ISABELLE FAUST, VIOLINO::: BEETHOVEN, CONCERTO PER VIOLINO E ORCHESTRA OP. 61 +++ LA BELLISSIMA ESSLINGEN AM NECKAR / ” La piccola Venezia ” – ( dove è nata la concertista )– Siamo sempre nel Wuttemberg +++ IL CASTELLO DI HOHENNEUFFEN ( una piccola diatriba con i Donatelli )

 

 

 

 

ISABELLE FAUST è una violinista tedesca nata nel 1972 ad ESSLINGHEN AM NECHAR

 

 

Isabelle Faust: “Così ho risvegliato il mio Stradivari”

La musicista tedesca in concerto in Italia con il suo violino dimenticato per 150 anni:  ha iniziato la sua carriera solista a 15 anni


ROMA IN QUESTO nostro tempo ridondante di star affette da sindromi esibizionistiche, l’asciutta dama tedesca Isabelle Faust sembra marciare controvento. Violinista di bravura eccelsa, avrebbe molto di cui pavoneggiarsi. Eppure è segreta, sfuggente e proiettata con purezza nel proprio destino musicale. Ma il suo sottrarsi ai riflettori e alle interviste ha finito per farne una diva suo malgrado e una leggenda per gli amanti della musica.

Suonando può esprimere un lirismo senza scampo o l’elettricità di un vortice emotivo. Entra nel mondo dei pensieri e nella sfera dei sentimenti con la stessa audace pertinenza.

Di fatto Isabelle, che ha 43 anni, un figlio diciannovenne e abita a Berlino (nelle rare soste tra un tour internazionale e l’altro), spicca come una delle messaggere più carismatiche del repertorio tradizionale, con incursioni pregiate nel contemporaneo. Il 19 aprile a Torino (al Conservatorio per l’Unione Musicale) e il 20 a Milano (al Conservatorio per la Società del Quartetto) si esibirà con l’Orchestra of the Age of Enlightenment (Età dell’Illuminismo ), formazione inglese di altissimo livello che studia e pratica la musica barocca e classica con gli strumenti del periodo.

“In programma ci saranno fra l’altro il Primo e il Quinto Concerto per violino di Mozart”, spiega Isabelle. “Amo l’idea di mostrare l’incredibile progresso che ci fu nell’arco di pochissimi anni nel modo mozartiano di scrivere concerti. Mozart corre forte nella composizione, raggiungendo nel Quinto un acme di bellezza”.

 

Che significa per lei lavorare con un gruppo filologico come The Age of Enlightenment?

“Vuol dire soprattutto trovare una distanza dalla tradizione romantica da cui sono stata condizionata e identificare qualcosa di più vicino a Mozart. Mi sono formata sui dischi mozartiani di Oistrakh: magnifici, certo, ma lontani dall’originale. L’istinto può esser falso quando si è cresciuti in un’altra direzione, e questo vale affrontando ogni compositore”.

 

Lei suona uno Stradivari “Bella Addormentata” del 1704. A cosa deve quel nome il suo violino?

“Per centocinquant’anni fu dimenticato nella casa di un’aristocratica famiglia in Germania senza che nessuno lo toccasse. Quando nel ventesimo secolo venne alla luce, lo definirono “The Sleeping Beauty”. È rifinito, flessibile, versatile. Ha corde di budello che oggi non si usano più e sono molto più adatte a Mozart rispetto a quelle di metallo adottate nei violini costruiti adesso”.

 

Isabelle Faust è nata in una famiglia di musicisti?

“Mia mamma lo era, e mio padre prese a studiare il violino a trent’anni perché l’aveva incontrata. Ho la musica nelle radici, mi sembra di non avere fatto altro. Ero bambina quando si eseguiva musica da camera in casa. Era coinvolto pure mio fratello, e quando avevo undici anni io e lui eravamo già stati ingaggiati da un ensemble”.

 

 

CLAUDIO ABBADO DIRIGE IL CONCERTO DI APERTURA DEL FESTIVAL DI LUCERNA, SVIZZERA – 10 agosto 2006– ANSA/URS FLUEELER

 

 

CLAUDIO ABBADO — foto Sole 24 ore
(Milano26 giugno 1933 – Bologna20 gennaio 2014) è stato un direttore d’orchestra italiano.

 

Claudio Abbado nel 1965

 

 

 

Può parlare della sua intensa collaborazione con Claudio Abbado?

“Aveva un modo insostituibile di trasmettere la musica, con sguardi e gesti, occhi e mani, senza mai troppe parole. Ci ha insegnato l’ascolto partecipe di tutti gli altri musicisti impegnati nel concerto:
l’ascoltarsi e il rispondersi musicalmente era fondamentale nella sua visione.
 La sua preparazione era stupefacente per inesauribilità. Poteva lavorare per interi mesi su pezzi che conosceva ed eseguiva da cinquant’anni. Ogni volta ci si rituffava dentro con un interesse nuovo”.

 

 

qualche foto di

ESSLINGEN AM NECKAR, 

una città di 95.000 abitanti ( dicembre 2022 ) nel Land del Baden- Wuttenberg, distretto di Stoccarda.

CARTINE AL FONDO ED ALTRE NOTIZIE DI TIPO STORICO

 

 

 

 

Centro storico con la chiesa di Esslingen

centro della città vecchia

 

 

Piazza a EsslingenPiazza Principale

 

 

Lace on textiles

la lavorazione di pizzi è una specialità della città

 

 

 

Lace on textiles

 

 

 

 

Germany, Baden-Wurttemberg, Esslingen, Historic half-timbered building at Georg-Christian-von-Kessler-Platz

Storico edificio nella piazza Giorgio Christian von Kessler

 

 

Germany, Baden-Wurttemberg, Esslingen, St. Dionys church and surrounding houses

la chiesa di San Dionigi e dintorni

 

 

Germany, Baden-Wurttemberg, Esslingen, Clear sky over historic town hall

il cielo azzurro sulla storica torre

 

 

Close-up of sea duck swimming in lake,Esslingen,Germany

un’anatra nuota nel lago di Esslingen

 

Vineyard steep slope

le vigne ..

 

 

Germany, Baden-Wuerttemberg, Esslingen, View to city centre with castle in the evening

vista della città di Esslingen al tramonto con il castello sullo sfondo

 

 

 

Germany, Esslingen, garden allotments

Esslingen, case con giardino

 

 

Germany, Esslingen, garden allotments with summer houses

altre

 

 

Scottish Highland cattle in spring, Esslingen, Baden-Wuerttemberg, Germany, Reussenstein castle ruins, Schwaebi, Baden-Wuerttemberg, Germany

Esslingen, tori delle Highland scozzesi in estate

 

 

CC-German Christmas-Photobrief

Esslingen, mercato di Natale

 

 

 

Fruit tree blossom, Esslingen, Baden-Wuerttemberg, Germany, Reussenstein castle ruins, Schwaebi, Baden-Wuerttemberg, Germany

fiori di albero da frutta

 

 

 

Beehives during fruit tree blossom, Esslingen, Baden-Wuerttemberg, Germany, Reussenstein castle ruins, Schwaebi, Baden-Wuerttemberg, Germany

le api e gli alberi in fiore

 

 

Cropped view of man feeding goat with apple

un uomo da da mangiare una mela ad una bella capra

 

 

 

Vecchi edifici a Esslingen vicino a Stoccarda, Germania

vecchi edifici a Esslingen

 

 

 

Mappa MICHELIN Esslingen am Neckar - Pinatina di Esslingen am Neckar ViaMichelin

ESSLINGEN  AM NECKAR  — VICINO A STOCCARDA  — E’ SUL FIUME NECKAR – sulla destra ( = a sud ovest di Stoccarda )

 

 

Baden-Württemberg - Wikipedia

BADEN- WUTTENBERG

 

 

 

per i ++ curiosi:

Nel territorio di Esslingen sono stati ritrovati reperti archeologici risalenti al Neolitico, periodo nel quale il territorio è stato popolato. Resti di insediamenti umani del 1000 a.C. si trovano sotto l’attuale chiesa cittadina (Stadtkirche).

Nel I secolo d.C. il territorio di Esslingen divenne parte dell’Impero romano, dopo che i romani attorno al 70 d.C. avevano oltrepassato il Reno. In quell’epoca furono costruite nell’area di Oberesslingen una fattoria romana e a Berkheim una villa romana. Gli insediamenti più vicini di maggiori dimensioni erano Cannstatt e Köngen (Grinario).

Nel territorio di Esslingen non sono stati ritrovati reperti prealemanni di epoca post-romana, che invece sono presenti nella pianura Filder. Provengono da Rüdern alcuni reperti che fanno pensare a una ricca sepoltura dagli influssi orientali, come ad esempio una sequenza di punte di frecce con tre ali. Il nome della località, che termina in “-ingen”, fa riferimento a un’associazione di persone nella quale giocava un ruolo rilevante – come capofamiglia o come signore del territorio – un uomo chiamato Hezzilo o Hetsilo. Questo nome, assieme al suffisso, “-ingen”, divenne la denominazione del villaggio e successivamente della città.

Nel VI secolo gli Alemanni furono sottomessi dai Merovingi sotto il regno di Clodoveo I. Ciononostante gli Alemanni ricoprirono incarichi amministrativi anche sotto il dominio franco e costituirono un ducato nel Regno franco. Nell’VIII secolo tentarono nuovamente di instaurare un dominio indipendente. Il tentativo fallì nel 746 con la strage di Canstatt, che pose fine al ducato degli Alemanni.

In un reperto archeologico sepolcrale molto importante sono stati ritrovati grazie a Günter Fehring i resti della Vitalis-Cella sotto la Chiesa di San Dionisio. I resti di insediamenti umani attorno alla cella risalgono alla tarda epoca merovingia. Più antiche sono invece le aree sepolcrali di Oberesslingen e Sirnau.

La prima testimonianza documentale di Esslingen risale all’anno 777. L’abate Fulrado di Saint Denis lasciò in eredità la Cella oltre il Neckar, che in precedenza aveva ricevuto da un nobile alemanno di nome Hafti, e le ossa del martire Vitale al monastero reale merovingio di Saint-Denis vicino a Parigi. Dopo la morte dell’abate (nel 784) il monastero fece trasportare i resti di San Vitale dall’Italia alla Cella. Successivamente il luogo divenne un importante centro di pellegrinaggio. La prima citazione del nome “Esslingen” in forma di Hetsilinga si trova in un documento ufficiale di Ludovico il Germanico dell’866, nel quale viene confermato al luogo in cui si trova la Cella il diritto di tenere il mercato. Probabilmente Ludovico il Germanico gli aveva già concesso tale diritto attorno all’anno 800 per salvaguardare le entrate pecuniarie del monastero e i rifornimenti dei pellegrini. Favorevole allo sviluppo di un mercato e del pellegrinaggio era la posizione strategica del luogo su una via di grande comunicazione tra le Fiandre e il Norditalia, che attraversava un’area vicina ad Esslingen.

Tra il 950 e il 1050 circa Esslingen batteva moneta. Esistono solo poche testimonianze scritte risalenti a questo periodo. Si suppone che Esslingen fosse un luogo largamente edificato quando Rodolfo di Rheinfelden tenne un convegno di principi a Esslingen nell’anno 1077. Nello stesso anno Enrico IV di Franconia mosse guerra al rivale Rodolfo e una delle battaglie si svolse nei pressi di Esslingen. Se il luogo in precedenza era probabilmente sotto il dominio dei duchi di Svevia, nell’anno 1079 andò, assieme al titolo ducale di Svevia e alla fortezza di Hohenstaufen, a Federico I di Svevia e, in questo modo, alla dinastia degli Hohenstaufen.

Gli Hohenstaufen al potere-– SEGUE NEL LINK QUI

 

 

 

 

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PER TUTTI I DONATELLI CHE NEI PRIMI ’70 HANNO VIAGGIATO NEL BADEN-WUTTEMBERG IN GERMANIA SUD-OVEST–

 

 

IL CASTELLO DI HOHENNEUFFEN

 

CHIARA  A DONATELLA :

Non sarà questa la famosa rovina .. ?  che magari è sulla strada dal castello degli Hohenzollern per tornare a Stoccarda =?

Burg Hohenneuffen sulla cima della roccia sulle colline del giura svevo Germania Castello di Hohenneuffen

uno dei castelli svevi delle colline intorno–Il castello di Hohenneuffen,

 

Il castello è una famosa rovina di un grande castello situato in cima a una collina sopra la città di Neuffen,  nel distretto di Esslingen, nel Baden-Württember

 

 

 

 

Castello di Hohenneuffen con i vigneti

 

Il massiccio degli Hohenneuffen, alto 743 metri, si erge come uno sperone di montagna dalla cresta dell’Albtrauf. La sua cima rocciosa ospita un eterogeneo insieme di rovine, il cui nucleo risale a un castello medievale in cima a una collina. 

 

Non sono state ancora trovate tracce di insediamenti precedenti a Hohenneuffen, sebbene nelle sue immediate vicinanze, sul cosiddetto altopiano di Heidengraben, nel I secolo a.C. esistesse il più grande oppidum celtico dell’Europa centrale.

Costruito prima del 1140, il castello in cima alla collina era protetto da un muro di cinta spesso oltre 3 metri e da una cinta muraria interna, entrambi ancora parzialmente conservati. Il castello acquisì particolare importanza come residenza principale dei Signori di Neuffen, che presero il suo nome. Diversi membri del castello ricoprirono alte cariche e posizioni di fiducia sotto i defunti re degli Hohenstaufen. I canti del menestrello Gottfried von Neuffen riflettono la vita cortese e socievole che coltivavano nel castello.

Anche con il passaggio di proprietà ai Conti del Württemberg nel 1301, il castello mantenne inizialmente il suo carattere di residenza aristocratica fortificata. Tuttavia, la sua capacità difensiva fu notevolmente aumentata con l’aggiunta di mura di cinta esterne sul vulnerabile fianco orientale, in cui l’ingresso principale del castello conduceva ora attraverso la Torre di Allewind.

 

immagine dal link sotto:

https://www.neuffen.de/tourismus-freizeit/sehenswuerdigkeiten/burg-hohenneuffen

 

 

 

GOTTFRIED VON NEUFFEN — XIII secolo

 

 

 

CANTA ROGER GERING

 

 

Gottfried von Neifen (nei pressi di Urach, … – …; fl. XIII secolo) è stato un Minnesänger tedesco, della stirpe dei signori di Neuffen.

 

 

 

 

 

Gottfried von Neifen nella raffigurazione del Codex Manesse.

 

Originario del castello di Hohenneuffen, nei pressi di Neuffen, fece parte del circolo di Enrico VII e la sua poetica fu influenzata da Walther von der Vogelweide e Neidhart von Reuental. Le sue opere, che mostrano già un notevole distacco dalla fase principale del Minnesang, in cui era lodato il servizio incondizionato alla propria signora, colpiscono per l’ironia e la padronanza linguistica. Non sono tramandati Ton ( Melodie ) a suo nome.

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DONATELLA — IL CASTELLO DI TECK DELLA FAMIGLIA TECK –NEL WUTTEMBERG, VICINO A STOCCARDA – con dubbi…ciao bella Do !

 

 

 

DONATELLA

Anche così il castello di Teck è bellissimo. Il mio ricordo ( anni ’70) però è quello di un castello quasi totalmente in rovina, con un’impronta architettonica romanica ( almeno per quello che ne restava). Il fatto di essere costruito su una piccola altura, in mezzo ad una foresta di alti alberi, lo rendeva particolarmente e romanticamente affascinante. Lì le nostre fantasie su un medioevo da sogno si sono scatenate. Scendendo da quella meravigliosa rovina per riprendere la strada verso Stoccarda, il nostro piccolo gruppo, particolarmente compreso da quella visione incantata, canticchiava “A la claire fontaine m’en alland promener…” ( scusate il francese medioevale…)…

 

Chiara : Dubito sia lo stesso castello che tu abbia visto in rovina nel’70 dal momento che — leggo sotto – è stato rifatto tra l’8/900 e negli anni Cinquanta era completato con l’ostello.
Bisognerà cercare ancora..

 

 

 

 

Castello Teck su Teckberg , Giura svevo nel Baden-Württemberg , Germania
FOTO : Merkur-kun – Opera propria

 

 

 

 

castello di teck 2

 

 

Il castello di Teck ( tedesco : Burg Teck ) era un castello ducale nel regno del Württemberg, immediatamente a nord del Giura svevo e a sud della città di Kirchheim unter Teck (ora nel distretto dEsslingen ).

 

Il castello prese il nome dalla cresta Teckberg, alta 2.544 piedi, che lo incoronava. Fu distrutto durante la guerra dei contadini tedeschi (1525).

 

 

I CONTADINI TEDESCHI ALZANO I FORCONI CONTRO I RICCHI FEUDATARI

SEGUE DA : https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.cronologia.it%2Fumanita%2Fmoderna%2Fcap119.htm&psig=AOvVaw0yACuXliTY3nqeF5rB5AXd&ust=1674249058132000&source=images&cd=vfe&ved=0CAMQjB1qFwoTCNi86vTF1PwCFQAAAAAdAAAAABAE

 

 

Eventi, guerra Dei Contadini tedeschi, 1524 - 1526, contadini ribelli sono torturati e decapitati dalle truppe di Ulrich, duca di Wuerttemberg, incisione del legno, 19th secolo Foto stock - Alamy

 

 

 

GUERRA DEI CONTADINI – 1524 -26

 

Guerra dei contadini tedeschi 1525 immagini e fotografie stock ad alta risoluzione - Alamy

 

 

 

Guerra dei contadini tedeschi 1525 immagini e fotografie stock ad alta risoluzione - Alamy

 

 

 

 Gli attuali edifici del sito furono costruiti durante il XIX e il XX secolo sulle rovine del castello originale: alla fine del XIX secolo sulle rovine medievali fu costruita una torre di osservazione, seguita nel XX secolo da una sala per eventi e da un ostello per il Giura svevo.   Infatti dal 6 giugno 1941 il complesso è di proprietà dell’Associazione Giura Svevo , che nel 1954/1955 ha ampliato la Mörikehalle in un ostello con ristorante e dormitori

 

 

Ristorante nel cortile del castello
Rastrello – Opera propria

 

 

 

CARTINA

 

Mappa MICHELIN Kirchheim unter Teck - Pinatina di Kirchheim unter Teck ViaMichelin

IL CASTELLO APPARTIENE OGGI AL DISTRETTO DI ESSLINGEN AM NECKAR, VICINO A STOCCARDA

 

 

 

ALTRE IMMAGINI DEL CASTELLO DI TECK :

 

Castello di Tek 3

 

 

Famiglia Teck 

Nel 1863, il titolo di “Principe di Teck” ( Fürst von Teck ) fu conferito come titolo di cortesia dal re Guglielmo I di Württemberg ai figli di suo cugino duca Alessandro di Württemberg (1804–85) dal suo matrimonio morganatico con la contessa Claudine Rhédey von Kis-Rhéde (1812–41), nobilitata come contessa di Hohenstein.

 

Castello di Tek 6

 

Nel 1871, il principe Francesco, il figlio maggiore del duca Alessandro, fu creato duca di Teck. Suo figlio maggiore Adolphus (nato nel 1868) era il detentore del titolo nel 1910. 

 

Castello di Tek 7

 

Castello di Tek 9

 

Castello di Tek 10

 

Castello di Tek 13

 

 

 

 

Eingang. Castello di Tek 21

 

 

Castello di Tek 32

 

 

Luftbild. Castello di Tek 39

 

 

Luftbild. Castello di Tek 41

 

 

 

Luftbild. Castello di Tek 44

 

 

 

Luftbild. Castello di Tek 46

 

 

Vista aerea sullo sfondo il castello di Hohenneuffen. Castello di Tek 47

 

FOTO SOPRA DA  :
https://megaconstrucciones.net/?construccion=castillo-teck

 

 

Queenmaryformalportrait edit3.jpg

La Principessa Von Teck del regno del Württemberg nacque e fu allevata nel Regno Unito (  Londra26 maggio 1867 – Londra24 marzo 1953) è stata la regina consorte del Regno Unito e dei Domini Britannici e imperatrice d’India, come moglie del re-imperatore Giorgio V del Regno Unito.

 

foto e testo nel link  :
https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_di_Teck

 

 

 

 

 

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IL CASTELLO DEGLI HOHENZOLLERN — — il modello di Walt Disney in vari film — — APPARTIENE TUTTORA ALL’ANTICA NOBILE FAMIGLIA PRUSSIANA, CHE HA REGNATO OLTRE CHE IN PRUSSIA, SULLA GERMANIA UNITA DA BISMARCK . Che a partire dal 1871 fu l’artefice della nascita dell’Impero tedesco, divenendone il primo Cancelliere.

