

SANREMO STORIA- DI  ERNESTO PORRI Sanremo storia ( testo e immagini )

https://www.sanremostoria.it/it/la-citta/la-religiosita/chiese-di-rito-cattolico/285-battistero-di-san-govanni-battista.html#prettyPhoto

trovate tante notizie che non avevo mai sentito, per esempio quelle dagli scavi archeologici compiuti tra gli anni ’50 e ’60.

Cito:

” Nel prezioso volumetto “Scavi e scoperte nel Battistero di Sanremo” Rivista Ingauna ed Intemelia si trovano tante notizie e riferimenti che aiutano a fare capire il succedersi delle costruzioni nelle varie epoche
.. Da questa gran mole di tracce ed indizi possiamo affermare che sono oltre duemila anni che l’uomo frequenta e lascia tracce del suo operato in questi 150 metri quadrati di suolo matuziano.

– IV livello — Epoca imperiale romana ”

 

 

 

 

La prima chiesa di Piazza San Siro

Un luogo di culto con oltre duemila anni di storia

 

testo e molte immagini di :

ERNESTO PORRO

 

Battistero di San Giovanni a Sanremo

 

 

 

1895 – Il lato est del Battistero non ancora coperto dall’edificio Piccone

 

 

 

Il “resettu” in fondo alle canoniche

 

 

 

 

Il “resettu” dalla parte del Battistero

 

 

 

Vista da campo lungo

 

 

 

 

 

Quadro sulla parete di destra

 

 

 

 

Veduta di Sanremo sul basso del dipinto del quadro con la Madonna- vedi sotto

 

 

Il quadro sulla parete di sinistra.

 

 

 

Pareti laterali con quadri

 

 

 

La Teca col Cristo Deposto

Una presenza che però non fa parte dell’antichità dell’edificio ma che si nota bene è a Teca col Cristo Deposto scolpito nel legno, di scuola altoatesina, è invece degli anni ’50 del ‘900 e fu acquistata  dal Parroco Pasquale Oddo  in Val Gardena.

 

 

(fonti: testo Ernesto Porri; fonti immagini: archivi personali)

 

 

da : 
https://www.sanremostoria.it/it/la-citta/la-religiosita/chiese-di-rito-cattolico/285-battistero-di-san-govanni-battista.html#prettyPhoto/0/

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Musei di Asti, PAOLO CONTE ORIGINAL–dal 5 Novembre 2025 al 1 marzo 2026–Palazzo Mazzetti- La prima mostra interamente dedicata all’attività pittorica del celebre cantautore astigiano.

 

 

**** Le immagini non sono messe bene, mi scuso.

 

 

Paolo Conte, Supercharleston al piano

Paolo Conte, Supercharleston al piano

 

 

 

ANSA.IT / PIEMONTE / 4 novembre 2025 —

https://www.ansa.it/piemonte/notizie/2025/11/04/apre-domani-ad-asti-la-mostra-dedicata-a-paolo-conte_2687eed8-2faf-42a7-8ac0-bd24c8df3b3b.html

 

 

Apre domani ad Asti la mostra dedicata a Paolo Conte pittore.

 

Paolo Conte, original” a Palazzo Mazzetti con 143 opere

 

 

PAOLO CONTE ORIGINAL - Mostre ed Eventi ai Musei di Asti

 

 

” Paolo Conte, Original ”

Aprirà domani, 5 novembre, a Palazzo Mazzetti ad Asti, la prima grande mostra dedicata al poeta, cantautore e compositore italiano e alla sua espressione artistica nata ancora prima della musica, la pittura, con 143 lavori su carta, eseguiti con tecniche diverse e in un arco di tempo di quasi settant’anni.

Paolo Conte ha coltivato per tutta la vita la passione per l’arte visiva.

Dopo aver  esposto nel 2000 al Barbican Hall di Londra e in diverse città italiane fino al 2007, nel 2023 Paolo Conte è invitato a esporre alla Galli Uffizi. I suoi lavori conducono lo spettatore al centro stesso della sua poetica: elegante, malinconica, jazzata e ironica. In mostra ad Asti, opere mai esposte, tra cui Higginbotham del 1957, a tempera e inchiostro, dedicata a uno dei primi grandi trombonisti jazz.

Altro nucleo importante della mostra è costituito dalla selezione di tavole tratte dalle oltre 1.800 di Razmataz, l’opera interamente scritta, musicata e disegnata da Paolo Conte.

Infine una terza sezione di opere su cartoncino nero in cui Paolo Conte si affida alla suggestione delle linee e dei colori in un omaggio garbato, talvolta venato di ironia, alla musica classica, al jazz, alla letteratura, all’arte. Le opere si susseguono secondo una scelta scrupolosa, espressione del suo universo poetico. E questo non poteva che avvenire sotto la guida stessa del maestro Paolo Conte, con una sola avvertenza: «Lasciare al pubblico la possibilità di immaginare con libertà massima».

 

 

 

Visita le principali piazze della città di Asti

Piazza Alfieri, Asti

La piazza fu realizzata in due tempi differenti: la prima parte nel 1856 e poi nel 1869, al centro si rova il monumento a Vittorio Alfieri  (Asti, 16 gennaio 1749 – Firenze, 8 ottobre 1803)-
Nel primo capitolo della Vita, l’autobiografia di Alfieri, uno dei romanzi più appassionanti del Settecento, si legge “Nella città d’Asti in Piemonte, il dì 17 di gennaio dell’anno 1749, io nacqui di nobili, agiati, ed onesti parenti”, con evidente errore nell’indicazione della data, essendo egli nato il giorno 16 gennaio. Suo padre, il conte Antonio Amedeo, morì quando il piccolo Vittorio non aveva ancora compiuto un anno. Alfieri legò alla città di Asti i ricordi più vividi della propria infanzia: la scoperta dei sentimenti e delle passioni, l’intenso legame con la sorella Giulia, la formazione del proprio carattere malinconico e orgoglioso.

 

segue nel link: https://visit.asti.it/scopri-asti/artecultura/personaggi/vittorio-alfieri/

 

 

Piazza San Secondo

Piazza San Secondo, Asti

entrambe le foto sono del link ::Visit Asti 

 

 

ALTRE IMMAGINI DELLA MOSTRA DI PITTURA E PAOLO CONTE

 

 

Asti omaggia il Paolo Conte pittore, in mostra le sue opere - Notizie - Ansa.it

 

 

 

Fonte: arthemisia.it

 

DUE FOTO SOPRA DA ANSA.IT

 

 

 

 

DA : GLOBALIST

 

 

 

 

Asti omaggia il Paolo Conte pittore, in mostra le sue opere - Notizie - Ansa.it

 

 

 

Asti omaggia il Paolo Conte pittore, in mostra le sue opere - Notizie - Ansa.it

 

DUE FOTO SOPRA DA ANSA.IT

 

 

 

 

 

ROCKOL

 

 

 

E il Paolo Conte pittore sbarca agli Uffizi. Con un boxeur, un'auto e...

FOTO  RAINEWS

 

 

 

paolo conte uffizi

 

Paolo Conte espone 69 disegni agli Uffizi, 50 anni d’arte del Maestro

 

 

 

 

UFFIZI

 

 

 

Blue Tango, Pittura da Etzi | ArtMajeur

ArtMajeur

 

 

 

 

 

 

 

Asti: Paolo Conte Original - Mostre tematiche in Piemonte - Palazzo Mazzetti

Itinerari nell’Arte

 

L’arte grafica di Paolo Conte in mostra agli Uffizi 

 

 

 

 

Paolo Conte, la più grande mostra dedicata al Maestro nella sua Asti

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video, 7 min. ca — “Voces para la Paz” (Músicos Solidarios)- Concierto 17 nocembre 2024 per l’alluvione a Valencia :: MARCHA RADETZKY ( 1848 ) di Johann Strauss Padre— Director: Andrés Salado, – Percusión: Raúl Benavent. *** mai sentita un’edizione così allegra, è una festa per tutti, non una marcia.

 

 

 

La marcia di Radetzky è una marcia militare composta da Johann Strauss padre. Fu composta in onore del maresciallo Josef Radetzky per celebrare la riconquista austriaca di Milano dopo i moti rivoluzionari in Italia del 1848.

 

 

“Voces para la Paz”

http://www.vocesparalapaz.com 

 

 

 

 

Concierto celebrado el 17 de noviembre de 2024 en el Auditorio Nacional de Música de Madrid con la finalidad de recaudar fondos para ayudar de los damnificados de la DANA en Valencia.

Gracias a los conciertos organizados por “Voces para la Paz” desde 1998, se han construido carreras, puentes, escuelas, bibliotecas, dispensarios sanitarios, orfanatos, pozos de agua, sistemas de regadío, etc. en países de África, Asía y América Latina. “Voces para la Paz” La Fuerza de la Música por un Mundo más Justo.

 

 

Provincia di Valencia - Wikipedia

Provincia di Valencia – Wikipedia

 

 

 

The skyline of Valencia, Spain

 

 

Scenic view of Alicante city from day to night

 

 

 

City of Arts and Sciences

L’Hemisfèric è uno degli edifici che fanno parte della Ciutat de les Arts i les Ciències di Valencia, è stato progettato dal grande architetto Santiago Calatrava

 

 

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Peñíscola – Veduta

 

 

 

Spain, Valencian Community, Peniscola, Town with fortified wall by sea

 

 

 

 

Peñíscola  (in valenciano Peníscola, ufficialmente Peñíscola/Peníscola) è un comune spagnolo di 6 149 abitanti situato nella comunità autonoma Valenciana.

In quanto residenza dei papi Benedetto XIII e Clemente VIII, questa località valenzana è stata al centro del cosiddetto Scisma aragonese, conclusosi nel 1429 in seguito agli accordi presi durante il concilio tenutosi a Pavia e a Siena cinque anni prima.

Nel 1956 ha ospitato le riprese del film italo-spagnolo Calabuig ed è anche il sito della famosa “Meereen” ne Il Trono di Spade.

 

 

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Casa de las Conchas ( conchiglie che ricoprono i muri )

 

 

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Il castello dei Templari (detto anche castello di Papa Luna), il Papa dello Scisma d’Occidente che qui risiedette.

 

 

testo e alcune foto da:

WIKIPEDIA PENISCOLA

https://it.wikipedia.org/wiki/Pe%C3%B1%C3%ADscola#

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lucio caracciolo- Limes- Mappa Mundi- 5 novembre—video, 16 min. ca — Tutti contro tutti 1/a parte. Il cambio di regime in America -Presentazione del volume che esce oggi, 8 novembre–2/ parte di Mappamundi con Caracciolo, AL FONDO, video, 17.27 min.

