Lorichetto arcobaleno
Trova l’intruso
Rainbow Lorikeet 💚
Spot the intruder 🌞 pic.twitter.com/bJyFO4yiLk— 🕊️ Birds Pazy 🐦 (@PazyBirds) March 19, 2023
Lorichetto arcobaleno
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VISTA AEREA DELL’ABBAZIA DI SAN PIETRO AD ORATORIUM A CAPESTRANO, PROVINCIA DELL’AQUILA IN ABRUZZO– A POCHI PASSI DAL FIUME IRINO
POLO MUSEALE DELL’ABRUZZO
DA : https://www.musei.abruzzo.beniculturali.it/musei?mid=740&nome=chiesa-di-san-pietro-ad-oratorium
L’abbazia di San Pietro ad Oratorium è un’abbazia benedettina che si trova nel comune di Capestrano in provincia dell’Aquila, dichiarata monumento nazionale nel 1902.
Pietro- opera propria
https://www.flickr.com/photos/22058948@N08/4355217557
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L’abbazia di San Pietro ad Oratorium è un’abbazia benedettina che si trova nel comune di Capestrano in provincia dell’Aquila, dichiarata monumento nazionale nel 1902.
Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali la gestisce tramite il Polo museale dell’Abruzzo, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.
Opera propria – commons.wikimedia.org
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L’abbazia di San Pietro ad Oratorium, dipendenza dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, venne fondata da Desiderio ( (756-774) nell’VIII secolo e venne ricostruita in stile romanico tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, come testimoniato dall’iscrizione sull’architrave del portale:
«A REGE DESIDERIO FUNDATA MILLENO CENTENO RENOVATA» | (IT)«fondata da re Desiderio, rinnovata nel 1100» |
Tremisse ( monete ) di Desiderio, re dei Longobardi e re d’Italia
http://www.cngcoins.com
Opera propria – commons.wikimedia.org
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Opera propria – commons.wikimedia.org
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Pietro, opera propria
commons.wikipedia. org-
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:San_Pietro_ad_Oratorium?uselang=it#/media/File:Capestrano_(AQ)_-_San_Pietro_ad_Oratorium_02.jpg
La chiesa è a tre navate divise da due file di archi a tutto sesto poggianti su pilastri a base quadrata, con un’abside in fondo a ciascuna navata. Gli archi, originariamente più alti degli attuali, furono successivamente ribassati, con lo spazio intermedio tra i vecchi ed i nuovi riempito da muratura in modo da isolare la navata centrale da quelle laterali, ormai in rovina.
Nel presbiterio si trovano un altare ed un ciborio del XIII secolo. Nell’abside si conserva un ciclo di affreschi ed anche l’arco trionfale ospita tracce di un’immagine di Cristo con gli evangelisti ed i ventiquattro Vegliardi dell’Apocalisse.
SCRITTO DA :
https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_San_Pietro_ad_Oratorium
Capestrano (AQ): San Pietro ad Oratorium
– Opera propria
Capestrano (AQ): San Pietro ad Oratorium
Quadrato del Sator
Sulla parete esterna della chiesa si trova una lapide, comunemente chiamata quadrato del Sator, con la scritta:
«ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR» |
Opera propria
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Pietro- opera propria
FOTO DA : https://abruzzoturismo.it/it/chiesa-di-san-pietro-ad-oratorium-capestrano-aq
vista del Comune di Capestrano
ABRUZZO TRA LE MARCHE- IL MAR ADRIATICO- IL MOLISE E IL LAZIO E L’UMBRIA
IL MANIFESTO DEL 16 MARZO 2023
https://ilmanifesto.it/venti-anni-fa-lomicidio-di-dax-e-la-notte-nera-di-milano
Un ciclo di assemblee itineranti negli spazi sociali di Milano e dintorni ha dato vita al percorso politico di costruzione del Ventennale della Notte Nera di Milano, dell’uccisione di Dax e dei fatti del San Paolo. In continuità con le giornate di lotta del Decennale (2013), si è rimarcata la volontà di iscrivere la memoria di Dax nell’indissolubile legame tra antifascismo e anticapitalismo. Ne è nato un calendario di quattro giornate che si svolgeranno al culmine di numerosi altri appuntamenti di avvicinamento diffusi sul territorio metropolitano.
Radio Onda d’Urto ha costruito un audio-racconto, che trovate anche qui sotto, di quanto accadde tra il 16 al 29 marzo 2003, attraverso testi e audio raccolti dai media mainstream, oltre che radio e portali di movimento.
L’omicidio di Dax e la notte nera di Milan
Giovedì 16 marzo alle 18.30 in via Brioschi – presidio a ricordare i fatti della Notte Nera di Milano, l’omicidio di Dax e i pestaggi del San Paolo: nel corso della serata verrà proiettato in anteprima assoluta il film documentario Brucia ancora dentro realizzato su questi vent’anni di memoria e lotta nella città di Milano e non solo.
Venerdi 17 marzo – Assemblea Antifascista Internazionale con la partecipazione di numerose delegazioni in arrivo da tutta Europa. “
Sabato 18 marzo alle 14.30 – Corteo nazionale “Antifascismo è Anticapitalismo”. Concentramento in piazzale Loreto. “Come fu nel 2013 – spiegano gli organizzatori – è nostra intenzione attraversare Milano con un grande corteo antifascista e anticapitalista capace di rappresentare le istanze di lotta vive nella metropoli. Inoltre la coincidenza di questa giornata con l’anniversario dell’omicidio di Fausto e Iaio unisce in un discorso comune il ricordo di Dax con un altro pezzo importante della storia militante della città”.
Domenica 19 marzo dalle 10.00 al Parco Lambro – Giornata di sport popolare. “In questi vent’anni lo sport popolare”, spiegano gli organizzatori, “si è affermato come strumento efficace di intervento sociale per promuovere antifascismo, antirazzismo e antisessismo: calcio, rugby, discipline di combattimento e non solo si incroceranno ancora una volta nel nome di Dax”. Alle 12.00 è prevista l’ Assemblea Sport Antifa.
Ci sono due parole – «Liberi di lottare» – nello striscione che i picchiatori fascisti hanno esposto davanti al liceo Michelangiolo di Firenze, per rivendicare la loro aggressione agli studenti […]
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13 SETTEMBRE 2019 — LA STAMPA. MILANO
CHIARA BALDI
LE OPERE DI CANCELLAZIONE DEL MURALE PER DAX
È la sedicesimo volta che viene coperta l’opera in memoria di Davide Cesare, militante antifascista ucciso nel 2003. Le proteste: «A chi dava fastidio?». Il sindaco Sala: «Facciamola da un’altra parte. Vorrei incontrare la madre»
LA STAMPA.IT / MILANO – 12 SETTEMBRE 2019
BERLINO
L’omicidio di Davide Cesare (Brescia, 7 novembre 1976 – Milano, 16 marzo 2003), noto come Dax, è avvenuto nella mattinata del 16 marzo 2003 a Milano.
Nonostante gli autori del delitto abbiano smentito l’appartenenza a ogni gruppo politico, la loro forte simpatia per ambienti di estrema destra ha conferito all’evento e al processo che ne è seguito una vasta risonanza, sia in Italia sia all’estero.
+++ segue:
https://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Dax
seguente :
RAINEWS.IT — 18 MARZO 2023 — ore 17.00
VIDEO, 2.30 — APRI QUI
DA :
ITALIA — IL POST — 16 MARZO 2023
https://www.ilpost.it/2023/03/16/omicidio-davide-cesare-dax/
Il 16 marzo 2003, vent’anni fa, Davide Cesare, conosciuto come Dax, fu aggredito a Milano da tre simpatizzanti di estrema destra e assassinato con 13 coltellate. Dax era militante del centro sociale O.R.So. (Officine della resistenza sociale) di via Gola e l’aggressione avvenne tra via Brioschi e via Zamenhof, nella zona sud della città, alle 23:30.
Insieme a lui furono aggrediti altri tre ragazzi: Alex Alesi, Fabio Zambetta e Davide Brescancin. Alesi venne ferito in maniera grave da otto coltellate, Zambetta da due coltellate alla spalla e alla schiena. Nella notte vennero feriti molti altri militanti di sinistra, ma anche poliziotti e carabinieri, in seguito a una serie di cariche delle forze dell’ordine avvenute fuori e dentro l’ospedale San Paolo, dove erano stati portati i feriti e dove Dax era stato dichiarato morto.
La polizia in un primo momento disse che era dovuta intervenire perché i compagni del ragazzo ucciso volevano portare via la salma. Quando venne ucciso, Dax aveva 26 anni. Era di Rozzano, in provincia di Milano, e aveva una figlia di sei anni. Lavorava come operaio e camionista ed era militante del centro sociale di via Gola.
Davide Cesare (ALABISO / ANSA / PAL)
Ad aggredire i militanti di sinistra furono Giorgio Morbi, 53 anni, insieme ai suoi figli Federico, 29 anni, e Mattia, 17. Dax venne accoltellato dal figlio più grande, Federico. I tre non appartenevano a nessun gruppo politico ma avevano notoriamente simpatie fasciste. Nel corso della perquisizione a casa loro, non lontano dal luogo dell’aggressione, furono trovati alcuni oggetti celebrativi del fascismo, tra cui busti di Benito Mussolini.
Cinque giorni prima dell’aggressione Federico Morbi era uscito con il proprio cane, diretto a un parco poco distante. Il cane era un rottweiler chiamato Rommel, dal nome di un celebre generale della Germania nazista, comandante dell’Afrikakorps in Nordafrica e poi responsabile della difesa del Vallo Atlantico. Passando in via Zamenhof, Morbi aveva richiamato il cane e qualcuno, sentendo il nome, gli aveva urlato «Nazista!». Dopo pochi minuti venne aggredito, come denunciò lui il giorno dopo alla polizia, da una decina di ragazzi con calci e pugni.
La sera del 16 marzo Federico e Mattia Morbi, seguiti dal padre con al guinzaglio il rottweiler, uscirono di casa e incrociarono i quattro militanti di sinistra: Dax, Alesi, Zambetta e Brescancin. Secondo il racconto dei militanti dell’O.R.So, Giorgio Morbi, i due figli li aggredirono subito a colpi di coltello. Durante il processo il figlio più grande, Federico, lesse una dichiarazione in cui sostenne che le cose andarono diversamente: disse di non aver mai avuto simpatie politiche e che lui e la sua famiglia quella sera erano stati aggrediti.