 

 

UN INIZIO DEDICATO  A OTTONE VON BISMARCK : SENZA IL SUO OPERATO NON CI SAREBBE L’UNITA’ DELLA GERMANIA NE’ L’IMPERATORE HOHENZOLLERN

 

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OTTO VON BISMARK A 21 ANNI NEL 1836
Philipp Petri – 1. welt.de 2. Bridgeman Art Library: Object 308444

 

 

 

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BISMARCK FU NOMINATO PRIMO MINISTRO DI PRUSSIA NEL 1862
Bundesarchiv, Bild 183-R15449 / CC-BY-SA 3.0

 

 

 

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BISMARCK NEL 1871
Bundesarchiv, Bild 183-R68588 / P. Loescher & Petsch / CC-BY-SA 3.0

 

 

 

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Otto von Bismarck-Schönhausen (Reichskanzler of Germany, 1871 – 1890), after his resignation in 1890.— DOPO LE SUE DIMISSIONI NEL 1890–
Jacques Pilartz – Questa immagine è stata donata a Wikimedia Commons dall’Archivio Federale Tedesco (Deutsches Bundesa

 

 

 

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Otto Fürst von Bismarck- 1890
Braun et Compagnie – Kabinett-Photo

 

 

 

 

 

LA FAMIGLIA DEGLI HOLLENZONNER E LA LORO DIMORA VICINA TUBINGEN / TUBINGA

 

 

seguono immagini  da Getty Images:

https://www.gettyimages.it/immagine/castello-di-hohenzollern

e testo da :

https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Hohenzollern

 

 

Hohenzollern Castle

 

foto del Castello intorno al 1890
Photograph by W. Hornung / Tübingen. (Photo by Imagno/Getty Images)
*** Local Caption ***

 

 

Il castello di Hohenzollern, in tedesco Burg Hohenzollern è un castello non lontano dalla città di Tubinga, in Germania. Appartenne e fu fatto costruire dalla nobile famiglia prussiana degli Hohenzollern, che visse qui dall’Alto Medioevo alla prima guerra mondiale.

 

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A. Kniesel (= User:-donald-), Lauffen – Opera propria
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Hohenzollern#/media/File:Burg_Hohenzollern_ak.jpg

 

 

 

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Il castello e il monte visti da lontano- Vista da Zeller-Horn in inverno.

 

Il castello si trova sulla sommità del Monte Hohenzollern ad un’altitudine di 855 metri, al di sopra dell’abitato di Hechingen e nel territorio del comune di Bisingen.

 

Hohenzollern Castle...

 

 

 

Baden-Württemberg – Localizzazione

Il Baden-Württemberg è uno dei sedici stati federali
della Germania; si trova nella parte sud-occidentale, a est dell’alto Reno; è il terzo Land (stato) tedesco, sia per estensione sia per popolazione, con capitale Stoccarda.

Il Reno traccia il confine occidentale e gran parte di quello meridionale. A est del Reno si trova la Foresta Nera (Schwarzwald), la principale catena montuosa dello stato. A sud il Baden-Württemberg condivide con la Svizzera i piedi delle Alpi e il lago di Costanza (Bodensee). La sorgente del Danubio si trova in questo stato.

 

 

 

La Germania - Mappa Della Germania - Alto Dettagliato “di Baden Wurttemberg “- Illustrazione di Stock - Illustrazione di amburgo, bonifica: 139906690

IL CASTELLO DEGLI HOHENZOLLERN SI TROVA NELLA CITTADINA DI BISINGEN, VICINO A  TUBINGEN ( TUBINGA )- qui in piccolo sotto Stoccarda ( Stuttgart ) e sopra Reutlingen

 

*** al fondo FINITE LE IMMAGINI DEL CASTELLO, CHI VUOLE TROVA FOTO delle principali città di questo stato tedesco- BADEN-WUTTENBER

 

Hohenzollern Castle in Germany

 

Costruito originariamente nella prima parte dell’XI secolo, venne completamente distrutto dopo un assedio di dieci mesi nel 1423 da parte dell’unione di alcune città sveve. Un secondo castello, più ampio, venne costruito dal 1454 al 1461 e servì come rifugio alla famiglia Hohenzollern in periodo di guerra, anche durante la guerra dei trent’anni.

Alla fine del XVIII secolo tuttavia si iniziò a pensare che il castello avesse perso la sua importanza strategica e cadde gradualmente in abbandono. Ciò portò al crollo di diversi edifici. Oggi dell’originario edificio medievale rimane solo la cappella. La terza ricostruzione del castello, come lo vediamo oggi, venne effettuata tra il 1846 e il 1867 dal re Federico Guglielmo IV in stile neogotico a scopi principalmente celebrativi del prestigio della casata Hohenzollern.

È tutt’oggi di proprietà della famiglia ed è aperto al pubblico.

 

 

IL TESTO SUL CASTELLO E’ DA WIKIPEDIA– LINK SOTTO

https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Hohenzollern

 

 

 

Hohenzollern Castle

 

 

 

Autumnally Hohenzollern Castle

 

 

 

 

Hohenzollern Castle and Valley

il Castello e la Valle

 

 

 

The courtyard at Hohenzollern Castle

La corte del castello

 

 

PRINCIPALI REGNANTI HOHENZOLLERN, PRIMA SULLA PRUSSIA , POI SULLA GERMANIA UNITA.. a noi conosciuti…

 

Guglielmo I (1797-1871), 1° imperatore tedesco, incisione su legno, pubblicato nel 1892

Giglielmo I Hohenzollern- re di Prussia nel 1861, primo Imperatore tedesco dal 1871 fino alla sua morte nel 1888. Incisione su legno da un dipinto ad olio di Franz von Lenbach ( 1836+1904) del 1892, si trova a Lipsia nel Museo delle Arti Figurative- Sassonia.

Antique image: Life of Kaiser Wilhelm II, German Emperor on the “Hohenzollern”

 

 

 

Immagine antica: Vita del Kaiser Guglielmo II, imperatore tedesco sugli "Hohenzollern"

Vita del Kaiser Tedesco Guglielmo II imperatore della famiglia  degli Hohenzoller

 

 

Guglielmo II di Germania e Prussia ( Berlino27 gennaio 1859 – Doorn /Utrecht4 giugno 1941

 

Guglielmo II rimase sul trono sia come re di Prussia e di imperatore della Germania dal 1888 al 1918. Convinto sostenitore del militarismo e della tradizione monarchica prussiana,  si considerò sovrano assoluto per diritto divino fino alla morte.
Per l’appoggio dato all’Austria nella sua politica nei Balcani e per l’assenso dato all’apertura delle ostilità della Germania contro la Russia nel 1914, è considerato fra i principali responsabili dello scoppio della prima guerra mondiale. Dopo la sconfitta, fu costretto ad abdicare e vivere in esilio nei Paesi Bassi fino alla sua morte ( 1918 – 1941 ).

 

 

LE CITTA’ PRINCIPALI DEL BADEN-WUTTENBERG:

 

 

Stoccarda

STOCCARDA
BuzzWoof – Opera propria

 

 

Karlsruhe

KARLSRUHE– IL CASTELLO
Wikipedia-ce (talk | contribs)

 

 

Heidelberg

HEIDELBERG
Hlohning presunto

 

 

 

Mannheim

MANNHEIM — PALAZZO BAROCCO – 1720 – 1760)
Dal  2007 è usato prevalentemente dall’ University of Mannheim.
Stefanie Eichler – Opera propria

 

 

 

 

 

Friburgo

FRIBURGO
Peter Andersen – By User:Peter Andersen

 

aprite ** NEL LINK LA VEDETE MEGLIO : ( Fiburgo )
https://it.wikipedia.org/wiki/Baden-W%C3%BCrttemberg#/media/File:Freiburg_view.jpg

 

 

 

 

Ulma

ULM ( ULMA ) SUL DANUBIO
Franzfoto – Opera propria

 

 

Baden-Baden

BADEN- BADEN– LA CHIESA DEL MONASTERO
A.Savin – Opera propria

 

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DONATELLA D’IMPORZANO — timidamente.. in onore della poesia ” Il primo amore ” di Giacomo Leopardi, la nostra Donatella ci ha soccorso con ” La prima sardinara- Liguria, Sanremo, 18 ottobre 2012

 

 

 

GIACOMO LEOPARDI
foto Wikipedia

 

 

ODE ALLA SARDINARA .. DA CUOCERE

 

 

 

Noi lo sappiamo ben: la sardenaira
è di per sé cosa gentile e rara.
La farina di grano mescolata
con lievito di birra e lavorata,
un pizzico di sale ed acqua fresca,
dopo un po’ di manesca terapia,
ha bisogno di tepore ed alchimia.
La pasta, a suo tempo smaneggiata,
riposata, gonfiata ed appagata,
occorre nuovamente strapazzarla,
con la forchetta e coi bordi limitarla,
nella teglia che le fa da cuna,
con dell’oliva l’olio
come un cuscin di piuma.
Ci va poi sopra il pomodoro: a pezzi,
pelato, spalmato, crudo o cotto,
per fare con la pasta un gran bel botto,
per unire l’Italia al Nuovo Mondo,
ma in modo pacifico e rotondo.
Delle acciughe il machetto va mischiato,
per unir con la terra il mar salato.
Infine l’aglio vestito, i capperi, le olive
per ribadire con la” curnioera”
che il legame tra la terra e il mare,
da sempre saldo, ben stretto dura “ancoera”.
Si mette in forno già caldo e poi si aspetta
venti minuti all’incirca senza fretta,
che dal tepore sorga,
come dal mare Venere,
questa olimpica ricetta.

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+++ AUTORITRATTO DI ANDREA MANTEGNA ( Isola di Carturo, Padova, 1431 – Mantova, 13 settembre 1506 ) ++ UNA ” DEPOSIZIONE ” RITROVATA DI ANDREA MANTEGNA, RESTAURATA ED ESPOSTA AI MUSEI VATICANI DAL 20 MARZO AL 26 MAGGIO 2025– vai al fondo

 

 

 

 

http://autoritratti.wordpress.com/ | Andrea Mantegna, Autoritratto in “Presentazione al Tempio”, dipinto

 

 

DAL QUADRO DI MANTEGNA :

 

 

  ” PRESENTAZIONE AL TEMPIO “

 

La Presentazione al Tempio è un dipinto, tempera su tavola (68,9×86,3 cm), di Andrea Mantegna, databile al 1455 circa e conservato nella Gemäldegalerie di Berlino.

E’ collocabile nell’attività giovanile dell’artista a Padova. Le ipotesi oscillano tra il 1453, anno del matrimonio di Mantegna con Nicolosia Bellini, sorella di Giovanni, e il 1460, anno della partenza per Mantova, lo stesso cui viene fatta risalire la Presentazione al Tempio di Giovanni, esplicitamente derivata da questa. Con le due tavole dell’Orazione nell’orto, le due Presentazioni sono il principale teatro di confronto tra i due artisti.

La composizione sembra la trasposizione pittorica di un bassorilievo, con una cromia ridotta che rende i personaggi simili a solide sculture di roccia. Le figure, nonostante lo spazio angusto, si sfiorano appena e appaiono monumentalmente isolate nella loro dignità superiore.

 

PRESE ALCUNE FRASI — C’E ALTRO NEL LINK

https://it.wikipedia.org/wiki/Presentazione_al_Tempio_(Mantegna)

 

 

 

 

UN’ALTRA FOTO

 

 

SIMILE ALLA ” PRESENTAZIONE AL TEMPIO ” DI GIOVANNI BELLINI

 

 

 

DA : https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:MantegnaPresentazione.jpg#/media/File%3AAndrea_Mantegna_-_The_Presentation_-_Google_Art_Project.jpg

 

 

 

 

 

 

Biografia

 

Formatosi nella bottega padovana dello Squarcione, viene a contatto con le novità dei toscani di passaggio (Filippo Lippi, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Donatello). Si distingue per la perfetta impaginazione spaziale, il gusto per il disegno nettamente delineato e per la forma monumentale delle figure. Nel 1448 viene chiamato a decorare la cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova. Di poco posteriore è il Polittico di San Luca (Brera, Milano) e la Sant’Eufemia (Capodimonte, Napoli). Nel 1457 riceve la commissione per il Polittico di San Zeno per la chiesa del santo a Verona che è uno dei suoi massimi capolavori. Nel 1460 è invitato da Ludovico Gonzaga a Mantova dove si dedica alla decorazione della Camera degli sposi nel Palazzo Ducale, terminata nel 1474. Sempre a questo periodo appartengono il Cristo (Brera, Milano), famoso per lo scorcio piuttosto ardito, e il San Sebastiano (Louvre, Parigi). Alla fine del quattrocento, sempre a Mantova, Mantegna dipinge la Madonna della vittoria commissionatagli da Francesco Gonzaga per celebrare la vittoria di Fornovo del 1495 e lo studiolo di Isabella d’Este.

 

 

 

 

TESTO E IMMAGINE DA:

ARTE.IT

https://www.arte.it/artista/andrea-mantegna-89

 

*** PER VEDERE L’OPERA PRIMA DEL RESTAURO E DOPO– DOVETE ANDARE AL FONDO FINO AL LINK DEI MUSEI VATICANI–Dopo tanto cercare, alla fine l’abbiamo trovata !

 

 

 

Una Deposizione di Cristo attribuita con certezza ad Andrea Mantegna, da secoli ritenuta perduta, è stata recentemente identificata e sarà presentata ai Musei Vaticani nella mostra “Il Mantegna di Pompei. Un capolavoro ritrovato”, che si terrà dal 20 marzo nella Sala XVII della Pinacoteca Vaticana.

Il dipinto, oggi custodito nel Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, era già documentato nel Cinquecento, ma se ne erano perse le tracce. A rendere possibile il riconoscimento è stata la pubblicazione dell’opera sul portale BeWeB della Conferenza Episcopale Italiana, che ha permesso allo studioso Stefano De Mieri di avviare le ricerche.

Qui il link alla scheda d’inventario su BeWeB, aggiornata dopo la scoperta.

 

 

 

IMMAGINE E COMMENTO DA :

BCE ( = Beni Culturali Ecclesiastici ). Chiesa Cattolica– 26 marzo 2025
https://bce.chiesacattolica.it/2025/03/26/un-capolavoro-ritrovato-la-deposizione-di-cristo-di-andrea-mantegna/

 

 

 

 

ALTRA IMMAGINE DELLA ” DEPOSIZIONE ” DI ANDREA MANTEGNA DA:

Articolo di 21 Mar 2025

NEL LINK SOTTO LE NOTIZIE SONO PIU’ PARTICOLAREGGIATE CHE IN QUELLO SOPRA

https://grandenapoli.it/la-deposizione-di-cristo-di-mantegna-ritrovata-a-pompei/

 

ROMA- REPUBBLICA  – 21 MARZO 2025

https://roma.repubblica.it/cronaca/2025/03/21/news/mantegna_restaurato_musei_vaticani-424076759/

 

 

 

- RIPRODUZIONE RISERVATA

ANSA.IT — 17 MARZO 2025

 

 

 

 

pompei-mantegna-ritrovato

Non tutto, però, è ancora stato chiarito. Non si sa quando la tela sia stata portata via dalla basilica napoletana e quando (e come) sia finita a Pompei. Si sa che da qualche anno era nel Santuario della città, tanto che la sua immagine era stata inserita nel sito della Conferenza episcopale italiana. Proprio da questo scatto è partita l’intuizione di Stefano De Mieri, ricercatore del Suor Orsola Benincasa, che ha collegato quelle figure al dipinto del Polittico di Angri, al centro del quale c’è una copia fedele della «Deposizione» di Mantegna, presunta dispersa e ora ritrovata.

 

testo e immagine da:

OPEN.ONLINE — 18 MARZO 2025

https://www.open.online/2025/03/18/pompei-dipinto-mantegna-santuario-vaticano/

 

 

 

forse il testo più significativo — che pubblica anche figure — è quello sotto::

 

 

ABOUT ART ONLINE- ROMA, 23 MARZO 2025

ABOUT ART ON LINE

direttore PIETRO DI LORETO

 

 

TESTO DI CHIARA GRAZIANI

L’algoritmo di Mantegna: “Una cona, dov’è Nostro Signore levato dalla croce e posto in un lenzolo… “. . La “Deposizione” di Pompei presentata ai Musei Vaticani

 

 

 

O FORSE E’  QUESTO:

MUSEI VATICANI

Musei Vaticani, in mostra il Mantegna ritrovato a Pompei

Per tutta la Quaresima di quest’anno giubilare, nell’ambito della rassegna Museums at Work, i Musei Vaticani invitano pellegrini e turisti a condividere la “riscoperta” di un capolavoro di arte e di fede: la “Deposizione di Cristo” di Andrea Mantegna. Del dipinto rinascimentale si erano perse le tracce. Ritrovato a Pompei, è stato restaurato in Vaticano e, al termine dell’esposizione, tornerà nel Santuario mariano fondato da Bartolo Longo

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

 

 

L'opera prima del restauro

L’OPERA PRIMA DEL RESTAURO

 

 

 

 L'opera in mostra ai Musei Vaticani

L’OPERA DOPO IL RESTAURO ESPOSTA AI MUSEI VATICANI

 

 

APRILE 2025

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2025-04/mantegna-musei-vaticani-mostra-quaresima-pompei.html

 

 

*** l’isola di Carturo, per chi non la conosce: domani:
diciamo solo, per chi non lo sapesse come noi, che oggi si chiama  ISOLA MANTEGNA

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EUGENIO CAU, IL POST — 27 MARZO 2025 — Le città americane ( le principali vedi foto sotto) che si oppongono alle espulsioni di massa di Trump. Sono quelle cosiddette “santuario”, che hanno leggi speciali per proteggere i migranti: una delle principali è Denver, che per questo sta avendo vari problemi.

 

 

 

 

LE PRINCIPALI ” CITTA’ SANTUARIO ” //  PROTEZIONE DEGLI EMIGRATI

 

BOSTON, UNA DELLE CITTA’ SANTUARIO,NELLO STATO DEL MASSACHUSETTS

STYLENOTES

 

 

 

 

Top Things to Do in Denver CO| The Slate Denver

DENVER, CAPITALE DEL COLORADO, UN’ALTRA DELLE CITTA’ SANTUARIO

THE SLATE DENVER

 

 

 

 

CHICAGO, ILLINOIS
VISIT THE USA

 

 

NEW YORK —
PHOTOWALL

 

 

 

 

IL POST — 27 MARZO 2025
https://www.ilpost.it/2025/03/27/citta-santuario-stati-uniti-denver/

 

 

Le città americane che si oppongono alle espulsioni di massa di Trump.

 

 

Sono quelle cosiddette “santuario”, che hanno leggi speciali per proteggere i migranti: una delle principali è Denver, che per questo sta avendo vari problemi.

 

di Eugenio Cau

 

 

 

(Isaiah J. Downing/USA TODAY Sports via REUTERS)

DENVER  —–  (Isaiah J. Downing/USA TODAY Sports via REUTERS)

 

 

 

 

Ci sono città americane che fanno da ostacolo ai piani dell’amministrazione di Donald Trump di espellere in massa le persone migranti e richiedenti asilo. Sono tutte o quasi governate da sindaci del Partito Democratico e sono note come “città santuario” (sanctuary cities, a rigore città rifugio) perché hanno approvato leggi che rendono più difficile per le autorità federali rintracciare ed espellere i migranti. Una delle città santuario più importanti, e anche delle più attaccate da Trump e dai Repubblicani, è Denver, la capitale del Colorado.

 

Nel 2017, durante la prima amministrazione Trump, Denver divenne un grosso caso nazionale quando Jeanette Vizguerra, una migrante messicana irregolare madre di quattro figli, si rifugiò in una chiesa del centro per evitare di essere espulsa. Vizguerra, allora, riuscì a ottenere un permesso di soggiorno temporaneo. Ma come in molti altri campi, l’amministrazione Trump nel suo secondo mandato è più pronta e aggressiva: a metà marzo Vizguerra è stata arrestata dalla polizia di frontiera federale e portata in un centro di detenzione per migranti.

 

La chiesa in cui si rifugiò Vizguerra nel 2017 è la First Baptist Church, che si trova a pochi metri dal Campidoglio di Denver, il parlamento dello stato del Colorado. Appena entrati, il pastore Kurt Kaufman porge un cartoncino bianco grande quanto un biglietto da visita, con un lato scritto in inglese e un lato scritto in spagnolo. Nel lato in spagnolo ci sono le istruzioni da seguire nel caso di un raid della polizia di frontiera, tra cui: «Non apra la porta se un agente sta bussando», e «NON FIRMI NIENTE», in maiuscolo. Nel lato in inglese c’è il testo che la persona eventualmente arrestata deve dire davanti agli agenti, tra cui: «Voglio esercitare i miei diritti costituzionali».