 

 

video, 16 min. ca

 

 

 

Tutti contro tutti

Il sommario del numero 10/25 di Limes, dedicato alla rivoluzione geopolitica globale in corso.

Da sabato 8 novembre in edicola e in libreria
Ora su app
Presto disponibile in eBook su Amazon Bookrepublic

 

 

E’ DIVISO IN DUE PARTI:

Ia– GLI ALTRI PAESI DEL MONDO
2a — L’AMERICA

 

 

Articoli di questo volume

Carta di Laura Canali - 2025

 

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

PER LA CINA LA POTENZA NON È PIÙ TABÙ

Pechino ha ormai una forza sufficiente a contrastare l’antagonismo americano. Non ne fa mistero e non esita a usarla per i propri interessi. I precedenti storici, da Attila agli ottomani. La lezione del Giappone. La pace è inevitabile, ma va aiutata.

Carta di Laura Canali - 2025

 

PECHINO SI ARMA PER NON FARE LA GUERRA

 

Messa alle strette da Washington, la Cina accelera la modernizzazione dell’Epl e punta sulla ‘mutua distruzione assicurata’, prima che sia troppo tardi. L’eredità di Deng e il sogno di Xi. Il vertice con Trump serve, ma non risolverà nulla.

Carta di Laura Canali - 2025

PER MOSCA L’ARTICO È RUSSO

Il progetto del Corridoio di trasporto transartico intende sviluppare regioni polari e orientali, rafforzando la svolta verso est. La Russia ha bisogno di capitali esteri e cooperazione, per ora garantiti da Cina e India. Il problema dello scioglimento del permafrost.

Carta di Laura Canali - 2025

LA CINA METTE LA RUSSIA IN GHIACCIO

Nell’Artico Pechino cerca risorse e rotte verso Occidente, con in mente l’avvicinamento alle coste dell’America e l’immobilizzazione di Mosca. L’importanza del Profondo Nord nella deterrenza nucleare cinese. Xi non lascerà la Corea del Nord a Putin.

Carta di Laura Canali - 2025

LE AFRICHE CHE NON VOGLIONO DIVENTARE GIALLE

La fascinazione africana per la Cina resta profonda ma gli alleati non credono più all’immagine dell’egemone benevolo e disinteressato. Gli esempi di Kenya, Congo ed Etiopia. Perché Pechino deve restare nel continente. E perché non sarà facile.

Carta di Laura Canali - 2025

 

NELLO SPAZIO VINCERÀ LA CINA

La corsa alla Luna vede gli americani in ritardo rispetto ai cinesi. Prevalgono gli immediati interessi privati, mentre Pechino ragiona in termini geopolitici di lungo periodo. La crisi della Nasa. Ciò che accade nel cosmo è il riflesso di quanto avviene sulla Terra.

Carta di Laura Canali - 2025

LO SFASCIO

Rapporto dalla triste Washington. Così i trumpiani si dividono sulla strategia che non c’è. Salvare la nazione è la priorità. Ma come? Riaccentrando l’impero su Panamerica o concentrandolo sulla sfida con la Cina? Come cavarsela senza alleati affidabili.

 

Motel lungo la Historic Route 66 (Foto: Nik Wheeler/Corbis via Getty Images).

ROUTE 66: LA STRADA SMARRITA D’AMERICA

Viaggio sulla via che unisce Est e Ovest. Tra indiani, cowboy, pazzi e mendicanti, degli Usa restano solo i sintomi. Perché Alex, repubblicano texano, è contento che la violenza politica sia diventata la norma. Dopo 2.450 miglia, la California: l’inferno.

 

Carta di Laura Canali - 2021

 

CAMBIO DI REGIME

Negli Usa è in corso una rivoluzione che vuole rifondare la nazione. La tribù trumpiana è in guerra contro i ‘nemici di dentro’, le élite liberal che hanno aperto agli immigrati, svenduto l’industria e favorito la Cina. Per questo i poteri vanno concentrati nella Casa Bianca.

Carta di Laura Canali - 2025

RUSSKIJ URAGAN, SCACCO ALLA NATO

Gli scenari di attacco russo all’Europa nella (fanta)pianificazione di un ipotetico generale. Le opzioni operative, con pro e contro. Le direttrici di penetrazione e gli assetti impiegati. L’incognita Trump. La scelta migliore è non scegliere.

Carta di Laura Canali - 2025

 

COME ATTACCARE LA RUSSIA E PERDERE TUTTO

Un doppio scenario per saggiare la follia degli europei, incapaci di comprendere la guerra e dunque destinati a diventarne vittime. La narrazione bellicista è contraddittoria, quindi seguire i volenterosi potrebbe condurre al disastro. La realtà non è un war game.

 

Carta di Laura Canali - 2024

BERLINO PREPARA LA GUERRA CHE NON PUÒ COMBATTERE

Il conflitto è tornato nella grammatica del potere della Germania, che però resta impreparata ad affrontarlo. La vera incognita non è Mosca, ma Washington. Il consenso al riarmo cela le linee rosse dei tedeschi, tra cui inviolabilità del welfare e indisponibilità al sacrificio.

 

Carta di Laura Canali - 2025

 

LASCIATE LA RUSSIA A NOI NORDICI

L’invasione dell’Ucraina ha ridotto le attività russe nell’Artico. Gli Usa hanno avanzato la linea di contenimento alle Svalbard. E l’Alleanza Atlantica ha guadagnato un blocco nordico. Ma l’inaffidabilità americana impone di ascoltare la cautela di Norvegia e Finlandia.

 

Carta di Laura Canali - 2017

LA SVEZIA SI RIARMA PER NON MORIRE RUSSA

Stoccolma mobilita la società, ricostruisce le Forze armate e torna nell’ex spazio imperiale. Dove Nato e Ue servono per difendersi da Mosca. Scandinavi e Usa i partner fondamentali, Ucraina e baltici le frontiere avanzate. Criminalità e immigrazione le faglie interne.

 

Dettaglio della copertina a cura di Laura Canali

Autori

Gli autori del numero di Limes 10/25, ‘Tutti contro tutti’.

 

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SECONDA PARTE DEL VIDEO DI PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO NUMERO DI LIMES:

 

video, 17.24 min.

Caracciolo a Mappa Mundi: Tutti contro Tutti /2. La rivoluzione mondiale e i piani di Cina e Russia

5 novembre 2025

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Dove va la scuola? Alla guerra– Il libro inchiesta di Antonio Mazzeo + UN’INTERVISTA AD ANTONIO MAZZEO DI OLIVIER TURQUET DI PRESSENZA SULLA LEONARDO E LE GUERRE IN CORSO OGGI- GAZA E ALTRE + altro di novembre

 

 

 

BLOG DI ANTONIO MAZZEO

gennaio 29, 2024
https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2024/01/come-fa-la-leonardo-dire-che-non-e.html

 

 

 

COME FA LA LEONARDO A DIRE CHE NON È IMPLICATA NEI TEATRI DI GUERRA?

 

 L’ospedale Bambin Gesù ha rifiutato una donazione natalizia di Leonardo ritenendola “inopportuna”. La Società ha commentato dicendo “In tutti i teatri di guerra in corso non c’è nessun sistema offensivo di nostra produzione” (La Repubblica, 12 gennaio 2024).

 

Abbiamo fatto su questo alcune domande a Antonio Mazzeo, giornalista pacifista specializzato in questioni militari ed editorialista di “Pressenza”.

 

Antonio, sulla base di cosa Leonardo può fare un’affermazione del genere?E con quale credibilità?

Beh, bisognerebbe chiedere ai manager di Leonardo perché si siano inventati una risposta che non trova alcun fondamento né tra i comunicati stampa emessi in tutti questi anni dalla holding armiera a capitale pubblico, né tra le relazioni ufficiali periodiche delle autorità governative sulle attività di esportazione delle aziende belliche italiane. Israele è uno dei partner strategici di Leonardo Spa o delle società controllate interamente o parzialmente che hanno sede sociale in paesi terzi (in particolare negli Stati Uniti d’America). Sono stati realizzati negli stabilimenti di Alenia Aermacchi (Leonardo) di Venegono Inferiore (Varese), i caccia-addestratori M-346 “Master” dove si formano i top gun dell’Aeronautica militare israeliana, prima di operare nei cacciabombardieri di IV e V generazione (come i famigerati F-35 che sono stati predisposti per l’uso di armi nucleari tattiche) che stanno sterminando morte e distruzione a Gaza, Libano meridionale e Siria. Negli stabilimenti AgustaWestland di Leonardo sono stati realizzati gli elicotteri d’addestramento che le forze armate israeliane hanno acquistato un paio di anni fa per “formare” i reparti elicotteristici destinati alle operazioni di guerra. E a bordo dei carri armati che hanno raso al suolo tanti quartieri di Gaza sono stati predisposti sofisticati sistemi di “autoprotezione” realizzati in joint venture dalla controllata USA di Leonardo (DRS) e aziende israeliane leader nel settore bellico. Questo per quello che riguarda solo il caso di Israele. Ma possiamo dimenticare l’apporto di Leonardo al potenziamento bellico delle forze armate turche? Al regime di Erdogan è stato fornito il know how per realizzare in Turchia gli elicotteri d’attacco “Atak”, la versione nazionale degli Agusta Westland A129 “Mangusta” di Leonardo, costantemente impiegati dalle forze armate di Ankara per bombardare i villaggi kurdi in territorio turco, iracheno e siriano. Ed oltre a questi sistemi di morte, Leonardo SpA, attraverso la controllata Telespazio, ha fornito alla Turchia componenti vitali per la realizzazione del programma aerospaziale militare “Göktürk-1”, basato su un satellite di osservazione della Terra con un sensore ottico ad alta risoluzione, un centro per l’integrazione satellitare e i test (costruito ad Ankara) e un segmento terrestre responsabile del controllo missione, della gestione in orbita, dell’acquisizione e processamento dati. Il satellite “Göktürk-1” è stato lanciato in orbita il 5 dicembre 2016 dallo spazioporto europeo di Kourou, in Guyana francese, con un lanciatore italiano VEGA, sotto il controllo del Centro Spaziale del Fucino di Telespazio.

 

SEGUE NEL LINK DEL BLOG CHE RIPETO:

gennaio 29, 2024
https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2024/01/come-fa-la-leonardo-dire-che-non-e.html

 

OPPURE, SE PREFERITE QUI

Intervista a cura di Olivier Turquet, pubblicata in Pressenza, il 18 gennaio 2024, https://www.pressenza.com/it/2024/01/antonio-mazzeo-come-fa-la-leonardo-a-dire-che-non-e-implicata-nei-teatri-di-guerra/

 

 

 

Immagine

Antonio Mazzeo @mazzeoantonio
foto dal suo X

insegna in una scuola di Messina

 

 

Dove va la scuola? Alla guerra

Il libro inchiesta di Antonio Mazzeo

Antonio Mazzeo fa l’insegnante, ma è uno tra i più attivi peace-researcher e saggista impegnato nei temi della pace, del disarmo, dell’ambiente, dei diritti umani e della lotta alle criminalità mafiose.

