chiara: se qualcuno di voi si interessa alla storia economica di un paese con attenzione speciale anche ai partiti politici, quindi anche alle istituzioni, ho letto con estremo interesse di Paul Krugman, La coscienza di un liberal, uscito nel 2007 in inglese e nel 2008 da Laterza. Vuole essere un esame di cosa è successo in questi ultimi trentanni che ha portato ad una crisi così grave; di particolare interesse la formazione di una destra ultraconservatrice, cap. 6 pag 97. Il primo capitolo è una specie di autobiografia politica. Tanti di noi hanno paura dell’economia in quanto quando ci hanno provato non hanno capito niente: questo libro si capisce perché è un libro di storia (così ricorda ch.–se si sbaglia le potete tagliare la testa!)
Previsione shock di Krugman: in arrivo una crisi senza precedenti
Ultimo aggiornamento 11 settembre 2013 , ore 11:11Secondo l’economista keynesiano l’eccessivo ottimismo avrebbe spostato flussi immensi nelle aziende private. Dure critiche alle liberalizzazioni degli anni Ottanta e Novanta
Torna sulla crisi economica globale Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia, noto economista keynesiano e autore di editoriali sul New York Times. Lo fa, attaccando tre noti personaggi dell’economia e della politica americana degli ultimi trenta anni, a suo dire, responsabili della crisi attuale dell’Occidente e di quella “senza precedenti” in arrivo. Si tratta dell’ex governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan (1986-2004), del segretario al Tesoro dell’era Clinton, Robert Rubin (1995-1999) e del successore di quest’ultimo, Lawrence Summers (1999-2001). Summers è anche considerato uno tra i più papabili a succedere a Ben Bernanke alla carica di governatore della Fed, anche se l’ala liberal dei democratici al Congresso spingerebbe per l’attuale vice-governatore Janet Yellen.
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Secondo Krugman, le liberalizzazioni degli anni Ottanta e Novanta e l’intensificazione dell’interscambio commerciale, specie con il terzo mondo, sono state la risposta dei governi di allora alla crisi, ma hanno comportato la rimozione di quelle barriere di controllo, che oggi avrebbero creato banche impossibilitate a fallire. Infatti, gli istituti sono sovradimensionati, ma anche sotto-capitalizzati, perché spesso non avrebbero le risorse necessarie (patrimonio netto+riserve) per coprire le perdite.
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Al contempo, Krugman spiega che la crisi greca viene oggi paragonata a quella dell’Indonesia del 1990, ma sostiene che vi siano differenze vistose. Anzitutto, l’Indonesia era allora dotata di una moneta propria, che ha potuto fare svalutare sul mercato, risollevando le esportazioni. Cosa che i greci non possono fare, avendo adottato l’euro. In più, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale non avrebbero calcato la mano con le politiche di austerità, come starebbero, invece, facendo oggi con Atene.
Quanto a una nuova temibile crisi in Indonesia (la cui rupia è nel mirino del mercati, da qualche mese), Krugman ritiene che sia inferiore l’impatto sul resto del mondo, grazie all’attrazione degli investimenti che il paese si è garantito in questi anni, essendo oggi così meno esposto al debito estero.
Al contrario, il Premio Nobel si chiede se non sia arrivato il momento di parlare di una crisi cinese e indiana. Il riferimento è al forte deprezzamento della rupia indiana di questi ultimi mesi, avendo perso la valuta di Nuova Delhi il 20% in un anno (L’India rischia una nuova crisi finanziaria. La Rupia tiene con il fiato sospeso i mercati).
Lo yuan cinese non è soggetto alla libera fluttuazione dei mercati, essendo il cambio fisso, tuttavia, Pechino mostra qualche segnale di scricchiolio della sua economia con la questione del sistema bancario ombra (“shadow banking”), alla base di una impennata dell’indebitamento privato e, in parte, anche pubblico (enti locali).
di Giuseppe Timpone
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