ROBERTO RODODENDRO, ” Il tempo. Il senso del tempo mi assilla. Per questo cullo dolcemente…” DA UN ROMANZO INEDITO CHE PRESTO PUBBLICHEREMO, A PUNTATE, PER MANDARLO POI ALL’ADELPHI CON QUALCOSA ANCHE DI NOSTRO…VI VA? a chiara sì!

Roberto  Rododendro scrive:

Un fatto di quattro anni dopo ( o forse due avvenimenti) mi hanno fatto riprendere conoscenza. Ma il buco è grande, difficile colmarlo in questi anni che restano.

Tanti anni fa, probabilmente verso il 199o ma vado a occhio, ho scritto questa cosa , estrapolata da una “cosa” molto più lunga:

 

 

 

Il tempo.
Il senso del tempo mi assilla.
Per questo cullo dolcemente il mio passato, come un oggetto fragile. Per questo mi ricordo di te, che ne hai fatto parte.
Evviva la memoria, maledetta memoria. Io sono il mio passato, appena appena il presente ma, non ho proprietà sul futuro.
Mi sento così casualmente vivo che non riesco a vedere al di là di una settimana.
Ma questo sentimento non mi da ansia, non mi da frenesia del vivere.

“Il tempo ci viene tolto o sottratto quasi a nostra insaputa, oppure ci sfugge, non si sa come. E la cosa più indecorosa è perderlo per trascurata leggerezza.”

“Sul passato la sorte ha perduto ogni potere il passato non può dipendere dal capriccio di alcuno.
….E’ la parte sacra del nostro tempo….”

Cito Seneca ma dissento da lui: la sorte avrà perduto ogni potere sul nostro passato, ma non la nostra memoria.
Benedetta memoria!
Noi imbelli e pavidi, riusciamo se vogliamo, a modificare il nostro passato tramite un sottile accordo con la nostra memoria.
Ci basta trasfigurare con accanimento certi particolari, a volte minimi, una, due, tre volte.. Poi la nostra memoria provvede al resto: ricordiamo come vogliamo e salviamo il nostro passato.
La nostra memoria è spesso bugiarda.
Volenti o nolenti salviamo noi stessi.

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7 risposte a ROBERTO RODODENDRO, ” Il tempo. Il senso del tempo mi assilla. Per questo cullo dolcemente…” DA UN ROMANZO INEDITO CHE PRESTO PUBBLICHEREMO, A PUNTATE, PER MANDARLO POI ALL’ADELPHI CON QUALCOSA ANCHE DI NOSTRO…VI VA? a chiara sì!

  1. Chiara Salvini scrive:

    Molto bella e piacevole da leggere, soprattutto, questa autoanalisi di ” prosa poetica” (così va bene? )
    Di mia esperienza ( mai poetica neanche in prosa ) ho visto succedere questo fenomeno che tu chiami: ” memoria bugiarda che mira a salvare noi stessi”. E’ una delle cose —se può interessare — che mi ha colpito osservando —forse ossessivamente o quasi —la famosa ” normalità” . Quando i miei caporali professionisti (psicoanalita/terapeuta; psichiatra) hanno ritenuto fossi tornata a quella che si definisce una normalità dopo una psicosi ( o malattia mentale grave), intorno al ’94-’95, a mio modestissimo, ben diversa dalla cosiddetta normalità (se ne può parlare nel caso), ho cominciato ad osservare attentamente i normali anche perché intesa a imitarne le forme, i modi di stare in società, che forse non avevo mai appreso. Oltre i dieci anni, e anche più, la mia risposta, a loro, è stata —parlando in generale – di sgomento– che si può riassumere in questa frase che mi dicevo : ” Ma sono tutti matti, hanno libertà di uccidere sugli altri, lavoro, non-lavoro, famiglie, figli, relazione —e nessuno li ferma! Più nello specifico, grazie al cielo oggi mi diverto, si infilano in un garbuglio di bugie su bugie a seconda che abbiamo, più o meno— un’immagine di sé ” da salvare “—che si discosti, appunto più o meno, dalla realtà. Mi dirai: chi la vede la realtà? Nessuno. Chi sta fuori può, per sopravvivere, limitarsi ad un giro di ipotesi che, se proprio non ha di meglio, può nel tempo correggere o addirittura vanificare. Vanificare è difficile, correggere sì.
    Sul tema della memoria ho avuto questa bella esperienza: da tempo ” ho vergato ” il famoso libro che non c’è, come l’isola, ma ben due volte. Nella seconda versione, erano nel frattempo passati parecchi anni, rileggendo, mi sono resa conto che la mia storia d’infanzia si era modificata: nella prima, il testo era migliore da leggere —unico pezzo che bardelli ha considerato ” buono ” di quanto ha letto di me …—ma più sconsolato, più volto a cercare ” pietà “…(perché commiserazione è brutto!); mentre nel secondo risaltavano meglio le qualità positive che, come tutto, anche la mia infanzia ha comportato.
    Cosa era cambiato, ero diventata bugiarda? Semplicemente la mia vita attuale si era migliorata e—di conseguenza –si era modificato il mio ricordo. Questa è, a mio modo di vedere, un bel modo di avere memoria: avrai senz’altro avuto l’esperienza di come si siano modificate dentro di noi, in quella mini televisione che tutti abbiamo, le figure “fondamentali” di nostro padre e di nostra madre, a seconda di come ” evolvevamo”. Credo che ” lo star bene”, provare gratitudine (che è amore), non sentirsi ” soli e sperduti” al mondo (anche se un po’ rimarrà sempre), dipenda prevalentemente—sì, anche da quello che noi consideriamo ” successo ” nella vita …// non avendolo mai sperimentato, lo ammetto così, per buon senso //—ma soprattutto, se uno vuole…come si dice? ecco, ” vivere in trasparenza con sé ” (non solo nei conti, oggi tutti trasparenti ) — sempre come si può, s’intende, agli umani — innescare un lavoro di correzione sulla memoria al fine di ” rendere più belle paffute” le figurine che ci portiamo dentro. E’ un lavoro che ha un nome anche: si chiama ” riparazione”. Per fare un esempio semplice: se ho un figlio, o un amico, o Gesù…–da cullare nelle mie braccia, mentre lo faccio, immedesimandomi io anche nel piccolo/grande cullato, oltre che in me che culla, ” aggiusto, pianissimamente, quel bambino, che sono stato io e che, vero o falso che fosse, si è sentito solo, o trascurato “.
    Mi fermerei qui, per stanchezza reciproca, no? ciao caro Roberto, passeggia più che puoi per di qua, estrapola tutte le gemme che puoi e mandacele, che ci dai allegria di vivere, allegria del bello! chiara