Esce in questi giorni una sua inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia da dove emerge che la direzione imboccata dalla scuola italiana è inquietante. Dove va la scuola italiana? Va alla guerra.

 

”Contemporaneamente alla privatizzazione e precarizzazione del sistema educativo, stiamo assistendo a un soffocante processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi. Come accadeva ai tempi del fascismo, le scuole tornano a essere caserme mentre le caserme si convertono in aule e palestre per formare lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua” scrive Mazzeo.

Manifesto Libri 2023

 

Alle città d’arte, ai musei e ai siti archeologici, presidi e docenti preferiscono sempre più le visite alle basi Usa e Nato “ospitate” in Italia in barba alla Costituzione o quelle alle caserme, agli aeroporti, ai porti militari, alle installazioni radar e alle industrie belliche. Si moltiplicano anche le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli docenti, gli stage formativi su cacciabombardieri, carri armati e fregate di guerra o l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’élite delle forze armate o nelle aziende produttrici di armi.

”Questo lavoro vuole contribuire alle campagne nazionali che puntano al disarmo e alla smilitarizzazione dell’istruzione a sostegno della pace, delle libertà di espressione e insegnamento, della scuola pubblica e dei valori fondamentali di uguaglianza formale e sostanziale e di giustizia sociale” scrive Mazzeo.

L’autore collabora con Il Manifesto e altre testate giornalistiche nazionali e nel 2020 è stato premiato dall’Archivio Disarmo con la “Colomba d’oro per la Pace” quale riconoscimento “per aver interpretato per anni il giornalismo e la scrittura come una missione di difesa dei diritti umani e di denuncia delle ingiustizie”. È tra i promotori dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.

www.giornalesentire.it

 

da:

Giornale Sentire

30 gennaio 2024
https://www.giornalesentire.it/it/libro-inchiesta-antonio-mazzeo-la-scuola-va-alla-guerra

 

 

********

 

 

X

Antonio Mazzeo  @mazzeoantonio

Giornalista e peace-researcher ecopacifista ed antimilitarista, ha pubblicato saggi sui temi della pace e dei diritti umani e sulla criminalità mafiosa.

8 NOVEMBRE 2025  – 9.11

#norearmeurope APPUNTAMENTI IN #SICILIA CON

@Altreconomia

Presentazione dell’inchiesta RIARMO ACCADEMICO con Luca Rondi #leonardo #PALERMO 8 novembre h. 17:30 // ExKarcere // Via San Basilio, 17 #CATANIA 10 novembre h. 17:30 // Monastero dei Benedettini (UniCt)

 

 

Green flyer background with white text announcing events in Sicily for Altreconomia presentation of Riarme Accademico investigation with Luca Rondi. Details Palermo event on November 8 at 17:30 at ExKarcere Via San Basilio 17. Lists Catania event on November 10 at 17:30 at Monastero dei Benedettini UniCt. Includes Messina event on November 17 at 19:00 at COSPECS UniMe Via Concezione 6. Features book cover with camouflage pattern and title Altreconomia.

 

 

 

link di X

Antonio Mazzeo  @mazzeoantonio

#nocpr #Messina, martedì 11 novembre ore 19:30, – Libreria Colapesce , via Mario Giurba 8/10, ospiterà la presentazione del libro “Gorgo CPR” inchiesta scritta da Lorenzo Figoni e Luca Rondi che illumina uno dei capitoli più controversi delle politiche migratorie italiane: i CPR

Promotional flyer for Altraconomia Eventi with green border text in Italian announcing presentation of book Gorgo CPR by Lorenzo Figoni and Luca Rondi on November 10 at Libreria Colapesce via Mario Giurba 8/10 Messina interveners Tania Poggesi sociologist Luca Rondi Yasmina Accord telephone SOS CPR Korba Bari Association Terria image of hand holding book cover with title Gorgo CPR and authors names

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FACEBOOK PHILIPPE DAVERIO, 23 ottobre, ore 17:00 :: Dipinto di Ann Held Audette ( Stati Uniti d’America 1938–2013 ) + altri link

 

 

*** questo link vi consiglio di frequentarlo perché ha l’abitudine di pubblicare cose belle, alcune molto belle, non facilmente accostabili diversamente.

 

 

 

da :

Fan di Philippe Daverio– 23 ottobre  ore 17:00

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1266524422184216&set=pb.100064800093673.-2207520000

 

 

 

The Art of Anna Held Audette

foto di Anna Held Audette

dal link:  https://americanprecision.org/events/the-art-of-anna-held-audette/

 

 

 

Anna Held Audette

(Stati Uniti d’America 1938–2013)

 

“Intorno al 1980, Audette rimase affascinata dalle forme e dai colori delle auto rottamate in uno sfasciacarrozze rurale. Dopo essersi presentata al proprietario e aver mostrato alcuni esempi delle sue opere, le fu concesso l’accesso alla proprietà. Vagando tra le cataste di veicoli rottamati, fu attratta da come le loro forme diventassero astratte, da come l’esposizione agli agenti atmosferici ne influenzasse i colori e da come il tempo ne causasse il deterioramento superficiale. Il suo interesse per le automobili rottamate si estese presto alle navi rottamate”

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto artistico raffigurante silo

 

 

 

Facebook – 23 ottobre , h 21:00

 

Anna Held Audette

“Audette esplorò costantemente la forma e la decostruzione attraverso un’ampia varietà di soggetti, dalla figura umana ai macchinari pesanti.
Realizzò dipinti e disegni di automobili, aerei, navi, treni abbandonati e interni di fabbriche

 

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

Fan di Philippe Daverio / Link Facebook

23 ottobre – h. 19.01

 

“Audette crebbe in un ambiente artistico raffinato. La cerchia sociale dei suoi genitori includeva importanti storici dell’arte, critici e intellettuali dell’epoca, da Erwin Panofsky, noto per i suoi studi di iconografia, a Charles Scribner, editore di opere di Hemingway e Fitzgerald. Le pareti dell’appartamento degli Held erano tappezzate, come in una galleria, di dipinti e disegni di varia provenienza.” “Audette iniziò le sue stampe, e in seguito i suoi dipinti, con schizzi dettagliati. Il disegno fu sempre la spina dorsale del suo lavoro” “I suoi dipinti di rovine industriali e macchinari obsoleti raccontavano il declino dell’industria americana”

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto artistico

 

 

 

NOTA FINALE SULL’ARTISTA AUDETTE

DA:

https://www.annaheldaudette.com/art/

 

 

nel link sotto, trovate altre opere dell’artista esposte nel Museo Florence Griswold dal 30 settembre 2023 al 28 gennaio 2024.

 Florence Griswold Museum,link

 

 

Anna Held Audette (1938–2013), Scrap Metal V , 1990. Olio su tela, 70 ½ x 80 pollici, Florence Griswold Museum, dono di Louis G. Audette, 2022.24

 

il commento all’esposizione dello stesso Museo::

Nota per i suoi monumentali dipinti policromi di rovine industriali, Anna Held Audette era una pittrice americana di precisione, nella tradizione di Charles Scheeler, Walter Murch e Charles Demuth. Utilizzando colore, forma e scala con effetti drammatici, Audette ha ritratto il tempo e l’incuria su depositi di rottami, aerei, navi, treni, fabbriche e macchinari abbandonati.

All’inizio della sua carriera, Audette si concentrò sul disegno e sulla stampa d’arte. Fu solo più tardi, verso la mezza età, che Audette abbracciò la pittura. Eppure, nonostante i suoi mezzi espressivi preferiti cambiassero nel tempo, Audette esplorò costantemente la forma e la decostruzione. Attraverso un’ampia varietà di soggetti, dalla figura umana ai macchinari pesanti, questi temi di fondo rimasero evidenti in tutta la vasta opera di Audette.

Oggi i dipinti, le stampe e i disegni di Audette si trovano in collezioni private e in musei, come la National Gallery of Art,  il Rijksprentenkabinett, il Rijksmuseum, il Museo de Arte de Ponce, la Yale University Art Gallery e il Metropolitan Museum of Art.  

Le sue opere variano per soggetto, dimensione e tecnica, ma condividono un filo conduttore: nelle parole di Audette, “costituiscono un requiem visivo per l’era industriale”.    

 

 

 

 

Quest’opera è da Christe’s  / link 

 

 

Rottami metallici XVII

 

 

COMMENTO DI CHRISTIE’S:

 

Sembra naturale che la figlia del professor Julius Held, uno dei più eminenti storici dell’arte del XX secolo, abbia intrapreso una carriera nel mondo dell’arte. Anna Held Audette ha iniziato la sua carriera come incisore prima di dedicarsi alla pittura a olio, la sua tecnica preferita. Come l’americano Charles Sheeler, i cui temi urbani e industriali hanno definito un’iconografia dell’estetica dell'”era delle macchine”, le composizioni di Anna Audette riflettono e commentano la nostra era industriale. Con soggetti che spaziano da navi e aerei a macchine, edifici e rottami metallici, le sue tele di grandi dimensioni ci ricordano che, come lei stessa afferma, “i trionfi della tecnologia sono a un passo dall’obsolescenza”. Anna Audette cita diversi artisti come influenti nello sviluppo del suo stile, tra cui Giovanni Battista Piranesi, Piet Mondrian, Walter Murch e Franz Kline. Certamente, la sobria eleganza geometrica di un Mondrian si può ammirare in un’opera come Factory Wall (2005) di Audette, con la sua rappresentazione quasi astratta di una finestra di fabbrica a più vetri. Anche la presenza di Sheeler si fa sentire in Sloss Iron Furnaces (2002), un tipico soggetto di Sheeler, le ciminiere sui tetti. E Audette’s Factory (2005) potrebbe, a prima vista, essere un’opera caratteristica di Edward Hopper: l’esterno in mattoni rossi, le fredde ombre blu oltremare e il travolgente senso di solitudine e isolamento sono tutti tratti distintivi di quell’artista. Per adottare una prospettiva più storica, si possono persino considerare i dipinti architettonici di Anna Audette attraverso il filtro dei vedutisti del Settecento come Giovanni Paolo Panini e Hubert Robert, artisti i cui eleganti capricci di rovine romane commentano la grandezza di un’antica civiltà e la malinconia del suo successivo declino e decadenza. L’artista stessa osserva una stretta relazione tra la sua Demolition (1993) e uno schizzo di Robert. Spesso, grazie alla prospettiva estremamente ravvicinata di molte opere – come nel caso di “Scrap Metal XVII” di Audette ( immagine sopra ) , lotto 67 della presente asta – esse trasmettono un’intensa sensazione tattile e scultorea, con le superfici contorte e lucenti di un’opera di John Chamberlain. Dipinti di Anna Audette si trovano in collezioni prestigiose come il Metropolitan Museum of Art di New York, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, Regno Unito, e la Yale University Art Gallery di New Haven.