In ogni caso a essere colpiti furono i quattro militanti, il processo stabilì che Dax venne colpito da Federico Morbi con 13 coltellate: sei alla schiena, sei al torace e una, quella mortale, alla gola. Dopo le coltellate, i tre aggressori si allontanarono. Dax e gli altri due feriti furono portati all’ospedale San Paolo. Qui arrivarono i compagni e gli amici degli aggrediti, ma intanto erano state avvertite le forze dell’ordine e quindi fuori dall’ospedale trovarono schierati una cinquantina di poliziotti e carabinieri.
Il questore di Milano, Vincenzo Boncoraglio, il giorno dopo sostenne che le forze dell’ordine erano intervenute perché i ragazzi volevano portare via la salma di Dax. Polizia e carabinieri caricarono più volte, secondo le testimonianze di medici e infermieri del San Paolo anche inseguendo i militanti di sinistra nei corridoi dell’ospedale. Un video, portato al processo, mostrò un poliziotto e un carabiniere picchiare un ragazzo a terra.
Le indagini su ciò che avvenne quella notte portarono poi alla denuncia di quattro militanti e di tre membri delle forze dell’ordine: il poliziotto e il carabiniere del video e un altro carabiniere che fu trovato con una mazza da baseball.
In primo grado due militanti vennero condannati a un anno e otto mesi di reclusione mentre altri due furono assolti. Due esponenti delle forze dell’ordine furono assolti mentre un altro carabiniere fu condannato a sette mesi di reclusione. In appello venne assolto anche il terzo carabiniere mentre le condanne ai due militanti vennero confermate.
Nella sentenza di primo grado i giudici scrissero che le azioni dei compagni di Dax «producevano una reazione da una parte inefficace, dall’altra eccessivamente dura da parte delle forze dell’ordine, culminata nell’inseguimento all’interno del pronto soccorso di alcuni ragazzi che ivi si erano rifugiati e in indiscriminati comportamenti violenti (manganellate, calci e via esemplificando) non giustificati né da un’attuale opposizione dei singoli, né dalla necessità di compiere un atto di ufficio, ma di natura puramente intimidatoria e ritorsiva».
Giorgio, Federico e Mattia Morbi vennero arrestati la mattina del 17 marzo: furono individuati grazie al nome del cane che in zona era molto noto. Il processo si svolse nel maggio 2004, la famiglia di Dax fu rappresentata dagli avvocati Giuliano Pisapia, che sarebbe poi diventato sindaco di Milano, e Mirko Mazzali.
Federico Morbi, riconosciuto come autore materiale dell’omicidio, venne condannato a 16 anni e otto mesi di reclusione; il padre fu condannato a tre anni e quattro mesi per il tentato omicidio di un altro dei militanti; per Mattia Morbi, il fratello minorenne, venne deciso l’affidamento in prova in comunità per un periodo di tre anni. Alla madre di Dax vennero riconosciuti 150mila euro di risarcimento, per la compagna e la figlia di Dax vennero decisi 100mila euro a testa.
Il centro sociale O.R.So di via Gola venne sgomberato e chiuso nel 2006.
Sabato 18 marzo, per l’anniversario della morte di Dax, è previsto un corteo che partirà alle 14:30 da piazzale Loreto a Milano.
Saranno ricordati nella manifestazione:
FAUSTO TINELLI E LORENZO IANNUCCI
Il corpo di Iaio, Milano, 18 marzo 1978 (foto dal sito http://www.faustoeiaio.info
FOTO E ARTICOLO:
IL POST – 18 MARZO 2018
https://www.ilpost.it/2018/03/18/omicidio-fausto-e-iaio-40-anni-fa/
Lorenzo Iannucci (a sinistra) e Fausto Tinelli
FOTO E TESTO DI
https://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Fausto_e_Iaio
Quel giorno verranno ricordati anche gli omicidi di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, detto Iaio, entrambi assassinati a colpi di pistola il 18 marzo 1978 in via Mancinelli, vicino a dove allora si trovava il centro sociale Leoncavallo. Avevano 18 anni. Le indagini per quell’omicidio, chiuse e riaperte negli anni, non hanno mai portato a un rinvio a giudizio.
Furono indagati tre fascisti romani: Massimo Carminati, Mario Corsi e Claudio Bracci. La giudice per l’udienza preliminare Clementina Forleo, accogliendo la richiesta di archiviazione, scrisse:
Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolare degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni.
Una bella manifestazione. Gente simpatica e allegra. Non ho mai capito perché gli omessessuali vengono chiamati “gay”. Ho sempre pensato che l’argomento “omesessualità” non richiedesse metafore, né eufemismi. Pensate se per dire che due fanno una coppia omosessuale si dicesse: “fanno quell’amore che non osa dire il suo nome”. Una bella definizione per i tempi di Oscar Wilde, ma oggi ?
Però oggi c’era pieno di gente allegra, di un’allegria personale, interna. Perché le condizioni esterne, ancora non sono tali da mettere allegria. Ancora molta discriminazione e molta ostilità, non solo verbale purtroppo.
IL FATTO QUOTIDIANO – MILANO, 18 MARZO 2023
ANSA.IT — 18 marzo 2023 –18.16
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/03/18/in-piazza-le-famiglie-arcobaleno-schlein-pronta-la-legge-per-il-parlamento_7ad09c01-6fa2-46f2-b019-421c958274eb.html
Le famiglie arcobaleno e le associazioni Lgbtq+ sono scese in piazza a Milano per protestare contro lo stop imposto al Comune alle registrazioni dei figli delle coppie omogenitoriali.
All’iniziativa ha partecipato anche la segretaria del Pd Elly Schlein e il sindaco Giuseppe Sala.
Presenti anche la capogruppo al Senato del Pd Simona Malpezzi e l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi.
E’ una bellissima piazza che chiama e chiede diritti – ha detto Sacchi – Milano ha fatto la sua parte”.
“Ci stiamo già muovendo e c’è qui anche Alessandro Zan per portare avanti anche in Parlamento le aspettative che sono emerse dalla piazza. Cioè di poter vedere riconosciuto per legge il diritto delle coppie omogenitoriali “, ha affermato Schlein. “Con una legge preparata e scritta insieme alle associazioni, alle famiglie arcobaleno e alla rete Lenford – ha concluso -. Saremo al loro fianco come in piazza anche in Parlamento.
La società, ha proseguito la leader del Pd, “si rende conto che contro questi bambini e bambine crudelmente si sono scagliati coloro che oggi governano il paese, ma sono bimbi come tutti e vanno già nelle nostre scuole, stanno crescendo nelle nostre comunità. Non c’è alcuna ragione di negare il loro riconoscimento, il loro diritto all’esistenza in questa comunità. Andremo avanti anche in parlamento con questa legge e lo faremo in tutti luoghi dove sarà necessario”.
Secondo gli organizzatori sono 10 mila le persone che sono scese in piazza. A sorpresa è arrivato anche il primo cittadino di Milano, che in un primo momento aveva detto che non avrebbe partecipato. “Sono sempre con voi, lo sono stato dal primo momento”, ha detto portando il suo saluto dal palco.
guardate quanti bimbi !
“Io sono sempre con voi, come lo sono stato sempre. Abbiamo un grande problema e c’è un vuoto normativo che va colmato. Questo governo come abbiamo già capito tutti sta facendo di tutto per prendersi tutto e per umiliare chi non la pensa come loro. Sta cercando di portare anche le città a destra con la riforma della legge elettorale dei comuni”, ha affermato Sala.
“Elly Schlein mi piace molto come persona e come donna perché è una combattente. E’ venuto il momento di smetterla con questi scontri tra destra e sinistra perché i diritti civili sono i diritti di tutti, anche di Giorgia Meloni e di sua figlia”, ha detto Francesca Pascale, la ex compagna di Silvio Berlusconi oggi sposata con la cantante Paola Turci, arrivando in piazza Scala. “Dovrebbe riflettere – ha affermato – perché non è una guerriglia tra chi è omosessuale ed eterosessuale”.
“Vorrei dire che Paola Turci è mia moglie – ha aggiunto -, ma non è mia moglie, sono unita a lei civilmente. Eppure, non mi sento diversa da una coppia eterosessuale: Perché non può esserlo, perché non piace a Salvini? Definisco Salvini omofobo, definisco omofobi i sovranisti, i partiti che si mettono sotto a braccetto con Orban, razzisti e fuori di testa. Non voglio insultare nessuno. Hanno seccato con questo odio. Per questo ho fiducia nella figura di Giorgia Meloni. Non ho mai votato Fratelli d’Italia, ma voglio avere fiducia nella donna che è”.
Migliaia di penne alzate al cielo in piazza Scala a Milano per chiedere diritti per i figli e le figlie delle coppie dei genitori dello stesso sesso:
è il flashmob che ha concluso la manifestazione
I manifestanti hanno alzato le penne a sfera al cielo per le firme che i sindaci non possono più fare. “La famiglia è quella che ci costruiamo noi con i nostri affetti, i nostri amori e le nostre amicizie – hanno scandito gli organizzatori dal palco – non permetteremo al governo di decidere chi è figlio di questo Paese”.
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1.
L’autista rallenta per guardare mentre la gazza aiuta il riccio spaventato ad attraversare la strada
Driver slows down to watch as magpie helps scared hedgehog cross the road pic.twitter.com/ZOTsFVQwUg
— Gabriele Corno (@Gabriele_Corno) March 18, 2023
2.
Un piccolo granchio protegge il suo amico dalle gigantesche dita umane continuando ad abbracciarlo
A little crab protects his friend from human giant fingers by continuing to hug him pic.twitter.com/oDcLLsD8MN
— Gabriele Corno (@Gabriele_Corno) March 18, 2023
IL MANIFESTO — 17 MARZO 2023 —
https://ilmanifesto.it/oluboyo-abbiamo-fatto-errori-ora-servono-scelte-forti
BLOG DI VICTORIA – ” scoprire chi sono ”
https://www.victoriaoluboyo.com/post-1/discovering-who-i-am-presentazione-oltre
A 28 anni Victoria Oluboyo è entrata nella direzione nazionale del Pd. Consigliera comunale a Parma, fa parte della pattuglia di nuove leve che la segretaria Elly Schlein ha deciso di far ascendere al vertice del partito.
