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Homo naledi, la nuova stella dell’evoluzione umana
11 SETTEMBRE 2015
È nata una nuova stella nel firmamento dell’evoluzione umana: Homo naledi. La notizia, ben alimentata, sta facendo il giro del mondo. L’uscita di due paper sulla rivista scientifica open access E-Life è stata accompagnata, come ormai accade spesso in questi casi, da una pianificata campagna di comunicazione: dopo gli annunci nelle conferenze stampa in Sudafrica e a Londra, è in uscita uno speciale di National Geographic sugli aspetti più avventurosi della scoperta, esiste già la ricostruzione del paleo-artista John Gurche (simile a quelle che si possono ammirare nella Mostra “Facce”, visitabile nei locali espositivi dell’Orto botanico di Padova fino alla metà di dicembre), ed è già online addirittura una voce completa di Wikipedia sulla nuova specie umana.
Nel complesso di grotte denominato “Rising Star”, vicino a Johannesburg, in una camera nascosta a 40 metri di profondità, raggiungibile solo attraverso uno stretto pertugio, sono state trovate più di 1.550 ossa umane, appartenenti ad almeno 15 individui (contando solo quelle associate tra loro, e non le tantissime altre ossa sparse appartenenti a molti altri individui). Un vero giacimento, un cimitero ricchissimo, che permetterà addirittura di fare uno studio popolazionale confrontando fra loro le parti anatomiche corrispondenti di molti individui diversi, donne e uomini, giovani e vecchi. “Naledi” vuol dire appunto “stella” nella lingua locale, una stella nascente, e merita appieno l’appellativo.
Ma è solo l’inizio delle scoperte. I reperti appartengono a una specie nuova, mai rinvenuta prima, e presentano un mosaico di caratteri primitivi (cioè simili a quelli presenti in specie di australopitecine più antiche) e di caratteri derivati (cioè simili a quelli che si trovano nelle specie del genere Homo più recenti). Hanno un aspetto arcaico il cranio (ospitante un cervello ancora piccolo, di 560 cc nei maschi), i denti, le spalle, le dita ricurve, e in generale le parti anatomiche vicine al tronco. Hanno un carattere moderno invece i piedi, le gambe, i polsi e le braccia, cioè le parti anatomiche distali, quelle più distanti dal centro del corpo. Abbiamo insomma di fronte un altro mosaico del tutto unico di tratti, tali da giustificare senza dubbio l’attribuzione di un nuovo nome di specie.
L’apparenza è quella di una forma di transizione fra le australopitecine, tipo Lucy e i suoi discendenti più tardi, e le prime forme del genere Homo come H. habilis, H. rudolfensis e H. ergaster, ma decisamente con una maggiore vicinanza a queste ultime (da qui l’attribuzione al genere Homo).
http://www.musei.unipd.it/facce/web.html