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Mina – 1963 / 1967 — album completo– lista delle canzoni sotto.

 

 

 

 

 

Tracklist:

1. CITTÀ VUOTA 2’39’’ (2025 Remaster)

2. È L’UOMO PER ME 2’23’’ (2025 Remaster)

3. UN BUCO NELLA SABBIA 2’21’’ (2025 Remaster)

4. UN ANNO D’AMORE 3’11’’ (2025 Remaster)

5. E SE DOMANI 3’05’’ (2025 Remaster)

6. IO SONO QUEL CHE SONO 2’11’’ (2025 Remaster)

7. TU FARAI 2’27’’ (2025 Remaster)

8. UN BACIO È TROPPO POCO 3’11’’ (2025 Remaster)

9. BRAVA 1’45’’ (2025 Remaster)

10. SOLI 3’00’’ (2025 Remaster)

11.L’ULTIMA OCCASIONE (Uno come te) 2’45’’ (2025 Remaster)

12.ORA O MAI PIÙ 2’24’’ (2025 Remaster)

13.ADDIO 2’28’’ (2025 Remaster)

14.PIÙ DI TE 2’31’’ (2025 Remaster) ù

15.UNA CASA IN CIMA AL MONDO 3’00’’ (2025 Remaster)

16.SE TU NON FOSSI QUI 3’00’’ (2025 Remaster)

17.TA-RA-TA-TA 2’08’’ (2025 Remaster)

18.BREVE AMORE 2’33’’ (2025 Remaster)

19.SE TELEFONANDO 2’56’’ (2025 Remaster)

20.SONO COME TU MI VUOI 3’33’’ (2025 Remaster)

21.MAI COSÌ 2’50’’ (2025 Remaster)

22.MI SEI SCOPPIATO DENTRO IL CUORE 3’04’’ (2025 Remaster)

23.L’IMMENSITÀ 2’35’’ (2025 Remaster)

24.CONVERSAZIONE 2’19’’ (2025 Remaster)

25. SABATI E DOMENICHE 2’44’’ (2025 Remaster)

26.SE C’È UNA COSA CHE MI FA IMPAZZIRE 2’39’’ (2025 Remaster)

27.LA BANDA 2’35’’ (2025 Remaster)

28.SE TORNASSE, CASO MAI 2’52’’ (2025 Remaster)

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da DONATELLA, grazie di avercene parlato ! — CLAUDIO TROTTA PARLA A REPORT — LO STADIO DI SAN SIRO… + IL GIORNO, 6 novembre 2025/ link sotto — MASSIMILIANO MINGOIA intevista CLAUDIO TROTTA : ” “Bando durato troppo poco, impossibile partecipare”

 

 

video :  pochi minuti

https://www.facebook.com/reel/1148522733598458

 

 

IL GIORNO – 6 novembre 2025

https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/claudio-trotta-san-siro-e04mjq7i?fbclid=IwY2xjawN7GMNleHRuA2FlbQIxMABicmlkETFxN05m
SkpOOENFdnY1MUxWc3J0YwZhcHBfaWQQMjIyMDM5M
Tc4ODIwMDg5MgABHs

 

 

Vendita di San Siro, Claudio Trotta: “Bando durato troppo poco, impossibile partecipare”

Il promoter, fra i fondatori del Comitato Sì Meazza, ascoltato dai pm dopo la presentazione dell’esposto sulla Scala del calcio: “Ci voleva una gara sullo stadio, non sull’intera area. Così diventa un’operazione immobiliare

 

MASSIMILIANO MINGOIA

 

 

Claudio Trotta; a destra, Bruce Springsteen, artista con il quale il promoter ha stretto un legame decennale- foto de Il Giorno

 

Milano, 6 novembre 2025 – “Sono stato convocato dalla Procura sulla base dell’esposto presentato dal Comitato Sì Meazza, di cui sono uno dei fondatori, sul caso San Siro. Sono stato ascoltato dai pm per tre ore e mezzo”.

Claudio Trottafondatore di Barley Arts, uno di promoter di concerti più noto a Milano e in Italia, organizzatore di decine di show di Bruce Springsteen nel Belpaese, è un fiero oppositore dell’accordo tra Comune e club sull’area di San Siro.

Quali sono stati gli argomenti del confronto con i pm?

“Su questo, naturalmente, non posso svelare nulla. Non sono stato io a parlare di turbativa d’asta come ipotesi di reato”.

Qual è il contenuto dell’esposto del Comitato Sì Meazza?

“L’esposto contesta le modalità dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse per stadio Meazza e l’area limitrofa. Un avviso nato dal progetto proposto da Milan e Inter al Comune sulla realizzazione di un nuovo stadio nell’area di San Siro e sulla demolizione e rifunzionalizzazione del Meazza. La prima critica riguarda i tempi previsti per l’avviso: appena 37 giorni – dal 24 marzo al 30 aprile 2025 – per presentare una proposta, dopo sei anni goduti dalle proprietà di Milan e Inter per dialogare con il Comune. Molti operatori, me compreso, confidavano in almeno 120 giorni, il minimo per elaborare un piano serio. Non è stato così. Ma c’è anche un’altra critica rilevata nell’esposto”.

Quale?

Il perimetro dell’operazione: non si parla più solo dello stadio Meazza ma di un’area tre volte più grande dell’impianto. Non si sta più parlando di valorizzare un bene pubblico iconico, ma di una vera e propria operazione immobiliare”.

Avrebbe preferito un bando solo sulla riqualificazione dello stadio Meazza?

“Ben prima del progetto presentato da Milan e Inter, il Comune avrebbe dovuto lanciare un bando per il futuro dell’attuale impianto. Una richiesta che già il 9 novembre 2022 avevo fatto al sindaco Giuseppe Sala, durante un incontro al quale aveva partecipato il general manager di Asm Global Giuseppe Rizzello, interessato a valutare un restyling e la successiva gestione dell’attuale stadio con o senza Milan e Inter presenti. Ma il bando sul Meazza non c’è mai stato. Noi avevamo profilato al sindaco una ristrutturazione dello stadio che prevedesse una copertura retrattile e portante, la realizzazione di un nuovo terreno di gioco che potesse permettere in maniera dinamica ed economicamente sostenibile, un utilizzo polivalente e rapido aperto a tutti i generi di spettacolo, di intrattenimento e di disciplina sportiva in ogni stagione dell’anno, nel pieno rispetto del contesto”.

SANX

Il rendering del progetto per il nuovo stadio: sulla sinistra, quello che resterà di San Siro

Nel frattempo Milan e Inter hanno presentato il progetto e si è aperto l’avviso durato 37 giorni…

“Un tempismo quantomeno curioso, che sembra costruito per scoraggiare – se non escludere – ogni proposta alternativa”.

 

Un avviso su misura per Diavolo e Biscione?

“Non ho motivi reali per sostenere una cosa del genere. Ma purtroppo viviamo in un Paese in cui i bandi e gli avvisi pubblici appaiono precostituiti. Sottolineo: appaiono. Ho 68 anni, sono un promoter, ho partecipato a centinaia di bandi. So come funziona. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Mi preme aggiungere un’ultima cosa”.

Prego.

“Dov’è l’interesse pubblico in tutta questa vicenda di San Siro? Si vuole abbattere lo stadio di Milano ma non si pensa minimamente ai cittadini e agli spettatori. Solo ai ricavi. O qualcuno crede ancora alla favola che per vincere la Champions bisogna avere uno stadio di proprietà?”.

 

altri articoli del quotidiano ” IL GIORNO ” SULL’ARGOMENTO:: puoi aprire, c’è il link nel titolo

 

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Il favoloso Museo Nazionale Archeologico di Taranto (MArTA) istituito nel 1887– due maschere della farsa ” fliacica ” ( vedi sotto ) in terracotta della Magna Grecia + una, fatta dalla natura postata da Gino Caffarelli / link sotto

 

 

 

 

 

logo MArTA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maschera in terracotta  conservata nel Museo archeologico nazionale (Taranto).
Museo MArTA
via Cavour, 10

Autore: Livioandronico2013

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Greek_mask_in_terracotta_in_Museo_archeologico_nazionale_(Taranto).jpg

 

 

segue da : 

ARTE.IT

Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto (MArTA) è fra i più importanti d’Italia e fu istituito nel 1887. Il Museo occupa fin dalle origini l’ex Convento dei Frati Alcantarini, costruito a metà del XVIII secolo e, in seguito ad interventi di ingrandimento a metà del XX secolo, l’adiacente corpo settentrionale dell’Ala Ceschi. A partire dal 1998 sono iniziati i lavori di ristrutturazione che hanno portato alla parziale riapertura al pubblico del Museo, avvenuta nel dicembre 2007.

Dal 2013 sono state riaperte al pubblico le nuove sezioni espositive del Museo dedicate alla città romana, alla città tardoantica e altomedievale fino alla rifondazione bizantina dell’XI secolo d.C

.
Oltre agli spazi già visitabili, in tutti i casi integrati con l’esposizione di nuovi reperti (monumenti funerari, vasi figurati, mosaici, intonaci dipinti, arredi), sono fruibili nuove sale dedicate alla ricca documentazione delle produzioni tarantine e delle importazioni di età romana, dei variegati corredi della necropoli della città, a partire dalla conquista di Q. Fabio Massimo del 209 a.C. fino al III secolo d.C.

Nelle vetrine risaltano le bellissime oreficerie, arricchite da paste vitree e pietre colorate, le terrecotte policrome ancora di tradizione greca, ossi, avori, e soprattutto vetri colorati importati che caratterizzano le sepolture ad incinerazione di età imperiale, fino ai frammenti di eccezionale eleganza di un sarcofago in marmo con scena di assalto alle navi.

La sezione dedicata alla città dal tardoantico all’età bizantina offre una vasta documentazione dei pavimenti musivi dell’edilizia pubblica e privata, con motivi geometrici e figurati policromi e materiali da scavi stratigrafici recenti (Villa Peripato, Palazzo delli Ponti, Cattedrale di San Cataldo) che hanno fornito dati rilevanti per la ricostruzione del centro antico in tali fasi cronologiche. Nell’ultima sala sono anche inserite epigrafi funerarie di Ebrei, Cristiani e Musulmani, che documentano la presenza a Taranto di genti di cultura e religione diverse fra il IV e l’XI secolo d.C.

