17 novembre 2012 ore 22:29 ASSAPORIAMO APPENA APPENA LE IDEE DI THOMAS KUHN, UN GRANDISSIMO, E CHIEDIAMOCI SE QUELLO CHE DICE, A NOI POVERI TAPINI, NON APPARE ADDIRITTURA OVVIO. NON E’ FORSE COSI’ NELLE TRASFORMAZIONI CHE CI ARRIVANO NELLA NOSTRA VITA quando ci capitano i famosi “tempi interessanti” che un cinese non augurerebbe al suo peggiore nemico? Detto-scommetto-nato dopo “la gloriosa” Rivoluzione culturale…

…la musica la dobbiamo al famoso ingegnere CLAUDIO NUVOLONI

 

DALLA RIVISTA “LE SCIENZE”, traduzione italiana di “Scientific American” / articolo di Giorgio Manzi (insegna paleoantropologia presso il Dipartimento di biologia ambientale dell’Università “La Sapienza” di Roma, dove dirige il Museo di antropologia “Giuseppe Sergi”)

 

Cinquant’anni fa esatti, nell’Encyclopedia of Unified Science della Chicago University Press si pubblica­va un volumetto che, sulla carta, non era destinato ad avere un particolare successo. E così all’inizio ef­fettivamente andò. Tuttavia con il tempo le vendi­te si impennarono, e quel saggio originariamente rivolto ai cultori della materia è diventato un long seller da oltre un milione di co­pie. Non solo: da quelle pagine è scaturito un lessico che si è dif­fuso ben oltre i confini della filosofia della scienza, dal momen­to in cui tutti (o comunque in tanti) ci siamo spesso riempiti la bocca con termini come “paradigma”, “scienza normale”, “rivolu­zione scientifica” e così via. L’autore del sag­gio era Thomas Kuhn, classe 1922 e scompar­so nel 1996, fisico di formazione e storico della scienza per professione. Il libro aveva un tito­lo da pietra miliare – La struttura delle rivo­luzioni scientifiche (1962) – e tale è diventato davvero, mettendosi in competizione con l’em­pirismo logico del Circolo di Vienna o con il ra­zionalismo critico di Karl R. Popper.

 

Thomas Kuhn, 1973, quando insegnava alla Princeton University

 

La proposta era a prima vista semplice. Se­condo Kuhn la storia mostra che il progresso scientifico non procede come una marcia ver­so la verità, ma piuttosto avanza a salti che pos­siamo chiamare «slittamenti di paradigma, do­ve “paradigma” è un sistema coerente di visioni della realtà che, in un certo momento storico, è condiviso dalla comunità scientifica di riferi­mento e tale rimane fino al paradigma successi­vo. Dunque, per fare l’esempio forse più banale, dopo Tolomeo il paradigma è stato che la Ter­ra sia al centro dell’universo, mentre dai tempi di Copernico è stato il Sole a prenderne il posto. Nel tempo la ricerca si muove per lo più su un terreno che potremmo dire pianeggiante, dove si indagano le conseguenze del paradigma con­diviso, in una fase di relativa stasi denominata da Kuhn  “scienza normale”. Fino a quando i conti non tornano più e si attraversa una “fase rivoluzionaria”, con­clusa dall’affermazione di un nuovo paradigma che a sua volta pre­cede la successiva fase di scienza normale.

In questo modo viene introdotta nella storia e nella filosofia delle scienze, anche delle cosiddette scienze più  “dure”, una quo­ta di relativismo storico-culturale. Come dire che la scienza, lungi dall’essere asettica, è invece profondamente condizionata dal cli­ma culturale della sua epoca e dalla circolazione di idee a cui essa stessa partecipa. Questo taglio storicista non è piaciuto a molti, e credo che sia anche per questa ragione che il contributo epistemologico di Thomas Kuhn è stato criticato da più parti e ancora oggi rimane controverso.

Tranquilli. Non è nelle mie corde (né è il mio mestiere) entra­re in questo dibattito, e dunque mi fermo qui. Vorrei piuttosto va­lutare insieme a voi se e in quale misura i contenuti di fondo della proposta di Kubn possano trovare un’applicazione nel campo del­la paleoantropologia. Ovvero se la storia della ricerca sulle nostre origini possa essere letta in termini di rivoluzioni, paradigmi e fasi di scienza normale. Per farlo, questa pagina non è sufficiente, vi­sto che lo spazio a mia disposizione per questo mese è quasi finito.

Dobbiamo dunque darci appuntamento fra trenta giorni, per vedere come l’idea ottocentesca di “anello mancante” possa aver por­tato all’aberrazione della celebre frode di Piltdown, presto smentita dalle prove che si andavano accumulando in Africa a partire dalla scoperta del primo Australopithecus (tutt’altro che un essere uma­no dal grande cervello con la faccia da scimmia) o come, per mezzo secolo, il paradigma della teoria sintetica dell’evoluzione abbia gui­dato i ricercatori a credere nell’esistenza (erronea, pensiamo oggi) di una sola specie umana che, gradualmente, avrebbe evoluto ca­ratteristiche moderne a partire da quelle arcaiche.

A presto, dunque.

PS. non bisogna mai scommettere quando non si sa, ma scommetto lo stesso che Donatella ci saprà dire fosse pure qualche balbettìo su tutte queste cose strane che dice l’autore nel suo campo come Pitdown, Australopithecus…anche se ha passato la vita ad insegnare, vi dirò adesso il vero mestiere di Donatella: “curiosare tutto… goccina per goccina del territorio che esplora come fanno i gatti e tanti altri animali”. Insomma, non è un essere umano ed è bene che qualcuno glielo dica!

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE, PSICOTERAPIA. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *