Come sai, cara DO, detto mille volte, tu sei un campione di “tesori sotterrati”…a partire dal bisogno di uccidere (tutti sanno che vaneggio, non preoccuparti), energia di odio che-ri-indirizzata (ma come? un modo c’è, difficile, difficilissimo, ma c’è) ti darebbe in mano l’energia di una bomba atomica “per costruire le tue bellezze che sono tantissime” e che vedo come un altro vede un oggetto reale. Anche tu lo sai, né bellezza stella?
NOTA DI CHIARA: Questo testo pone un problema che è serio: ci sono delle crisi “utili”, che ti fanno andare in avanti fuori dal marasma della malattia o sono tutte distruttive come ripetutamente ho vissuto io tante volte? A mio parere, una crisi non fa polvere di tutti i tuoi tentativi di uscirne, solo a certe condizioni esterne-interne. Ne parlo in tutto il libro. E’ la stessa domanda di chi si chiede: “il delirio è solo malattia da combattere? O se ne vede un’utilità?” Se mai si potesse dire in poche parole: nel delirio salta il tappo di una te stessa che hai ingoiato (censurato e nascosto) perché “ammetterla alla coscienza e farla vivente nella pratica”, ti avrebbe posto in guerra con quello che già eri tu, il tuo habitat, e i tuoi schemi mentali attraverso cui leggi la realtà. Questo processo (“rimozione”…che, attenzione, difficilmente ti lascia tranquillo, come la pentola a pressione un po’ – o molto- disagio/gas, anche angoscia, a seconda dei casi- lascia sempre uscire) è una difesa sana del nostro “io” per mantenerci in equilibrio. Ma dipendendo da mille circostanze, quello che ti ingoi o reprimi, può anche essere “il tuo io più vero”, quello che ti farebbe sentire “un vivente vero” (io non ho parole adeguate), con la possibilità di mettere a frutto le tue più vere potenzialità, insomma potresti sentirti “pienamente te stesso che vive”, sensazione, a me pare la più profonda, per sentire, non solo superficialmente, che “vale la pena di vivere”. Cosa che non è affatto detto, anche se una forza ci attacca alla vita spasmodicamente. Non vale per tutti. Alcuni questo attaccamento sembrano non sentirlo: per questo possono suicidarsi. Non parlo solo di persone che si tolgono la vita perché malate.
7. 2
Oggi
che sono passati tanti anni da allora
dall’ultima crisi del lontano ’94
lontano
anche se il ricordo è vivo come fosse oggi
guardando i campi bruciare
vivi tanto dolore
ma
quella volta
solo quella volta
alla fine di tutto
del delirio
e
delle allucinazioni
quando tutto il dolore era quasi passato
ti sei accorta
per la prima volta
in una crisi
che in quella larga distesa di campagna
che guardavi dalla collina vicina
e che tanto pericolo ti ha fatto tremare nelle vene
non eri tu a bruciare
né tu a bruciare legami
ma solo dei contadini
che bruciavano le loro stoppie:
per cui “niente di buono” è stato distrutto
come temevi tu
ma anzi del nuovo si è costruito
una nuova immagine
di sé
una nuova identità
una personalità che aveva bisogno di due porte
come la casa del sogno durante l’ultimo delirio
due porte come la casa che mi stavo costruendo
io che ho un occhio che guarda ad ovest
e l’altro che guarda ad est
(è una metafora!)
con una parte sana e una malata tutte e due risanate allo stesso tempo
tutte e due ugualmente importanti
che tendenzialmente guarderebbero da parti opposte
un occhio che guarda ai signori,
che tanto signori non erano i miei genitori,
e l’altro alle colf che mi hanno fatto da mamma
un occhio che ha sempre guardato alla strada come luogo di libertà e trasformazione
e l’altro solo oggi alla casa come luogo di intimità e riserbo.
(Tutte cose che spiegherò per bene verso la fine del presente romanzo perché avvengono dopo la conclusione dell’ultima crisi).
