MAURO BIANI —INTERVISTA NASSIM FEKRAT DI KABUL—” Sono nato nella terra del dolore e dell’ingiustizia “

MAURO BIANI—roma 1967

Libri: Chi semina racconta. Sussidiario di resistenza sociale, altri

 

 

Nasim Fekrat nel 2008

 

 

Intervista con Nasim

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Nasim Fekrat, un giovane blogger afgano. Vi avevo già parlato del suo progetto di “blogging workshop”, in un Paese dove poter “bloggare” e avere un blog in più, significa davvero allargare la libertà di espressione e di opinione. Oggi Liberazione ospita una mia intervista a Nasim (e ringrazio Meri per il “gancio” e per la sua traduzione dall’inglese). Qui potete scaricare il PDF della pagina. Di seguito l’intervista.
“Abbiamo incontrato Nasim Fekrat, un giovane blogger afgano (afghanlord.splinder.com), reporter e fotografo freelance, che vive e lavora a Kabul. La sua storia è simile a quella di tanti giovani afgani che non hanno mai conosciuto la pace ma solo sofferenza e morte. Per qualche tempo è stato anche costretto ad abbandonare l’Afghanistan per le minacce subite da chi non accettava una voce libera e irriducibile come la sua . Ed ha “solo” 25 anni. Ora uno dei sogni di Nasim è quello di portare avanti in Afghanistan, dove anche l’elettricità è un lusso, un progetto appena iniziato di blogging workshop, un laboratorio per insegnare a bloggare agli studenti, ai giovani giornalisti ed a tutti coloro che vogliano apprendere come scrivere e diffondere le proprie idee sul web.
Chi è Nasim Fekrat? Un blogger, un reporter, un fotografo, uno scrittore, un ragazzo afghano come gli altri, qualcun altro o tutte queste cose insieme? Parlaci un po’ di te…
E’molto difficile presentarmi. Ho sempre questo problema anche quando lo chiedo a me stesso. Ho fatto parecchie cose e, ad essere onesto, sono stato in grado di gestirle tutte. Io bloggo e nello stesso tempo faccio foto. Scrivo reportage per alcune riviste locali qui a Kabul come giornalista freelance. Ma soprattutto sono un ragazzo normale come gli altri, che ama, odia, si diverte.
Fra le altre cose nel profilo del tuo blog tu scrivi: “Sono nato nella terra del dolore e dell’ingiustizia”. Tutti conoscono la grave situazione che vive l’Afghanistan ma cosa significano profondamente per te queste parole?
Quando sono nato l’Unione Sovietica ha invaso il mio paese. L’anno in cui sono nato è stato l’anno in cui è iniziata la guerra. I miei genitori mi raccontano sempre che nell’anno della mia nascita la situazione era molto dura. Gli elicotteri sovietici andavano a caccia della gente nel villaggio così mia madre mi portava in braccio con sé in luoghi nascosti. In quel tempo ho sofferto non solo per la guerra ma anche per le discriminazioni. Questa terra è stata una terra piena di dolore per me, ma non solo per me, anche per tutti le generazioni che sono nate in tempo di guerra. Posso definirmi “figlio della guerra”.
Cosa pensi di poter fare per cambiare il tuo paese?
Combattere, lottare contro tutte le discriminazioni, contro tutti i comportamenti sbagliati. Imparare dal passato, ricordare il passato ma perdonare. In questo modo noi possiamo cambiare e rendere la nostra una società unita.
E di cosa avrebbe bisogno la gente afghana per raggiungere un miglioramento delle sue condizioni di vita?
Sicurezza, cibo, lavoro e amore. La gente ha bisogno di sorridere e di evitare gli odi. Le persone hanno bisogno di educazione, attraverso l’educazione possono cambiare la loro vita. Hanno bisogno di scuole, ospedali ma anche di affetto e comprensione. In questo modo sono sicuro che potranno cambiare le loro vite.
Quello che sta facendo la Comunità Internazionale per il tuo paese è abbastanza e soprattutto sta andando nella direzione giusta?
Tutti hanno il proprio tornaconto e loro stanno facendo il loro lavoro nella maniera che ad essi interessa. Ma a dire il vero la Comunità Internazionale ha aiutato molto l’Afghanistan. Anche se ci sono molte critiche nei confronti dei loro aiuti per l’Afghanistan.
