corriere del 18 aprile
CLAUDIO MAGRIS
La morte di Mimmo, una cicatrice sul volto del Paese
COSIMO E CARLA —LA MADRE E IL COMPAGNO—A DESTRA IN FONDO
IL BAMBINO
LA MAMMA CON MIMMO DUE ANNI FA
Un mese fa il delitto di Palagiano (Taranto): uccisi il bimbo di 3 anni, la madre e il compagno della donna. Una strage già dimenticataS
di Claudio MagrisALCUNI DEI DETTE IMPUTATI
Una foto di Domenico Petruzzelli. (mimmo)
La Procura della Repubblica e la Questura di Taranto, il Comando provinciale del Carabinieri e gli altri organi e forze di Pubblica Sicurezza del territorio in cui un mese fa è avvenuto l’immondo e atroce delitto di Palagiano – tre persone assassinate, fra cui un bambino di tre anni cui i criminali, una sottospecie antropoide, hanno sparato in faccia – stanno dedicando tutti i loro sforzi alla ricerca dei bestiali colpevoli, esecutori e mandanti. Poliziotti e carabinieri hanno rinunciato a giorni e ore di ferie per intensificare e accelerare quelle ricerche, divenute un centro dell’interesse e della passione di quella regione, mentre nel resto del Paese, travolti come si è da tanti problemi, sciagure e anche meschinità, ci si bada assai poco, non è più un problema all’ordine del giorno. È forse un altro esempio della spaccatura dell’Italia, delle due Italie e in particolare della distanza fra Nord e Sud del Bel Paese. È ovvio che ogni problema o sciagura vengano affrontati in primo luogo da chi ha competenza e responsabilità nel luogo in cui essi avvengono; anche il terremoto dell’Aquila investe prima i vigili del fuoco abruzzesi piuttosto che quelli sardi, anche se gli aiuti hanno visto unità di intervento provenienti da ogni parte. Ma il terremoto dell’Aquila è una calamità nazionale, non solo abruzzese; egualmente lo scopo che le autorità di Taranto e della zona si prefiggono, la cattura degli insetti velenosi cui si deve quell’atrocità, è un problema nazionale, che dev’essere seguito con tutto l’interesse, la passione, l’amore o l’odio con cui si seguono i grandi eventi – luttuosi, festosi, tragici, efferati, gloriosi, a seconda dei casi – che segnano, come cicatrici, e anzi costituiscono il volto del Paese, di tutti noi.