28 MARZO 2014 ORE 07:10 PERCORSI FEMMINILI IN AZIENDA – DAL BLOG “DONNE SENZA GUSCIO” —OLTRE IL TEMA SPECIFICO, SI PRESENTA UN MODO DI ESSERE DONNA IN CUI DA TEMPO MI RICONOSCO NON SOLO IN RAPPORTI COLLETTIVI, MA ANCHE PERSONALI. “IO CRESCO SE FACCIO CRESCERE ANCHE GLI ALTRI”—E VOI? UN MODELLO, A MIO PARERE, CHE AL DI LA’ DI UN “FEMMINISMO” A ME ACCETTABILE / ESSENDO, INOLTRE, ANCHE UN MODO DI ESSERE CONDIVISIBILE DA UN UOMO /// E’ IN REALTA’ UNA PROPOSTA DI “RELAZIONE UMANA” CHE ATTACCA I VALORI SU CUI POGGIA IL CAPITALISMO DALLA SUA ORIGINE (SETTECENTO) ///E, QUINDI, ATTACCA IL CAPITALISMO NELLA SUA ANIMA PIU’ PROFONDA—CIAO, BUON GIORNO DI VENERDI’, MIEI BEI RAGAZZI—PERCHE’ “DOMANI E’ SABATO”! CHIARA

 

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una donna senza guscio la vedo così: si chiama Marina, è russa o vicino, la vedo lavorare tutte le mattine al bar, dove andiamo al caffè, in corso Garibaldi (“le mille voglie”)—Lei sul lavoro e’ proprio così come descritto nell’articolo che segue—-mariobardelli, COMPUTERART

 

DONNE SENZA GUSCIO

PERCORSI FEMMINILI IN AZIENDA

 

 

“Il vero nocciolo è piuttosto l’identità lavorativa di ogni donna. Limitandosi a soluzioni organizzative, si affronta il problema complesso della cura con la modalità più semplice: consentiamo alle donne di stare più tempo a casa, a discapito dell’identità di lavoratrice. Ma chi ha vissuto il distacco dal proprio ambiente di lavoro a seguito della nascita di un figlio, sa che è un’esperienza dura, malgrado le gratificazioni di essere madre. In realtà non si ha la possibilità di scegliere veramente, di scegliere tutt’e due queste parti di sé. Penso che le donne vadano sostenute soprattutto nella fase delicata del rientro da una maternità, perché credo sia importante che ognuna possa scegliere e dare valore a quello che sta facendo. Tutto questo si può fare solo con la consapevolezza delle donne, parlando e cercando insieme le soluzioni. Al contrario è inutile.»
«Un’altra direzione su cui ho lavorato è non bloccare lo sviluppo professionale delle donne in seguito alla maternità. In fondo, si può dire che dietro tutte queste direzioni di lavoro il mio criterio è di adattare i ruoli alle donne, e non le donne al ruolo.» (PD)

IL PENSIERO DELL’ESPERIENZA

Si conferma anche in questi terreni un elemento fondaNte nella pratica politica delle donne: partire da sé e non fermarsi solo a sé.Anche le nostre manager parlanti e agenti ribadiscono che la loro personale esperienza è stata e continua a essere fondamentale per capire, per orientarsi.
PG: «Riflettere sul mio percorso non sempre equilibrato, mi ha consentito di non perdere di vista i miei obiettivi personali, che sono solo i miei. Questo percorso èstato difficile, e non si è mai concluso:quando i normali problemi familiari si scontrano con il mio tempo di lavoro, la tentazione di risolverli con la maggiore presenza è tutt’oggi la risposta ovvia, ma non sempre quella giusta.
Così faccio anche con le mie collaboratrici, invitandole a riflettere sui loro desideri. In questi anni di lavoro come responsabile di un gruppo, ho promosso una diversa identità sul lavoro, probabilmente con varie contraddizioni, che erano le stesse che stavo vivendo personalmente.»
AD è la capa che per concedersi la maternità allena il gruppo al lavoro di squadra.«Come avrei potuto perseguire il mio progetto di avere un figlio proprio nel momento in cui la mie responsabilità professionali andavano crescendo? Finoa quel momento il mio percorso aveva viaggiato per imitazione dei modelli(maschili) che avevo visto agire. E quei manager uomini non avevano mai gestito un’assenza per maternità.
Da chi potevo copiare?»


