+++ GIANPAOLO VISETTI, PADOVA, REPUBBLICA 31 LUGLIO 2018 pag. 18 ::: ” caro anziano ti telefono io…”::: è l’idea di una maestra, Francesca Contarello, ispirata da Antonio Papisca, pioniere dei diritti umani in Italia

 

REPUBBLICA DEL 31 LUGLIO 2018

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CRONACA

Il racconto

L’esperimento a Padova

” Caro anziano, ti telefono io” I bimbi che adottano i nonni

GIAMPAOLO VISETTI,

 

 

Dal nostro inviato

 

PADOVA

Ciao, come stai oggi? Ti senti solo, ti va se parliamo un po’? Mi racconti i momenti di felicità e le paure della tua vita? Hai mangiato? Mi riveli il segreto per crescere restando buono?». A Padova i bambini adottano così gli anziani della città rimasti senza nessuno. Una telefonata alla settimana, per fondere universi oggi sconosciuti ed estranei. Doveva restare l’esperimento di una scuola elementare, ma il successo e la commozione sono stati tali che il filo diretto riaprirà con settembre, esteso a tutti i quartieri. L’idea ha pure vinto il primo premio del concorso “Cittadino globale”, bandito dal Comune: trecento euro, che gli alunni della terza elementare dell’Istituto Arcobaleno di Brusegana hanno chiesto di spendere per affittare un teatro e fare una festa assieme ai vecchi di cui ormai sono diventati amici. E l’esempio contagia anche gli adulti. Famiglie volontarie, grazie ai fondi stanziati dalla giunta del sindaco Sergio Giordani, adottano anziani soli per un giorno, un fine settimana, durante le ferie di chi li assiste, o per tutta l’estate. Ai “nonni in affido” a chi si offre di non ignorarli, vengono controllate le medicine, preparati i pasti, fatta la spesa e il bucato, smaltiti i rifiuti, saldate le bollette, letti libri e giornali. Già una trentina ha infine accettato la “convivenza temporanea”, tutti ospiti in case con bambini, per ricostruire le relazioni perdute tra generazioni. «La solitudine è un’emergenza che precede perfino la povertà — dice Francesca Benciolini, assessora comunale a diritti umani e decentramento — ma si sta trasformando in un’essenziale esperienza civile e culturale.

Anziani e bambini, parlando o stando insieme, scoprono di assomigliarsi e di possedere un linguaggio comune. Condividonoemozioni e problemi simili, scambiano conoscenze profonde: vecchi rassegnati al silenzio e all’isolamento, ormai chiusi in se stessi, ritrovano il sorriso e la voglia di chiacchierare per ore con i nipotini che non hanno avuto».

A Padova, come nell’intera Italia con i capelli bianchi, il problema resta sottovalutato. Le persone sole oltre i 75 anni, su 210 mila residenti, sono 5.780: le coppie anziane senza parenti sono 3.705, 1.054 i vecchi assistiti dai volontari dei circoli Auser. Sono autosufficienti, ma non possono contare su qualcuno che faccia loro compagnia, o pagare per un aiuto. «La nonna a cui telefono io — dice Caterina, scolara dell’Arcobaleno di 8 anni — mi ha detto che prima non parlava con qualcuno per mesi. All’inizio faticava persino a ordinare un pensiero, come avesse dimenticato le parole. Poi ha ritrovato il coraggio e mi ha raccontato la sua giovinezza da staffetta partigiana. Si commuove, piange e mi chiede di non dimenticarla di chiamarla più spesso».

L’idea di sostituire i bambini ai volontari dell’Auser, nella telefonata settimanale di compagnia, è venuta a una maestra. Si chiama Francesca Contarello e si è ispirata all’esperienza di Antonio Papisca, pioniere dei diritti umani in Italia, storico docente universitario del Bo. «Ci ha insegnato che i diritti e i doveri — dice — i cittadini li vivono ogni giorno dove sono, non appartengono astrattamente alle organizzazioni umanitarie. Così una mattina ho portato la mia classe nella casa del volontariato di quartiere e i bambini hanno scelto di conoscere i vecchi che vedono al supermercato, o addormentati sulle panchine.

Erano emozionati, per prepararci abbiamo prima simulato dialoghi possibili tra noi. La lezione è stata imparare ad ascoltare: chi vive sempre solo, prima di tutto, ha bisogno di parlare e di spostare l’attenzione degli altri su se stesso, per ricominciare a sentirsi vivo».

I bambini, già in terza elementare, comunicano via social. La maggioranza dei vecchi ne è esclusa. Ad accomunare le generazioni è la rinuncia a un dialogo dal vivo, profondo e confidenziale. Nel rione Brusegana, grazie al vivavoce del martedì mattina, riprende invece a compiersi il prodigio di una compagnia dialogata. «A mia figlia — dice Elvira Scigliano — un anziano ha confessato il desiderio di leggere i libri della propria infanzia, ma di non avere i soldi per acquistarli. Adesso vanno insieme nella biblioteca della scuola, ricca di 8mila testi: lui li sceglie e lei glieli legge perché a una certa età la vista è quella che è. In questo modo la bambina impara e il suo nonno adottato non si perde nella depressione».

Decine, visto l’inatteso successo, gli istituti padovani che hanno chiesto di aderire al progetto. Il via, in tutta la città, con la ripresa delle lezioni. La scuola, se vuole, può ancora insegnare quanto vale una vita.

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