30 GENNAIO 2019 — RAPPORTO ” VIAGGI DISPERATI ” DELL’UNHCR ITALIA:: NEL 2018 ::: SEI PERSONE AL GIORNO SONO MORTE TENTANDO DI ATTRAVERSARE IL MEDITERRANEO –NEL 2018, LA STIMA E’ DI 2.275 MORTI NEL MEDITERRANEO ++ A.Z. REPUBBLICA 30-01-2019 pag. 5 :: ” Otto migranti su dieci riportati indietro nell’inferno dei campi libici “, le immagini sono scelte da noi

 

Nel 2018 sei persone ogni giorno hanno perso la vita nel disperato tentativo di raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo, che si conferma la rotta marittima più letale al mondo.

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Rapporto Viaggi Disperati: nel 2018 sei persone al giorno sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo

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I rifugiati e i migranti che hanno tentato di raggiungere l’Europa attraverso il Mar Mediterraneo nel 2018 hanno perso la vita a un ritmo allarmante, mentre i tagli alle operazioni di ricerca e soccorso hanno consolidato la posizione di questa rotta marittima come la più letale al mondo. Secondo l’ultimo rapporto ‘Viaggi Disperati’, pubblicato oggi dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in media sei persone hanno perso la vita nel Mediterraneo ogni giorno.

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Si stima che 2.275 persone sarebbero morte o disperse durante la traversata del Mediterraneo nel 2018, nonostante un calo considerevole del numero di quanti hanno raggiunto le coste europee. In totale, sono arrivati 139.300 rifugiati e migranti in Europa, il numero più basso degli ultimi cinque anni.

“Salvare vite in mare non costituisce una scelta, né rappresenta una questione politica, ma un imperativo primordiale”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Possiamo porre fine a queste tragedie solo trovando il coraggio e la capacità di vedere aldilà della prossima imbarcazione, e adottando un approccio a lungo termine basato sulla cooperazione regionale, che dia priorità alla vita e alla dignità di ogni essere umano”.

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POCHISSIME LE ONG RIMASTE A SALVARE NEL MEDITERRAENO

 

Il rapporto descrive come un cambio delle politiche adottate da alcuni Stati europei abbia portato al verificarsi di numerosi incidenti in cui un numero elevato di persone è rimasto in mare alla deriva per giorni, in attesa dell’autorizzazione a sbarcare. La navi delle ONG e i membri degli equipaggi hanno subìto crescenti restrizioni alle possibilità di effettuare operazioni di ricerca e soccorso. Lungo le rotte dalla Libia all’Europa, una persona ogni 14 arrivate in Europa ha perso la vita in mare, un’impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017. Altre migliaia di persone sono state ricondotte in Libia, dove hanno dovuto affrontare condizioni terribili nei centri di detenzione.

Per molti, approdare in Europa ha rappresentato la fase finale di un viaggio da incubo durante il quale sono stati esposti a torture, stupri e aggressioni sessuali, e alla minaccia di essere rapiti e sequestrati a scopo d’estorsione. Gli Stati devono agire con urgenza per scardinare le reti dei trafficanti di esseri umani e consegnare alla giustizia i responsabili di tali crimini.

 

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Tuttavia, nuovi semi di speranza sono germogliati in alcuni contesti. Nonostante lo stallo politico rispetto all’avanzamento di un approccio regionale ai soccorsi in mare e alle operazioni di sbarco, come auspicato dall’UNHCR e dall’OIM nel giugno scorso, diversi Stati hanno assunto l’impegno di ricollocare le persone soccorse nel Mediterraneo centrale, una potenziale base per una soluzione prevedibile e duratura. Gli Stati hanno, inoltre, promesso migliaia di posti destinati al reinsediamento per permettere l’evacuazione dei rifugiati dalla Libia.

 

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LAMPEDUSA  RICORDA LA STRAGE DEL 3 OTTOBRE 2013

 

Il rapporto rivela, inoltre, i cambiamenti significativi nelle rotte seguite dai rifugiati e dai migranti. Per la prima volta in anni recenti, la Spagna è divenuta il principale punto d’ingresso in Europa con circa 6.800 persone arrivate via terra (attraverso le enclavi di Ceuta e Melilla) e altre 58.600 arrivate in seguito alla pericolosa traversata del Mediterraneo occidentale. Ne è conseguito che il bilancio delle vittime nel Mediterraneo occidentale è quasi quadruplicato, da 202 decessi nel 2017 a 777 lo scorso anno. Circa 23.400 rifugiati e migranti sono arrivati in Italia nel 2018, un numero cinque volte inferiore rispetto all’anno precedente. La Grecia ha, invece, accolto un numero simile di arrivi via mare, circa 32.500 persone rispetto alle 30.000 del 2017, ma ha registrato un numero quasi tre volte superiore di persone giunte attraverso il confine terrestre con la Turchia.

Altrove in Europa, si sono registrati circa 24.000 rifugiati e migranti arrivati in Bosnia-Erzegovina, in transito attraverso i Balcani occidentali. A Cipro sono arrivate diverse imbarcazioni di siriani salpate dal Libano, mentre un numero limitato di persone ha tentato di raggiungere il Regno Unito via mare dalla Francia verso la fine dell’anno.

FINE

La versione integrale del rapporto in italiano è disponibile qui.

Il video della missione dello scrittore Giuseppe Catozzella, che insieme a UNHCR ha visitato il confine con la Francia dove migranti e rifugiati continuano i loro viaggi disperati, è disponibile qui.

 

Per ulteriori informazioni:

 

 

REPUBBLICA DEL 30 GENNAIO 2019 –pag.  5

https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/flipperweb.html?testata=REP&issue=20190130&edizione=nazionale&startpage=1&displaypages=2

 

 

Il rapporto

I viaggi disperati

L’allarme dell’Unhcr “Otto migranti su 10 riportati indietro nei lager libici”

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L’85 per cento di chi parte dalla Libia viene intercettato dalla Guardia costiera e riportato indietro.

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Rinchiuso nelle carceri in condizioni disumane, spesso senza acqua né cibo per giorni, a rischio di epidemia. È così da quando l’Italia ha chiuso i suoi porti. Più di quindicimila persone che, dopo mesi di detenzione, finiscono con l’essere rimesse in mano ai loro aguzzini e naturalmente ritentano la traversata pagando di nuovo i trafficanti e alimentando all’infinito un business che adesso, per reclutare nuovi clienti nei paesi d’origine, si nutre anche di “offerte speciali” per chi, naturalmente, non ha immediata disponibilità del denaro richiesto.

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“Parti ora e paghi dopo”, “Viaggia ora gratis e lavori quando arrivi in Libia”, “Porta tre amici paganti e viaggi gratis”, “Riunisci cinque persone, viaggio gratis per tutti e lavoro all’arrivo”. Non è vero che con i porti chiusi e con la stretta sulle Ong si parte di meno dalle coste africane e, soprattutto, non è vero che si muore di meno. Né a mare né a terra, che sia nel deserto e all’interno dei centri di detenzione libici (dove nessuno sa quante persone perdono la vita ogni giorno), o che sia sulle strade di montagna che hanno visto una grande ripresa dei flussi migratori. Sei morti al giorni nel mar Mediterraneo, un numero che, seppure diminuito in termini assoluti (2.275 contro i 3.139 del 2017) è più che raddoppiato in termini percentuale con una vittima ogni 14 persone che partono e la conferma della rotta dalla Libia all’Europa come la più pericolosa in assoluto. E con 136 migranti (quasi il doppio dell’anno scorso) morti sulle rotte terrestri, sul fiume Evros tra Turchia e Grecia, alla frontiera tra Croazia e Slovenia, sui sentieri delle Alpi tra Italia e Francia.

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UN SALVATAGGIO DELL’ AQUARIUS

 

È un trend nuovo e preoccupante quello registrato nel dossier dell’Unhcr sui “Viaggi disperati”, un trend di rischi crescenti per un flusso migratorio che non si ferma caratterizzato negli ultimi sei mesi dell’anno dal vuoto nei soccorsi in mare, dai porti chiusi in Italia e dall’assenza di quell’automatico meccanismo di sbarchi e condivisione dei migranti tra gli Stati europei che Unhcr e Oim sollecitano per evitare i ripetuti casi di navi costrette a rimanere in mare per giorni in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro. Circostanze che danno la percezione del fenomeno migratorio come emergenza quando emergenza non è. Un dato su tutti: oltre un milione di migranti arrivato in Europa nel 2015, appena 139.000 nel 2018, la metà dei quali arrivati in Spagna diventato il primo paese di approdo con oltre 65mila persone a fronte dei 23.400 sbarcati in Italia e dei 50.500 in Grecia.

Aquarius sospende definitivamente le operazioni di salvataggio in mare dei migranti

L’AQUARIUS HA SOSPESO I SUOI SALVATAGGI IN MARE

 

Chi è stato intercettato e riportato nell’inferno libico ci riproverà affidandosi ai trafficanti perché «meglio rischiare la morte che rimanere in Libia». Per questo l’Unhcr chiede con forza un intervento sul governo libico perché le persone soccorse non vengano sottoposte ad una detenzione immotivata e perché vengano incrementati i corridoi umanitari per portare in Europa, per vie legali, i rifugiati in condizioni di vulnerabilità: 2.404 le persone evacuate dalla Libia, sei volte di più che nel 2017 ma ancora troppo poche. – a.z.

 

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