https://temidistoria.wordpress.com/2014/11/10/benvenuti/
Papa Benedetto XV per la pace
Compiendosi il terzo anno di guerra, di una guerra lunga, logorante, cruenta quante altre mai prima di allora, papa Benedetto XV decise di rivolgere un appello ai capi delle Nazioni coinvolte nel conflitto. In questa nota diplomatica, datata 1° agosto 1917, il Pontefice definisce la guerra “inutile strage”, un’espressione che da sola simboleggerà il conflitto in atto e, generalizzando, tutti gli altri conflitti, in qualsiasi parte del mondo si svolgano.
Lo storico d’ispirazione cattolica Arturo Carlo Jemolo, ricorda: “Quando Benedetto XV parlò – con una espressione di cui la storia doveva dimostrare la perfetta aderenza alla realtà – di inutile strage, quali grida si levarono da tutto l’interventismo contro il pontefice disfattista!… È triste, ma consola la parola di Benedetto XV, che di fronte ad una guerra dove non sono di fronte concezioni universalistiche, né forme di civiltà, ma questioni di frontiera, affronta l’impopolarità e osa parlare di inutile strage” (Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Einaudi, 1948, pp. 568, 600-601 —per chi se la sente –ch. l’ha fatto per un esame—è un libro straordinario, forse unico : si tratta di uno storico serio …” di ispirazione cattolica “, oppure di “ispirazione marxista”—conta se è buon storico o no, non credete?).
Norberto Bobbio, prestigioso esponente della cultura laica, dà un giudizio su Benedetto XV ancora più netto. “Le uniche parole di condanna assoluta della guerra che echeggiarono in Italia – si legge in Profilo ideologico del Novecento, Einaudi, 1986, p. 109 – pur soffocate dal clamore di simili tirtei (1) furono quelle di Benedetto XV che, superando la tradizionale teoria della guerra giusta, la quale aveva permesso in passato di giustificare entrambi i belligeranti, entrambi li condannò, e respingendo la concezione etica della guerra chiamò la guerra qual essa era, e quale si sarebbe ancor più rivelata in tempo di pace, orrenda carneficina, che ormai da un anno disonora l’Europa (28 luglio 1915), e due anni dopo (1° agosto 1917), perseverando, inutile strage”.
(1) da Tirteo, poeta greco —forse —in italiano significa ” poeta cantore di glorie patrie, incitatore di animi…”
LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI CAPI DEI POPOLI BELLIGERANTI*
Fino dagli inizi del Nostro Pontificato, fra gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta sull’ Europa, tre cose sopra le altre Noi ci proponemmo: una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli; uno sforzo continuo di fare a tutti il maggior bene che da Noi si potesse, e ciò con accettazione di persone, senza distinzione di nazionalità o di religione, come Ci detta e la legge universale della carità e il supremo ufficio spirituale a Noi affidato da Cristo; infine la cura assidua, richiesta del pari dalla Nostra missione pacificatrice, di nulla omettere, per quanto era in poter Nostro, che giovasse ad affrettare la fine di questa calamità, inducendo i popoli e i loro Capi a più miti consigli, alle serene deliberazioni della pace, di una « pace giusta e duratura ».
Chi ha seguito l’opera Nostra per tutto il doloroso triennio che ora si chiude, ha potuto riconoscere che come Noi fummo sempre fedeli al proposito di assoluta imparzialità e di beneficenza, così non cessammo dall’esortare e popoli e Governi belligeranti a tornare fratelli, quantunque non sempre sia stato reso pubblico ciò che Noi facemmo a questo nobilissimo intento.
Sul tramontare del primo anno di guerra Noi, rivolgendo ad Essi le più vive esortazioni, indicammo anche la via da seguire per giungere ad una pace stabile e dignitosa per tutti. Purtroppo, l’appello Nostro non fu ascoltato: la guerra proseguì accanita per altri due anni con tutti i suoi orrori: si inasprì e si estese anzi per terra, per mare, e perfino nell’aria; donde sulle città inermi, sui quieti villaggi, sui loro abitatori innocenti scesero la desolazione e la morte. Ed ora nessuno può immaginare quanto si moltiplicherebbero e quanto si aggraverebbero i comuni mali, se altri mesi ancora, o peggio se altri anni si aggiungessero al triennio sanguinoso. Il mondo civile dovrà dunque ridursi a un campo di morte? E l’Europa, così gloriosa e fiorente, correrà, quasi travolta da una follia universale, all’abisso, incontro ad un vero e proprio suicidio?
