YEMEN
ANSA.IT — 30 DICEMBRE 2020 –18.30
Yemen, attacco all’aeroporto di Aden: esplosioni all’arrivo del nuovo governo.
Sono almeno 26 i morti e decine le persone rimaste ferite
SICUREZZA INTERNAZIONALE LUISS.IT — 30 DICEMBRE 2020–15.40
https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2020/12/30/yemen-esplosione-ad-aden-allarrivo-del-governo/
Yemen: esplosione ad Aden all’arrivo del nuovo governo
PIERA LAURENZA
PUBBLICATO IL 30 DICEMBRE 2020 ALLE 15:40 IN MEDIO ORIENTE YEMEN
Un attentato ha colpito l’aeroporto di Aden, nel Sud dello Yemen, mercoledì 30 dicembre, nel momento in cui è atterrato l’aereo con a bordo i membri del nuovo governo unitario. Al momento, il bilancio delle vittime include almeno 16 morti e 60 feriti.
Secondo quanto riportato dal quotidiano al-Jazeera, sulla base di fonti della sicurezza locali, sono almeno 10 i feriti causati dall’esplosione, ma le cifre sono ancora da accertare. Stando a quanto dichiarato da fonti sul posto, l’esplosione si è verificata poco prima che i membri del governo scendessero dall’aereo. I ministri, tra cui anche il premier Maeen Abdul Malik, sono stati tutti portati al palazzo presidenziale e nessuno di loro è rimasto ferito. L’aereo, atterrato ad Aden, proveniva dall’Arabia Saudita, dove, il 26 dicembre, la nuova squadra governativa aveva prestato giuramento dinanzi al presidente yemenita, Rabbo Mansour Hadi. Testimoni oculari hanno affermato di aver udito il rumore di due forti esplosioni, seguite da violenti scontri nella sala degli arrivi dell’aeroporto internazionale di Aden, mentre le riprese video circolate in rete hanno mostrato nubi di fumo provenire dal luogo dell’esplosione, oltre a veicoli distrutti e vetri frantumati.
Il quotidiano al-Arabiya ha riferito che le esplosioni sono state tre, tutte perpetrate per mezzo di colpi di mortaio. Il medesimo quotidiano ha poi affermato che, secondo il Ministero della Salute yemenita, il bilancio dell’attentato comprende circa 22 morti e più di 50 feriti, compreso un rappresentante della Croce Rossa. Il corrispondente di Al-Arabiya ha precisato che l’esplosione è avvenuta all’interno della lounge dell’aeroporto e che il viceministro dei Trasporti di Aden e un altro funzionario locale sono rimasti feriti, così come diversi membri delle troupe dei media che stavano aspettando l’aereo. L’esplosione, a detta del corrispondente, è stata accompagnata da colpi di arma da fuoco, ed è possibile che sia stato impiegato anche un drone.
L’annuncio del nuovo governo ha rappresentato per alcuni “lo sviluppo più rilevante” della crisi yemenita nel 2020. Formare un esecutivo, equamente suddiviso tra Nord e Sud dello Yemen, è uno dei punti stabiliti dal cosiddetto accordo di Raid, siglato, il 5 novembre 2019, dal governo legittimo yemenita e dai gruppi separatisti rappresentati dal Consiglio di Transizione Meridionale (STC). Motivo per cui, per il consigliere del Ministero dell’Informazione yemenita, Mukhtar Al-Rahbi, è lo stesso STC a poter essere ritenuto responsabile dell’attentato del 30 dicembre, in quanto i gruppi secessionisti non desidererebbero il ritorno dell’esecutivo ad Aden nè tantomeno il ritorno alla normalità nella capitale provvisoria.
Il ministro dell’Informazione, Moammar al-Eryani, invece, ha puntato il dito contro le milizie di ribelli sciiti Houthi, sostenute dall’Iran, definendo l’episodio un “attacco codardo” che, tuttavia, non impedirà al governo di adempiere alla propria missione a beneficio della nazione. Gli Houthi, da parte loro, hanno negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco. In tale quadro, l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Yemen, Martin Griffiths, ha condannato l’attentato del 30 dicembre, definendolo un “atto violento inaccettabile”, ma che, allo stesso tempo, evidenzia l’importanza di portare urgentemente la pace nel Paese.
Uno degli obiettivi principali dell’intesa raggiunta il 5 novembre 2019, sotto l’egida di Riad, era porre fine alle tensioni che avevano interessato, dal 7 agosto 2019, i governatorati meridionali yemeniti e che avevano visto affrontarsi, da un lato, l’esercito del governo legittimo, e, dall’altro lato, il Consiglio di Transizione Meridionale (STC), sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti. In tale data, violenti scontri avevano avuto inizio proprio nella città di Aden, per poi propagarsi in altri distretti e città meridionali.
Nonostante l’intesa promossa dall’Arabia Saudita, nuove tensioni si sono acuite nei territori meridionali yemeniti il 26 aprile scorso, quando il Consiglio di Transizione Meridionale ha annunciato di voler istituire un governo autonomo nel Sud del Paese, affermando altresì l’autonomia e uno stato di emergenza in tali aree. Poi, il 22 giugno, grazie alla mediazione di Riad, è stata proclamata una tregua, che ha dato il via alle consultazioni per la formazione del nuovo organismo esecutivo, guidate dal premier designato Maeen Abdul Malik.
Un tale clima aveva rischiato di creare un conflitto nel conflitto, e una spaccatura anche all’interno della coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita, dove Riad e Abu Dhabi, accanto ad altri Paesi, contrastano congiuntamente le milizie sciite, dal 26 marzo 2015. La speranza espressa da più parti, compreso l’inviato Griffiths, è che l’attuazione dell’accordo di Riad possa porre fine al conflitto scoppiato a seguito del colpo di Stato Houthi del 21 settembre 2014. I gruppi che si contrappongono, in questo caso, sono, da un lato, i ribelli sciiti, che controllano la capitale Sana’a, alleati con le forze fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh e sostenuti dall’Iran e dalle milizie di Hezbollah. Dall’altro lato, invece, vi sono le forze fedeli al presidente yemenita, Hadi, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, le quali vengono coadiuvate dalla coalizione internazionale guidata da Riad.
Leggi Sicurezza Internazionale, il solo quotidiano in Italia interamente dedicato alla politica internazionale
Piera Laurenza, interprete di arabo
di Redazione
Un grosso sanguinoso pasticcio. E’ difficile per noi, per mancanza di conoscenza, capire questi intrecci di interessi economici, politici e religiosi, sanguinosissimi.