RICONOSCIMENTO DI SÉ, RICONOSCIMENTO DELL’ALTRA/O

C’è poi il tema della via cooperativa che le donne sembrano prediligere. Aldilà di ogni altra considerazione, è interessante vederne l’intreccio con il riconoscimento di sé, quindi come espressione di forza e non di debolezza (se mi do valore posso darlo anche ad altri/e  questo accresce il mio valore; non serve competere sottraendo agli altri).
Insomma la via della gratitudine piuttosto che quella dell’invidia.«Bisogna provare a valorizzare modelli di leadership diversi. Partiamo dalle donne. Se io donna ho l’opportunità di crescere nell’organizzazione e mi devo riferire a un modello, osservare come si fa il capo, i miei modelli saranno prevalentemente maschili: le donne provano un senso di solitudine e devono confrontarsi solo con modelli maschili che per lo più rifiutano.» (AR)«E ora sto vedendo che succede una cosa.Non so se sono stata fortunata, o se molte donne sono così. Succede che le donne che abbiamo messo in queste posizioni hanno una buona capacità d iusare il loro ruolo di potere nel senso positivo di far accadere le cose, e lo fanno rispettando e valorizzando le persone. Succede anche un’altra cosa. Queste donne adottano una modalità cooperativa invece che competitiva. La valorizzazione delle capacità e responsabilità individuali non è tesa a rafforzare il proprio territorio. È tesa al raggiungimento di un risultato che, se è positivo, viene ascritto a merito di tutti. Questo atteggiamento cooperativo è possibile quando gli altri non si sentono minacciati da chi agisce in modo competitivo. C’è uno spostamento dell’attenzione dall’io al noi. Non è un noi che elimina le individualità, anzi le esalta, ma rispetto a un interesse collettivo.» (PD)

LE VIE DEL SIMBOLICO SONO INFINITE

Ma questi cambiamenti lasceranno traccia? Mai sottovalutare la potenza simbo-lica di gesti semplici.«Se non fanno nomi di donne [nella gestione risorse umane], chiediamo sempre: ma donne non ne conosci? Non ce ne sono? Così si fa educazione, si crea cultura: chiedere in maniera esplicita di pensare a una donna, significa portarli a considerare le donne e vederne le qualità.Dopo avergli fatto queste domande due altre volte finisce che poi ci pensano anche da soli. I pensieri strutturano la realtà, i collegamenti mentali che sono stati attivati poi vengono da soli, diventano presenti nella loro routine.» (PD)«L’importanza di questo approccio per me consiste nel valorizzare il lavoro femminile, puntando anche a incidere sulla cultura aziendale. Portare avanti politi-
che che modificano la cultura dell’agire quotidiano: è il più ambizioso degli obiettivi.» (AR)«Vedo che succede un’altra cosa: quando le donne cominciano a introdurre questi comportamenti, poi si diffondono, anche negli uomini cominciano ad adottarli, hanno meno paura di lasciare comportamenti competitivi. È questo il valore della diversità: che cambia la realtà.» (PD)

POST SCRIPTUM
Forse vi sarete chieste perché queste donne, forti e decise, sono qui presentate in modo da preservare la loro identità. Non certo perché non siano disposte a“metterci la faccia”. Lo stanno facendo in vari luoghi (non le abbiamo incontrate in casa o al bar). Ma perché dosare e scegliere l’esposizione diventa elemento consapevole e condiviso di un cammino che vuole andare lontano, lavorando sulla consapevolezza della propria forza. E sapendo anche che la forza cresce quanto più c’è radicamento in sé e pensiero condiviso. Perché l’impresa è vasta. Come dice Federica Giardini: «Oggi l’impresa non riguarda più la scoperta di sé, bensì la scoperta di sé attraverso il proprio amor mundi
. La voglia di generare».
Insomma un altro modo di cambiare il mondo. Non è da tutti.
[Giordana Masotto]