In sì angoscioso stato di cose, dinanzi a così grave minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, nè per suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l’opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell’umanità e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni. Ma per non contenerci sulle generali, come le circostanze ci suggerirono in passato, vogliamo ora discendere a proposte più concrete e pratiche ed invitare i Governi dei popoli belligeranti ad accordarsi sopra i seguenti punti, che sembrano dover essere i capisaldi di una pace giusta e duratura, lasciando ai medesimi Governanti di precisarli e completarli.
E primieramente, il punto fondamentale deve essere che sottentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell’ordine pubblico nei singoli Stati; e, in sostituzione delle armi, l’istituto dell’arbitrato con la sua alta funzione pacificatrice, secondo e norme da concertare e la sanzione da convenire contro lo Stato che ricusasse o di sottoporre le questioni internazionali all’arbitro o di accettarne la decisione.
Stabilito così l’impero del diritto, si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà e comunanza dei mari: il che, mentre eliminerebbe molteplici cause di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità e di progresso.
Quanto ai danni e spese di guerra, non scorgiamo altro scampo che nella norma generale di una intera e reciproca condonazione, giustificata del resto dai beneficai immensi del disarmo; tanto più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta carneficina unicamente per ragioni di ordine economico. Che se in qualche caso vi si oppongano ragioni particolari, queste si ponderino con giustizia ed equità.
Ma questi accordi pacifici, con gli immensi vantaggi che ne derivano, non sono possibili senza la reciproca restituzione dei territori attualmente occupati. Quindi da parte della Germania evacuazione totale sia del Belgio, con la garanzia della sua piena indipendenza politica, militare ed economica di fronte a qualsiasi Potenza, sia del territorio francese : dalla parte avversaria pari restituzione delle colonie tedesche. Per ciò che riguarda le questioni territoriali, come quelle ad esempio che si agitano fra l’Italia e l’Austria, fra la Germania e la Francia, giova sperare che, di fronte ai vantaggi immensi di una pace duratura con disarmo, le Parti contendenti vorranno esaminarle con spirito conciliante, tenendo conto, nella misura del giusto e del possibile, come abbiamo detto altre volte, delle aspirazioni dei popoli, e coordinando, ove occorra, i propri interessi a quelli comuni del grande consorzio umano.
Lo stesso spirito di equità e di giustizia dovrà dirigere l’esame di tutte le altre questioni territoriali e politiche, nominatamente quelle relative all’assetto dell’Armenia, degli Stati Balcanici e dei paesi formanti parte dell’antico Regno di Polonia, al quale in particolare le sue nobili tradizioni storiche e le sofferenze sopportate, specialmente durante l’attuale guerra, debbono giustamente conciliare le simpatie delle nazioni.
Sono queste le precipue basi sulle quali crediamo debba posare il futuro assetto dei popoli. Esse sono tali da rendere impossibile il ripetersi di simili conflitti e preparano la soluzione della questione economica, così importante per l’avvenire e pel benessere materiale di tutti gli stati belligeranti. Nel presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage. Tutti riconoscono, d’altra parte, che è salvo, nell’uno e nell’altro campo, l’onore delle armi; ascoltate dunque là Nostra preghiera, accogliete l’invito paterno che vi rivolgiamo in nome del Redentore divino, Principe della pace. Riflettete alla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità stessa dei popoli, che Voi avete l’assoluto dovere di procurare. Vi inspiri il Signore decisioni conformi alla Sua santissima volontà, e faccia che Voi, meritandovi il plauso dell’età presente, vi assicuriate altresì presso le venture generazioni il nome di pacificatori.
Noi intanto, fervidamente unendoci nella preghiera e nella penitenza con tutte le anime fedeli che sospirano la pace, vi imploriamo dal Divino Spirito lume e consiglio.
Dal Vaticano, 1° Agosto 1917.
BENEDICTUS PP. XV
Pegli di Genova, 21 novembre 1854 – Roma, 22 gennaio1922)
guardate che foto buffa la sua incoronazione a pontefice…nel 1914…naturalmente, dopo essere passato per Bologna per …
forse perché eravamo a Tripoli dal 1911…e Gea della Garisenda lanciava quello trillo acuto…” Tripoli bel sol d’amore…” e quei piumaggi venivano da lì?