28 MAGGIO 1974 — STRATEGIA DELL’INSABBIAMENTO / STRATEGIA DELLA TENSIONE—PIERO COLAPRICO, REP. DI GIOVEDI’ 11 AGOSTO, pp. 14-15 // SOTTO, IL FATTO QUOTIDIANO, CON PIU’ CITAZIONI TRA VIRGOLETTE DELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

LUCIANO LAMA E BENVENUTI AI FUNERALI A BRESCIA

la gente che protesta: dal 1974 al 2016, ho letto che sarebbero 41 anni di battaglie!

 

piazza della Loggia a Brescia

cronaca

“Brescia, dietro la strage la destra eversiva e la mano dei servizi” (ITALIANI E STRANIERI)

Le motivazioni dell’ergastolo a Maggi e Tramonte I familiari delle vittime: decisione di estremo valore

PIERO COLAPRICO

MILANO.

Forse bisognerebbe, per esigenze di chiarezza, cominciare a chiamarla «strategia dell’insabbiamento» e non più «strategia della tensione». Viene da pensarla così, a leggere le motivazioni appena uscite della sentenza della seconda Corte d’assise d’appello milanese sulla strage bresciana di piazza della Loggia. Sono molto chiare sui due ergastoli comminati nel luglio dell’anno scorso: «Tutti gli elementi evidenziati convergono inequivocabilmente nel senso della colpevolezza di Carlo Maria Maggi», medico e nazista, uno dei vertici dei neofascisti di Ordine Nuovo per il Nord-Est. Il quale aveva, continuano i giudici, «la consapevolezza» di sentirsi spalleggiato dalle «simpatie e coperture», se non dall’«appoggio diretto», di «appartenenti di apparati dello Stato e dei servizi di sicurezza nazionali ed esteri».

Mani nere, dunque. E mani sporche, anche. E come il dottor Maggi è l’ingranaggio principale della catena di comando che porterà la gelignite da una trattoria di Venezia sino a un bidone di piazza della Loggia, il 28 maggio del 1974, così con lui viene condannato «la fonte Tritone» dell’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno, e cioè l’informatore retribuito Maurizio Tramonte, frequentatore di stragisti e poliziotti.

Due ergastoli per una strage, lo si sapeva. Come però ammette senza finzioni la stessa corte presieduta da Anna Conforti, nelle aule di giustizia i depistatori e i loro mandanti non hanno perso. A rispondere degli otto morti e oltre cento feriti, infatti chi c’è? «Un leader ultraottantenne e un non più giovane informatore dei servizi (…), mentre altri, parimenti responsabili, hanno da tempo lasciato questo mondo o anche solo questo Paese, ponendo – scrivono i giudici – una pietra tombale sui troppi intrecci che hanno connotato la mala-vita anche istituzionale all’epoca delle bombe». Questo concetto della «mala-vita anche istituzionale», però, entra in una sentenza. Ci entra tardissimo, anche se per l’incrollabile Manlio Milani, ferito nella strage in cui perse la moglie Livia, «questa sentenza è di estremo valore. Ci dà due dei colpevoli e ci mostra l’intreccio, che è ancora tutto da scoprire, tra apparati dello Stato. I processi non serviranno, va bene, ma almeno sapremo. C’è stata una “direttiva Renzi”, c’è finalmente l’ordine tanto atteso di aprire gli armadi con il materiale dei servizi sulle stragi italiane. Sono già stati stanziati 600mila euro per la digitalizzazione dei documenti, con bando di gara europeo. Tutto il materiale, che andrà catalogato all’archivio centrale di Stato a Roma, sarà messo a disposizione degli archivi periferici, sarà reso pubblico. Massimo diciotto mesi – su questo confida Milani – e potremo leggere».

Che cosa? A pagina 471 delle motivazioni l’amarezza dei giudici è evidente. Sta in un riferimento all’ex terrorista nero Vincenzo Vinciguerra, responsabile della strage di Peteano, 1972, tre carabinieri ammazzati. Né pentito, né collaboratore, l’ergastolano Vinciguerra è sembrato molto credibile quando ha parlato «dell’opera sotterranea portata avanti con pervicacia da quel coacervo di forze» che oggi, parole dei giudici, sono «individuabili ormai con certezza in una parte non irrilevante degli apparati di sicurezza dello Stato, nelle centrali occulte di potere, che hanno prima incoraggiato e supportato lo sviluppo dei progetti eversivi della destra estrema, ed hanno sviato l’intervento della magistratura, di fatto rendendo impossibile la ricostruzione dell’intera rete di responsabilità».

E se i giudici evidenziano il risultato «devastante per la dignità dello Stato e della sua irrinunciabile funzione di tutela delle istituzioni», per i cronisti s’impone una domanda: ma quanto è realistico ipotizzare di trovare oggi le tracce di chi, decenni fa, era stato capace, perché protetto da una parte dello Stato, di aggrovigliare la catena di sangue che comincia con la madre di tutte le stragi, con i 17 morti di piazza Fontana a Milano, 12 dicembre 1969? Chi, votato al male, può aver lasciato tracce utili ai detective, agli storici, ai familiari? E a noi tutti?

Piazza della Loggia, per i giudici il medico ordinovista era certo di essere spalleggiato da apparati di sicurezza nazionali e stranieri

L’ECCIDIO

Un’immagine di piazza della Loggia dopo la strage, con il corpo di una delle otto vittime uccise dalla bomba

 

SU IL FATTO QUOTIDIANO, LA NOTIZIA E’ RIPORTATA CON PIU’ CITAZIONI TRA VIRGOLETTE DELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/10/strage-di-piazza-della-loggia-opera-della-destra-eversiva-maggi-ebbe-appoggio-dei-servizi-segreti-anche-stranieri/2967307/

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