AMMESSO CI SIA AL MONDO QUALCUNO CHE VOGLIA CAPIRE QUELLO CHE DICO, MAGARI CONOSCE O HA VICINO UN MALATO DI MENTE, O PER APPRENDIMENTO-ESISTE- AGGIUNGO IL BRANO SEGUENTE—-LUNGO LINGHISSIMO, LO SO, MA MIEI BEI RAGAZZI, LO SAPETE BENE, LE MALATTIE SONO LUNGHE E LE TERAPIE ANCORA MOLTO DI PIU’: MA PER TUTTI C’E’ LA LIBERTA’ DI ASCOLTARE E DI NON ASCOLATRE UN RACCONTO, CHE E’ LA PIU’ BELLA COSA CHE CI E’ STATA DATA.
7. 3
Allora così è stata la mia ultima crisi di mania:
niente distrutto
ma
quei “no” ricevuti così stabilmente dal Professore
costantemente
rigorosamente
insieme ai “si” naturalmente
lo ripeto perché non si equivochi
quel mondo esterno già ben costruito negli anni della terapia
dieci
avevano bisogno di
una rin-saldatura
a fuoco
difficile da dare
ma ci siamo riusciti
il terapeuta ed io
lui
che
delirava
con me
senza essere matto
noi
e l’energia
inesauribile
del delirio
con le sue temperature
da alto forno
e la sua energia pura
da champagne
di grande marca.
Quest’episodio dell’ultima crisi
l’ho voluto inserire
per mostrare
che
non sempre
seguire la linea retta
ti porta a casa:
sia per la salute che per l’apprendimento.
E non solo:
che la linea storta
o contorta
o strabica
e poco consigliabile
perché poco di buon senso
poco quadrata
perché poco 2+2
sempre uguale quattro
può
significare
anche
costeggiare un abisso
col rischio di caderci dentro
ma può significare
anche
guadagnarti
un’identità
definitiva (e provvisoria)
di sanità possibile
per te
Chiara
e non
per
Chirina o Chiaretta ecc.
Un’identità
che avevi sempre intravisto
nelle varie crisi
e anche agguantato
nella terapia
ma mai
come ora
nel calore dell’alto forno
e nel fresco dello champagne
nel delirio a due
ossia
in termini più chiari:
così bene
per il collo
come si agguanta un pollastro
su cui hai un’ideina o due.
PS. È solo una metafora, nessuno toccherà il pollo!
Io ho finito di imparare la terapia attraverso una crisi
che
per la prima volta
è stata positiva
ripeto
“per la prima volta”
e so bene
perché
ripeto:
Ero
alla quarta
crisi.
E’ stato
così
perché
per la prima volta
avevo gli strumenti
psichici o mentali per affrontarla.
E’ una vecchia discussione.
In base alla mia esperienza di paziente
non tutte le crisi sono favorevoli
come tutto nella vita
del resto.
Se affronti un’esperienza di lavoro
per esempio
senza avere i minimi strumenti
non apprendi
e stai molto peggio di prima.
E così è
un’esperienza d’amore.
E’ vero che
l’esperienza
si fa
facendo-
la
ma qualcosa in mano
devi avere
per non sfracellarti per strada:
i bambini si tengono a casa con i genitori
e si danno loro degli strumenti.
Nessuno
li butta per strada
per fare esperienza
almeno, quando disgraziatamente si fa,
non
si
fa
per
quello.
“A tutto c’è un tempo”.
E’ molto bello e comprensibile, accessibile. Mi piace quel dire che non tutte le crisi sono positive, ma che bisogna avere gli strumenti per maneggiarle o, almeno, per non uscirne con le ossa tutte rotte. Credo che, facendo un salto, si potrebbe dire lo stesso della crisi politica, sociale, etica, economica, che stiamo attraversando. Se complessivamente come popolo non abbiamo gli strumenti giusti, usciranno altri mostri ( un po’ ne abbiamo esperienza, basta pensare al dopo-tangentopoli), che ci diranno il fatidico “Ghe pensi mi”. Dalla crisi bisogna uscirne facendo ragionare il cervello, la memoria soprattutto. E poi smettiamola di continuare a dire : seconda rapubblica, terza repubblica. Ma quando mai, se non abbiamo neppure attuata la prima!