24 ottobre 2013 ore 08:58 “A quelle mamme-papà che annaspano dietro figli “adolescenti” (fino a 35-40 anni, dati Istat) —questa ruspante salitina del mio entroterra ligure (“omettermi, con “attenzione”, senza desideri né memoria)—né gerani né ulivo e basilico —dopo oltre quindici anni, sembra dare dei buoni frutti—soprattutto se in questo tempo vi disciplinate ad abbassare le vostre aspettative…!”—un vecchio testo di chiara che vi ripropongo

Quando mi ero, più o meno, composta, in un dialogo con l’essere di Mario, di Donatella, di Marina, di mia sorella e mio cognato, è arrivata la violenza dello scontro con mia figlia adolescente.

 

La sua diversità mi si imponeva con odio e mi obbligava a retrocedere.

 

Ero sbagliata dalla testa ai piedi, tutto quello che ero suscitava opposizione e rivolta.

 

Per due anni ho subito un vero e proprio lavaggio del cervello, ormai nella cucina di mia nonna non rimaneva neanche la stufa, altro che anelli…

 

Mi sembrava di essere diventata sottile come un foglio di carta che si poteva stampare su una parete.

 

Il figlio di un’amica molto amata era morto nella galleria della metropolitana in circostanze non verificabili.

Aveva l’età di mia figlia.

 

Sapevo che da tempo non stava bene, che era in delirio, e questo mi aveva portato ad una identificazione con lui che mi faceva rivivere i suoi ultimi momenti.

 

Questa esperienza mi aveva reso tremula davanti al mondo adolescente, attenta ad omettermi, a sospendere ogni giudizio, bisognosa solo di osservare, anche un po’ da distante, in attesa che il tempo mi permettesse di comprendere.

 

Ricordavo mia mamma che, negli ultimi anni, aveva sofferto di non poter più capire il mondo in cui viveva.

 

Ma, per me, si trattava di una vivenza in casa e con la persona che amavo  più al mondo.

 

La mia sofferenza era uno strazio, non potrei usare un’altra parola.

 

Mi sembrava di non avere più un io né una coscienza morale, una persona senza spessore, senza più un passato utile.

Vivevo come sospesa, senza più terreno.

 

Mi rifugiavo in quell’area comune che avevo costruito con mio marito, adesso eravamo “io e te, tu e me”, come con mia mamma.

 

Anche lui era in crisi, ma non viveva le situazioni con quella radicalità che mi caratterizzava.

Il suo senso di identità era molto forte e lo proteggeva.

 

Questo periodo lo sto ancora vivendo e non so quando né come finirà.

 

Sono aperta a ogni accadere, senza più desideri né ricordi che mi guidino.

 

Se dovessi riassumere il mio stato d’animo, direi che sono “ attenta”.

Amorevolmente attenta.

 

Ci vuole molta energia per fermarsi in questo stato di mente, anche se dall’esterno possiamo apparire addirittura passivi.

 

Potevo sopportarlo perché ora che esistevo così, in punta di piedi, per così dire, mia figlia mi voleva bene.

 

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