Oluboyo, qual è la storia della sua militanza?
Ho cominciato con il volontariato e l’associazionismo studentesco. Sono stata rappresentante universitaria con l’Udu e vicepresidente dell’associazione nigeriana di Parma, con cui abbiamo aperto un centro antiviolenza per le vittime di tratta. Poi, nel 2017, mi sono avvicinata al Pd e alle ultime elezioni sono stata eletta nel consiglio comunale della mia città, Parma. Quando Elly Schlein si è candidata alla segreteria ho deciso di seguirla perché rappresenta i temi su cui ho basato la mia attività politica: dall’immigrazione al diritto d’asilo, dalla condizione del lavoro giovanile alla grave crisi abitativa che stiamo attraversando soprattutto qui nel Nord Italia, passando per i diritti civili e la crisi ambientale.
Quando si è iscritta al Pd i temi di cui parla non erano esattamente centrali nell’agenda del partito.
È vero. Negli anni ho visto tante persone lasciare il Pd perché non si sentivano rappresentate, io però ho sempre pensato di dover lottare dall’interno perché questi temi divenissero importanti per il partito. Credo che l’attenzione di Schlein a questi argomenti l’abbia favorita alle primarie. Per la prima volta è stato ribaltato il voto dei circoli, questo perché le persone che gravitano intorno al Pd volevano tornare a casa, ritrovare un posto in cui rispecchiarsi e sapevano che questo sarebbe stato possibile solo con la vittoria di Schlein. Adesso dobbiamo lavorare perché questi temi siano davvero centrali: salari, lavoro, diritti e ambiente.
Come crede che saranno i rapporti con la minoranza?
Sarà importante trovare una mediazione, il Pd è nato come un partito progressista con molte anime al suo interno ed è appunto democratico, quindi tutti avranno voce in capitolo. I nostri elettori, però, ci chiedono una linea chiara e Schlein rappresenta un cambiamento radicale: basta con le alleanze di un certo tipo, con i compromessi al ribasso. Servono scelte forti. Durante la campagna per le primarie abbiamo parlato molto degli errori fatti dal Pd negli scorsi anni: era necessario rispondere alla domanda sul perché abbiamo perso tanti consensi. Il jobs act, per esempio, è stato un errore, così come sono stati un errore i finanziamenti alla guardia costiera libica. Non possiamo negarlo, ma abbiamo assunto la consapevolezza che bisognerà agire diversamente. Sento che c’è molta fiducia in questo senso e stare in direzione rappresenta per me un grande onore e una grande responsabilità.
Il paese intanto è scivolato a destra. Che fare?
Spesso si tende a dare la colpa agli elettori, ma se molte persone hanno votato per partiti di estrema destra probabilmente è perché pensavano che questi potessero rappresentarle al meglio. Certo ora vediamo che il governo toglie il reddito di cittadinanza, riduce le pensioni minime e comprime tanti diritti. Da parte nostra credo che dovremo lavorare molto su chi non è andato a votare: c’è stato un grande astensionismo alle ultime elezioni e dobbiamo chiederci il perché. Il Pd deve tornare a essere un partito credibile e in grado di parlare a chi non partecipa più. Dovremo avere la forza della coerenza: alle primarie ci hanno chiesto questo
Naturalmente tutti e tutte. Ma è una regola grammatticale. “Il maschile abbraccia il femminile”. E un vecchio scrittore spiritosamente aggiungeva :” …quando può”. Altri tempi.
Parlando seriamente. Oggi non si difendono solo i diritti delle famiglie arcobaleno. Si difendono i diritti di tutti.
E qualcuno dirà : ” I diritti non si mangiano” ( come la cultura, diceva un ministro). Ma non si vede perchè non si possa lottare per il salario, per l’occupazione a tempo pieno, contro l’inflazione e anche per i diritti civili. Anzi , stanno benissimo insieme. Sempre diritti sono tutti. Anche il diritto di non morire di fame.
LA STAMPA – 16 / 17 MARZO 2023
https://www.lastampa.it/torino/2023/03/17/news/malata_tumore_visita_2024-12698846/
La donna si era rivolta a Specchio dei Tempi: dopo l’intervento de La Stampa la visita specialistica verrà effettuata la prossima settimana e non nel giugno del prossimo anno
—
LA STORIA INTERA E’ RACCONTATA NEL LINK :
TODAY STORIES, 16 MARZO 2023
https://www.today.it/storie/tumore-visita-pneumologo-liste-attesa-torino.html
David Hon (@mountainman035) on Instagram
Il parco nazionale di Capitol Reef è uno tra i parchi nazionali situato dello stato dello Utah ( nel sud ). Esso si estende per oltre 160 km, ma ha una conformazione piuttosto stretta. Il parco, fondato nel 1971, ha un’ampiezza di 979 km² ed è aperto ai visitatori tutto l’anno.
lo stato dello Utah negli Usa
cartina :
https://www.istockphoto.com/it/vettoriale/utah-road-map-gm949635920-259231450
LA CAPITALE E’ SALT LAKE CITY – CITTA’ DEL LAGO SALATO
https://www.geographicguide.com/united-states/utah/salt-lake-city.htm
LA CAPITALE AL NORD EST DELLO STATO DELLO UTAH
DA :
http://www.artdreamguide.com/usa/_regi/utah/map.htm
ANSA.IT — 17 MARZO 2023 –16.33
Il presidio fuori il Palacongressi di Rimini
Cgil: presidio contro Meloni con striscioni e peluche
ELIANA COMO
” Meloni, pensati sgradita? Non pensavo Ferragni metalmeccanica ”
Prodi al Congresso della Cgil nel 1996
Meloni ha preso parte al Congresso della Cgil in corso a Rimini con un intervento che ha spaziato dal lavoro al fisco, dalle violenze figlie della contrapposizione ideologica fino alla riforma presidenzialista.
Terminato il suo intervento, di circa mezz’ora, è uscita dalla sala accompagnata dal segretario generale Maurizio Landini
La maggior parte dei presenti in platea è rimasta in silenzio, è partito solo qualche applauso.
“Non so che accoglienza aspettarmi in ogni caso penso che sia giusto esserci”, ha dichiarato la premier arrivando al congresso, dove è stata contestata.
“Ringrazio anche chi mi contesta. Non ho voluto rinunciare a questo appuntamento in segno di rispetto del sindacato”, ha detto Meloni in apertura del suo intervento.
“Mi sento fischiata da quando ho 16 anni. Potrei dire che sono Cavaliere al merito su questo”, ha commentato la premier riferendosi alle contestazioni che ci sono state al momento del suo intervento con alcuni dei partecipanti che prima l’hanno fischiata e poi sono usciti dalla sala con il pungo alzato cantando “bella ciao”.
Meloni sale sul palco della Cgil, alcuni delegati escono cantando ‘Bella, ciao’
Il confronto e le contestazioni
“Questo congresso è un esercizio di democrazia e partecipazione che non può lasciare indifferente chi ha responsabilita decisionali e chi come me sa quanto questi eventi tengano vive queste dinamiche”, ha detto Meloni. “Non mi sottraggo a un contesto sapendo che è un contesto difficile. Non mi spaventa. La ragione per cui ho deciso di essere qui è più profonda. Oggi si celebra la nascita della nostra nazione”, ha aggiunto.
“Con questa presenza, con questo confronto, questo dibattito, possiamo autenticamente celebrare l’unità nazionale”, ha affermato Meloni. “La contrapposizione è positiva, ha un ruolo educativo, l’unità è un’altra cosa, è un interesse superiore, è il comune destino che dà un senso alla contrapposizione”. “Il confronto è necessario e utile. Se questo è l’approccio ci sono ottime ragioni per confrontarci con la forza delle idee che ciascuno legittimamente rivendica”.
“Ringrazio tutta la Cgil dell’invito anche chi mi contesta con slogan efficaci, ho visto ‘pensati sgradita’: non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica“, ha detto la premier commentando una frase riportata su un vestito che la nota influencer ha indossato al festival di Sanremo
Il fisco
“Lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva che riformi l’efficienza della struttura delle imposte, riduca il carico fiscale e contrasti l’evasione fiscale, che semplifichi gli adempimenti e crei un rapporto di fiducia fra Stato e contribuente”, ha detto la premier parlando della riforma fiscale. “Vogliamo usare la leva fiscale come strumento di crescita economica, una riforma che guarda con molta attenzione al lavoro, con interventi sui redditi medio bassi e novità per i dipendenti”.
“Noi veniamo da un mondo in cui ci si è detto che la povertà si poteva abolire per decreto. Che il lavoro si poteva creare per decreto. Se fosse così dovrebbe essere lo stato a creare ricchezza, non è così. La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori. Lo stato deve creare regole giuste e redistribuire. Mettere aziende e lavoratori nelle condizioni di creare ricchezza che si riverbererà su tutti”.
Le violenze
“Inaccettabile l’attacco di estrema destra alla Cgil”. “Credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece in questi mesi, purtroppo, mi pare che siano sempre più frequenti segnali di ritorno alla violenza politica, con l’inaccettabile attacco degli esponenti di estrema destra alla Cgil” e le azioni “dei movimenti anarchici che si rifanno alle Br”, ha detto Meloni.
“Voglio ricordare Biagi, fra due giorni ricorre l’anniversario dell’assassinio da parte delle Br, un uomo che ha pagato con la vita. Il sindacato è sempre stato impegnato nella lotta al terrorismo, credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece, in questi mesi, purtroppo mi pare che siano sempre più frequenti i segnali di ritorno alla violenza politica”, ha proseguito Meloni. “E’ necessario che tutte le forze politiche, sindacati e corpi intermedi combattano insieme contro questa deriva”.
Il lavoro
“Per far crescere l’occupazione bisogna far ripartire l’economia, liberare le energie migliori dell’Italia. È la base della riforma fiscale che il Cdm ha approvato ieri con un legge delega, frettolosamente bocciata da alcuni”, ha dichiarato Meloni nel suo intervento.
