MARTA SERAFINI : GRAN BRETAGNA – WikiLeaks, negata agli Usa la richiesta di estradizione per Assange –CORRIERE.IT / ESTERI — 4 GENNAIO 2021

 

 

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GRAN BRETAGNA

WikiLeaks, negata agli Usa la richiesta di estradizione per Assange

Negli Stati Uniti l’hacker australiano avrebbe rischiato di essere processato per aver divulgato informazioni segrete e 175 anni di carcere. La motivazione: è a rischio suicidio

di Marta Serafini

WikiLeaks, negata agli Usa la richiesta di estradizione per Assange
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La questione resta a Londra. Questa mattina il tribunale Old Bailey di Londra prenderà ha deciso di negare agli Stati Uniti la richiesta di estradizione di Julian Assange, fondatore di Wikileaks.

Negli Usa Assange, 49 anni, è accusato di aver violato «l’Espionage Act» attraverso la pubblicazione di documenti diplomatici e militari segreti nel 2010 e rischiava 175 anni di carcere. La decisione è stata presa dal giudice distrettuale Vanessa Baraitser che ha motivato la decisione sulla base delle preoccupazioni per la salute mentale di Assange perché negli Stati Uniti dovrebbe stare in isolamento e sarebbe a rischio suicidio.

Assange, presente in aula oggi, è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh nel sud di Londra dall’aprile 2019, dopo che l’Ecuador gli ha revocato l’asilo politico e dopo che la polizia britannica lo ha arrestato, dopo che il giudice britannico Michael Snow ha giudicato Assange colpevole di aver violato le condizioni della libertà vigilata.

Molti gli appelli in questi mesi per la sua liberazione e le sue condizioni di salute. L’ultimo quella della compagna di Assange, Stella Moris, che in una lettera pubblicata ieri dall’edizione domenicale del «Daily Mail», sostiene che la decisione di consentire l’estradizione non sarebbe solo una «farsa», ma danneggerebbe il diritto alla libertà tanto sostenuto in Regno Unito. Secondo Morris, che da Assange ha avuto due figli, una sentenza favorevole all’estradizione «Riscriverebbe le regole di ciò che è lecito pubblicare» e «congelerebbe il dibattito libero e aperto sugli abusi commessi dal nostro stesso governo e anche di molti altri governi stranieri».

 

Assange, di origini australiane, ha fondato WikiLeaks nel 2006.

Nel 2010 inizia a pubblicare i documenti riservati e hackerati da Bradley (poi diventata Chelsea) Manning, il soldato Usa finito in carcere per aver trafugato decine di migliaia di documenti riservati, graziata da Obama e poi di nuovo arrestata l’8 marzo scorso. Tra il luglio 2010 e l’aprile 2011, Assange pubblica circa 90 mila file sulle guerra in Afghanistan, 500 mila su quella in Iraq, 250 mila cablo diplomatici delle ambasciate americane nel mondo e infine i Guantanamo files. Il file più scottante però è un video che mostra un elicottero apache statunitense durante un’azione a Bagdad nel 2007. L’elicottero spara uccidendo 11 persone innocenti tra cui un fotografo e un autista della Reuters. I diari afgani e iracheni rivelano molti ‘incidenti’ e vittime civili dell’intervento americano. Nel 2010 un tribunale svedese aveva chiesto l’arresto di Assange per tre accuse di stupro, molestie sessuali e di “coercizione illegittima”, caso che però verrà archiviato nel 2017.

Nel 2012 richiede e ottiene asilo politico nell’ambasciata dell’Ecuador. Il timore è quello di essere estradato negli Stati Uniti, una volta messo sotto processo in Svezia, per la rivelazione di enormi quantità di documenti riservati statunitensi. Per sette lunghi anni vive con otto agenti della polizia inglese che stazionano 24 ore su 24 appena fuori dall’ambasciata (per un costo calcolato in 4 milioni di sterline l’anno).

Alle accuse su Assange si aggiunge un altro mattone. L’australiano è sospettato di aver tentato con i suoi leaks di influenzare il risultato delle elezioni presidenziali Usa e di aver tramato con il Cremlino per danneggiare la candidata Hillary Clinton in favore dell’avversario Donald Trump. Il nome di Assange viene dunque associato al Russiagate. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Il 6 febbraio 2018 il giudice britannico conferma il mandato di cattura per la mancata presenza all’udienza. Un cavillo cui i nemici si aggrappano. L’Ecuador di Lenín Moreno (meno favorevole all’hacker del precedente leader Rafael Correa) si dimostra sempre più ostile nei confronti dell’ospite scomodo e gli stacca più volte la connessione internet denunciando suoi comportamenti scorretti, compresa l’incuria nei confronti del gatto. Assange punta il dito contro i suoi nemici, colpevoli a suo dire di star facendo pressioni politiche sul governo ecuadoriano affinché lo consegni ai britannici. Cerca di difendersi, denuncia lo spionaggio, denuncia la violazione dei diritti umani. Ma appare sempre più isolato.

La temperatura intorno a Mendax – questo il suo nickname da hacker- sale sempre di più fino a quando Quito gli revoca l’asilo politico. Ad attenderlo fuori dalla porta dell’ambasciata l’aprile del 2019, la polizia britannica. Poi la richiesta di estradizione degli Stati Uniti e l’attesa per il nuovo verdetto. Fino ad oggi.

 

 

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