 

Il biglietto con le istruzioni per i migranti (Il Post)

Il biglietto con le istruzioni per i migranti (Il Post)

 

 

 

Quando Vizguerra è stata arrestata non ha fatto in tempo a rifugiarsi da nessuna parte: gli agenti sono arrivati mentre lei stava facendo una pausa dal suo lavoro da commessa in un supermercato, in modo inaspettato. Alla First Baptist Church, la chiesa che l’accolse nel 2017, si stanno comunque preparando a ricevere persone migranti e proteggerle dalla polizia di frontiera federale, se sarà necessario.

 

Il Post ha visitato la First Baptist Church e parlato con il pastore Kaufman alcune settimane fa, prima dell’arresto di Vizguerra. Già allora la chiesa era di fatto in stato di emergenza: «C’è un piano. Siamo preparati a tenere le persone al sicuro», ha detto Kaufman. Il piano prevede che le porte della chiesa siano tenute sempre chiuse, così che gli agenti di frontiera non possano entrare senza mandato. Anche se hanno un mandato, gli agenti devono riuscire a farlo scivolare sotto la porta chiusa per poter dire di averlo consegnato, altrimenti il pastore può continuare a negare l’ingresso. Kaufman dice che questa situazione di allerta continua è paradossale, soprattutto per un luogo di culto: «Una chiesa non dovrebbe tenere chiuse le sue porte».

Il pastore Kurt Kaufman davanti alla porta della First Baptist Church (Il Post)

 

Il pastore Kurt Kaufman davanti alla porta della First Baptist Church (Il Post)

 

 

 

 

È possibile che la vicenda della First Baptist Church abbia ispirato una delle prime decisioni di Trump, che nel suo primo giorno di mandato ha tolto proprio alle chiese, alle scuole e agli ospedali il loro status di luogo protetto.

 

Prima dell’arrivo di Trump, se una persona si rifugiava in una chiesa, si trovava a scuola o si stava curando in un ospedale gli agenti di frontiera evitavano di fare irruzione, per ragioni di sensibilità culturale e anche storiche: fin dal Medioevo le chiese sono considerate luoghi inviolabili, se non per casi molto gravi. Ora questa eccezione è stata eliminata: «I criminali non potranno più nascondersi nelle chiese e nelle scuole d’America per evitare l’arresto», ha scritto il dipartimento della Sicurezza nazionale in un comunicato.

 

 

La First Baptist Church di Denver (Il Post)

La First Baptist Church di Denver (Il Post)

 

 

 

 

 

La misura fa parte di una più ampia battaglia dell’amministrazione Trump contro tutte le realtà che cercano in qualche modo di proteggere le persone migranti dalle espulsioni. In questo contesto le città santuario, tra cui appunto Denver, sono uno degli obiettivi principali.

 

 

 

Non esiste un’unica definizione di città santuario: il termine indica un’ampia gamma di legislazioni «che impongono un qualche tipo di limitazione alla quantità di informazioni che possono essere condivise con le autorità federali sullo stato migratorio di una persona», dice Colleen Putzel-Kavanaugh, ricercatrice del centro studi Migration Policy Institute. In pratica le autorità locali delle città o degli stati cosiddetti “santuario” si rifiutano di condividere con le autorità federali se una determinata persona è cittadino americano o no, è migrante regolare o no.

 

 

Nella maggior parte dei casi, in realtà, le autorità delle città santuario evitano semplicemente di raccogliere queste informazioni. Quando una persona viene ricoverata in ospedale, si presenta in un ufficio pubblico per un documento o perfino quando fa la patente di guida, il suo status migratorio non viene registrato (ovviamente la persona deve comunque dimostrare la propria identità e la propria residenza). In questo modo, nel caso in cui la polizia federale di frontiera chiedesse alla città o allo stato di condividere informazioni su eventuali migranti irregolari presenti nel loro territorio, le autorità locali possono dire in modo credibile che non hanno niente da condividere, proteggendo i migranti. Le autorità locali tuttavia collaborano con quelle competenti in casi di indagini criminali o quando lo ordina un giudice.

 

 

Jeanette Vizguerra

 

Negli Stati Uniti ci sono una decina di stati che possono essere definiti santuario, oltre a centinaia di città. Le più importanti sono Boston, Chicago, New York e appunto Denver.

Il sindaco della città, il Democratico Mike Johnston, in questi mesi è emerso come uno dei principali oppositori di Trump quando si parla di immigrazione: quando Trump fu rieletto disse che, pur di opporsi ai suoi piani di espulsione di massa di tutte le persone migranti, era disposto a finire in prigione. Quando Vizguerra è stata arrestata, ha detto che si trattava di «persecuzione di dissidenti politici degna di Putin», il presidente russo.

 

 

 

 

Il sindaco di Denver Mike Johnston

Il sindaco di Denver Mike Johnston (AP Photo/David Zalubowski)

 

 

Il 27 gennaio, una settimana dopo l’insediamento di Trump, la commissione della Camera sul Controllo e sulla riforma del governo ha inviato una lettera a Johnston sostenendo che le città santuario come Denver «impediscono alle forze di polizia federali di fare arresti in sicurezza e di rimuovere criminali pericolosi dalle comunità americane, rendendo l’America meno sicura».

 

 

 

 

La commissione ha poi ordinato a Johnston e ad altri sindaci di città santuario di presentarsi alla Camera per un’udienza, che si è tenuta a inizio marzo.

La deposizione di Johnston è stata una delle più commentate, perché il sindaco ha difeso energicamente le politiche della sua città per difendere quelli che lui chiama «i nuovi arrivati», e che le autorità federali chiamano «stranieri illegali». Johnston ha detto che se negli Stati Uniti è in corso una crisi migratoria la colpa è del Congresso che non ha approvato nuove leggi per risolvere la situazione.

Al tempo stesso, però, si è rifiutato di dire che Denver è una città santuario (secondo la maggior parte degli esperti lo è), approfittando dell’ambiguità legale che esiste attorno al termine.

 

 

 

Johnston, come altri sindaci, sta cercando di salvaguardare le garanzie che fanno di Denver una città accogliente per i migranti, ma al tempo stesso di tutelare la città da eventuali ritorsioni del governo, che ha già minacciato più volte di tagliare i finanziamenti federali alle città che si rifiuteranno di collaborare alle sue politiche contro i migranti.

 

Durante l’udienza al Congresso, le minacce si sono fatte anche personali. A un certo punto il deputato Repubblicano Clay Higgins ha detto, parlando ai sindaci ma rivolgendosi a Johnston: «Uno di voi ha detto di essere pronto ad andare in prigione. Potremmo darvi questa opportunità».

 

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PRIMARIE DEMOCRATICHE PER SINDACO DI NEW YORK :: ZOHARAN MANDAMI — ” UN DEMOCRATICO SOCIALISTA “

 

 

 

 

 

 

IL MANIFESTO  26 GIUGNO 2025
https://ilmanifesto.it/rifondazione-democratica-a-new-york

 

 

 

Rifondazione democratica a New York

 

 

 

 

Zohran Mamdani

Zohran Mamdani – Ap

 

You always make it there, you make it anywhere
It’s up to you, New York, New York
In New York, New York
Theme from New York, New York

[Ce la fai sempre lì, ce la fai ovunque
Dipende da te, New York, New York
A New York, New York]

 

 

Musulmano? Socialista democratico? Immigrato? Asiatico? Africano? Newyorkese di Queens? Trentenne? Delle tante identità in cui si è via via tentato di incasellare e incastrare Zohran Kwame Mamdani, dal momento del suo ingresso nelle primarie democratiche per la carica di sindaco di New York, il 23 ottobre 2024, quale è stata la più gettonata dagli avversari, dentro e fuori del suo partito, dalla destra, e da parte dei media? Musulmano, naturalmente. «Hamas Terrorist Sympathizer», per dirla con l’iper trumpiana Elise Sefanik.

 

 

Nella seconda città, dopo Tel Aviv, per numero di abitanti ebrei, il suo incoronamento come candidato democratico a sindaco di New York nelle elezioni di novembre era considerata anche dall’establishment progressista impensabile, addirittura provocatoria, a cominciare dal giornale emblematico della metropoli, il New York Times. «Riteniamo che Mamdani non meriti un posto nella scheda elettorale dei newyorkesi», aveva sentenziato la direzione del quotidiano all’annuncio della sua candidatura.

 

 

 

 

UN SEGNALE, L’ENNESIMO, della distanza della grande stampa mainstream, compreso il più blasonato quotidiano del mondo, dalla realtà reale. Nella quale contano molto meno di quanto loro vorrebbero le etichette appiccicate per stigmatizzare e dividere. Specie se usate strumentalmente contro un candidato dalle tante identità ma apprezzato da tutte le componenti elettorali, quelle che in quelle identità si rispecchiano ma anche le altre apparentemente più distanti, compresa parte cospicua della comunità ebraica.

 

 

 

L’HANNO VOTATO 430.000 newyorkesi nella più partecipata tra le elezioni primarie di NYC, perché Zohran le riassume tutte e le sovrasta tutte, con una forte personalità e un programma che “sa parlare” a chi lavora, non importa il credo, a chi fatica, non importa il colore della pelle, a chi non ce la fa, non importa la provenienza. Sa parlare a chi chiede di voltare pagina. «È al tempo stesso persona di saldi principi e abbastanza agile e abile da affrontare bene questo tipo di giochi ben noti», dice di lui David Axelrod, lo stratega di Barack Obama.

 

 

 

 

 

Colpisce la mobilitazione che la sua candidatura ha messo in moto, ancor più rilevante perché aveva di fronte la macchina organizzativa, forte, sperimentata e riccamente sostenuta, anche da donor repubblicani, di Andrew Cuomo, il suo avversario distanziato di oltre settantamila voti. La sua sconfitta mette ancor più in luce la vittoria di Mamdani, rendendo la sfida newyorkese emblematica della situazione che vive il Partito democratico e, in generale, il campo progressista.

 

 


Comizio di Bernie Sanders a Fort Worth, 23 giugno 2025

 

IL PARTITO DELLE DINASTIE – Andrew, figlio di Mario, sostenuto dai Clinton -, il partito dei grandi donor, la machine delle clientele, da un lato, e dall’altro il partito della mobilitazione dal basso, dei tanti piccoli contributi, dei social intelligentemente usati.

«Non si vedeva una cosa del genere da quando Barack Obama si candidò alla presidenza degli Stati Uniti», ha detto al New York Times, la procuratrice generale Letitia James, celebre pubblica accusa contro Trump nel processo per aver gonfiato il valore dei suoi beni immobiliari.

 

 

Un “modello” replicabile nelle prossime elezioni? Nelle aree urbane un partito con un netto profilo di sinistra ha certamente buone chance, come a New York. Ma altrove?

 


Zohran Mamdani

 

DALL’ELEZIONE DI TRUMP in poi si è assistito a un persistente silenzio dei massimi esponenti del Partito democratico, con l’eccezione di governatori di stati importanti come Newsom ( California ), Whitmer ( Michigan ), Prtizker ( Illinois ), Hochul ( Stato di New York ), di sindaci di metropoli, ognuno nel proprio ambito amministrativo.

 

 

Nel frattempo Bernie Sanders e Alexandria Ocasio Cortez hanno percorso in lungo e in largo l’America con il loro Fighting Oligarchy Tour ( Tour per lottare contro l’oligarchia ), riempiendo stadi e arene, anche in stati e contee repubblicane, platee entusiaste, americani desiderosi di contrastare in ogni modo possibile la deriva dell’epoca trumpiana.

 

 

Sanders è stato un candidato chiave nelle ultime due corse presidenziali, diventando centrale nella dinamica democratica. Nel frattempo quel che restava del clintonismo è diventato ininfluente, come dimostra la débâcle di Cuomo. Obama continua a essere un giocatore solitario. Non ha costruito una sua corrente nel Partito democratico. Il sindacato, a sua volta, ha perso forza e nel Partito democratico conta meno che in passato, come dimostrano le recenti dimissioni dalla direzione di due importanti leader sindacali, Randi Weingarten del sindacato insegnanti e Lee Saunders del pubblico impiego, in aperta polemica con Ken Martin, il nuovo leader del partito, accusato di scarsa sensibilità verso il mondo del lavoro.

 

 

LA VITTORIA DI ZOHRAN va inquadrata in questo contesto problematico, non solo come successo che ridà speranza ma come mandato per contribuire, come democratico socialista – la sua identità più importante tra tutte -, a costruire un progetto politico di rifondazione del Partito democratico.

 

 

LE IMMAGINI, MENO LA PRIMA, SONO PRESE DALLO STESSO ARTICOLO
PUBBLICATO SU ::

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New York, New York

26 GIUGNO 2025

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ANSA.IT — 26 GIUGNO 2025  – 10.35 ::: Israele sospende le consegne degli aiuti a Gaza. In seguito alla minaccia del ministro Smotrich di dimettersi. La sospensione della consegna di aiuti rimarrà in vigore fino alla presentazione del piano dell’esercito in 48 ore – per impedire ad Hamas di rubare gli aiuti.

 

 

ANSA.IT — 26 GIUGNO 2025  – 10.35
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2025/06/26/israele-sospende-le-consegne-degli-aiuti-a-gaza_92dbf1ae-6325-450d-8b13-4217735d42c0.html

 

Israele sospende le consegne degli aiuti a Gaza.

In seguito alla minaccia del ministro Smotrich di dimettersi

 

 

© ANSA/EPA

 

Israele ha annunciato la sospensione delle consegne di aiuti a Gaza dopo la minaccia del ministro di ultradestra Bezalel Smotrich di dimettersi dal governo se non fossero state prese misure per impedire che gli aiuti arrivassero a Hamas.

La notizia è stata diffusa poco dopo che l’ufficio del primo ministro aveva annunciato che Benyamin Netanyahu ha ordinato all’Idf di elaborare un piano in 48 ore per impedire ad Hamas di rubare gli aiuti. La sospensione della consegna di aiuti rimarrà in vigore fino alla presentazione del piano dell’esercito, aggiunge la fonte.

Lo riferisce una fonte a Channel 12, citata da Times of Israel.

 

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ANSA.IT   26 GIUGNO 2025–9.38 ::: ++ Stop terzo mandato, emendamento Lega non passa al Senato ++. Solo i leghisti, gruppo autonomia e IV a favore

 

 

ANSA.IT   26 GIUGNO 2025–9.38

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/06/26/stop-terzo-mandato-lemendamento-della-lega-non-passa-al-senato_6bf670ac-fc5d-45ae-834e-55fe4a196129.html

 

++ Stop terzo mandato, emendamento Lega non passa al Senato ++.

 

Solo i leghisti, gruppo autonomia e IV a favore

 

 

- RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

Non passa l’emendamento della Lega sul terzo mandato dei governatori: in Commissione Affari Costituzionali al Senato la proposta ha ottenuto solo 5 voti a favore (oltre alla Lega anche Iv e il rappresentante delle Autonomie) e 15 contrari.

Astenuti il presidente della Commissione Alberto Balboni (FdI) e il senatore di FdI Domenico Matera.

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FRED BUSCAGLIONE, CHE BAMBOLA — remastered—+ Guarda che luna + testi + Film completo del1960, uscito nelle sale il 24 febbraio– il 3 febbraio era morto Buscaglione per un incidente d’auto. ” NOI DURI ” di Camillo Mastrocinque, Fred Buscaglione personaggio principale, Toto’– paolo panelli e Bice Valori . la bella Scilla Gabel

 

 

FRED BUSCAGLIONE   all’anagrafe Ferdinando Buscaglione (Torino23 novembre 1921 – Roma3 febbraio 1960)–Motì giovanissimo nel pieno del successo a 39 anni.

nel caso apri qui

nel link trovate notizie di lui della sua famglia, l’ambiente in cui è cresciuto– per chi è curioso

 

 

 

 

 

[Ritornello]
Che bambola![Strofa 1]
Mi trovavo per la strada circa all’una e trentatré
L’altra notte mentre uscivo dal mio solito caffè
Quando incrocio un bel mammifero modello “103”[Ritornello]
Che bambola![Strofa 2]
Riempiva un bel vestito di magnifico lamé
Era un cumulo di curve come al mondo non ce n’è
Che spettacolo, le gambe, un portento, credi a me[Ritornello]
Che bambola![Strofa 3]
“Ehi, ehi ,ehi”
Le grido: “piccola, dai, dai ,dai, non far la stupida
Sai, sai, sai, io son volubile
Se non mi baci subito tu perdi un’occasion!”
Lei si volta, poi mi squadra come fossi uno straccion
Poi si mette bene in guardia come Rocky, il gran campion
Finta il destro e di sinistro lei m’incolla ad un lampion
[Ritornello]
Che sventola![Strofa 4]
Lei, lei, lei, spaventatissima
Lì per lì diventa pallida
Poi, poi, poi allarmatissima
M’abbraccia per sorreggermi, le faccio compassion
Sai com’è, ci penso sopra e poi decido che mi va
Faccio ancora lo svenuto, quella abbozza e sai che fa?
Implorandomi e piangendo un bel bacio lei mi dà![Ritornello]
Che bambola!
testo da :

GUARDA CHE LUNA —

[Testo di “Guarda che luna”]

[Strofa]
Guarda che luna, guarda che mare
Da questa notte senza te dovrò restare
Folle d’amore, vorrei morire
Mentre la luna di lassù mi sta a guardare
Resta soltanto tutto il rimpianto
Perché io ho peccato nel desiderarti tanto

[Ritornello]
Ora son solo a ricordare e poterti dire
Guarda che luna, guarda che mare

[Bridge]
Ma guarda che luna, guarda che mare
In questa notte senza te vorrei morire

[Ritornello]
Perché son solo a ricordare e vorrei poterti dire
Guarda che luna, guarda che mare
Guarda che luna, guarda che mare

[Outro]
Che luna

**********

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buscaglione nel film NOI DURI

noi duri — film di camillo mastrocinque

Writers: Oreste Biancoli, Leo Chiosso

Stars: Totò, Fred Buscaglione, Paolo Panelli, Scilla Gabel

trama cortissima

Fred Bombardone è un agente dell’FBI che viene incaricato di infiltrarsi, assieme ad alcuni suoi uomini, nel night-club di un narcotrafficante noto come l’Algerino. Assunto da quest’ultimo, viene incaricato di ritirare una partita di droga da Casablanca ma la merce gli viene rubata, cosa che complica le indagini e la sua posizione nei confronti dell’Algerino.

 

se vuoi vedere, apri qui

 

 

*** più o meno al min. 10.00 c’è Bice Valori  ( Genzianetta ) e Paolo Panelli

” tutti da godere “

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Thomas Edwin Mostyn (1864–1930), un pittore che a noi è piaciuto molto– Si trova nei principali Musei del mondo.

 

 

 

 

segue da :

https://artuk.org/discover/artworks/venice-pageant-16237/search/actor:mostyn-thomas-edwin-18641930/page/1/view_as/grid

 

 

Concorso di Venezia

Concorso di Venezia

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo e Galleria d’arte Bushey

 

 

 

 

 

Grotta White Spot vicino al bacino idrico di Cheddar Gorge

Grotta White Spot vicino al bacino idrico di Cheddar Gorge

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo Wells & Mendip

 

 

 

 

 

 

The Garden of Peace

IL GIARDINO DELLA PACE

The Garden of Peace

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Walker Art Gallery

 

 

 

Thomas Edwin Mostyn, ROI, RWA, RCA (1864-1930)

 

 

Thomas Edwin Mostyn, ROI, RWA, RCA (1864-1930)
‘In perpetuum, Lo-Ki’– 1924

DA :
https://www.invaluable.com/auction-lot/thomas-edwin-mostyn-r-o-i-r-w-a-r-c-a-1864-1930-654-c-iv1mz1zdmy

 

 

 

 

 

Garden Overlooking the Sea

GIARDINO SOPRA IL MARE

Garden Overlooking the Sea

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Bushey Museum and Art Gallery

 

 

 

 

 

 

L'Acropoli, Atene, Grecia

L’Acropoli, Atene, Grecia

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Galleria d’arte e museo Williamson

 

 

 

 

 

 

 

Mountain Landscape with Figures

PAESAGGIO COM MONTAGNE E FIGURE

Mountain Landscape with Figures

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Bushey Museum and Art Gallery

 

 

 

 

 

 

Seduto su un cancello, Bushey

Seduto su un cancello, Bushey

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo e Galleria d’arte Bushey

 

 

 

 

 

Vista su un fiume con un ponte ad arco

Vista su un fiume con un ponte ad arco

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo e Galleria d’arte Bushey

 

 

 

 

 

 

I Raccoglitori

I Raccoglitori

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo e Galleria d’arte Bushey

 

 

 

 

irrisolto

UNSOLVED — ( IRRISOLTA )— 1903

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo e Galleria d’arte del castello di Cyfarthfa

 

 

 

 

 

 

 

Alba

ALBA

Thomas Edwin Mostyn (1864–1930)

Museo dell’Abbazia di Torre ( TORRE  ABBEY MUSEUM  )

 

COMMENTO al quadro sopra–

Questo dipinto utilizza simboli, o allegorie, per trasmettere un cupo messaggio legato alla Prima Guerra Mondiale (1914-1918). Riflette i sentimenti dell’artista che perse amici e parenti sui campi di battaglia.