Meloni ha detto di aver letto la relazione di Landini al quale ha fatto i complimenti “per la sua tempra” visto che “ha parlato due ore senza mai prendere neanche un bicchiere d’acqua”, “confesso – ha dichiarato – che io non ne sarei mai stata capace”. “Dicono che la Cgil non sia una sindacato d’opposizione – osserva – figuriamoci se lo fosse visto che in due ore di relazione non ho trovato nulla di quello che ha fatto il governo”. “Partiamo da un dato e cioè che l’Italia fa registrate un tasso di disoccupazione del 58,2%, un gap che continua ad aumentare. La situazione peggiora se si considera quella femminile che registra 14 punti in meno”.
“I salari sono bloccati da 30 anni – ha proseguito – dato scioccante perché l’Italia ha salari più bassi di prima del ’90 quando non c’erano ancora i telefonini. In Germania e Francia sono saliti anche del 30%. Significa che le soluzioni individuate sinora non sono andate bene e che bisogna immaginare una strada nuova che è quella di puntare tutto sulla crescita economica”.
No al salario minimo, ma si all’estensione della contrattazione collettiva. E’ questa la soluzione che ha indicato Meloni per affrontare anche la questione dei salari bassi. “Il reddito di cittadinanza ha fallito gli obiettivi per cui era nato perché a monte c’è un errore: mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva lavorare, mettendo insieme politiche sociali e politiche attive del lavoro”.
“Non ci devono essere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Chi merita la delega sindacale e chi no”. “Uno dei grandi temi – ha proseguito – sui quali possiamo provare a lavorare insieme è un sistema di ammortizzatori sociali universale che tuteli allo stesso modo chi perde il lavoro, sia esso un lavoratore autonomo, dipendente, o cosiddetto atipico. Dare a tutti le migliori garanzie possibili ma che siano le stesse. Garantire gli stessi diritti. Non garantire una cittadella di garantiti”.
“Stiamo affrontando la glaciazione demografica, per affrontare questo problema, penso che la sfida sia quella di un piano economico e culturale, imponente, per rilanciare la centralità della famiglia”, ha affermato Meloni. L’obiettivo è partire “dal sostegno al lavoro femminile, agli incentivi a chi assume donne e neo mamme, con strumenti di conciliazione casa-lavoro e una tassazione che torni a tenere conto della composizione del nucleo familiare”.
“Confido che nei prossimi anni possano anche aprirsi settori nuovi legati alle strategie anche industriali che stiamo creando. C’è stata una mancanza di visione in questo senso che ha frenato l’Italia e che ci ha legato troppo ad alcuni Paesi”, ha detto la premier spiegando che “intendiamo invece trasformare l’Italia nell’hub di approvvigionamento energetico d’Europa, del Mediterraneo, con il piano Mattei che è un modello di collaborazione non predatoria e per aiutare i paesi africani a vivere bene”. Il piano Mattei, assicura “è la risposta più umana contro l’immigrazione”.
La riforma presidenzialista
“Se in passato non c’è stata un chiara scelta su politiche industriale è perché la politica ha avuto un orizzonte breve. Una politica industriale di lungo periodo non può essere accompagnata da governi che durano qualche mese. Non ci rendiamo conto di quanto abbiamo pagato in questi anni la nostra instabilità politica, in termini di affidabilità internazionale, in termini di concentrazione delle energie e delle risorse su grandi obiettivi strategici. Questa è la ragione per cui continuo a essere certa che una riforma in senso presidenzialista, o comunque un elezione diretta del vertice dell’esecutivo, sia, per rispetto della volontà popolare ma anche per stabilità, una delle più potenti misure di sviluppo che possiamo immaginare per questa nazione”, ha detto Meloni.
LANDINI: ASCOLTARE PER ESSERE ASCOLTATI
Ringrazio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per aver accettato l’invito a partecipare al congresso, lo considero un elemento di rispetto per l’organizzazione importante che siamo. Vogliamo essere non spettatori ma protagonisti del cambiamento”.. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, prima di lasciare il palco alla premier.
“Voglio solo dire due cose, stiamo per vivere un momento molto importante di questo congresso. Abbiamo scelto di fare un congresso aperto e di voler parlare con tutti, imparando anche ad ascoltare. L’ascolto è importante per noi e anche per chi ha idee diverse da nostre. Chiedere di ascoltare è chiedere anche di essere ascoltati”, ha evidenziato Landini.
I PRECEDENTI
La presenza di Meloni a Rimini arriva a quasi trent’anni di distanza dall’ultima volta in cui un presidente del Consiglio ha preso parte a un congresso della Cgil.L’ultima volta era stato Romano Prodi nel 1996, ai tempi dell’Ulivo, prima di lui Bettino Craxi nel 1986 e Giovanni Spadolini nel 1981. Nel 2010 intervenne Gianni Letta a nome del governo Berlusconi.
IL PRESIDIO
Il gruppo di minoranza interna alla Cgil in presidio davanti all’ingresso del Palacongressi di Rimini per la presenza della premier Giorgia Meloni, attesa più tardi all’assise sindacale. Espongono alcuni striscioni “Meloni: non in nostro nome. Cutro: strage di Stato”. Per terra tanti peluche che poi, spiega la portavoce Eliana Como, “vogliamo portare in sala e mettere nelle prime file davanti al palco. Quando parlerà Meloni, usciremo in silenzio, forse intonando Bella ciao”. Intanto la cantano nel piazzale davanti all’ingresso. Una quarantina i presenti al presidio. Il presidio ha iniziato a sciogliersi poco prima delle 10, per il via ai lavori della terza giornata del congresso della Cgil. L’intervento di Meloni è in programma alle 12. Alcuni presenti, molti delegati eletti con il documento di minoranza “Le radici del sindacato”, prima di entrare stanno prendendo i peluche per portarli in sala e sistemarli lì. “Ma non si tirano i peluche”, ammonisce Como.
NOTA :: LINK PER SAPERE DELLA SINISTRA SINDACALE, ELIANA COMO:
FACEBOOK DI ELIANA COMO
14 GENNAIO
https://www.facebook.com/eliana.como/locale=it_IT
E’ su Twitter, ElianaComo
ultimo articolo del 2000
https://www.lacittafutura.it/archivio/author/1260-eliana-como
“Tornare alle radici del sindacato”. Intervista a Eliana Como
… scritto per il congresso Cgil che sta per aprirsi.
La Bamba è una canzone di musica latina, celebre soprattutto grazie alla versione di Ritchie Valens. La Bamba è nato come brano popolare messicano, in particolare dello stato di Veracruz, dove in passato veniva eseguito molto spesso durante i matrimoni.
Influenzato dai ritmi afro-messicani, nella canzone vengono usati un violino, una chitarra, un’arpa e delle jaranas, tipico strumento di Veracruz.
https://it.wikipedia.org/wiki/La_Bamba_(brano_musicale)
MILANO.REPUBBLICA — 15 MARZO 2023
L’appuntamento è stato organizzati da Arcigay, Famiglie arcobaleno e Sentinelli: “Sui diritti dei nostri figli e delle nostre figlie non arretriamo di un millimetro”
a cura della redazione Milano
IL MANIFESTO — 16 MARZO 2023
https://ilmanifesto.it/a-scuola-di-sciopero?fbclid=IwAR0xzWMhGRi3QOiMti60qJ3dqy5VTQkFydVXIgl-sRl8Hjd64f2pop16hMw
Striscia di Gaza – Localizzazione–2009
Gringer (talk)– https://it.wikipedia.org/wiki/Striscia_di_Gaza
Il freddo e la pioggia caduta copiosa in questi ultimi due giorni li hanno frenati dal tenere nuove proteste di massa. Sono però pronti a tornare nelle strade di Ramallah per far valere i loro diritti. Lunedì migliaia di insegnanti, dopo aver aggirato i blocchi stradali allestiti dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) all’uscita di Ubaidiya, Surda, Al Bireh e Tulkarem, hanno raggiunto Ramallah e si sono radunati davanti alla sede del Consiglio dei ministri costringendo il ministro dell’istruzione, Marwan Awartani, ad incontrarli, per la prima volta, da quando all’inizio dell’anno è scattato nella scuola pubblica lo sciopero più lungo e partecipato degli ultimi anni per ottenere finalmente un aumento dei salari. Awartani si è limitato ad assicurare che il governo farà la sua parte. Più di tutto ha esortato gli insegnanti a riprendere immediatamente il lavoro.
«Non abbiamo scelta, continueremo lo sciopero nonostante le minacce (del governo), siamo alla fame, il nostro stipendio basta per dieci giorni e non ci arriva neanche tutto il più delle volte», ci dice Sumaya H, insegnante di arabo in una scuola superiore. Anche lei ha partecipato al grande sit in di lunedì scorso. «Quelli (i ministri) ci accusano di danneggiare i ragazzi palestinesi, di sottrarci al dovere dell’insegnamento. Ma come fanno a non capire che stiano crollando e che anche noi siamo dei genitori e abbiamo delle famiglie da mandare avanti. Piuttosto il governo trovi i fondi necessari per mantenere le promesse che ha fatto. Si impegni a combattere la corruzione e lo spreco di fondi perché anche gli insegnanti hanno diritto a una vita dignitosa», aggiunge Sumaya replicando indirettamente alle parole del primo ministro Muhammad Shttayeh che all’ultima seduta del Consiglio dei ministri ha affermato che il governo «Qualche giorno fa ha firmato degli accordi con i sindacati… Gli insegnanti chiedevano che il bonus fosse fissato in busta paga e il Consiglio dei ministri ha acconsentito. Ed è andato anche oltre pagando il 5 per cento sullo stipendio del mese in corso e fissando il restante 10 per cento nella busta paga successiva». Quindi ha aggiunto che solo un «piccolo gruppo di insegnanti» si ostinerebbe a voler continuare lo sciopero. Dopo le sue parole il TAR dell’Anp ha ordinato il rientro nelle aule ma solo pochi docenti hanno rispettato il provvedimento.