La sezione dedicata alla storia del Museo è stata completamente rinnovata, con la ricostruzione di ambientazioni d’epoca del periodo di Q. Quagliati e C. Drago e con l’esposizione di acquisti e donazioni pervenute al Museo dalla fine dell’Ottocento ad oggi, con i vasi figurati di importazione e di produzione locale, trafugati dai siti archeologici del territorio apulo, confluiti in musei stranieri e oggi restituiti alla fruizione pubblica nel MArTA.

Una nuove veste espositiva è stata inoltre riservata ai quadri donati da Monsignor Ricciardi al Museo agli inizi del ‘900, in uno spazio a piano ammezzato che prospetta sulla Sala IX.

 

TARANTO ● MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI TARANTO MARTA

 

 

 

dal::

FACEBOOK DEL MUSEO  DI TARANTO

 

 

 

 

 

Questa maschera teatrale di terracotta riproduce le fattezze di uomo dal volto deforme e calvo.
I fori sugli occhi e sulla bocca ne consentono un’identificazione come maschera teatrale relativa alla farsa fliacica, un particolare genere diffuso a Taranto e in Magna Grecia su ispirazione della commedia attica.

La maschera è stata rinvenuta all’interno di una sepoltura a incinerazione databile tra la fine del II sec. a.C. e il I sec. a.C. a Taranto in contrada Corti Vecchie, via Regina Elena nel 1932
Venite ad ammirarla, si trova al MArTA nella sala XXII, vetrina 58A

 

commento alla maschera sopra nel link del Museo Facebook:

Bellissima opera di tempi passati mi viene in mente questa, opera creata da madre natura

*** Gino Caffarelli è un illustre artista, forse scultore, di Potenza o dintorni.. Taranto? Sul suo Facebook non l’ho trovato.

 

 

 

 

https://www.facebook.com/gino.cafarelli.3?__tn__=-UC*F

 

 

 

I reperti del passato incontrano il design del presente, in uno scambio continuo.
Come in questo attualissimo boccale attico a vernice nera ritrovato a Rutigliano (BA), Contrada Purgatorio, che risale al 430-400 a.C.

Vi aspetta al MArTA, sala VI, vetrina 47

 

 

+++++++

 

 

 

*** per chi si occupa di bellezza e di arte, anche antica o anche moderna ( vedi sopra )– visitate senz’altro il Facebook del Museo MARTA DI TARANTO di cui riporto un’altra volta il link:

 

basta fare clic qui sotto e si apre !
https://www.facebook.com/MuseoMARTA/?locale=it_IT

 

 

NOTA : link sotto

*** Farsa fliacica

 

Nel teatro classico non esistono solo due forme teatrali (cioè tragedia e commedia) ma anche esiste una terza che si chiama farsa fliacica.

Con Aristofane comincia un teatro nuovo che si chiama farsa fliacica. E questo teatro si sviluppa in Magna Grecia, Sicilia Salento ecc.

I Fliàci erano una sorta di saltinbanchi girovaghi, che allestivano semplici palchi su pali di legno in giro per la Magna Grecia e nell’isola di Sicilia. Fliaci è un epiteto dello stesso Dioniso del suo seguito deriva dal verbo φλύω in greco antico cioè scorro. Dato che, Dioniso era originariamento la linfa vitale che scorre nel mondo vegetale e determina la riproduzione.

Nella loro prima fase (V secolo a.C.) tali attori non usavano testi scritti, ma un canovaccio col quale aiutarsi improvvisando dialoghi in dialetto dorico. Il loro lavoro contribuiva ad esaltare l’atmosfera gioviale e sconcia delle feste dedicate a Dionisio. Gli attori indossavano dei costumi buffi, rigonfi, e addobbati con riferimenti all’organo genitale maschile. Farsa fliacita recita tata cioè da fliaci, autori travestiti con enormi pancioni e muniti di gigantesco fallo.

Fissata in forma letteraria da Rintone di Siracusa, tutto quello che ne è rimasto sono le raffigurazioni su vasi, ritrovate nei pressi di Taranto, il cui studio ha permesso solo una parziale ricostruzione del genere. Rintone di Siracusa fliacografo e poeta diede al genere una maggior eleganza e finezza letteraria: cosa non semplice considerando lo scopo che si prefiggeva tal genere di farsa.

Della produzione scenica di Rintone, che probabilmente era formata da 38 drammi ilari, ci rimangono nove titoli (Dulomeleagro, Eracle, Anfitrione, Ifigenia in Aulide, Ifigenia fra i Tauri, Medea, Meleagro schiavo, Oreste, Telefo) e 28 frammenti, scritti tutti in dialetto dorico di Taranto.

—  E’ sicuro che la forma espressiva del mimo abbia avuto la sua origine in Sicilia..e secondo Aristotele, che nella Poetica attribuisce ai siciliani Formide ed Epicarmo i primi testi teatrali comici, la commedia siracusana precedette quella attica.  Cosi la commedia nacque prima in Italia (Magna Grecia) e poi abbiamo la forma della commedia con un’altra struttura ad Atene.

Apostolos Apostolou
Docente di filosofia

 

 

dramma.ithttps://www.dramma.it/index.php?option=com_content&view=article&id=25026&catid=51&Itemid=28

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Da Brest— Ai bombardamenti di Milano nel ’43 / e la Ricostruzione — Da : STORIE MILANESI.ORG / APPROFONDIMENTO/I BOMBARDAMENTI- RICOSTRUZIONE /link + altro

 

 

 

DA :

STORIE MILANESI.ORG / APPROFONDIMENTO/I-BOMBARDAMENTI- RICOSTRUZIONE
https://www.storiemilanesi.org/approfondimento/i-bombardamenti-ricostruzione/

 

 

I bombardamenti e la ricostruzione

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale Milano subì danni gravissimi al tessuto urbano e al suo patrimonio monumentale. Obiettivo strategico dell’alleanza anglo-americana per il suo ruolo industriale e di snodo commerciale, insieme a Torino e Genova, la città fu ripetutamente colpita dai bombardamenti aerei tra il 1940 e il 1944.

Se le prime incursioni provocarono danni circoscritti, i bombardamenti dell’ottobre 1942, i più tragici dell’agosto 1943, e del 1944 mutarono profondamente, e per sempre, l’aspetto della città che abitiamo oggi.

 

 

 

1943: la zona compresa tra San Babila e Largo Augusto dopo un bombardamento aereo; sullo sfondo è visibile la guglia del duomo

da : https://it.wikipedia.org/wiki/File:Bombard_milano.jpg

 

 

 

Piazza Fontana, 1943
[Fonte: ANPI di Lissone]

 

 

 

Dal 1940 al 1945 Milano, importante centro industrializzato d’Italia, fu oggetto di ripetuti bombardamenti ad opera degli aerei inglesi e statunitensi. Notevoli i danni al patrimonio artistico. Particolarmente, in occasione delle incursioni del mese di agosto dell’anno 1943, vennero danneggiati il Duomo, la Basilica di Sant’Ambrogio, le Chiese di Santa Maria delle Grazie (l’Ultima cena di Leonardo da Vinci fortunatamente non subì danno), Sant’Eustorgio, San Satiro, San Tommaso, San Sebastiano, San Bernardino e San Carlo. Subirono altresì danni il Castello Sforzesco, la Galleria Vittorio Emanuele II, la Scala, la Ca’ Granda, Palazzo Reale, Palazzo Sormani e molti altri edifici d’interesse storico od artistico.

185.000 iscritti

 

 

da :   wikiwand::

”  Bombardamento a tappeto “
https://www.wikiwand.com/it/Bombardamento_a_tappeto

 

 

 

Distruzione Sant'Ambrogio.jpg

la distruzione di Sant’Ambrogio nel ’43

 

 

 

Il cortile dell’Ospedale maggiore di Milano (Ca’ granda), oggi sede dell’Università degli Studi di Milano, dopo i bombardamenti del 1943
[Fonte: Wikimedia Commons]

 

 

 

 

Milano, via Olmetto, dopo un bombardamento aereo  ( 1943 )
Mario Rossi – mio archivio digitale
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Via_Olmetto_devastata_dai_bombardamenti_bellici_del43.jpg

 

 

 

Santa Maria delle Grazie dopo i bombardamenti del 1943
[Fonte: Wikimedia Commons]

 

 

 

 

Teatro alla Scala, 1943
[Fonte: Storia di Milano]

 

 

 

 

La Galleria dopo i bombardamenti dell’agosto 1943
Foto Pessina

 

 

Visone della Galleria dall’ottagono verso piazza Duomo dopo i bombardamenti dell’estate del ’43.
ignoto – Archivio

 

 

 

“Ma noi ricostruiremo”. La Milano bombardata del 1943 nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

SOTTO LINK-

ARTE.IT

© Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo | “Ma noi ricostruiremo”. La Milano bombardata del 1943 nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

 

 

 

MILANO 1955

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

MILANO, 1948

Palazzo Resta in via Conservatorio, primavera 1948
[ Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti ]

 

 

 

 

Palazzo Resta in via Conservatorio, primavera 1948
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

Palazzo Resta in via Conservatorio, primavera 1948
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

 

MILANO, 1955

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

Milano, autunno 1955
[Fotografie d’archivio della Fondazione Studio Museo Vico Magistretti]

 

 

 

 

I bombardamenti e la ricostruzione

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale Milano subì danni gravissimi al tessuto urbano e al suo patrimonio monumentale. Obiettivo strategico dell’alleanza anglo-americana per il suo ruolo industriale e di snodo commerciale, insieme a Torino e Genova, la città fu ripetutamente colpita dai bombardamenti aerei tra il 1940 e il 1944. Se le prime incursioni provocarono danni circoscritti, i bombardamenti dell’ottobre 1942, i più tragici dell’agosto 1943, e del 1944 mutarono profondamente, e per sempre, l’aspetto della città che abitiamo oggi.

I sessanta raid aerei che si concentrarono sul capoluogo lombardo causarono decine di migliaia di morti e furono spesso all’origine della trasformazione urbanistico-architettonica della città nei decenni successivi al conflitto. Un terzo delle costruzioni milanesi edificate andò distrutto dai bombardamenti, dagli incendi che ne divamparono, o dalle demolizioni, necessarie o avventate, intraprese con la ricostruzione. Oltre il 65% degli edifici sottoposti a tutela dalla Soprintendenza furono danneggiati nonostante le misure di difesa nazionale del territorio e le disposizioni di salvaguardia che la stessa Milano, con grande lungimiranza e tecnica, dettò al ministero dell’Educazione Nazionale, al tempo dicastero dei beni e delle attività culturali del governo fascista. Chili di sabbia, armature e puntellamenti salvarono il Cenacolo vinciano e il ciborio di Sant’Ambrogio ma molte opere architettoniche, sia pubbliche che private, scomparvero per sempre nella loro versione originaria: i teatri Dal Verme, Verdi e Filodrammatici, Casa Velasco e Palazzo Melzi di Cusano in Porta Romana, le scuderie di Villa Reale, Palazzo Ponti di fronte a Brera o i Palazzi Arcimboldi, Cicogna (Via Unione) e Cramer (Via Fatebenefratelli), per citarne solo alcuni.

