NEMO, EZIO MAURO :: EDITORIALE, REPUBBLICA 31-10-2018 pp. 1-35 ::: IL PARTITO DEL DISFARE

 

CARTELLI DEL PD IN COMUNE A TORINO

FUORI DAL COMUNE PROTESTA DEI SI’ TAV…

… E DEI NO TAV

 

 

 

L’editoriale

IL PARTITO DEL DISFARE

Ezio Mauro

Quando la politica diventa un totem, quel totem è il segno sacro della resistenza di una parte in campo, ma anche il simbolo rovesciato della riconquista per la parte avversa, che vuole abbatterlo.

È accaduto a Torino, davanti al problema della Tav o meglio della sua proiezione psico-politica, perché i grillini l’hanno ormai trasformata da infrastruttura in meccanismo ideologico e fantasma mitologico, fuori dalla politica, dalla tecnica, dall’amministrazione: un totem, appunto.

Sotto la pressione inevitabile della realpolitik che costringe ogni partito a passare a un certo punto dalla campagna elettorale al governo e dalle promesse ai fatti, i Cinque Stelle vivono l’incubo quotidiano di dover accettare oggi il gasdotto Tap, domani il Terzo valico, dopodomani la Pedemontana, nonostante la predicazione contraria, l’illusione dei loro seguaci, la conseguente rivolta della base.

Ma con gli interessi della Lega, ben piantati sul territorio, non si scherza. A Di Maio, che sta cedendo a Salvini ogni giorno il timone politico effettivo del governo, tenendosi gli spiccioli degli slogan da spendere in tivù, resta un ultimo grande totem, la Tav.

E qui si sente schiacciato non tanto da un’opposizione evanescente, quanto da un alleato incalzante e da una fronda interna silente, ma che ormai si comincia a intravvedere anche a occhio nudo.

Il fatto è che il destino di Torino interessa a tutti gli altri, che i grillini hanno fatto il miracolo di radunare insieme per la prima volta davanti al Palazzo di Città mentre dentro si votava ( assente la sindaca Appendino, in viaggio a Dubai per cercare investimenti) l’ordine del giorno che apparentemente chiede solo di aspettare l’analisi costi-benefici degli esperti del ministero, ma in realtà dispone di fermare tutti i lavori nei cantieri della Tav e di dirottare i soldi su piste ciclabili e auto elettriche, come se fossero proposte fungibili.

Così una città che in pochi mesi ha rinunciato al G7 e che ha perso le Olimpiadi invernali del 2026 si è trovata in piazza davanti ai no- Tav, con la polizia in mezzo: più disorientata che arrabbiata, per il dubbio sul suo futuro da ex: una fu capitale dell’industria pesante che ha saputo reinventarsi una vocazione leggera a cui nessuno credeva — storia, arte, cibo, tecnologia, sport, cultura, dunque turismo — e che rischia oggi di essere tagliata fuori dalle linee del trasporto veloce transnazionale, rinchiudendosi nell’angolo mutilato di un Nord-ovest postindustriale senza una vocazione specifica, saltato dai grandi collegamenti.

È l’ultima paura prodotta dalla crisi che ha costruito a Torino un’alleanza spontanea tra industriali, artigiani, commercianti, professionisti, sindacalisti edili con le sigle della Cgil, della Cisl e della Uil, e anche i metalmeccanici della Fim. Il mondo del lavoro resuscitato dal timore che un pregiudizio ideologico inneschi una scelta politica capace di determinare una marginalità cittadina, con riflessi sul profilo complessivo della città, sulla sua crescita e sul suo sviluppo, dunque infine sull’occupazione.

È una interpellanza sul domani di Torino che non può essere lasciata senza risposta, perché viene da quel sistema produttivo — sindacati, imprese — che, sia pure in dimensioni oggi ridotte, rappresenta la nervatura storica della città. I Cinque Stelle hanno tutto il diritto di perseguire il loro programma, in cui stava scritta la lotta alla Tav. Ma nel momento in cui guidano la città devono rappresentarla nel suo insieme, rispondendo alle sue inquietudini sul futuro e sul rischio di perdere, ben più che la Tav, l’appuntamento con il progresso.

Stupisce che un movimento nato nella protesta giunto al potere si trasformi fino a mostrare la massima intolleranza per la protesta altrui, definendo «partito degli affari» i contestatori di Torino così come «nostalgici di mafia capitale » i contestatori di Raggi a Roma. In realtà si tratta di cittadini, che pongono una domanda di governo.

La sagoma mitologica della Tav è stata infatti scelta da Di Maio per trasformare Torino nella capitale del no, del gran rifiuto grillino. A due anni e mezzo dalle elezioni, questa scelta schiaccia la sindaca Appendino sulla sua constituency ideologica, allontanandola da quella constituency reale, concreta e trasversale che l’aveva portata a Palazzo di Città.

Ma in tutt’Italia sono 24 le infrastrutture bloccate dai Cinque Stelle, per una scelta pregiudiziale contro le grandi opere, come se in ogni appalto si dovesse necessariamente nascondere la corruzione, in ogni gara la tangente, in ogni progetto l’inganno al contribuente, in ogni intervento la truffa alla comunità. Come se pensare in grande fosse una colpa, o un peccato. Meglio astenersi, non scommettere sul futuro, non costruire il domani, puntare su un’Italia minore, autarchica, a scartamento ridotto. Un’Italia a due stelle, perfetta per il partito del disfare.

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1 risposta a NEMO, EZIO MAURO :: EDITORIALE, REPUBBLICA 31-10-2018 pp. 1-35 ::: IL PARTITO DEL DISFARE

  1. Domenico Mattia Testa scrive:

    I Cinque Stelle tanto produttivi nelle proposte quando sono all’opposizione quanto ingessati quando si trovano ad amministrare le città e governare il Paese.La Raggi e l’Appendino ben esemplificano la scelta comoda dell’immobilismo.A Torino viene bloccata la Tav,a Roma non si prendono misure anche per l’ordinaria amministrazione perchè, il fare anche minimo,significa compromissione con le mafie capitoline.Torino,città fortemente in crisi da anni,aspettava una risposta diversa sulla Tav e le Olimpiadi.Nè al rifiuto delle Grandi Opere l’attuale amministrazione ha saputo contrapporre alternative concrete per il rilancio dell’economia.Non si fa politica con la costante pratica del rifiuto per essere coerenti con le proprie idee:da che mondo è mondo chi amministra non può restringere la sua azione agli interessi di parte,deve assumersi piena responsabilità per tutelare gli interessi di tutti i cittadini.Con l’inerzia i Cinque Stelle non solo compromettono la credibilità del loro Movimento,come indicano i sondaggi,ma,cosa più inquietante,acuiscono la crisi delle città in cui amministrano con ricadute pesanti sulle condizioni materiali dei lavoratori,già da anni in seria difficoltà.

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