[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2011/12/Elsa-Léo-Ferré.mp3|titles=Elsa Léo Ferré]
16-12-11
Una quasi 70 e una quasi 80, abbracciate sul pianerottolo mentre si salutano dopo aver conversato ore nella piccola saletta. La più vecchia, e più giovanile, dice all’altra, sottovoce, tenendola abbracciata: “Noi non possiamo morire presto perché abbiamo ancora tante cose da dirci…” Diletta Luna a Chiara.
Ti guardo, una storia, la nostra, che si origina nel ’63: una giostra a velocità inaudibile che impedisce di trattenere un minuto il paesaggio; e il cuore. Ti ritrovi a saltare l’ostacolo per il quale sai di non avere strumenti sufficienti, e intanto salti e cerchi di fartele-queste benedette capacità- mentre salti. Dovresti essere un’acrobata, non un elefante come sono io. Sono passati tutti questi anni e sto ancora saltando, in genere, adesso, ostacoli che vedi solo tu. Ho imparato tante cose – costretti si va veloci – ma il divario di partenza mi si ripropone ogni volta, “inadeguata” ogni volta anche perché mentre imparo, anche tu impari. E sapevi già così tanto in partenza. Come nasce la solidarietà in una gara (già una vita trasformata in gara!) in cui tu hai sempre bisogno di vincere – stravincere – con tutti i mezzi? Infatti la solidarietà tra noi non c’è mai stata. Come remare una barca per farla andare avanti, sei i due rematori, o uno di essi – anche a turno… arrivo ad ammetterlo
foto di Nemo rimaneggiata da Chiara
come possibilità -rema contro?
Anche oggi, le undici del ventisei dicembre, ti guardo come tante altre volte mentre lavori al tuo tavolo; penso: “Siamo arrivati alla vecchiaia che, senza gravi malattie e lutti, è ancora soave. Molto più lenti, questo sì. I figli ci dicono che invecchiamo a rotta di collo, ma forse esagerano. Ho desiderato lasciarti dopo otto mesi che eravamo insieme; ormai so che non ti lascerò più: ho pena (pietas) di noi due, l’età, le debolezze nuove che si mostrano… le lotte che si ripetono, di fondo, sempre le stesse, il dolore è antico, ma, senti, non lo vedrai, oggi ho “quasi” imparato a stare zitta e soprattutto a prenderti ridendo – perché invece di farmi pauracome in passato oggi vedo che sei buffo, e – perdonami – un po’ “abelinau”. Non è sempre così semplice, a volte ricado nel vecchio sguardo, è ovvio. Ma più spesso mi metto davanti a te come alla mia foca bianca e rossa che gira gira, poi ondeggia e infine cade. Fa sempre così. Tutto sempre uguale. Prevedibile. E così deve essere: la realtà è realtà, bisogna chinare la testa, mi sono “quasi” convinta. Mi sono convinta-ma solo riguardo a te- di quello che mi hai sempre detto: “Se intervieni, se non lasci che le cose si aggiustino da sole, o non fai niente o fai peggio.” Mi fermo qui. Ma, più di tutto, devo dirti, e subito, che “nonostante tutto” (“distingui il ciò nonostante dal nonostante tutto”, dice Kafka in una lettera a Milena) voglio conoscere la nostra storia fino alla fine. So che mi riserverà delle sorprese.
Chiara al marito.
Non avrò più il tempo di conoscervi, non avremo tanti anni, le persone sono insondabili anche dopo tanto tempo. Voi due mi siete cari perché mi obbligate all’umiltà, quella vera che ti pettina contro pelo, ma ti apre la testa agli universi non tuoi. Pur gentili che siete, arriva dalla vostra presenza come un ordine. Ed io obbedisco subito.
Mi piace pensarmi ferma sulla soglia della vostra casa, avete lasciato la porta aperta, lasciandomi osservare tranquilla. Mi piace pensarmi ferma sulla soglia in attesa, forse arriverà un invito ad entrare…forse no. Ma qui sto bene, ho tanto da osservare tutte cose che non conosco…e che mi destano meraviglia.
Non ricordo più un tempo lontanissimo in cui vi ho già guardato attentamente… saprei parecchie cose di voi…ma non voglio. Mi tengo in mano una gomma per cancellare i fatti e i giudizi di allora….mi darebbero fastidio mentre guardo il nuovo che sorge da voi quasi ogni volta che vi incontro. Preferisco guardarvi “all’alba del sole” mentre ci scrolliamo di dosso la rugiada, tutti e tre ri-nati stamattina con bellissime corolle. Non ho ipotesi, non ho desideri, non chiedo:”questo solo posso dirvi”… Amo appassionatamente poter osservare tranquilla. E succede di rado.
Questa possibilità di sguardo che mi date è un grosso regalo che mi dà molta allegria. “Che è infinito finché dura”, dice il poeta.
Mi rimane un filo bianco di tristezza, un’intima nostalgia “per quello che avrebbe potuto essere”, se la vita non ci avesse separato quando eravamo tanto giovani e inesperti…” Chiara a Diletta Luna e a Nemo.
