ORARIO::
Siamo aperti tutti i giorni dal 28 settembre 2019 al 26 gennaio 2020 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00 sabato e giorni festivi dalle 9.00 alle 20.00
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GIAPPONISMO. VENTI D’ORIENTE NELL’ARTE EUROPEA. 1860-1915
Giuseppe De Nittis, Eruzione del Vesuvio, 1872, olio su tela. Collezione privata, Napoli
Dal 28 Settembre 2019 al 26 Gennaio 2020
ROVIGO
LUOGO: Palazzo Roverella
INDIRIZZO: via Giuseppe Laurenti 8
CURATORI: Francesco Parisi
NOTA DEL BLOG SULLE IMMAGINI:: FUORI LA PRIMA, LE ALTRE SETTE SONO PRESE DA:
Venti d’Oriente, a Rovigo una mostra racconta l’influenza del Giappone sull’arte occidentale
Paul Gauguin, Fête Gloanec, 1888. Orléans, Musée des Beaux Arts
COMUNICATO STAMPA:
Claude Monet, passerella a Zaandam, olio su tela, 1871, Musée des Ursulines, Macon
Sul finire del XIX secolo la scoperta delle arti decorative giapponesi diede una notevole scossa all’intera Arte europea. Un potente vento di rinnovamento, se non proprio un uragano, che dall’Oriente investiva modelli, consuetudini stratificate nei secoli, conducendo l’arte del Vecchio Continente verso nuove e più essenziali norme compositive fatte di sintesi e colori luminosi.
Edgar Degas, Femme se coiffant, 1894 circa, pastel sur papier marouflé sur carton, collezione privata
La svolta avvenne quando, all’inizio degli anni ’60 dell’Ottocento cominciarono a diffondersi in Europa, e principalmente in Francia, ceramiche, stampe, ed arredi da giardino dall’Impero del Sol Levante che, pochi anni addietro, nel 1853, si era aperto al resto del modo.
EMIL ORLIK, PAESAGGIO CON IL MONTE FUJI, 1908, COURTESY DAXER & MASHALL GALLERY, MONACO
Le prime xilografie si diffusero, dapprincipio, grazie al commercio di vasi e ceramiche, con cui questi venivano “avvolti” e“impacchettati”. I preziosi fogli erano spesso i celebri manga di Hokusai o altre brillantissime stampe di Utamaro e Hiroshige che tanta influenza ebbero sugli Impressionisti, sui Nabis, fino alle Secessioni di Vienna e Monaco per concludere il loro ascendente con i bagliori della Grande Guerra trasformandosi in un più generico culto dell’oriente nel corso degli anni 20 e 30 del Novecento.
GIUSEPPE DE NITTIS, FRA I PARAVENTI. PESCARA, COLLEZ. PRIVATA-
La moda giapponista, esplosa attorno al 1860 e destinata a durare almeno un altro cinquantennio coinvolse dapprima la ricca borghesia internazionale, ma soprattutto due intere generazioni di artisti, letterati, musicisti e architetti, trovando via via sempre più forza con l’innesto della nascente cultura e Liberty e modernista sempre più attenta ai valori decorativi e rigorosi dell’arte giapponese.
HENRI DE TOULOUSE LAUTREC, REINE DE JOIE, 1892
Il taglio che Francesco Parisi ha scelto per descrivere questa effervescente pagina della storia dell’arte europea e mondiale nella grande mostra “Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915” (Rovigo, Palazzo Roverella, dal 28 settembre 2019 al 26 gennaio 2020, per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi) è decisamente originale mappando, per la prima volta, le tendenze giapponiste dell’Europa tra Ottocento e Novecento: dalla Germania all’Olanda, al Belgio, dalla Francia all’Austria, alla Boemia, fino all’Italia.
UTOGAWA UROSHIGE, TRENTATRE’ CELEBRI VEDUTE DEL FUJI, CINQUANTATRE’ STAZIONI DEL TOKAIDO, POLO MUSEALE DEL VENETO, MUSEO D’ARTE ORIENTALE, VENEZIA
Nelle 4 ampie sezioni in cui è dipanato il racconto, egli affianca originali e derivati, ovvero opere scelte fra quelle che giungendo dal Giappone divamparono a oggetto di passioni e di studi in Europa, accanto alle opere che di questi “reperti” evidenzino la profonda influenza.
LE DUE IMMAGINI CHE SEGUONO SONO PRESE DA::
Achille Laugé, Rami di melo in fiore, c.c. 1905-1910, olio su tela, Parigi, collezione privat
Pittura e grafica, certo. Ma anche tutto il resto, dall’architettura, alle arti applicate, all’illustrazione, ai manifesti, agli arredi,…. A dar conto, per la prima volta in modo organico, di quanto capillarmente e profondamente quel Giapponismo sia entrato nel corpo della vecchia Europa.
Emil Orlik, l’incisore su legno, 1901. Galleria dell’Incisione, Brescia
Quattro sezioni, quante furono le grandi Esposizioni Universali che in quei decenni contribuirono, grazie alla presenza dei padiglioni giapponesi, a svelare ed amplificare il nuovo che giungeva da così lontano, da quel luogo misterioso e magico.
Dall’esposizione londinese del 1862, dove i “prodotti” del Sol Levante debuttarono, a quelle parigine del ’67 e’78, che ebbero nelle proposte il loro elemento di maggiore attrattività, fino all’esposizione del cinquantennale dell’Unità d’Italia del 1911 che ebbe una vasta influenza su molti artisti delle nuove generazioni.
Accanto ai capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Van Gogh, Klimt, Kolo Moser, James Ensor, Alphonse Mucha si potranno ammirare le tendenze giapponiste nelle opere degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser; degli italiani Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Giacomo Balla, Antonio Mancini, Antonio Fontanesi e Francesco Paolo Michetti con il suo capolavoro La raccolta delle zucche; e ancora i francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson, Maurice Denis ed Emile Gallé; i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde.
SEGUONO IMMAGINI DA INTERNET –
ALOIS DELUG
L’influenza dell’arte giapponese spiega molto bene la nascita del “liberty”.