Si noti l’uso insolito di una pittura sottile e spolverata per la nebbia notturna e i colori più accesi dell’alba, applicati in modo denso con una spatola.

Mostyn si trasferì a Torquay dal Nord dell’Inghilterra proprio alla fine della guerra. Il suo stile pittorico cambiò dopo il trasferimento, forse influenzato dalla luce del mare.

 

 

 

**********

 

 

 

 

TORQUAY —

 

West Country - Wikipedia

WIKIPEDIA – CARTINA

 

Torquay (IPA: /tɔːrˈkiː/) è una frazione costiera di Torbay, municipalità del Regno Unito nella contea inglese del Devon.  Dista circa 30 km a sud di Exeter, capoluogo di contea, e circa 45 km est-nordest di Plymouth.
Rinomata per il clima salubre, la cittadina ha guadagnato l’appellativo di English Riviera, con paragoni a Montpellier.

Torquay è nota per essere la città natale di Agatha Christie. Inoltre è la cittadina dove si svolge la celebre sitcom Fawlty Towers, votata nel 2000 dal British Film Institute, come miglior serie inglese di tutti i tempi

 

L’area che comprende l’odierna Torquay è stata abitata fin dal Paleolitico . Le asce manuali rinvenute nella Kents Cavern sono state datate a 40.000 anni fa,  e un frammento di mascella , noto come Kents Cavern 4 , potrebbe essere il più antico esempio di essere umano moderno in Europa, risalente a 37.000-40.000 anni fa.

È noto che i soldati romani visitarono Torquay durante il periodo in cui la Gran Bretagna faceva parte dell’Impero Romano , lasciando offerte presso una curiosa formazione rocciosa nella Kents Cavern , nota come “The Face”

 

 

 

kents cavern – link en.wikipedia

 

Il primo edificio importante a Torquay fu Torre Abbey , un monastero premostratense   (un ordine di San Norberto ) fondato nel 1196. Torquay rimase un insediamento minore fino alle guerre napoleoniche , quando Torbay fu utilizzata come ancoraggio riparato dalla flotta della Manica. 

Il clima mite (per il Regno Unito) attirò molti visitatori che consideravano la città un rifugio di convalescenza dove potevano riprendersi dalle malattie lontano dagli inverni freddi e nuvolosi delle località più settentrionali o orientali. La popolazione di Torquay crebbe rapidamente da 838 nel 1801 a 24.767 nel 1887.

Durante la seconda guerra mondiale, Torquay era considerata più sicura delle città del sud-est dell’Inghilterra e ospitò sfollati dall’area di Londra.

segue fino ai nostri giorni nel linkhttps://en.wikipedia.org/wiki/Torquay

 

 

 

 

 

 

FOTO DI TORQUAY — DA GETTY IMAGES

 

Aerial view of central Torquay

 

 

 

 

 

Boats moored in Torquay Harbour

BOATS NELLA BAIA DI TORQUAY

 

 

 

 

 

Parco dei Giardini di Torwood a Torquay

 

 

 

 

Veduta aerea dei Princess Gardens a Torquay

GIARDINI DELLA PRINCIPESSA

 

 

 

View of Torquay

 George Rowe, Cheltenham, 1832 – 1852

 

 

 

 

 

Muro del porto di Torquay

LA BAIA

 

 

 

Vista sul porto di Torquay e sul mare

I PALAZZI DAVANTI ALLA BAIA

 

 

 

vista su ellacombe fino al centro di torquay - torquay england foto e immagini stock

 

 

 

 

Central Torquay with Town Hall

IL CENTRO DI TORQUAY CON IL COMUNE

 

 

 

Vista a 360° sul porto di Torquay

 

 

 

 

One of the entrances to Cockington Court and garden, Cockington, Torquay, Devon, Great Britain.

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video, 12 min. ca — TAG 24 – 25 Giugno 2025 — ANNA FOA — Netanyahu, da Gaza all’Iran: l’analisi — Anna Foa, premio Strega con “Il suicidio di Israele” — ospite di Francesco Borgonovo a “Calibro 8” su Radio Cusano Campus. + altro

 

 

 

 

ANNA FOA
1944, Torino

Anna Foa è una storica italiana, specializzata in storia culturale dell’età moderna e nella storia degli ebrei in Europa e in Italia. Ha dedicato la sua carriera alla memoria storica, con particolare attenzione alla Shoah, e ha insegnato Storia moderna nell’Università Sapienza di Roma.
Con il Mulino ha pubblicato Giordano Bruno (1998), Eretici (2004), Andare per ghetti e giudecche (2014), Andar per luoghi di confino (2018) e Le vie degli ebrei (2024).
Con Laterza ha pubblicato Ebrei in Europa. Dalla Peste nera all’emancipazione (1992), Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento (2009), Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del 1943 (2013), La famiglia F. (2018) e Gli Ebrei in Italia: i primi 2000 anni (2022).
Ha inoltre scritto Anime nere. Due donne e due destini nella Roma nazista (Marsilio, 2021) e Donne e shoah (Mimesis, 2021).

Nel 2024 pubblica per Laterza Il suicidio di Israele con il quale vince nel 2025 il Premio De Sanctis e la prima edizione del Premio Strega Saggistica.

 

 

 

 

Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni - Anna Foa - copertina

LATERZA 2022

La storia degli ebrei in Italia è antichissima e affascinante. È difficile immaginare il nostro paese, la sua storia, la sua identità senza il loro contributo.

La storia degli ebrei in Italia è antichissima: nessuna comunità in Occidente ha una presenza così costante, dalla Roma antica fino a oggi. Soprattutto, la storia degli ebrei in Italia è una storia fortemente specifica e in parte diversa rispetto a quella dei centri della diaspora europea. Distinta da una netta continuità attraverso oltre venti secoli; prima culla, all’inizio dell’era volgare, dell’ebraismo diasporico. Caratterizzata da una forte integrazione nella società cristiana, sia nel Medioevo che nei secoli successivi, nonostante le mura dei ghetti; poco toccata, nei secoli, dai fenomeni più estremi di antisemitismo; segnata da una forte partecipazione degli ebrei, nel XIX secolo, alla costruzione risorgimentale; e infine colpita durante l’occupazione nazista da arresti e deportazioni a cui partecipano attivamente i fascisti della Repubblica di Salò. E ancora, almeno fino al secondo dopoguerra, poco impegnata nel progetto sionista e anche successivamente poco coinvolta in una concreta emigrazione in Israele, anche se molto condizionata e segnata dalla presenza dello Stato ebraico. Una storia che, a essere compendiata in una sola frase, potrebbe esser definita come ‘una storia italiana’.

 

 

 

Anime nere. Due donne e due destini nella Roma nazista - Anna Foa,Lucetta Scaraffia - copertina

MARSILIO 2021

 

 

Nella Roma dell’occupazione nazista i destini di una ragazza ebrea che collabora con le SS e di una donna tedesca accusata di spionaggio si incrociano sulla via di un’inattesa conversione. In una doppia indagine al femminile a firma di due grandi storiche, un racconto inedito di una zona grigia del Novecento e della nostra memoria collettiva.

«Dopo quegli anni convulsi e confusi quasi tutti erano vittime e complici, ricattatori e ricattati. Il mondo non era bianco o nero, ma desolatamente grigio. La gente voleva avere degli eroi, persone pulite e coraggiosea cui guardare. E se gli eroi non c’erano, bisognava crearli.»

Roma, 23 marzo 1944. A via Rasella esplode una bomba che uccide trentatré soldati tedeschi. Da Berlino un ordine atroce: per ogni membro delle SS, Hitler vuole la testa di dieci italiani. Celeste Di Porto, giovane ebrea amante di un fascista, aiuta a scovare nel Ghetto i suoi stessi vicini di casa, che con disprezzo la chiamano «Pantera Nera». Nella città liberata una ricca donna tedesca, Elena Hoehn, viene accusata di spionaggio, colpevole di aver dato rifugio a un carabiniere ricercato per aver arrestato Mussolini dopo la sua destituzione. Nello stesso carcere, alle Mantellate, le due inizieranno un percorso che le porterà a cercare, con sorti alterne, una nuova avventura nel solco di Chiara Lubich e dell’emergente ideale focolarino. Ma sono davvero due donne che affrontano un viaggio spirituale o si tratta di due carnefici dalle mani insanguinate? Corrisponde a verità la leggenda che vuole Celeste rancorosa e incapace di discernere tra il bene e il male, salvata da un’anima pia e compassionevole come Elena? Il desiderio ostinato di entrambe di riscattarsi e calcare il «palcoscenico del mondo» e la brama di riscrivere il proprio trascorso gettano ombre sulle conversioni religiose. Tra delazioni, tradimenti e tentativi di redenzione, attraverso le vicende di figure ai margini della Storia, Anna Foa e Lucetta Scaraffia si addentrano in territori inesplorati del nostro passato e restituiscono, nell’ambiguo rapporto di amicizia fra Celeste ed Elena e nella loro ricerca tormentata di una nuova vita, lo specchio di una società che, sebbene anelante a un rinnovamento spirituale, tendeva a dimenticare le colpe e a rimuovere i delitti.

 

 

Libri di Lucetta Scaraffia

Lucetta Scaraffia

1948, Torino

 

Lucetta Scaraffia (Torino, 1948), storica e giornalista, insegna Storia contemporanea all’Università di Roma La Sapienza. È editorialista del «Messaggero» e dell’«Osservatore Romano», di cui ha fondato e dirige il mensile «donne chiesa mondo». Collabora al «Sole 24 Ore» e a diverse riviste. Ha scritto numerosi libri e con Marsilio ha pubblicato, nel 2016, Dall’ultimo banco. La Chiesa, le donne, il sinodo, tradotto in francese, nederlandese e spagnolo e, nel 2017, Tra terra e cielo. Vita di Francesca Cabrini.
Con Vita e Pensiero Editore ha pubblicato nel 2014 La santa degli impossibili. Rita da Cascia tra devozione e arte contemporaneae nel 2017 Francesco, il papa americano (con Silvina Pérez); inoltre ha curato nel 2015 i volumi Donne, chiesa, teologia e Pregare, un’esperienza umana (con Franco La Cecla). Nel 2020 esce per Marsilio La donna cardinale.

 

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Due poesie, già pubbicate su questo blog e, secondo me, molto belle —- di Roberto Rododendro– + Lang Lang — Sogno d’amore, n. 3 ( 1850 ) di Franz Liszt (1811 – 1886)

 

 

LANG LANG  SUONA ” SOGNO D’AMORE ”  n. 3   di FRANZ  LISZT– nota al fondo

 

 

 

 

Un giorno viaggerò per le strade
di una città dal selciato in rosso
giardini di salici, fontane con acqua che si sente
e panchine colorate

sarà sempre sera
e i lampioni a fiamma non morranno mai.

………………
……………..

Era nell’aria un profumo di clavicembalo
e Chopin suonava i suoi pezzi appena fusi
la verità nasceva dalle pietre lucide
e non c’erano parole.

 

Utopia
Sanremo
Marzo 1962

 

 

 

Questa che segue  è oramai un classico ..

 

Se tu sentissi dire
da qualche conoscente
tra una chiacchiera e l’altra
com’è d’uso nei salotti
tra un bicchiere di vino
e la tartina al salmone

Se tu sentissi dire
che sono morto…..

– Sarà qualche anno ormai
di incidente d’auto
d’infarto
o qualche strana malattia
certo fu cosa improvvisa
se non proprio imprevista
beveva molto correva troppo
non badava affatto a se stesso –

Se tu sentissi dire
in quel salotto di gente normale
vino bianco coktails caviale
poltroncine traballanti
divani consumati
– s’era lasciato andare
viveva all’incirca gli ultimi tempi
scriveva poesie su fogli sparsi
e le buttava via
Lo incontravi nei bar
spesso trasandato
piuttosto inconsistente –

Se tu sentissi dire
tra risatine smorzate
velate maldicenze
di chi continua a vivere
la vita indifferente
– non voleva invecchiare
non sapeva accettare
il tempo che ci resta
Troppo spesso s’è voltato
a guardare………….
Era questo il suo male –

Se tu sentissi dire
con alzata di spalle
con rassegnazione evidente
– Raccontava d’esser stato tradito
da chi? Da che cosa?
Come tutti d’altronde
come capita sempre –

Se tu sentissi dire
che sono morto
e così stranamente ho vissuto
Tu che di me così poco sai
ormai
perchè come un alito sono passato
e come un sospiro sono rimasto
sfumato e vago nella tua memoria

Tu che anche tu
m’hai tradito incosciente e leggera

tu che di me ti rimane solo
un lontano ricordo
così lontano al punto d’apparire
necessariamente dolce
necessariamente vero

Ti prego
forse anche ti scongiuro
tieni stretto il tuo ricordo
così lontano così diverso
e non parlare
non dire nemmeno una parola

Tu
trattieni per te quel che di me ti resta
perchè è tutto ciò che resterà di me.

 

 

 

ROBERTO

 

Roberto Rododendro –nasce il 22 giugno 1943 a Sanremo– qui con la bellissima nipote, credo. Da molto tempo abita a Roma, credo abbia 3 figli.

foto dal suo Facebook 

 

 

*** la musica di Lszt è ispirata da:

” Il Sogno d’amore n. 3 fu trascritto nel 1850 da una lirica per canto e pianoforte su versi di Ferdinand Freiligrath composta nel 1845. Versi di ispirazione tragica, non sentimentale, perché il sogno d’amore è… la scomparsa dell’amato: è l’invito ad amare finché si può, perché la morte visiterà gli amanti e li separerà. Il testo, e la musica di Liszt, hanno dunque risvolti non romantici ma decadentistici; ed è da questi, pensiamo, che la nostra epoca può partire per la riscoperta di quella larga fetta dell’opera lisztiana caduta nell’oblio dopo aver fatto furore per tanti decenni.

da : https://www.flaminioonline.it/Guide/Liszt/Liszt-Liebestraum541-3.html

 

O lieb’, solang du lieben kannst!
O lieb’, solang du lieben magst!
Die Stunde kommt, die Stunde kommt,
Wo du an Gräbern stehst und klagst!

O amore, finché puoi amare,
O amore, finché puoi amare,
Verrà il tempo, verrà il tempo
In cui starai sulla tomba e piangerai!

 

la lirica intera :
https://en.wikipedia.org/wiki/O_lieb,_so_lang_du_lieben_kannst

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LA CUCARACHA — B.S.O. 1959– video, 24 min.– lista dei brani

 

 

 

 

 

1. Cuco Sánchez – La Cucaracha 00:00

2. Dueto América – La Cautela 02:52

3. Cuco Sánchez – La Adelita 05:56

4. Dueto América – El Venadito 08:54

5. Cuco Sánchez – La Valentina 12:05

6. Cuco Sánchez – El Revolucionario 14:07

7. Cuco Sánchez – La mancornadora 16:58

8. Dueto América – Una Noche Serena y Oscura 19:16

9. Cuco Sánchez – Una Mujer Linda 22:22

10. Dueto América – La Modesta 25:28

11. Cuco Sánchez – La Chancla 28:49

12. Cuco Sánchez – El Hombre del Alazán 31:19

 

 

 

 

 

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Civiltà verticali: Narbona di Castelmagno di Antonella Tarpino — — DOPPIOZERO.COM — 12 Aprile 2025 + un testo e foto dal FAI / link sotto *** mi sembra molto brava Antonella Tarpino, ch.

 

 

 

 

 

DOPPIOZERO.COM — 12 APRILE 2025
https://www.doppiozero.com/civilta-verticali-narbona-di-castelmagno

 

 

Civiltà verticali: Narbona di Castelmagno

 

 

 

Antonella Tarpino

Antonella Tarpino-( 1953, Ivrea )

-altro  al fondo

12 Aprile 2025

Ho potuto visitare Narbona di Castelmagno, Alpi nord ovest (quasi 1500 metri d’altezza, abbandonata dal 1960) solo grazie a Flavio Menardi Noguera. Lui, innamorato del borgo fin dai tempi del servizio civile, è tra i volontari più assidui e capofila del progetto  Una casa per Narbona. Sono una pessima camminatrice, in montagna e non, e ricordo ancora con una certa apprensione quella strada rigorosamente non carrabile, le mani sovente attaccate alle maniglie per arrampicata e sotto di me i dirupi; ma ho ancora presente lo stupore alla vista di quel favoloso labirinto verticale, un abitato quasi strappato ai perimetri insidiosi di un mondo non umano, posto al centro di due canaloni di scorrimento delle valanghe che si riversano fragorosamente sì, ma tutto intorno. Uno dei luoghi simbolo dell’insediamento estremo dell’uomo nelle valli alpine mentre i profili delle vette contrapposte sembrano sfidarsi e il corso acquatico dei torrenti rapprendersi periodicamente in masse nevose.

 

 

 

 

 

j

 

 

È un borgo di cultura occitana, antica quanto di origini incerte, ricca di riferimenti ai catari (oltre al toponimo Narbona, la frazione Tolosano nella vicina Marmora): eretici, perseguitati nel XIII secolo o, secondo altri, fuggiaschi da una seicentesca epidemia di peste, i pionieri erano alla ricerca di un rifugio sicuro proprio perché così verticalmente impervio.

 

Il borgo, cade a pezzi: ci si sente smarriti tra i vicoli strettissimi e le case addossate, accerchiati da edifici squassati e da balconi di legno che pendono innaturalmente sul vuoto.

Storie estreme, di sopravvivenza, quelle di Narbona (quasi tutti gli ex abitanti dal cognome Arneodo) come indicano i muri delle case alte fino a nove o a dieci metri, costruite in pietra a secco, nelle quali si aprono eleganti porte e finestre dalle forme più diverse, aggettano ballatoi, svettano comignoli, alcuni a forma di tempio, altri che recano una croce in funzione protettiva.

 

Passandoci in mezzo si avverte che le abitazioni sono così contigue tra loro che i tetti sgrondano l’uno sull’altro riparando gli stessi vicoli: i passaggi coperti, la frammentazione degli edifici in unità plurali trasformano il borgo in un villaggio-casa (echi che risuonano anche nel romanzo Tetto murato di Lalla Romano a proposito di uno sperduto borgo alpino). Narbona ci appare come un’immensa gradinata puntata verso l’alto. Più le pendici sono ripide – osserva un altro dei volontari dediti a salvare il borgo, Renato Lombardo, ex medico condotto, cui ha dedicato come Flavio numerosi libri più le terrazze (couànhes in occitano) preservano il territorio dal degrado idrogeologico (l’Arbouna la nosta, Primalpe 2016).

 

 

 

j

 

 

È a una memoria in pietra che mi rimanda quel paesaggio: un luogo giusto, come fa notare Lombardo, in cui andare quando l’anima è in difficoltà, o forse il senso del nostro mondo è smarrito, e sentiamo il bisogno di uscire dalla penombra in cui siamo immersi. Un mondo altro quello di Narbona, dotato di elaborati saperi, densi di una tecnica inaspettata, volti a contrastare i disagi della verticalità: a promettere una vita possibile agli uomini in una inedita dimensione gravitazionale. Penso al taglio del fieno con l’impiego, da parte dei falciatori, di rudimentali ramponi (gràpes) per non scivolare sui prati troppo ripidi; o, ancor più sorprendente, il trasporto del raccolto mediante un ingegnoso sistema di teleferiche che scaricavano direttamente sui tetti dei fienili o delle stesse case dove dal sottotetto un camino in pietra veniva usato per calare il fieno direttamente nelle mangiatoie delle stalle.

 

E poi il girello per i bambini: una sorta di gabbietta perché non rischiassero, gattonando fuori dalle pareti di casa, di rotolare nel torrente sottostante. (Cfr. F. Menardi Noguera, Narbona di Castelmagno. Abbandono, rovine, sopravvivenze. Un’indagine per immagini, Centro occitano di cultura Detto Dalmastro, 2016).

 

 

 

j

 

 

Vennero impiegate a Narbona un insieme di tecniche sofisticate ma non invasive, come invece la nostra, di segno prevalentemente distruttivo. Non è un caso, forse, che proprio ripensando a Narbona, mi sono venute in mente le parole degli antropologi Remotti, Aime, Favole (Il mondo che avrete, Utet 2020) quando richiamano l’importanza del “sospendere”, al contatto con le tracce di società “altre” (come in fondo è questo borgo alpino occitano) l’adesione al proprio mondo di appartenenza ( epoché = sospensione  -vedi sotto )

 

E invocano un sano principio di epoché dal momento che le azioni umane non sono dovute a una necessità naturale, ma frutto di scelte culturali, e quindi contengono una buona dose di arbitrarietà. Ecco perché vanno vagliate e sottoposte a una sospensione del giudizio. Del resto quanto meno una cultura è dotata di forme di autosospensione (questo passaggio del loro libro Il mondo che avrete è cruciale anche per la mia formula dell’Ecomemoria) tanto più risulta elevato il tasso di “cecità” a suo carico (così da richiamare il titolo dello straordinario libro di Ghosh Cecità sui pericoli climatici ed ecologici che ci sovrastano!).