Le cose non stanno come le racconta il governo, dicono i leader dello sciopero. La protesta, assicurano, coinvolge buona parte degli insegnanti delle scuole pubbliche. E comunque a guidare le rivendicazioni non è l’Unione generale degli insegnanti, il sindacato ufficiale, ma il Movimento unito degli insegnanti (Mui), indipendente e sorto con il proposito di tenersi a distanza dalle politiche e dalle decisioni delle autorità che non si renderebbero conto della gravità della condizioni degli insegnanti. Omar Assaf, uno dei rappresentanti del Mui, avverte che le assicurazioni del governo non sono concrete perché l’accordo raggiunto con il sindacato ufficiale sarà attuato solo se lo permetterà la situazione delle casse pubbliche. Tenendo conto della mancanza di fondi, dovuta anche ai tagli che Israele attua ormai con regolarità ai 150-200 milioni di dollari – dazi doganali e tasse – che raccoglie ogni mese ai valichi per conto dell’Anp (Accordi di Oslo 1993-4), la possibilità che le intese possano essere rispettate è a dir poco ridotta.
Ahmad T., 44 anni, insegna scienze a Hebron e descrive la frustrazione sua e dei colleghi. «Insegnare, trasmettere il sapere non è solo un dovere per me, è soprattutto un piacere» dice. «Quando sono entrato in un’aula per la prima volta e mi sono seduto di fronte agli studenti, ho pensato di aver raggiunto il traguardo che volevo. Non è andata come credevo da giovane» racconta. Aggiunge di «non aver mai pensato di diventare benestante facendo l’insegnante» ma neanche «di finire in miseria e di essere poi accusato di non rispettare il diritto all’istruzione di bambini e ragazzi». In media un insegnante del ministro dell’istruzione dell’Anp riceve mensilmente in busta paga tra 2000 e 3000 shekel (tra 500 e 700 euro), una retribuzione del tutto inadeguata a coprire il costo reale della vita nei Territori palestinesi occupati. E quei pochi che percepiscono di più comunque non guadagnano abbastanza per una vita dignitosa. «I miei colleghi ed io – spiega Ahmad – facciamo altri lavori, diversi dall’insegnamento, per sopravvivere. Un tempo ci aiutavamo le ripetizioni private, ora però le famiglie non hanno abbastanza soldi. Nessun ha più soldi, specie se lavori per l’Anp».
Il governo Shttayeh si giustifica sottolineando i tagli di Israele ai fondi palestinesi e il calo delle donazioni arabe e internazionali all’Anp. Problemi reali che tuttavia convincono solo in parte la massa dei dipendenti pubblici. «Credo che la questione sia molto più ampia e che vada ben oltre lo sciopero degli insegnanti che prosegue da settimane. È un questione di consenso all’Anp che si sta sgretolando. Le rivendicazioni salariali si aggiungono alla profonda delusione per il ruolo dell’Anp che non ha realizzato alcuna delle aspirazioni palestinesi nei trent’anni passato dagli Accordi di Oslo» ci spiega il giornalista Nasser Atta. «Non è che gli insegnanti – prosegue – e tutti gli altri palestinesi non siano consapevoli delle politiche di Israele e della precarietà finanziaria del governo. Però si domandano cosa abbia fatto l’Anp per evitare tutto questo».
Tanti palestinesi ora guardano alle Forze di sicurezza che ricevono oltre il 30% del budget dell’Anp ed inoltre cooperano con l’intelligence israeliana. L’istruzione pubblica arriva appena al 10%.
NOTA – 1
ABU MAZEN – ANP
L’Autorità Nazionale Palestinese (ANP, è l’organismo politico di autogoverno palestinese ad interim, formato nel 1994 in conseguenza degli Accordi di Oslo per governare la Striscia di Gaza e le aree A e B della Cisgiordania.
L’ANP era una filiale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina ( OLP ). Questa in origine era l’unica entità politica a rappresentare il popolo palestinese, nei primi decenni di lotta contro Israele, a livello internazionale tra gli anni sessanta e novanta.
Dal 3 gennaio 2013, in conseguenza della risoluzione 67/19 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’Autorità Palestinese ha adottato il nome di Stato di Palestina sui documenti ufficiali.
Tuttavia, lo Stato di Palestina (unilateralmente proclamato nel 1988 dall’OLP, ma non ancora effettivamente indipendente e sovrano) e l’Autorità Nazionale Palestinese (creata nel 1994 in accordo con Israele per governare transitoriamente parte dei territori palestinesi in attesa di un accordo di pace definitivo) restano due organismi distinti.
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Nel 2005, dopo la morte di ʿArafāt e dopo un breve governo ad interim di Rawhi Fattuh, alla presidenza dell’ANP è succeduto Abū Māzen (Muhammad ʿAbbās) che batté col 62,3% dei voti il medico Muṣṭafà Barghūthī, che si era presentato come candidato indipendente, raccogliendo il 19,8% dei voti.
L’Autorità Nazionale Palestinese, in quanto rappresentante del popolo palestinese, dispone di un posto di osservatore all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e di un seggio permanente nell’ambito della Lega degli Stati Arabi e della Organizzazione per la Conferenza Islamica. Dal 2011 inoltre, come Palestina, è membro dell’UNESCO.
Dopo la firma degli accordi di Oslo la Cisgiordania e la Striscia di Gaza sono state divise in aree (A, B, e C) e governatorati:
Dalla battaglia di Gaza del 2007 la Striscia di Gaza è sotto il controllo di Hamas.
L’ANP ha suddiviso lo Stato di Palestina in 16 governatorati, 11 in Cisgiordania e 5 nella Striscia di Gaza:
Zone sotto il controllo ANP (aree A e B in verde)
Roke~commonswiki
ALTRO :
https://it.wikipedia.org/wiki/Autorit%C3%A0_Nazionale_Palestinese
Il segretario o uccello segretario ( Sagittarius serpentarius ) è un grande rapace prevalentemente terrestre . Endemico dell’Africa , si trova solitamente nelle praterie aperte e nella savana della regione sub-sahariana.
https://en.wikipedia.org/wiki/Secretarybird
MUSA — MUSEO DI VIENNA
IL MANIFESTO DEL 27 AGOSTO 2019
https://ilmanifesto.it/vienna-rossa-utopia-realizzata/
KARL-MARX- HOF
EINAUDI 2010
DAL 1 APRILE 1933 INIZIA IL BOICOTAGGIO NAZISTA DEL
COMMERCIO EBRAICO
ENTRATA DEI NAZISTI A VIENNA
Good morning …
Good morning …😊☕️☀️🌸 pic.twitter.com/hVJshrqKqB
— Linda💚💫 (@Animals_Humor) March 16, 2023
Il Quartiere Porto-Saragozza (in bolognese Pôrt-Saragòza è uno dei sei quartieri in cui è suddiviso il comune di Bologna, istituito nel 2016 dalla fusione dei precedenti quartieri Porto e Saragozza.
https://it.wikipedia.org/wiki/Quartiere_Saragozza#/media/File:Bologna_-_mappa_quartieri_pre-2016.svg
v. Saragozza 74
Palazzo Albergati, Strada di Saragozza 150-149
Il quartiere è geograficamente eterogeneo, costituito dalla metà occidentale del centro storico di Bologna e dalle aree dell’immediata periferia sud-occidentale della città. L’intera parte meridionale è caratterizzata dai rilievi collinari, la cui cima più alta è il Colle della Guardia (280 m s.l.m.); essa è delimitata dal confine con Casalecchio di Reno a ponente e dal quartiere Colli a levante. Nel quartiere inoltre è situato il bosco urbano dei Prati di Caprara.
L’area è caratterizzata dalla presenza di numerosi corsi d’acqua, come il canale di Reno che segna il confine con il quartiere Borgo Panigale-Reno, e i torrenti Ravone e Meloncello, tombati per la maggior parte del loro percorso in pianura.
Strada di Saragozza 147
Oltre al Parco 11 settembre e al Giardino del Cavaticcio, situati nel centro storico, i principali giardini pubblici sono quello di Villa Spada, di Villa delle Rose e il Parco di San Pellegrino
Situato sui Viali di Circonvallazione al confine col quartiere Santo Stefano, è erede del giardino ottocentesco della villa da cui prende il nome, oggi scomparsa. Qui venne ritrovata l’acropoli dell’antica Felsina.
Giardino dell’omonima villa contiguo al parco di Villa Spada, si estende su circa due ettari sulle prime pendici collinari lungo via Saragozza.
Inaugurato nel 1995, si trova nei pressi del colle di Casaglia, per un’estensione di 27 ettari. Si tratta di un’area rurale che ha mantenuto le caratteristiche dell’antico paesaggio agricolo. Il nome deriva da un istituto religioso fondato nell’800 presso gli insediamenti di Casa Giuliani e Casa Breventan. Il parco è altresì conosciuto colloquialmente come i 300 scalini, dal nome di un locale posto in cima.
Sono presenti due biblioteche di quartiere, la Jorge Luis Borges e la Oriano Tassinari Clò di Villa Spada.
Presso la zona di Azzo Gardino hanno i loro spazi i dipartimenti di Scienze della Comunicazione e del DAMS
Nel quartiere è presente il polo culturale della Manifattura delle Arti, sede oltre che di dipartimenti dell’UniBo, della Cineteca Comunale e del Museo d’arte moderna di Bologna (MamBO, già Galleria d’arte moderna).
Santa Maria delle Muratelle
Il quartiere è attraversato dalla Via Emilia Ponente, che assume i nomi di Saffi, San Felice e Ugo Bassi, e dalla parte occidentale dei Viali di Circonvallazione.
Nel quartiere si trovano la stazione di Bologna Centrale e l’ex scalo merci Ravone.
Venendo da Porta Saragozza
Facciata di Santa Caterina di Satragozza
scritte e foto da :
QUARTIERE DI PORTO-SARAGOZZA
opera propria
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QUARTIERE PORTO-SARAGOZZA — PIANTA BOLOGNA
L’arco del Meloncello su via Saragozza
prospetto verso la Grada – Opificio della Grada
–
Opera propria
–
Opificio della Grada, Bologna
PORTICO DI SAN LUCA
Venice, seen from the Giudecca Canal, 1840 #jmwturner #englishart wikiart.org/en/william-tur
aprendo qui, il link su Twitter, lo vedete meglio–
https://twitter.com/VeniceArtGuide/status/1636010826409598981/photo/1
Il quadro è conservato nel Victoria and Albert Museum di Londra
Joseph Mallord William Turner (Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre 1851) è stato un pittore e incisore inglese.