 

Il prestito di un miliardo di allora, ottenuto dal Comune nel 1944, servì a malapena a sgomberare la città dalle macerie. I

Il Montestella, collina artificiale nel nuovo quartiere sperimentale QT8 progettatato da Piero Bottoni (1947) fu eretto proprio grazie al riutilizzo dei detriti di guerra a perenne memento della città perduta.

Gli effetti della guerra, e insieme la speculazione edilizia aggravata dalla domanda di una popolazione più che raddoppiata già nel decennio precedente la Guerra, annullarono l’intersecarsi di vie popolari e quartieri ricchi e intere aree furono modificate nell’assetto planimetrico. Questo, per esempio, il destino del malfamato Bottonuto, quartiere “rosso” dietro Piazza Diaz, e di molte altre zone, almeno fino al piano regolatore del 1953.

 

 

 

 

11 maggio 1946 — ARTURO TOSCANINI RIAPRE LA SCALA DI MILANO

concerto : 1h 50 min. ca

 

L’11 maggio 1946 riaprì trionfalmente il Teatro alla Scala mentre i vuoti della città ferita alimentarono l’acceso dibattito tra ricostruzione in stile e libertà progettuale. Gli esiti più felici di questa dialettica diedero il via alla costruzione di edifici simbolo della modernità: Torre Velasca (BBPR, 1956-8), grattacielo Pirelli (Giò Ponti, 1956-61) e Padiglione d’arte Contemporanea (Ignazio Gardella, 1951-4) sono alcune delle architetture che, per destinazione d’uso, andranno a qualificare il volto della Milano contemporanea.

 

 

testo e molte foto da ::
http://www.storiemilanesi.org/approfondimento/i-bombardamenti-ricostruzione/

 

 *****

 

 

 

video, 2.23 min.
GIORNALE LUCE, 1  settembre 1943
Archivio Luce Cinecittà

 

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Un primo incontro ( o forse, secondo ) incontro con la Famiglia Floz– notizie sotto

 

 

video, 4.34 min.

 

Famiglia Floz, Teatro Delusio, stagione 2019 / 2020

 

 

 

 

 

video, 7  min. ca

apri qui

INFINITA di Familie Flöz @ Teatro Valle Occupato | 6-8 marzo 2014

 

 

Familie Flöz, o Familie Floez, è una compagnia di teatro internazionale residente a Berlino.

Gli spettacoli che la compagnia realizza e produce prendono vita da un lungo processo introspettivo e collettivo che attraversa differenti discipline teatrali fra le quali il teatro di figura, il teatro di maschera, la danza, la clownerie, l’acrobazia, la magia e l’improvvisazione.

 

Nel suo lavoro teatrale la compagnia utilizza un linguaggio del corpo non convenzionale che attraverso l’uso di maschere e travestimenti rivela ciò che è nascosto nell’animo dell’essere umano.

La Familie Flöz si avvale di mezzi definiti “antelinguistici” poiché le maschere non hanno solo una forma, ma anche un contenuto, che si sviluppa con la maschera e la recitazione, fino all’atto simbiotico con l’attore come risultato finale.

Gli spettacoli della Familie Flöz sono stati rappresentati in 34 nazioni.

 

 

se vuoi, apri qui

Storia della Compagnia- link

 

da : 
https://it.wikipedia.org/wiki/Familie_Fl%C3%B6z

 

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Qualche foto di Gubbio ( Iguvium ) .. in cerca del lupo ! — + altro + altro

 

 

 

 

 

Old Roman Theater and the biggest Christmas tree of the world by night, Gubbio, Italy

Gubbio:  il teatro romano e un enorme albero di Natale ..

 

 

 

Gubbio, Perugia - Umbria, italy

Gubbio, in provincia di Perugia, in Umbria

 

 

 

cartina delle città dell’Umbria:

 

La cartina dell'Umbria. Dove trovare i luoghi più belli e importanti

una cartina delle città principali dell’Umbria- Gubbio si trova al nord-est

https://www.umbriaconme.com/it

 

 

 

 

 

Teatro romano di Gubbio nel Parco Archeologico– notizie nel link
https://cultura.gov.it/luogo/parco-archeologico-del-teatro-romano-di-gubbio

 

 

 

 

Italy, Umbria, Province of Perugia, Gubbio, Christmas tree on mount Ingino, fireworks

Natale a Gubbio– di nuovo..

 

 

 

Fontana del Bargello in Gubbio - historic square with the "Fountain of Madmen" in Umbria

 

 

 

 

Medioeval buildings, Gubbio

 

 

 

 

Town from below.

 

 

 

 

 

Palazzo dei Consoli

 

 

 

 

fields with bales, gubbio, umbria, italy - gubbio foto e immagini stock

 

 

 

 

 

Italy, Umbria, Gubbio, Countryside fields shrouded in thick morning fog

 

 

 

 

Primo piano di ceramica decorativi

ceramica caratteristica della zona

 

 

nota sulla ceramica di Gubbio, da:

https://www.umbriatourism.it/it/-/la-ceramica-di-gubbio

 

A  Gubbio dei documenti d’archivio fanno risultare l’opera di mastri ceramisti fin dal 1300.
Le testimonianze medioevali mostrano una maiolica arcaica con decorazioni geometriche o vegetali di verde e bruno. Ma la fama della tradizione ceramica di questa città è legata al grande ceramista Giorgio Andreoli detto Mastro Giorgio, che giunge a Gubbio nel 1489 proveniente da Intra, sul Lago Maggiore. Fu l’arte di applicare il  lustro, di cui Mastro Giorgio fu maestro indiscusso, a render famosa la ceramica eugubina: oro, argento, verde e soprattutto un bel rosso rubino di tonalità intensa.

Dopo un lungo periodo di decadenza, la ripresa della produzione ceramica si ebbe nella seconda metà dell’Ottocento all’interno di un movimento culturale che investì l’Umbria con lo scopo di recuperare la tradizione rinascimentale.
Nei primi del Novecento, periodo a cui risalgono le prime esperienze di Aldo Ajò, il cui stile fu imitato da allievi ed epigoni; di Baffoni, Cavicchi, Faravelli, Monarchi, Notari, dei fratelli Rossi …,  i ceramisti eugubini hanno intrapreso anche altre strade, oltre a quella della produzione di maioliche riverberate, come la lavorazione dei  buccheri, lucidati e poi decorati a graffito o con smalti policromi e con oro oppure ceramiche di ispirazione medioevale in cui predomina il blu cobalto.

 

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Piatto lustrato da mastro Giorgio (1525Museo internazionale delle ceramiche in Faenza)

 

 

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Piatto lustrato con “la metamorfosi di Ciparisso” (1525/30) di Mastro Giorgio
WGA – Image from Web Gallery of Art

 

 

 

nota su:

 

Il lustro è una particolare tecnica decorativa che consente di ottenere un tono metallico con sfumature cangianti o iridescenti.

Il procedimento è particolarmente sofisticato e venne acquisito dalla lavorazione della ceramica, nella seconda metà del XV secolo, quasi certamente attraverso la mediazione dei lustri ispano-moreschi provenienti dalla Spagna attraverso il porto intermedio di Maiorca, da cui prese il nome di maiolica.

 

se vuoi, segue nel link : https://it.wikipedia.org/wiki/Lustro_(tecnica)

 

 

 

Coppa di terracotta con lustro, da SusaIranX secolo- Louvre
Sconosciuto – Marie-Lan Nguyen (2006)

 

 

 

 

Piatto ispano- moresco, Manises, 1400-60
Sailko – Opera propria

 

 

definizione e immagini da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Lustro_(tecnica)

 

 

 

altra e ultima nota da:

https://en.wikivoyage.org/wiki/Manises

 

 

MANISES…

 

..  è una piccola città di 31.000 abitanti (2018) nella provincia di Valencia . È la sede dell’aeroporto di Valencia ed è un importante centro per la ceramica, praticata da almeno 700 anni.

Manises fu fondata dagli arabi, che la trasformarono in un centro per la produzione di ceramiche. Nel 1237 la città fu conquistata da re Giacomo d’Aragona, che permise ai residenti musulmani di rimanere e di insegnare ai nuovi arrivati ​​cristiani l’arte della ceramica. Nel Medioevo, le ceramiche di Manises divennero molto apprezzate nelle corti reali di tutta Europa, soprattutto quelle con il caratteristico stile blu e oro, sviluppato per la prima volta dagli artigiani mori.

A differenza di altre città vicine, dove la tradizione della ceramica si è estinta, Manises è ancora oggi nota per la sua ceramica. È il più grande centro di produzione della Spagna, con oltre 100 laboratori e fabbriche situati in città e altri 50 nei comuni limitrofi.

 

 

Manises – Travel guide at Wikivoyage

Questa ex fabbrica di ceramiche ospita l’ufficio informazioni turistiche

 

 

Museu de Ceramica de Manises- link Tripadvisor

 

 

 

Manifestazione a Valencia, 1932
Sconosciuto – Ombra i claror

come si sa, la guerra civile spagnola è del 1936/ 39

 

Visca/ Vixca- nella foto  ( = Viva ) Valencia —

 

video, 0.47 min. — durante la terribile alluvione  del novembre 2024

https://www.youtube.com/shorts/9uH4s0dVmaE?feature=share

 

 

 

 

Provincia di Valencia - Wikipedia

Valencia provincia
Wikipedia

e infine..

Galinka Zlatà Palz, la bellissima

 

Annuncio con vero piacere che il mio Amico GERMANO MASCI stà per avere la sua prima cucciolata con i LUPI DI GUBBIO, ovvero tra il suo pluri campione Wakan Big Wolf e la bellissima Galinka.

 

 

 

Wakan Big Wolf

Sia Wakan che Galinka hanno già riprodotto in passato, ma questa per loro è la prima cucciolata insieme e tra pochi giorni nasceranno i piccoli.

 

 

 

*** per chi proprio volesse passare qui  con noi la serata..:

 

VALENCIA: I

video, 7 min. — “Voces para la Paz” (Músicos Solidarios)- Concierto 17 nocembre 2024 per l’alluvione a Valencia :: MARCHA RADETZKY. Johann Strauss. Director: Andrés Salado, – Percusión: Raúl Benavent. *** mai sentita un’edizione così allegra, è una festa per tutti, non una marcia.

 

 

VALENCIA II.