 

 

j

 

 

 

Visioni sospese, ancora. Interni degli edifici e tecniche di costruzione che – ribadisce acutamente Flavio – sono svelati ai nostri occhi proprio nel corso (progressivo o di schianto) dei crolli e degli sventramenti delle antiche case di Narbona. Diventano evidenti nel massiccio gioco “in togliere” operato dal crollo degli edifici. Tanto più recuperando una sorta di memoria materiale, tutta per linee interne, dell’antico abitato. Come? Proprio nella giustapposizione sistematica dei particolari di edifici, interni ed esterni documentati per tappe negli anni della lenta decostruzione di Narbona.

 

Memoria allora come salvataggio del “possibile”, attraverso uno sguardo che ridà corpo alle forme dell’antico abitato ricostruendolo mediante la trama di ciò che l’abbandono mette a nudo. E insieme, in forma complementare mi vien da dire, nella ricostruzione degli interni delle abitazioni di Narbona, ospitati con successivi voli di elicotteri – quasi un puzzle ricomposto – nella Casa Museo di Narbona a Campomolino (l’aula di scuola, con tanto di banchi e lavagna, una cucina e il focolare, il gioco della carta ritagliata ai soffitti, ornamento e riparo…). Secondo una prospettiva di ricerca e di riproposizione del senso dei luoghi che a tutti gli effetti è interpretabile in qualche modo come un’esperienza – certo eterodossa – di Ritorno: di traghettamento delle archeologiche e virtuose culture contadine e montanare fuori dalle stratigrafie degli  originari scavi.

 

 

 

UNA PICCOLA AGGIUNTA E ALTRE FOTO DAL FAI / link

 

 

Narbona (L’Arbouna) era una delle frazioni del comune di Castelmagno (CN), a 1445 metri d’altitudine, raggiungibile a piedi o con animali da soma. Le sue origini sono ignote, la posizione impervia ha ispirato miti e leggende sulla nascita del borgo. Le storie ancora in circolazione tra gli abitanti della valle narrano di disertori spagnoli, catari scampati alla persecuzione della Chiesa o di briganti che cercavano protezione dalla giustizia terrena. Narbona rappresentava e rappresenta ancora oggi il simbolo della capacità di adattamento dell’uomo nelle valli alpine, un insediamento ardito, in un luogo inospitale, dove la vita quotidiana era molto dura. Gli ultimi abitanti se ne andarono nel 1961, lasciandosi alle spalle un esempio magistrale di villaggio montano, comprendente chiesa, scuole e case con all’interno ancora molti oggetti del tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA CARTINA QUI SOPRA E LE FOTO, OLTRE AL BREVE SCRITTO

SONO PRESE DAL LINK DEL 

FAI—

https://fondoambiente.it/luoghi/narbona?ldc

 

 ( già messo all’inizio )

 

 

 

ANTONELLA TARPINO

 

Antonella Tarpino, storica e saggista. E’ vicepresidente della Fondazione Nuto Revelli. Tra i suoi libri: Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani (Einaudi 2008); Spaesati. Luoghi dell’Italia in abbandono tra memoria e futuro (Einaudi 2012, Premio Bagutta 2013); Il paesaggio fragile. L’Italia vista dai margini (Einaudi 2016, premio internazionale The Bridge Book Award 2017 per la saggistica italiana e tra le opere segnalate per il Premio Mario Rigoni Stern 2018) ; Memoria imperfetta. La Comunità Olivetti e il mondo nuovo (Einaudi 2020); Il libro della memoria. Dimore, stanze, oggetti.
Dove abitano i ricordi (a c. di) Il Saggiatore 2022. E infine Memoranda. Gli antifascisti raccontati dal loro quotidiano, Einaudi 2023.

 

Liberi e ribelli. L’antifascismo come scelta esistenziale - Antonella Tarpino - copertina

EINAUDI, 2025

 

La scelta antifascista dei partigiani, i giovani di ieri, raccontata ai giovani di oggi. Un percorso tra diari, romanzi e film, sulle tracce di chi, nel vuoto seguito all’8 settembre del 1943, riuscì a intravedere l’orizzonte di un possibile riscatto.

La scelta antifascista dei partigiani, i giovani di ieri, raccontata ai giovani di oggi. Un percorso tra diari, romanzi e film, sulle tracce di chi, nel vuoto seguito all’8 settembre del 1943, riuscì a intravedere l’orizzonte di un possibile riscatto. I partigiani parlano ancora ai giovani di oggi? Forse sì, se si ricorre a linguaggi immediati e vividi. Così Antonella Tarpino si è immersa nelle pagine che testimoni e scrittori hanno dedicato alla propria scelta antifascista (da Italo Calvino a Beppe Fenoglio, da Ada Gobetti a Renata Viganò), ma anche dentro le immagini dei tanti film che l’hanno rappresentata (da “Achtung! Banditi!” a “Tutti a casa”, da “I piccoli maestri” a “Una questione privata”).

E il risultato è un saggio originale e coinvolgente che, intrecciando storia e memoria, scritti autobiografici, romanzi e istantanee cinematografiche, racconta la dimensione ideale che ha spinto donne e uomini a ribellarsi alla dittatura fascista, a compiere una scelta complicata e dolorosa, a convincersi che cambiare era possibile. E il significato di quella scelta si fa ogni giorno più attuale. Perché ragionare sulla scelta antifascista, da cui ha origine la nostra democrazia, mai data una volta per tutte, significa capire chi vogliamo essere e in che mondo vogliamo vivere. Perché quella scelta riguarda tutti noi. Con una postfazione di Marco Revelli.

 

 

Einaudi, 2023 –Gli Struzzi

 

Copertina del libro Memoranda di Antonella Tarpino

 

Il balcone da cui Duccio Galimberti pronunciò il famoso discorso del 26 luglio 1943 a Cuneo; la pietra-poesia di Primo Levi ritrovata sul bordo del divano di Nuto Revelli; la scrivania di Piero Gobetti e le parole vergate a matita da Ada per la sua morte, tra le stanze della loro casa di via Fabro a Torino; i banchi del Liceo D’Azeglio e la «banda» Monti (da Pavese a Mila, da Ginzburg a Bobbio); i vagoni merci per gli ebrei destinati ad Auschwitz alla stazione di Borgo San Dalmazzo; la Resistenza in diretta nei quadri di Adriana Filippi a Boves…

 

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ANSA.IT — 24 GIUGNO 2025– 15. 51 :: Trump: ‘Sia Israele sia l’Iran hanno violato il cessate il fuoco ‘ –L’Idf: ‘Lancio di missili dall’Iran’, ma Teheran nega. Katz: Israele risponderà con forza. Allarmi risuonati anche nella base italiana in Libano–

 

 

 

 

ANSA.IT — 24 GIUGNO 2025– 15. 51

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/06/24/trump-sia-israele-sia-liran-hanno-violato-il-cessate-il-fuoco-live_79c74777-c1af-43fc-8aa1-613d3ffc48e4.html

 

 

Trump: ‘Sia Israele sia l’Iran hanno violato il cessate il fuoco’ – LIVE BLOG

 

L’Idf: ‘Lancio di missili dall’Iran’, ma Teheran nega. Katz: Israele risponderà con forza. Allarmi risuonati anche nella base italiana in Libano

 

 

US President Donald Trump departs for NATO summit © ANSA/EPA

 

 

Punti chiave a partire dalle 15 dopo l’ultima notizia delle 15.51 su Trump-

 

 

 

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IL MUSEO ETNOLOGICO PIU’ GRANDE AL MONDO –pare — SIA IL MUSEO ETNOLOGICO ANIMA MUNDI CHE APPARTIENE AI MUSEI VATICANI

 

 

 

 

VIDEO, 2.29

MUSEI VATICANI.VA 

https://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/collezioni/m

Musei/museo-etnologico/video-museo-etnologico-anima-mundi.html

 

 

© Musei Vaticani

MUSEI VATICANI

 

 

Expo Missionaria, Vaticano 1925

 

Il primo nucleo risale ad una donazione di opere precolombiane avvenuta oltre trecento anni fa, ma a dare il vero avvio alla collezione fu la visitatissima Esposizione Universale Missionaria voluta da Pio XI nel 1925 in Vaticano. In un momento in cui l’Europa era funestata dallo spettro del nazionalismo, un milione di persone ebbe la possibilità di ammirare in Vaticano oltre 100mila oggetti provenienti da tutto il mondo, anche da quelle terre considerate pregiudizialmente “selvagge”: fu una potente testimonianza di Chiesa dalle porte aperte. 40mila di quei reperti rimasero nella Città Eterna dove, sugellato dal motu proprio Quoniam tam praeclara, il 12 novembre 1926, nacque il Museo Missionario Etnologico: diretto inizialmente dal padre verbita Wilhalem Schmidt e ospitato nel Palazzo Lateranense, fu trasferito, sotto Paolo VI, negli anni Settanta del 19mo secolo all’interno dei Musei Vaticani.

 

 

© Musei Vaticani

 

© Musei Vaticani

Oggetti, ambasciatori dei popoli

 

 

Oggi il Museo Anima Mundi conta circa 80mila tra oggetti ed opere d’arte, provenienti da Africa, Americhe, Oceania, Australia, Asia, mondo islamico oltre che civiltà preistoriche e precolombiane. “Gli oggetti – spiega padre Nicola Mapelli, missionario del Pime, curatore del Museo Anima Mundi – sono ambasciatori culturali, parlano dei popoli da cui provengono: dalla Papua Nuova Guinea all’Alaska, dall’Australia al Deserto del Sahara fino all’Asia. Dinamismo e vitalità caratterizzano la storia dei reperti. Quest’arte infatti non è mai morta e non è statica: continua a nutrirsi ancora oggi della relazione con i luoghi e i popoli d’origine, con le loro credenze e visioni della vita”. È una collezione inclusiva, manifesto e voce di popolazioni i cui diritti basilari sono spesso messi in pericolo o violati.

 

© Musei Vaticani
© Musei Vaticani

Riconnessioni

Padre Mapelli si è recato nei Paesi di provenienza delle opere, ha incontrato le popolazioni locali.  “Per noi è importante il confronto con i popoli. Per esempio per l’allestimento della sezione dedicata all’Australia, la prima finora aperta al pubblico, siamo andati nei villaggi da cui provengono i manufatti da noi custoditi, abbiamo chiesto agli aborigeni il significato che attribuiscono alle loro creazioni e come desiderano siano offerte alla vista dei nostri visitatori. E così cerchiamo di fare, quando possibile, per ogni singolo oggetto”.

 

 

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

 

 

 

 

© Musei Vaticani
© Musei Vaticani
© Musei Vaticani
© Musei Vaticani

Doni fatti al Papa

La maggior parte dei reperti del Museo Anima Mundi è costituita da doni ricevuti dai pontefici nei secoli passati o giunti sempre come omaggi in Vaticano da terre lontane. Alcuni sono stati “rimpatriati”: è il caso ad esempio di una tsansa, testa umana ridotta di dimensioni, usata a scopo rituale dalla tribù amazzonica degli Jivaro, rimpatriata recentemente dai Musei Vaticani all’Ecuador.

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

Storie

Dietro ogni oggetto c’è una storia: commovente l’incontro di padre Mapelli nei territori aborigeni, a cavallo tra Australia ed Indonesia, con una discendente dell’autore di uno dei pali scolpiti e dipinti nelle isole Tiwi. “Ad 80 anni questa donna ricordava il nonno che, quando era bambina, la prendeva sulle ginocchia mentre scolpiva questi pali raccontandole che li stava realizzando per una persona molto lontana e importante: era il Papa! Questa donna mi ha abbracciato perché in qualche modo io le stavo riportando a casa la sua storia e suo nonno”.

© Musei Vaticani
© Musei Vaticani

La maschera e il cestino

 

Isola di Navarino- Terra del Fuoco– Patagonia
Geo Swan, pauk (Ruslan V.Albitsky), Epp (traduzione
da:   https://commons.wikimedia.org/wik

 

Dall’arcipelago della Terra del Fuoco in Patagonia arriva invece la vicenda delle maschere rituali dell’isola di Navarino inviate a Roma negli anni Venti dal padre missionario Martin Gusinde. “Siamo riusciti a trovare la discendente dell’interprete del padre Gusinde. L’anziana donna, in segno di gratitudine, ha realizzato per me un cestino mentre mi trovavo in visita da lei. Lo abbiamo esposto qui ai Musei Vaticani accanto alla maschera rituale di Navarino”.

 

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

Emozionante e suggestivo anche l’invio in Polinesia, in occasione di una mostra, di una statua conservata in Vaticano. Al momento di ripartire per Roma dall’isola è salita una fitta nebbia: “i locali l’hanno attribuita al saluto malinconico che la loro terra tributava a quel manufatto”.

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

 

 

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

Senza barriere

Anima Mundi è un luogo senza barriere. “Chi entra – ha detto Papa Francesco inaugurandone le sale il 18 ottobre 2019 – dovrebbe sentire che in questa casa c’è posto anche per lui, per il suo popolo, la sua tradizione, la sua cultura”. Tutti i popoli sono qui, all’ombra della cupola di san Pietro, vicini al cuore della Chiesa e del Papa”.

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

 

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

 

 

 

 

Il Laboratorio trasparente

Trasparenti come le vetrine che espongono gli oggetti sono anche le pareti che delimitano la sede, ancora provvisoria, del Laboratorio di Restauro Materiali Polimaterici. Anche il futuro spazio permanente, una volta terminati i lavori del Museo, permetterà ai visitatori di osservare il lavoro delle restauratrici per condividere l’esperienza della conservazione.

© Musei Vaticani

 

 

 

“Il nostro sogno è quello di aprire, in Vaticano, una scuola internazionale per l’educazione delle nuove generazioni di restauratori per la conservazione di saperi e tecniche che altrimenti corrono il rischio di perdersi”. L’impegno a favore della realizzazione di questo nuovo approccio alla conservazione è condiviso da molti laboratori di restauro di tutto il mondo. “Abbiamo avuto modo di sperimentare questa realtà, anche recandoci nei luoghi d’origine come nel caso del Portamessale di Cristoforo Colombo, rimasto esposto presso il Palazzo dei Capitani Generali de L’Avana a Cuba nel 2012. E’ stata una grande opportunità di confronto con l’esperienza e le professionalità dei Laboratori di Restauro del Gabinete de Conservaciòn y Restauraciòn de La Habana”.

 

 

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

 

 

“Comprendere che dietro una casacca dei Sioux non c’è solo un indumento, ma la vita di un popolo, le mani delle donne che l’hanno intessuta, il rituale di purificazione, il suono dei tamburi, la danza del Sole, – conclude ancora padre Nicola Mapelli – vuol dire andare oltre il proprio sapere, porsi in movimento”.

 

 

© Musei Vaticani

© Musei Vaticani

 

“Sharing Conservation” ( CONDIVISIONE DEL RESTAURO )

Esempio di “Sharing Conservation” è invece il lavoro svolto dal Laboratorio assieme ad un esperto ornitologo chiamato in occasione del restauro di uno straordinario copricapo Mekeo, appartenuto agli indigeni della Papua Nuova Guinea, il più antico al mondo. Il riconoscimento delle specie ornitiche e lo studio delle penne utilizzate ha reso possibile la raccolta di una campionatura tipo, rappresentativa di tutte le colorazioni di piume e penne presenti in natura e rappresentate nelle collezioni del Museo. Questa preziosa raccolta è stata utilizzata per avviare, insieme ai Laboratori scientifici dei Musei Vaticani, una sperimentazione all’avanguardia sull’uso della tecnologia laser per la pulitura delle piume.

 

 

 

Questa attitudine continua a ispirare la vocazione missionaria e il presente del Museo Anima Mundi anche attraverso memorabili mostre internazionali: a Cuba nel 2012; negli Emirati Arabi nel 2014, la prima nel suo genere realizzata dai Musei Vaticani in un paese islamico; a Canberra nel 2018, dove, caso senza precedenti, i Musei Vaticani hanno collaborato insieme ad altre due istituzioni museali – lo Sharjah Museum of Islamic Civilisation e il National Museum of Australia – alla realizzazione di un’esposizione  congiunta sull’arte islamica, testimonianza di dialogo e comprensione reciproca tra culture e religioni; in Cina, a Pechino, nella Città Proibita, nel 2019. Un impegno nel segno della bellezza, una bellezza diversa, bellezza che unisce.

 

 

Il Museo "Anima Mundi" - Foto di Anna Poce © Musei Vaticani

 

 

DA :

ANIMA-MUNDI- MUSEO ETNOLOGICO – MUSEO VATICANO

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2021-12/museo-etnologico-segreti-musei-vaticani-anima-mundi.html

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IL MANFESTO 26 GIUGNO 2025 –MAICOL & MIRKO– è carina !

 

 

 

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LEONARDO DE COSMO — ANSA.IT — 23 GIUGNO 2025 — 14.42 :: Scienza. Terra e Poli– Amazzonia e Antartide nelle prime immagini del satellite Biomass. La missione spaziale europea che mappa il carbonio nascosto +++ 6 FOTO + Gabon

 

 

 

 

ANSA.IT — 23 GIUGNO 2025 — 14.42
https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/terra_poli/2025/06/23/amazzonia-e-antartide-nelle-prime-immagini-del-satellite-biomass-_a465b807-4b9d-470b-8471-b23ac972b147.html

 

 

La catena montuosa del Tibesti nel Ciad (fonte: ESA) RIPRODUZIONE RISERVATA

LA CATENA MONTUOSA DEL TIBESTI NEL CIAD ( FONTE ESA )

 

 

 

 

Amazzonia e Antartide nelle prime immagini del satellite Biomass

La missione spaziale europea che mappa il carbonio nascosto

 

di Leonardo De Cosmo

 

 

 

 

Particolare di alcuni vulcani indonesiani (fonte: ESA) RIPRODUZIONE RISERVATA

Particolare di alcuni vulcani indonesiani (fonte: ESA)

 

 

Dalle fitte foreste pluviali amazzoniche di Brasile e Bolivia, con i segni della deforestazione e i dettagli che si nascondo tra la densa vegetazione, fino agli antichi letti dei fiumi nascosti sotto la sabbia del Sahara e i flussi del ghiaccio dell’Antartide: sono le prime incredibili immagini scattate da Biomass, la missione dell’Agenzia Spaziale Europea lanciata il 29 aprile 2025 con l’obiettivo di analizzare come mai prima d’ora la quantità di carbonio ‘nascosto’ e che sta ora terminando le operazioni per calibrare i suoi strumenti.

Il Rio Beni, in Bolivia, fotografato dal satellite Biomass (fonte: ESA) RIPRODUZIONE RISERVATA

IL RIO BENI IN BOLIVIA FOTOGRAFATO DL SATELLITE BIOMASS ( FONTE ESA )

 

 

Le immagini sono state presentate a Vienna, in apertura del convegno sull’osservazione della Terra ‘Living Planet’ organizzato dall’Esa.

 

“Guardando queste prime immagini è chiaro che il nostro satellite Earth Explorer Biomass è pronto a mantenere le sue promesse”, ha commentato la direttrice dei Programmi di Osservazione della Terra dell’Esa, Simonetta Cheli. “Ci aspettiamo che questa nuova missione rappresenti un balzo in avanti rivoluzionario nella nostra capacità di comprendere le foreste della Terra, combinando la tecnologia radar all‘avanguardia con l’eccellenza scientifica che svelerà informazioni vitali sullo stoccaggio del carbonio, i cambiamenti climatici e la salute dei preziosi ecosistemi forestali del nostro pianeta”.

Il ghiacciaio Nimrod, nella catena Transantartica (fonte: ESA) RIPRODUZIONE RISERVATA

IL GHIACCIAO NIMROD, NELLA CATENA TRANSARTARTICA ( FONTE ESA )

Dotato di un innovativo radar in banda P capace di analizzare come in una sorta di ecografia l’intero spessore della biomassa presente nelle foreste tropicali, Biomass fornirà dati preziosi e finora mancanti sul quantitativo di carbonio presente sul pianeta, dato fondamentale anche per le previsioni del clima.