Appartenente al movimento romantico, il suo stile pose le basi per la nascita dell’Impressionismo, e anticipatore dell’astrattismo.
Famoso per le sue opere ad olio, Turner fu anche uno dei più grandi maestri britannici nella realizzazione di paesaggi all’acquerello, e meritò il soprannome di «pittore della luce».
ANSA.IT — 15 MARZO 2023 — 21. 24
https://www.ansa.it/campania/notizie/2023/03/15/napoli-eintracht-nella-notte-razzi-contro-bus-di-tifosi-tedeschi_5a7fb65e-ce52-46f4-ae6f-571179299a33.html
Aumenta la tensione nel centro di Napoli dove si sono radunati da stamattina i tifosi dell’Eintracht Francoforte.
video, 1.41
Una vettura della Polizia è stata incendiata in via Calata Trinità Maggiore mentre un’altra, sempre della Polizia, è stata danneggiata: infranti i vetri.
Danni anche a una terza auto.
Guerriglia in pieno centro a Napoli dove si sono verificati scontri tra i tifosi dell’Eintracht e decine di persone con il volto coperto da caschi. Via Calata Trinità Maggiore, nel cuore della città, è stata teatro del lancio di oggetti con bidoni della spazzatura rovesciati. È lì che è stata incendiata l’auto della Polizia. Terrore tra i passanti e i commercianti della strada. Gli scontri sono iniziati quando i tifosi tedeschi, che da stamattina in corteo avevano raggiunto piazza del Gesù dal lungomare, dovevano salire sui bus che li avrebbero riportati nell’albergo dove alloggiavano. A quel punto sono comparsi diverse decine di facinorosi con il volto coperto che hanno ingaggiato uno scontro mentre la Polizia, in assetto antisommossa, era impegnata a dividere le fazioni e a disperdere gli ultras.
È iniziato il trasferimento dei tifosi tedeschi che sono stati fatti salire su alcuni bus del servizio pubblico che stanno per lasciare Piazza del Gesù, dove si sono verificati scontri. Protetti da un cordone di polizia i supporter dell’Eintracht vengono diretti per il momento verso la zona di via Medina.
Durante il passaggio degli autobus in via Monteoliveto, gli autobus con a bordo i tifosi dell’Eintracht Francoforte sono stati fatti oggetto di lancio di pietre e bottiglie da parte di ultras napoletani assiepati lungo la strada. Il vetro di uno degli autobus si è scheggiato.
Al termine degli scontri, che sono avvenuti in piazza del Gesù a Napoli, tra un gruppo di tifosi napoletani e circa 250 dell’Eintracht, è stata trovata anche una pistola: come si vede in uno dei video che circolano in rete, un agente in borghese recupera l’arma sul selciato. Un altro poliziotto, che assiste alla scena da dietro a un portone, rivolgendosi ad altri agenti, dice: “la tiene un collega”, facendo riferimento alla pistola. Ora in piazza è iniziata la conta dei danni. Presenti anche alcuni investigatori che stanno procedendo a tutte gli accertamenti. L’arma, secondo quanto si apprende, sarebbe di un poliziotto aggredito da un gruppo di facinorosi. E’ finita a terra nel corso del parapiglia ed è stata subito recuperata da un collega. Sempre secondo quanto è stato possibile apprendere, nel corso degli scontri sarebbero diversi gli agenti rimasti feriti, anche se in modo non grave.
Berlino condanna – “Questa violenza, stasera, va condannata nel modo più assoluto. I violenti e i teppisti distruggono lo sport”. Lo ha scritto la ministra dell’Interno tedesca, Nancy Faeser, su Twitter, commentando gli scontri a Napoli, dove i tifosi del Francoforte Eintracht hanno devastato il centro storico della città prima della partita
Bild, tifosi Eintracht vandalizzano Napoli, una vergogna “Vergogna Champions League a Napoli”. Il tabloid tedesco Bild riferisce degli scontri provocati dai tifosi dell’Eintracht “che insieme agli hooligan dell’Atalanta hanno fatto uno scandalo” prima della partita. Bild riferisce diffusamente degli atti di teppismo, degli attacchi alla polizia e ai locali del centro. Il tabloid pubblica un video in cui si sentono le voci dei napoletani sconcertati mentre osservano quello che accade in strada: il titolo è “le scene dello scandalo. Come i tifosi del Francoforte vandalizzano la città di Napoli”. La notizia si trova sui siti web dei principali media tedeschi, tra cui Faz, Sz e Die Welt.
Manfredi, devastazione folle, inaccettabile – “Le scene di devastazione del centro storico della città sono inaccettabili. Condanniamo fermamente gli atti inqualificabili di chi si è reso protagonista di questa violenza, da qualsiasi parte sia giunta. Napoli e i napoletani non meritano di subire i gravi danni materiali, morali e di immagine che questa follia ha determinato. Con la Germania i rapporti sono storicamente improntati all’amicizia ed ho voluto incontrare a Palazzo San Giacomo l’ambasciatore di Germania in Italia Viktor Elbling per condannare insieme gli atti di violenza e ribadire il forte legame tra Napoli e la Germania”. Così il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi.
Lega, il governo tedesco paghi i danni – “Che sia il governo tedesco a pagare i danni. Aveva ragione il ministro Piantedosi a chiedere di vietare la trasferta a questi teppisti”. Così fonti della Lega alla luce degli scontri a Napoli scatenati dai tifosi dell’Eintracht Francoforte.
Le opposizioni chiedono che il ministro Piantedosi riferisca in Parlamento su quanto accaduto a Napoli. Lo hanno chiesto Dario Carotenuto del M5S, ma anche, il leader di Articolo Uno, Roberto Speranza, la senatrice napoletana del Pd Valeria Valente. Il segretario di Più Europa Riccardo Magi si chiede ‘dove sia il ministro Piantedosi. A caccia di ravers?’ e il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto del Senato chiede le dimissioni di questore e prefetto. Ironico il commento del leader di Azione Carlo Calenda: “Quando ti serve un ministro degli Interni equilibrato trovi un ‘questurino’, quando ti serve un ministro ‘questurino’ trovi il nulla. Altro che legge e ordine”.
Fonti Polizia, stop vendita biglietti era giustificato – Gli incidenti che si stanno verificando a Napoli dimostrano che “il divieto di vendita dei biglietti” ai tifosi dell’Eintracht “era giustificato”. E’ quanto sottolineando fonti della Polizia ribadendo che gli apparati di sicurezza italiani avevano “piena contezza della pericolosità” degli ultrà tedeschi e del rischio di scontri con quelli locali, tanto da rinnovare il provvedimento dopo la decisione di sospensione del Tar nonostante alcuni sostenessero fosse un “atto discriminatorio” da parte dell’Italia.
Allo stadio clima rilassato, niente tedeschi. Il settore ospiti è chiuso – Un’atmosfera serena per l’opportunità di festeggiare la storica promozione ai quarti di finale, in uno stadio di Napoli con il settore ospiti chiuso. E’ questo il clima all’esterno dello stadio Maradona nei minuti che precedono il match di ritorno degli ottavi di finale di Champion’s League tra gli azzurri e l’Eintracht Francoforte, al termine di una giornata che invece in città è stata di guerriglia. Stasera allo stadio Maradona il settore ospiti è chiuso senza neanche, si apprende da fonti ufficiali del Napoli, un biglietto venduto. Ci saranno in tribuna vip solo 15 persone invitate dall’Eintracht Francoforte. Attualmente i tifosi tedeschi sono nella zona del lungomare e non è ancora giunto un gruppo di loro dalle parti del Maradona, dove i tifosi sembrano non pensare alle polemiche, ma vogliono solo godersi un’altra serata da sogno dopo il 2-0 ottenuto all’andata a Francoforte. Lo stadio è circondato da venditori di sciarpe, che molti comprano per avere un ricordo della serata. In vendita davanti agli ingressi alle curve anche le mascherine di Osimhen, diventate ormai un simbolo del tifo di questo Napoli, con il venditore che urla “la mascherina di Osimhen è meglio di quella di Spiderman”.
Napoli – Eintracht, centinaia di tifosi tedeschi invadono il centro storico
video, 1.20
Le poche informazioni acquisite dalla Polizia tedesca e una eventuale temuta “caccia all’uomo” da parte di ultras azzurri stanno tenendo in apprensione le forze dell’ordine partenopee delegate a tenere sotto controllo eventuali contatti tra le tifoserie dell’Eintracht Francoforte e del Napoli. Il dispiegamento di forze è imponente: sono in allerta ben 800 uomini e finora non si sono verificati episodi particolarmente critici. I 400 tifosi della squadra tedesca giunti ieri in treno da Salerno, sono stati tutti dislocati sul lungomare della città, nell’hotel Continental, accanto all’hotel Vesuvio dove invece alloggia la loro squadra.
Napoli – Eintracht, violenti scontri tra ultras in centro. Ritrovata una pistola:
video, 1.30
La Digos di Napoli ha fortemente consigliato alle forze di polizia tedesche e ai supporter dell’Eintracht di rimanere in albergo per evitare contatti. Nessuno di questi tifosi potrà assistere all’incontro di Champions League di stasera in quanto la società tedesca si è rifiutata di avvalersi dei biglietti per il settore ospiti dello stadio Maradona messi a disposizione dalla SSCNapoli. Non è escluso quindi che possano andare in giro per la città, come dei turisti, esponendosi però così al contatto con la tifoseria avversaria. Proprio per questa ragione la Polizia di Stato sta tenendo sotto stretto monitoraggio loro e soprattutto i vari gruppi del tifo azzurro in tutta la città, da piazza Dante, dove ieri se ne erano concentrati ben 120, a piazza Sannazzaro. Sotto accurato controllo anche gli abituali ritrovi dei gruppi ultras, come i Fedayn. In sostanza, sotto il coordinamento della Prefettura, la Questura di Napoli, con la collaborazione di tutte le forze dell’ordine, ha predisposto un servizio di ordine pubblico “ad hoc” per la gara, finalizzato a evitare gli scontri ventilati anche sui social. Non è escluso che in giornata, possano approdare in città, alla spicciolata, altri gruppi di tifosi dell’Eintracht, ma anche questa eventualità è sotto stretto monitoraggio.
