UMBERTO DE GIOVANNANGELI INTERVISTA LUCIO CARACCIOLO DIRETTORE DI LIMES SULLA GUERRA IN UCRAINA

 

 

 

Il Riformista, logo

 

29 marzo 2022

“Putin fa il gioco di Biden, divedere la Russia dall’Europa è la strategia degli Usa”, intervista a Lucio Caracciolo

 

“Putin fa il gioco di Biden, divedere la Russia dall’Europa è la strategia degli Usa”, intervista a Lucio Caracciolo

 

 

Umberto De Giovannangeli

 

“Putin fa il gioco di Biden, divedere la Russia dall’Europa è la strategia degli Usa”, intervista a Lucio Caracciolo

 

Una buona notizia: in giro c’è gente, tanta, che sa distinguere tra indottrinamento e informazione. E che ha voglia di capire, che avverte il bisogno di approfondire e non accetta il pensiero unico di una stampa mainstream che indossa la divisa militare. Ecco spiegato il perché l’ultimo numero di Limes, “La Russia cambia il mondo”, sia andato a ruba nelle edicole e librerie tanto da dover essere ristampato. Di Limes, la più autorevole rivista italiana di geopolitica, Lucio Caracciolo è il fondatore e direttore. Il Riformista lo ha intervistato.

 

Limes. Rivista italiana di geopolitica (2022). Vol. 2: Russia cambia il mondo, La. - copertina

“La Russia cambia il mondo”. Come e in quale direzione?

 

 

Nella direzione di una separazione della Russia dall’Europa, che era poi alla fine lo scopo strategico perseguito in questi anni dagli Stati Uniti. Con questa avventura ucraina in realtà Putin ha dato una grossa mano agli americani, quanto meno a quelli che vogliono creare più che una cortina di ferro direi un fossato tra l’Europa, intesa nel senso ampio del termine, quindi più a est possibile, e la Russia. Non solo per togliersi la soddisfazione, che pure è importante, di liquidare una volta per tutte questo nemico che per motivi che non ho mai ben compreso, considerano l’arcinemico dell’America. E poi per dare un segnale alla Cina che non avendo più sponde a occidente, non le resta che venire a patti, in condizioni relativamente inferiori, con gli Stati Uniti.

 

 

Limes, e l’ultimo numero ne è l’ennesima conferma, non ha mai fatto sconti allo “zar” del Cremlino, ma ha cercato sempre di indagare sul perché del suo affermarsi ai vertici del potere e sui perché di questa guerra d’aggressione all’Ucraina. Fatta questa premessa, la butto giù un po’ brutalmente: lei come si sente ad essere tacciato da qualcuno come un “filo-Putin” perché non ha calzato l’elmetto?

Io cerco di fare l’analista, poi ognuno può vedermi come preferisce.

Capire non significa giustificare ma andare in profondità di problematiche che non possono essere risolte con una battuta o facendo il tifo per una delle parti belligeranti. Chi in questa guerra sia l’aggressore e chi l’aggredito è fuori discussione. Ma perché, insisto su un punto che sta molto a cuore a Il Riformista, indagare su quella “sindrome dell’accerchiamento” che la Russia, a torto o a ragione, avverte da tempo, ben prima dell’avvento di Putin, viene vista dai più incalliti “interventisti” come una sorta di lesa maestà dell’Occidente?

È semplicemente il mestiere di chi, cercando di spiegare la geopolitica, deve cercare di entrare, quanto meno provarci, nella testa dei protagonisti. Per capire gli americani, cercare di leggere nel loro modo di ragionare, per capire i russi nel loro, per capire gli italiani, cosa un po’ più difficile, il nostro. Non ci sono culture perfettamente omologhe su questo pianeta, per fortuna. Immaginare un metro universale significa rassegnarsi a non capire nulla.

 

Nato uber alles. Ma è tutta gloria quel che luccica?

 

Dipende cosa s’intende per gloria. La Nato in questa guerra non si è ufficialmente impantanata. Ma ha contribuito a rafforzare l’Ucraina almeno dal 2014 in modo sempre più chiaro, armando e addestrando le sue forze armate, sostenendo diplomaticamente e politicamente l’Ucraina, con l’intenzione di impedire alla Russia di rimettere sotto la sua sfera d’influenza Kiev persa nel 2014.

Viceversa, la Mosca ha fatto tutto il possibile, dal 2014, per smentire la famosa frase di Obama -che a quanto pare ha parecchio offeso Putin- secondo cui la Russia sarebbe una potenza regionale.

E infatti ha cominciato una partita di aggiramenti a lungo raggio, passando dalla Siria alla Cirenaica, addirittura all’Africa occidentale, recuperando vecchi sentieri della Guerra fredda, per dimostrare di essere ancora una grande potenza e di meritare un trattamento adeguato a questo status. Poi, per motivi che gli storici spiegheranno o forse no, Putin ha sentito l’urgenza, la necessità di intervenire il 24 febbraio in Ucraina, probabilmente incamminando il suo Paese oltre che se stesso, in un percorso di declino e di isolamento quantomeno dall’Occidente.

 

Sulla base dell’esperienza da lei accumulata in tanti anni di geopolitica, come spiega l’esistenza di guerre “ignorate”, anche se hanno provocato vere e proprie apocalissi umanitarie, ed altre che invece attirano l’attenzione, riempiono paginate di giornale e conquistano i palinsesti televisivi? C’è una gerarchia del dolore, oltre che dell’attenzione mediatica?