Questo sguardo “sempre in sospeso”, la scelta dell’insicurezza come metodo di vita, poter cominciare ogni mattina “di nuovo”, con ogni persona, la varietà infinita del reale, l’estrema biodiversità delle persone, ognuno un pezzettino di verità…se non l’avessi appreso, non sarei sopravvissuta. Negli anni, una rabberciata dignità all’esterno, una profonda e “orgogliosa” dignità dentro sempre sentita, mi impedisce – ma solo oggi- di vedere la ricchezza variegata di persone che mi umiliano. La “devozione” all’altro è diventata una scelta ponderata, e non più quell’entusiasmo alla vita che abbracciava tutti. Ogni tanto, però, questo entusiasmo, questa felicità per la vita, mi scappa di nuovo. E mi vedo tutta piumini gialli abbracciata all’albero di mimosa fiorita da cui non mi distinguo più. Chiara a Chiara
Elsa di Luis Aragon, cantata da Léo Ferré
Suffit-il donc que tu paraisses/De l’air que te fait rattachant/Tes cheveux ce geste touchant/Que je renaisse et reconnaisse/Un monde habité par le chant/Elsa mon amour ma jeunesse
O forte et douce comme un vin/Pareille au soleil des fenêtres/Tu me rends la caresse d’être/Tu me rends la soif et la faim/De vivre encore et de connaître/Notre histoire jusqu’à la fin
C’est miracle que d’être ensemble/Que la lumière sur ta joue/Qu’autour de toi le vent se joue/Toujours si je te vois je tremble/Comme à son premier rendez-vous/Un jeune homme qui me ressemble
Pour la première fois ta bouche/Pour la première fois ta voix/D’une aile à la cime des bois/L’arbre frémit jusqu’à la souche/C’est toujours la première fois/Quand ta robe en passant me touche
Ma vie en vérité commence/Le jour où je t’ai rencontrée/Toi dont les bras ont su barrer/Sa route atroce à ma démence/Et qui m’a montré la contrée/Que la bonté seule ensemence
Tu vins au coeur du désarroi/Pour chasser les mauvaises fièvres/Et j’ai flambé comme un genièvre/A la Noël entre tes doigts/Je suis né vraiment de ta lèvre/Ma vie est à partir de toi.
E’ dunque sufficiente che tu appaia / con quell’ aria che ti dona / il gesto toccante di raccogliere i capelli / che io rinasco e riconosco / un mondo abitato dal canto / Elsa mio amore mia giovinezza / forte e dolce come un vino / simile al sole delle finestre / mi dai la carezza d’ esistere / mi restituisci la sete e la fame / di vivere ancora e di conoscere / la nostra storia fino alla fine / il miracolo d’ essere insieme / della luce sulla tua gota / del vento che gioca intorno a te/ sempre quando ti vedo io tremo / come al suo primo appuntamento / un giovane che mi assomiglia.
Per la prima volta la tua bocca / per la prima volta la tua voce / come per un’ ala sulle cime d’ un bosco / l’ albero rabbrividì fino al tronco/ E’ sempre la prima volta/ quando il tuo vestito passando mi sfiora / la mia vita veramente comincia / Il giorno quando ti ho incontrata/ le tue braccia hanno saputo sbarrare / l’ atroce percorso alla mia follia / E chi mi ha mostrato al contrario / che la bontà sola insemina / tu arrivasti al cuore dello smarrimento / per scacciarvi le maligne febbri / e io ho preso fuoco come un ramo di ginepro / Per Natale tra le tue dita / sono veramente nato dal tuo labbro / la mia vita è iniziata con te.
molto bella la traduzione poetica di Nemo (per gentile concessione dell’autore).
Mi fa piacere che una affermazione ,che per me è normale, tu la consideri una “bella dichiarazione d’amore” Certo sei molto spontanea in quello che scrivi, si vede. Non ricordo, cara Chiara, di aver fatto esattamente quella affermazione, ma certamente la penso così- Una quasi ottantenne, come dici tu, non dice parole a caso su un argomento del genere e se no perchè ti direi così sovente che per me è una cosa bella ed importante parlare con te ? La tua scelta dell’insicurezza come metodo è una cosa che ti rende più facilmente abbordabile . La tua ” rabberciata dignita” degli anni passati non mi piace sentirla e forse ne parleremo perchè mi dovrai spiegare il perchè di….tanto . Io sento che ho sempre parecchio da imparare da te ( forse sono una ottantenne ancora immatura ! ).
EVVIVA L’IMMATURITA’! UNICA CONDIZIONE CHE ABBIAMO PER MANTENERE IL NOSTRO CERVELLO GIOVANE CHE LAVORA VERSO UNA META CHE DEFINIREI IRRAGGIUNGIBILE, A MENO CHE UNO FACCIA COINCIDERE LA MATURITà CON IL DISTACCO EMOTIVO ED IL CINISMO. CIAO, MIA DILETTA
Quello che hai scritto è molto bello, molto personale e anche molto comprensibile. Sembra una prosa poetica molto bella perché nasce da sentimenti ed idee che vengono dall’intimo. Do
Ho letto ‘in punta di piedi’ come si guarda dalla soglia il proprio bimbo giocare, senza farsi accorgere, compiaciuti e titubanti a un tempo.