Quanti blog hai e perchè hai scelto di aprirli?
Ho due blog fotografici, un blog in farsi (mia lingua madre), uno in inglese (www.afghanlord.org) ed anche uno aperto di recente sulla piattaforma italiana “Splinder”(www.afghanlord.splinder.com ). Ho iniziato a bloggare perché la rivista di satira e fumetti che avevo era stata chiusa da fanatici fondamentalisti. Per un breve periodo ho smesso di scrivere ma presto ho capito che potevo scrivere su un blog. Così ho aperto il mio primo blog e adesso sono diventato “blogdipendente”.
Pensi che la possibilità di bloggare possa essere un utile aiuto perchè gli afghani possano ottenere un miglioramento delle loro vite?
Io credo fortemente che i blog possano aiutare i media afghani. Se digitalizziamo i nostri mezzi di informazione noi possiamo avere abbastanza fonti per il resto del mondo, quindi possiamo migliorare le nostre relazioni e attraverso questo abbiamo anche la possibilità di chiedere gli aiuti di cui abbiamo bisogno. Ogni blog è rappresentativo di una persona nel web. Se gli afghani iniziano ad interessarsi maggiormente a questo media digitale, possono anche migliorare le loro vite.
In questo momento c’è libertà di espressione nei mezzi di comunicazione afghani? Ci sono opportunità di miglioramento, soprattutto per quanto riguarda la promozione dei nuovi media digitali? E tu stai già lavorando per questo?
Ad essere onesto noi non abbiamo libertà di espressione. Il Governo afgano parla sempre della libertà di espressione come un vero successo della Conferenza di BON. Ma noi non lo sentiamo. Ci sarebbero mille esempi di come la libertà di espressione stia diventando limitata. L’unica cosa che sto cercando di fare è sviluppare il blogging in Afghanistan. Attraverso il blogging noi possiamo portare dei cambiamenti, migliorare i nostri media, digitalizzare la nostra stampa. L’intenzione è quella di rendere questi strumenti patrimonio comune. A nome dell’Associazione dei Bloggers Afghani (http://afghanpenlog-en.blogspot.com ), abbiamo già lanciato a Kabul e poche settimane fa a Bamyan due blogging workshops ai quali hanno partecipato molti studenti, scrittori e giornalisti freelance. Per farlo è stata prima organizzata una raccolta fondi alla quale hanno dato un prezioso contributo le donazioni arrivate dall’Italia. A questo proposito ringrazio in particolare i ragazzi della Casa del popolo di Mola di Bari che ci hanno sostenuto con grande affetto. Ma non è finita, perché abbiamo in programma di organizzare ancora parecchi workshops in diverse zone dell’Afghanistan, anche quelle “difficili”.
Hai già detto di avere recentemente aperto un blog su una piattaforma italiana. Perché e come l’hai fatto? Conosci gli italiani? E cosa ne pensi?
Prima ho acquisito familiarità con l’Italia, con Vivaldi e le sue Quattro Stagioni. Conosco alcune persone in Italia, mi piacciono, le trovo gentili, simpatiche, aperte. Questo mi ha fatto decidere di aprire questo blog, per unirmi alla loro comunità e sentirli più vicini. Sono molto attratto dalla cultura italiana, dalle sue tradizioni, dalla lingua e proprio tutto questo mi ha portato a sentire l’Italia molto affine alle mie corde.
Un’ultima domanda. Sei ottimista per il tuo futuro? Adesso cosa vedi nel futuro del tuo paese?
A dire il vero non sono ottimista. La situazione sta peggiorando e la sicurezza va deteriorandosi ogni giorno. La gente ha più preoccupazioni riguardo la propria sicurezza. Ti faccio un esempio: qualche tempo fa un gruppo di miliziani è entrato in una casa nella periferia di Kabul. Hanno avuto un duro scontro con la polizia in un area abitata da civili e molte persone sono rimaste uccise. Dopo sei anni dall’intervento delle forze internazionali, l’Afghanistan non è ancora sicuro.

Written by Mauro Biani

agosto 17th, 2008 at 4:28 pm

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