Se qualcuno vuole restare in Spagna con noi, andiamo a Valencia nei giorni de ” Las Fallas ” ( 2023 )- tra un po’ iniziano le feste di quest’anno — dal 1 al 19 marzo 2025- queste feste tradizionali sono del patrimonio immateriale dell’Unesco+ Valencia, qualche foto ed altro

 

*** las fallas- feste, grandi feste

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Donatella D’Imporzano, pochi versi del marzo ’24 – + mario bardelli, Volto, 2024, acrilico su tela, cm 50×50

 

 

 

 

 

 

Quei volti parlano
come le pietre.
Contro cieli infiniti
sopportano i giorni.
Come le pietre
dei loro sentieri
sorreggono la vita,
quei passi
che portano
ad un cielo indifferente.

 

 

 

 

 

bardelli, volto, 2024, acrilico su tela, cm 50×50

 

 

 

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Ignoto. San Francesco e il Lupo. Mostra a Gubbio fino all’11 gennaio 2026 : ” Francesco d Frate Lupo ” al Museo Civico, il Museo Diocesano e le Logge dei Tiratoi + altro

 

 

 

 

Ignoto, Francesco ammansisce il lupo di Gubbio
sec. XV; carta, 34 x 25 cm;
Assisi, Santa Maria degli Angeli,
Biblioteca Porziuncola,
Specchio dell’Ordine dei Minori o Franceschina

 

 

 

nel link sotto, altre immagini dei quadri della Mostra:

https://www.finestresullarte.info/recensioni-mostre/recensione-mostra-beato-angelico-palazzo-strozzi-museo-di-san-marco– 27 settembre 2025

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FIORETTI DI SAN FRANCESCO,  capitolo  XXI

 

Il lupo di Gubbio“Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio, nel contado d’Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini; in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura, però che spesse volte s’appressava alla città; e tutti andavano armati quando uscivano della città, come s’eglino andassono a combattere, e con tutto ciò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo. E per paura di questo lupo e’vennono a tanto, che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra. Per la qual cosa avendo compassione santo Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, bene che li cittadini al tutto non gliel consigliavano; e facendosi il segno della santissima croce, uscì fuori della terra egli co’suoi compagni, tutta la sua confidanza ponendo in Dio. E dubitando gli altri di andare più oltre, santo Francesco prese il cammino inverso il luogo dove era il lupo.
Ed ecco che, vedendo molti cittadini li quali erano venuti a vedere cotesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed appressandosi a lui santo Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sé e disse così: “Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona”. Mirabile cosa a dire!Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere. E santo Francesco gli parlò così: “Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, e hai fatti grandi malifici, guastando e uccidendo le creature di Dio sanza sua licenza, e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere uomini fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu se’degno delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro, sicché tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e né li uomini né li cani ti perseguitino più”. E dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di orecchi e con inchinare il capo mostrava d’accettare ciò che santo Francesco dicea e di volerlo osservare.
Allora santo Francesco disse: “Frate lupo, poiché ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto ch’io ti farò dare le spese continuamente, mentre tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicché tu non patirai più fame; imperò che io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’accatto questa grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana né ad animale: promettimi tu questo?”. E il lupo, con inchinare di capo, fece evidente segnale che ‘l prometteva. E santo Francesco sì dice: “Frate lupo, io voglio che tu mi facci fede di questa promessa, acciò ch’io me ne possa bene fidare”. E distendendo la mano santo Francesco per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sopra la mano di santo Francesco, dandogli quello segnale ch’egli potea di fede. E allora disse santo Francesco: “Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo, che tu venga ora meco sanza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio”. E il lupo ubbidiente se ne va con lui a modo d’uno agnello mansueto; di che li cittadini, vedendo questo, fortemente si maravigliavano. E subitamente questa novità si seppe per tutta la città; di che ogni gente, maschi e femmine, grandi e piccioli, giovani e vecchi, traggono alla piazza a vedere il lupo con santo Francesco.Ed essendo ivi bene raunato tutto ‘l popolo, levasi su santo Francesco e predica loro, dicendo, tra l’altre cose, come per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze, e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ci ha a durare eternalemente alli dannati, che non è la rabbia dello lupo il quale non può uccidere se non il corpo: “quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d’un piccolo animale. Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de’vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale”. E fatta la predica, disse santo Francesco: “Udite, fratelli miei: frate lupo che è qui dinanzi da voi, sì m’ha promesso, e fattomene fede, di far pace con voi e di non offendervi mai in cosa nessuna, e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui che ‘l patto della pace egli osserverà fermamente”. Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo continovamente. E santo Francesco, dinanzi a tutti, disse al lupo: “E tu, frate lupo, prometti d’osservare a costoro il patto della pace, che tu non offenda né gli uomini, né gli animali, né nessuna creatura?”. E il lupo inginocchiasi e inchina il capo e con atti mansueti di corpo e di coda e d’orecchi dimostrava, quanto è possibile, di volere servare loro ogni patto. Dice santo Francesco: “Frate lupo, io voglio che come tu mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, che tu non mi ingannerai della mia promessa e malleveria ch’io ho fatta per te”. Allora il lupo levando il piè ritto, sì ‘l puose in mano di santo Francesco. Onde tra questo atto e gli altri detti di sopra fu tanta allegrezza e ammirazione in tutto il popolo, sì per la divozione del Santo e sì per la novità del miracolo e sì per la pace del lupo, che tutti incominciarono a gridare al cielo, laudando e benedicendo Iddio, il quale sì avea loro mandato santo Francesco, che per li suoi meriti gli avea liberati dalla bocca della crudele bestia. E poi il detto lupo vivette due anni in Agobbio, ed entravasi dimesticamente per le case a uscio a uscio, sanza fare male a persona e sanza esserne fatto a lui, e fu nutricato cortesemente dalla gente, e andandosi così per la terra e per le case, giammai nessuno cane gli abbaiava drieto. Finalmente dopo due anni frate lupo sì si morì di vecchiaia, di che li cittadini molto si dolsono, imperò che veggendolo andare così mansueto per la città, si raccordavano meglio della virtù e santità di santo Francesco. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.Fioretti, capitolo XXI

 

Preghiera:

O Signore, il mondo è pieno di violenza e di guerre, come lo era la società in cui Francesco d’Assisi viveva. La gente spesso vive nella paura e senza speranza per il proprio futuro e quello del suo popolo. Libera, Signore, il mondo dalla guerra, dalla violenza e dalle ingiustizie, concedi a tutti quella pace che tu solo puoi dare. Dona la pace in particolare a quella terra, che tu hai percorso e dove hai annunciato il Vangelo del regno, Tu che sei Dio e vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

 A cura della Comunità di Sant’Egidio

 

 

 

da :

 

VATICAN.VA/ SPIRIT/ DOCUMENTS / SPIRIT  20001124  FIORETTI.IT

https://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20001124_fioretti_it

 

 

nota :

 

FIORETTI DI SAN FRANCESCO

-Illustrazioni di p. Leone Bracaloni

 8,55 €

editore Porziuncola, 2014

** ci sono altre edizioni… 

 

 

ULTIMISSIMA :

 

El lobo de Gubbio.

 

opera sopra ultima:

José Benlliure y Gil  (Valencia, 1º ottobre 1855 – Valencia, 5 aprile 1937) è stato un pittore spagnolo.

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MARIO DI VITO, Il memorandum con la Libia si rinnova nel nome di Almasri– IL MANIFESTO  2 ottobre 2025 — aggiornato oggi- 17.40

 

 

IL MANIFESTO  2 ottobre 2025 — aggiornato oggi- 17.40
https://ilmanifesto.it/il-memorandum-si-rinnova-in-silenzio-nel-nome-di-almasri

 

 

 

Il memorandum con la Libia si rinnova nel nome di Almasri

 

 

 

 

 

Giorgia Meloni con Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh foto LaPresse

Mario Di Vito

Si trattava di non fare niente, e il governo è riuscito a svolgere questo compito alle perfezione: oggi si rinnova in automatico il memorandum tra Italia e Libia «sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere».

 

SCATTA in sostanza la clausola inserita all’articolo 8: le parti possono chiedere di rivedere gli accordi solo in forma scritta e con un preavviso almeno di tre mesi sulla scadenza.

 

Il patto venne stipulato il 2 febbraio del 2017, si intenderà tacitamente confermato il 2 febbraio del 2026 e oggi è l’ultimo giorno utile per poterlo disdire o modificare. Se ne riparlerà tra tre anni.

 

Nessuna sorpresa: il dibattito sul memorandum non è esistito in parlamento e nel paese soltanto poche tra associazioni umanitarie e ong hanno provato, vanamente, ad alzare la voce. Dunque la collaborazione continuerà, i lager per migranti in Libia non interromperanno il loro lavoro e la famigerata guardia costiera di Tripoli proseguirà la sua sanguinaria opera di limitazione delle partenze verso le coste italiane. Tutto questo in cambio di soldi, mezzi e addestramento. Un affare.

 

IERI, intanto, la Corte penale internazionale ha reso pubblica l’ultima risposta di Roma alle domande della prima pre-trial chamber sul caso Almasri, nome simbolo dello stretto rapporto che c’è tra Italia e Libia.

 

Le due paginette, firmate dall’ambasciatore italiano nei Paesi Bassi Augusto Massari e consegnate all’Aja venerdì, sono l’estremo tentativo di evitare un deferimento di fronte al consiglio di sicurezza dell’Onu per mancata cooperazione giudiziaria.
E i toni, rispetto al passato quando si parlava di «mandato d’arresto confusionario» e si concionava di «interessi strategici» e «sicurezza nazionale», sono molto più bassi.

 

IL NOSTRO PAESE quasi ammette l’errore fatto con la mancata consegna dell’ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli, ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità. Scrive Massari: «L’esperienza maturata con il caso Almasri ha portato l’Italia, in tutte le sue articolazioni (parlamento, governo e magistratura), a intraprendere una revisione delle modalità con cui deve operare il sistema di cooperazione delineato dalla legge italiana».

 

 

IL RIFERIMENTO  è alla decisione presa giovedì dalla Corte d’appello di Roma di sollevare davanti alla Corte costituzionale una questione sulla parte della legge numero 237 del 2012 (quella che regola appunto la cooperazione con la Cpi) in cui si parla di obbligo da parte dell’autorità giudiziaria di interloquire con il ministero della giustizia.

La sponda al governo è evidente: il problema con Almasri – cioè proprio il motivo per cui il 21 gennaio il suo arresto non venne convalidato – risiedeva nel fatto che da via Arenula ( Sede del Min. Giustizia ) nessuno rispose alle sollecitazioni della Corte d’appello di Roma. Che ora dice: in fondo quella parte della legge forse era sbagliata.