A CHI PUO’ INTERESSARE, METTO NOTIZIE SULL’ASSOCIAZIONE DA CUI QUESTO ARTICOLO E’ TRATTO E RIPUBBLICATO DALLA RIVISTA   “DONNE VIA DOGANA” MILA
L’associazione
Nasce dal bisogno di riflettere sull’essere donna e manager: un percorso di autorealizzazione importante ma anche problematico.
Una di noi, Luisa Pogliana, ha cominciato con una ricerca, da cui è nato un libro, Donne senza guscio. La partecipazione alla ricerca e il libro hanno suscitato incontri e discussioni.
Segno di come questi temi riguardino un bisogno molto vivo, che tocca oggi molte donne.
A partire da questa esperienza, nella quale ci siamo incontrate, abbiamo sentito il desiderio di continuare la riflessione comune su una realtà che è stata ed è parte della nostra vita.
Abbiamo pensato l’associazione come luogo di incontro tra donne che condividono la realtà -il lavoro di manager- e l’interesse a ragionare sul proprio vissuto.
Vogliamo concentrare l’attenzione sulla specificità del nostro lavoro, su come ricopriamo ruoli direttivi, consapevoli di come, per molti aspetti, ciò di cui abbiamo fatto esperienza riguarda il lavoro di tutte le donne. Consapevoli anche di come non tutti i lavori e le situazioni sono uguali, e che ognuno richiede anche analisi e strumenti specifici.
Nel nostro progetto c’è il pensiero, c’è l’orientamento alle pratiche e agli strumenti, e c’è il desiderio di mettere in circolo ciò che viviamo e e ciò che ci sembra di capire.
Vogliamo sviluppare una riflessione con altre donne, creando di volta in volta scambi costruttivi. Muovendoci in totale libertà e autonomia di pensiero.
Vogliamo dare vita ad un lavoro teso ad una costruzione comune, tra noi e con altre.
Nel tentativo di rendere più agevoli i percorsi delle donne che in azienda si sentono di assumere la responsabilità del governo a tutti i livelli.

 

Luisa Pogliana, Consulente, Presidente dell’associazione
Isbella Covili, Head Hunter
Anna Deambrosis, Direttore Vita e Previdenza di una società assicurativa
Patrizia Di Pietro, Direttore del personale in una multinazionale
Pina Grimaldi, Direttore Organizzazione e Sistemi di un gruppo ospedaliero

Il lbro Donne senza guscio
Ho vissuto la maggior parte della mia vita lavorativa come Direttore di una staff in una grande azienda italiana. Via via che vivevo tutto questo maturava il desiderio di scrivere. Per riflettere sulla mia vita, e per mettere in circolo ciò che di positivo e di difficoltoso si sperimenta nell’essere donna e manager.
Così ho pensato di coinvolgere nella riflessione altre donne, ne è nata una ricerca, e poi un libro.
Trenta donne ‘in carriera’ hanno raccontato come si sono mosse nel mondo del lavoro. Il punto di vista femminile, però, esprime una differenza: non carriera, ma percorso. La realizzazione nel mondo del lavoro è per queste donne parte di un complessivo progetto di vita. Non un progetto schiacciato sul lavoro, tagliando fuori il resto della vita, ma una flessibilità che accoglie le opportunità e le svolte della vita. Il lavoro è prima di tutto realizzazione di sé, la vita è una e la persona è sempre intera. Da queste concezioni emerge un approccio femminile al management.
Ho intitolato il libro( Guerini, 2009) Donne senza guscio. Percorsi femminili in azienda, per indicare un momento di cambiamento in cui la persona è vulnerabile, come il granchio quando abbandona il vecchio guscio e aspetta che cresca quello nuovo, più adatto alla sua crescita. Donne senza guscio, dunque, per vari motivi. Perché entrano in azienda senza la protezione di un’appartenenza consolidata a questo mondo. Perché accettano il rischio implicito nell’abbandonare gusci a loro inadatti, percercare anche nel lavoro, una vita a loro misura.
Il libro, mostrando la realtà della vita quotidiana delle donne manager, porta alla luce la loro diversa concezione del lavoro e della carriera, le barriere occulte e la cultura diffusa che le penalizzano. E la determinazione, l’intelligenza, il piacere con cui superano tutto questo, indicando percorsi praticabili nonostante contesti sfavorevoli.


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