OGGI::: TRE PAROLE AL GIORNO !|UN UNO x TRE!

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Strame

28 Giugno 2017

strà-me

SIGN.  Paglia, fieno, usati come alimento o lettiera per il bestiame

dal latino stramen, da stèrnere ‘distendere’.

Nei suoi usi concreti è difficile che questa parola esca dal perimetro della stalla. Però è forte di un’immagine davvero suggestiva, e gli usi figurati che permette (per quanto limitati) sono particolarmente interessanti.Nasce dal latino sternere, cioè, in questo caso, ‘distendere’. E in effetti ci parla proprio della paglia, del fieno, delle erbe secche che, disposte a terra, servono ora da foraggio ora da lettiera per il bestiame – e per meglio comprendere, non è peregrino osservare che il participio passato di sternere è stratus.Siamo quindi davanti a uno strato di paglia sparsa al suolo nella stalla a far da cibo e letto alle mucche: così fare strame di qualcosa o di qualcuno significa distruggerlo, abbatterlo, annichilirlo nella più bassa umiliazione – senza possibilità di reazione. Il professore fa strame della tesi, il responsabile fa pubblicamente strame del progetto che abbiamo proposto, l’innovazione tecnologica fa strame delle imprese tradizionali, il precipitoso intervento centrale fa strame delle competenze locali.Dalla calma della prima immagine scaturisce così un significato intenso, talvolta di prevaricazione, sempre di netto sprezzo; certo è un uso piuttosto fine, ma come ogni spezia forte richiede proprietà.

 

 

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Paladino

27 Giugno 2017

pa-la-dì-no

SIGNCavaliere della corte di Carlo Magno; difensore, sostenitore

dall’aggettivo latino palatìnus ‘del palazzo’, derivato di palatium ‘palazzo, corte imperiale’. In particolare, dalla figura del comes palatinus ‘conte di palazzo’.

Andiamo con ordine per evitare di perderci la più piccola occasione di meraviglia.

Il termine ‘palazzo’, così squisitamente generico nell’indicare una costruzione importante, e che risuona in tutto il mondo (dall’inglese palace al palacio spagnolo), è l’evoluzione di un toponimo molto specifico. Durante il I secolo d.C. gli imperatori romani, da Augusto a Domiziano, eressero le loro residenze e gli edifici del loro potere sul colle Palatino – in latino, Palatium. Tale colossale complesso, la corteccia cerebrale dell’Impero, fu chiamato Domus Agustana, ma presto invalse chiamarlo proprio col nome ‘palatium’: insomma, il nostro ‘palazzo’ nasce dal palazzo per antonomasia della Roma imperiale, a sua volta metonimia del colle sul quale sorgeva.

Sulla linea di quest’idea si pone il palazzo della monarchia francese, e in particolare quello di Carlo Magno. Più che un luogo è una corte, e i conti ‘palatini’ francesi (i conti ‘del palazzo’) furono proprio nobiluomini della corte, in armi, vicini al re. Dalla Canzone di Orlando fino all’Orlando Furioso, l’immaginario del ciclo carolingio si struttura intorno al gruppo dei dodici ‘paladini’ di Carlo Magno, dodici baroni che formavano la sua guardia personale – fra cui il prode Orlando e il fido Oliviero.

In dodici secoli, sono costoro ad essere rimasti il modello del concetto di ‘paladino’ (anche per le successive articolazioni e astrazioni dei giochi di ruolo): una sorta di super-cavaliere, indomabile in battaglia e di immacolata purezza, di cortesia sovrumana e incrollabile lealtà, sostenitore e difensore indefesso degli ideali più alti e nobili che illuminino l’uomo: quando figuratamente parliamo del paladino quale fautore di una causa, dobbiamo avere la consapevolezza della gravità di quest’immagine – anche per volgerla in ironia.

Si celebra il vivo ricordo di un paladino dei diritti civili, si ammira l’abnegazione di una paladina degli animali, e dopo che abbiamo fatto una donazione mandando un sms ci sentiamo paladini della causa.

 

https://unaparolaalgiorno.it/significato/M/meriggiare

 

Meriggiare

26 Giugno 2017

me-rig-già-re (io me-rìg-gio)

SIG.   Riposare all’ombra nelle ore del mezzogiorno

dal latino meridiare, dal latino meridies ‘meriggio’, composto di medius ‘mezzo’ edies ‘giorno’.

Questo verbo è sorprendentemente importante: l’azione che descrive ci si presenta come una cifra della cultura, se non italiana, mediterranea, inquadrata nel nostro clima e nella nostra natura; e a ben vedere, col latino meridiare, è vecchia di migliaia di anni.Descrive il riposare all’ombra, specie all’aperto, in cerca di frescura, nelle ore più calde della giornata – cioè nel meriggio. Un momento di calma abbacinante. Curiosamente, il fatto che questo sia il momento in cui l’ombra è più netta e ricercata, ha generato una sorta di enantiosemia (NOTA SOTTO), per cui fra i significati di ‘meriggio’, accanto a quello di momento di mezzo del giorno con la suprema luminosità e il massimo calore, è emerso anche proprio quello di ‘ombra’.Così dopo il pranzo leggero si meriggia volentieri sull’amaca, il libro sulla pancia; dal telefono che squilla a vuoto inferiamo che l’amico stia meriggiando, e be’, ci richiamerà; e durante il cammino ci si ferma una volta trovato l’albero sotto cui meriggiare.