  2. Roberto scrive:

    Chiara Chiara, mi va insieme la vista. Grazie. Ora sto cercando una “Trasparenza” tutta mia, come Pel di carota, o meglio, il suo autore, sto cercando di togliere orpelli e sentimenti e vedere.
    Ma mi hai stuzzicato (sono facile da stuzzicare) e ti mando un altro “ricordo” che è scritto nella cosa che non chiamo romanzo, perchè , come mi disse anni fa una mia amica scrittrice napoletane ( di quelle impegnate”) : è sgarrupato ma l’ho finito col sorriso sulle lebbra;
    Resta il fatto che è talmente “sgarrupato” che correggerlo – senza perderne l’umore – a parer mio è fatica improba
    ecco l’altro ricordo che potremmo intitolare “il nonno”, anche in onaggio alla memoria, ai ricordi che diventano una fotografia color seppia ma in movimento:

    Una bellissima giornata di luglio con un sole come ora non esiste più, che colava vampate di calore sull’asfalto luccicante e morbido.
    Tornavo scalzo dal mare, con le scarpe in una mano ed i pantaloncini nell’altra, perché anche il costume mi pesava.
    La casa arrivando, la trovai buia e vuota, più grande e silenziosa come non era capitato mai.
    E lo vidi così, senza un preavviso (nessuno al momento aveva pensato a me), senza nemmeno sapere cos’era la morte. Sapevo appena che si moriva. Gli altri al cinema, una finzione appunto, ma nella vita.
    E poi. Il nonno. Ma come?
    L’avevo lasciato poche ore prima, vivo, vivissimo. Ed ora non c’è più. Il mio migliore compagno di giochi e di lavori. Lavori faticosissimi. Eccome no.
    Sempre intorno ad aiutarlo, si fa per dire, povero nonno che sofferenza ( e che gioia!). Quel muretto di cinta a mattoni alterni, pitturati in ocra, rossi, l’abbiamo fatto insieme e quella vite che sale arrampicandosi su quello stesso muro , sradicando mattoni e pietre, che sale in un bel pergolato, piacevole nelle giornate estive, anche quella, chi l’ha piantata se non noi?
    Il nonno.
    Andavamo alla fornace a prendere i mattoni, la mattina appena rischiarava. Ero il suo garzone e dormivo nel viaggio d’andata nella carriola, tutto raggomitolato, ed il nonno procedeva piano evitando le buche per non svegliarmi.
    E quando mi svegliavo, impudente dicevo: adesso nonno, tu nella carriola. E’ il tuo turno, ti porto io!
    Ma eravamo già arrivati alla fornace.
    Il nonno.
    Lo vidi improvvisamente, lì sdraiato, bianco come un morto, appunto. Un morto non di quelli finti che con un colpo della mano si spazzolano il vestito dalla polvere e si rialzano sorridendo.
    Bianco come un morto con il suo vestito della festa.
    Una situazione definitiva, irreversibile se lo capii.

