IL MANIFESTO DEL 29 MARZO 2022
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Russia, Novaya Gazeta si auto sospende
EFFETTO UCRAINA. Il direttore e premio Nobel Muratov: «chiusura temporanea». Stretta sugli ingressi di persone da «paesi ostili»
Luigi De Biase
RADHUS DI OSLO — IL MUNICIPIO
A dicembre al momento di ricevere il Nobel per la Pace il giornalista russo Dimitri Muratov si è rivolto al pubblico del Radhus di Oslo usando queste parole:
«Le dittature si sono garantite il libero accesso alla violenza. Nel mio paese, e non solo nel mio, è un fatto comune ritenere deboli quei politici che evitano gli spargimenti di sangue. Minacciare il mondo con la guerra è considerato un atto da veri patrioti. E così i potenti promuovono l’idea della guerra».
IERI IL GIORNALE CHE DIRIGE, Novaya Gazeta, è stato costretto a fermare il lavoro dopo il secondo avvertimento ricevuto da Roskomandzor, l’agenzia federale che vigila sui media e sulla rete Internet. Una chiusura «temporanea» che Muratov e i suoi redattori hanno dovuto comunicare ai lettori usando lo stesso linguaggio previsto dalle leggi sulla stampa approvate alla Duma all’unanimità. «Le pubblicazioni sono sospese sino alla fine delle ‘operazioni speciali’ in corso sul territorio dell’Ucraina», era scritto sul sito del giornale.
Novaya Gazeta è l’ultima voce del mondo liberale a cedere di fronte alle pressioni delle autorità. Già all’inizio di marzo il governo aveva ordinato di sospendere le trasmissioni alla web tv Dozhd e a Radio Ekho di Mosca.
Molti dei reporter di Dozhd, un network cresciuto sull’onda delle proteste che hanno attraversato Mosca fra il 2011 e il 2012, hanno lasciato il paese e si trovano adesso in Turchia, in Georgia o nei paesi Baltici. Fanno parte di quella classe di nuovi russi, almeno trecentomila secondo stime credibili, spinta dalla svolta radicale del Cremlino a ricostruirsi una vita all’estero.
PER QUEL CHE RIGUARDA EKHO, il suo direttore, Alexei Venediktov, ha denunciato pochi giorni fa sui suoi canali social di avere ricevuto minacce e intimidazioni. Non sono passate che un paio di settimane dal discorso con cui il presidente, Vladimir Putin, ha chiesto alla nazione di distinguere i patrioti dai traditori, e di sputare questi ultimi «come si fa con i moscerini che entrano accidentalmente in bocca».
Insomma, accanto alla guerra che l’esercito russo sta combattendo con fortune alterne in Ucraina ce n’è un’altra per molti versi ancora più violenta contro il dissenso interno. Tra le due esiste una notevole differenza. La guerra all’Ucraina terminerà prima o poi inevitabilmente con un accordo.
QUELLA AGLI OPPOSITORI potrebbe proseguire molto più a lungo. I limiti posti all’informazione sembrano ormai insuperabili. Il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, si è speso personalmente per chiedere a Roskomandzor di valutare i contenuti di una intervista che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha rilasciato in video a tre giornalisti di Dozhd, del portale internet Meduza e del quotidiano Kommersant. Roskomandzor aveva, nei fatti, già bloccato il materiale. E dopo l’intervento di Peskov anche la procura generale ha fatto sapere che aprirà un’indagine «per valutare eventuali violazioni delle leggi in vigore».
LA POSSIBILITÀ che persino i notiziari siano trasmessi in differita per evitare casi simili a quello di Marina Ovsyannikova, la producer del primo canale che è comparsa in diretta mostrando un cartello contro la propaganda e la guerra, è una questione concreta. Questo non è il solo segnale di chiusura che il governo sta lanciando. Proprio ieri il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha parlato di un decreto per limitare l’ingresso in Russia ai cittadini che provengono dai cosiddetti «paesi ostili», e quindi dall’Unione europea, Italia compresa, da Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada e Giappone. È inutile negare che la chiusura proceda di pari passo con la crisi diplomatica che contrappone la Russia all’occidente, una crisi che nel fine settimana ha raggiunto di nuovo il livello di guardia con il riferimento del presidente americano, Joe Biden, a un «regime change» contro Putin.
«QUELLE SCANDALOSE dichiarazioni non gli sono certo scivolate per errore fuori dalla bocca», ha scritto su Kommersant l’opinionista Sergei Strokan: «A Varsavia Biden ha parlato molto della Russia e di Putin, tracciando ampie analogie storiche. Se mettiamo insieme quel che ha detto, allora è chiaro a tutti che gli Stati Uniti stanno costruendo una nuova strategia nei nostri confronti».
IL PARLAMENTO DI OSLO
CARTINA DELLA NORVEGIA E OSLO LA CAPITALE
UNA SERIE DI BELLE IMMAGINI DI OSLO, CAPITALE DELLA NORVEGIA
(qualcosa ) SU DMITRY MURATOV, NOBEL PER LA PACE, 2021