Non basta per coprire l’inazione del ministro Carlo Nordio e dei suoi uffici (che nemmeno si sono degnati di interloquire con la Corte dell’Aja), ma i giudici di fatto concedono che la norma era da considerare quantomeno discutibile. Peccato che tutti i più importanti paesi europei prevedono nei casi del genere avvenga un dialogo tra i magistrati e l’esecutivo, che ha sempre l’ultima parola: in Francia il guardasigilli filtra tutte le richieste, in Germania il ministero federale della giustizia ha potere di veto, in Spagna il governo ha facoltà di bloccare tutto per motivi di politica estera, nel Regno Unito il segretario di stato ha il pieno controllo delle procedure.

 

AD OGNI MODO, Massari assicura che qualcosa stiamo facendo. Di più, l’ambasciatore spiega all’Aja che con il diniego opposto dalla Camera alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Nordio, Piantedosi e Mantovano non è affatto un colpo di mano, perché «la magistratura ha il potere di sollevare la questione del conflitto di attribuzione di poteri statali dinanzi alla Corte Costituzionale; inoltre, la questione può essere sollevata senza alcun termine prefissato. La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibili ricorsi analoghi in diverse occasioni».

Un ricorso c’è già, l’ha presentato a nome di Lam Magok, vittima di Almasri, l’avvocato Francesco Romeo. Ma proprio questa settimana il tribunale dei ministri ha disposto l’archiviazione dei due ministri e del sottosegretario in virtù dello scudo parlamentare.

 

MASSARI però insiste molto sul punto della libertà d’iniziativa della giurisdizione, e fa presente che esiste anche un’indagine aperta per false informazioni ai pm nei confronti di Giusi Bartolozzi, capa di gabinetto del ministero della Giustizia. «La procura è, ovviamente, indipendente e la durata del procedimento non è in alcun modo prevedibile», argomenta. Nessun accenno ovviamente al clima che si respira in Italia quando si parla di giustizia: ogni decisione presa da un giudice e sgradita al governo diventa casus belli; la premier ormai manco nasconde più che la riforma della separazione delle carriere è una vendetta contro le toghe; chi ha rinviato alla giustizia europea le leggi sull’immigrazione – a ragione, viste le sentenze – è stato additato e oggetto di linciaggio televisivo per mesi e mesi. E pure sul caso Almasri nello specifico non c’è mai stata alcuna vera ammissione di responsabilità da parte dell’esecutivo.

 

«L’ITALIA rinnova la sua ferma intenzione di collaborare positivamente con la Cpi», scrive Massari prima dei cordiali saluti. Da domani, però. Scordiamoci il passato. Nella speranza che il prossimo criminale internazionale che passa da queste parti non sia un pezzo fondamentale della nostra politica estera come l’ultimo.

 

 

 

NOTA  1:

Solo la fraternità ci può salvare. Interviste con don Mattia Ferrari e Lam Magok

foto articolo 21

Lam Magok

il manifesto, 17 ottobre 2025

Almasri, gli avvocati delle vittime chiedono il ricorso alla …

 

 

nota 2:

Mario Di Vito

Mario Di Vito è cronista giudiziario de “il manifesto”. Per Laterza è autore di Colpirne uno. Ritratto di famiglia con Brigate Rosse (2022) e La pista anarchica. Dai pacchi bomba al caso Cospito (2023).

 

 

Il nero dei giorni

Storia del giudice Amato, delle sue indagini e del suo omicidio

Mario Di Vito

€ 19,00
LATERZA 2025

PRESENTAZIONE DELL’EDITORE:

Dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, Roma è sconvolta dalla violenza politica. I Nar, i Nuclei armati rivoluzionari di Mambro e Fioravanti, espressione della galassia neofascista, si distinguono per l’efferatezza delle loro azioni e per i collegamenti con i servizi segreti e la banda della Magliana. A indagare su di loro è un magistrato, Mario Amato. Solo e isolato, verrà ucciso, perché aveva intuito molte verità scomode.

Roma, 23 giugno 1980. Il sostituto procuratore Mario Amato sta aspettando sotto casa sua l’autobus che dovrebbe portarlo al lavoro, in tribunale. La macchina è rotta, la scorta non è disponibile e lui non può fare altro che servirsi dei mezzi pubblici.
All’improvviso un ragazzo si avvicina a lui, gli punta una pistola alla testa e apre il fuoco. Amato muore così, in mezzo alla strada, da solo. A sparare è stato Gilberto Cavallini, mentre il suo complice, il giovanissimo Luigi Ciavardini, lo attende a bordo di una moto. I due fanno parte dei Nuclei armati rivoluzionari, la formazione terroristica di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che sta mettendo a ferro e fuoco Roma tra omicidi efferati, rapine e loschi traffici.

Su queste vicende Amato stava indagando, intuendo quella che lui stesso definì «una verità d’assieme». In procura però era isolato, i suoi capi lo ignoravano e alcuni colleghi addirittura cercavano di delegittimarlo e di sabotare il suo lavoro.

Mettendo insieme la biografia di questo sostituto procuratore e la storia delle sue indagini, andate avanti anche dopo la sua morte, il libro segue il percorso del filo che collega la lotta armata nera degli anni ’70 ai giorni nostri, tra personaggi ricorrenti, legami indissolubili e uno spirito che continua ad abitare le istituzioni ai suoi livelli più alti.

 

 

 

Scheda libro

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Certamente ve ne siete accorti, ma ogni mattina l’Ansa/ o i tg ci lasciano costernati, ieri era uguale ma le notizie diverse…possibile che diminuiscano sempre di più i soldi ( anche per le scuole ) sulla salute mentale… ?

 

 

 

 

segue da:

Ansa.it 3 novembre 2025 

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2025/11/03/

 

 

 

tutti i link–di stamattina :::

 

‘Mi hanno accoltellata’, grave una donna nel centro di Milano

 

 

Minore torturato a Torino, sequestrati telefoni e video

Potrebbero contenere immagini dei soprusi subiti dal ragazzo, la Procura indaga per sequestro di persona

 

 

Ciclista ucciso da un’auto pirata, è lo zio di Laura Pausini

 

 

Due alpinisti italiani dispersi in Nepal, in corso le ricerche

 

 

 

Napoli
Diciottenne ucciso a Boscoreale Si costituiscono due giovani

 

Roma, ore 12.35

Secondo una prima ricostruzione, una parte della struttura in muratura si sarebbe staccata durante le operazioni di intervento, travolgendo parte delle impalcature e causando il cedimento di alcune porzioni del ponteggio. Gli operai presenti hanno subito dato l’allarme e diversi testimoni hanno riferito di aver udito un forte rumore, seguito da una nuvola di polvere che ha invaso la strada.

 

In crescita i reati di strada, più colpite le grandi città

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video, 3.36 — Steve Cutts (1995 ) -” Uomo ” — un disegnatore che sta a Londra — musica di Edvard Grieg ( Bergen – Norvegia , 15 giugno 1843 – Bergen, 4 settembre 1907)

 

 

 

Steve Cutts è un illustratore e animatore attivista con sede a Londra, Inghilterra. Le sue opere d’arte fanno satira sugli eccessi della società moderna. Il suo stile si ispira ai cartoni animati degli anni ’20 e ’30, così come ai fumetti moderni e alle graphic novel.

 

 

 

 

 

Una foto di Bergen in Norvegia

da : Visit Norway

 

 

 

se mai voleste …

BRYGGEN -BERGEN — ANTICO QUARTIERE DI CASE DI LEGNO LUNGO LA BAIA– UNESCO –NORVEGIA

 

 

 

 

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“L’appuntamento” – Isabel Vinardell ( voce ) & Isabelle Laudenbach ( chitarra flamenca )–Roberto Carlos, Erasmo Carlos, Bruno Lauzi ( in italiano), Ornella Vanoni.

 

 

 

 

 

nota sulle artiste ( quello che abbiamo trovato ) 

 

Il mondo musicale della chitarrista francese Isabelle Laudenbach è vasto. Appassionata di flamenco, è stata la prima a diplomarsi in chitarra flamenca presso l’ESMUC – Escola Superior de Música de Catalunya. Oltre al flamenco, la sua curiosità la porta ad interessarsi a molti stili, dalla musica brasiliana al pop, passando per il folklore sudamericano, la canzone francese o la musica classica. Il suo linguaggio, sia negli arrangiamenti che nella composizione, si nutre naturalmente di queste influenze, sempre aperto a nuove sonorità e tecniche. È stata membro e fondatrice del gruppo Las migas, con il quale ha registrato due album e tenuto centinaia di concerti in Spagna e all’estero. Dal 2017 fa parte del progetto di flamenco sperimentale LaboratoriA, con il quale ha presentato gli spettacoli Una mujer fue la causa e Y perdí mi centro . Accompagna regolarmente la cantante catalana Maria Rodés e tende a muoversi in progetti interdisciplinari (teatro, circo, danza, poesia, colonne sonore).

Isabel Vinardell è una ballerina e cantante instancabile, che si dedica professionalmente al mondo della musica e della danza dal 2001 e che ha calcato i palchi di molti angoli del mondo con diverse formazioni della scena musicale. Ha registrato tre album con Cheb Balowski, che hanno avuto tournée internazionali. Ha collaborato con artisti come Calima o Morosito, ha partecipato a videoclip di Ojos de Brujo o DjVadim e il suo progetto musicale Alkut è stato selezionato da Rubén Blades nel Rubén Blades Show. Ha coreografato e partecipato a diversi spettacoli e spettacoli acquatici come Fonts Bessones in Plaça de Catalunya.

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video, 12.42 min. –LUCIO CARACCIOLO: “ L’EUROPA DI DOMANI ” – Forum Sant’Egidio 27 Ottobre 2025 +video, 8 min. Prof. Canfora, L’Europa è in coma, Tag 24

 

 

27 Ottobre 2025 - NEWS - COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO

 

 

 

A Roma per “Osare la pace”. Dal 26 al 28 ottobre 2025 l'Incontro Internazionale di dialogo e preghiera per la Pace - NEWS - COMUNITÀ DI SANT' EGIDIO

 

 

 

 

Pace - NEWS - COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO

 

 

foto sopra– da :;:Comunità di Sant’Egidio

 

 

 

 

 

 

 

Nel suo intervento al forum “L’Europa di domani”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nell’ambito dell’incontro internazionale “Osare la pace” (Roma, 27 ottobre 2025), Lucio Caracciolo riflette sul ruolo smarrito dell’Europa nella costruzione della pace e sulla necessità di riscoprire l’arte del dialogo e della diplomazia. Un’analisi lucida sul presente geopolitico del continente, tra crisi identitaria, dipendenza americana e transizione dell’ordine mondiale.

 

 

 

 

TAG 24 — video, 8.00 min.

Prof. Canfora : la diagnosi ::: L’Europa è in coma 

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