 

 

 

Biomass è ancora nella fase di calibrazione degli strumenti prima di diventare realmente operativo. Le prime immagini sono 6 di cui 4 sono relative a foreste pluviali in sud America e Africa, in cui sono visibili dettagli nascosti all’interno della coltre boschiva, mentre altre 2 sono relative a luoghi molto differenti: il deserto del Sahara, per verificare la capacità del radar di penetrare attraverso la sabbia e rilevare dettagli nascosti come letti di laghi e fiumi ormai scomparsi, e Antartide, in cui sono visibili le invisibili dinamiche dei flussi di ghiaccio. “Siamo molto lieti di annunciare che tutto funziona senza intoppi e che le sue prime immagini sono a dir poco spettacolari, e sono solo un piccolo assaggio di ciò che verrà”, ha detto Michael Fehringer, responsabile dell’Esa del progetto Biomass.

 

 

Makokou, nel Gabon (fonte: ESA) RIPRODUZIONE RISERVATA

MAKAKOU NEL GABON ( FONTE ESA )

 

 

Clima Gabon: temperatura, pioggia, quando andare - Climi e Viaggi

CARTINA DEL GABON CON MAKAKOU DA:
Clima e Viaggi

 

 

da qui segue BRITANNICA — LINK AL FONDO

 

 

Maschera Punu del Gabon

Maschera Punu nel Gabon.
Maschera Mukudj, legno, pigmento e caolino, cultura Punu, Gabon, XIX-XX secolo; conservata al Metropolitan Museum of Art di New York.

La maschera mukudj dal volto bianco rappresenta una figura femminile idealizzata con capelli stilizzati ed è indossata da un danzatore al funerale di un anziano onorato

 

 

 

Gruppi etnici e lingue

A parte qualche migliaio di Pigmei, i circa 40 popoli del Gabon parlano lingue bantu , suddivise in 10 gruppi linguistici. Il gruppo Myene (che comprende i Mpongwe e gli Orungu), sebbene rappresenti oggi solo una parte relativamente piccola della popolazione, ha svolto un ruolo importante nella storia del paese grazie alla sua posizione lungo le coste settentrionali.

I Fang , presenti anche nel Camerun meridionale e nella Guinea Equatoriale, rappresentano oltre un quarto della popolazione e vivono a nord del fiume Ogooué.

I gruppi più numerosi a sud dell’Ogooué sono i Sira (inclusi i Punu), gli Nzebi e gli Mbete, che insieme costituiscono circa un terzo della popolazione.

Popoli meno numerosi includono i Benga e i Seke nell’estremo nord-ovest, i Kota e i Teke a est e i Vili lungo l’estrema costa meridionale

 

 

Molte lingue bantu non hanno una forma scritta. Nel XIX secolo, i missionari cristiani ne traslitterarono diverse in alfabeto latino e prepararono traduzioni della Bibbia e catechismi per i loro seguaci. Tuttavia, la politica francese di limitare l’uso delle lingue indigene esclusivamente all’istruzione religiosa inibiva lo sviluppo di altri tipi di letteratura. Grazie agli intensi sforzi per l’insegnamento del francese, quasi tutti i gabonesi adulti sanno parlare la lingua e quasi tre quarti la sanno leggere. Il francese è designato come lingua ufficiale di lavoro del Paese.

 

 

Popoli Kota: mbulu-ngulu

Popolazioni Kota: mbulu-ngulu
Kota mbulu-ngulu,
rame e lamiera incisi e sbalzati su base di legno,
provenienti dal Gabon; nella Collezione etnografica di Zurigo.

 

 

DEMOGRAFIA

All’inizio del XXI secolo, era più del doppio della media mondiale. Non è chiaro in che misura la forte immigrazione di lavoratori stranieri e rifugiati abbia contribuito a questa crescita. La popolazione è relativamente giovane: quasi tre quarti ha meno di 30 anni. L’aspettativa di vita è di oltre 50 anni ed è pressoché nella media del continente.

ECONOMIA

L’economia del Gabon ha maggiori legami con i mercati europei e americani rispetto a quelli degli stati confinanti (ad eccezione del Camerun) o di altre regioni africane. L’economia condivide alcune caratteristiche con quella di altri stati dell’Africa subsahariana: forti legami con l’ex colonia, un elevato livello di investimenti e controllo esteri, la dipendenza da tecnici stranieri e il declino dell’agricoltura. Il Gabon si differenzia da questi stati per la sua dipendenza da migliaia di lavoratori salariati provenienti da altri paesi africani per integrare la sua scarsa offerta di manodopera nel commercio al dettaglio, nell’artigianato e nei trasporti nazional

 

 

Quadro costituzionale

In base alla Costituzione del febbraio 1961, in vigore da tre decenni, la Repubblica del Gabon aveva un potere esecutivo più potente di quello legislativo e giudiziario. Durante gli anni ’70, la Costituzione fu modificata per conferire a Il Partito Democratico Gabonese (Partito Démocratique Gabonais; PDG), unico partito legale dopo il 1968, ricopre ruoli nei processi esecutivo e legislativo. Nel maggio 1990, a seguito di una conferenza nazionale convocata in risposta ai disordini dei quattro mesi precedenti, la Costituzione fu modificata per porre fine al ruolo istituzionale del PDG e ripristinare un sistema multipartitico. 

 

 

Popoli Fang: maschera Ngil

Popolazione Fang: maschera Ngil
Maschera Ngil, in legno, cultura Fang, XIX secolo; conservata
al Museo Nazionale delle Arti e delle Tradizioni si trova a Libreville ( LA CAPITALE )

 

 

 

ABBIAMO RIPORTATO UNA PARTE DEL TESTO  MOLTO DOCUMENTATO 
DA :

BRITANNICA.COM/ GABON  / STORIA
https://www.britannica.com/place/Gabon/History

 

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EUGENIO MONTALE, La bufera e altro ( Vicenza, Neri Pozza 1956 ). La poesia: ” Due nel crepuscolo ” – da : LIBRIANTICHIONLINE — link sotto + ” Dora Markus “, da Le occasioni, Einaudi, 1939

 

 

 

LIBRIANTICHIONLINE–

https://www.libriantichionline.
com/divagazioni/eugenio_montale_
due_nel_crepuscolo

 

 

 

 

 

Eugenio Montale - Due nel crepuscolo

 

 

 

 

Fluisce fra te e me sul belvedere
un chiarore subacqueo che deforma
col profilo dei colli anche il tuo viso.
Sta in un fondo sfuggevole, reciso
da te ogni gesto tuo; entra senz’orma,
e sparisce, nel mezzo che ricolma
ogni solco e si chiude sul tuo passo:
con me tu qui, dentro quest’aria scesa
a sigillare il torpore dei massi.

 

Ed io riverso
nel potere che grava attorno, cedo
al sortilegio di non riconoscere
di me più nulla fuor di me; s’io levo
appena il braccio, mi si fa diverso
l’atto, si spezza su un cristallo, ignota
e impallidita sua memoria, e il gesto
già più non m’appartiene;
se parlo, ascolto quella voce attonito,
scendere alla sua gamma più remota
o spenta all’aria che non la sostiene

 

Tale nel punto che resiste all’ultima
consunzione del giorno
dura lo smarrimento; poi un soffio
risolleva le valli in un frenetico
moto e deriva dalle fronde un tinnulo
suono che si disperde
tra rapide fumate e i primi lumi
disegnano gli scali.

 

Le parole
tra noi leggere cadono. Ti guardo
in un molle riverbero. Non so
se ti conosco; so che mai diviso
fui da te come accade in questo tardo
ritorno. Pochi istanti hanno bruciato
tutto di noi: fuorché due volti, due
maschere che s’incidono, sforzate,
di un sorriso.

 

 

 

nota: sembra che la poesia sia stata scritta per Dora Markus:

Dora Markus è una lirica della raccolta Le occasioni di Eugenio Montale, forse una delle più note.
Poesia scritta tra il 1928 e il 1939, trae spunto dalla figura di una giovane austriaca di origini ebraiche, Dora Markus, che Montale non aveva conosciuto personalmente ma di cui gli aveva parlato l’amico Bobi Bazlen, inviandogli una foto delle gambe di Dora e indicandola come amica di Gerti Fránkl Tolazzi, di Graz anche se viveva a Trieste, di cui il poeta parla in Carnevale di Gerti 1928, nella stessa raccolta; la foto sembra esser stata scattata dalla stessa Gerti.
Montale scrive a Gianfranco Contini nel 1943 che la protagonista di Due nel crepuscolo  – in La bufera e altro –  è ancora Dora Markus.
A Marina di Ravenna una piazza è intitolata a Dora Markus
.

da:

https://www.violettanet.it/poesiealtro_autori/MONTALE_1a.htm

 

 

 

 

******

 

Nella poesia che segue, Montale parla di una donna, Dora, un’ebrea-austriaca perseguitata dal regime nazista. Dora viene ritratta in due momenti distanti e tuttavia cruciali della propria vita: giovinezza e vecchiaia.
Sullo sfondo della tragedia della guerra e delle persecuzioni razziali, Montale ci dona questo intramontabile ritratto di donna, addentrandosi nelle complesse sfumature dell’animo femminile e traendone un personaggio immortale dalla complessità estrema.

 

TESTO E COMMENTO SOPRA

nel link trovate altre notizie sulla poesia

da : https://www.sololibri.net/Dora-Markus-Eugenio-Montale-testo-analisi-commento.html#google_vignette

 

 

 

” DORA MARKUS ” —

LE OCCASONI DI MONTALE,  Einaudi, 1939 –.( Poesie dal 1928-1939 )

Fu dove il ponte di legno
mette a Porto Corsini sul mare alto
e rari uomini, quasi immoti, affondano
o salpano le reti. Con un segno
della mano additavi all’altra sponda
invisibile la tua patria vera.
Poi seguimmo il canale fino alla darsena
della città, lucida di fuliggine,
nella bassura dove s’affondava
una primavera inerte, senza memoria.

E qui dove un’antica vita
si screzia in una dolce
ansietà d’Oriente,
le tue parole iridavano come le scaglie
della triglia moribonda.

La tua irrequietudine mi fa pensare
agli uccelli di passo che urtano ai fari
nelle sere tempestose:
è una tempesta anche la tua dolcezza,
turbina e non appare,
e i suoi riposi sono anche più rari.
Non so come stremata tu resisti
in questo lago
d’indifferenza ch’è il tuo cuore; forse
ti salva un amuleto che tu tieni
vicino alla matita delle labbra,
al piumino, alla lima: un topo bianco,
d’avorio; e così esisti!

 

II

Ormai nella tua Carinzia
di mirti fioriti e di stagni,
china sul bordo sorvegli
la carpa che timida abbocca
o segui sui tigli, tra gl’irti
pinnacoli le accensioni
del vespro e nell’acque un avvampo
di tende da scali e pensioni.

La sera che si protende
sull’umida conca non porta
col palpito dei motori
che gemiti d’oche e un interno
di nivee maioliche dice
allo specchio annerito che ti vide
diversa una storia di errori
imperturbati e la incide
dove la spugna non giunge.

La tua leggenda, Dora!
Ma è scritta già in quegli sguardi
di uomini che hanno fedine
altere e deboli in grandi
ritratti d’oro e ritorna
ad ogni accordo che esprime
l’armonica guasta nell’ora
che abbuia, sempre più tardi.

È scritta là. Il sempre verde
alloro per la cucina
resiste, la voce non muta,
Ravenna è lontana, distilla
veleno una fede feroce.
Che vuole da te? Non si cede
voce, leggenda o destino…
Ma è tardi, sempre più tardi.

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LA VIE EN ROSE” (1945) E’ UNA CANZONE SCRITTA E PORTATA AL SUCCESSO DALLA GRANDISSIMA EDITH PIAF— MUSICA DI LOUIS GUGLIELMI– + una storiella ++ NON, JE NE REGRETTE RIEN + testo e traduzione

 

 

 

 

QUESTA E’ EDITH PIAF:

“PIAF” in argot (dialetto) parigino significa “passerottino”)

 

Édith Piaf, pseudonimo di Édith Giovanna Gassion (Parigi, 19 dicembre 1915 – Grasse, 10 ottobre 1963),

 

inizia a sette anni a cantare per le strade con suo padre

 

 

 

 

 

 

 

 

1946

 

 

un gustoso pettegolezzo da wikipedia: La Piaf stessa ne scrisse il testo nel 1945, con il titolo Les choses en rose, e chiese a Robert Chauvigny, suo direttore d’orchestra e arrangiatore, di musicarlo; questi però si rifiutò, ritenendolo indegno della sua firma. Fu dunque il pianista Louiguy (Louis Gugliemi) a dare una musica a quei versi che, con un nuovo titolo, divennero un successo mondiale e la canzone dell’amore romantico per eccellenza.

 

 

 

ANNI ’50

 

TESTO E TRADUZIONE

 

 

La Vie En Rose La Vita In Rosa
Des yeux qui font baisser les miens
Un rire qui se perd sur sa bouche
Voilà le portrait, sans retouche
De l’homme auquel j’appartiensQuand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas
Je vois la vie en roseIl me dit des mots d’amour
Des mots de tous les jours
Et ça me fait quelque choseIl est entré dans mon cœur
Une part de bonheur
Dont je connais la causeC’est lui pour moi, moi pour lui dans la vie
Il me l’a dit, l’a juré pour la vieEt dès que je l’aperçois
Alors je sens en moi
Mon cœur qui batDes nuits d’amour ne plus en finir
Un grand bonheur qui prend sa place
Des ennuis, des chagrins s’effacent
Heureux, heureux à en mourir{Couplets 2-4}C’est toi pour moi, moi pour toi dans la vie
Tu me l’as dit, l’as juré pour la vie{Couplet 6}
Occhi che fanno abbassare i miei
Un ridere che si perde sulla sua bocca
Ecco il ritratto senza ritocchi
Dell’uomo al quale appartengoQuando mi prende fra le braccia
Mi parla a bassa voce
Vedo la vita in rosaMi dice parole d’amore
Parole di tutti i giorni
E quello mi fa sentire qualcosaIl ha entrato nel mio cuore
[È] una parte di felicità
Di cui conosco la causaÈ lui per me, io per lui nella vita
Me l’ha detto, l’ha giurato a vitaE fin dal momento in cui lo scorgo
Allora sento in me
Il mio cuore che batteNotti d’amore che non finire più
Una gran felicità che si colloca
I guai, i dolori si cancellano
Felice, felice a ne morire{Strofe 2-4}È tu per me, io per te nella vita
Me l’hai detto, l’hai giurato a vita{Strofa 6}

Il me l’a dit, l’a juré pour la vie.

Et des que je l’apercois
Alors je sens en moi
Mon coeur qui bat

Des nuits d’amour a ne plus en finir
Un grand bonheur qui prend sa place
Des enuis des chagrins, des phases
Heureux, heureux a en mourir.

Quand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas,
Je vois la vie en rose.

Il me dit des mots d’amour,
Des mots de tous les jours,
Et ca me fait quelque chose.

Il est entre dans mon coeur
Une part de bonheur
Dont je connais la cause.

C’est toi pour moi. Moi pour toi
Dans la vie,
Il me l’a dit, l’a jure pour la vie.

Et des que je l’apercois
Alors je sens en moi
Mon coeur qui bat

 

 

EDITH PIAF — JE NE REGRETTE RIEN

 

 

Non, Je Ne Regrette Rien – Edith Piaf

Di: Charles Dumont, Michel Vaucaire

 

Testo della canzone (lingua originale)

 

Non, Je Ne Regrette Rien

 

Non! Rien de rien
Non! Je ne regrette rien
Ni le bien qu’on m’a fait
Ni le mal tout ça m’est bien égal!

Non! Rien de rien
Non! Je ne regrette rien
C’est payé, balayé, oublié
Je me fous du passé!

Avec mes souvenirs
J’ai allumé le feu
Mes chagrins, mes plaisirs
Je n’ai plus besoin d’eux!

Balayées les amours
Et tous leurs trémolos
Balayés pour toujours
Je repars à zéro

Non! Rien de rien
Non! Je ne regrette rien
Ni le bien, qu’on m’a fait
Ni le mal, tout ça m’est bien égal!

Non! Rien de rien
Non! Je ne regrette rien
Car ma vie, car mes joies
Aujourd’hui, ça commence avec toi!

 

Testo della canzone (Traduzione in italiano)

Traduzione a cura di Ermanno Tassi

 

No, Non Rimpiango Niente

 

No! Niente di niente
Non rimpiango niente
Nè il bene fattomi
Né il male, tutto ciò mi è indifferente!

No! niente di niente
No! Non rimpiango niente
E’ saldato, spazzato via, dimenticato
Me ne infischio del passato!

 

Ho acceso il fuoco
Con i miei ricordi
I miei dispiaceri, i miei piaceri
Di loro non ne ho più bisogno!

 

Spazzati via gli amori
E tutti i tremolii di voce
Spazzati via per sempre
Riparto da zero

No! Niente di niente
No! Non rimpiango niente
Né il bene  fattomi
Né il male, tutto ciò mi è indifferente!

No! Niente di niente
No! Non rimpiango niente
Perché la mia vita, perche le mie gioie
Oggi, tutto comincia con te!

 

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ANSA.IT — 23 GIUGNO 2025 — dalle 23.06 di ieri / alle 10.11 di oggi — Medio Oriente, Trump apre a cambio di regime in Iran: ‘Annientati i siti nucleari’ — Il presidente Usa rinvia la partenza per il vertice Nato di Amsterdam. Ancora scambio di attacchi missilistici tra Iran e Israele, sirene a Tel Aviv e Gerusalemme

 

 

 

 

ANSA.IT — 23 GIUGNO 2025

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/06/23/medio-oriente-trump-apre-a-cambio-di-regime-in-iran-annientati-i-siti-nucleari_a505369d-1067-44ef-831c-d4f1d24b6cc4.html

 

Medio Oriente, Trump apre a cambio di regime in Iran ( vedi ultimo link ): ‘Annientati i siti nucleari’ LA DIRETTA.

 

Il presidente Usa rinvia la partenza per il vertice Nato di Amsterdam. Ancora scambio di attacchi missilistici tra Iran e Israele, sirene a Tel Aviv e Gerusalemme

 

 

Trump, distrutti gli impianti nucleari iraniani chiave - RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

Punti chiave– se vuoi, apri i link : trovi un commento

 

 

 

 

Trump apre a cambio di regime a Teheran

 “Non è politicamente corretto usare il termine ‘cambio di regime’, ma se l’attuale regime iraniano non è in grado di rendere l’Iran di nuovo grande, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime??? Miga!!!”: lo scrive Donald Trump, parafrasando Maga (Make America great again) in Miga per adattarlo all’Iran. E’ la prima volta che il presidente sembra aperto ad un cambio di regime. 

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ALI FARKA TOURE’ — RIVER — 1990 + MARCO AIME, Alì “Farka” Touré: la mia musica viene dall’acqua– DOPPIOZERO, 3 MARZO 2025

 

 

 

 

 

 

 

3 MARZO 2025

https://www.doppiozero.com/ali-farka-toure-la-mia-musica-viene-dallacqua

 

 

Alì “Farka” Touré: la mia musica viene dall’acqua

 

Sono passati quasi vent’anni anni da quando Alì “Farka” Touré, il più celebre musicista del Mali ci ha lasciati. Era nato nel 1939 nel piccolo villaggio di Kanau, sulla sponda sinistra del Niger, non lontano da Timbuctu. Sì, proprio da quella città che nel nostro immaginario vive sul confine tra mito e realtà lontana. Non a caso era solito scherzare, dicendo: «Per qualche persona, quando dici Timbuctu, è come dire “la fine del mondo”, ma non è vero. Io vengo da Timbuctu e posso dirvi che siamo proprio nel cuore del mondo». Decimo figlio di sua madre, dopo che molti suoi fratelli maggiori erano morti venendo al mondo o poco dopo: «Il nome che mi fu dato era Ali Ibrahim – raccontava – ma è frequente in Africa dare a un figlio un soprannome». Per lui i genitori scelsero “Farka”, che significa “asino”, un animale che nel Mali è ammirato per la sua tenacia e per la robustezza.

 

Talking Timbuktu

 

 

Il mio primo incontro con la sua musica avvenne nel 1995. Mio padre era appena mancato e un amico mi regalò un cd, dicendomi: «Ti terrà compagnia». Era Talking Timbuktu di Alì Farka Touré con Ry Cooder. Dalle casse uscì un suono che scivolava tra dolcezza e disperazione con una semplicità, che solo la vita vera riesce a esprimere. La voce che al primo ascolto sembrava stridula, diventava di volta in volta accecante nel suo tagliare l’aria e raccontare storie di anime.