    Il mio nonno. Perdeva gli occhiali nel campo delle fave (sempre nel campo delle fave) ed imprecava piano nel cercarli ed io lì vicino li avevo già visti per terra e stavo zitto fino a quando smarrito mi chiedeva aiuto ed io fingevo di cercarli e lui forse assecondava il mio gioco e dopo mi regalava un sacchetto di ciliege e mi diceva “butta qui i noccioli, indicandomi un luogo nella terra, che poi al posto dei noccioli crescerà un ciliegio selvatico ma non importa che quando sarà abbastanza cresciuto noi faremo l’innesto” e io lo sapevo cos’era l’innesto.

    Mi fermai muto, senza capire, col berretto di tela di traverso sulla testa, come Coppi quando affrontava le salite al giro d’Italia.
    Figura irriverente e tragica.
    Le scarpe in una mano ed i pantaloncini nell’altra e le guardavo tutte, quelle figure vestite di nero con l’aria di vegliare un morto, tutte intorno al letto, cosi fitte che dovetti passare tra le loro gambe.
    Ma come, l’avevo lasciato, sorridente o incazzato che fosse, seduto su una sedia davanti alla porta di casa a leggere un giornale, uno qualsiasi, o intento ad un lavoro, uno qualsiasi….Ma vivo, vivo, appena poche ore prima. Ed ora, eccolo lì e tutti già vestiti a lutto come se l’avessero già saputo, come tanti scarafaggi in una giornata di sole.
    Lo guardavo.
    Perché.
    Chiedevo di capire.
    E forse capii e forse non capii, fatto sta che risi. Una risata convulsa, sfrenata e scappai via.

  3. Roberto scrive:

    p.s. mi va insieme la vista perchè la mia vista vacilla. Non per altro.

  4. Roberto scrive:

    possibile che io ti ricordi bionda. abbastanza alta. Avevamo intorno ai 17 anni e ci accompagnavamo ( a volte? spesso?) al ricordo dalla scuola. O sono solo io che ricordo questo?
    Se ricordo bene eri molto “casa e chiesa”. Mi piacevi ma mi spaventavi un po’:-)
    Sei lei?

    cancella pure se vuoi, anzi fallo.

    • Chiara Salvini scrive:

      dici di chiara o di donatella? La Donatella + nera come uno scurbin, tutta, dalla testa ai piedi, occhi pelle da araba come si trovano nel sud della Francia (da cui la sua famiglia) e in Liguria i Ponente. Ci saranno in altri posti, ma non so, grazie di farti vivo, ma cerca di non dimenticarti. grazie chiara

  5. roberto rododendro scrive:

    facendo una prova di “ricerca” sono ritornato su questo passo….. bella la tua risposta di psicologa / convalescente / evanescente.
    In questo periodo sto facendo 8 o cercando di fare) una rivisitazione dei miei genitori di com’erano in realtà, al di là dell’amore che portavo e porto per loro. Potrei dire: complicato, spigoloso, irriverente senza dubbio, ma mi serve per capire da dove vengo.
    Ahimè, non ci trovo nessun appiglio. Possibile che io sia così sradicato?
    Voglio dire: somiglianze caratteriali, certamente si, ma si ferma lì.Per il resto , completamente diversi. Sicuramente c’entra l’epoca in cui siamo vissuti ed il contesto. chiaro, ma non troppo.
    Ciao Ch.
    Sai che sto pensando , se ti va, di mandarti il romanzo, se ne hai voglia e se riusciamo ad impostarlo graficamente. Dimmi che ne pensi dell’idea ( non è gran che ma.. insomma, qualche passaggio è buono: direi che è l’autobiografia di più amici, frullata e sistemata in un’epoca. mentre non son sicuro che “l’epoca” risalti abbastanza.

  6. roberto rododendro scrive:

    p.s. non ho mai avuto “complessi” dai miei genitori, anche se mia madre ha cercato in tutti modi di “sopprimermi” (ma son sempre riuscito a sottrarmi con leggerezza e superficialità – lo vedevo solo come problema da risolvere e andare avanti come volevo -. Invece con mio padre è stato più facile e più difficile : figlio di padre anarchico ( mio nonno) aveva il massimo rispetto delle mie libertà e non mi ha mai imposto niente, però… c’era.
    Pensa che ho saputo che mio padre era comunista quando avevo ormai vent’anni. Non ricordo più com’è uscito l’argomento, ma probabilmente non me l’ha nemmeno detto direttamente.
    Da quel momento: entrambi comunisti: con la politica abbiamo quasi sempre litigato 🙂

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