È una parola ricercata, ma specie di questi tempi può essere uno strumento di piccola poesia quotidiana.

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(Meriggiare pallido e assorto, Eugenio Montale)

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d’orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, frusci di serpi. […]

Osservare tra frondi il palpitare

lontano di scaglie di mare

mentre si levano tremuli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

In questa famosissima poesia Montale ci descrive la campagna ligure, pietrificata dalla calura estiva. E indirettamente raffigura una condizione esistenziale: il “male di vivere”, ossia l’aridità, la solitudine, la mancanza di senso.

In particolare i verbi all’infinito comunicano un senso di staticità, come se il tempo si fosse annullato. anche foneticamente il primo verso rallenta il ritmo, indugiando sulle vocali doppie delle parole. E l’imponente “meriggiare” di apertura proietta su tutta la poesia una cappa di calore, soffocando l’azione e il pensiero.

I versi successivi, invece, scoppiettano di suoni aspri e secchi: è come se la campagna crepitasse, sotto il calore micidiale del sole. Ma il motivo non è puramente onomatopeico. Le dissonanze enfatizzano la disperante condizione umana; non a caso il lessico richiama la dantesca selva dei suicidi.

Unica nota positiva è il mare, appena visibile all’orizzonte. È quasi il presentimento di un ideale, di una meta; come il «tremolare della marina» che accoglie Dante all’ingresso del Purgatorio. Adesso, però, la strada è sbarrata: davanti al mare si para un muro «rovente» e invalicabile.

In effetti, tutta la nostra vita è piena di muri. Ad ogni istante sperimentiamo un limite: nel tempo, nello spazio, nell’efficacia delle nostre azioni, nella purezza dei nostri pensieri. Tutto in noi è spaventosamente limitato, tranne il nostro desiderio di non esserlo.

E proprio questa è, in fondo, l’eroicità del poeta. Il suo sguardo non si inaridisce come il paesaggio che lo circonda: sempre inquieto, si fa strada dolorosamente nella luce del mezzogiorno, verso quelle «scaglie di mare» che scintillano in lontananza.

Egli sa bene che, probabilmente, non potrà mai raggiungerle; eppure ne cattura l’immagine, conservandola nel cuore con tutto lo struggimento della nostalgia.

E, forse, accogliere il mare nel proprio cuore è quasi come averlo raggiunto.

Con Lucia Masetti, giovanissima dottoressa in filologia moderna, ogni lunedì abbiamo aperto uno scorcio letterario sulla parola del giorno.

nota del blog:

L’enantiosemia (dal greco enantíos, “contrario”, e sema, “segno”[1]) è la caratteristica di una locuzione (in genere di singole parole ma anche di intere proposizioni) di avere due significati opposti[2].

Sembra che il termine enantiósema sia stato introdotto dal teologo e orientalista inglese Edward Pocock (1604-1691) per indicare parole di significato opposto rintracciate in diverse lingue da lui studiate (ebraico, aramaico e arabo).[2]

In italiano vi sono diversi casi di enantiosemia relativa ai vocaboli. Per fare qualche esempio[3]:

  • feriale può significare sia festivo (come in periodo feriale, cioè delle ferie) sia lavorativo (come in giorni feriali, cioè “giorni di lavoro”)
  • avanti può significare sia prima (come in avantieri o il giorno avanti) sia poi (come in d’ora in avanti)
  • storia può significare sia racconto veridico sia racconto menzognero
  • ospite può significare sia chi ospita qualcuno in casa propria (ovvero “l’ospitante”) sia chi è ospitato da qualcuno (ovvero “l’ospitato”)
  • alto può significare sia elevato (come in alta montagna) sia profondo (come in alto mare)
  • sbarrare può significare sia aprire (come in sbarrare gli occhi) sia chiudere (come in sbarrare la porta)
  • spolverare può significare sia toglier la polvere (come in spolverare un mobile) sia mettere la polvere (come in spolverare un dolce di zucchero)
  • tirare può significare sia lanciare via (come in tirare un sasso) sia attrarre a sé (come in tirare a sé il tavolo)
  • affittare può significare sia dare in affitto sia prendere in affitto
  • laico può significare sia religioso non consacrato sia non religioso
  • pauroso può significare sia che ha paura (come in è una persona paurosa) sia che incute paura (come in è una storia paurosa)
  • curioso può significare sia persona che suscita curiosità sia persona che prova curiosità
  • fuggire da può significare sia andare presso (come in fuggì dai suoi genitori) sia allontanarsi da (come in fuggì dai suoi carcerieri)
  • cacciare può significare sia allontanare (come in cacciare il nemico invasore) sia inseguire (come in cacciare la selvaggina) sia, infine, ficcare (come in cacciarsi le mani in tasca).
  • bandire può significare sia sancire, stabilire che vietare.
  • sanzionare può significare sia approvare che punire.
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1 risposta a OGGI::: TRE PAROLE AL GIORNO !|UN UNO x TRE!

  1. nemo scrive:

    interessante tutto

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