Il secondo incontro fu di persona e proprio là, nel centro/limite del mondo, nella sua Niafunké, pigramente appoggiata sulle acque limacciose del Niger. La sua casa lo sapevano tutti dov’era, una casa grande, sempre piena di gente che andava e veniva. Lui era lì, seduto su un tappeto nel suo grande boubou azzurro, mentre nel cortile grandi e piccini si ammassavano davanti a un enorme televisore acceso. Aveva l’aria di un patriarca d’altri tempi. Il suo modo di parlare e di raccontare aveva i tempi e i ritmi dei griot, i cantastorie della tradizione orale, che però non amava molto:

«Il griotismo è molto diverso dalla cultura. Un griot è uno che inventa. L’arte invece è una risorsa che ha le sue radici nella storia, che educa, che incoraggia a lavorare e che dà l’ispirazione per fare bene o anche, talvolta, per fare male. È questo l’arte. Il griotismo è musica commerciale, fatta per guadagnare. Quello che racconto io, cantando nei dialetti locali, serve a sensibilizzare, educare, risvegliare lo sviluppo e il lavoro e l’amore sociale. È questo. Non lo faccio per comprare whisky o birra!».

Sempre pronto alla battuta, allo scherzo, terminava spesso i suoi discorsi con un proverbio, com’è tipico della tradizione maliana. Un proverbio che talvolta serviva a rafforzare la frase, mentre a volte lasciava in sospeso il giudizio, creando un momento di sospensione, che induceva a pensare.

Chiacchierammo di musica e mi accorsi solo dopo un po’ di quanto inadeguate fossero le mie domande. Per me Ry Cooder, il chitarrista californiano con cui aveva realizzato Talking Timbuktu, è un grande della musica e gli chiesi cosa avesse provato a suonare con lui:

«Non ho guadagnato niente. È stato come mettere zucchero nel miele per renderlo dolce. Lui ha imparato, e va detto che impara in fretta. Gli ho dato qualcosa che non conosceva: le radici di questa arte» disse, «ho solo dato, perché vengo da qui, da una terra dove si trovano l’ombelico e le radici della tradizione africana. Quando dicono: l’arte, la musica … siamo noi che abbiamo la musica. Ogni etnia di questo paese ha la sua cultura, la sua storia, le sue leggende, la sua arte e ognuna ha espressioni diverse. Non è come in Occidente dove si suona solo per il piacere di farlo».

Mi ha spesso colpito come il costante complesso di inferiorità, che gli africani tendono ad avere nei confronti dei bianchi, svanisca quando si scende sul terreno della musica. «Il senso della musica è universale, però ho visto giapponesi, canadesi, americani, italiani venire qui a imparare a suonare la kora, lo xilofono, le percussioni, ma non ho mai visto un africano andare in Europa per imparare a suonare o a ballare. Noi possiamo dare tanto. In Giappone c’erano musicisti che volevano suonare con me. Eravamo di culture molto diverse, ma la musica è universale. Ho cercato di insegnare qualcosa a quella gente, ma sai, quando metti lo scorpione nella bocca fai attenzione a dove metti la lingua. Dopo erano obbligati a suonare come me!».

Qualcuno lo ha definito il John Lee Hooker del Mali, cosa che non ha mai gradito, lui che ha sempre rivendicato il primato della sua terra su quella musica che sarebbe poi diventata il blues: «Mi hanno chiesto più volte qual è la differenza tra il blues americano e quello africano. Gli ho risposto che in Africa non abbiamo la parola blues. È senza significato».

Eppure è di lì, dalla vasta ansa che il fiume Niger compie, fino ad accarezzare le sabbie del Sahara, prima di lanciarsi verso l’oceano, che quella scala di cinque note, quel canto che mescola il ritmo dell’Africa nera con la melopea araba, che è partita quella musica. È partita in catene, nelle voci degli schiavi che l’hanno portata nelle Americhe, dove ha incontrato altri suoni, altri ritmi. Così è nato il blues, la musica dell’anima.

The river

 

Martin Scorsese, ha intitolato un suo film-documentario Dal Mali al Mississipi, ma nella pellicola il viaggio va in senso opposto: parte dalle storie di vecchi bluesmen americani, raccolte dal bluesman Coray Harris, per approdare sulle rive del Niger, dove il protagonista incontra Alì e suona con lui. Perché puoi chiamarlo come vuoi, ma quella musica, quella, viene di lì. Quelle corde tirate, quelle note strozzate legano il Niger al Mississippi. Due fiumi, acqua, un tema che ritorna spesso nei titoli di Alì Farka Touré. 

«La mia ispirazione viene dall’acqua. È col fiume che lavoro. Quando lo vedo l’ispirazione mi entra dentro. «È il paesaggio che dà la forza. La musica incoraggia l’agricoltore, l’allevatore il pescatore a fare meglio il loro lavoro. In un giorno potrei incidere tre CD. Io non scrivo mai la musica. Non ho nemmeno un registratore. Lavoro con le idee e la sera, se la pancia è piena, nel mio giardino lo spirito vola nelle nuvole».

La terza volta che lo incontrai, fu nel 1998 a Villa Arconati, a Bollate, dove Alì teneva un concerto. Riuscii a incontrarlo prima che iniziasse. Sedemmo anche quella volta su un tappeto messo lì per lui. Si ricordava benissimo della mia visita, chiacchierammo un po’, prima che venisse chiamato a suonare, in modo magico, come al solito. Gli dissi che più ascoltavo i suoi pezzi e quelli di altri maliani, più avevo la sensazione che la musica, tutta la musica, nascesse dai suoi luoghi.

«È la verità» disse ridendo.

 

 

 

Ali Farka Touré - Wikipedia

Ali Ibrahim Touré, detto Farka (Kanau, 31 ottobre 1939 – Bamako, 7 marzo 2006), è stato un cantante e chitarrista maliano

 

 

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DAVIDE BONAZZI – 8 aprile 2025 — TRE ILLUSTRAZIONI SULL’ASCESA DI HITLER IN 53 GIORNI –L’arrivo del Nazismo nel 1933— SMANTELLARE UNA DEMOCRAZIA –IL FOGLIO, 25 GENNAIO 2025

 

 

 

 

Una democrazia smantellata in cinquantatré giorni

 

INTERNAZIONALE.IT — 3 APRILE 2025

https://www.internazionale.it/magazine/timothy-w-ryback/2025/04/03/una-democrazia-smantellata-in-cinquantatre-giorni

 

 

Novantadue anni fa, la mattina di lunedì 30 gennaio 1933, in Germania Adolf Hitler fu nominato cancelliere, il quindicesimo della repubblica di Weimar. In una delle trasformazioni politiche più sbalorditive della storia della democrazia, Hitler cominciò a distruggere una repubblica costituzionale con mezzi costituzionali.

 

 

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

DAVIDE BONAZZI

 

 

Tre illustrazioni per Internazionale su come Hitler abbia smantellato la democrazia del suo Paese in soli 53 giorni, utilizzando la costituzione per distruggere la costituzione. Articolo di Timothy W. Ryback. https://t.ly/0O6Am

 

 

 

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DAVIDE BONAZZI

 

 

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DAVIDE BONAZZI

 

 

 

L’articolo che pubblichiamo sullo stesso argomento non è quello di Internazionale segnato all’inizio, ma de  IL FOGLIO.– 25 GENNAIO 2025

 

IL FOGLIO

Il Foglio

https://www.ilfoglio.it/politica/2025/01/25/news/smantellare-una-democrazia-in-1-mese-3-settimane-2-giorni-8-ore-e-40-minuti-hitler-nel-1933-7354314/

 

 

L’arrivo del nazismo

Smantellare una democrazia in 1 mese, 3 settimane, 2 giorni, 8 ore e 40 minuti: Hitler nel 1933

 

 

 

Fra coalizioni e nuove “strane” elezioni con l’affluenza più grande di sempre, il Führer riuscì quasi a distruggere una repubblica costituzionale usando gli stessi strumenti costituzionali. Un’ascesa talmente senza intoppi da lasciare stupiti gli stessi nazisti

 

 

Novantadue anni fa, il 30 gennaio del 1933Adolf Hitler fu nominato 15esimo cancelliere della Repubblica di Weimar e, scrive lo storico del nazismo Timothy W. Ryback sull’Atlantic, “in una delle più sconvolgenti trasformazioni politiche nella storia della democrazia, Hitler quasi distrusse una repubblica costituzionale usando strumenti costituzionali”. Lo fece in meno di due mesi, anzi, scrive Ryback “in un mese, tre settimane, due giorni, otto ore e 40 minuti: i minuti, come vedremo, contano”.

Dopo il fallimento del putch del 1923, Hitler aveva rinunciato a ribaltare Weimar con la violenza, ma non aveva rinunciato al suo piano di distruggere il sistema democratico del paese, come aveva ribadito nel giuramento di legalità che fece nel settembre del 1930 davanti alla Corte costituzionale: invocando il primo articolo della Costituzione, che stabiliva che lo stato era un’espressione della volontà del popolo, Hitler informò la Corte che una volta raggiunto il potere con strumenti legittimi intendeva modellare il suo governo nel modo che gli sembrava adatto. Attraverso strumenti costituzionali?, gli chiese un giudice. Jawohl, rispose Hitler.

Hitler si era fatto un’esperienza all’opposizione, aveva fatto ostruzionismo e aveva forzato il presidente a dissolvere il Reichstag per due volte e chiamare nuove elezioni. Per questo, come prima cosa, voleva che nessuno potesse fargli quel che aveva fatto lui, ma nonostante il Partito nazionalsocialista fosse passato da 12 a 230 seggi dal 1929 al 1932, era lontano dalla maggioranza (aveva il 37 per cento dei seggi).

Assieme ad altri partiti coalizzati, il Partito nazista arrivava quasi al 51 per cento, ancora una maggioranza fragile. Aveva bisogno di una “legge di rafforzamento”, che smantellasse la separazione dei poteri, desse al governo la possibilità di passare leggi senza passare dal Parlamento e di governare per decreto, ma ci volevano i due terzi dei voti del Parlamento.

Con i Socialdemocratici e i Comunisti che controllavano il 38 per cento del Parlamento, i due terzi dei voti erano impossibili da raggiungere: l’unico modo era bandire il Partito comunista. Ma questo avrebbe causato uno sciopero da parte dei sei milioni di comunisti tedeschi, e allora Hitler chiese: cosa fa più danno all’economia, nuove elezioni o uno sciopero generale? Concluse che fosse meglio votare. Non le voleva nessuno, quelle elezioni, Ryback racconta i dettagli delle discussioni e anche il fatto che la deriva autocratica della Germania non fosse inevitabile, ma che anzi fu il frutto di un opportunismo politico che nessuno si pose il problema di controllare. Lo storico cita il titolo del New York Times il giorno successivo la nomina di Hitler a cancelliere: “Hitler mette da parte l’obiettivo di essere un dittatore”.

Il racconto di quei primi giorni di governo, in preparazione alle elezioni di marzo che infine Hitler aveva ottenuto è costellato di intimidazioni, di accentramento del potere, di creazione di forze di polizia dedicate a soffocare ogni forma di opposizione e arriva naturalmente fino all’incendio del Reichstag, il 27 febbraio del 1933, di cui furono considerati colpevoli dei comunisti e che portò quindi all’obiettivo iniziale, bandire il principale partito dell’opposizione. Il ministro senza portafoglio Hermann Göring aveva già cominciato ad arrestare “sospetti eversori”, ma fino a quel momento i giudici li rilasciavano: dopo il decreto seguito all’incendio, rimanevano in galera. Le elezioni si tennero una settimana dopo il fuoco del Reichstag, il 5 marzo, e il New York Times scrisse“Non ci sono forse mai state elezioni più strane di queste in un paese civilizzato”.

 

Ci fu l’affluenza più grande di sempre, i nazionalsocialisti presero il 44 per cento, non il 51 promesso da Hitler, ma abbastanza per cominciare a reprimere l’opposizione, costringere all’esilio i leader, chiudere i giornali, aprire i primi campi di concentramento. 

Il 23 marzo, il Parlamento discusse la “Legge per rimediare al disagio del popolo e del Reich”, Hitler aveva già l’uniforme marrone e la svastica al braccio. Come va a finire la storia lo sappiamo, ma Ryback conclude il suo articolo citando le parole che disse quel giorno Joseph Goebbles, che non aveva mai nascosto lo stupore nei confronti dell’ascesa straordinaria e senza troppi intoppi del Partito nazista:

“Il buffo della democrazia è che fornisce ai suoi nemici mortali gli strumenti per la sua stessa distruzione”.

 

 

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MARCO CATTANEO, EDITORIALE, Il sonno fa bene. Ma perché dormiamo? –MENTE & CERVELLO, 28 MARZO 2014 +++ GIULIO TONONI, PHI –Traduzione di Silvio Ferraresi e Giulio Tononi, Editore Codice- + PODCAST SUL LIBRO- Radio3 Scienza– 04 Mag 2018 + immagini

 

 

 

28 marzo 2014

http://www.lescienze.it/mente-e-cervello/2014/03/28/news/m_c_aprile_2014-2068329/

 

 

Il sonno fa bene. Ma perché dormiamo?

 

Il sonno fa bene. Ma perché dormiamo?

 

L’editoriale del n.112 di Mente&Cervello, in edicola dal 28 marzo di Marco Cattaneo

 

I delfini, e non solo loro, lo fanno con un occhio solo. Il polpo cambia addirittura colore, diventa di un grigio uniforme. L’ornitorinco lo fa per 14 ore al giorno, di cui otto in fase REM. Agli elefanti ne bastano due ore per notte, mentre i maschi degli uccelli piro piro ne fanno a meno anche per due settimane, durante la riproduzione, per proteggere le femmine.

 

 

Foto di Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos) - Cristiano Tedesco ©

piro piro— dal sito di CRISTIANO TEDESCO

 

Ma perché dormiamo? Ecco, questo è tutt’altro che chiaro. Di certo c’è che il sonno porta vantaggi per la memoria e per l’apprendimento, come racconta Jason Castro a pagina 24. Ma nemmeno i meccanismi con cui agisce sono chiari. Secondo una teoria elaborata di recente da Giulio Tononi, uno dei massimi esperti mondiali del sonno, all’Università del Wisconsin, il sonno favorisce la flessibilità del cervello indebolendo le connessioni neurali.

 

E favorendo in questo modo l’eliminazione delle connessioni inutili o superflue.

 

Altri scienziati però preferiscono continuare ad affidarsi alla teoria classica, secondo la quale il sonno favorirebbe il consolidamento delle connessioni. Ci vorranno dunque ricerche più approfondite, per verificare quale delle due ipotesi sia corretta.

 

 

Più chiaro, invece, è che l’insonnia – di cui soffre occasionalmente fino a un terzo della popolazione mondiale, come sottolinea Francesco Cro a pagina 30 – sia dannosa per la salute fisica e mentale. Chi soffre di insonnia può «andare incontro a problemi emotivi o psicologici, a difficoltà lavorative e a un maggior rischio di incidenti». E in più la mancanza di sonno abbassa la tolleranza al dolore e favorisce l’insorgenza di stati patologici quali ipertensione, obesità, diabete. Quando dura per più di un mese, l’insonnia diventa cronica – accade all’incirca in una persona su dieci – e richiede un intervento terapeutico.

 

La cattiva notizia è che in genere ci si rivolge al medico di famiglia e si finisce per ricorrere, magari anche saltuariamente, al classico sonnifero, il cui consumo è in continuo aumento. La buona notizia è che si può farne a meno. Il primo presidio terapeutico per l’insonnia, spiega ancora Cro, dovrebbe essere la terapia psicologica, con l’educazione al sonno, e in particolare alla fase di addormentamento. E di solito è più che sufficiente. Il problema è che pochi vi si affidano, mentre la maggioranza finisce per dipendere, soprattutto in tarda età, dalla pillola quotidiana.

 

E invece forse sarebbe proprio il caso di affrontarlo con gli strumenti della mente, quello stato enigmatico e affascinante della nostra esistenza che è il sonno. Anche se continueremo per un bel po’ a chiederci perché dormiamo.

 

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Giulio Tononi

foto da IBS

 

Giulio Tononi (Trento1960) è uno psichiatra e neuroscienziato italiano, che lavora negli Stati Uniti,all’Università del Wisconsin, dove dirige il Center for Sleep and Consciousness

 

PHI — lettera greca –
Giulio Tononi ha sviluppato una teoria della coscienza (IIT, Integrated Information Theory) che si propone di quantificarne matematicamente la portata per mezzo di una grandezza che ha chiamato informazione integrata indicata con la lettera greca phi. La teoria dell’informazione integrata si presta ad analizzare le dispute controverse sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale.

 

 

 

 

Giulio Tononi

PHI

Traduzione di Silvio Ferraresi e Giulio Tononi

Illustrato

Euro: 35,00

Pagine: 344

Edizione Codice, 2014

 

 

 

Romanzo-saggio potente e suggestivo, PHI regala alla teoria sulla coscienza di Giulio Tononi un’inaspettata veste narrativa. Protagonista di questo libro, in più punti ispirato alla Divina Commedia, è Galileo Galilei. L’astronomo pisano viene guidato in questo viaggio onirico prima da Francis Crick, poi da Alan Turing e infine da Charles Darwin, alla scoperta di cos’è la coscienza e di com’è generata dal cervello.

Ma l’approdo finale di questa esplorazione è ancora più sorprendente delle sue premesse. Nel corso della narrazione Galileo, e con lui il lettore, scoprirà che la coscienza, da sempre considerata un mistero insondabile, appannaggio esclusivo della filosofia o mera illusione – laddove ciò che conta per la scienza è solo il brusio incessante delle cellule nervose – è in realtà la cosa più reale, più grande e più irriducibile che esista, ma non per questo non misurabile. Le sue forme sono geometriche, la sua misura un numero: PHI.

«PHI è un libro straordinario. Credo che l’approccio di Giulio Tononi  si dimostrerà corretto, con conseguenze profonde per la comprensione del nostro ruolo nell’universo. Come Crick dice a Galileo: questa è una storia per uomini adulti, non una favola per consolare i bambini.»

Christof Koch, “Nature”

«Giulio Tononi ha dato corpo e anima alle ultime frontiere della ricerca neuroscientifica, e le ha fatte diventare un meraviglioso romanzo.»

Oliver Sacks

«PHI è un’opera di poesia quasi unica. Dico “quasi” perché ce n’è stata un’altra simile, circa duemila anni fa: il De rerum natura di Lucrezio.»

David Eagleman, The Wall Street Journal

 

 

 

PODCAST — 30 MINUTI CA–

Radio3 Scienza– 04 Mag 2018

In tutta coscienza

 

Che cos’è la coscienza? Come è generata dal cervello? Si tratta di  qualcosa di insondabile, oppure è possibile descriverla e misurarla?

https://www.raiplaysound.it/audio/2018/04/RADIO3-SCIENZA-In-tutta-coscienza-4cbd5bb4-41af-4b4a-bd5d-244d480b5a5d.html

 

 

QUALCHE FOTO DI MADISON DOVE INSEGNA IL PROF. GIULIO TONONI

 

 

Colpo drone del Campidoglio a Madison al crepuscolo

un drone verso sera sul Campidoglio di Madison. Madison è la capitale dello stato del Wisconsin.

 

 

 

 

 

CARTINA ALAMY

 

 

Wisconsin - Wikipedia

Wisconsin negli Stati Uniti
Wikipedia

 

 

 

 

Slot drone che guarda lungo il lungomare di Lake Monona a Madison al crepuscolo

Lungomare del lago Monona

 

 

 

Madison wisconsin

Istmo

 

 

IRONMAN Wisconsin

Madison

 

 

Dome in the Wisconsin State Capitol

Cupola del Campidoglio di Madison

 

 

 

 

Visitors in the rotunda of Wisconsin State Capitol

Visitatori nella Rotonda del Campidoglio

 

 

 

 

Close-up of python on tree,Madison,Wisconsin,United States,USA

un serpente pitone attorcigliato su un albero a prendere il sole– a Madison

 

 

 

 

Trees on snow covered field against sky,Madison,Wisconsin,United States,USA

inverno a Madison

 

 

 

Percorso ciclabile

primi di marzo a Madison — pista ciclabile

 

 

 

Democratic Presidential Nominee Kamala Harris Hosts Campaign Rally In Madison, WI

Kamala Harris parla a Madison il 30 ottobre 2024 per la campagna elettorale

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video, 30 min. –LIMESONLINE — 22 GIUGNO 2025 — h 16.00 –MAPPA MUNDI –Gli Stati Uniti attaccano l’Iran. Cosa succede in Medio Oriente– oggi il focus è sull’Iran, domani sarà Israele

 

 

 

 

 

 

Carta: Le priorità degli Usa in Medio Oriente–24 novembre 2024

 

 

 

Gli Stati Uniti attaccano l’Iran. Cosa succede in Medio Oriente

 

Turmp ha ordinato l’attacco a tre impianti nucleari iraniani. Netanyahu è riuscito a coinvolgere direttamente di Stati Uniti. Cosa succede in Iran e nella regione (in una prossima puntata ci occuperemo di cosa succede dal lato americano).
In collegamento Lorenzo Trombetta e Alfonso Desiderio.
Puntata registrata il 22 giugno 2025.