Nella nottata, lungo il tragitto tra la Stazione centrale di Napoli, dove erano arrivati, e il lungomare, dove si trova uno degli alberghi che li ospita, all’altezza di via Marina, il bus dei tifosi dell’Eintracht Francofort è stato fatto oggetto del lancio di ‘razzi’ segnalatori e di oggetti contudenti, per fortuna senza che nessuno rimanesse ferito.
Uno degli alberghi del lungomare, dove soggiornano i supporter tedeschi, è guardato a vista da agenti di polizia. Una cintura di ‘sicurezza’ che nella notte era molto più folta. Non si esclude in giornata l’arrivo di altri tifosi dopo i primi 400 che sono stati già identificati dalle forze dell’ordine.
Napoli, centinaia di tifosi dell’Eintracht in citta’ nonostante il divieto:
video, 1.10
Un gruppo di persone vestite di nero e con il volto coperto, tra le quali anche alcuni ultras della squadra di calcio dell’Eintracht Francoforte, hanno lanciato bottiglie di vetro contro il bar Alkymya Bellini, di piazza Bellini a Napoli, che era chiuso. Non si registrano feriti. Allertati dai militari dell’Esercito posti a vigilanza, in piazza sono subito intervenuti i carabinieri del Nucleo Radiomobile di Napoli che ora stanno indagando sull’accaduto.
Napoli-Eintracht, tifosi tedeschi in hotel ‘sorvegliati’ dalla polizia :
video, 1.24
IL FATTO QUOTIDIANO DEL 15 GENNAIO 2023
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/03/15/la-lezione-di-zagrebelsky-unora-damore-che-puo-bastare-tutta-la-vita/7096867/
Attorno alla lezione gravitano molte parole, come per esempio “istruzione”, “formazione”, “educazione”. I termini sono solo apparentemente sinonimi; diciamo che sono parenti e come tutti i parenti sono spesso tutt’altro che affini. Tra “istruzione” ed “educazione” c’è la distanzache passa tra trasmissione (del sapere) e indottrinamento (delle idee). Per questo la scuola divenuta un riformatorio a suon di perniciose quanto frequenti riforme e divorata da una burocrazia che si autoalimenta, è frequentemente oggetto di brame politiche e ridicoli scontri (i libri di storia “di sinistra” erano il tormentone preferito di ministri, maggiordomi e sottopancia, regnante B; oggi è l’antifascismo, ahiloro “costituzionale”). La distanza tra questi due poli non lascia spazio ad altra visione dell’esperienza scolastica, a una diversa concezione della ‘moralità’ dell’apprendimento? Si deve scegliere tra uno studente “riempito di nozioni” oppure uno studente “imbottito d’ideologia”?
“L’alternativa c’è”, risponde il professore. “Ed è precisamente il camminare insieme guardandosi intorno, sempre e di nuovo. Non c’è forse molta moralità in questo atteggiamento attivo, esplorativo, attento a ciò che c’è costantemente da scoprire e imparare nell’opera di costruzione della propria identità?”. Immagine bellissima, e sarebbe l’atteggiamento migliore con cui affrontare l’avventura del sé e con essa il necessario percorso di formazione.
Ma oggi la scuola deve fare i conti con la società del copia incolla, dei social, del sempre connessi-mai concentrati. Un mondo dove sapere non è un valore, saper pensare men che meno. E da tempo crediamo che sia questo il fine ultimo di chi ha abbandonato la scuola, fingendo di volerla “mettere al centro”, cioè i governanti degli ultimi tre decenni, con pochissime eccezioni: meglio allevare sudditi che cittadini.
La scuola chiede fatica, concentrazione e dedizione “quando invece i ragazzi sono immersi in un mondo che, illudendoli, dispensa facilità, tutto e subito a portata di mano, mode, immagini ed esteriorità, rapporti ‘virtuali’, e quindi solo virtualmente sociali, ‘cultura’ che ‘si scarica’ dai siti e poi, eventualmente, ‘si incolla’ in qualche scritto che solo apparentemente viene dallo studio, dall’impegno, dalla creatività”. E dire che la scuola, il poterci andare tutti, è stata una faticosa conquista; e i nostri nonni – sì, erano solo i nostri nonni – che non ci erano potuti andare se ne rammaricavano e se ne vergognavano per tutta la vita, annichiliti davanti al modulo di un telegramma, perché “la timidezza dei poveri è un antico mistero”, come scrive Don Milani.
Quello dedicato ad “Altri e nostri tempi” è l’ultimo capitolo della Lezione: non la scuola di massa, non la scuola per pochi eletti (le eccellenze) ma una scuola “per tutti”. Molte sono le migliorie che vanno apportate, vi lasciamo il piacere di leggere il lungo e puntuale elenco stilato dal professore. Le difficoltà però non devono essere alibi per una resa. Che dopotutto basta un’ora. “Un’ora sola, un’oretta di amore che la scuola ti ha dato e che tu hai ricevuto può essere tenuta a mente e valere per tutta la vita che resta”.
«Una lezione non è un tram che vi porta da un posto all’altro, ma è una passeggiata con gli amici».
Pavel Florenskij– nota al fondo
La migliore «lezione» è quella che insegna a controllare le emozioni con l’intelletto e a muovere l’intelletto con le emozioni.
Quotidianità e culmine di una via alla conoscenza, la lezione, così come la pensa e desidera Gustavo Zagrebelsky, è insieme un tempo e un luogo di amicizia – di filía -, creativo tanto per gli studenti quanto per il professore. «La lezione è una sorta di chiamata a raccolta intorno al sapere». La lezione mette insieme persone diverse e parole diverse: è, anzi, una «casa delle parole», parole con le quali professore e studenti creano il mondo nominandolo. «La scuola e la lezione, che si nutrono necessariamente di parole, hanno di conseguenza questo dovere primario: usarle con tutte le cautele del caso, sapendo che il veleno dell’equivoco è sempre in agguato». Lezione si fa insieme, come una passeggiata fra amici. Amici, però, soprattutto della conoscenza. Se il professore inevitabilmente deve sedurre, deve farlo non verso se stesso, bensì verso la materia che tratta. A lezione c’è «fascino» se c’è «voglia» di partecipare… «con allegria, commozione, paura, turbamento: insomma con l’intelletto e l’emozione». A lezione, nessuno può permettersi di «ripetere» e basta, se si fa sul serio. Né gli studenti né il professore. Tutti, ognuno per la parte che gli compete, devono partecipare al processo della ricerca. La lezione pensa se stessa mentre si sviluppa, con pause, digressioni, interventi di qualche studente, per poi riprendere il filo, il cammino. Per tutto il resto basterà il manuale, quello sí, per forza, fisso e ripetitivo, semplice strumento di supporto, sostituto impossibile della creatività e, di piú, della vivacità della lezione. Come voti ed esami del resto, che, con un simile tipo di lezione, diventano quello che sono da sempre: mero controllo degli «strumenti» di base per addentrarsi nella materia. L’organismo vivente della «classe» è una società in miniatura e cosí «la costruzione di una classe può essere vista come una prefigurazione, una promessa, un’immagine della società che vogliamo costruire, competitiva, discriminatoria, violenta oppure cooperativa, ugualitaria, amichevole». Ciò che in fondo la scuola richiede è di pensarsi in modo utopico, come qualcosa cui si lavora incessantemente ben sapendo che la perfezione è irraggiungibile. Solo allora vale la pena di essere severi. E, quando occorre, eretici.
NOTA 1. –PAVEL FLORENSKIJ
Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte costituzionale, è professore emerito dell’Università di Torino; insegna anche all’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. È membro dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia nazionale dei Lincei.
Tra le sue più recenti pubblicazioni: Principi e voti (Einaudi 2005); Imparare democrazia (Einaudi 2007); La legge e la sua giustizia (Il Mulino 2009); La leggenda del Grande Inquisitore (a cura di G. Caramore, Morcelliana 2009); Intorno alla legge. Il diritto come dimensione del vivere comune (Einaudi 2009); Il grande inquisitore. Il segreto del potere (Editoriale Scientifica 2009); Sulla lingua del tempo presente (Einaudi 2010); L’esercizio della democrazia (con Giorgio Napolitano, Codice 2010); La difficile democrazia (Firenze University Press 2010); Giuda. Il tradimento fedele (a cura di G. Caramore, Einaudi 2011); Fondata sulla cultura. Arte, scienza e Costituzione (Einaudi 2014), Senza adulti (Einaudi, 2016), Il legno storto della giustizia (Garzanti 2017, con Gherardo Colombo), Giustizia costituzionale. Vol. 1: Storia, principi, interpretazioni (Il Mulino 2018, con Valeria Marcenò), Diritto allo specchio (Einaudi 2018), Giustizia costituzionale. Vol. 2 (Il Mulino 2018, con Valeria Marcenò) e Mai più senza maestri (Il Mulino, 2019).
LIBRI DI IL MULINO
Il nostro è il tempo grigio del nichilismo, non quello colorato della politica. Paralisi della rappresentanza, congelamento della competizione politica, perdita di significanza delle promesse e dei programmi elettorali, condivisione e larghi incontri, predominio del governo nella sua versione tecnica ed esecutiva di volontà altrui e sovrastanti: tutto ciò è quanto può riassumersi nell’espressione, ormai d’uso corrente, di ‘post-democrazia’, parola che può assumersi nel significato di ‘divieto di discorso sui fini’.
DA :
IL FATTO QUOTIDIANO – 14 MARZO 2023 –
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/03/14/calvino/7095760/
Quel paesaggio, la Liguria ponentina, sarebbe stata la materia viva dei romanzi di Guido Hess Seborga, Elio Lanteri, Francesco Biamonti, Nico Orengo, Marino Magliani.
Ma a raccontarla per primo, attraverso il suo partigianato nella brigata Garibaldi “Felice Cascione” col nome di battaglia di “Santiago”, fu Calvino. Non il Ponente turistico, ma colto tra le fasce “di vigna e d’oliveto”, le “mulattiere sopra i dossi gerbidi”, i “boschi di pini, poi i castagni”, i sentieri dei passeur.