Perché ci sono Paesi che contano di più e Paesi che contano di meno. Ci sono popoli che sentiamo più vicini e popoli che sentiamo più lontani o che non sentiamo affatto, e viceversa. Detto questo, mi lasci aggiungere che a me quello che devasta è l’incoscienza generale. Noi pensiamo che questa sia una guerra tra le tante, una di quelle che un giorno comincia e un altro finisce, come quella in Afghanistan o in Siria. E invece si è aperta una epoca di grave instabilità, perché noi siamo nel cuore dell’Europa.

 

In queste settimane, in molti si sono cimentati nella riscrittura della storia. Putin ha evocato a più riprese la Grande guerra patriottica, la de-nazificazione dell’Ucraina, e sul fronte opposto, Zelensky ha accostato gli eventi ucraini con la Shoah. Non c’è da aver paura quando politici e statisti vestono i panni degli storici?

Certo che sì. Ma c’è anche d’aver paura quando i nostri politici, in generale gli europei e occidentali, pensano che la Storia sia finita. Perché a quel punto si crea una totale incomprensione, non ci si capisce più e possono accadere le cose più terribili. Una cosa è usare la storia a mansalva, per affermare le proprie tesi e le proprie priorità geopolitiche. Un’altra cosa, altrettanto pericolosa anche se involontariamente, è trascurarla e immaginare di vivere in un tempo orizzontale.

 

Nel suo editoriale dell’ultimo numero della rivista, lei ha citato Puskin. Visto che stiamo parlando di un Paese che ha una straordinaria tradizione letteraria, se dovesse definirla con un autore russo la tragedia in atto, a chi l’accosterebbe di più?

C’è molto di russo in questa tragedia. Perché c’è una sensibilità offesa, chiamiamola così, di un grande Paese, di una grande civiltà, di una grande cultura, che ha sempre cercato di essere riconosciuto come tale dall’Europa e dall’America, e che si sente, a torto o a ragione, sempre incompreso e maltrattato. Ricordo un ex cancelliere tedesco al quale chiesi per quale motivo la Germania stesse creando una così forte interdipendenza energetica con la Russia e se non temesse che i russi se ne potessero approfittare. E lui rispose: ma guardi, i russi hanno un tale complesso d’inferiorità nei nostri confronti che non può accadere. E questo, aggiungo io, vale anche personalmente per Vladimir Putin.

 

Veniamo a noi, all’Italia. Molto ha fatto discutere la decisione presa dal Governo, con il sostegno di una larghissima maggioranza del Parlamento, di inviare armi, di difesa, all’Ucraina. Così come hanno colpito le affermazioni del presidente Draghi, che nel prendere la parola dopo Zelensky, in occasione dell’intervento, in video, del presidente ucraino al Parlamento italiano, ha sostenuto decisamente l’ingresso immediato, o quasi, dell’Ucraina nell’Unione europea. Più in generale, lei come valuta l’atteggiamento fin cui tenuto dall’Italia?

Siamo purtroppo abbastanza tagliati fuori dal tavolo delle decisioni. Intanto perché siamo culturalmente alieni a questo tipo di dispute geopolitiche che immaginavamo relegate nel passato. Poi siamo fondamentalmente economicisti e post storici quando si parla di queste cose. Quando si parla di cose militari e di guerra siamo abbastanza disorientati. E siccome i nostri alleati lo sanno bene, tendono a emarginarci e a considerarci molto secondari. Quanto all’idea di fare entrare l’Ucraina nell’Ue, mi pare più un desiderio che una possibilità reale, a meno di non considerare che a questo Paese, per le sofferenze cui è sottoposto, non si possa offrire qualcosa di simile a quello che si fece nel 1990, quando la Ddr entrò nell’Unione europea senza nemmeno un giorno di trattativa ma unicamente per essere stata annessa dalla Bundesrepublik Deutschland.

Dovremo prepararci ad affrontare una realtà complicata, sperando che il conflitto attuale non coinvolga in misura eccessiva anche l’area balcanica perché la connessione tra le guerre balcaniche e la guerra in Ucraina è molto stretta e le conseguenze di questa connessione saranno sempre più evidenti. Temo che avremo a che fare dopo questa guerra con un surriscaldamento della tensione nell’area balcanica e, per noi italiani, visto da dove arriva la minaccia, la lezione più importante è che dobbiamo renderci conto che non possiamo estraniarci dalla storia mentre la storia cammina ma costruire qualcosa che assomigli di più a uno Stato.

 

C’è il rischio che la Russia, o la stessa Ucraina, possano utilizzare la massa di profughi determinati dalla guerra, come arma di pressione, se non di ricatto, nei confronti dell’Europa. Erdogan docet…

Non lo credo. Non penso che si possa arrivare a questo punto di cinismo. È una tragedia con cui dovremo fare i conti per i prossimi anni, perché una gran parte di queste persone, che poi spesso sono donne, bambini, nonni, difficilmente potranno rientrare in patria e ricongiungersi con il resto della famiglia. Inoltre, io spero che si possa raggiungere un cessate il fuoco il più rapidamente possibile, ma penso che sarà, appunto, un cessate il fuoco e non altro. Siamo entrati in una fase d’instabilità che durerà a lungo e che vedrà nella migliore delle ipotesi alcuni conflitti brevi e controllabili, e nella peggiore una totale perdita di controllo della situazione.

 

 

 

 

Umberto De Giovannangeli

Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.

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1 risposta a UMBERTO DE GIOVANNANGELI INTERVISTA LUCIO CARACCIOLO DIRETTORE DI LIMES SULLA GUERRA IN UCRAINA

  1. ueue scrive:

    Bello leggere considerazioni e approfondimenti non legati ad interessi spiccioli di propaganda.

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