 

 

 

 

 

GOLFO PERSICO

Il Golfo Persico (in persiano خلیج فارس‎, Khalij-e Fārs, o خلیج پارس, Khalij-e Pars [2][3]) è un golfo dell’Oceano Indiano che bagna le coste di OmanEmirati Arabi UnitiArabia SauditaQatarBahreinKuwaitIraq e Iran. Il suo nome storico, millenario e internazionale è Golfo Persico, ma alcuni Paesi arabi non usano questo nome, ma Golfo Arabo

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video, 14.00 minuti —-Lo scrutinio, da “La scuola” di Daniele Luchetti ( 1995 ), con Silvio Orlando. Soggetto di Domenico Starnone

 

 

 

Domenico Starnone: Libri dell'autore in vendita online

Domenico Starnone ( Saviano, Napoli, 1943 )

Domenico Starnone ha insegnato a lungo nella scuola media superiore e si è occupato di didattica dell’italiano e della storia (Fonti orali e didattica, 1983). L’esperienza dell’insegnamento lo ha portato a scrivere Ex cattedra e altre storie di scuola, pubblicato originariamente alla fine degli anni ottanta, e Solo se interrogato. Appunti sulla maleducazione di un insegnante volenteroso.
Per “I Classici Feltrinelli” ha introdotto, tra gli altri, Cuore di De Amicis (1993), Ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo (1994) e Lord Jim di Conrad (2002). È stato redattore delle pagine culturali del “Manifesto”. Dai suoi libri sono stati tratti i film La Scuola di Daniele Luchetti, Auguri, Professore di Riccardo Milani e Denti di Gabriele Salvatores. Nel 2001 ha vinto il Premio Strega con il romanzo Via Gemito (Premio Speciale Il Molinello 2001; Premio Napoli 2001; Premio Zerilli-Marimò 2001; Premio Nazionale Corrado Alvaro 2001; Premio Selezione Campiello 2001). Tra gli altri suoi successi ricordiamo Lacci (Einaudi 2014, The Bridge Book Award), Scherzetto (Einaudi 2016, Premio Isola d’Elba), Confidenza (Einaudi 2019) e Vita mortale e immortale della bambina di Milano (Einaudi, 2021). ( IBS )

 

 

 

 

Il film è tratto dalla pièce teatrale Sottobanco di Domenico Starnone, docente di origine napoletana in un istituto tecnico di Roma dall’inizio degli anni Settanta, a sua volta tratta dalle piccole cronache sull’ambiente scolastico che Starnone pubblicava su vari giornali quali il manifestoTangoCuore e Corriere della Sera e dalle quali aveva tratto alcuni libri quali Ex cattedraIl Salto con le aste e Fuori registro.

Il film ha avuto importanti riconoscimenti.

 

 

 

 

 

La scuola è un film del 1995, diretto da Daniele Luchetti. Tratto da due libri di Domenico Starnone (Ex Cattedra e Sottobanco), ha inaugurato un mini-filone di film a tema scolastico (uno dei quali, Auguri professore di Riccardo Milani, è interpretato sempre da Silvio Orlando), che però non hanno avuto il suo stesso successo.

 

Trama

È l’ultimo giorno di scuola in un malandato istituto tecnico della periferia romana: gli alunni non sono proprio diligenti e i docenti danno il loro peggio sia dal punto di vista lavorativo che personale. In sala professori si svolge una festicciola per il pensionamento dell’anziana professoressa di storia dell’arte Grazia Serino, la quale però proprio in quel giorno risulta inspiegabilmente assente: si teme che possa essere rimasta coinvolta nel crollo del soffitto della biblioteca, dal momento che tra le macerie viene ritrovata una sua scarpa.

Il corpo docente si presenta estremamente variegato: la professoressa di fisica e matematica Majello, solare e radiosa e benvoluta da tutti, è in crisi con il marito perché si vocifera che abbia un amante tra i colleghi; il professor Cirrotta è gretto, volgare e pigro; la venale professoressa Ostia è preoccupata soprattutto per i costi della babysitter del figlioletto; la professoressa Gana, oltre ad essere alquanto schematica, appare anche decisamente pettegola; la professoressa d’inglese Lugo, ansiosa e fragilissima, ha il terrore degli oggetti appuntiti e, a causa di tale fobia, subisce vari scherzi di dubbio gusto da parte degli alunni e dello stesso Cirrotta; il professore di francese Mortillaro, scansafatiche e vagamente razzista (apostrofa come “beduini” i suoi allievi meno capaci), si diverte a mettere scompiglio nell’istituto effettuando telefonate anonime per inesistenti “pacchi bomba” all’insaputa di tutti; il vicepreside Sperone, rigido e meschino, è concentrato soprattutto sulla propria speranza di ottenere un importante incarico di consulente presso il Ministero; l’ingenuo professore di italiano e storia Vivaldi è decisamente il più amato dagli alunni, per il suo modo di fare umano, cordiale e comprensivo.

È proprio Vivaldi a ricordare tutto l’anno scolastico in una serie di flashback (riguardanti soprattutto la gita a Verona) che si alternano con le vicende tipiche dell’ultimo giorno di scuola: gli alunni, già svogliati e poco produttivi durante l’anno, rifiutano di farsi interrogare o si sottopongono a interrogazioni di “riparazione” di gruppo dando risposte strampalate. Anche loro non potrebbero essere più diversi: c’è Santella, ragazzina graziosa ma un po’ ignorante; Martinelli, incinta di un energumeno; l'”alternativa” Menegozzi; il secchione asociale Astariti; lo svogliato Timballo; il bullo incompreso Coffaro. Ma soprattutto c’è Cardini, detto “la Mosca”, un ragazzo dai gravi problemi familiari e comportamentali che comunica solo facendo il verso dell’insetto. Deve essere assolutamente interrogato o per lui sarà bocciatura certa, ma naturalmente è assente e la cosa fa disperare Vivaldi che vorrebbe a tutti i costi farlo promuovere.

Gli scrutini finali iniziano in palestra, per l’inagibilità della biblioteca, presieduti dall’ignorantissimo preside che mira a far promuovere tutti per non avere fastidi. Nel mercanteggio dei voti i docenti iniziano a discutere animatamente dando sfogo a tutti i rancori repressi durante l’anno: Sperone apprende via fax di non aver ottenuto il sospirato incarico al Ministero ed ha uno scatto di nervi nei confronti dell’alunno Coffaro, che lo minaccia con un coltello; Cirrotta e Vivaldi litigano, dopo che il primo ha nascosto – facendo il solito scherzo di dubbio gusto – il registro della Lugo nella cartella del secondo; la professoressa Ostia, sempre più in apprensione per la tariffa della babysitter, mette fretta a tutti perché si termini. Nel bel mezzo di ciò scoppia l’ennesimo allarme-bomba fasullo di Mortillaro, che però questa volta viene scoperto da Vivaldi. Il caldo e la stanchezza dell’interminabile giornata, però, hanno la meglio e anche Vivaldi e la Majello iniziano a discutere: lui l’accuserà di avere una storia con Sperone e lei, pressata dal marito che fuori dall’istituto le urla che le porterà via la figlia, eromperà in un pianto isterico apparentemente senza motivo per poi ricomporsi in una glaciale indifferenza.

Alla fine, tutta la classe viene promossa, eccetto Cardini che viene respinto nonostante l’appassionata difesa di Vivaldi. A scrutini abbondantemente terminati, improvvisamente ricompare la Serino, che non era affatto morta nel crollo ma era andata al matrimonio del nipote, accompagnata da Cardini, dimenticandosi gli scrutini. Rimasto solo nella scuola ormai vuota, Vivaldi finalmente capisce: l’uomo che la Majello amava era proprio lui e lei aveva devotamente compilato l’orario scolastico in modo che i due si potessero incontrare ogni giorno ad ogni cambio dell’ora. Ma ormai è troppo tardi, alunni e professori vanno via mentre una moto passa rombando: è Cardini, che avrà ancora il tempo per fare un’ultima indimenticabile “mosca”.

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ANSA.IT  22 GIUGNO 2025 :: 0.57 / 11.07 — Gli Usa bombardano tre siti nucleari in Iran, sganciate bombe ‘bunker buster’..– Trump: ‘Ora la pace o ci sarà una tragedia’. Teheran: ‘Conseguenze eterne’– + Crosetto: ” Questo bombardamento “cambia completamente lo scenario “

 

 

 

ANSA.IT  22 GIUGNO 2025

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/06/22/gli-usa-bombardano-tre-siti-nucleari-in-iran.-trump-ora-la-pace_4c8f259d-c867-402b-8061-9f955bbfe739.html

 

Gli Usa bombardano tre siti nucleari in Iran. Trump: ‘Ora la pace o ci sarà una tragedia’. Teheran: ‘Conseguenze eterne’ LA DIRETTA.

‘Distrutti gli impianti chiave, Israele ora è più sicuro’. Missili su Israele, danni a Tel Aviv e Haifa, 23 feriti. Meloni segue la crisi, vertice con i servizi.

 

Gli Stati Uniti hanno attaccato tre siti nucleari in Iran, sganciate bombe ‘bunker buster’. Discorso del presidente Usa alla nazione: ‘Ora è il momento per la pace, l’Iran deve accettare la fine di questa guerra’. Netanyahu; ‘Io e Trump diciamo, ‘prima la forza, poi la pace’. Ira dell’Iran: ‘Barbaro attacco, quanto accaduto avrà conseguenze eterne’. Missili contro Israele, esplosioni a Tel Aviv

 

La giornata

Discorso del presidente Usa alla nazione: ‘Ora è il momento per la pace, l’Iran deve accettare la fine di questa guerra’. Netanyahu; ‘Io e Trump diciamo, ‘prima la forza, poi la pace’.

Ira dell’Iran: ‘ Quanto accaduto avrà conseguenze eterne’. Missili contro Israele, esplosioni a Tel Aviv

 

 

9.34   Crosetto: ‘L’attacco Usa cambia lo scenario’

Questo bombardamento “cambia completamente lo scenario, si apre una crisi molto più grande” e anche “da parte dell’Iran” c’è da attendersi “una risposta molto più forte che rischia di allargarsi a tutti gli obiettivi americani”. E’ quanto ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel corso dell’edizione straordinaria del Tg1 dopo l’azione americana in Iran.

Il ministro ha aggiunto che da ieri sera si stava monitorando la situazione “perché alcuni spostamenti di aerei americani ci avevano dato la ragionevole certezza che potesse scattare un attacco. Questa notte è avvenuto: era chiaro che il sito nucleare di Fordow fosse il punto di interesse principale di Israele, perché centro del programma nucleare iraniano. Israele non aveva le capacità per colpire in modo significativo questo sito, sotto 90 metri di roccia: per questo sono intervenuti nella notte bombardieri americani che hanno la capacità di penetrazione sottoterra più elevata al mondo”.

 

Cnn, un video mostra nuvola di fumo scuro sopra Fordow - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Cnn, un video mostra nuvola di fumo scuro sopra Fordow

 

 

Punti chiave

 

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video, 19 min. ca —Caracciolo a MappaMundi: Israele-Iran, un boomerang per Netanyahu e Trump? – 20 GIUGNO 2025 — MAPPA MUNDI –ALFONSO DESIDERIO E LUCIO CARACCIOLO

 

 

 

**** se sei interessato al ruolo della Cina e della Russia, inizia alla fine del min. 9 

 

A una settimana dall’attacco israeliano all’Iran. Analisi sul programma nucleare iraniano, l’ipotesi di cambio di regime a Teheran e il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. Il ruolo della Russia e della Cina.

 

 

 

 

 

 

 

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TG 24. SKY.IT + FANPAGE.IT — 21 GIUGNO 2025 :: Oggi si sono tenute due manifestazioni, organizzate a Roma, nell’ambito della settimana di mobilitazione europea in occasione del vertice Nato a L’Aja del 24 e 25 giugno

 

 

PRIMA MANIFESTAZIONE

 

Immagine

FOTO DA FANPAGE

 

 

 

TG 24. SKY.IT — 21 GIUGNO 2025– TITOLO

https://tg24.sky.it/cronaca/2025/06/21/manifestazioni-roma-oggi-contro-guerra-riarmo#02

 

 

 

  • Oggi 21 giugno si sono tenute due manifestazioni, organizzate a Roma, nell’ambito della settimana di mobilitazione europea in occasione del vertice Nato a L’Aja del 24 e 25 giugno

 

 

 

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SEGUE DA FANPAGE

 

 

Secondo gli organizzatori sono scese in piazza oltre 100mila persone.

 

 

 

La manifestazione contro il Riarmo oggi, sabato 21 giugno, le notizie in diretta da Roma: il corteo, partito alle ore 14 da Porta San Paolo (Piazzale Ostiense), si è concluso al Colosseo, dove si è tenuto un grande flash mob. La manifestazione si è conclusa poco prima delle 19. Al corteo saranno presenti il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra, con i loro rispettivi leader, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fraoianni. Il Partito democratico invece, non ha aderito. La segretaria Elly Schlein sarà ad Amsterdam per il vertice con Verdi e Socialisti, mentre solo alcuni parlamentari dem parteciperanno come singoli.

La manifestazione è stata promossa dalle reti che aderiscono alla campagna “Stop Rearm Europe” che si oppone “alla corsa al riarmo” e “alla logica della geopolitica e dei blocchi culturali e militari”. Si tratta di uno degli eventi di mobilitazione previsti contro il piano di difesa Ue e in vista del vertice Nato del 24 e 25 giugno, che sarà incentrato sull’aumento della spese militari da parte degli alleati, in un quadro di forti tensioni internazionali segnate dalla recente escalation tra Israele e Iran.

 

 

 

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EMERGENCY

FLASH –  MOB — MORIRE  – ORE 19.00: OLTRE 50.000 PERSONE STESE SUI SUDARI CON REGISTRAZIONE DEI BOMBARDAMENTI SU GAZA

 

Immagine

FOTO DEL FLASH- MOB   DA FANPAGE

 

ORE 19.17

 

 

Emergency: “Oltre 50mila persone al flashmob ‘Die In'” = MORIRE

 

“Un’immagine d’impatto, quella delle oltre 50mila persone stese per terra su un sudario accompagnate dalla registrazione dei bombardamenti su Gaza. È stato questo ‘die in’ uno dei momenti più forti della manifestazione ‘No guerra, Riarmo, genocidio, autoritarismo’ alla quale hanno aderito circa 500 realtà e che è stata promossa dalle oltre 300 reti, organizzazioni sociali, sindacali, politiche nazionali e locali che hanno sottoscritto l’appello della Campagna europea #StopRearmEurope.

Una campagna che ha contato tra le proprie adesioni circa mille sigle in 18 Paesi, sostenuta in Italia da Arci, Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac e Transform Italia”, si legge in una nota di Emergency.

“Durante il flashmob – si legge ancora – i volontari di Emergency si sono sdraiati sullo striscione che rilanciava l’appello “ORA!” firmato ad oggi da oltre 250mila persone.

Nell’appello l’Ong chiede al governo italiano di attivarsi per Gaza con cinque iniziative urgenti: revocare la cooperazione militare con Israele; fare pressione esplicita sul governo israeliano per consentire l’ingresso di aiuti alla popolazione e la loro distribuzione ai civili attraverso le organizzazioni internazionali di aiuto umanitario; attivarsi per un’azione diplomatica che porti al cessate il fuoco e al rispetto del diritto umanitario internazionale; schierarsi a favore della sospensione del trattato di associazione tra Unione europea e Israele come già fatto da 17 Paesi europei.

La manifestazione nazionale di oggi rientra nella settimana di mobilitazione europea, che si tiene dal 21 al 29 giugno in occasione del vertice della Nato a L’Aja, che proprio in questi giorni definirà i dettagli del gigantesco piano di Riarmo deciso dall’Unione Europea”.

 

A cura di Annalisa Cangemi

 

 

 

 

"Un bene che ci sia". E Parolin benedice la piazza contro il riarmo

FOTO DEL CARTINALE PIETRO PAROLIN –– DA : IL GIORNALE

 

Parolin: “Bene che ci sia una mobilitazione per evitare il riarmo”
Alla domanda, se dalla piazza contro il riarmo possa venire un richiamo in termini di costruzione della pace, il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin a margine di un incontro nell’ambito del giubileo dei governanti, ha replicato: “È bene, è bene che ci sia una mobilitazione in generale per evitare la corsa al riarmo”. “Rientra nel secondo appello che il Papa ha fatto: il primo sulla conversione del debito e poi quello di costituire un fondo per debellare la fame nel mondo usando i proventi destinati alla costruzione di armi”, ha aggiunto.

 

 

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FRANCESCA RE DAVID — foto da FIOM_CGIL

 

 

Francesca Re David (CGIL): “Il decreto sicurezza ieri è entrato in piazza, ribelliamoci”
“Quello che sta succedendo a Gaza è la dimostrazione di ciò che accade in un mondo in cui pochi oligarchi potenti comandano. Lavoro democrazia e pace sono insieme. Ieri il decreto sicurezza è entrato in piazza – con i lavoratori che manifestavano a Bologna e che sono stati denunciati – e allora noi diciamo che dobbiamo ribellarci, dobbiamo continuare a ribellarci, siamo noi che decidiamo di non essere sconfitti, accanto a Gaza e ai diritti”. Lo ha detto Francesca Re David, sindacalista della CGIL.

 

 

tutte le notizie pubblicate sopra sono :

 

DA :   FANPAGE – 21 GIUGNO 2025 –19.17

continua suil-riarmo-il-corteo-in-diretta-da-roma-comment-su-partiti-che-aderiscono-o-dichiarazioni/
https://www.fanpage.it/

 

ALTRA MANIFESTAZIONE  — SECONDA

 

POTERE AL POPOLO 

 

 

 

 

FOTO DELLA  MANIFESTAZIONE A ROMA OGGI INDETTA DA POTERE AL POPOLO E ALTRI– DAL LORO FACEBOOK — LINK SOTTO LE FOTO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FOTO SOPRA —

DA :
FACEBOOK POTERE AL POPOLO  / LINK

 

 

Potere al Popolo in piazza contro guerra e riarmo: “Disarmiamoli!”

Potere al Popolo partecipa oggi a Roma, a piazza Vittorio, alla manifestazione nazionale promossa dalla rete Disarmiamoli. Da tutto il Paese, oltre 40 autobus stanno portando in corteo le assemblee territoriali del movimento, affiancate da portuali di Genova, attivisti No TAV, comunità palestinesi, reti studentesche, sindacati di base, movimenti per i diritti dei migranti e associazioni ambientaliste.

Una composizione ampia e determinata a dire un chiaro “no” a NATO, riarmo e business della guerra. Il corteo denuncia gli 800 miliardi spesi in armamenti e chiede che quelle risorse vengano investite in sanità, istruzione, casa e ambiente. “La NATO non garantisce sicurezza, ma è una macchina da guerra che arricchisce aziende come Leonardo e Rheinmetall”, afferma il movimento.

 

Stanno affluendo a piazzale Ostiense, a Roma, uomini e donne pronti a partecipare alla Manifestazione Nazionale intitolata “No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo”, in programma oggi alle 14. “In questa piazza ci sono tanti cercatori di pace”, racconta una manifestante. Sui cartelli si leggono slogan come “Stop alla guerra genocida in Palestina”, “Al fianco dei popoli contro Netanyahu e Trump” e “La pace dipende anche da te”. Numerose le bandiere esposte, in particolare quelle della Palestina e di Rifondazione Comunista.

 

 

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Nel corso del corteo promosso da Potere al Popolo, partito da piazza Vittorio, sono state bruciate alcune bandiere di Israele, della Nato e dell’Unione Europea. “A fuoco i simboli dell’oppressione”, hanno urlato i manifestanti.

QUEST’ULTIMA NOTIZIA E’ DA: AGI – 21 giugno 2025
https://www.agi.it/cronaca/news/2025-06-21/due-cortei-roma-manifestazioni-deviazioni-bus-31985360/

 

 

 

GIULIANO GRANATO    foto di POTERE AL POPOLO

 

Giuliano Granato, portavoce nazionale, sottolinea: “Il riarmo non è inevitabile, è una scelta politica. Il 21 giugno costruiamo una risposta popolare per la giustizia sociale e la solidarietà internazionale. Solo la mobilitazione dal basso può fermare l’escalation autoritaria e bellicista di Netanyahu, Trump, von der Leyen, Rutte, Putin e Meloni”.

 

 

 

 

NOTIZIE SOPRA SONO TUTTE– MENO QUELLA SEGNALATA —  DA :

FANPAGE.IT — 21 GIUGNO 2025

https://www.fanpage.it/live/manifestazione-contro-il-riarmo-il-corteo-in-diretta-da-roma-comment-su-partiti-che-aderiscono-o-dichiarazioni/

 

 

 

 

 

 

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