Ora è al centro del libro di Daniela Cassini e Sarah Clarke Loiacono, in uscita con Fusta Editore, che s’intitola Italo Calvino, il partigiano Santiago.
Il saggio ricostruisce a più voci, e varie testimonianze, oltre agli articoli resistenziali di Italo e di alcuni inediti, l’impegno antifascista dello scrittore nato, appunto, a Santiago di Cuba da famiglia sanremese.
“A cento anni dalla nascita dello scrittore”, spiegano Cassini e Clarke Loiacono, “disegniamo una trama intorno a quella esperienza vitale della Resistenza che si svolse nei suoi boschi e nel suo paesaggio e che poi lo accompagnerà per sempre, come dimostrano tutte le sue opere. Vogliamo parlare con le sue parole perfette, la sua capacità di cogliere il reale e la visione insieme, nella ricerca costante del senso ‘di ciò che appare e scompare’.
Scrittore etico, intellettuale ‘politico’, militante del dubbio e della continua proiezione verso un cambiamento possibile. Sperimentatore, innovatore, anticipatore, Calvino inizia il suo viaggio di uomo e di scrittore dalla narrazione non agiografica di quella ‘epopea dell’esercito scalzo’ che lo àncora all’appartenenza a ideali e valori della Resistenza”.
Le autrici propongono poi un’appendice di carte inedite.
Sono i documenti calviniani – racconti autografi e copie dattiloscritte, lettere di amici, ecc. – conservati dalla poetessa e partigiana Lina Meiffret (alla quale Cassini e Clarke Loiacono hanno già dedicato un libro), e adesso nell’Archivio Giacometti-Loiacono.
Tra questi c’è “un racconto mutilo, senza firma dell’autore, dal titolo Visita medica, che si può attribuire con una certa dose di azzardo a Italo Calvino per alcune sue caratteristiche (non in ultimo, il fatto che era stato conservato da Lina Meiffret nel medesimo fascicolo in cui vi erano gli altri tre racconti)”.
Visita medica, mai pubblicato finora, ha come protagonisti un imboscato, un soldato reduce dal fronte e una ragazza incinta. Lo scenario descritto dal soldato che narra è quello delle ultime fasi della seconda guerra mondiale: “Avevo attraversato il quartiere più sconvolto dalle bombe. La Casa del Fascio era rimasta in piedi e ammiccava alle rovine con le sue strette pupille vuote, ma è sempre prepotente sguaiata nella sua sagoma larga, d’un rossiccio pacchiano. Ricordai Nino che era stato in galera e che se passava di lì scrutava con rabbia e si toccava in basso… Ero uscito per cercare una donna e già me ne era passata la voglia. Ne avevo distinta una, prostituta di fame, dalle gambe aperte e sconquassate, grande come tutta la miseria e la presunzione della mia gente, meschina e compassionevole”.
Nell’archivio Giacometti-Loiacono sono depositati, tra gli altri materiali, “un racconto autografo di Italo Calvino, con firma in calce, unico esemplare conservato (non se ne conoscono copie, dal titolo Radura, che poi sarà conosciuto come Andato al comando (1946).
Questo racconto resistenziale è stato studiato e pubblicato (ma non sono state edite, però, le tavole del documento) nella rivista Per Leggere in un articolo di Francesca Latini”.
Segue “un racconto autobiografico di Calvino, copia dattiloscritta non pubblicata nella rivista di cui sopra, con firma in calce dell’autore, dal titolo Angoscia in caserma (1945), e un racconto autobiografico di Calvino, copia dattiloscritta non pubblicata nella rivista, con firma in calce dello scrittore, dal titolo La stessa cosa del sangue (1945)”.
STEFANIA MAURIZI
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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 14 MARZO 2023
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PER LA VERITÀ RISCHIÒ IL CARCERE E LA VITA – L’eroe che con i Pentagon Papers fece conoscere agli Usa la palude del Vietnam ha un cancro al pancreas. La sua vita ha ispirato Snowden e Assange
“Quando fotocopiai i Pentagon Papers nel 1969, avevo tutti i motivi di credere che avrei passato il resto della mia vita dietro le sbarre”, potevo leggere nella sua email, in cui raccontava di non provare alcun dolore fisico, in questa fase, e di avere una grande energia per fare interviste, dopo che il suo cardiologo gli aveva ormai concesso di abbandonare la dieta priva di sale. “Ho scoperto che io vivo meglio quando ho una scadenza!”, continuava. Non riuscivo ad andare avanti nella lettura… le lacrime mi sgorgavano dagli occhi in modo incontrollabile e il flusso dei pensieri mi riportava indietro nel tempo.
1971. La guerra in Vietnam. Tre milioni di morti. I civili vietnamiti bruciati vivi dal napalm. 58.200 ragazzi americani uccisi. Un grande movimento contro la guerra, che infiammava piazze e università, perché allora, negli Stati Uniti, c’era la leva obbligatoria: la guerra entrava in ogni casa e falciava figli e fratelli. Fu in quell’anno che Daniel Ellsberg fece un gesto di straordinario coraggio.
Consegnò alla stampa americana i Pentagon Papers, un report di settemila pagine top secret sul conflitto in Vietnam, che rivelavano come il governo americano mandasse a morire decine di migliaia di ragazzi, pur sapendo che la guerra non aveva alcuna speranza di essere vinta. Ellsberg era un analista militare e lavorava per un think tank che si occupava di conflitti convenzionali e nucleari: la RAND Corporation. Aveva contribuito a scrivere quel report, custodito in cassaforte. A partire dal 1969, fotocopiò di nascosto le settemila pagine una per una, a notte fonda, con una fotocopiatrice di quegli anni, e le passò al New York Times e al Washington Post.
Pubblicarle richiese una battaglia legale entrata nella leggenda del giornalismo. Il presidente americano Richard Nixon piombò nella paranoia, il suo consigliere per la Sicurezza Nazionale, Henry Kissinger, confidò al suo staff che Ellsberg era “l’uomo più pericoloso d’America, che va fermato a ogni costo”.
Ellsberg fu incriminato con l’Espionage Act, una brutale legge del 1917: rischiava 115 anni di prigione per aver rivelato quei documenti top secret. Si salvò solo perché, nel tentativo di annientarlo, l’amministrazione Nixon commise un crimine dietro l’altro: pianificò di ammazzarlo, lo intercettò illegalmente, violò lo studio del suo psicanalista alla ricerca di segreti compromettenti. E gli uomini di Nixon non si fermarono lì: violarono anche la sede dei Democratici a Washington DC, innescando lo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni del presidente, nel 1974. La guerra in Vietnam finì nove mesi dopo.
Ellsberg ne uscì con la testa attaccata al collo e senza finire in galera, ma gli Stati Uniti dovettero aspettare trentanove anni prima che un’altra analista dell’intelligence, Chelsea Manning, rivelasse centinaia di migliaia di documenti segreti del governo americano sugli orrori delle guerre in Afghanistan, in Iraq e della war on terror, pubblicati da Julian Assange e dai giornalisti di WikiLeaks nel 2010.
Ellsberg aveva subito detto di sentire un’affinità di spirito con Assange e Manning. E da allora, non ha mai fatto mancare il suo appoggio a Julian Assange e WikiLeaks. È sempre stato la loro roccia.
Arrivare alla soglia di 92 anni eccezionalmente lucidi e attivi, come Daniel Ellsberg, è una benedizione, e la morte può sembrare un fatto naturale, eppure la sua email mi fa un’impressione che non riesco a superare. La gioia di un’esistenza straordinaria, la serenità con cui affronta la morte, l’ironia, ma anche la missione di una vita: combattere la guerra, soprattutto quella nucleare, di cui Ellsberg conosce gli orrori segreti, a causa del suo lavoro top secret per la RAND.
“Ho potuto dedicare questi ultimi cinquanta anni a fare tutto quello che potevo immaginare per allertare il mondo sui pericoli della guerra nucleare e degli interventi militari sbagliati”, scrive nel suo messaggio, “ho fatto lobbying, conferenze, ho scritto articoli e libri e mi sono unito ad altre persone per protestare e per fare azioni di resistenza non violenta. Vorrei potervi raccontare che i nostri sforzi avessero avuto un successo maggiore. Mentre scrivo, la ‘modernizzazione’ delle armi nucleari è in corso in tutti i nove stati che le possiedono (soprattutto negli Stati Uniti). La Russia sta facendo minacce mostruose di iniziare una guerra nucleare per mantenere il suo controllo sulla Crimea e sul Donbass, esattamente come le decine di minacce, ugualmente illegittime, che il governo americano ha fatto, in passato, di usare per primo le armi nucleari al fine di mantenere la sua presenza militare in Corea del Sud, Taiwan, Vietnam del sud, e (con la complicità di ogni stato allora nella Nato) a Berlino Est. Il rischio attuale di guerra nucleare, sull’Ucraina, è il più grande che il mondo abbia mai visto”.
Arrivata alla fine del suo messaggio, cerco di distogliere la mia attenzione dalla sua persona, per concentrarlo sull’America che lui rappresenta. Un’America che ammiro: quella di chi denuncia i crimini del suo governo e lotta per un mondo più umano, rischiando la vita e la libertà.
Ma cinquant’anni dopo i Pentagon Papers, gli Stati Uniti non hanno più un movimento di massa contro la guerra, i grandi whistleblower sono tutti perseguitati – Manning, otto anni in prigione e tre tentativi di suicidio, Snowden, costretto a vivere in esilio – e i giornalisti rischiano il carcere a vita per aver rivelato crimini di guerra, come Julian Assange, incriminato con l’Espionage Act, proprio come Ellsberg.
Piango per Daniel Ellsberg e per la sua America che sta morendo.
MATCH è una trasmissione di Alberto Arbasino condotto su Rai Due tra il 1976 e il 1977.
“Sei un buon regista che si è fatto una grande pubblicità. Sei stato il press agent più straordinario che ci sia da quarant’anni ad oggi. Il tuo film è grazioso, ma ti assicuro che è molto meno di quello che tu creda”. Queste le lapidarie parole che Monicelli rivolge a Nanni Moretti
1976 — CLIP DI ” IO SONO UN AUTARCHICO ” DI NANNI MORETTI