UN RITRATTO DI RENOIR INTORNO AL 1910
Dornac (1858–1941), photographe
DETTAGLIO DELLA FOTO
Pierre-Auguste Renoir Autoritratto (1876) Fogg Art Museum, Cambridge, Massachusetts
Frédéric Bazille Ritratto di Pierre-Auguste Renoir (1867) Musée Fabre, Montpellier.
Dal catalogo della mostra Renoir di Torino: «Bazille […] immortala [il collega in] un momento di riposo: Renoir, con estrema disinvoltura, siede posando i piedi su una poltrona di vimini. Lo sguardo è assorto, il giovane sogna forse qualche futura composizione. L’abbigliamento ordinario ma curato – giacca nera, pantaloni chiari senza risvolti, camicia bianca, cravatta blu e stivaletti neri – contribuisce alla naturalezza e all’efficace semplicità della composizione»
IL CATALOGO SKIRA DELLA GRANDE MOSTRA TORINESE
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labRouge
6 GENNAIO 2013
Auguste e Jean Renoir. Padre e figlio //// L’Arte e il Cinema.
Allo Spazio Oberdan di Milano è stato presentato “Renoir”, diretto da Gilles Bourdos. Il film faceva parte della sezione “Un certain regard” nell’ambito dell’ultimo festival di Cannes. E’ un film di grande qualità, è incomprensibile come non abbia trovato una distribuzione italiana. O meglio è comprensibile essendo nota la … disattenzione, chiamiamola così, dei nostri cineasti. Si raccontano gli ultimi anni di Auguste (Michel Bouquet), gran maestro dell’Impressionismo, ancora attivo nella sua proprietà in Costa Azzurra, a partire dal 1915. Il vecchio pittore è devastato dalla sclerosi, che gli ha deformato le mani, ma non rinuncia al lavoro. Lo sostengono una schiera di aiutanti, tutte donne, lo trasportano sulla sedia a rotelle, gli fasciano le mani, gli infilano il pennello fra le dita, gli preparano la tavolozza: Renoir non ha la forza per trattare i colori, ma possiede ancora la grazia per disporli sulla tela. Le opere di quel periodo sono capolavori magari ancora più intensi di quelli precedenti. Il disegno è fragile e sfumato, quasi invisibile, ma i colori dichiarano una magia maggiore. Gli infiniti nudi, Le bagnanti, La colazione sull’erba, Le ragazze al piano: prendono forma lenta, ma la magia si compone. Ed è il regista Bourdos a comporla seguendo la mano deformata del vecchio. Sfocando là dove sfoca il colore. Perché Renoir, in quella sua ultima stagione, aveva talmente rarefatto il disegno fino a quasi sfiorare l’astrazione. E questa evoluzione la si deve al film, che dunque non solo rappresenta la vicenda umana, la vita finale dell’artista, ma anche il passaggio davvero immane fra il figurativo e la successiva ricerca che confluirà nella mutazione della pittura.
TRAILER DEL FILM ” RENOIR ” DI GILLES BOURDOS, PARLATO IN FRANCESE CON SOTTOSCRITTE INGLESI
Ed è lì che arriva Jean, il figlio. Sopraggiunge al cancello lentissimo, perché procede sulle stampelle. E’ stato ferito in guerra. La casa, l’atelier, tutto gira intorno al grande vecchio. Domestici e modelle, e ora il figlio, tutto è in silenzio, per non disturbare l’ispirazione, e … il carattere non facile del malato. Ma qualcuno arriva, a catalizzare, a farsi vedere e rispettare. E’ Andrée Heukling (Christa Théret), una modella che sembra uscita da un dipinto del Tiziano. Una carne, una testa, un corpo fatti per essere dipinti. Da Renoir. La ragazza si aggira nuda nei prati, fra i cespugli e i ruscelli. Auguste la dipinge, Jean la guarda. Entrambi, in modi diversi, ma neppure tanto diversi, sono innamorati di lei. Nel frattempo Jean sta nutrendo la sua vocazione: sarà per il cinema ciò che suo padre è stato per la pittura. Proietta i primi filmati con un rudimentale proiettore. E’ come se sapesse che fra poco il “figurativo” sorpassato dalla pittura, diventerà prerogativa del cinema. Il cinema come rappresentazione del reale, con qualcosa in più, naturalmente, il movimento. Jean intende, una volta guarito, tornare al fronte, Andrée, disperata, lascia la proprietà, scompare. Manca a tutti. Jean la cerca, la trova in un bordello, se la riporta a casa.
Tutto il gruppo si ricompone. Il film finisce lì. Ma è doveroso proseguire il racconto, che è uno sviluppo inevitabile come un destino segnato. Perché al passaggio artistico quadro-film segue quello umano. Andrée nel 1920 ha sposato Jean. Il regista ne ha fatto la protagonista, col nome di Catherine Hessling, di alcuni dei suoi primi film (La file de l’eau, La petite marchand d’allumettes, Nana). Nel tempo i due si separarono. Per morire nello stesso anno, il 1979. Come detto sopra Jean Renoir è uno dei massimi artisti di cinema di sempre. Fa parte della spina dorsale di quella disciplina. Almeno due suoi titoli sono perennemente presenti nella parte più alta (diciamo nei primi dieci) della classifiche riconosciute, La grande illusione e La regola del gioco.
IN COPERTINA
Jean Renoir e il padre Pierre-Auguste in una foto attribuita a Pierre Bonnard (1916).
Jean Renoir
Renoir, mio padre
Traduzione di Roberto Ortolani
Biblioteca Adelphi,
6432015, 3ª ediz., p
p. 433
22 EURO, PREZZO PIENO
In questo libro incantevole, frutto di lunghe conversazioni e di un’appassionata immersione nei ricordi di tutta una vita, il regista Jean Renoir è riuscito a raccontare, con lo stile rapido e ironico e insieme con la delicatezza che saranno poi la cifra del cinema di Truffaut, la storia di suo padre, fissandone per sempre, come solo un grande pittore avrebbe saputo fare, i gesti e i pensieri più quotidiani e segreti. Ma chi era veramente Pierre-Auguste Renoir? Quell’uomo semplice, sbrigativo, che nell’aspetto «aveva qualcosa di un vecchio arabo e molto di un contadino francese», che non poteva fare niente che non gli piacesse, che odiava sopra ogni cosa il progresso e aveva per la donna un culto incondizionato, restava per suo figlio un mistero. Un mistero appassionante che queste pagine non cercano di svelare ma solo di commentare: «Potrei scrivere dieci, cento libri sul mistero Renoir e non riuscirei a venirne a capo».
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Bello e attraente il ritratto misterioso di due grandi artisti.
Penso anche che il libro del figlio Renoir sia una grande, matura pacificazione tra figlio e padre. Si tratta di puro amore filiale, cresciuto e maturato con gli anni, affinato da un’intelligenza e sensibilità di grande artista. Ci dona un ritratto sereno, arguto e veritiero